Australia

Perché i serpenti di mare australiani cercano di “accoppiarsi” con i subacquei

Una ricerca scientifica pubblicata dall’autorevole rivista Nature ha fatto luce sull’imbarazzante comportamento dei rettili della barriera corallina

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Un serpente marino sulla barriera corallina
Immergersi nell’incontaminata barriera corallina australiana è il sogno di tutti i subacquei ma possono capitare avventure quantomeno sconcertanti quando hai a che fare con le 32 specie di serpenti marini velenosi che vivono in quei mari azzurri. Abbiamo scritto “sconcertanti” e non “pericolose” perché queste specie di rettili anfibi sono tutt’altro che aggressive e non presentano veri propri pericoli per i subacquei che adottino comportamenti consapevoli, tipo quello di evitare di afferrarli per la coda!
L’ultima vittima di un serpente marino australiano si è registrata nel 2018 e non era un subacqueo ma un giovane pescatore appena 23enne che aveva infilato inavvertitamente la mano in una reta da pesca che aveva catturato uno di questi rettili.
I serpenti marini australiani rimangono comunque tra gli animali più velenosi del pianeta, il loro morso non lascia scampo, ed comprensibile il terrore che molti subacquei hanno provato quando si sono imbattuti in questi rettili, non di rado lunghi sino ad un paio di metri, che gli si sono avvolti alle gambe e hanno cominciato a leccarli come un bambino con il suo Chupa Chups!
Un comportamento strano, segnalato da molti subacquei australiani che, se pure non ha mai causato vittime, è rimasto inspiegabile sino a che tre biologi australiani, Tim Lynch, Ross Alford e Richard Shine, hanno pubblicato sulla celebre rivista Nature uno studio scientifico dal titolo “Mistaken identity may explain why male sea snakes ‘attack’ scuba divers”. Traduzione per i non anglofoni: un errore di identità spiega perché i serpenti marini maschi ‘attaccano’ i subacquei. Continua

Le altre Isole delle Rose: il Regno di Gay e Lesbo nel Mar dei Coralli

Nell’estate del 2004 un attivista per i diritti degli omosessuali occupa un’atollo al largo della costa australiana e si proclama Imperatore Dale I

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Gli attivisti gay e lesbo occupano un'isola del mar dei Coralli e fondano un regno indipendente

Dall’altra parte della terra, immerso nell’azzurro Mar dei Coralli, al di là della Grande Barriera Corallina, sorge un arcipelago di isolotti dimenticati e disabitati. Sul più grande di questi, il 14 giugno del 2004, sbarcò un gruppo di attivisti australiani per i diritti dei gay che lo occupò e lo proclamò Stato indipendente. Dopo regolari e democratiche elezioni, Dale Parker Anderson fu proclamato imperatore col nome di Dale I e l’isolotto assunse il rango di Regno di Gay e Lesbo.
Come avrete intuito, l’iniziativa aveva un chiaro sapore provocatorio nei confronti del Governo australiano che tentennava nel riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Gli attivisti erano comunque ben intenzionati a difendere l’indipendenza del loro neo costituito Regno e per sostenere l’occupazione si organizzarono realizzando un campeggio che chiamarono Heaven (Paradiso in inglese), in onore del famoso nightclub gay di Londra, eleggendolo a capitale del Regno.
Tirarono su anche un ufficio postale in cui cominciarono a stampare
banconote a corso legale nell’isola e francobolli che oggi sono diventati rari oggetti di culto per tanti collezionisti. Il Regno di Gay e Lesbo si dotò anche di una regolare dichiarazione di indipendenza e di un ordinamento giuridico basato su una sola legge detta dell’arricchimento ingiusto. Questa norma recitava più o meno così: “Se qualcuno ti prende qualcosa ingiustamente, allora questo qualcuno ti deve risarcire”. Continua

Sui fondali di Rhode Island ritrovato il relitto dell’Hms Endeavour, il brigantino del capitano James Cook

Una equipe di archeologi subacquei avrebbe individuato i resti della mitica e sfortunata nave che per prima raggiunse le coste australiane


Il capitanto James Cook in un famoso ritratto di Nathaniel Dance-Holland. Nello sfondo, l'Hms Endeavour

Scritto per LiguriaNautica - La lunga caccia al relitto dell’Hms Endeavour sembra sia giunta al termine. Dopo due anni di ricerche, il team di archeologi subacquei della Royal Australian Navy ha ristretto la possibile zona di affondamento della nave attorno ad un punto situato a poche miglia dalla costa dello Stato americano di Rhode Island.
La spedizione, salpata lo scorso settembre da Newport Harbour, una cittadina portuale situata tra Boston e New York, è stata guidata addirittura da un “pezzo grosso” della marina australiana, il vice ammiraglio
Michael Noonan, cha ha voluto infilarsi personalmente le pinne ai piedi per scendere sino al relitto e verificare se i resti dei cannoni corrispondevano alle attese degli archeologi. Alla fine dei rilevamenti l’ammiraglio ha tenuto una conferenza stampa in cui ha annunciato che il relitto ritrovato potrebbe essere davvero quello della nave europea che per prima è sbarcata nel suo Paese: l’Australia.
Una storia tanto gloriosa quanto sfortunata, quella dell’Hms Endeavour. Ricordo che “Hms” è la sigla usata da tutte le navi britanniche o del Commonwealth, e significa
Her Majesty’s Ship ovvero “Nave di Sua Maestà”. Varata nel 1764 come una semplice nave da carico per i trasporto di carbone, l’Endeavour fu acquistata 4 anni dopo dalla Marina inglese che la trasformò in un agile brigantino a palo per poi affidarla al comandante James Cook cha aveva la missione di esplorare i mari del sud alla ricerca di un mitologico continente che allora non si sapeva se esistesse o no: la Terra Australis Incognita. Continua