Il sudtirolese che non giurò a Hitler

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Manifesto nazista in Sudtirolo,
CC BY-SA 4.0
24 febbraio: Beato Josef Mayr-Nusser (1910-1945), sudtirolese antinazista

Nell'ottobre del 1939 il Brennero divenne il confine inquieto tra due regimi alleati che però a quel punto perseguivano entrambi una politica razziale. Le autorità fasciste e naziste misero i sudtirolesi di lingua tedesca di fronte a una scelta secca tra due opzioni: emigrare nel Reich che aveva appena annesso l'Austria, o restare in un'Italia fascista che già da anni aveva chiuso le scuole in lingua tedesca e perseguiva una politica di italianizzazione forzata. La maggior parte (più o meno 185mila su 267mila) scelse di emigrare, ma la situazione era molto incerta: i tedeschi non chiarivano in quali terre i sudtirolesi si sarebbero insediati. In compenso la propaganda filonazista faceva girare la voce che i Dableiber, ovvero i sudtirolesi che sceglievano di restare in Italia, sarebbero stati deportati in Sicilia o Africa Orientale. Josef Mayr-Nusser aveva 29 anni, proveniva come un po' tutti da una famiglia contadina (il padre era morto di colera combattendo nella Grande Guerra), da ragazzino avrebbe voluto studiare astronomia ma era il secondo fratello di cinque e la famiglia poteva permettersi soltanto l'istruzione del primogenito in seminario. Così Josef si era formato da autodidatta, studiando Tommaso d'Aquino e Thomas More; si era trovato un posto di impiegato a Bolzano, dividendo il tempo libero tra il volontariato per la società di Vincenzo de' Paoli e la militanza nell'Azione Cattolica, l'unica associazione giovanile non fascista tollerata dal regime. 

L'Azione manteneva un minimo di copertura per i sudtirolesi che rifiutavano l'assimilazione e organizzavano scuole clandestine (Katakombenschule) per insegnare tedesco ai bambini. Per Mayr-Nusser scegliere l'Italia nel 1939 significava rinnegare pubblicamente la propria cultura: ma aveva letto il Mein Kampf, e il nazismo gli appariva il male peggiore. Fu una scelta presa in relativa solitudine, mentre anche il vescovo di Bolzano e Bressanone prendeva la via della Germania. Mayr-Nusser invece aderì al gruppo antinazista clandestino che prendeva il nome dall'eroe della resistenza antinapoleonica, l'Andreas-Hofer-Bund. Nel 1942 sposò Hidegard Straub, da cui ebbe subito un bambino (il compositore Albert Mayr). Dopo l'otto settembre 1943, l'Alto Adige fu di fatto annesso al Terzo Reich: nel 1944 Mayr-Nusser fu arruolato forzatamente in un plotone di Waffen-SS e condotto in un campo di addestramento in Prussia dove però il 4 ottobre si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà a Hitler. Condannato a morte, Mayr-Nusser non fece nemmeno in tempo a raggiungere il campo di concentramento di Dachau: morì ammanettato nel carnaio dei vagoni, secondo il referto ufficiale di broncopolmonite. 

Dopo la guerra, Mayr-Nusser restava un martire difficile da ricordare: per molti sudtirolesi rimpatriati era comunque un Dableiber, un traditore. Il fatto che avesse detto di no a Hitler rendeva più evidente come tanti altri avessero detto di sì: vescovo incluso. A incaricarsi della sua memoria fu soprattutto l'Azione Cattolica, il che forse ha fatto sì che la dimensione religiosa del suo martirio occultasse quella politica e sociale. È stato beatificato nel 2016 da papa Francesco. 



25 febbraio: Santa Valpurga (710-779), badessa.

La notte di Santa Valpurga
Avrebbe mai pensato questa nobile monaca, mentre dal Wessex si spingeva nella Franconia, evangelizzando i sassoni e fondando monasteri (il più importante a Heidenheim), che il suo nome sarebbe diventato sinonimo di stregoneria? Destino profondamente ingiusto che Walpurga, o Walburga, nulla ha fatto per meritare. Non è nemmeno morta nella "notte di Santa Valpurga", quella che nel calendario si trova tra il 30 aprile e il primo maggio, come è successo per esempio ad Adolf Hitler. Valpurga risulta trapassata il 25 febbraio del 779, ma come spesso accadeva con i santi morti nei giorni della quaresima, i devoti preferivano celebrarne la memoria in altre date: nel caso di Valpurga la traslazione dei suoi resti nella cattedrale di Eichstätt, avvenuta il primo maggio dell'870. E siccome nel medioevo i giorni cominciavano al tramonto del sole, la festa di Santa Valpurga comincia proprio nel momento in cui i contadini dell'Europa centrale accendevano falò per festeggiare l'arrivo del mese di maggio, con canti e danze pagane che i cristiani avrebbero condannato come manifestazioni di satanismo. Da cui la leggenda romantica – rammentata da Goethe nel Faust – di una "notte di Santa Valpurga" fumosa e ribollente di streghe e demoni in frenetici sabba. Di tutto ciò la monaca Valpurga è assolutamente incolpevole, rappresentante com'è di un movimento di evangelizzazione inverso alla rotta dei Sassoni, dall'Inghilterra alla Germania. 
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La ragazza che gridava: "Via, giudei"

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(Comunque, davvero non c'è bisogno di spiegare perché non partecipate al Giorno della Memoria. Né di inventarsi pretesti o persecuzioni inesistenti, o di gridare al lupo o all'antisemitismo, che purtroppo ormai è lo stesso grido. Sappiamo perché la memoria vi dà fastidio; sappiamo perché non vorreste ricordare).


Uno dei tanti modi in cui le opere d'arte si rendono utili, è il fatto che restano a nostra disposizione, più o meno immutabili; così che ogni volta che torniamo a dare un'occhiata, possiamo misurare la nostra distanza tra loro e noi. Se ci sembra che la Gioconda sorrida in un modo diverso, siamo noi che abbiamo scoperto un nuovo significato in un sorriso. Detto questo, oggi purtroppo non ho avuto l'occasione di rivedere Schindler's List, un film che tanto so a memoria. Eppure ogni volta c'è sempre qualcosa di nuovo che attira la mia attenzione. Malgrado l'industria culturale si sia data molto da fare dal 1993 in poi sull'argomento, Schindler continua a sembrarmi il top di gamma, per tutta una serie di motivi che magari altre volte troverò il tempo di spiegare – nel frattempo però sarò cambiato, e Schindler mi dirà cose diverse. Per ora annoto un dettaglio che mi sembra importante.

La cosa che più mi impressionò, la prima volta che lo vidi, fu una ragazzina. Non la bambina col cappotto rosso (una delle migliori dimostrazioni del geniale cinismo di Spielberg), ma la ragazza polacca o tedesca che grida "Andate via giudei" agli ebrei di Cracovia che marciano per entrare nel ghetto. In tre ore di film credo sia l'unica manifestazione di antisemitismo a non provenire da militari, gerarchi o industriali. A metà Novanta mi lasciò atterrito: una ragazza che tirava fango agli ebrei, era successo davvero? Ecco.

Probabilmente questa è la principale differenza tra il me stesso di trent'anni fa: quella bambina, oggi, non mi sorprende più. Sono cresciuto, ho assistito a tante guerre: tutte da lontano, per fortuna. Il mondo è molto diverso – per lo più abitato da persone che nel 1993 non erano ancora nate. Per certi versi è un mondo migliore (alcune statistiche perlomeno direbbero questo) ma è un mondo in cui una bambina così non mi sorprende più. Quello che per me era il resoconto cinematografico di un orrore che la mia fantasia non era riuscita a immaginare, oggi è una scena di repertorio a portata di telecomando, di clic. Una volta non lo sapevo, ma c'è gente che odia senza vergognarsene, che odia volentieri, a voce alta: e anche quando non sono bambini, non fa più una grande differenza.

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In monopattino è meglio (se sei bianco)

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 1893

Buongiorno, mi chiamo Leonardo e sono un fuorilegge; non lo faccio certo per vantarmi, ma è appena entrato in vigore un codice della strada che prevede la targa per i monopattini. Targa che nessuna motorizzazione ha ancora prodotto: quando ho chiesto un parere ai vigili del mio comune, mi hanno detto di attendere. Non è chiaro se io debba attendere a piedi o possa farlo in monopattino; detto questo, domattina se non nevica probabilmente salirò sul mio mezzo elettrico preferito, infilando il casco che ho appena comprato e che lascerà passare il freddo d'inverno e il caldo d'estate. Farò più o meno lo stesso percorso che faccio tutti i giorni e che comprende qualche tratto di ciclabile, benché credo che ora sia vietato – ma è così comoda la ciclabile in inverno, completamente vuota – e se incontro un vigile o un poliziotto, beh, sono abbastanza sicuro che capirà la situazione e non vorrà rovinarmi la vita. E sapete perché ne sono sicuro?

Perché sono bianco.

E fino a qualche anno fa mai l'avrei pensato, ma è andata così. Sono bianco, il che riduce di diversi punti percentuali l'eventualità che un uomo d'ordine voglia rompermi i coglioni. Mentre se fossi appena appena un po' meno bianco, beh, sarei molto più nervoso. Ma non credo comunque che lascerei il monopattino a casa, perché il monopattino mica si usa per fare bella figura con gli amici: è uno strumento pochissimo cool, anzi davvero sfigato, che serve per lo più a portarti sul luogo di lavoro. Può darsi che in altre città si sia sviluppata una cultura giovanile del monopattino, ma insomma per adesso da noi è così. Voglio dire, è un mezzo che non fa rumore, che non va forte, che s'impara a condurre in cinque minuti e che frena appena deceleri. Non riesci veramente ad ammazzare nessuno: è davvero il mezzo di locomozione più sfigato del mondo. Chi se lo procura ha evidentemente solo la banale necessità di spostarsi, una necessità che condivido con gente che ha spesso la pelle più scura della mia. 

Ora, il nostro governo è quello che è, tutto si può dire salvo che siano coraggiosi. È chiaro che gli piacerebbe tanto implementare la segregazione razziale, ma l'intrepidezza di dircelo non ce l'hanno (e sì che a facce di bronzo non stanno messi male) dobbiamo capirlo da soli. Si possono magari togliere altre risorse al welfare, perché scuole statali e ospedali pubblici sono proprio il posto dove il personale ti cura e ti insegna senza guardare al colore della pelle: per cui meglio privatizzarli. Ma a parte questo, e smantellare il traffico ferroviario, che altro si può fare per rendere difficile la vita a chi ha tutti i diritti di vivere e lavorare in Italia ma ha la pelle un po' più scura degli altri? Bastava guardarsi un po' in giro, e Salvini in giro in questi anni c'è andato, questo dobbiamo riconoscerglielo. 

Buongiorno, mi chiamo Leonardo e sissignore, da più di un anno vado in monopattino. Non dico che mi ha cambiato la vita, ma quasi. C'è da dire che vivo in un piccolo centro, che per il monopattino è la dimensione ideale. Quel che mi affascinava da sempre del mezzo era la commutabilità, ovvero l'idea che avrei potuto caricarmelo in macchina e girare in altre città risparmiando sul parcheggio. Qualche volta l'ho pure fatto, ma quel che davvero è successo è che ho assolutamente smesso di girare la mia città in macchina (il che è un bene) e in bicicletta (il che è un male). C'è da dire che negli ultimi anni mi capitava sempre più spesso, la mattina, di alzare gli occhi a un cielo nuvoloso o grigio o boh, e pensare no, non ce la faccio a uscire in bicicletta oggi. Stavo diventando vecchio e inquinante, almeno ho smesso di essere inquinante – anche se ho il fermo sospetto di essere diventato un personaggio da chiacchiera di bar, il professore in monopattino. E pazienza: è così comodo. È veramente il mezzo di trasporto più facile del mondo, una protesi dei propri piedi, a volte non ti accorgi nemmeno che non stai camminando. 

Ma è sicuro? Beh, dipende. È chiaro che più lo usi più diventi attento (ma a volte poi è proprio l'eccessiva confidenza che ti frega). In venti mesi diciamo che devo avere rischiato la vita solo un paio di volte, e sempre a causa di automobili che la gente userebbe di meno, se sapesse quant'è semplice e bello andare in monopattino. Ma no, devono inquinare, devono comprare altre macchine e neanche elettriche perché altrimenti l'Occidente tramonta e poi non ha abbastanza soldi per pulire etnicamente il Medio Oriente. Una cosa che ho capito molto presto è che la gente tra cui sfrecciavo alla pazza velocità di 18 km/h aveva paura di me. Non dei ciclisti – che hanno un baricentro molto alto, e su bici elettriche possono raggiungere i 25 km/h senza casco e senza targa; non degli automobilisti che possono schiacciarti con una lieve pressione involontaria del piede, anche in retromarcia, ma dopotutto si sa, la strada è roba loro, siamo in Occidente, vuoi far piangere Rampini? No, la gente ha paura di me e devo ammetterlo: non sono il monopattinatore più prudente del mondo. 

In linea di massima credo che un patentino servirebbe, da consegnare dopo un corso minimo (al momento uno può entrare in un negozio, uscire con un monopattino senza nemmeno aver dimostrato di sapere cos'è uno stop). Inoltre un codice stradale serio dovrebbe imporre il tetto dei 15 km/h nei percorsi urbani. Ma toglierci le ciclabili è un puro e semplice dispetto, così come obbligarci al casco. Per il quale casco valgono le considerazioni che negli ultimi trent'anni si sono fatte per i ciclisti (che ripeto, hanno il baricentro molto più alto, e da una posizione seduta possono cascare molto facilmente; mentre dai monopattini si casca in piedi nel 90% dei casi). È chiaro che un casco ti dà una sicurezza in più. Ma in molti casi ti toglie anche la voglia di uscire con un mezzo pulito e pochissimo ingombrante, così che a volte per la fatica di metterti un casco ti ficchi in tasca le chiavi della macchina. Comunque se la legge dice casco, io da domani metto il casco. Spero di non doverlo mettere a lungo, spero che al Ministro degli Interni torni presto una persona sensata – non chiedo molto, qualcuno la cui priorità non sia rendere più complicata la vita ai ne*ri – o invece forse chiedo troppo. 

Buongiorno, mi chiamo Leonardo e vivo in un piccolo centro. Può darsi che nessuna delle mie considerazioni abbia senso in una grande città. Non ha molta importanza: l'Italia è fatta di piccoli centri. Mi rendo conto che una nazione un tempo trainata dall'industria automobilistica ci metta un po', a capire che i motori a scoppio sono finiti: e d'altro canto le cose stanno così, e lo sappiamo tutti benissimo: infatti altre automobili, per ora, non ne compriamo. Non mi piace fare previsioni, sono rischiose e invecchiano presto e male, per cui non voglio dire che tra dieci anni andrete tutti in monopattino. Ma credo che dovreste. È facile, è sicuro, è pratico, è divertente. Certo, tocca ficcarsi in testa un casco, e poi quando arrivi non sai mai dove infilarlo. D'altro canto forse del casco non c'è così bisogno, se siete bianchi. Se non siete così bianchi, non so cosa dirvi, salvo che mi dispiace. E che mi vergogno, anche. 

Comments (1)

Randolph Carter wrote ...
Sto notando anch'io un profondo razzismo nelle priorità e nelle norme nel nostro paese.
La questione abitativa per molti è drammatica, con pochi appartamenti in affitto, a prezzi sempre più alti, dati a fronte di garanziecl impossibili per molti, soprattutto stranieri. Ma politicamente questo non ha peso e nessuno sta muovendo un dito né a livello nazionale né a livello locale .
Dove vivo io (Forlì) poi il problema del sindaco è eliminare il consumo di alcool per strada in centro storico. Ma chissà perché i controlli sono solo di fronte agli alimentari gestiti stranieri e mai nei dintorni di pub e locali da aperitivo.
12/19/2024, 12:17:00 PM

Spogliarsi in novembre a Teheran

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Lei ha lineamenti dolci; le altre un nasone, ehm, diciamo medio-orientale. 

No, ma io sono sicuro che visti da una certa distanza, noi (occidentali) risultiamo abbastanza strani. Faccio un esempio.

Immaginate di vedere una donna seminuda in giro per la vostra città, in un giorno di novembre non troppo caldo come questo. Cosa fareste? Magari niente. Cosa pensereste? Che la ragazza ha un problema, e che forse bisognerebbe avvisare qualcuno, un vigile il pronto soccorso. 

Certo, non si potrebbe escludere il movente politico: magari è seminuda in segno di protesta per, boh, l'inquinamento, il riscaldamento globale. Ragioni persino condivisibili, ma lo stesso non vi sembrerebbe il caso di andare in giro così. Cosa può ottenere, a parte un malanno? No, a ogni buon conto davvero è meglio chiamare i vigili. Ecco.

Immaginate la stessa donna seminuda in giro per Teheran, ed ecco, è un'eroina. Teheran è a mille metri sul mare, a novembre può fare abbastanza freddo, e però improvvisamente non avete dubbi: se si è spogliata è per protestare contro un regime maschilista e teocratico. Non solo, ma la sua protesta solitaria ha comunque un senso.  E chi ha chiamato le guardie è un infame perpetuatore di un regime teocratico e maschilista. Ora.

Non voglio farvi la morale, sono d'accordo anch'io che il contesto è tutto. Lo stesso gesto può essere follia a Vigevano ed eroismo a Teheran, lo capisco. E persino la follia, può avere a Teheran delle ragioni profonde che a Vigevano non sarebbero ammissibili. Vi capisco e vi capirò anche la prossima volta che una ragazza a Vigevano farà una mattana per protestare contro il riscaldamento globale o qualche genocidio, e voi le riderete in faccia perché certe forme di protesta sono sciocche ecc. Ma sentite questa:

Mettete che dopodomani, a urne chiuse, gli iraniani decidano davvero di bombardare seriamente Israele; e mettiamo che Israele nei giorni seguenti si senta obbligato a rispondere. La ragazza, nel frattempo, che fine avrà fatto? Magari sarà in una struttura carcerario-manicomiale, ecco, è la classica struttura che l'esercito iraniano potrebbe usare per scudare un obiettivo militare che gli israeliani avrebbero tutto il diritto di distruggere. 

Così, ricapitolando: una ragazza, se si spoglia a novembre, sembra un po' pazza.
Se si spoglia a novembre per una causa, comunque un po' pazza.
Se si spoglia a novembre per una causa a Teheran, è un'eroina. 
Se si spoglia a novembre per una causa a Teheran e la internano sopra un obiettivo militare... non è più niente che valga la pena di difendere, anzi, cambiamo discorso.

Per cui insomma secondo me risulteremmo strani, noi occidentali. Visti da una certa distanza. Ma quella distanza sembra che non l'abbiamo più a disposizione, ed è un peccato. 



Comments (3)

LeoMan wrote ...
ma almeno capisci quello che scrivi tu stesso? Perché io, in effetti, faccio fatica
11/8/2024, 9:58:00 AM

Glottodidascalico wrote ...
Scusa la domanda forse un po' stolida, non ho mai pensato di essere molto intelligente... quando dici "...e la internano sopra un obiettivo militare..." intendi quella cosa che fanno i palestinesi e gli ucraini, che come imparammo nella seconda guerr... (ooopsi!) operazione militare speciale in Iraq, non esistono "vittime civili" ma solo "scudi umani"? Cioè come i 42000 scudi umani che gli astuti palestinesi (o ucraini) hanno costretto i poveri israeliani (o russi) a... ca**o, non mi vien la parola... "effetticollateralizzare" (c'è un altro eufemismo per "essere costretti a sottrarre a questa valle di lacrime"?). Se ho capito male, scusami, e chiariscimi. Ci son tante cose che non capisco (come RatMan), e ormai ci sono abituato...
11/7/2024, 12:46:00 PM

silvana tamburiel wrote ...
No, e' solo un po' piu distante, ma ho provato qualcosa di sottile e sublime. Vorrei sapere come reagisce il sistema repressivo in Iran in qualcosa che sicuramente rompe tutti i loro schemi .Una persona che fa questo difficilmente si tortura, poi, boh speriamo bene
11/6/2024, 12:23:00 PM

Dante a scuola non è obbligatorio

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L'insegnante di una scuola media trevigiana ha esentato due studenti musulmani dallo studio della Divina Commedia. In una riga, la notizia è questa. Sembra inventata apposta per discuterne, a lungo, e invano, in attesa di qualche altro spunto altrettanto pruriginoso. Quel che segue è un tentativo di segnalare i rami secchi della discussione, quelli che non porteranno da nessuna parte e che, se potessi farlo, andrei personalmente a segare ovunque spunteranno, sui media e sulle piattaforme sociali. 

– La scuola media (secondaria di primo grado) è un luogo che tutti crediamo di conoscere e che invece nessuno sa com'è fatta. Non lo so nemmeno io che ci lavoro dentro, per via che ogni scuola riflette una situazione molto particolare, che cambia in fretta. Faccio fatica a capire cosa succede in altri corsi della mia stessa scuola, per cui non credo di poter farmi facilmente un'idea di quale sia la situazione che ha portato in un altro quartiere di un'altra città un insegnante a porsi il problema, a confrontarsi coi genitori e a prendere una determinata decisione. Prima di esprimere un giudizio dovrei come minimo parlarne con lui, sentire il suo parere – e possibilmente anche quello di altri osservatori diretti. I giornalisti dovrebbero fare questo, secondo me: andare a cercare insegnanti, studenti, genitori in grado di restituirci almeno un pezzo del contesto; invece salta fuori che dal tavolino di casa devono aizzare le vostre paure e suggerirvi che l'occidente è minacciato da fanatici che non vogliono leggere l'Inferno di Dante (e in compenso a quanto pare leggeranno qualche pagina in più del Decameron, non esattamente un testo di propaganda islamica). 

– Una parte del contesto che ci sfugge, e che è cruciale, è il grado di alfabetizzazione degli studenti in questione. Ai giornalisti sembra sufficiente ricordare che sono musulmani, come se tutti gli studenti musulmani italiani (centinaia di migliaia) arrivassero allo stesso livello di conoscenza della lingua italiana nel medesimo momento: e invece no, abbiamo musulmani nati in Italia e perfettamente integrati già alla scuola primaria, abbiamo altri musulmani nati in Italia ma che non parlano italiano in casa, e altri appena arrivati che non parlano nemmeno la stessa lingua di altri musulmani nella stessa classe. L'Inferno è scritto in un italiano del Duecento che crea difficoltà anche agli italofoni laureati. Certo, puoi sostituirlo con una parafrasi. Se proprio t'interessa il contenuto, più della forma. Ma è da qualche secolo che abbiamo deciso esattamente il contrario: se togli il contenuto dalla forma, ti restano le elucubrazioni bassomedievali di un tizio che vagheggiava un Impero universale, che riteneva giusto che i non credenti fossero torturati per l'eternità, il cui poema consiste in una colossale lista dei Buoni e Cattivi stilata da lui, con tanto di premi per i buoni e torture per i Cattivi. Se proprio insisti a insegnare la Commedia a un ragazzino che non sa ancora bene l'italiano, devi semplificare di molto il messaggio, fino al punto che il messaggio potrebbe ridursi davvero a questo: se t'innamori vai all'inferno, se sei musulmano vai all'inferno, se mangi i tuoi figli vai all'inferno. A quel punto meglio leggere Boccaccio, davvero. O Baricco, e non lo dico da estimatore.

– Quello che ha fatto, l'insegnante aveva tutto il diritto di farlo. Dante alle medie non è obbligatorio; mi domando se lo sia mai stato. Ricorderemo ai lettori increduli, per l'ennesima volta, che "i programmi scolastici" non esistono; ove per "programmi scolastici" si voglia intendere un canone di testi e autori obbligatori nella scuola dell'obbligo. Non è che un canone italiano non esista, e non abbia contorni perfino troppo definiti (Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Tasso, eccetera): ma non si è imposto per legge o circolare ministeriale. In caso contrario immaginatevi cosa starebbe succedendo oggi, con questo governo. 

– Non solo è possibile completare serenamente il primo ciclo di istruzione senza aver mai aperto una pagina di Dante, ma non è affatto escluso che sia meglio così: perlomeno se lo chiedi a un insegnante del secondo ciclo, in nove casi su dieci ti scongiurerà di lasciar perdere Dante, lasciar perdere Manzoni e tutta la Storia della letteratura; che insomma sarebbe meglio che a dodici anni i ragazzi imparassero l'italiano su testi più adatti alla loro età. È un punto di vista che sostanzialmente condivido, anche se poi nelle mie classi di solito apro Dante, persino Petrarca, persino Ariosto – ma sempre sentendomi un po' in colpa, come l'insegnante che preferisce parlare delle proprie passioni che delle cose che più appassionerebbero i ragazzi. Diciamo che per un'ora alla settimana preferisco parlare di cose che conosco e che frequento bene, piuttosto di cose che i ragazzi farebbero meglio a scoprire da soli. Diciamo anche che mi fido di me, della mia capacità di introdurre Dante senza correre il rischio che qualche ragazzino trattenga le informazioni sbagliate e racconti in casa che la terra è al centro dell'universo, e ancora più al centro c'è Lucifero che divora i peccatori. E che forse mi sbaglio, perché di ragazzini ne ho avuti tanti e mica tutti li ho capiti, mica tutti potevano capire me.

– Malgrado l'infosfera faccia il possibile per convincerci che ogni notizia sia davvero "nuova", per tenerci in un eterno presente in cui il nostro stile di vita è perennemente minacciato, perennemente sul punto di cedere a un'improvvisa avanzata islamica e/o woke, noi dell'opportunità di studiare Dante discutiamo da decenni e non sto esagerando: ho in archivio un pezzo del 2012, scritto meglio di questo perché era per l'Unita.it. Piccola curiosità: a quel tempo a sollecitare la discussione era Gherush 92, un "Comitato per i diritti umani" di evidente ispirazione ebraica: e infatti in quel caso la Commedia era definita un testo antisemita. Invece qualche mese fa, durante la campagna femminista #unite #rompiamoilsilenzio, due scrittrici pensarono che fosse il caso di denunciare "il sessismo, i pregiudizi di genere" nei manuali di Storia della letteratura, ma anche nella Storia della letteratura tout court, Commedia inclusa. Un intervento che al tempo mi lasciò perplesso, se non altro perché a ogni capoverso le stesse autrici sembravano pregare di non essere prese troppo sul serio: "Certo" scrivevano proprio dopo aver accusato Dante di sessismo, "la realtà dei testi e del loro contesto sarebbe più complicata di così, ma quello che rimane..." ecco, il problema è sempre questo: io posso anche provare a introdurre la Commedia ai dodicenni come l'oggetto complesso che è, ma cosa rimane?

– Ogni volta che qualcuno vi stuzzica un senso di indignazione minacciando la cancellazione della Commedia, fate questo test: trovate irritante un musulmano che non vuole studiare Dante? E se fossero gli ebrei di Gherush 92, vi irriterebbe ugualmente? E se fosse un collettivo di femministe? Il test potrebbe aiutarvi a capire il vostro contesto: cosa sareste disposti a rinunciare pur di salvare il fondamentale studio di Dante? Nel 90% dei casi temo si tratti della convivenza con la comunità islamica, una delle minoranze numericamente più importanti in Italia, che non ha rappresentanza giuridica e fiscale, i cui membri vengono trattati da ospiti temporanei benché spesso siano cresciuti qui e la Costituzione preveda che abbiano gli stessi diritti di Ernesto Galli della Loggia che crede che difendere l'Occidente e lo sterminio di Gaza sia la stessa cosa. Perché non abbiamo un simile fanatico musulmano a scrivere fanatismi analoghi su un'altra colonnina dello stesso quotidiano? Lo so che è una domanda retorica, ma vi rendete conto che un musulmano avrebbe lo stesso diritto costituzionale di GdL di intrattenerci con analoghe scemenze, che magari intercetterebbero un pubblico più vasto dei liberaloidi fulminati sulla via di Gerusalemme? Ce la fate ad accettare che i musulmani non sono ospiti ingrati; che hanno lo stesso diritto di vivere qui che avete voi, e che ci resteranno? 


– Chi parla di cancel culture, nel 90% dei casi esagera. Non siamo negli USA, non stiamo togliendo Dante dalle biblioteche scolastiche – e anche negli USA, non stanno tutti togliendo Mark Twain dalle biblioteche scolastiche. Chi sollecita a turno queste discussioni non vuole cancellare: vuole modificare il contesto che per amor di polemica finge di ignorare. Gerush 92 non voleva impedirci di studiare Dante, ma chiedeva al ministero di "inserire i necessari commenti e chiarimenti", come se nei manuali non ci fossero già: in controluce si stava proponendo come autorità in grado di suggerire questi "commenti": stava lottando per conquistare una visibilità e un'autorità. Le femministe non smettono di ricordarci che non vogliono cancellare Dante o Ariosto: ma vogliono dettare le condizioni; non solo denunciare il contesto, ma metterci sopra una bandierina. "La cancel culture si propaga attraverso prove di forza. Si individua un obiettivo e si martella finché l'obiettivo diventa indifendibile. Non ha così tanta importanza cosa abbia realmente detto o fatto l'obiettivo".

– L'unico ramo probabilmente non secco di questa discussione è la domanda che lascia in sospeso. I musulmani non vogliono leggere Dante? Ok, non è che abbiano tutti i torti. Gli ebrei trovano Dante antisemita? Eh, dagli torto. Le femministe lo trovano discutibile? Hanno decine di motivi per farlo. E noi? Perché pensiamo che valga ancora la pena di leggerlo, a scuola e altrove? Io risposte qua e là ne ho già date: ovviamente riguardano me, e al massimo i miei poveri studenti. Ognuno deve trovare le sue. 

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Il popolo più intelligente (che fine ha fatto)

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Buongiorno, mi chiamo Leonardo e sono un determinista geografico – perlomeno nel senso che credo che la geografia determini il modo in cui stiamo al mondo. L'ho sempre pensata così, quindi all'inizio non era che un pregiudizio: ma in seguito non ho trovato che conferme. 

Ad esempio: c'era una volta, ma neanche tantissimo tempo fa, un popolo che per una lunga e complicata serie di problemi era stato costretto a spargersi per il mondo, e inevitabilmente a mescolarsi con gli altri popoli; pur conservando con una certa ostinazione i riti e le leggende di una cultura millenaria. Ebbene, è probabile che questo popolo nei secoli avesse sviluppato una caratteristica peculiare: un'intelligenza media... sopra la media. Possiamo dimostrarlo? No, ma abbiamo molti indizi: il grande numero di intellettuali di spicco, alcuni dei quali diedero letteralmente vita a intere branche della scienza e della filosofia; la quantità di personalità ascese ai livelli più alti della scena politica e finanziaria senza diritto di nascita, o anche banalmente il numero di premi Nobel conferiti. Non bastava nascere in seno a quel popolo per essere più intelligenti, ma in un qualche modo aiutava. Il perché non è chiaro, e ci dà anche un certo fastidio domandarcelo. Si ha sempre paura di fare un discorso razzista.

Wikipedia

Sarebbe senz'altro un discorso razzista, se considerassimo quel popolo una razza (i nazisti lo facevano); ma siccome nel frattempo abbiamo concluso che le razze non esistono, e in particolare non potrebbe esisterne una che si mescoli nei secoli con le altre che incontra sulla strada, l'ipotesi razziale è facilmente archiviata. Più difficile risulta scartare del tutto un'ipotesi genetico-evolutiva, ovvero una tendenza tipica di quella specifica cultura a premiare gli individui più intelligenti, quelli che imparavano a leggere e a calcolare con meno sforzo; magari erano considerati elementi importanti della comunità e stimolati a sposarsi tra loro e ad avere famiglie numerose; laddove in altre culture individui con le stesse predisposizioni venivano persino disincentivati a figliare, mediante l'istituzione di caste di intellettuali celibi (vedi il cattolicesimo). Un altro stimolo poteva venire dall'appartenere, ovunque nel mondo, a una minoranza quasi costantemente minacciata e angariata; il lavoro intellettuale poteva apparire ai membri di questa comunità una via di fuga dai ghetti fisici e virtuali. Probabilmente non lo sapremo mai con certezza e probabilmente è meglio così – a un dittatore distopico potrebbe venire in mente di istituire un ghetto anche solo per verificare l'ipotesi.

Va bene, direte voi, e il determinismo geografico cosa c'entra? Parliamo di uno dei popoli meno geograficamente determinati del mondo! Ecco, appunto. Erano mediamente più intelligenti, erano spesso perseguitati (forse anche per questo motivo), erano sparsi per tre e più continenti. A un certo punto qualcuno di loro ha pensato, e non sembrava una cattiva idea: ma se ce ne tornassimo tutti nello stesso posto? Non necessariamente quello da cui provenivano i nostri antenati duemila anni fa – oppure no, aspetta, tutto sommato la terra costa lì meno che altrove, andiamo proprio lì. Ecco. Che idea potente. Milioni di persone mediamente più intelligenti degli altri, concentrate nello stesso piccolo spicchio di terra. Cosa avrebbero potuto fare, cosa avrebbero potuto diventare? Una civiltà da fare impallidire l'Atene di Pericle; ebbene, dopo qualche generazione oso dire di no. 


Sarò persino più brutale. Sono andati a vivere nel deserto, sono già diventati predoni. La geografia è un destino. Lo dico senza la minima soddisfazione, perché se invece fossero riusciti a farlo fiorire davvero, quel deserto, sarebbe stata una buona notizia per tutti. Ma per farlo fiorire serve banalmente l'acqua; per avere l'acqua bisogna prenderla ai palestinesi, e il resto della storia lo sapete. Dopodiché certo, Israele continua a essere un Paese culturalmente rilevante, con università importanti e intellettuali di spicco. Sarebbe anche il minimo, coi soldi che arrivano dagli USA ogni anno. Ma se andiamo a vedere un po' più da vicino, ecco, nelle università gli studenti urlano insulti ai professori dissidenti. I grandi intellettuali hanno una certa età, i più giovani sembrano meno interessanti e più faziosi: esattamente come in Italia, ma perché avrebbe dovuto finire come in Italia?


C'erano tutte le premesse perché Israele diventasse un faro per l'occidente e il mondo; appunto, c'erano tutte le premesse tranne la geografia: si vede che la geografia è l'unica condizione necessaria. Prendi il popolo più intelligente del mondo, schiaffalo su una strisciolina di terra con poche risorse, in mezzo ad altri popoli ostili, e guarda quanto ci mette a sviluppare un nazionalismo fanatico, e a devolversi anima e corpo a un militarismo spietato. La più giovane delle nazioni occidentali a costituirsi tale è anche il più grande argomento contro il concetto di nazione. E noi che una volta ci misuravamo con scrittori e intellettuali di straordinario acume, ci ritroviamo a leggere il fondo di una tale Dina Porat, "consulente accademica del centro Vad Yashem e professoressa emerita dell'università di Tel Aviv". 

Parliamo di un temino sconfortante, che in futuro magari sarà usato come pietra di paragone per stabilire la degenerazione dell'intelligenza media nel Ventunesimo secolo, probabilmente a causa della concentrazione di polveri sottili. Attenzione, non sto dicendo che la professoressa sia stupida – mai mi permetterei, non la conosco – ma è decisamente stupido il discorso che sceglie di fare: tarato per lettori incapaci di discorsi complessi, che poi saremmo noi che lo leggiamo. La professoressa ci spiega per prima cosa che la mentalità israeliana è per sua natura occidentale. A riprova di ciò cita... niente, assolutamente niente, l'occidentalità degli israeliani è autoevidente, eventuali prove ci affaticherebbero. Il fatto che gli israeliani stiano combattendo una lotta tribale contro altre fazioni tribali, a dispetto di ogni logica strategica ed economica, non deve distrarci. Se anche si stanno facendo terra bruciata intorno, lo fanno con una mentalità occidentale che "pensa seguendo linee logiche, calcola le proprie mosse in base al profitto e mira al benessere di cittadini e nazioni", capito? Noi occidentali siamo così, il romanticismo lo avrà elaborato qualche altra cultura. "La mentalità occidentale, e quella cristiana in particolare, ritiene che gli esseri umani siano fondamentalmente onesti..." No, aspetta.

Chiedo al lettore, se è arrivato fin qui, un piccolo sforzo. Chiuda gli occhi. Pensi a Lutero. Ad Agostino di Ippona. A Paolo di Tarso. E poi rilegga.

La mentalità occidentale, e quella cristiana in particolare, ritiene che gli esseri umani siano fondamentalmente onesti.

Per scrivere qualcosa del genere (e per pubblicarlo sul quotidiano che un tempo era Repubblica), bisogna essere o molto in buona fede, o molto in malafede. Non sta a me determinarlo, ma o la professoressa Porat ignora completamente il pensiero cristiano – il che denoterebbe un tragico abbassamento degli standard qualitativi delle istituzioni accademiche che rappresenta – oppure pensa che ce la beviamo, in fondo figurati se li studiamo davvero, quei Luteri e quegli Agostini.

Ci sta blandendo, proprio come un accorto mercante beduino blandisce il cliente frescone. Ed eccoci davanti al paradosso del bugiardo: se la prof.sa Porat ci sta prendendo in giro, non è "fondamentalmente onesta", e quindi non è così occidentale come vorrebbe sembrare, anzi starebbe facendo prova di astuzia levantina... oppure no, è perfettamente occidentale, tranne che la cultura occidentale non è così logica e consequenziale come lei sostiene che sia: magari mira davvero al "benessere di cittadini e nazioni", ma nel farlo non si preoccupa di dire bugie e causare il malessere di altri cittadini, altre nazioni. Non saprei. Mi sembra tutto così avvilente. Forse la Fallaci era scesa così in basso, ma era anziana, era malata ed era il Corriere, ventidue anni fa. Da tanti errori dovremmo avere capito qualcosa e invece no, siamo ancora allo stereotipo dell'occidentale onesto che non capisce il beduino astuto e malvagio. Tranne che anche questa propaganda di basso livello intellettuale cosa ormai l'abbiamo delocalizzata, la facciamo scrivere direttamente ai beduini.  

Quando i leader e gli opinion maker israeliani e occidentali pensano all'Islam e ai musulmani lo fanno sulla base del proprio modo di pensare e delle proprie convinzioni, e non su una profonda e attenta conoscenza della mentalità e delle convinzioni dei musulmani. Credono ciò che vorrebbero fosse vero. Questo è il motivo per cui di fronte ai fatti del sette ottobre Israele si è trovata impreparata...

Ah, ecco, questo è il motivo. Pensi che ingenui, professoressa; noi credevamo che il governo israeliano si fosse trovato impreparato perché incompetente, assorbito dalle beghe interne, e non del tutto ostile all'eventualità che qualche miliziano producesse un casus belli prima delle elezioni USA del 2024. Mentre invece ora è tutto chiaro: non se l'aspettavano perché erano occidentali, cioè un po' cristiani, cioè un po' ingenui, incapaci di concepire la malvagità del nemico. Inoltre la terza guerra mondiale è in pratica già scoppiata, perché Hamas è un emissario dell'Iran, che "ha stretto un'alleanza con Russia e Cina. I tre Paesi sono ferventemente anti-americani e anti-occidentali, e quindi ostili ad Israele e agli ebrei". Quante volte ci è capitato di dircelo in questi anni: chi aspetta i barbari, molto spesso non sa di esserlo. La professoressa è convinta di fare un discorso "occidentale": razionale, cartesiano, utilitaristico. Laddove sotto una paginetta del genere l'Occidente è morto, o quantomeno riavvolto fino al secolo XI: qualcuno dal balcone ci sta chiamando alle crociate, i cristiani sono buoni e i mori sono cattivi. Certo che questi discorsi si leggevano anche vent'anni fa. Su Libero, sul Giornale. Oggi arrivano su Repubblica, e infiammano quel che resta di una borghesia che, nello spicchio che intravedo da Twitter, mi sembra completamente sconvolta dagli eventi: hanno investito molta emotività su fronti che non stanno reggendo. L'Ucraina è un baluardo dell'Occidente – salvo che il fronte cede; Israele è un baluardo dell'Occidente – peccato che stia commettendo crimini contro l'umanità. Ormai vedo professori cattedratici buttarsi su Milei, il quale per quel che ci è dato da capire ha una concezione dell'economia tanto facilona quanto facilone è l'approccio della Porat al conflitto israelopalestinese. Stiamo diventando tutti scemi? Sono le polveri sottili? O la semplificazione intellettuale e linguistica è quel che avviene quando comincia una guerra, e la guerra è appunto già cominciata?


Comments (2)

Vinavoehr wrote ...
Si potrebbe anche postulare che molti ebrei intelligenti non abbiano avuto la minima intenzione di tornare in una miserrima strisciolina di deserto, ma abbiano preferito New York, Los Angeles, Londra, Parigi o altro. Questo avrebbe abbassato, nella totalità dei partecipanti al ritorno alla terra promessa, la percentuale di intelligenza, mentre quella del fanatismo si allargava a dismisura, con risultati che, dalla notte dei tempi, sono i medesimi a ogni latitudine i fanatici prevalgano.
2/26/2024, 10:29:00 AM

Delfino wrote ...
I miei amici intelligenti sono tutti morti, meno male chi ci sei tu a farmi sentire meno solo, grazie!
2/21/2024, 11:19:00 PM

Tre cappuccini in Etiopia

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3 marzo: beati Liberato Weiss, Samuele Marzorati e Michele Pio Fasoli da Zerbo

Premesso che una svista può capitare a tutti, alla voce "Samuele Marzorati e Michele Pio Fasoli da Zerbo" del sito ufficiale del Dicastero delle Cause dei Santi si legge ciò:

"Lungo i secoli vi sono stati tanti tentativi dei missionari cattolici di poter penetrare nei territori a religione musulmana per poter portare il Vangelo anche lì, ma gli sforzi si sono dimostrati in buona parte inefficaci, vista la intolleranza religiosa che ha sempre distinto il sempre presente estremismo arabo".

Il... sempre presente estremismo arabo? 

È un testo tratto da una paginetta del sito Santiebeati, che a sua volta riprende la scheda di Antonio Borrelli, giornalista del Giornale. Quest'ultimo mentre la stilava doveva essersi distratto un poco: non solo perché mentre parlava di "estremismo arabo" si stava dimenticando quel millennio in cui ad esempio in Egitto gli arabi cristiani (copti) hanno convissuto coi musulmani; non solo perché "estremismo arabo" è proprio un'espressione che storicamente può avere un senso solo a partire dal secolo scorso, quando nasce appunto il nazionalismo arabo, ma soprattutto perché... né Samuele Marzorati né Michele Pio Fasoli sono stati martirizzati da arabi o da musulmani in generale

Il castello del negus Fasilides, nella fortezza di Fasil Ghebbi, a Gondar

A uccidere a pietrate i due frati cappuccini, assieme al confratello bavarese Liberat Weiss, sono stati gli etiopi, che con gli arabi non hanno etnicamente molto a che spartire (oserei dire che siamo più simili noi italiani, agli arabi, di loro) e soprattutto non sono musulmani: perlomeno quelli che hanno lapidato i tre frati erano cristiani, ancorché di confessione miafisita, come i copti egiziani e gran parte degli etiopi al tempo. Lo si legge nelle altre due schede dedicate ai frati da Santiebeati, e nell'omelia pronunciata da Papa Giovanni Paolo II e riportata sempre su Causesanti.va. 

All'inizio del Settecento la Congregazione De Propaganda Fide decide di riannodare i rapporti con i cristiani di Etiopia, completamente interrotti da qualche decennio. Forse ricevono persino un invito dall'ultimo dei grandi Negus della dinastia salomonide, Iyasu I il Grande, che stava cercando di aprire l'Etiopia al mondo, allacciando anche rapporti con la corte di Luigi XIV e la Compagnia delle Indie Occidentali. Detto questo, l'impero del Negus non è dietro l'angolo: la penetrazione coloniale europea inizierà 150 anni più tardi, la via del deserto è quasi del tutto sconosciuta ai bianchi e i cappuccini che si offrono volontari sanno benissimo che gli ultimi sei confratelli giunti in Etiopia erano stati martirizzati nel 1669. Quel che non possono sapere è che il viaggio sarà lentissimo, estenuante: i primi sei volontari (tra cui Liberat Weiss e il pavese Michele Pio) giungono nel gennaio del 1705 al Cairo dove si aggregano a una carovana che risale il corso del Nilo: direzione Gondar, capitale etiope. 

Nessun "estremista arabo" li ostacola, ma giunti all'altezza di Al Dabbah (Sudan), sono informati che Iyasu non è più imperatore: alla morte della sua concubina preferita si è ritirato a vita privata e un figlio, per essere sicuro di succedergli, lo ha fatto ammazzare. Ne deriva una guerra di successione che blocca il viaggio per tre anni. Alcuni frati, sfiduciati, cominciano a tornare indietro: il capospedizione, Giuseppe da Gerusalemme, si ammala di qualcosa (com'era frequentissimo tra gli europei prima della diffusione del chinino) e muore. Alla fine anche Michele e Liberati tornano al Cairo, dove però ricevono l'ordine di riprovare a raggiungere Gondar via mare, anche perché nel frattempo la situazione in Etiopia sembra essersi calmata. 

Ai due si aggrega il varesino Samuele Marzorati, reduce da un'esperienza missionaria non fortunata nell'isola di Socotra. I tre arrivano finalmente a Gondar nel 1711, dopo sette anni, giusto per scoprire che il nuovo re Yostos, per quanto ospitale, non intende autorizzarli a predicare una confessione religiosa diversa da quella miafisita. Probabilmente pesa ancora, nei confronti dei frati cappuccini, il ricordo delle guerre religiose del secolo precedente. Nel 1631 i gesuiti, dopo aver convertito il Negus Susenyot, avevano tentato la cattolicizzazione forzata di tutti i sudditi. Ne era seguita una guerra al termine della quale Susenyot, dopo aver massacrato in battaglia ottomila ribelli refrattari al cattolicesimo, aveva deciso di fare un passo indietro. Da lì in poi il cattolicesimo aveva perso gran parte del suo appeal in Etiopia: i frati che venivano da nord erano visti come sovvertitori di una tradizione millenaria, e in effetti lo erano. 

A Liberat, Michele e Samuele viene chiesto di trasferirsi nel Tigré, dove per qualche tempo tirano a campare esercitando la professione medica. Liberat improvvisa anche un'attività di orafo: ma la permanenza dei tre in Etiopia dipende dalla benevolenza di un re dal trono vacillante. Nel 1716 si ammala: è ancora in agonia mentre in un'altra ala del palazzo viene incoronato il nuovo Negus, Dawit III. Quest'ultimo convoca i tre frati a Gondar e offre loro la possibilità di convertirsi al miafisitismo etiope... o di morire martiri. È il momento che aspettavano da anni: per i missionari il martirio è sempre un'opzione. Forse in certi casi è persino una liberazione, quando da anni vivi in un territorio ostile e sei educato a pensare che il tuo sangue versato potrebbe, in qualche modo, cambiare le cose per chi verrà dopo di te. Così davanti a una corte di sacerdoti etiopi, Liberat Michele e Samuele testimoniano la loro fede, senza trascurare di accusare i loro accusatori di eresia. La condanna a morte viene eseguita il 3 marzo, per lapidazione. Cristiani uccidono cristiani: non è la prima volta, non sarà l'ultima. Si racconta che un monaco abbia minacciato i presenti: chi non tira almeno cinque pietre è un nemico della Vergine Maria. Gli estremisti arabi, come si vede, non c'entrano molto.

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Un'africana in Veneto

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8 febbraio: Santa Giuseppina Bakhita (1869-1947)

Il rapporto tra santità e pelle nera è uno dei più bizzarri e forse meriterebbe di essere studiato meglio: in un continente in cui la nobiltà è associata (almeno a partire dall'Alto Medioevo) a carnagione chiara e capelli biondi, la santità assume attributi opposti molto più spesso di quanto sembrerebbe. Hanno la pelle scura le icone bizantine (forse perché annerite dal fumo delle candele); le statue di vescovi risalenti all'antichità, come Zeno a Verona. Hanno il colore del bronzo certe statue del monaco siciliano San Calogero, che quando vengono portate in processione brillano al sole e sembrano sudare; e proprio in Sicilia, nel basso medioevo nasce il fenomeno dei santi neri, frati di origine africana (a volte schiavi liberati) che vengono venerati in vita e dai quali la gente sembra che si aspetti i miracoli, finché a furia di insistere i miracoli non arrivano. Il caso di Giuseppina Bakhita è molto più recente, ma non così diverso: anche Giuseppina è diventata famosa senza averlo desiderato, semplicemente perché il colore della pelle richiamava l'attenzione di fedeli e curiosi ("Tuti i vole védarme: son propio na bestia rara!") In un mondo senza immagini fotografiche a colori, Giuseppina mostrava agli abitanti di Schio che sì, i neri esistevano: se poi apriva la bocca per parlare la sorpresa era doppia, perché Giuseppina parlava in dialetto veneto. 

Giuseppina deve la sua fama a un libro della canossiana laica Ida Zanolini, Storia meravigliosa: Giuseppina Bakhita, che negli anni Trenta ebbe un buon successo e fu una specie di italica Capanna dello Zio Tom; un racconto che ha senz'altro il pregio di mettere a fuoco gli orrori dello schiavismo, ma anche di confortare il lettore sul fatto che molti uomini bianchi lo avversino, in particolare gli illuminati esponenti della borghesia coloniale italiana. Come Callisto Legnani, console italiano a Khartoum, che comprava i bambini vittime della tratta per restituirle alle famiglie. Questa ragazzina che riscatta nel 1882, però, non può essere restituita perché non si ricorda nemmeno come si chiamava: il nuovo nome ("Fortunata"), glielo hanno dato i predoni. Potrebbe avere tredici anni. Probabilmente viene da un villaggio del Darfour: ricorda di avere avuto molti fratelli che forse sono stati fatti prigionieri anche loro; ha già cambiato padrone più volte; è stata al servizio di un generale turco che l'ha fatta tatuare; il tatuaggio successivamente è stato abraso e forse trattato col sale per creare una cicatrice permanente. Tutte queste cose le sappiamo dal libro della Zanolini: Giuseppina non ne parlava volentieri e a volte sosteneva che la storia era esagerata – può darsi che la Zanolini volesse condensare nel personaggio di Bakhita le sofferenze inflitte a più bambine, e documentate da altre fonti: così come può darsi che Bakhita avesse maturato una certa insofferenza per chi continuava a chiederle particolari riguardo i traumi della sua infanzia. 

La ragazza resta per due anni al servizio del console – i biografi si affrettano a precisare che non era più considerata una schiava, ma comunque era una minore che svolgeva mansioni di servitù. La differenza che Bakhita percepisce è che non viene più picchiata e tanto basta perché sia la stessa Bakhita a chiedere a Legnani di portarla con lei, quando lascia Khartoum nel 1884 durante la rivolta del Mahdi. Ai Legnani si aggrega durante il viaggio un'altra famiglia italiana, gli albergatori Michieli. Giunti a Genova, il console cede Bakhita ai Michieli, che hanno una figlia che si trova bene con lei. Sono i Michieli a portare Bakhita in Veneto (a Mirano): tre anni dopo, quando ripartono per l'Africa, lasciano la figlia in un collegio canossiano di Venezia. Bakhita resta con lei, in qualità di catecumena, perché non è nemmeno battezzata e di cristianesimo ancora non sa quasi nulla. Quando intorno al 1889 la signora Michieli torna a prendere la figlia, Bakhita prende l'unica vera decisione della sua vita: non vuole tornare in Africa, preferisce restare nel convento delle canossiane. La Michieli ricorre ai legali, così che a un tribunale tocca sancire che la schiavitù in Italia non esiste: Bakhita è libera di restare nel convento. 

Nel 1890 viene battezzata Giuseppina Margherita Fortunata: sei anni dopo prende i primi voti. Nel 1893 è trasferita nel convento di Schio dove passerà quasi tutto il resto di una vita tutto sommato abbastanza tranquilla, scandita dalle normali mansioni di una suora canossiana: in cucina, in sagrestia, anche in infermeria quando durante la Prima Guerra Mondiale il convento diventa un ospedale delle retrovie. La situazione cambia quando nel 1902 Giuseppina viene spostata in portineria, diventando il volto che le canossiane di Schio offrono al mondo esterno: è un volto sorridente, ma davvero inusuale, che richiama perfino scolaresche in visita d'istruzione. I concittadini la chiamano Madre Moreta e se non si aspettano da lei espliciti miracoli (una portinaia nera a Schio è già un piccolo miracolo), comunque in un qualche modo reclamano che un volto così diverso dal solito si carichi di un senso, renda testimonianza su un continente lontano che forse Giuseppina non ricordava volentieri.

Le canossiane decidono di scriverci un libro, che si ristampa varie volte e che più che a raccontare la sua lagrimevole storia serve a sensibilizzare il pubblico sulla necessità di sostenere le opere missionarie: una canossiana di ritorno dalla Cina la porta con sé in un tour di conferenze in tutt'Italia, che fanno il pieno di pubblico perché sul palco c'è anche la suora nera, che non parla molto (il dialetto veneto in effetti rovina un po' l'effetto esotico), ma insomma, è nera. Non una cosa che si vede tutti i giorni – e a differenza che al circo, alle conferenze missionarie non si paga il biglietto. Il gusto per l'esotico del resto è quello che porta migliaia di giovani volontari in Abissinia, dove a sentire le canzoni è pieno di faccette nere che non vedono l'ora di sorridere ai liberatori. Nel 1936 Giuseppina accompagna a Roma una delegazione di missionarie che prima di partire per Addis Abeba vanno a salutare Mussolini. Le faccette nere però, ora che sono suddite dell'impero, fanno meno tenerezza. Anzi occorre scongiurare che i soldati contraggano matrimoni misti: si è appena scoperto che l'italianità è una razza che va difesa dalle impurità. Può essere solo una coincidenza, ma proprio nel 1837 Giuseppina viene spostata dal convento di Schio e si ritrova in Lombardia, a Vimercate. Anche lì però viene collocata in portineria: si vede che era una portinaia veramente brava, o che alle canossiane non dispiaceva quel particolare tipo di attenzione che attirava. Nel 1939, malata, ottiene di tornare a Schio dove si spegne l'otto febbraio del 1947. 

Giuseppina è stata beatificata nel 1992. Non ha fondato conventi né scritto meditazioni; stava in portineria, sorrideva e nemmeno faceva i miracoli, almeno in vita. Quello necessario alla sua canonizzazione lo ha fatto a una signora brasiliana diabetica, a cui stavano per amputare le gambe. Chissà quante sante e quante beate avrà invocato: Bakhita ha funzionato, e così al termine di un processo abbastanza rapido è stata canonizzata da Giovanni Paolo II. Di sé stessa diceva: "Mi son on povero gnoco, come i gha fato a tegnerme in convento?"

Comments (17)

Nadia da Lucca wrote ...
Occhio che l'anno 2006 va letto di cima a fondo come fosse un libro, altrimenti non ci si capisce nulla 😜
2/10/2023, 7:36:00 PM

Anonymous wrote ...
Che spettacolo....
2/10/2023, 6:50:00 PM

Leonardo T wrote ...
beh almeno ti stai facendo una cultura. Ma hai trovato solenni discorsi di commemorazione di altre guerre o altre stragi?
2/10/2023, 6:25:00 PM

Anonymous wrote ...
Ehi trollino, mi sa che ti hanno rubato del materiale dall'archivio...
Non ho trovato nulla sulla giornata di oggi...però tanto Sanremo e la Mussolini vestita da pecorella...ahah...
2/10/2023, 6:10:00 PM

Anonymous wrote ...
Potresti mettere link degli anni passati su questa giornata?
Grazie
2/10/2023, 1:39:00 PM

Leonardo T wrote ...
La regola è che se non ho niente di interessante da scrivere non scrivo niente. Come puoi notare questo sito ha più di vent'anni in cui a volte ho scritto cose e a volte no. Se vuoi offenderti perché un anno invece di scrivere una cosa non l'ho scritta, beh, prendi il numeretto. Continuo a ricordare che l'espressione "superiorità antropologica" non significa nulla ma è straordinariamente efficace a identificare gli interlocutori scoppiati.
2/10/2023, 1:08:00 PM

Leonardo T wrote ...
Cioè tu conosci mogli che danno ragione ai mariti su tutto? Dove sono custodite, è possibile visitarle?
2/10/2023, 1:06:00 PM

Nadia da Lucca wrote ...
Quindi la definizione di moglie sarebbe "quella persona che dà ragione al marito su tutto"?
Interessante... 😀

Frequento questo blog poiché trovo interessante ciò che ci viene scritto, tutto qui.

Il tuo scandalizzarti per il fatto che Leonardo nel proprio blog volesse essere libero di trattare gli argomenti che desidera mi fa supporre che tu sia una di quelle persone che hanno bisogno di qualcuno che detti loro l'agenda: il 25 dicembre si fa Natale, il 10 febbraio si parla delle foibe, il 25 aprile della Costituzione, eccetera... guai a parlare di altri argomenti!
2/10/2023, 1:05:00 PM

Anonymous wrote ...
Ti ho chiesto se sei la moglie di Tondelli, considerato che gli dai ragione su tutto. Non è buon segno che tu non abbia capito.
Come non è buon segno che tu non abbia capito queste semplici parole "tutte le vittime di tutte le dittature" . Ergo, nessuna esclusa. Ora ti è più chiaro?
2/10/2023, 12:47:00 PM

Nadia da Lucca wrote ...
Al momento non sono sposata con nessuna iraniana, anche perché in Iran le ragazze omosessuali non fanno una bella fine.
Il fatto che tu ironizzi su queste cose non è un buon segno, direi.
2/10/2023, 11:48:00 AM

Anonymous wrote ...
Chi sei? La moglie?
2/10/2023, 11:38:00 AM

Nadia da Lucca wrote ...
Mi sembra un'iniziativa onorevole.
Ad esempio potremmo ricordare le recenti vittime della dittatura iraniana, sia coloro che sono morti per le strade, sia coloro che sono stati giustiziati.
La repressione del regime iraniano si fonda sulla tortura psicologica, sessuale (stupri) e fisica (torture e assassini).
Vorrei infine ricordare che la modalità standard di impiccagione non prevede di precipitare il condannato nel vuoto, causandogli uno strappo alla spina dorsale che porta ad una morte quasi istantanea, bensì sollevando mediante un braccio meccanico, in modo che il soffocamento sia lento e doloroso.

Il fatto che l'anonimo non spenda neanche una parola per la lotta che gli iraniani ogni giorno combattono... beh... fa riflettere.
2/10/2023, 11:36:00 AM

Anonymous wrote ...
Beh, non pubblicare nulla produrrebbe un silenzio assordante. E verrebbe meno lo stesso concetto di "livella". Anche da morti, si riuscirebbe a mantenere una superiorità antropologica, giocando in modo macabro con la memoria e con l'oblio...

Io, se mi è consentito, voglio ricordare qui, con lo stesso sgomento, tutte le vittime di tutte le dittature...
2/10/2023, 11:15:00 AM

Nadia da Lucca wrote ...
Si possono ordinare i pezzi?
Che bello! Io ne vorrei uno circa il trasferimento della capitale indonesiana da Giacarta a Nusantara, per favore 😜
2/10/2023, 8:42:00 AM

Leonardo T wrote ...
altrimenti?
2/9/2023, 11:50:00 PM

Anonymous wrote ...
Leo, domani è il giorno del ricordo. Immagino tu abbia già preparato il pezzo, giusto?
2/9/2023, 10:01:00 PM

Anonymous wrote ...
"ma proprio nel 1837" invece di 1937
2/8/2023, 11:09:00 PM

Inginocchiarsi per chi, per cosa

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Le foto sono strumenti potenti, ma non dicono necessariamente la verità. Le foto che immortalarono il podio olimpico dei 200 metri all'Olimpiade del 1968 mostrano due atleti neri col braccio alzato e il pugno chiuso – anche se non sappiamo ancora quanto il gesto costerà a entrambi, intuiamo di trovarci davanti a un gesto forte di protesta. A rendere l'immagine così potente è soprattutto il contrasto col terzo atleta, bianco e apparentemente indifferente: è lui a creare l'asimmetria necessaria. Il bianco guarda avanti, i neri protestano. Per innalzare quelle mani guantate serve così tanta forza di volontà che a Tommie Smith e John Carlos non ne resta per alzare la testa: sanno di essere vittime sacrificali ma fanno quel che è giusto fare, e poi sia quel che sia. Dopo aver visto queste foto è facile provare un moto d'odio per Peter Norman, il velocista australiano medaglia d'argento che guarda avanti e pare inconsapevole. È inevitabile ma è anche un errore: Norman non solo simpatizzava coi due colleghi e collaborò alla loro protesta (pagando anch'egli un prezzo alto); ma fu proprio lui a suggerire a Smith e Carlos di alzare in quel modo i pugni che, se ci fate caso, sono complementari: uno alza il destro e uno il sinistro.

John Carlos, Tommie Smith, Peter Norman (pubblico dominio).
John Carlos, Tommie Smith, Peter Norman (pubblico dominio).


In effetti l'idea originaria era di alzare insieme pugni destri e sinistri, in una posa che avrebbe potuto essere scambiata per quella dell'atleta trionfante: a rendere esplicita la protesta nei confronti del segregazionismo USA sarebbero stati i guanti neri – oltre alla coccarda del movimento che promuoveva la protesta, l'Olympic Project for Human Rights. Carlos però si era scordato i guanti al villaggio olimpico. Fu Norman a suggerire a Smith di prestargli uno dei suoi: forse da australiano gli sfuggiva l'ostilità del pubblico mainstream americano nei confronti della gestualità del pugno chiuso, da decenni associata all'antagonismo di sinistra. Quello che invece Norman colse al volo è che mostrare i pugni spettava solo ai due colleghi: la loro protesta era giusta, ma era la loro protesta. Un pugno bianco e non guantato l'avrebbe soltanto annacquata. Norman si accontentò di indossare la coccarda dell'Olympic Project: tanto gli bastò per essere squalificato dalla federazione australiana. Ma perché mi sono messo a raccontare di un episodio di protesta sportiva di più mezzo secolo fa?

Molti lettori potrebbero averlo già capito (in fondo sono lettori del Post). Magari l'intento è confrontare le epiche e iconiche proteste del passato – quando alzare un pugno ti costava la carriera – con la situazione presente in cui ogni azione diventa immediatamente standardizzata e pigra, al punto che agli Europei non si capisce nemmeno più se il gesto veramente politico sia inginocchiarsi o no. Ecco, sì, forse volevo scrivere un pezzo del genere, ma come la metto con Colin Kaepernick? Come faccio a definire 'pigro' il gesto che ha inventato e che gli è costato una carriera professionistica nel football americano, non nel 1968 ma dal 2017 in poi? Quando Kaepernick smise di alzarsi durante l'inno nazionale Trump si era appena insediato alla Casa Bianca e i media stavano documentando una inquietante recrudescenza degli episodi di violenza delle forze dell'ordine nei confronti dei cittadini afroamericani (chi ricollega il gesto al più tardo assassinio di George Floyd sta già facendo della mitologia). In una prima fase Kaepernick rimaneva semplicemente seduto: un gesto di rottura molto forte nei confronti di una ritualità particolarmente consolidata negli USA, dove vige tuttora un rispetto religioso per simboli unificanti come l'Inno e la Bandiera. Ai giornalisti che glielo domandarono rispose senza mezzi termini: "Non mi alzerò per mostrare orgoglio per la bandiera di un Paese che opprime la gente nera e la gente di colore. Per me questo è più importante del football, e sarebbe egoista da parte mia guardare da un'altra parte. Ci sono morti nelle strade e gente stipendiata che uccide e la passa liscia". In seguito, dopo una serie di discussione con colleghi e veterani, Kaepernick decise di non restare seduto durante l'inno, ma di inginocchiarsi.


Il gesto nasce quindi da un compromesso: Kaepernick non intendeva offendere chi serve con orgoglio la sua nazione, ma continuava a far presente che questo orgoglio non poteva condividerlo. Così codificato, il gesto cominciò a essere imitato da alcuni colleghi, ma soprattutto divenne un'ossessione per Trump, che a più riprese chiese il licenziamento per chi lo praticava. Kaepernick probabilmente passerà alla Storia, proprio come Carlos e Smith: nel frattempo però ha smesso di giocare; nessuna squadra l'ha più cercato. Protestare è ancora un gesto rischioso, quando la causa è controversa e il pubblico non è pronto – ovvero, in tutti i casi in cui protestare ha veramente senso. Ecco, forse ora è chiaro dove sto andando a parare: quello che è nato negli USA all'interno di un movimento preciso (Black Lives Matter) con richieste precise (eliminare la violenza poliziesca soprattutto nei confronti della comunità afroamericana), forse in Europa è arrivato un po' di rimbalzo, più che per emulazione che per una reale esigenza sociale. Sto veramente arrivando lì? Perché non è molto lontano da quel che potrebbero dichiarare Orban e Salvini sull'argomento. Faccio ancora in tempo a correggere un po' la rotta?

A quanto pare i primi a inginocchiarsi in Europa sono stati i calciatori della Premier League – come sempre la Gran Bretagna è il filtro da cui ci arriva la cultura americana, un filtro tutt'altro che neutro. Inginocchiarsi su un campo di calcio inglese è un gesto irrituale, ma senza quella punta di blasfemia e vilipendio che veniva percepita sugli spalti degli stadi americani; la pratica si ispira esplicitamente al movimento Black Lives Matter, ma spostando l'obiettivo verso un più generico antirazzismo. Se è comunque abbastanza chiaro per cosa si stiano inginocchiando i calciatori inglesi, è un po' più difficile capire contro chi. Il bersaglio polemico non sembra più l'autorità costituita e le sue forze di polizia; in molti casi sembra che l'avversario sia il pubblico, le frange di tifosi che in effetti talvolta reagiscono fischiando. È uno scenario molto più vicino a quello degli spettatori italiani: la tensione tra squadre sempre più meticce e tifosi sempre più identitari o razzisti. A ogni contestazione, il sindacato dei calciatori professionisti ribadisce che i suoi iscritti continueranno a inginocchiarsi e che il pubblico questa cosa la deve accettare; insomma inginocchiarsi è un modo di chiedere al pubblico: da che parte stai? Anche in questo caso dietro al successo di un gesto di protesta c'è una negoziazione: inginocchiarsi è un gesto semplice, non rovina lo spettacolo e crea senz'altro meno tensioni e strascichi di altri (pensate ai casi in cui un calciatore o un'intera squadra reagisce ai cori razzisti ritirandosi dal campo e incorrendo in una squalifica).

Più che un gesto di protesta, in Europa l'inchino diventa un gesto identitario: appoggiare il ginocchio significa dichiarare rapidamente il proprio antirazzismo. Ed eccoci agli Europei, dove – contrariamente a quello che si sente in giro – nessun organo ufficiale ha chiesto ai calciatori di inginocchiarsi. I calciatori inglesi hanno fatto sapere che lo avrebbero fatto, gli scozzesi hanno scelto di farlo in occasione di Inghilterra-Scozia; altre nazionali sono andate in ordine sparso; la UEFA si è limitata a chiedere rispetto per chi decideva di inginocchiarsi. Nel frattempo però l'argomento ha raggiunto le prime pagine, forse perché la fase a gironi non è così eccitante (se a Cristiano Ronaldo basta spostare una bottiglietta per far discutere un paio di giorni). Con un'inversione tipica delle guerre culturali contemporanee, la scelta identitaria è diventata quella di non inginocchiarsi: persino Orban ha dedicato un po' del suo tempo a spiegare perché i calciatori ungheresi non sono tenuti a farlo. In effetti chi si inginocchia sta ancora protestando, o si sta limitando a citare in favore di videocamera un gesto ormai estrapolato dal contesto originario? La forza del movimento Black Lives Matter risiedeva anche nel modo in cui circoscriveva la sua protesta. Non un generico antirazzismo, ma le Vite dei Neri Contano: uno slogan che non a caso gli avversari hanno cercato di scimmiottare per depotenziarlo, con lo slogan All Lives Matter. La standardizzazione dell'inchino pre-partita corre forse lo stesso rischio: chi si inchina rischia di non sapere perché lo fa. Senz'altro non per chiedere il taglio dei fondi alla polizia americana, come chiedono gli attivisti BLM: e allora per cosa? Se è un gesto che si limita a definire un'identità, il rischio è che si trasformi in una ritualità vuota, l'ennesima pratica di virtue signaling un po' fine a sé stessa; col non trascurabile effetto collaterale di far emergere, per contrasto le posizioni di chi rivendica a voce alta il rifiuto dell'inchino, l'insofferenza per un antirazzismo imposto dall'alto più con la pressione mediatica che con la forza degli argomenti.

Spero di non essere frainteso (ma è inevitabile): sono contento se molti calciatori si sentono antirazzisti e vogliono testimoniarlo sul campo; ovviamente preferirei che avessero obiettivi chiari e non un generico antirazzismo d'importazione, visto che anche in Italia c'è molto da fare (pensate se qualche calciatore italiano s'inginocchiasse per le vittime delle forze dell'ordine italiane o per le vittime del razzismo italiano: pensate che scandalo vero sarebbe). Mi dispiace che tutto debba sempre essere importato acriticamente dall'America, non perché gli americani non abbiano ottimi motivi per protestare come protestano, ma perché sono motivi che non capiamo e comunque non sono i nostri. Ho la sensazione che l'inchino in Italia venga percepito come il blackface, cioè una cosa che non si è capito come funziona tranne che se ti sbagli tutto il resto del mondo ti dà del razzista e quindi anche chi non capisce prima o poi si adegua – laddove capire sarebbe sempre la cosa più importante. Trovo controproducente la pressione mediatica che sospinge giornalisti e politici a etichettare come razzisti i calciatori che rimangono in piedi e che magari semplicemente hanno le idee confuse (anche i calciatori a volte possono averle confuse). I gesti di protesta dovrebbero fare scalpore e generare emulazione, come successe a Carlos, Smith e a Kaepernick; se invece diventano divisivi, rischiamo che un sacco di gente si ritrovi sul lato dei razzisti semplicemente perché erano in piedi quando abbiamo fatto le squadre. Quando vedo un gruppo di calciatori un po' in ginocchio e un po' no, cerco di combattere l'impulso a dividerli in buoni e cattivi; lo stesso impulso che mi faceva odiare Peter Norman, quando ancora non conoscevo la sua storia e l'equilibrio con cui seppe stare dalla parte dei giusti senza togliere loro l'onore della ribalta.

 

(Quasi dimenticavo: oggi 23 giugno ricorre la festa dei 1003 Santi Martiri di Nicomedia, che si presentarono davanti all'imperatore Diocleziano per testimoniare la loro fede, e Diocleziano li fece ammazzare tutti e 1003. Giusto per ribadire che protestare è sempre stato pericoloso. Chi non rischia qualcosa non sta protestando davvero. Vale per tutti noi, in ginocchio o dritti in piedi).

Comments (4)

Orlo wrote ...
Ho visto che su il Post il tuo egregio articolato ha avuto commenti "segaligni".
Secondo me sono la tua area di riferimento,coltivali!
Apparentemente si sono fidati del tuo essere sinistrato in modo chic. A mio parere nn hanno colto la tua deriva realista,una parola che nell'ambito dei moralisti suona come fascista su Marte.
Ma senza l'ironica presa d'atto di un Corrado Guzzanti, ovviamente!
🌞
6/28/2021, 8:14:00 PM

Orlo wrote ...
Bravo Leonardo,sei pronto per entrare nella politica.
Però devi essere pronto a conoscere in profondo la "tua area".
Spero che dopo nn mi diventi...?!?...🐪🦥🐤🤭🤭🤭
6/28/2021, 3:23:00 PM

The One wrote ...
Grazie sig. Leonardo
6/28/2021, 11:24:00 AM

Unknown wrote ...
Secondo me hai scritto un grandissimo pezzo!!! Bravo davvero
6/27/2021, 5:55:00 PM

Facce nere e teste dure

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Ogni tanto mi riviene voglia di scrivere un pezzo sulla blackface – poi mi trattengo, mi dico: aspetta l'occasione all'altezza. Non farti stimolare dall'ultima scemenza. Il problema è che la blackface è una scemenza, per definizione – o la fai consapevolmente, e allora sei scemo, oppure ci caschi senza saperlo, e allora ormai sei scemo lo stesso. Poi ci sono certi choc culturali impensabili prima dei Social Network, ad esempio Diet Prada che scopre le caramelle tabù. Ma il più delle volte si tratta semplicemente di un equivoco idiota a proposito di un idiota che non capisce un equivoco, e qui non credo ci sia bisogno di spiegare a che Ministro dell'Interno sto pensando.


Dettaglio imbarazzante: quando si parla di Blackface provo sempre una punta di immotivato orgoglio. Credo di essere stato uno dei primi ad averne parlato in Italia in un dibattito mainstream, o forse non era proprio mainstream ma insomma era sul Post, e io non ero un sociologo o un antropologo ma semplicemente un blogger. È successo qualche anno fa: sembrano secoli. La cosa più buffa, o comunque interessante, è che non evocai il concetto di Blackface per spiegarlo, ma perché mi serviva un esempio di come funzionava il modello della tolleranza in Nordamerica, e perché il nostro è completamente diverso. Cioè nel 2015 se mi capitava di parlare di Blackface era per spiegare quanto diversi da noi fossero gli americani, e in che modo la loro diversità (che non capivamo) avrebbe potuto fornirci un esempio diverso per capire la situazione in cui ci eravamo cacciati con... le vignette su Maometto. Ve le ricordate le vignette su Maometto? Una volta non si parlava d'altro, giuro. Fino all'anno scorso su questo blog c'erano più pezzi sulle vignette antimaomettane che sulle canzoni dei Beatles, l'avreste detto mai.

Un'immagine di Tom e Jerry censurata dai network tv USA. 
(La prima volta che la usai per corredare un pezzo, trovavo la cosa piuttosto assurda: adesso no, non faccio più nessuna fatica a capire quanto quei labbroni e quelle treccine possano risultare offensivi). 

Faccio un breve riassunto per chi è nato nel frattempo: negli anni Zero si sviluppò un dibattito giornalistico sull'opportunità o no di disegnare il profeta dell'Islam, e in particolare in vignette satiriche. Questo in una situazione in cui la comunità islamica (sempre più importante in Europa) insisteva abbastanza compattamente sul fatto che raffigurare il volto di Maometto, anche in situazioni non satiriche, fosse blasfemo e offensivo. Il che portò alcuni difensori della libertà di parola e di stampa su posizioni islamofobe, e molti islamofobi a diventare improvvisamente difensori della libertà di parola e di stampa. Fu insomma una delle occasioni in cui prese forma, anche in Europa, quel blocco libertario di destra che negli USA è poi diventata la base del consenso di Trump. Dal canto loro gli integralisti islamici non persero l'occasione per accreditare l'immagine più oscurantista della loro religione: la rivista satirica Charlie Hebdo fu vittima di due attentati; nel secondo la redazione fu massacrata. Ovviamente la stampa europea rispose ribadendo il principio della libertà di stampa e di espressione, mentre dagli USA arrivavano reazioni molto più sfumate: non era affatto impossibile, dall'altra parte dell'Atlantico affermare che i vignettisti francesi se la fossero cercata. Un approccio del genere – cercavo di spiegare – dipendeva dal modo in cui in Nordamerica le minoranze avevano lottato per trovare un modus vivendi, anzi convivendi. E a questo punto mi veniva spontaneo fare l'esempio del Blackface, in quanto tabù arbitrario, imposto da una minoranza e accettato come tale:

Quella che spesso chiamiamo “l’ossessione del politically correct” (incoraggiati in questo dagli stessi americani, che per primi ne vedono i parossismi), è una mentalità che muove da secoli di continue rinegoziazioni tra tribù (wasp, cattolici, afroamericani, latinos). Negli USA, come noto, tingersi il volto di nero per fingersi afroamericano è considerato un gesto razzista, non necessariamente sanzionabile ma universalmente esecrato. Le ragioni per cui si è arrivati alla codifica di questa specie di tabù sono complesse a affascinanti, ma interessano fino a un certo punto: l’importante è che a un certo punto una comunità etnica definita ha isolato un simbolo (il blackface) e ha piantato un paletto: questa cosa ci offende. Magari non sarà vietata dalla legge, ma se voi ci offendete noi boicotteremo i vostri prodotti, i vostri programmi, e non voteremo per voi.

Col senno del poi forse davo troppo per scontato che qui da noi si sapesse di cosa stavo parlando; negli anni successivi ho perso il conto (giuro, ho perso il conto) degli episodi in cui qualche vip italiano è cascato nel tranello. Tre o quattro volte anche solo Dolce e Gabbana. Oggi forse ormai si è capito cos'è la blackface, ma ho il sospetto che si sia soltanto ingrandito un equivoco. Sempre più persone hanno capito che si tratta di una situazione che è percepita come offensiva da una minoranza. Quel che sfugge, e continua a sfuggire, è l'aspetto arbitrario del fenomeno. Non è che la blackface non abbia una storia (così come il divieto di raffigurare il volto del Profeta), ma il motivo per cui è diventata un tabù è che una comunità ha scelto di individuarla come tale, puntando una bandiera su un terreno semiotico e avvertendo le altre comunità: da qui non arretreremo. La tolleranza americana è la prosecuzione della guerra razziale sul campo delle immagini e dei simboli: ogni tabù è una prova di forza. Il fatto che qualche italiano si stia vergognando per i fotomontaggi di un ministro degli Esteri molto abbronzato può sembrare un equivoco, anzi lo è, ma è anche la dimostrazione che la comunità afroamericana è riuscita a esportare i suoi tabù persino in uno dei Paesi europei dove si capisce meno l'inglese. Sarei tentato di usare il vecchio termine "imperialismo culturale", non fosse per un dubbio: ma se sono così forti, gli afroamericani, com'è che non riescono a impedire di farsi sparare per strada? (Magari continua).
Comments (6)

Anonymous wrote ...
Io l'imperialismo culturale (afro) americano lo percepisco molto di più quando si parla di racial slur. Il dibattito da noi non è ancora diffuso come con la blackface ma mi sono capitate discussioni accese attorno al tema. Ovvio che la N word usata con intento discriminatorio è oscena, ma l'estensione del taboo in ambito giornalistico e accademico non riesco a comprenderlo. Cercasi semiologo appartenente a minoranze che mi spieghi ad esempio questa recente vicenda made in BBC:
https://www.bbc.com/news/uk-53715814
9/4/2020, 4:07:00 AM

Emanuele wrote ...
Credo che l’attenzione alle “sensibilità” sia un piano inclinato con conseguenze poco prevedibili e potenzialmente pericolose. Ok, via le blackface, via Apu dai Simpson, e poi? Il bidello scozzese, Tony Ciccione, Il poliziotto stereotipato... a questo punto anche Homer è offensivo. È Super Mario? È due gay che si baciano per strada? A qualcuno danno fastidio. E la Santanchè in televisione? A me da mooolto fastidio. Qui non si sta parlando di diritti negati, violenze o esplicite offese, ma solo di “sensibilità”. Credo sia necessario imparare a sopportare e convivere piuttosto che imporre paletti.
9/3/2020, 9:10:00 AM

Travis Bickle wrote ...

Non so, più che alla raffigurazione di Maometto la blackface mi fa pensare alle caricature degli ebrei col nasone e la barbetta a punta durante il ventennio. È un paletto, come dici tu, ma origina da una storia secolare di razzismo. Ma so che da queste parti è un argomento rischioso, uno si becca dell’antisemita solo a toccare certi tasti ;o)
9/2/2020, 8:40:00 AM

Travis Bickle wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
9/2/2020, 8:39:00 AM

Leonardo T wrote ...
eh no, davvero...
9/2/2020, 1:52:00 AM

Herr Lampe wrote ...
Non ti va proprio di parlare di scuola eh?
9/1/2020, 9:33:00 PM

Esdra e l'invenzione d'Israele

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13 luglio - Esdra (V secolo a.C.), sacerdote.

[2014]. I mormoni che nel 1846 fuggirono dall'Illinois per fondare una nuova patria sulle rive del Grande Lago Salato. I giamaicani che a partire dagli anni Sessanta si trasferiscono a Shashamane (Etiopia) per stare più vicini a Ras Tafari, l'imperatore Hailé Selassié. Gli adepti del reverendo Jim Jones, pronti a seguire il loro Messia fino in Guyana, e poi all'altro mondo. Tutta questa gente che lascia la propria terra per arrivare in un'altra, dove quasi mai scorrono il latte e il miele promessi - tutta questa gente non sta improvvisando, il canovaccio è vecchio di migliaia di anni, ma chi l'ha scritto? È abbastanza impossibile saperlo, ma probabilmente è meno antico di quanto crediamo. Mosè dovrebbe essere vissuto più o meno verso la metà del secondo millennio avanti Cristo, ma gli storici ormai propendono per considerarlo un personaggio fantastico. Lo scontro col faraone, primo esempio storico di vertenza sindacale (finita malissimo), sarebbe un'invenzione molto posteriore, che riecheggerebbe un altro esodo, questo sì realmente accaduto: la deportazione babilonese. Proprio a Babilonia verso il sesto secolo prenderebbero forma le Scritture ebraiche, rielaborate intorno a nuclei più antichi. Come se gli Ebrei nascessero già in diaspora: con la consapevolezza di essere sparsi per il mondo, disuniti e perennemente minacciati nella loro stessa esistenza.

Trent'anni di lobbying e appena arrivate qui vi accoppiate coi nativi. È sconfortante.
Trent'anni di lobbying per ottenere una provincia autonoma,
e appena arrivate qui vi accoppiate con le indigene. È sconfortante.

A Babilonia, nel VI secolo, gli Ebrei cominciano a raccontarsi storie sul loro passato; storie che valgano la pena di provvedere a un futuro. Decidono di essere stati, prima delle invasioni assire e babilonesi, una grande nazione, guidata da grandi re: David e Salomone. Alla promiscuità di quest'ultimo viene imputata la decadenza successiva; ai peccati e alla disobbedienza di popolo e regnanti la divisione in due regni e le ripetute sconfitte, culminate con la deportazione. Ma se la diaspora è la punizione che Dio ha inflitto a un popolo disobbediente, il premio per un popolo obbediente non può essere che l'inverso: una Terra Promessa.

Ciro, lo Scià di Persia, che in una fase di recessione economica globale ha rilevato i resti dell'impero Babilonese, sembra sensibile all'argomento: la Palestina è un avamposto remoto, ma importante: un passaggio obbligato per le carovane dirette verso l'Egitto. Quando una lobby che rappresenta un gruppo di fedeli di un Dio di quella regione, un certo YHWH, gli propone di tornare là e cominciare a fortificare la zona, imponendo la pace imperiale alle burrascose tribù autoctone, Ciro sottoscrive l'editto, chissà se ci avrà pensato più di tanto. Era il Re dei Re, in quella mattinata gli capitò di suggellare tante altre tavolette o papiri che credeva assai più importanti, decisioni che avrebbero dimostrato ai posteri la sua illuminata potenza. Altro che le beghe di una piccola regione periferica, di cui nessuno probabilmente si sarebbe ricordato da lì a trent'anni...

L'Esdra biblico è un personaggio appena abbozzato; compare in un paio di scene, e non se ne sa più nulla. Il suo libro è tra i più frammentari e rimaneggiati del canone biblico. Una specie di backdoor ben occultata; se riusciamo a trovarla possiamo guardare le Scritture dal lato di chi le ha scritte. La storia si capovolge; Mosè diventa una proiezione di Esdra; l'esodo dall'Egitto è il ritorno a Gerusalemme; i popoli sterminati da Giosuè alludono ai popoli con cui il nuovo Israele non doveva mescolarsi; il Primo Tempio è un sogno concepito intorno al Secondo; il Faraone che insegue i suoi manovali è l'immagine specchiata dello Scià Ciro che lascia partire volentieri una tribù stanca di vivere mescolata alle altre.

Il sacerdote Esdra non è tra i primi ebrei che tornano a casa. Non assiste ai primi tentativi di costruire il tempio; non c'è quando i nemici cominciano a tramare e a mandare messaggi allarmisti alla corte del nuovo Scià, Dario. Esdra arriva anche venti anni più tardi, verso il 500. Porta con sé i rotoli della Legge, di cui darà solenne lettura davanti a tutto il popolo: la storia di un Mosè che aveva guidato i suoi fedeli fuori dall'empio Egitto, e di un Giosuè che li aveva ricondotti nella Terra Promessa, sterminando dietro richiesta divina i suoi indegni abitanti.
Alcuni gruppi concepirono anzi ed impostarono il nuovo esodo come un'impresa basata su una sorta di organizzazione para-militare e con forte conflittualità verso i gruppi residenti. La visualizzazione del popolo in marcia attraverso il deserto deve qualcosa a questa impostazione para-militare; ma deve anche qualcosa (e forse molto) all'esperienza delle deportazioni imperiali. Già la promessa divina del tipo "io vi farò abitare in un paese in cui scorre il latte e miele" è significativamente consonante con l'assicurazione del rab-saqe assiro di dare a chi si sottomette la possibilità di andare ad abitare in un paese fertile e produttivo. Altrettanto indicativo è il timore serpeggiante nel popolo in marcia, di non trovare nella terra di destinazione condizioni di vita adeguate alle promesse e alle speranze - timore che riflette lo stato d'animo di chi nella diaspora doveva decidere se affrontare o meno i rischi del rientro. E soprattutto gli elenchi o censimenti (Num. 2; 26) del popolo diviso per gruppi familiari e per clan risentono di un tipo di registrazione amministrativa che veniva applicata ai gruppi di deportati, al fine di controllarne il numero (nonché le inevitabili perdite in corso di trasferimento) e le mete finali (Mario Liverani, Oltre La Bibbia, Laterza, 2003). 
Esdra porta con sé un'ulteriore ideuzza destinata ad avere, anch'essa, una lunga fortuna: la purezza etnica. La prima cosa che fa quando arriva è stracciarsi le vesti in segno di protesta: i capifamiglia gli hanno appena accennato il problema dei matrimoni misti.
Udito ciò, ho lacerato il mio vestito e il mio mantello, mi sono strappato i capelli e i peli della barba e mi sono seduto costernato. Quanti tremavano per i giudizi del Dio d'Israele su questa infedeltà dei rimpatriati, si radunarono presso di me.
Matrimonio Israele
È tuttora una questione spinosa.


Esdra rimane seduto e costernato diverse ore, fino al sacrificio serale. Poi cade in ginocchio e prorompe: "Mio Dio, sono confuso, ho vergogna di alzare, Dio mio, la faccia verso di te, poiché le nostre colpe si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpevolezza è aumentata fino al cielo" e bla bla bla, insomma stava andando tutto bene, e che mi fanno? Cominciano a sposarsi con le donne del luogo. Ora non dico che vadano sterminate – come c'è pur scritto che avremmo fatto un millennio fa in quel rotolo che abbiamo messo assieme a Babilonia – ma sposarle, farci i figli... l'assimilazione culturale... e nel giro di due o tre secoli finisce che mangiamo maiale pure noi, e poi come faranno gli archeologi del Duemila a capire se in tale insediamento ci stavano i canaaniti o gli israeliti? [sul serio, l'unica differenza spesso sta nei resti di ossa di maiale].
Ma ora, che dire, Dio nostro, dopo questo? Poiché abbiamo abbandonato i tuoi comandi che tu avevi dato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, dicendo: Il paese di cui voi andate a prendere il possesso è un paese immondo, per l'immondezza dei popoli indigeni, per le nefandezze di cui l'hanno colmato da un capo all'altro con le loro impurità. Per questo non dovete dare le vostre figlie ai loro figli, né prendere le loro figlie per i vostri figli; non dovrete mai contribuire alla loro prosperità e al loro benessere, così diventerete forti voi e potrete mangiare i beni del paese e lasciare un'eredità ai vostri figli per sempre...
Va avanti così per molti altri versetti, ma insomma il senso è chiaro. Mentre piange e si dispera, intorno a lui si forma un crocchio di fedeli che cerca di consolarlo. Alla fine uno di loro (Secania, figlio di Iechiel) prende la parola: dai Esdra, possiamo ancora salvarci. Che ne dici se divorziamo tutti quanti in una volta, e rimandiamo le nostre mogli infedeli ai loro genitori? E i figli? Anche i figli naturalmente. Al che Esdra, snif, si calma un po': dite che è possibile? Massì, Esdra, che ci vuole. Un bel divorzio collettivo, magari per ogni moglie offriamo anche un ariete in sacrificio. E va bene, mi avete convinto. Ma d'ora in poi guai a chi sgarra."Con Ezra", spiega ancora Liverani, "si conclude l'elaborazione della Legge, si chiude anche l'elaborazione storiografica, cessano di agire i profeti, il sacerdozio di Gerusalemme ha pieni poteri".

Lo Utah dei mormoni, l'Etiopia dei rastafariani, la Guyana di Jim Jones. Tutte queste terre promesse, senza Esdra, ci sarebbero state? Probabilmente sì; è difficile immaginare che un oscuro sacerdote ebraico-babilonese a cavallo tra sesto e quinti secolo a.C. sia la causa di tutto. Più probabilmente è solo il primo sintomo di qualcosa che ci portiamo dentro: il retaggio di millenni di nomadismo, una propensione ancestrale ad andarcene da qualche parte dove finalmente saremo soli, saremo puri, saremo noi. Poi ci arriviamo e c'è sempre qualcun altro.
Comments (1)

Francesco wrote ...
Siamo nomadi dentro. Io sono al 23mo trasloco.
7/13/2020, 11:35:00 AM

Il juke-box dell'indignazione (appunti)

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In questi giorni si parla di nuovo di statue giuste e ingiuste. Se ne parlerà ancora magari per una mezza giornata, poi ci annoieremo e non se ne parlerà più per qualche mese o un anno: finché ci accorgeremo che in qualche altro Paese le buttano giù. Allora ci rimetteremo anche noi a parlarne, senza nessun motivo che non sia che appunto, ne parlano altrove: c'è un hashtag che arriva da New York, c'è un video su Instagram che viene dalla California, e quello di cui discutiamo dipende soprattutto da questo. Per certi versi siamo più succubi del dibattito americano oggi che venti o trent'anni fa.


Lo trovo buffo perché gli USA per tanti versi mi sembrano molto più lontani oggi che venti o trent'anni fa. Il primo esempio che mi viene è la musica: chi segue le classifiche dei brani più venduti e ascoltati sa che quella italiana da qualche anno è quasi completamente autarchica. Dei divi pop americani e inglesi sentiamo ancora parlare molto sui media ma le loro canzoni le ascoltiamo sempre meno – soprattutto i più giovani. C'entra anche il fatto che le canzoni sono sempre meno originali da un punto di vista musicale e sempre più parlate, il che porta non solo gli italiani a preferire il prodotto realizzato nella lingua madre, per quanto ricalcato sui modelli americani. Il che significa anche: rispetto a vent'anni fa magari li copiamo di più ma li capiamo di meno. E anche chi l'inglese in teoria lo sa, lo legge, lo ascolta sottotitolato nelle serie in streaming – non può a volta fare a meno di domandarsi se quel che succede a noi ha un senso o è solo un calco troppo letterale di cose che non capiamo del tutto. 

Ad esempio: negli USA un crimine di polizia risveglia il movimento Black Lives Matter, e noi improvvisamente cominciamo a inginocchiarci per la minoranza afroamericana – per carità tutto giusto, ma non potremmo cominciare dalle nostre minoranze, quelle che restano più spesso vittima del nostro razzismo e dei crimini delle nostre forze di polizia? Domanda abbastanza retorica, scusate. Poi scopriamo che negli USA i manifestanti se la prendono con una statua di uno schiavista o di un esploratore e improvvisamente anche noi ci rimettiamo a discutere di una statua – col piccolo problema che statue di schiavisti non ne abbiamo. Ne abbiamo anche poche dei fascisti (del periodo c'è rimasta più architettura che statuaria, e quella è più problematica da rimuovere). E quindi?

E quindi tiriamo fuori il solito Montanelli. Sul quale non ho molto da aggiungere a quanto ho scritto un anno fa, salvo che nel frattempo Severgnini mi ha convinto: quella statua va proprio abbattuta. Non che io abbia letto tutto il pezzo di Severgnini eh? Mi dispiace, dev'esserci un paywall. Mi è bastato il boato delle reazioni, e in generale non apprezzo questa cosa di mandar fuori Severgnini a minimizzare crimini di guerra, manco fosse la Fallaci in stadio terminale: non credo che sarà ricordata come una pagina gloriosa del giornalismo italiano: facciamo che almeno sia l'ultima, buttiamo via il bronzo e non pensiamoci più. Altrimenti tra dieci mesi, un anno, saremo di nuovo lì, sapete? E la prossima volta chi immoleranno? Galli della Loggia? Panebianco? Tiratela giù, date retta. Mettiamola così: o tirate giù una statua che sta diventando un'autocelebrazione insensata del giornalismo italiano (che nessuno a parte i giornalisti italiani sentono la necessità di celebrare), o almeno tirate giù quei paywall che tra un po' nessuno vorrà darsi la pena di scavalcare legalmente.

Rimane il fastidio per una questione che si ripresenta a ondate, e le ondate partono sempre da quel posto oltreatlantico la cui musica ci interessa sempre meno, ma l'indignazione, ehi, con l'indignazione stiamo negli anni '50, è come se avessimo i juke-box coi dischi d'importazione: questa settimana vogliono tutti indignarsi per lo schiavismo, qualche tempo fa non si parlava che di abusi sessuali ecc. ecc. Ora non vorrei essere frainteso (ma so che è inevitabile): sono tutte questioni gravi di cui è sacrosanto parlare, però sarebbe bello che l'agenda ce la scrivessimo da soli, con le nostre scadenze e le nostre necessità, senza andare a rimorchio di hashtag, senza complessi di inferiorità per una civiltà che non è la nostra, e a volte semplicemente non capiamo.

Che è poi il principale guaio con gli americani: siamo così abituati a vederli sugli schermi che li troviamo familiari – molto più di cinesi, indiani, ma persino tedeschi – salvo che è una falsa familiarità. Ad esempio, quando parlano di statue, loro fanno riferimento a un paesaggio urbano e a un modello sociale molto diverso dal nostro. Loro hanno davvero migliaia di statue che rappresentano schiavisti o altre figure controverse. E le hanno perché la loro società nasce dall'incontro/scontro tra diverse comunità che in momenti diversi hanno deciso hobbesianamente di venire a patti invece di ammazzarsi. Lungi dal rappresentare una "storia condivisa", i loro monumenti sono una prosecuzione della guerra civile con altri mezzi. Così i bianchi del sud innalzano statue ai condottieri sconfitti della Confederazione, i nativi americani conservano il sogno di un Crazy Horse Memorial che superi in altezza il Monte Rushmore, e gli italoamericani si erano scelti Colombo. È una guerra fredda civile che si è estesa anche al linguaggio: il "politically correct" non è un codice imposto da una casta di altezzosi intellettuali, ma un protocollo di armistizio perpetuamente in discussione: una minoranza chiede che una parola sia considerata inaccettabile, le altre comunità decidono di accettare la cosa e il protocollo viene aggiornato. Il dibattito non passa per il dipartimento linguistica perché è una questione politica, appunto, non linguistica.

È il concetto nordamericano di tolleranza: almeno chi si riempiva la bocca di Tocqueville ai tempi dell'Esportazione della Democrazia dovrebbe averne notato le differenze rispetto a quello dell'Europa continentale – dove vige, tutto sommato, la logica giacobina per cui chi vince una rivoluzione si prende tutto lo spazio monumentale, abbatte tutto quello che non riesce a riconvertire e fa spazio per monumenti nuovi, mentre chi perde sta fermo un giro e aspetta la rivoluzione successiva. (L'ho chiamata "giacobina" ma forse è una logica più antica, se la Chiesa a un certo punto riconvertì pure il Colosseo). Questo non significa che non abbiamo monumenti discutibili, ma ne abbiamo molti meno e la loro funzione identitaria è più sfumata. Per contro, vivendo intorno a centri urbani di origine medievale, siamo forse ossessionati dalla durata, e ci basta un secchio di vernice su una statua per paventare una damnatio memoriae. Non credo che Montanelli verrà dimenticato se gli tirano giù la statua, anche se confesso di provare una certa nostalgia per quando era un essere vivente che si poteva criticare per le sue opinioni e non un feticcio da condannare per crimini di guerra di mezzo secolo prima ripescati da un dossierino. Poi ripeto: credo che sarebbe utile distinguere la pedofilia (che è un orientamento sessuale) dalla mentalità razzista e criminale dei membri dell'esercito coloniale italiano. Ma sembra sia una distinzione troppo raffinata per l'internet, pare che non sia il momento per i sottili distinguo, bisogna tutti indignarsi e abbattere statue. Potrei anche accettarlo, eh? I movimenti alla fine sono così, spontanei e sommari.

Poi dopodomani in America qualcuno libera un campo di concentramento di visoni, e alè, tutti spontaneamente e sommariamente a liberare i visoni. E se non ne abbiamo? Cessate la caccia alle nutrie! come abbiamo potuto tollerare fino a ieri questa barbara usanza?
Comments (3)

marcellino wrote ...
è vero che la nostra agenda (e la nostra indignazione) è dettata spesso da quel che accade oltreoceano. però spesso è un bene (anche se sottolinea il nostro provincialismo), almeno si parla di certi argomenti (abusi sessuali e/o colonialismo...)
immagino tu abbia ragione riguardo il senso di familiarità con gli Stati Uniti dovuto a film e serie tv... pensa te se uno dovesse farsi un'idea dell'Italia attraverso film e serie tv italiani? ah, giusto: succede proprio questo.
tendiamo sempre a dimenticare che se Trump sta lì un motivo c'è, lo stesso vale per Salvini o Conte...
forse bisogna cominciare ad accettare (ce lo insegna la vicenda di Montanelli) che non siamo brava gente noi italiani (voglio dire: come fa a sfiorarti un pensiero del genere se solo guardi qualche titolo di Libero o del Giornale?)
a noi italiani ci piacciono i bambini, certo. ma solo se sono (nell'ordine) 1 bianchi, 2 con passaporto italiano e 3 cristiani. se ne manca anche solo 1 su 3 non ce ne frega niente. stiamo pensando ai traumi dei bambini che non possono salire sulle giostrine e intanto bambini affogano nel Mediterraneo, muoiono sotto le bombe in Siria o nello Yemen...
ma il discorso si può ampliare a mille altre cose: p.e. tutti quelli che le tasse sono troppe ed evaderle è legittima difesa e ora vorrebbero i soldi dallo stato (che sarebbero quelli di chi paga le tasse senza legittima difesa) pure per pagare la rata del porsche.
quindi sì: gli altri ci dettano l'agenza e perciò speriamo che abbiano delle buone idee perché qui ne vedo davvero poche (e pure bruttine)
6/17/2020, 9:53:00 AM

Orlo wrote ...
È confondere il "pensiero critico" come mero lemma retorico che ci sta rovinando.
Lo sai che mi piacerebbe un tuo pezzo,se lo reputi interessante e degno di tuo tempo da sprecare",sulla chiusura del sito "radioradio".
A me pare propio il parossismo in purezzza di cui parli.
Oltremodo i nostri sovran-populisti tanto legati alle "tradizioni"(credo incentrate totalmente sulla gran mole triglicerico-alcoolica),stanno virando la loro azione politica sulle onde ammeregane.
6/15/2020, 2:49:00 PM

mozart2006 wrote ...
Non mi appassiona proprio per niente, la polemica sulla statua di Montanelli. Perché sprecare tempo e pixel, quando ci sono i piccioni che fanno egregiamente il loro lavoro?

(E comunque il mio professore di Storia e Filosofia al liceo, uomo anziano e autorevole se mai ve ne furono, definiva la sua Storia d' Italia come roba adatta al massimo per le parrucchiere)
6/14/2020, 12:27:00 PM

Still I Rise

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You may write me down in history
With your bitter, twisted lies,
You may trod me in the very dirt
But still, like dust, I'll rise.

Does my sassiness upset you?
Why are you beset with gloom?
’Cause I walk like I've got oil wells
Pumping in my living room.

Just like moons and like suns,
With the certainty of tides,
Just like hopes springing high,
Still I'll rise.

Did you want to see me broken?
Bowed head and lowered eyes?
Shoulders falling down like teardrops,
Weakened by my soulful cries?

Does my haughtiness offend you?
Don't you take it awful hard
’Cause I laugh like I've got gold mines
Diggin’ in my own backyard.

You may shoot me with your words,
You may cut me with your eyes,
You may kill me with your hatefulness,
But still, like air, I’ll rise.

Does my sexiness upset you?
Does it come as a surprise
That I dance like I've got diamonds
At the meeting of my thighs?

Out of the huts of history’s shame
I rise
Up from a past that’s rooted in pain
I rise
I'm a black ocean, leaping and wide,
Welling and swelling I bear in the tide.

Leaving behind nights of terror and fear
I rise
Into a daybreak that’s wondrously clear
I rise
Bringing the gifts that my ancestors gave,
I am the dream and the hope of the slave.
I rise
I rise
I rise.


[Ho sempre trovato buffo che il capolavoro di Ben Harper fosse una canzone in cui non suona la chitarra. Nemmeno le parole sono sue, ma di una poetessa che è un personaggio abbastanza incredibile, Maya Angelou. In altri casi quando una cosa mi piace molto provo a tradurla; qui oltre alla famosa questione dell'appropriazione culturale c'è proprio lo scoglio di quel verbo, rise, che in inglese suona spontaneo sia che si tratti di polvere scossa da uno straccio sia di un popolo che si ribella. Qualsiasi equivalente italiano mi suona falso o letterario, un bel problema: ma non il problema di cui si parla qui].
Comments (3)

Nymphadora wrote ...
Mi alzo? Ma è vero, non è altrettanto espressivo.
È per questo che nessun traduttore automatico potrà mai sostituire la conoscenza di una lingua, no?
6/4/2020, 12:33:00 PM

Leonardo T wrote ...
eh ma non mi suona
6/3/2020, 5:33:00 PM

Anonymous wrote ...
I rise - Mi sollevo (Cioè non me ne sto comodo, mi alzo, reagisco)
Anche in italiano sollevare suona spontaneo sia che si tratti di polvere scossa da uno straccio sia di un popolo che si ribella ;)

Al
6/3/2020, 4:18:00 PM

Superuomini scandinavi sempre nostri superiori

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Non ho molto tempo per scrivere in questi giorni, e anche se l'avessi nessuno mi pubblicherebbe pezzi su uno degli argomenti che mi sta intrigando di più, ovvero la Svezia. Quel fenomeno tutto particolare per cui nel momento in cui gli svedesi stanno raggiungendo il record continentale dei contagi, c'è ancora qualche italiano sulla mia bacheca social che dice che loro hanno capito tutto, avremmo dovuto fare come loro sin dall'inizio, ecc. ecc. (Per contro nessuno propone di imitare greci e portoghesi, che pure fino a questo momento sembrano aver scampato meglio a un rischio peggiore).

Ovviamente all'inizio nessuno sapeva come sarebbe andata a finire, e tutto sommato bisogna essere grati agli svedesi per aver fatto da gruppo di controllo per l'intero continente: mentre gli altri Paesi – compresi i confinanti nordici – adottavano  misure di blocco, loro si sono assunti le loro responsabilità, sono andati per la loro strada e soltanto grazie al loro sacrificio adesso (solo adesso) possiamo confrontare i loro numeri con quelli sensibilmente più bassi di danesi e norvegesi e desumere con qualche sicurezza che la strada presa dagli svedesi non era migliore di quella presa da tutti gli altri. Il problema è che non lo facciamo (non lo fanno neanche loro, a quanto pare) e continuiamo a credere in questo mito dei Superuomini Svedesi nostri Superiori. 

Su questo mito, che riguarda non solo gli svedesi ma tutti gli scandinavi (e i finnici) avevo provato a scrivere un pezzo mesi fa, in un periodo in cui erano rispuntati contemporaneamente due o tre tormentoni intramontabili, ad es. l'eccellenza della scuola finlandese o il mercato del lavoro danese. Proprio mentre ci lavoravo uscì un numero di Internazionale coi finnici in copertina. Alla fine il pezzo fu rifiutato perché, in effetti, non era coerente con la linea della testata, ovvero: è da anni che raccontiamo la Scandinavia come il paradiso liberal-socialista-anarchico in terra, mò tu che cazzo vuoi, nonnino. Che è un punto di vista che rispetto, eh? Io al vostro posto mi sarei mandato a cagare anche prima. Comunque il pezzo è qui, non parla di epidemia perché erano i primissimi giorni del lockdown, credo, e in Scandinavia nessuno pensava che il virus sarebbe potuto arrivare, quello screanzato.  


Se anche tu passi un po' di tempo su internet cercando di farti un'idea del mondo che ti circonda, sai che è solo questione di ore. Prima o poi succederà, e non potrai farci niente. Arriverà sotto forma di video o di link a un pezzo di Internazionale. Te lo avrà inviato un amico, o un perfetto sconosciuto. Più tempo passi on line, più crescono le possibilità che qualcuno senta la necessità di ricordarti che gli scandinavi e i finlandesi esistono, e sono migliori di te.

Sei una donna? Le donne svedesi hanno sconfitto la rape culture. Sei un insegnante? I finlandesi hanno le migliori scuole del mondo  (i finlandesi non sono esattamente scandinavi, ma di solito sono inclusi nel pacchetto).  Sei un siciliano e non ne puoi più dei traghetti? Danesi e svedesi in quattro anni hanno costruito un ponte che è lungo cinque volte lo stretto di Messina! E così via. Il nostro mercato del lavoro non funziona, dovremmo fare come la Danimarca. L'ambiente, gli islandesi sì che lo rispettano. I norvegesi, loro sì che hanno uno stato sociale. E hai visto quante donne nel governo finlandese! Eccetera eccetera eccetera.


A volte cerchi di resistere. Leggi un pezzo di un vicesindaco di Helsinki che dopo aver visitato Roma ha scoperto il segreto per risolvere il problema del traffico: ingrandire i marciapiedi! Leggi commenti di romani estasiati, ah, i finlandesi, se solo ci invadessero. Pensi: mio dio, ma cosa sto leggendo? Roma fa quasi tre milioni di abitanti, su sette colli e più; Helsinki è grande come Bologna ma senza le colline. Come si fa a paragonare due città del genere, che senso ha. Quanto al ponte Øresund tra Svezia e Danimarca, per carità: è bellissimo, ma la campata più lunga non è neanche di cinquecento metri: quella del ponte di Messina dovrebbe arrivare a tremila metri, nessun altro ponte al mondo ci si è nemmeno avvicinato, fin qui. Non è merito degli ingegneri scandinavi se sui loro fondali puoi piantare piloni di cemento mentre tra Scilla e Cariddi non si può.

E quanto alle donne svedesi, continuano a denunciare più violenze degli altri popoli europei, e non è sicuro che lo facciano perché abbiano più fiducia nella legge e nei giudici (su questo almeno gli studiosi non concordano). Il fatto che sempre più incarichi di governo ricadano sulle donne è un buon segnale, ma non significa che in generale per le donne scandinave sia facile far carriera: per ora non c'è una nazione nordica dove la percentuale di imprenditrici superi l'8% (la media dell'UE si attesta intorno al 20%). Ma proprio mentre stai cercando questi dati, qualcuno ti manda un link: leggi questo pezzo! gli scandinavi hanno risolto il problema del bullismo, hanno inventato un sistema innovativo! Leggi il pezzo. Il "sistema innovativo" è molto simile a quello che usano nella scuola dei tuoi figli – il che alla fine non dovrebbe sorprendere: molte tecniche nate nei Paesi scandinavi sono state adottate già da anni in altri anche da noi. Sul bullismo, in particolare, gli scandinavi sono stati all'avanguardia perché gli studenti tendevano a suicidarsi con più frequenza, e in generale la percentuale dei suicidi continua a essere importante (anche se il "record svedese dei suicidi" è un vecchio luogo comune smentito dai numeri). Il punto è che qualsiasi cosa facciano i nordici per noi è eccezionale, e quindi se tendono a togliersi più spesso la vita, subito decidiamo che devono essere i recordmen mondiali di suicidio.

È sempre stato così, da che ti ricordi. Non c'è mai stata un'internet che non ti ricordasse periodicamente quanto i Superuomini Scandinavi Siano nostri Superiori. Dodici anni fa, nei giorni ruggenti in cui su beppegrillo.it si diffondevano leggende come la biowashball o la propulsione a olio di colza, gli islandesi erano già l'Ultima Thule del grillismo, il popolo eroico che aveva deciso di non pagare i propri debiti alle banche internazionali assetate di sangue. Ovviamente era una bufala, ma già molto indicativa. Proprio come a Nord si incrociano Oriente e Occidente, così la leggenda dell'eroico popolo nordico che resisteva al sordido potere dei bancari attirava lettori da destra e da sinistra. Già allora la maggior parte sembrava voler ignorare che gli islandesi fossero in tutto poco  più di trecentomila, meno degli italiani residenti nel comune di Firenze, e che quindi anche i loro debiti alla fine non dovessero ammontare a gran cosa. Invece no, se ci stavano riuscendo loro, anche noi saremmo riusciti a non restituire il nostro colossale debito pubblico. E però in economia le dimensioni contano. Qualcuno si sognerebbe mai di proporre la Repubblica di San Marino come modello? Ok, l'Islanda è un po' più popolata di San Marino. Dieci volte di più. L'Italia, dal suo canto, è duecento volte più popolosa dell'Islanda.

Se grillini e rossobruni guardavano all'Islanda, anche i liberaldemocratici sentivano il richiamo dei fiordi. Erano gli anni in cui brillava l'astro di Pietro Ichino, il giuslavorista del Partito Democratico che proponeva per il mercato del lavoro italiano un modello danese da lui definito "Flexsicurity". Lui stesso ammetteva che l'Italia non poteva diventare la Danimarca in un giorno, anche a causa del "difetto di risorse pubbliche destinabili ai servizi nel mercato del lavoro", insomma questa minore disponibilità dei contribuenti italiani, rispetto ai danesi, a pagare le tasse: ciononostante credeva necessario provarci. Inasprendo la pressione fiscale? Ah ah, no.

Per Ichino la priorità era rendere più facili i licenziamenti: quel che il governo Renzi ottenne con il Jobs Act. In seguito non siamo diventati la Danimarca (per ora sono aumentati quasi soltanto i lavori a termine), ma lo stesso Ichino avvertiva che ci sarebbero voluti comunque molti anni, se non "decenni" (sarebbero serviti anche ammortizzatori di cui quel parlamento non fece in tempo a occuparsi, come succede più o meno ogni volta che in Italia si riforma lo statuto dei lavoratori). Rimane curioso l'esempio di un Paese che decide, come l'Italia di Renzi, di riformare il proprio mercato del lavoro prendendo esempio da un altro Paese diversissimo per cultura e per dimensioni: i danesi sono un po' di più degli islandesi (cinque milioni), ma comunque molto meno di noi. Può darsi davvero che alla fine le dimensioni non contino, ma insomma quando cerchiamo modelli per migliorare l'Italia, anche solo in Europa c'è l'imbarazzo della scelta: sono quasi tutti migliori di noi in qualche cosa, avrebbero quasi tutti qualcosa da insegnarci. Perché ci fissati tanto sui nordici, per quanto marginali, e piccoli, e diversissimi da noi per cultura, clima, paesaggio?

Gli scandinavi non sono imperialisti come gli americani o i russi, non ci hanno deportato un bisnonno come i tedeschi, anzi i finlandesi i tedeschi li hanno respinti, dopo aver respinto i sovietici (si sono anche alleati, a turno, sia coi primi sia coi secondi, ma chi siamo noi per giudicarli). Insomma non ci fanno paura, gli scandinavi. Non sono neanche troppo vicini, come i francesi, e questo forse ci rende più semplice invidiarli. L'invidia non essendo altro che un meccanismo emotivo che ci consente di migliorare noi stessi, regolandoci sugli esempi forniti da chi ci sta intorno. Certo, se diamo troppe occhiate a chi ci sta vicino rischiamo di apparire nervosi e innestare un circolo vizioso di diffidenza. Invece nessuno se la prende se dal fondo dell'aula ogni tanto diamo un'occhiata all'alunna alta e bionda in prima fila. È lontana, inaccessibile, magari a sedercisi più vicino scopriresti che ha anche lei i suoi problemi (alcolismo in famiglia, violenze domestiche, manie suicidarie), ma perché dovresti? Per te è solo un obiettivo a cui tendere. Ok.

Mentre pensi a questa cosa, ti arriva una notifica. Un tuo collega vuole farti vedere come sono fighissime le classi finlandesi. Altro che le nostre aride lezioni frontali. È un video di due minuti, si vedono studenti fare quello che gli pare in ogni angolo dell'aula, ce n'è un paio appollaiati sugli scaffali. Pensi: speriamo che gli scaffali siano bullonati alla parete, in Italia è previsto dalla legge e non puoi metterli nei corridoi. E guarda quanti spigoli, da noi sarebbe vietato. Due ragazzi seduti su uno scaffale è un aneddoto, ma decine di ragazzi tutti i giorni in tutte le scuole è un concreto rischio per la sicurezza, da noi prima o poi qualche dirigente finirebbe a processo. Certo, magari da loro non è zona sismica, e poi hanno tutto lo spazio che vogliono, nessun problema con le vie di fuga... Ma insomma, la prova che le scuole finlandesi sono fantastiche è che i ragazzi possono sedersi sugli scaffali in barba a elementari norme di sicurezza e buon senso? Caraffe di acqua bollente vicino ad attrezzi ginnici elettrici, e spigoli, spigoli vivi dappertutto. Cioè magari hanno davvero le scuole migliori del mondo i finlandesi, ma non lo dimostra un video del genere. In effetti, cosa lo dimostra?

Ecco, qui entriamo in un terreno lacustre e accidentato. Posto che paragonare sistemi scolastici molto diversi è sempre discutibile, diciamo che l'idea dell'eccellenza finlandese nasce vent'anni fa con la prima pubblicazione delle prove Ocse-Pisa. In quel momento fu davvero una sorpresa perché nessuno se l'aspettava. Da lì in poi abbiamo deciso che i finlandesi avevano capito qualcosa che avremmo assolutamente dovuto imitare, anche se non era chiaro cosa. Non era chiaro agli stessi finlandesi, che invece di sedersi sugli allori hanno continuato a sperimentare cose nuove, senza preoccuparsi troppo di calare in classifica. Che è infatti quel che è successo di lì a poco. A quel punto il dibattito sulla scuola finlandese è diventato un caos in cui anche chi la critica parte da posizioni completamente diverse: c'è chi accusa i finlandesi di fare "teaching to the test", ovvero di ridurre la didattica a una serie di espedienti che ti consentono di andare molto bene nei test, ma che non stimolano la creatività e non consentono lo sviluppo di autentiche competenze (e tuttavia, come s'è visto, i finlandesi non vanno più così bene coi test). C'è chi invece sostiene che i risultati ottimi di vent'anni fa non erano causati dai nuovi sistemi didattici, ma dal buon livello del sistema tradizionale precedente, basato sulle lezioni frontali impartite da insegnanti che nella società finlandese godevano e godono di una indisputabile autorevolezza. L'eccellenza della scuola finlandese sarebbe un grande fraintendimento: era molto migliore quand'era tradizionale, poi ha voluto cambiare insistendo molto sulla responsabilità individuale degli studenti e i risultati dei test hanno registrato un calo non drammatico, ma sensibile e immediato.

Insomma quando diciamo che vorremmo una scuola più finlandese, cosa intendiamo? Una scuola che vince le gare internazionali di matematica, o quella dove i ragazzi sono liberi di sedersi sugli scaffali? Non è chiaro e forse non è nemmeno così importante. Anche la scuola finlandese attrae ammiratori da sinistra e da destra. I primi non possono che essere conquistati da un sistema educativo super-inclusivo ed egualitario (e quasi completamente pubblico), che è poi lo specchio di una società egualitaria che crede nell'importanza dell'istruzione e la finanzia in modo cospicuo. Che faccia lezioni frontali o teaching to the test, o assista semplicemente i ragazzi cercando di evitare che si spezzino il collo contro gli scaffali, il docente finlandese è ancora percepito come un perno della società, che lo riverisce e lo paga adeguatamente, e questo è l'essenziale.

D'altro canto chi osserva il video non può impedirsi di notare che in quell'aula sono tutti bianchi, bianchissimi. Perché il carattere egualitario della società finlandese è anche dovuto alla sua omogeneità etnica e culturale. Il 90% della popolazione è di lingua suomi; il 5% svedese: gli immigrati dal sud del mondo sono quantificabili in decine di migliaia, il che deve rendere oggettivamente meno difficile la vita quotidiana di un insegnante statale finlandese.

Venticinque secoli fa, gli antichi Greci già favoleggiavano di una terra Iperborea al di là dei ghiacci dell'Oceano, dove aveva vissuto e forse viveva ancora un popolo perfetto e felice. L'idea che la civiltà arrivasse da nord ebbe poi un certo successo soprattutto a partire dall'Ottocento: fu ripresa da Nietzsche, e in Italia dal "superfascista" Julius Evola. Per quanto sia antica, è comunque una bufala, tanto quanto la storia degli islandesi che non pagano i debiti. I nordici non sono necessariamente migliori (né peggiori) di noi. La loro cultura si è modulata per adattarsi a un ambiente piuttosto diverso dal nostro: è giusto ammirarli, ma non tutto quello che è buono per loro potrà essere mai buono per noi. Noi siamo mediterranei: siamo più numerosi, viviamo letteralmente su un ponte sottile di terra tra il Nord e il Sud del mondo. Da sempre siamo esposti alle migrazioni e a tutto quello che portano di buono, di cattivo e in generale di complicato. La coesione sociale nordica ce la possiamo sognare: semplicemente non è una cosa che si adatti all'ambiente dove viviamo. Possiamo continuare ad ammirare la ragazza alta e bionda in prima fila: possiamo anche provare a parlarle e magari scoprire che lei è curiosa della nostra cultura quanto noi siamo attratti dalla sua. Non c'è niente di male in tutto questo, anzi, è uno dei motivi per cui abbiamo fatto l'Unione Europea. Ma pensare di poter diventare come lei, semplicemente copiando qualche suo gesto o l'acconciatura, sembra il modo migliore di renderci ridicoli. Anche ai suoi occhi.
Comments (12)

Anonymous wrote ...
Adoro l'Italia, gli italiani, il cibo, il clima, i paesaggi (quelli non ancora deturpati dell'abuso edilizio), la lingua, la letteratura, ecc. Amo vivere in Italia e la preferisco sicuramente alla Svezia (dove sono nato e cresciuto), ma lasciatemi dire una cosa: io penso che qui manchi solo un pochino di senso civico, quell'idea che tutto ciò fuori dalla porta di casa, sia tuo e da tutelare, piuttosto che una terra di nessuno da depredare. Una volta acquisita questa consapevolezza, riuscirete a liberarvi della corruzione che rovina il resto. Questo è solo il mio pensiero chiaramente, per il resto, non credo esista paese più bello dell'Italia. Ah, magari anche un pochino più di inglese non guasterebbe.
1/27/2021, 10:29:00 PM

emme_zoo wrote ...
Li sto tutti attendendo, sul bordo del fiume, tutti questi milioni di virologi quando inizierà il campionato di calcio diverranno altrettanti allenatori con moduli di gioco ecc. Ecc.
6/7/2020, 12:44:00 PM

Orlo wrote ...
Più che altro perplesso...e senza risposte...
Sembra di comunicare con l'ignoto di cui si conosce bene tutto.
La via "scolastica" all'ossimoro.
6/3/2020, 8:02:00 PM

Leonardo T wrote ...
nervosetto?
6/3/2020, 5:32:00 PM

Orlo wrote ...
Sono dispiaciuto di aver turbato il tuo meritato riposo,ma nn pensavo che una semplice risposta atta a rendere un diverso punto di vista ti trovasse così "scoperto".
Le "pennine rosse",nn preoccuparti che nn sei l'unico e nemmeno originale dal momento che l'approccio è standard tra le tal pennine,abbondano nel Paese gentiliano in cui il liceo è il discrimine tra essere un cittadino di serie A e il volgare volgo,ed io purtroppo o o per fortuna(come direbbe un vero uomo di cultura con i piedi per terra,come il fu Gaber)nn ebbi la possibilità di essere nella serie A.
Ci saranno sicuramente delle cose in cui ti potrei insegnare qualcosa,ma nn mi pongo su nessun piedistallo come coloro i quali "pensano tanto,tanto". Che pensare è importante ma anche l'agire avrebbe un suo perché.
Sicuramente nn ti buggererei se la tua capacità manuale fosse insufficiente,ne mi permetterei di offenderti con basse insinuazioni da bulletto delle medie.
Comunque se il mio livello ti appare inadatto al tuo,ti chiedo di dirmelo e nn oserò più disturbarti.
Tra l'altro nn ho capito cosa sia la cosa che sto facendo?

6/2/2020, 3:41:00 PM

Leonardo T wrote ...
Più che nervosismo è stanchezza, questa cosa che stai facendo l'hanno già fatta in tanti e tu sei anche uno dei meno bravi. Probabilmente non sono il primo insegnante che te lo fa presente.
6/2/2020, 12:51:00 PM

Orlo wrote ...
Ti ho sentito um pó nervosetto nella risposta.
Nn devi prendere per "trollata" una semplice risposta basata su un principio logico che potrebbe inficiare la tua "trollata" nordica.
Inchino,che tra l'altro stimo molto,avrà avuto un suo approccio alla questione fiscale che,sinceramente ora nn mi appare essenziale.
Io ho seguito il tuo ragionare sui numeri e ti ho posto il dilemma.
A me mi sembra che residuale la restante tua acredine.
Capisco che deve essere dura doversi sempre sentirsi in dovere di difendere anche l'indifendibile. Ma mica c'hai la bacchetta magica per rendere,nn dico l'intero Paese ma almeno la scuola un posto abitato da una maggioranza di semidei. Ma se nn si esce "dal sogno" sarà difficile essere credibili nelle stroncature di realtà nn perfette,ma socialmente più integrate.
Oltremodo la tattica "nazigrammar" è sempre odiosa e figlia di un sapere formale slegato dalla realtà che è anch'esso una buona parte della decadenza attuale,se poi lo fa un prof di italiano che difende pavlovianamente la sua categoria è ancora peggio.
Potrebbe essere una prova a suo sfavore.
6/2/2020, 8:50:00 AM

Leonardo T wrote ...
Non è una questione di orgoglio (termine che non mi piace) quanto piuttosto di autoconsapevolezza.

"A me mi" e "c'hai" li trovo un po' fuori luogo in un commento in cui vorresti prendere in giro gli insegnanti (si intuisce una lunga storia di reciproche incomprensioni). In italiano la "c" davanti alla "h" è sempre dura.

Sul confronto tra la pressione fiscale italiana e quella scandinava la vedi diversamente da Ichino, prova ad andare a trollare lui: magari sarà più comprensivo. Scusa eh ma ho un'età ormai.
6/2/2020, 12:30:00 AM

Orlo wrote ...
Insomma c'hai fatto rendere orgogliosi di avere la nostra scuola con i nostri gagliardi e sottostimati insegnanti,perché il massimo a cui può ambire l'Italia,perché più grande,più popolosa,più complicata,più complessa,più soggetta a migrazione e altri più-più è quello che abbiamo e dobbiamo esserne orgogliosi?
A me il principio della flexsecurity mi appare un giusto compromesso tra Stato e privato in cui il primo si prende carico delle sue prerogative costituzionali mettendo in atto il paradossale e ridicolo(a mio parere s'intende)art. 1 in modo incredibile e sensatamente.
La pressione fiscale italiana è ai livelli scandinavi e parametrandone le entrate,dovremmo avere i servizi pubbloci scandinavi.
Questo è il parametro di riferimento che sballa. E mi pare decisivo.
6/1/2020, 7:47:00 PM

Anonymous wrote ...
Federico

a me non pare che per risolvere un test di matematica tipo quelli del pisa / ocse, o saper fare un test di comprensione del testo (come quello di poco tempo fa che ha fatto sbottare a vari cialtroni che 2/3 degli studenti italiani è analfabeta funzionale) richieda doti poco importanti. Mi pare siano un tipo di test dove non sia troppo facile bluffare. Quindi una scuola che insegna "solo a superare (questo tipo di) test" non mi pare affatto una scuola cattiva
5/31/2020, 11:04:00 PM

Unknown wrote ...
Gli italiani soffrono di una strana dicotomia esterofilo-xenofoba: tutti fanno (qualcosa) meglio di noi, i tedeschi, gli scandinavi, gli inglesi, gli americani, persino i cinesi... Consultiamo compulsivamente i quotidiani esteri alla ricerca di commenti sull'Italia.
Salvo poi rivendicare con un piglio alla Galeazzo Musolesi il 70% delle opere d'arte del mondo (falso), la cucina migliore del mondo (idem), il Rinascimento (che palle, niente di più recente da vantare? Pure il povero Giorgio ci è cascato)...

[Geogrammar nazi mode on] Neanche i danesi sarebbero scandinavi, a dire il vero... :)
5/30/2020, 2:33:00 PM

Maurizio da Lione wrote ...
AH ha ha:quando negli anni '80 ho abitato a Reggio Emilia, venendo da Roma, la mia fidanzata lavorava negli asili nido comunali.La cosa che piu' mi impressionò, oltre le parti di parmigiano che davano da mangiare ai bimbi, fu la perentoria dichiarazione che : "I nostri Asili vengono dalla Svezia a studiarli". Ed era vero.
5/29/2020, 7:18:00 PM

Aisha o Silvia Romano è libera e voi no

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– type type type
– Pronto in tavola.
– Un momento (type type type)
– Stai litigando su internet, vero?
– Sì ma non è come pensi (type type type)
– Ma non ti sei rotto i coglioni del coronavirus e delle mascherine e di tutto il...
– Noooo oggi è diverso, non capisci, oggi litighiamo perché hanno liberato una cooperante in ostaggio e lei è tornata velata.
– E quindi?
– Mi fa sentire così giovane, per un attimo è come se tutto questo non fosse...
– Va' a lavarti le mani.
– ...che un brutto sogno e ci fosse ancora l'Isis che vuole conquistarci, anzi Al Qaeda, e un palazzetto pieno per vedere gli Strokes o i Libertines e...
– Va' a lavarti le mani.

La gente è libera di professare quel che vuole, il che molto spesso fa impazzire chi si professa liberale, curioso paradosso. Silvia Romano è stata liberata, siamo tutti contenti (non è vero, c'è chi mastica amaro). Silvia Romano afferma, lascia capire di essersi convertita all'Islam – ovvero alla seconda religione più professata in Italia, con più di un milione di pacifici credenti che in mezzo secolo non hanno mostrato complessivamente particolari inclinazioni alla violenza o al terrorismo: questo per alcuni è intollerabile, è un segno che il terrorismo starebbe vincendo.

E finché la scrive il nonno scemo questa cosa, possiamo anche sospettare che non abbia più la possibilità di scendere in strada e di vedere normali persone, alcune con un velo e altre no, che in questi giorni sono in fila come le altre (o forse un po' meno perché è Ramadan): ci sono in tutte le città d'Italia e soprattutto in quelle più ricche e produttive, quindi è anche un po' colpa del povero nonno scemo che non si guarda intorno, ma pazienza. Lo dicono però anche i nipotini sui social ed è una cosa triste: lo scrive quel che resta di Repubblica ed è una cosa avvilente. Questa cosa per cui in Italia quando si parla di religione la gente (a sinistra, a destra, al cesso) non sappia più letteralmente cos'è, come funziona, in che termini vada rispettata, se e quando si possa distinguere dal plagio – non so, mi sembra un nuovo tipo di analfabetismo e non abbiamo nemmeno risolto quello vecchio. D'altro canto quando Facci diceva odio l'Islam un sacco di gente aveva questa necessità fisica di spiegarti che beh, è un'opinione come un'altra, l'odio religioso. C'è questo fenomeno strano per cui l'odio razziale ormai fanno fatica a gridarlo ad alta voce pure i neonazi, mentre l'odio religioso è una cosa che si porta in società.

Ho una notizia per tutti voi liberali che ci spiegate quotidianamente che le religioni sono cose odiose, alcune magari più di altre e quindi a volte si può anche provare a farsi finanziare dai credenti dalle altre per spalare un po' di merda sulle une: non siete liberali. Sapete perché in Italia non c'è una vera cultura liberale? Chiedo eh, io non lo so. Ma appena vi ascolto ne sono sicuro. Siete casi disperati, a volte per farvi un po' notare la povertà di pensieri e spirito vi si dà dei fascisti ma è un'offesa pure per loro che uno straccio di riflessione sul fatto religioso l'avevano pur fatta. C'è una ragazza che durante una lunga prigionia si è convertita a una religione e per voi ciò è un fatto grave. Che si fa? Boh probabilmente l'ipotesi è chiuderla in una stanza finché confessa di non essere stata plagiata e non si riconverte alla religione scelta dai suoi genitori.

Non ce la potete fare, né ha molto senso cercare di spiegarvelo. Però almeno questo vi vorrei in un qualche modo comunicare: la guerra che siete convinti di dover combattere, la state perdendo: non perché il nemico sia particolarmente pericoloso, ma perché lo state aiutando voi, con tutto il vostro panico omioddio una ragazza si è messa un velo in testa siamo perduti. Persone un po' più coscienziose non esiterebbero a liquidare l'indumento per quello che in effetti è – un indumento – e depotenziarne totalmente il messaggio. Cosa che fa chiunque viva a contatto con gente normale che a scuola e nei locali pubblici si copre la testa senza che la cosa dopo un po' appaia più come uno sventolar bandiere. Cosa che succede già in tante città italiane che i giornalisti non conoscono.

Ma voi non siete coscienziosi: viceversa, avete una disperata necessità di dare a un indumento la stessa interpretazione che dà Al Shabab, perché volete esattamente diffondere lo stesso messaggio di Al Shabab: l'Islam sta vincendo aiuto aiuto. Cioè in pratica siete la quinta colonna dell'Islam integralista, bravi, battetevi pure un cinque e correte in edicola a comprare la broda pisciata del nonno scemo.

Su una cosa vorrei darvi ragione: è vero che convertirsi non è solo un fatto privato, per esempio se mi converto – son lì lì per farlo – sarà anche indubbiamente per starvi sui coglioni, il che è un fatto sociale. Mi vergogno di sentirvi parlare nella mia stessa lingua, santo dio, non potreste mugugnare e basta che tanto il senso è quello.
Comments (3)

Orlo wrote ...
La comica è stata creata da codesto governo messo in piedi da un Politico pensando ci fossero i margini per riportare il nostro Paese nella modernità.
La scuola sarebbe stato molto,ma molto,difficile renderla attuale ma dopo aver avuto Salvini a mietere successi sul futuro distopico a cui avrebbe portato i suoi stessi sostenitori(i penultimi che una volta sistemati gli ultimi avrebbero vissuto l'esperienza),si credeva possibile l'impossibile.
Ma purtroppo l'impossibile,sotto lo schieramento in pompa magna all'aeroporto ha subito,insaputamente ovviamente dal momento che la farnesina nn c'entra più nulla con la diplomazia,uno shock di immagine a cui il "nonno scemo" nn poteva credere.
Il nonno sarà anche scemo,ma,scemo è chi lo scemo fa.
5/17/2020, 3:59:00 PM

Anonymous wrote ...
Grazie per il post, Leo. Di cuore. Leggerlo mi ha fatto stare un po' meglio.
5/12/2020, 9:40:00 PM

ryvert wrote ...
Quello che scrivi è ineccepibile e razionalmente lo condivido in toto. Eppure... quando vedo questa ragazza che, dopo essere stata tenuta prigioniera da terroristi islamici (per i quali essere terroristi e esere islamici non sono due cose separate), riappare con il velo e si fa chiamare Aisha, provo un insopprimibile senso di fastidio. Mi autoanalizzo per capire da dove nasca, per ora ho solo qualche vaga ipotesi.
5/12/2020, 2:03:00 PM

Diui Vdertii apotheosis

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Di Uderzo potrei parlare per mesi e non escludo di farlo in un momento più tranquillo. Era il più grande. Ha regnato per un quarto di secolo in una regione impossibile, tra l'iperrealismo e la caricatura. Disegnava gli accampamenti romani più realistici e li riempiva di nanerottoli col nasone, nessuno riusciva a passare dal grottesco al classico con tanta disinvoltura.

È un tipo di arte che siamo sempre meno in grado di apprezzare, la caricatura soprattutto: non so quanto in patria si sia già attivato un movimento per definirlo un razzista, tutti i caricaturisti in un certo senso lo erano e Uderzo non si è mai tirato indietro fino alla fine: in particolare il suo ultimo Asterix trasudava di una xenofobia lungamente negata e repressa.

Bisognerà spiegare ai ragazzini che all'inizio della storia quei nasoni e quelle pance, quei distillati di un'arte grafica secolare, esprimevano sotto i costumi di scena le speranze di un'Europa del dopoguerra in cui i popoli cominciavano timidamente a presentarsi gli uni gli altri (ed erano popoli di mezza età, panciuti e sdentati, proprio come quelli usciti dal conflitto mondiale): ma forse non basterà, forse non riusciremo a farci capire, forse di Asterix rimarrà solo il guscio vuoto, come Mickey Mouse che degli anni della Depressione non conserva nemmeno più la coda. Mi dispiacerebbe però.
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Leonardo T wrote ...
beh, non è sembrata solo a me... https://fr.wikipedia.org/wiki/Le_ciel_lui_tombe_sur_la_t%C3%AAte
4/3/2020, 3:28:00 AM

GMR wrote ...
Quali sono queste storie più recenti che ti sono sembrate più xenofobe?
4/3/2020, 12:16:00 AM

Alla fiera dell'est, per 2 ¥

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"..."
"Resisti".
"Non ce la faccio".
"Invece sì".
"Sei un adulto".
"Ma è troppo..."
"Una persona rispettabile".
"Mi scappa".
"Hai una dignità".
"LO SAPETE PERCHÉ ZAIA HA PAURA CHE GLI MANGINO I TOPI???"
"Me ne vado addio".
"PERCHÉ POI NON SA COME INGRASSARE IL GATTO AHAHAH".
"Non ci siamo mai conosciuti".


https://www.facebook.com/zaiaufficiale/photos/a.172472189621371/1048409992027582/?type=3&theater

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Benedetto el Negher (di Sicilia)

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San Benedetto il moro, francescano nero lombardo di Sicilia (1526-1589)

[2016]. Brot negher, torna all'infer'n. Immaginate la scena: una squadra di braccianti ha circondato un pastore, un ragazzino che porta due buoi al pascolo. Lo prendono in giro perché è scuro di pelle. Molto scuro. Figlio di schiavi dell'Africa nera, forse etiopi. Lui li guarda preoccupato ma cerca di tenere basso lo sguardo, non vuole grane. Se gli prendono i buoi è rovinato. E forse è a quello che puntano. Una parola sbagliata, uno sguardo di traverso, e un coltello si fa presto a tirar fuori...

Il ritratto (anonimo) più credibile.
Per fortuna arriva il frate. Non è neanche un frate vero e proprio, è Girolamo Lanza, un giovane di San Frau che si è messo in testa di fare il francescano per i fatti suoi; ha donato la sua eredità e si è trovato un eremo poco lontano, a Santa Domenica. Insomma arriva fra Girolamo e domanda: che succede, perché tormentate questo ragazzo? Vi ho visto, sapete. Lui non vi ha fatto niente. È un tipo a posto, secondo me ne sentirete parlare. I braccianti si ritirano di buon ordine: fra Girolamo sarà anche un mezzo matto, ma il suo cognome in paese pesa ancora. L'eremita resta solo col pastore. Magari gli chiede: "Ma di chi sono questi buoi?"
"Della mia famiglia".
"Ma tuo padre non è Cristoforo, che ha preso il cognome di Manasseri dal padrone che lo ha liberato? Quando mai hanno avuto animali i vecchi schiavi dei Manasseri?"
"Li ho comprati io".
"Due buoi? Con che soldi?"
"Avevo dei risparmi".
"E che volevano quei braccianti? Che ti dicevano?"
"Non ascoltavo".

Nella mia testa ovviamente non potevano che dargli del negher-de-merda. Perché a Benedetto non era capitato di nascere soltanto in Sicilia, dove la sua carnagione era già abbastanza eccezionale da suscitare, lo vedremo, forme di psicosi di massa; ma tra tutti i castelli e i villaggi di Sicilia, una serie di circostanze non chiarite avevano portato il padrone del padre a liberarlo a San Fratello, ridente cittadina della provincia messinese di lingua longobarda. Esatto, a San Frau (cattiva traduzione del latino Sanctus Filadelphus) gli abitanti parlavano un dialetto lumbàrd, come a Nicosia, a Sperlinga, a Piazza Armerina, ad Aidone (EN): e a differenza di Acquedolci, di Montalbano Elicona, e di Novara di Sicilia (ME), lo parlano ancora. Non si sa neanche esattamente quando abbiano iniziato - l'ipotesi è che queste zone siano state ripopolate dopo l'invasione normanna (1090), trapiantando in zona contadini e allevatori che provenivano da qualche anfratto non ben localizzato della valpadana occidentale, una zona tra Asti, Cuneo e Savona. Oggi insomma non li considereremmo nemmeno lumbard in senso stretto: ma erano longobardi, o addirittura franzosi, per i siciliani del tempo, che non capivano una parola. In mille anni poi la lingua è cambiata, a volte accettando a volte combattendo le parlate circostanti (trovate qualche esempio di sanfratellese nei romanzi di Vincenzo Consolo, Il sorriso dell'ignoto marinaio Lunaria). Per dire non credo proprio che oggi si dica "negher" in sanfratellese: oggi no, ma nel Cinquecento magari sì.

"Senti, perché non ti disfai di questi buoi?"
"Ma sono miei".
"Rivendili. Potrai donare il ricavato ai poveri".
"I miei sono poveri".
"A maggior ragione".
"E poi che faccio?"
"Vieni con me".
"A fare il frate?"
"Molto meglio che fare il pastore. E poi cos'hai da perdere?"
"Due buoi!"
"Non ci crederà mai nessuno che sono tuoi".
"E perché non dovrebbero..."
"Perché sei un negher!"

(Lo sguardo di traverso che Benedetto era riuscito a risparmiarsi in mezzo ai braccianti, ora fra Girolamo se lo prende in pieno).

"Ti ho offeso? Scusa ma insomma, si vede da lontano. E un pastore negro qua non s'è mai visto. Ma se vieni con me, io posso farti diventare..."
"Un frate negro?"
"Un santo".
"Un santo negro?"
"E quelli vanno forte".
"I santi negri?"
"Fidati di me. Vendi quei buoi".

Antonio l'Etiope,
il nero d'AvolaAHAHAH
CHE SPASSO
LA RUBRICA DEI
SANTI DEL POST.
Anche ad Aidone si parlava lombardo. Il santo patrono è Filippo apostolo: però la statua di Aidone è nera d'ebano "Ha occhi neri e acuti che fanno paura: e quando viene messo in movimento per il giro della città, desta un senso di sbalordimento e di raccapriccio". Il colore scuro testimonierebbe il transito del santo dal mondo dei morti. Altrove si venera un altro San Filippo, siriaco, molto efficace contro i demoni, talvolta definito "schiavo negro". Popolarissimo in tutta la Sicilia (e in particolare ad Agrigento) è San Calogero, sempre raffigurato nerissimo benché greco di Costantinopoli, al punto che in età moderna qualcuno ipotizzò un errore di traduzione: da Chalkhidonos (di Calcedonia, città sull'altra riva di Costantinopoli), a Karchidonos, cartaginese. Ma anche a Cartagine non nascono scuri così... poi ci sono le madonne nere, tipiche dell'iconografia bizantina e molto diffuse in Sicilia già prima dell'arrivo degli arabi. Finché a un certo punto non arrivano i neri veri: Benedetto non è il solo. A Noto c'è il Beato Antonio l'Etiope, detto anche Catagerò d'Avola, eremita e guaritore, poi inquadrato nei francescani, e morto verso il 1550 (ma altri etiopi, tutti chiamati Antonio, risultano a Caltagirone e a Camerano. Notiamo en passant che "etiope" poteva semplicemente significare "nero ma cristiano": il modo più semplice di rendere credibile questa curiosa compresenza di tratti somatici non europei e fede cristiana era evocare il mitico Paese cristiano al di là delle terre islamiche). Lo stesso Antonio di Lisbona, che in Valpadana tutti chiamano Antonio da Padova e raffigurano con l'incarnato roseo di un bambino, era secondo alcuni testimoni piuttosto scuro di pelle. Insomma, essere neri in Europa non è mai stato facile, ma in certe carriere poteva rivelarsi un bizzarro vantaggio.

Negli anni successivi, Girolamo e Benedetto dovranno spesso cambiare eremo per seminare i pellegrini che arrivavano da tutta la Sicilia a chiedere miracoli al frate nero. Il quale magari ci provava pure, a fare qualche miracolo – e non è escluso che qualche guarigione gli riuscisse – in ogni caso, male che andasse, i pellegrini potevano andare a casa e raccontare di aver visto un frate nero. Pensateci: voi quand’è che avete visto un nero per la prima volta? I vostri figli se li trovano all’asilo e non fanno nemmeno in tempo a farci caso. Io devo averne visti migliaia in tv per più di dieci anni, prima di incontrare un nero in carne e ossa. Cinquecento anni fa, quando la fantasia visiva si nutriva al massimo degli affreschi e delle vetrate delle chiese, che emozione poteva essere vedere un uomo nero? E dopo averlo visto, scoprire che malgrado l’incredibile ed evidentissima differenza, è proprio un uomo come noi. Mangia e beve come noi. Parla come noi – salvo quell’accento un po’ esotico, già: lombardo.

Otto anni nella valle di Nazara; poi a Mancusa. Qui Benedetto guarisce un malato di troppo e il traffico di pellegrini diventa tale che i seguaci di Girolamo decidono di trasferirsi sul Monte Pellegrino, fuori Palermo. Gli affari andavano talmente bene che a un certo punto la Chiesa ufficiale si fece sentire, e obbligò i francescani improvvisati a porre termine a ogni forma di spontaneismo. A quel punto Girolamo aveva già lasciato il mondo dei vivi, e i suoi seguaci avevano nominato superiore Benedetto. Niente male per un pastore analfabeta. Forse anche l’idea di avere una congregazione francescana guidata da un nero alle porte di Palermo potrebbe aver lasciato perplesso qualche elemento della gerarchia: fatto sta che nel 1550 Pio IV revocò i permessi. Benedetto scelse di entrare nei Frati Minori, che gli trovarono un posto nelle cucine del convento di Sant’Anna di Giuliana.

Da superiore a sguattero: però la prese bene. Fece ancora carriera: diventò capo-cuoco a Santa Maria del Gesù (Palermo), poi guardiano del convento, e, allo scadere del mandato, maestro dei novizi. Ma la cucina è l’ambiente che gli è rimasto più attaccato, come a Martin de Porres l’infermeria. Tra i suoi miracoli più famosi, oltre alle guarigioni, un paio di moltiplicazioni di pani e pesci – quel tipo di prodigio alla portata di un cuoco che sappia gestire con oculatezza materie prime e avanzi. L’ultimo suo viaggio, dal convento di Sant’Anna a quello di Santa Maria, lo aveva fatto tra due ali di folla venute a toccare il taumaturgo nero. Che magari non li avrebbe guariti, ma potevano pur sempre tornare a casa e raccontare di aver toccato un nero.

cuiaba
Qui siamo a Cuiabà, in Mato Grosso

Benedetto lascia questa terra il quatto aprile del 1589 – 427 anni fa oggi – senza nemmeno sospettare quanto sarebbe diventato importante. L’affetto di confratelli e novizi, la venerazione di palermitani e messinesi non è che una piccola frazione di quello che sta per succedere al di là dell’Atlantico. C’è un intero continente da cristianizzare, ci sono moltitudini di neri da battezzare, e di un santo con la pelle scura c’è un disperato bisogno. Il processo di beatificazione a dire il vero andrà un po’ per le lunghe (bisognerà aspettare Benedetto XIV, aka Prospero Lambertini, già in pieno Settecento: due anni prima, nel 1743, aveva pubblicato una severissima enciclica contro la schiavitù). Nel frattempo i francescani avevano già stampato e diffuso milioni di santini col cuoco nero che tiene in braccio il bambino biondo – l’iconografia più diffusa di Benedetto il moro è, in sostanza, una copia carbone di quella di Antonio di Padova. In Venezuela Benedetto diventa il protagonista di una settimana di festa che prosegue il Natale fino al sei gennaio. L’idea che dietro al santo siciliano si nasconda qualche rito non proprio omologato è qualcosa di più di un sospetto: in Brasile a un certo punto il festeggiamento prevede un matrimonio e un’incoronazione. A sposarsi e a regnare per un giorno sono il re e la regina del Congo, ma anche San Benedetto e la Madonna del Rosario.
Comments (1)

GAB wrote ...
Altro santo niuru siciliano è san Filippo di Agira: http://www.santiebeati.it/dettaglio/91317 «Il suo culto è radicato fortemente lungo la costa ionica della Sicilia da Capo Passero a Capo Peloro, della Calabria da Laurito a Pellaro a Gerace, e della Basilicata».
4/5/2019, 1:32:00 PM

La scuola pubblica combatte il razzismo; a parecchi la cosa non va

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[Questo pezzo è uscito giovedì su TheVision]. Qualche giorno fa una ragazzina ha chiamato una sua compagna di prima media per spiegarle che non sarebbe venuta a scuola, né quel giorno né mai più. È così che gli insegnanti di una scuola di Nichelino (TO) hanno scoperto che la Prefettura aveva disposto il trasferimento in un altro comune della sua famiglia: quattro bambini e due genitori armeni provenienti dalla Germania, richiedenti asilo in Italia. Come ha fatto notare la preside, in altri casi del genere si era almeno attesa la fine dell’anno scolastico. Ma come dicono al Viminale, “la pacchia è finita”: il Decreto Sicurezza prevede tra le altre cose la riorganizzazione dei Centri di accoglienza, il che a quanto pare significa anche che i Centri che hanno vinto i nuovi bandi devono cominciare a ospitare i migranti da subito.


La storia si presta bene a un certo approccio lacrimevole: povera bambina, strappata una volta in più a un contesto in cui aveva appena cominciato ad ambientarsi. Povera famiglia, sballottata da un governo che non solo non ha interesse a favorire l’integrazione, ma in questi casi dà la chiara impressione di volerla sabotare. Non dico che questo approccio sia sempre sbagliato: non c’è niente di male nel farsi scendere una lacrima, ogni tanto. Vorrei comunque aggiungerne un altro, meno emotivo ma cruciale: l’approccio economico. Trasferire una famiglia con figli in età scolare, nel bel mezzo dell’anno scolastico, non è solo uno choc per bambini e genitori. Come ha fatto notare la dirigente è anche uno spreco per la scuola, che ha destinato a questi bambini risorse preziose. Da qualche parte i contribuenti hanno pagato un insegnante di italiano per stranieri che non serve più, o serve di meno; da qualche altra parte occorrerà un insegnante in più e bisognerà metterlo a contratto fino a giugno. Uno spreco di cui difficilmente sta tenendo conto l’autore dei tagli e delle riorganizzazioni dei centri di accoglienza regionale: certe spese nascoste affiorano soltanto quando i bilanci sono belli e stampati. Ma in un settore del pubblico servizio che malgrado qualche elargizione degli ultimi governi non si è mai rimesso del tutto dai tagli dell’epoca tremontiana, ogni ora di lezione di ogni insegnante è preziosa. Chi dall’oggi al domani decide di spostare una famiglia con due studenti da alfabetizzare non lo sa, o non gli interessa. Il bilancio della scuola non è la sua priorità. Anzi, tanto meglio se serve a dimostrare che la scuola pubblica spreca le sue risorse.

Niente è perfetto, e in particolare la scuola statale italiana è ben lontana da quel modello di laicità e inclusione auspicata dai padri costituenti. Ma in un’Italia quotidianamente irradiata dall’odio e dal razzismo veicolati da tv, radio e internet, la scuola statale resiste: non potrebbe fare diversamente, ne va del suo scopo e del suo futuro. Sei mattine alla settimana la scuola accoglie studenti di ogni provenienza e prova a farli studiare e vivere assieme. Non sempre ci riesce, ma ci prova ogni maledetta mattina. E qualche risultato, col tempo, lo porta a casa. Due anni fa l’Istat pubblicò i risultati di un’indagine sull’integrazione scolastica degli studenti di origine straniera. A sorpresa, i più ottimisti sull’integrazione risultavano proprio gli operatori in prima linea: i docenti. Ma nel frattempo più di uno studente di origine straniera su tre affermava di sentirsi italiano; soltanto il 20% degli studenti di origine straniera dichiarava di non frequentare nel tempo libero compagni italiani, mentre il 50% degli studenti affermava di frequentare indifferentemente compagni di origine italiana e straniera. Non sarebbero nemmeno dati eccezionali, se non si riferissero a una nazione guidata da un’alleanza di partiti xenofobi che propaganda sette giorni su sette via social e tv la cosiddetta emergenza invasione.



Senz’altro fa più rumore un hashtag del ministro degli interni che un enorme meccanismo scolastico che ogni giorno accoglie bambini di tutte le famiglie e li mette a sedere dietro agli stessi banchi. Ma l’unico motivo per cui Beppe Grillo può ostinarsi a credere che il razzismo in Italia sia un falso problema è proprio la resistenza silenziosa e quotidiana di un’istituzione che tutti i giorni continua ad applicare l’articolo 3 della Costituzione; non soltanto quel primo comma già fantascientifico (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”), ma anche il secondo: quattro righe di pura follia in cui nel 1948 si affermava che il compito della Repubblica fosse “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che di fatto limitano “la libertà e l'eguaglianza dei cittadini”. Anche se rimuovere gli ostacoli economici e sociali a conti fatti sembra oggi una missione impossibile, e la scuola pubblica italiana ben lontana da avere le risorse per mirare a un risultato del genere. Ma così come i ponti continuano a permettere alle persone di passare da una sponda all’altra, anche mentre la loro struttura interna comincia a cedere; così la scuola italiana continua a fare quello per cui è stata progettata, e non smetterà che un attimo prima di crollare. Il che potrebbe anche succedere molto presto, e chi transita in quel momento non c’è dubbio che si farà male.

C’è intanto chi però quel crollo lo auspica, lo aspetta, lo prepara, e spera di guadagnarci qualcosa. Non è solo il caso della Lega di Salvini, di cui però non dobbiamo stancarci di notare il carattere paradossale: un partito che vince le elezioni promettendo sicurezza, e di fatto fa tutto quello che è in suo potere per aumentare la tensione sociale, la paura per il diverso e in definitiva proprio l’insicurezza. Questo paradosso la Lega lo persegue a tutti i livelli: a Bruxelles sabota una proposta per ridistribuire più equamente i rifugiati nei Paesi dell’Unione; a Roma promette meno sbarchi e più espulsioni (ma senza mantenere); e all’elettore terrorizzato suggerisce neanche tanto velatamente di tenere un’arma carica nel comodino. Che la Lega veda nella scuola pubblica un ostacolo, una complicazione, è abbastanza ovvio. Più complessa è la posizione dei cattolici... (continua su TheVision).



Negli ultimi giorni Papa Francesco ha ribadito che i migranti sono un dono da accogliere con gratitudine, ma il messaggio deve essere sfuggito alle scuole paritarie cattoliche, ben lontane dagli standard di accoglienza delle pubbliche. Le paritarie non hanno nessun obbligo di accoglienza, ma il problema si crea quando i genitori italiani iniziano a iscriverci in massa i loro figli nel timore che la presenza di alunni stranieri nelle pubbliche del loro quartiere possa abbassare la qualità didattica. Il che magari all’inizio non è vero, ma lo diventa quando molte famiglie italiane cominciano a evitare la scuola pubblica, e la percentuale di alunni di origine straniera per classe supera quel 30% che nel 2009 il ministro dell’Istruzione Gelmini aveva fissato come limite massimo.

La ghettizzazione delle scuole pubbliche di quartiere si potrebbe risolvere con una legge che imponga alle scuole paritarie di accettare nelle proprie classi la stessa quota di alunni di origine straniera. Nessun politico ha avanzato una proposta simile, neanche tra coloro che si professano cattolici. Invece è sempre sul tavolo la proposta di eliminare dalla Costituzione un passaggio dell’articolo 37 che non permette di conciliare le scuole paritarie con i fondi ricevuti dallo Stato: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Molti cattolici vorrebbero che l’Italia spendesse di più per sostenere le famiglie che scelgono le loro scuole. Se non lo Stato, almeno la regione, che in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna potrebbe assumere direttamente il controllo del settore istruzione nell’arco di pochi mesi, grazie alla riforma delle autonomie regionali.


È triste dover riconoscere che questo tipo di scuole, fondate e portate avanti con le migliori intenzioni, sono diventate un ostacolo all’integrazione. Ma quando in alcuni quartieri delle città italiane esistono classi di soli stranieri, i casi sono due: o l’invasione propagandata dalla Lega è reale, oppure negli stessi quartieri si trova una scuola paritaria finanziata anche con il denaro pubblico dove gli studenti di origine straniera sono una minoranza. Siamo liberi di indignarci e basta, ma vale la pena riflettere, anche in questo caso, sull’aspetto economico della questione: perché lo Stato, che spende già molto meno di quanto dovrebbe per finanziare una scuola pubblica che favorisca l’integrazione, deve destinare ulteriori risorse a un’istituzione concorrente che la ostacola? Le famiglie che vogliono mandare i figli in una scuola con pochi neri (e pochi poveri in generale) non potrebbero pagare tutta la retta di tasca loro? Forse si potrebbero risparmiare fondi per investirli dove servono davvero: nell’istruzione pubblica.
Comments (1)

marcellino wrote ...
Sì, hai ragione. Le feste di bambini, i corsi di nuoto o di ginnastica artistica o le scuole calcio (o di qualunque cosa) sono diventati multietnici. Nonostante certi genitori. E il merito è della scuola pubblica (asili e nidi compresi).
Forse è davvero l'unico (fragile) ostacolo al razzismo.
3/11/2019, 10:26:00 AM

Parlo di teologia, io?

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10 gennaio - San Gregorio di Nissa (335-395), teologo patentato

[2016].

Anche oggi c'è gente che, come quei famosi ateniesi, non trova di meglio da fare che discutere di argomenti inediti od originali. Braccia rubate al mercato o al cantiere che si improvvisano maestri di teologia: avanzi di schiavitù da prendere a mazzate, che d'un tratto ci filosofeggiano con solennità di cose incomprensibili.

Lo sapete di chi stiamo parlando: la città ne è piena. Le strade, i crocicchi, i fori, i parchi... venditori di tappeti, cambiavalute, friggitori ambulanti. Tu chiedi di scambiare una moneta, ti rispondono disquisendo sulla natura del Generato e dell'Ingenerato; vuoi sapere quanto costa una pagnotta, “Il Padre è il maggiore”, ti dicono, “e il figlio gli è soggetto”: domandi se ai bagni l'acqua è calda, e ti informano che il Figlio ha origine dal nulla...


Padri cappadoci, Nissa è (forse) quello con la barba lunga.

Certe citazioni ormai galleggiano nel vuoto, non siamo nemmeno sicuri del libro da cui sarebbero ritagliate. Hanno maturato significati diversi da quelli previsti in partenza; diventano meme, parole di un linguaggio nuovo, incomprensibile ai non iniziati. Tra i miei amici di facebook non è infrequente rimproverarsi di parlare di astrofisica. Citiamo ovviamente la battuta di un regista frustrato, protagonista di un film di Nanni Moretti - no, non l'ultimo - neanche il terzultimo - forse il terzo? Lamentandosi della mania che hanno tutti di parlare di cinema senza mai aver studiato l'argomento, gridava: parlo di astrofisica io?

Molti anni prima dell'invenzione del cinema, e della stessa astrofisica, il problema era già avvertito dagli intellettuali. Non potendo citare Moretti, ripiegavano su San Gregorio vescovo di Nissa, che nel IV secolo scrisse in mezzo a un migliaio di pagine fitte di patristica l'esilarante bozzetto che ho tradotto sopra un po' liberamente. È un brano famoso in senso molto relativo: ci ho messo anni a rintracciarlo. Poi mi sono reso conto che lo cercavo nel volume di patristica sbagliato, perché tutti questi professori che si lamentano dell'incompetenza popolare... sbagliano quasi sempre a segnalare la fonte della citazione, attribuendola a un amico di famiglia di Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo. Anche lui vescovo in Cappadocia e padre della Chiesa, per cui non è così difficile confondersi.

È un errore illustre, condiviso dallo stesso Hegel; lui del resto non aveva perso tempo a sfogliare i padri cappadoci, ma si era fidato di Gibbon che nel suo best seller Declino e caduta dell'Impero Romano aveva a sua volta citato il Gregorio sbagliato, mutuando l'errore da un teologo dei suoi tempi, tale John Jortin che nelle note del suo volume aveva fatto confusione tra i due Gregori ed era morto prima di correggere le bozze. Che storia affascinante. Morale: non si è mai abbastanza competenti.

Va bene, ma di che stava parlando Gregorio esattamente? In quel frammento dell'orazione Sulla divinità del Figlio e dello Spirito Santo, 46esimo volume della Patrologia greca, il vescovo di Nissa si distrae per un attimo dal problema trinitario, e si volta a dare un'occhiata a quel che succede nella grande città: Costantinopoli. Quando mi imbattei per la prima volta nei due Gregori, a metà anni Novanta, in società si parlava più che altro di calcio e politica. Tutti ne erano esperti, tutti ritenevano di avere pareri interessanti, giuro, non è una frenesia nata con facebook: Zuckerberg ci ha fornito soltanto un impietosissimo specchio. A volte mi mancava l'aria e così frequentavo lezioni strane, ad esempio Storia del Cristianesimo Antico.

Scoprivo che secoli prima, gli abitanti di una lontana metropoli, dovendo pur trovare qualcosa su cui litigare in attesa dell'invenzione del calcio, si scannavano intorno alla teologia. Il dibattito sulla Trinità, e sulla generazione del Figlio, era uscito dai capitoli e dai sinodi e circolava sulle bocche di tutti, pizzaioli e rigattieri. Venivano alle mani spesso, e a volte ci scappava il morto.  L'altro Gregorio - non quello di Nissa - fu quasi linciato nella sua stessa cappella privata, perché era stato ordinato vescovo niceno di Costantinopoli, in un periodo in cui in città andavano per la maggiore gli ariani. Questi ultimi credevano che il Padre avesse creato il Figlio in un secondo momento; i niceni invece credevano in un Figlio generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. I niceni avevano già vinto un Concilio nel 325, e col tempo avrebbero prevalso, massacrato gli ariani e distrutto i loro libri. Ma in quel periodo erano un po' in crisi: gli imperatori, dopo averli favoriti, se ne erano stancati e a volte sponsorizzavano apertamente gli avversari. Il bello di studiare queste cose, quando sei giovane, è che ti chiedono la stessa sospensione dell'incredulità di una saga fantasy - pensateci, si accapigliavano per stabilire se il Figlio fosse stato "creato" o "generato" dal padre. Un dibattito che oggi non interessa più nemmeno i cristiani. Già. Oggi parliamo d'altro. Ma, ecco, di che parliamo? 

A quel tempo ero una specie di marxista, a mio modo ovviamente – in sostanza credevo che gli uomini si potessero dividere soltanto in classi sociali. Questa era l’unica classificazione che avesse un senso economico, e quindi l’unica che avesse un vero senso. Tutti gli altri insiemi – i cosiddetti “popoli”, le cosiddette “religioni” – erano fenomeni sovrastrutturali. Non è che non esistessero, ma venivano elaborati dagli uomini a mo’ di paravento, sovrastruttura, per occultare la ripartizione fondamentale, quella tra profittatori, aspiranti profittatori e lavoratori. Tutte queste cose non so se Marx le abbia mai scritte davvero, avrei più difficoltà a spulciare il Kapital che la Patrologia, però ci credevo e forse ci credo un po’ persino adesso. Dunque diffidavo della versione di San Gregorio, perché davvero, che può interessare a un cambiavalute della Generazione del Figlio? Però da altri accenni si capiva che gli ariani erano la fazione più popolare (lo stesso Ario, racconta Filostorgio, una volta cacciato dalle chiese ufficiali, si era messo a comporre i suoi sermoni sulla musica delle canzonacce dei marinai e dei mulattieri). I niceni invece avevano già quella sfumatura benpensante che li identificava come organici della borghesia – e i Costantini giocavano a metterli gli uni contro gli altri, appoggiando ora questa ora quella fazione, per strategia o per capriccio.

Due secoli più tardi sarebbe successa la stessa cosa coi tifosi delle due più importanti scuderie delle corse di bighe, gli Azzurri e i Verdi. I primi erano i popolari (ma appoggiati dall’imperatore Giustiniano), i secondi aristocratici e monofisiti. Entrambi giravano coi coltellacci legati alla gamba, e si pettinavano all’Unna, lasciandosi crescere le creste per spaventare gli avversari. Vedi come lo stesso fenomeno (una guerra tra bande di delinquenti per le strade di una metropoli) si può leggere in tre modi: (1) guerra di tifosi: è il modo più superficiale, come se qualcuno fosse davvero disposto a morire per i colori di una squadra; (2) guerra di religione, monofisiti contro ortodossi; (3) lotta di classe. A me ovviamente interessava solo il terzo piano, quello di cui nessuno vuole mai parlare. Fanno tutti una gran confusione, parlano di bighe o quadrighe o di natura divina e umana del Figlio, perché non vogliono parlare di salari e di libertà degli schiavi… Però alla fine Azzurri e Verdi si stancarono di ammazzarsi per il sollazzo del Cesare, gli assediarono il palazzo contiguo al Circolo e chiesero le dimissioni del prefetto del pretorio, ritenuto responsabile dell’iniqua tassazione. (Le ottennero, ma in seguito Giustiniano, consigliato dalla moglie Teodora, riuscì a dividerli e li sterminò).

(Milletrecento anni più tardi, in una difficile città di mare dall’altra parte dell’Europa, ci si rimise ad ammazzare tra “verdi” e “azzurri”. I primi tifavano il Celtic Glasgow, erano immigrati irlandesi e cristiani cattolici. I secondi sostenevano i Rangers, ostentavano lealtà alle maestà britanniche e fedeltà alla chiesa protestante. Risse da ubriachi, guerre di religione, indipendentismo e identità celtica: dipende anche da storia vuol leggere la gente il mattino dopo).


Seduta di autocritica maoista in Bobocandia ("O Marx O Lenin O Mao Mao").

Nello stesso periodo in cui studiavo i padri cappadoci, avevo messo le mani su certi vecchi fumetti di un francese geniale e irregolare, Gérard Lauzier. La sua prima storia era ambientata in un’ex colonia francese di fantasia tra jungla e savana. Gli abitanti della savana erano diventati il Fronte Bobocalandese di Liberazione – trotskisti – mentre la tribù della giungla si era convertita al marxismo-leninismo di marca cinese, fondando il Fronte di Liberazione Bobocalandese. Dopo il tramonto conducevano lunghe sessioni di autocoscienza politica davanti al fuoco, cantando O Lenin O Mao O Mao al suono dei tamburi. Negli anni Settanta Lauzier passava per un autore di destra, e in effetti disegnava ancora gli africani coi labbroni e i dentoni. Si rifiutava a vedere il progresso nella decolonizzazione: era tutta una farsa, una tribù resta una tribù anche se coi fucili le vendi il libretto rosso. Il libro è fuori commercio in Italia, trovarlo è stato più difficile che rintracciare la citazione giusta nella patrologia.

Mi capita spesso di ripensare alla vignetta della tribù marxista, ultimamente, e ai venditori di tappeti di Gregorio di Nazianzo, pardon, Nissa. Sono contento che è finito Natale, quest’anno più del solito. Al mercato, in piazza, in sala insegnanti, per un mese non s’è parlato che di identità cristiana, e soprattutto di presepe. Chiedevi il prezzo del pane, ti rispondevano presepe. Domandavi che fine aveva fatto la programmazione monodisciplinare, ti mettevano al corrente del grosso rischio che stavamo passando di non poter più sentire le zampogne a causa degli immigrati musulmani. L’Amaca di Michele Serra appesa dappertutto. Il punto di riferimento del ceto medio riflessivo progressista che verso la fine del 2015, fidandosi di qualche notizia distorta, si è convinto che i musulmani ci stessero togliendo il presepe. Il presepe. Tra due secoli qualcuno ritroverà un fondo di Michele Serra nel fondo di una valigia, leggerà e si domanderà nella sua lingua sconosciuta: ma sul serio? Parlavano di questo all’inizio del millennio? Di presepe? Non del riscaldamento globale, dell’instabilità economica europea o delle migrazioni nel mediterraneo; parlavano del presepe? Era così tanto importante per loro? O c’era dietro qualcos’altro che non volevano dirci. Cioè: cosa intendeva davvero questo Serra per “presepe”?

Poi i sauditi hanno ammazzato un imam – i sauditi ammazzano chi vogliono più o meno come l’Isis, e più o meno per gli stessi motivi, ma sono nostri alleati, quindi è ok – salvo che per una settimana è stato tutto un fiorire di esperti di teologia islamica. Ci hanno spiegato che tutte le tensioni del Medio Oriente – tutte – si possono spiegare con la religione, l'eterna rivalità tra sunniti e sciiti. Perché, credevate che fosse il petrolio? I sauditi che lottano per imporre una supremazia regionale, che l’Iran gli contende? La Russia che reagisce all’accerchiamento Nato? Le irrisolte questioni curde e palestinesi? No. «Braccia rubate al mercato o al cantiere», avrebbe detto il nostro Gregorio, ci hanno avvertito che tutto dipende da uno scisma di mille anni fa. E infine si è scoperto che a Colonia a capodanno c’erano un sacco di maschi molesti, e i redattori hanno subito deciso che si trattava di stranieri, anzi immigrati, probabilmente clandestini, magari islamici e Bruno Vespa ha twittato:



Le nostre donne. Forse siamo sempre stati così, forse la novità è che Internet ha moltiplicato gli specchi per guardarci. Io una volta pensavo che Bruno Vespa fosse organico a una determinata classe sociale che imponeva la sua visione dei fatti a tarda sera su Rai 1. Ultimamente lo vedo più come uno stregone che balla al ritmo del tamtam, cantando parole che non conosce, “religione”, “valori”, “cultura”. Ma quel che vuole dire è quello che i capotribù hanno sempre detto in questi casi: straniero vuole venire e rubarci le donne.

Forse i posteri saranno più indulgenti. Spulciando un enorme archivio troveranno l’amaca di Serra o i tweet di Vespa, e capiranno che “presepe”, “religione”, “valori”, “bande di immigrati”, in realtà volevano dire una sola cosa: abbiamo paura. Il mondo cambia troppo alla svelta, un sacco di gente arriva qua e mette in discussione tutto quello in cui abbiamo sempre creduto – comprese quelle cose in cui non credevamo di credere davvero (il presepe?) ma erano insomma parte di un paesaggio. Difendo il mio presepe dai musulmani, quarant’anni fa difendevo la mia famiglia dai cosacchi. La mia quarta sponda dagli inglesi. La mia Patria dallo Straniero. Il mio Dio dall’infedele. La mia bandiera, qualsiasi colore abbia, perché è proprio questo il punto: non importa il colore. Non importa il Dio, non importa la Patria, né la famiglia né il presepe. Sono valori arbitrari che fissiamo di volta in volta. L’importante è l’aggettivo: mio. Tracciamo una linea qualsiasi e guai a chi la oltrepassa. Sul serio non moriremmo per il colore di una squadra? Non è l’unica cosa per cui moriamo, alla fine dei conti?

Gregorio nacque in Cappadocia, che oggi è lo zoccolo duro della Turchia rurale e islamica, ma nel suo secolo produceva santi cristiani e padri della Chiesa a un ritmo impressionante. Gregorio può vantare in calendario una nonna, Santa Macrina l’Anziana; due fratelli (San Basilio Magno e San Pietro di Sebaste) e una sorella (Macrina la Giovane). Lui si venera il 10 gennaio.
Comments (2)

Leonardo T wrote ...
No no non corri il rischio di essere giudicata esagerata o non creduta, sul serio! Grazie.
1/10/2019, 11:29:00 PM

Anonymous wrote ...
Senti Leonardo, non vorrei essere giudicata esagerata o peggio non creduta, ma é da parecchio che ti leggo sul Post e mi gusto la tua particolare intelligenza; questo ultimo articolo mi ha fatto capire che, non importa da dove e cosa inizi a studiare, approfondire, tutto poi si incastra a perfezione, se si sanno fare i dovuti collegamenti, nella propria visione critica della vita, dei valori, delle ideologie. É un tale piacere leggerti, mi piace così tanto il tuo taglio originale di pensiero, che non sono riuscita a non scrivertelo. Grazie! Marilisa
1/10/2019, 6:33:00 AM

Buon compleanno Giuliano Ferrara

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E buon risveglio.

(Alla voce: creature antropomorfe che senza il Foglio nessuno si sarebbe filato).
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L'annosa questione del razzismo di Tolkien

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Make Middlearth Great Again
Sauron non è il Signore Oscuro di cui avete senz'altro sentito parlare, ma un sovrano illuminato che sostiene il progresso industriale. Il perfido Gandalf il Bianco, tiranno feudale (re Aragorn non è che il suo burattino) mira a impossessarsi delle ricche miniere di Mordor – certo, occorrerà sterminarne la popolazione, ma non ha nessuna importanza: la storia la fanno i vincitori, e i vincitori dipingeranno nelle saghe le vittime dello sterminio come mostri subumani, gli "Orchi". È la trama di The Last Ringbearer, la più politica delle parodie del Signore degli Anelli, scritta qualche anno fa da un biologo russo, Kiril Eskov. In Russia fu un caso editoriale, in Italia e nei Paesi anglosassoni è ancora inedito. Eskov ha immaginato che il Signore degli Anelli fosse un'opera di propaganda, e l'ha smontata in quanto tale. Ma l'operazione non avrebbe funzionato così bene se lo stesso Signore degli Anelli non fosse un'opera che si presta, proprio per la sua architettura semplice, ma maestosa, a essere smontata e ricomposta. È una delle qualità dei classici, e Il Signore degli Anelli evidentemente lo è diventato. Malgrado il suo razzismo? Perché ogni tanto l'accusa salta fuori, e c'è sempre qualcuno che si stupisce, come se fosse la prima volta. Ma per qualcuno è sempre la prima volta.

Mappa non autorizzata, anzi proibita, anzi l'ho ritrovata in un sito russo, spero non sia contagiosa.
Quando non hai niente di nuovo da dire, ma vuoi fare notizia comunque, puoi sempre dare a Tolkien del razzista. Funziona: vuoi perché il razzismo è sempre d'attualità, e Tolkien non passa mai di moda; vuoi perché trattandosi di un autore che va per la maggiore tra i giovanissimi, puoi ripescare lo stesso dibattito ogni cinque-dieci anni e troverai sempre qualche giovane lettore che ci rimane male, Tolkien razzista? Non l'aveva mai sentita. E poi c'è un'altra ragione, ovvero che Tolkien, per i nostri standard, è davvero un po' razzista. Veramente poco, per un inglese dell'ultima generazione coloniale; ma quanto basta per far scattare gli allarmi più sensibili, tarati sugli standard di multiculturalità del 2018; quanto basta per riavviare ogni tanto la polemica. Anche a causa dei suoi difensori, esperti e affezionatissimi, e non disposti a lasciar cadere l'argomento senza citare una volta in più le durissime parole di Tolkien sulle derive nazionaliste e antisemite che negli anni Trenta osservava sgomento manifestarsi sul Continente. E tuttavia Tolkien è anche lo scrittore che, dovendo procurarsi migliaia di comparse per le schiere del Male nelle scene di battaglia, decide di reclutarle tra i Popoli dell'Est e del Sud. Una classica commistione tra esotismo e pericolo che i lettori inglesi dovevano percepire come assolutamente naturale nel 1954, l'anno della pubblicazione in Gran Bretagna, e che nel 2018 facciamo molta più fatica a mandar giù.

Nel frattempo la Terra di Mezzo è diventata un universo cinematico, e i volti dei suoi protagonisti sono stati fissati nella coscienza di almeno una generazione dalle scelte di casting di Peter Jackson, filologicamente inappuntabili, ma proprio per questo un po' troppo nordiche per i gusti di uno spettatore globalizzato, assuefatto a prodotti hollywoodiani dove le percentuali di comprimari bianchi, neri e asiatici sono calcolate al millimetro. Jackson non ha neanche voluto evitare di attribuire agli Orchi e agli Orchetti una carnagione scura, ed era destino che prima o poi qualcuno decidesse che la cosa lo offendeva. L'ultimo in ordine di apparizione è Andy Duncan, scrittore fantasy che in un'intervista a Wired ha ammesso di non poter passare sopra alla concezione tolkeniana per cui "alcune razze sono semplicemente peggiori di altre, e che alcuni popoli sono semplicemente peggiori di altri". L'affermazione in sé non ha nulla di clamoroso, ma il Times l'ha ripresa e nel giro di poche ore aveva fatto il giro del mondo, o almeno quella porzione non piccola di mondo che va dal Times al Secolo d'Italia (continua su TheVision)

Ma se lo tagliano, sanguina? Apriamo il dibattito.

La polemica in sé non è affatto nuova, e in Italia in particolare non dovrebbe sorprenderci: in fondo siamo stati i primi a sospettare, già negli anni Settanta, che Tolkien fosse un fascista o peggio. Il Signore degli Anelli, che nell’area anglosassone era esploso nel 1968, anno della prima edizione “tascabile” – si fa per dire, non stava nemmeno nelle tasche degli eskimo di allora – ed era stato adottato gioiosamente dalle star della controcultura, in Italia ha avuto una storia tutta particolare. Fu pubblicato nel 1970 da Rusconi, un editore di rotocalchi a base di gossip sui Savoia e Padre Pio, con una famigerata prefazione di Elémire Zolla che non si contentava di anticipare la trama (oggi diremmo “spoilerare”), ma lo innalzava come stendardo di una letteratura anti-moderna, puramente ispirata al folklore e alla tradizione.

Tolkien a ben vedere era tutt’altro che rispettoso delle tradizioni a cui attingeva, e che spesso deliberatamente pervertiva, ma Zolla non voleva o non poteva accorgersene, e ormai il dado era tratto: liquidato dagli ambienti progressisti come autore d’evasione, negli anni Settanta Tolkien fu adottato da una sparuta ma combattiva minoranza di sedicenti intellettuali di destra a cui non sembrava vero poter disporre di un generoso serbatoio di leggende, neanche troppo difficili da leggere. Tolkien in realtà piaceva a tutti, ma i lettori di sinistra ci misero un po’ di tempo a riorganizzarsi. A fine anni Novanta la riduzione cinematografica rimescolò le acque: il Signore degli Anelli entrò a tutti gli effetti anche in Italia nel calderone della cultura pop, proprio mentre i Wu Ming tentavano di recuperarlo a sinistra, insistendo sull’aspetto multiculturale di quel melting pot che è la Compagnia dell’Anello, e sul fatto che i veri eroi del romanzo non siano i tradizionali cavalieri feudali, ma gli hobbit, antieroi provinciali. Tolkien in generale è un autore molto più raffinato e sfuggente di quanto sembri a prima vista. L’affetto che nutre per i miti che rielabora è molto più smaliziato di quanto appaia; le sue fiabe non hanno un lieto fine, Bene e Male restano intimamente connessi.

E allo stesso tempo Tolkien resta un uomo del suo tempo, e al suo tempo non risultava così offensivo immaginare schiere di nemici avanzare da un Sud arido, a cavallo di elefanti. Possiamo decidere che questa cosa non sia più accettabile, e che l’opera di Tolkien sia destinata a seguire sugli scaffali più alti quella di Kipling o di altri autori dell’era coloniale che solo gli addetti ai lavori sono ancora in grado di leggere senza avvertire un inevitabile fastidio, lo choc culturale che proviamo di fronte all’implicito razzismo che permeava la cultura europea fino a pochi decenni fa.

Ma probabilmente non andrà a finire così: Tolkien sembra ancora avere molto da dirci (più di Kipling, tutto sommato). Un’opera che può essere ancora letta da destra, da sinistra, come una saga di eroi o come materiale di propaganda, non dà l’impressione di poter tramontare ancora per almeno una generazione. Se ne riparlerà tra quattro o cinque anni, quando qualcuno magari si accorgerà che Tolkien odia i ragni proprio mentre l’aracnofobia diventa uno stigma sociale, e qualche lettore appena arrivato strabuzzerà gli occhi: ma come, Tolkien aracnofobo? Peccato, e dire che mi piaceva così tanto.

Comments (4)

alessandro wrote ...
Per quello che vale il mio modesto parere di appassionato di tolkien, ti faccio i miei complimenti, davvero un ottimo post.

ps by the way, Tolkien era anche contro l'apartheid sudafricano: nell'epistolario "la realtà in trasparenza" c'è un passo molto chiaro, in questo senso
10/15/2020, 8:30:00 PM

Marino Voglio wrote ...
faccio una fatica a leggere in inglese, oggidì.

oh, ma visto che di copernico non se ne parla proprio più perché non lo traduci in italiano...?
12/31/2018, 4:52:00 PM

Jonny Dio wrote ...
Il razzismo fondamentalmente è ignoranza. E' una semplificazione operata dal cervello, che deve semplificare per poter ragionare. Se tu metti la mano nel fuoco e ti scotti, al massimo lo rifarai una seconda volta, dopodichè memorizzi che il fuoco scotta e non lo fai più. Del resto, mica può lavorare sempre caso per caso come un computer.
Il problema è che con gli altri uomini non funziona come con gli oggetti, e se, al decimo marocchino che vedi ti hanno rotto i coglioni tutti e dieci, non è detto che lo farà anche l'undicesimo.
Voler impedire alla gente di essere razzista è come voler debellare l'ignoranza, se sai da dove iniziare mostrami la via, ed io ti seguirò fino in capo al mondo.
Inoltre, essere razzisti sarà spiacevole ma, vivaddio, ancora non è illegale, a meno di non voler stabilire per legge che cosa si debba pensare. Un conto è finchè si parla di istituzioni, lì certo che si devono prendere tutte le precauzioni possibili per evitare discriminazioni, ma nella mia testa io penso come mi pare. E' un po' quello che avviene col garantismo: finchè si parla di istituzioni è sacrosanto, ma io ho tutto il diritto di non esserlo intimamente e di trattare uno che penso sia un delinquente come tale anche senza aspettare per forza il terzo grado di giudizio.
Quindi, se ti stanno sul cazzo i negri, il problema è solo tuo e delle tue limitate facoltà mentali, avrai sicuramente delle buone ragioni dal tuo punto di vista, e, fintantochè non commetti reati, è un atteggiamento perfettamente legittimo.
Tolkien era un razzista? E se anche fosse, un bel chissenefrega? Walt Disney era un antisemita, vogliamo distruggere Topolino come faceva Baffone quando bruciava i libri?
12/31/2018, 5:02:00 AM

Aquila wrote ...
Premesso che io non sono di destra (anzi, sono proprio comunista), amo "Il signore degli anelli", libro e film.
Non so se Tolkien fosse razzista o meno, ma io mica devo giudicare l'uomo, bensì la sua opera.
Piuttosto, quello su cui secondo me c'è da discutere è se possa esistere nella realtà un essere totalmente negativo come Sauron, "il Male al 100%" direi. Uno spuntino (nel senso di piccolo spunto) di bene potrà esserci anche in lui. Già me lo sento quando l'anello si fonde nelle fiamme del monte Fato: "Mannaggia a voi e a chi..."
12/30/2018, 3:11:00 PM

Niente di nuovo dal fronte del Natale

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Natale è vicino, si riapre il Fronte del Presepe Nelle Scuole: l'infinita battaglia per salvare una delle tradizioni natalizie più specificamente italiane, nonché più legate all'aspetto cristiano della festa. Il Presepe Nelle Scuole, per definizione, è minacciato, è a rischio di scomparsa, ecc. Il bollettino più aggiornato lo dà il Giornale: dunque pare che un membro del consiglio regionale del Veneto (lista Zaia) abbia tentato invano di regalare un presepe tradizionale a una scuola primaria di Mestre, senza prima chiedere una delibera del Consiglio di Istituto. La sorpresa del consigliere è legittima: l'anno scorso la sua Regione aveva stanziato un fondo di 50.000 euro per non lasciare neanche una scuola veneta senza un presepe. Dove sono finiti tutti quei soldi? Vuoi vedere che li hanno spesi in gessetti e computer invece che in asinelli e in buoi?

Il Krampus
Dal Fronte per ora questo è tutto: un po' poco. Certo, a Trieste è passata una mozione del Consiglio Comunale che dovrebbe rendere il presepe "obbligatorio". Certo, Matteo Salvini non si è dimenticato di ricordarci che "chi tiene Gesù fuori dalla porta delle classi non è un educatore". Insomma l'artiglieria continua a sparare, ma non è chiaro contro chi: tutte queste scuole che smettono di fare il presepe forse non esistono più, ammesso che siano mai esistite. L'impressione è che nelle trincee sia rimasto soltanto qualche ufficiale, mentre il grosso delle truppe festeggia nelle retrovia, magari sotto un abete illuminato. Quanto al nemico, il perfido infedele deciso a distruggere le nostre tradizioni a partire dal presepe, forse nelle trincee non c'è nemmeno mai sceso. I musulmani italiani in particolare non hanno mai dato l'impressione di sentirsi offesi dal presepe, anzi. La Lega Islamica del Veneto addirittura è arrivata al punto di regalare presepi agli amministratori – e nonostante tutto il presidente continua a sentirsi bersaglio di polemiche. Forse è inevitabile, forse il Fronte del Presepe ormai è una tradizione natalizia: c'è chi addobba l'albero, c'è chi compra i regali, c'è chi scrive su facebook che le nostre sacre tradizioni sono in pericolo e se la prende con infedeli immaginari – non i musulmani, gli indù, i buddisti o gli ebrei che lavorano con lui o studiano con suo figlio: piuttosto dei folletti da fiaba malvagi che nottetempo smonterebbero i presepi nelle scuole e nelle chiese.

Il Fronte del Presepe non è che un il teatro minore di un grande conflitto immaginario, la Guerra del Natale – "War On Christmas" la chiamano in America, dove è scoppiata addirittura ai tempi del maccartismo. Ai tempi il bersaglio prescelto erano marxisti ed ebrei, sospettati di voler eliminare l'augurio "Merry Christmas" dalle cartoline, in favore di un più laico e materialista "Happy Holidays", buone feste (ironicamente, molte canzoni natalizie americane sono state scritte da compositori ebrei). Dopo decenni di tregua, la guerra si è riaperta dopo l'Undici Settembre: anche negli USA, a nulla valgono le proteste d'innocenza dei musulmani, o i loro rassicuranti video di auguri natalizi; anche laggiù il vero nemico non sono loro, ma un entità più vaga e malvagia, un complotto anti-cristiano e anti-americano che ogni anno deve minacciare l'esito felice della celebrazione; quasi una rielaborazione postmoderna del Krampus, il mostro che nel folklore dell'Europa Centrale dev'essere domato da Santa Klaus prima della notte di Natale. Quarant'anni fa il Krampus erano i marxisti e gli ebrei, oggi sono i musulmani, domani a chi toccherà.

Natale è vicino, e come ogni anno qualcuno sta per intonare un'invettiva contro la deriva consumistica di quella che era una festa cristiana (l'anno scorso memorabile fu quella di Cacciari). A nulla varrebbe obiettare che il Natale è ormai festeggiato spontaneamente anche dove i cristiani sono un esigua minoranza (in Cina è sempre più popolare); che le tradizioni natalizie universalmente più condivise non sono particolarmente cristiane, ed esistevano già prima che la festa pagana del Sole Vincitore fosse assorbita dal calendario cristiano. Tra le non molte cose che abbiamo in comune coi nostri contemporanei cinesi, c'è la capacità di riconoscere al volo un'immagine di Babbo Natale; tra le ben poche cose che abbiamo in comune coi nostri antenati pagani e barbari, c'è l'abitudine di scambiarci doni e dolci a base di frutta candita nei giorni intorno al solstizio d'inverno. Il vecchio con la barba bianca è San Nicola di Myra, oggi in Turchia, lo sanno tutti; ma forse non tutti sanno che prima di lui era lo stesso Odino a cavalcare nella notte del solstizio, portando dolcetti ai bambini che lasciavano carote sul davanzale per il suo cavallo a otto zampe. Quanto alla data del 25 dicembre, nessun vangelo ne parla (nessun vangelo precisa né il mese né l'anno della nascita di Gesù Cristo), ma coincide singolarmente con la festa del Sole Invitto, che l'imperatore Aureliano introdusse nel 274... (Continua su TheVision).


La scelta di celebrare il terzo giorno dopo il solstizio, quando dopo sei mesi le giornate ricominciano ad allungarsi, fu forse ispirata ai culti mitraici, ma quel che interessava realmente ad Aureliano era imporre un culto universale a tutti i popoli dell’impero – e cosa c’è di più unico e universale del sole? I cristiani – magari suggestionati dall’idea di una resurrezione vittoriosa dopo tre giorni di oscurità – fecero propria la festa neopagana. Nel giro di un secolo, il cristianesimo sarebbe diventato religione di Stato, e l’editto di Tessalonica avrebbe definito i non cristiani come “dementes”, pazzi. Non è difficile riconoscere nell’odierna frenesia natalizia qualche aspetto dell’antica follia dei Saturnali romani e delle feste germaniche. Forse non è una coincidenza se da millenni sentiamo il bisogno di circondarci di luci, di affetti e di zucchero nel periodo più oscuro dell’anno.

Nel 2000 il governo russo donò alla città di Demre, già Myra, una statua di San Nicola, raffigurato secondo la classica iconografia ortodossa; un’immagine che i turisti russi in visita alla tomba del Santo avrebbero apprezzato, ma che lasciava evidentemente perplessi gli automobilisti turchi: al punto che pochi anni dopo fu spostata in una posizione più vicina al santuario, e soppiantata al centro della rotonda da un Babbo Natale di plastica. Che ci piaccia o no, il San Nicola più famoso e riconoscibile dai visitatori di tutto il mondo è quest’ultimo. Non c’è dubbio che sia una banalizzazione: ma forse è il prezzo da pagare per avere una festa davvero universale. Chi chiede con insistenza che il presepe rimanga in tutte le scuole e i luoghi pubblici, si prepari a vederlo trasformato in un oggetto altrettanto banale e universale.
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Hai il diritto di fare il razzista, io di fartelo notare

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[Questo pezzo è uscito ieri su TheVision]. Capita un paio di sere ogni estate. Mentre cerco di parcheggiare sotto casa, trovo una camionetta della polizia. Lì per lì non ci faccio caso. Poi verso le dieci di sera, invece dei soliti echi di pianobar, comincio a udire cazzate alla finestra. Ce l'hanno coi musulmani, con l'Europa, ancora loro? Sono arrivati i tizi di Forza Nuova, più puntuali e molesti di un circo Togni. Sono sempre una ventina, probabilmente nel pulmino non ce ne stanno di più. Non fanno numeri di giocoleria, sanno solo sventolare tricolori, uno per braccio, forse nel tentativo di sembrare il doppio. Non mangiano spade, non sputano fuoco, al massimo sempre quelle tre cazzate, l'Europa è Cristiana Non Musulmana e così via. La gente transita un po' perplessa: il mio piazzale è equidistante tra un kebab e la gelateria. Ma in fondo che male c'è. Hanno diritto di dire quello che vogliono, no? In Italia c'è libertà di parola, e quindi perché non occupare un parcheggio con venti ragazzotti, quaranta bandieroni e un megafono e scandire per due ore "L'Europa è Cristiana, non Musulmana"?

E se io scendessi ad avvertire che hanno rotto i coglioni: non sarebbe libertà di parola anch'essa?
È una domanda retorica. Chi ci ha provato le ha prese un po' da loro, un po' dalla polizia: poi è stato denunciato e condannato a pagare multe da 2000 euro. Sembra insomma che la libertà di parola dei forzanovisti sia molto preziosa. Dev'essere il motivo per cui, ogni volta che me li ritrovo nel piazzale, tutto intorno è silenzio: il sindaco fa bloccare il traffico. Il sindaco in effetti non sembra mai molto entusiasta di trovarseli tra i piedi, ma in questura pare che ci tengano molto al diritto di parola dei forzanuovisti. Ci tengono talmente che di solito mandano almeno due camionette, più di una quarantina di agenti bardati di tutto punto, sicché i ragazzotti di Forza Nuova che vengono dal Veneto a sgolarsi sul concetto dell'Europa Cristiana non hanno solo due bandieroni a testa, ma anche due o tre o quattro agenti di pubblica sicurezza che vegliano sulla loro incolumità e sulla loro libertà di espressione. Così la mamma è contenta, dev'essere una tizia assai apprensiva, tesoro, dove vai? Vado in Emilia Romagna a difendere la civiltà cristiana. Tesoro, ma sei sicuro? Tranquilla mamma, ci assegnano quattro agenti a testa, e li paghi tu con le tue tasse, sei contenta?

Se vuoi protestare contro il tour estivo di Forza Nuova devi trovarti in una piazza ad almeno 500 metri di distanza, e accomodarti dietro la transenna, dove ci sono i poliziotti più simpatici che spiegano ai cittadini che non ci possono fare niente, anche loro sono antifascisti, siamo tutti antifascisti, però ehi, la libertà di parola dei forzanuovisti è tutelata dalla Costituzione e quindi dietro la transenna e muti. Ché tra un po' il siparietto finisce, i ragazzotti tornano a casa in pulmino e i poliziotti si pigliano auspicabilmente una serata di straordinario in busta, win win e buonanotte. Vien da pensare che il senso sia tutto qui: questi sbandieratori da noi non se li fila nessuno, e dire che di razzisti anche qui sarebbe pieno, ma più che razzisti sembrano la caricatura. Non ce l'hanno un po' d'orgoglio anche loro, non si vergognano di essere trattati dalle forze dell'ordine come una specie protetta? Anche a Brescia, ho letto che la polizia li scorta mentre fanno le ronde, perché da soli non si azzarderebbero ad andare in giro nei quartieri difficili. Dunque, se ho capito bene: nei quartieri difficili di Brescia si sente la mancanza delle forze dell'ordine; da questa mancanza scaturisce la necessità di una ronda di Forza Nuova, e a questo punto la polizia ci va per scortare i ragazzotti di Forza Nuova che da soli in effetti potrebbero farsi male. Qualcosa non mi torna.

D'altro canto devono pur potersi esprimere: libertà di parola! Quel che non sopportano è che gli altri si esprimano su di loro. Alla vigilia della finale della Coppa del Mondo di calcio un giornalista sportivo molto vicino a Casa Pound scrive un tweet dove saluta la nazionale croata "completamente autoctona, un popolo di 4 milioni di abitanti, identitario, fiero e sovranista", contro il melting pot della selezione francese. Nessuno lo picchia per quel tweet, nessuno lo minaccia; qualcuno ridacchia perché ha scritto "melting pop" che come refuso è abbastanza geniale; molti lo prendono in giro, ma ehi, non si può piacere a tutti, no? Specie se manifesti insofferenza con tutti quelli che non sono "autoctoni", cioè più o meno chiunque. E sicuramente un po' di polverone aveva messo in conto di sollevarlo; non è un ragazzino. Però succede che prenda le distanze la Mediaset, nientemeno: e questo forse non l'aveva calcolato Il tizio in questione infatti non scrive solo su "Il Primato Nazionale / Quotidiano Sovranista": è anche un riconoscibilissimo dipendente dell'azienda, e Mediaset tra l'altro è in una fase delicata. L'approccio allarmista adottato in campagna elettorale nei confronti dei migranti si è molto stemperato, ormai è normalissimo ascoltare opinionisti in prima serata su Rete4 che spiegano che l'Italia ha bisogno di badanti, quindi di migranti – regolari, s'intende – che Salvini dovrebbe pensare a farne entrare di più di regolari, invece di prendersela con quei poveretti sui barconi. Insomma Mediaset sta correggendo il tiro, e così le redazioni giornalistiche e sportive approfittano del tweet del suo dipendente per prendere le distanze dal "contenuto razzista" del tweet. Apriti cielo. Come puoi parlare di "razzismo" per un tweet che difende il sovranismo degli autoctoni? Pare che non sia ammissibile (continua su TheVision).

Comments (4)

Anonymous wrote ...
Oh, per favore... io plaudo alla Croazia autoctona - convincitemi che roma (ed i suoi marciapieri) sono meglio, scusatemi!....
8/3/2018, 7:17:00 PM

Anonymous wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
8/3/2018, 7:14:00 PM

Hans Cooper wrote ...
Non so dove tu viva ma io sto a Bergamo e nella lingua locale (il padano) croato si dice proprio “zingaro”. Non so, forse fanno solo confusione.
7/31/2018, 2:43:00 PM

Unknown wrote ...
Poi mi chiedo se i fascisti che plaudono alla Croazia autoctona sono gli stessi che rivendicano Istria, Fiume e Dalmazia italiane e, se sì, se hanno mai guardato una cartina geografica.
7/30/2018, 4:06:00 PM

Salvini (non guarda più nessuno in faccia)

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Salvini chiude i porti ai poveracci,
Salvini ha già aumentato i morti in mare.
Salvini dà il permesso di sparare;
Salvini ride e sfoggia gli avambracci.

Salvini ai ricchi toglie tasse e lacci,
e anche a Bruxelles non devono seccare:
che lui fa tutto quello che gli pare.
Salvini è il capo, l'hai capito? Stacci.

Ormai non guarda più nessuno in faccia:
anche allo specchio passerebbe dietro
la notte, quando deve andare a letto.

Non è che si vergogni, o si dispiaccia;
arriccia forse il naso e dice al vetro:
"Ma guarda questi stronzi, chi hanno eletto".

Comments (20)

Anonymous wrote ...
Leonardo, il giorno in cui potrai ospitare una vera bestemmia (dio°°°) nel tuo sito sarai davvero libero. Ma se non puoi / non vuoi / non puoi giustificare, nessuno ti giudicherà davvero, caro.

Ciao

Giuseppe Roviaro
8/3/2018, 7:11:00 PM

Anonymous wrote ...
Torniamo alle basi: che il Veneto sia storicamente stato catalogato e definito come una regione "Bianca", culla del cattolicesimo, mi sembra un fatto. Mentre altre regioni che si professano antireligiose e che hanno paura di bestemmiare (posso scrivere "dio cXX" o posso scriverlo completo? non si sa mai :-)), questo non si può dire / scrivere - alla faccia del Futurismo. Questo sì, con la "F" maiuscola).
L'Ipocrisia (con la "I" maiuscola) è davvero regina in Italia).
Che la lega abbia avuto proporzioni di voto incredibili nel Sud Italia, con tutti gli scialappi che applaudono senza capirne le ragioni o i fini? Bene, bene. Altro fatto.
Che in Veneto ci sia un consumo medio pro-capite di alcool maggiore che in Emilia (minore che in Sicilia, a seconda degli anni - ma certo l'Emilia ha dato alla storia molto di più, chi lo può negare :-)?)) , chi può negarlo?) Io ormai non mi offendo più. Come detto, sono da tanti anni all'Estero e guardo l'Italia con una sorta di compatimento da badante. Guardo gli stranieri (ho vissuto in Estremo Oriente, ma anche in Australia) che vogliono andare nelle città razziste di Venezia, Padova (che aborro), Vicenza, Verona, nelle oasi naturali delle Dolomiti.... oh, a Castelfranco o Bologna non riescono ad andarci, questi barbari.... cercherò di farmene una ragione, prima ero Italiano, ma dopo questi scambi di post sono diventato Veneto. Vediamo chi ci perde, eh? Noi Veneti siamo retrogradi, lo vedo da Singapore (dove vivo) / Shanghai (dove vado Domenica) / Sydney (la settimana prossima. Che peccato, sono davvero invidioso e mi offendo.

MarinoVoglio, mi spiace per l'offesa ma io sono ancora qui che aspettto la sua richiesta di comunicare personalmente... più di offrirle il mio indirizzo personale come hanno fatto gli altri personaggi di qui sopra tra cui il buon Enrico non saprei che fare, nella mia Veneta ignoranza...

P.S.: grazie a Leonardo per l'ospitalità nel suo blog
8/3/2018, 7:02:00 PM

enrico wrote ...
Torniamo all'inizio: che il Veneto, storicamente, sia una regione "nera", e in quanto tale, ad esempio, una delle culle del neofascismo anni '70, mi sembra un fatto. Che un certo cattolicesimo bigotto e reazionario vi abbia spadroneggiato da sempre è un altro fatto. Tant'è vero che la destra (destra DC nella Prima Repubblica, poi Forza Italia e Lega, adesso solo Lega) abbia sempre avuto percentuali di voto grandiose.. altro fatto. E che in Veneto ci sia un consumo medio pro-capite di alcool maggiore che in Emilia o in altre regioni.. cos'è? E allora? Dirlo è razzismo? Che poi in Veneto ci sia ANCHE molto altro, polticamente e socialmente, e ci mancherebbe pure, è altrettanto vero. Ma parlando di tendenze generali, mi sembra difficile negare quanto ho scritto. Chi vuole si offenda.
7/31/2018, 10:00:00 AM

Anonymous wrote ...
@Leonardo: mi spiace per doppio "senso". Cancella pure, sono Veneto.

Ciao, e con mutata stima.

Giuseppe Roviaro

(oh, ma cancella davvero eh?=)
7/30/2018, 6:08:00 PM

Anonymous wrote ...
Mah, comunque... a pensarci bene... che ve lo dico a fare
:-) ?

@Leonardo Tondelli: ho capito il tuo punto di vista, puoi pure cancellare questo messaggio. Non ha altro senso. In un certo senso sono felice. Quindi per favore...

.
@Marino Voglio: Non credo che lei voglia davvero rispomdermi. Se sì. può farlo all'indirizzo email che le ho fornito in precedenza.

Grazie

Giuseppe Roviaro
7/30/2018, 6:06:00 PM

Anonymous wrote ...
Scusate, "chiedere scusa per essere stato frainteso" denota una colpa / responsabilità da parte di chi scrive o da parte di chi legge?
Però essere Veneti aiuta ad avere la rogna, o come qualcosa del genere ho letto qui sopra in questo blog - ed in molti altri post in passato. Forse sarà vero, di sicuro so che essere Veneto in passato ha aiutato a formare Stati sovrani, indipendenti e di potere - che poi si sono, volentemente o meno, adeguati alla Repubblica Italiana a cui sono fiero di appartenere anche vivendo all'estero - tra l'altro parl(av)o con orgoglio in Italiano ai nostri figli. Cosa questa (formare uno stato sovrano che poi - più o meno volente - si
è adeguato alla Repubblica Italiana - è accaduta a molte altre regioni, come tutti sanno e apprezzano. Esatto? Non per nulla io vivo all'estero da 26 anni e vedo molti Veneti scappare dall'Italia per poter lavorare, tra Cina, Singapore e Hong Kong vedo quasi solo Veneti e Toscani (mentre vedo molti locali rimanere per godere di tutti i privilegi.... no, aspetta| Io non ho la pensione). Davvero! Zero!
E' proprio vero, in Veneto (ed in Italia) c'è la crisi. Basta vedere il numero di persone che hanno il tempo di scrivere su Internet. Io sono un Veneto rognoso che può solo scrivere messaggi di notte, di giorno mica ce l'ho. Ma ho (avevo) il tempo di leggere un blog che ritenevo interessante.

Grazie a tutti, ci vediamo nella prossima vita.

Ciao

Beppe Roviaro

@Marino Voglio: Mi scusi ma non ho capito se il suo precedente messaggio era ironico o no (se sì mi scuso - se no, sono ancora in attesa).
7/30/2018, 5:56:00 PM

Anonymous wrote ...
@Leonardo: no, non penso che lo stereotipo del Veneto ubriacone sia condiviso solo da voi due (certo che ammettere di avere la stessa visione miope di Oliviero Toscani...), ci sono molte altre persone che la vedono così. Come detto, questo cambia "solo", ed in parte, la stima che avevo di te.
Però sei troppo intelligente per non capire che questo ragionamento apre la porta anche a "i neri hanno il ritmo nel sangue, Venezia è bellissima ma non ci vivrei mai, in Emilia si mangia solo carne di maiale e gnocco fritto....". A meno che non vogliamo metterci a contare quante persone la pensano davvero così.
Per le esondazioni del Bacchiglione (o era Retrone?): mi spiace di essere stato frainteso, intendo le volte che la cosa è diventata davvero un'emergenza, con conseguenze serie o addirittura tragiche e con richieste di aiuti / emergenza. Perché se contiamo "solo" le volte che i fiumi a Vicenza hanno esondato creando danni e disagi ti posso dire che in zona S. Agostino (per esempio, ma ci sono altre zone) esondano quasi ogni anno da quando ero bambino (sono nato nel 1968). Questo è dovuto a vari fattori, alcuni anche causati da umana impreparazione o addirittura incompetenza, ma per lo più per cause strettamente naturali. Come hai giustamente scritto, ci sono vari fiumi che esondano in varie ragioni. Secondo me - e secondo la mia esperienza personale - la cosa migliore da fare è rimboccarsi le maniche e lavorare. Senza cercare (trovare) nessuna correlazione. Leggevo il tuo blog da così tanti anni che alla fine ho trovato troppi accenni alla percentuale altissima di Veneti "troppo bevuti per ricordarsi le offese" per pensare che fosse un caso. Ci sono molti modi di essere razzisti, quello delle persone intelligenti è il peggiore, a mio modo di vedere. Mi dispiace.


@Marino Voglio: grazie per il messaggio (ammetto che l'accenno allo Spaghetti Flying Monster mi ha strappato un sorriso, ma in realtà non dovrebbe perché io sono appunto pastafariano). Se desidera continuare a comunicare con me può scrivermi a beppe68@gmail.com (questa volta la minuscola è voluta, ma come tutti sanno gli indirizzi di email non distinguono tra minuscole e maiuscole).
7/30/2018, 6:27:00 AM

Leonardo T wrote ...
Non so a cosa ti riferisci per "tirare fuori gli articoli dei siti internet", comunque fa' pure. Noterai che non parlavo di un fiume in generale; che ho chiesto scusa per essere stato frainteso, e che c'è gente che ha la rogna ormai da un decennio. Non perché sono veneti; magari nemmeno aiuta. La correlazione non è una causa; c'è un po' di veneti che si incazza a vanvera. Non ne traggo la minima conclusione.
7/29/2018, 11:00:00 PM

Leonardo T wrote ...
Senza troppo controllare: 2010, 2012 e 2014.
Però esondano anche i fiumi delle altre regioni, anzi esondano di più.

Se pensi che lo stereotipo del veneto ubriacone sia condiviso soltanto da me e Oliviero Toscani, ahem, c'è un lungo discorso da fare.
7/29/2018, 10:57:00 PM

Marino Voglio wrote ...
Mi piacerebbe molto continuare a comunicare con Lei, ma dovremo concordare il significato di alcuni termini che Lei adopera, e che mi sono oscuri:

"scurrile"
"emerito"

(ehm... possa il ProdigiosoSpaghettoVolante perdonarmi un giorno per ciò che sto per digitare - ramen")

"attimino".

(meglio con le maiuscole, ve'?)
7/29/2018, 9:38:00 PM

Anonymous wrote ...
@Marino Voglio: il suo commento - secondo me, ma è solo il mio commento - è davvero scurrile, e conunque (per quello che vale) non ha neppure le maiuscole iniziali... Se mi vuole censurare perché non metto le Iniziali Maiuscole (e non le lettere dei Nomi e Cognomi, ma faccia pure...) va bene - io non posso intromettermi. Ha ragione Lei...
Grazie a tutti, allora. Io non posso fare parte di questa emerita schiera - ma onestamente, dopo quanto visto, forse non voglio neppure farne parte.

Grazie a tutti,

Giuseppe Roviaro
7/29/2018, 4:31:00 PM

Anonymous wrote ...
Grazie per avere emulato Oliviero Toscani e la sua immagine secondo cui tutti i Veneti sono ubriaconi. La stima - per quello che conta, non lo so - comincia a mutare. E non si parla del Bacchiglione, tu lo sai e se proprio dobbiamo si comincia a tirare fuori gli articoli dei siti Internet.

Ciao - e la cosa è davvero triste: quand'è che il Bacchiglione avrebbe esondato altre tre volte? Scusa, cominciamo davvero ad esagerare.

Giuseppe Roviaro

7/29/2018, 4:18:00 PM

Marino Voglio wrote ...
"mi permetto di considerare la loro opinione un attimino sotto la soglia della mia considerazione"

bravo, davvero signorile!

...poi - almeno fino a oggi, e per quanto ne so - lasciano parlare* e addirittura VOTARE anche loro (noi), ma immagino che anche questa circostanza turbi ben poco sì augusta considerazione.

* vede? per esempio il paziente Leonardo, che è forse l'ultimo che non censura un pagliaccio come me (glielo rimproveri!!!).
7/29/2018, 10:33:00 AM

Leonardo T wrote ...
Dal punto di vista di un forzanuovista non sarà tempo buttato via, che ne so io.
Poi sembra di dir "Veneto" come se fosse chissà che ma è a mezz'ora d'autostrada.

Con questa cosa dei fiumi vi dovete dare pace, ora io non ho mai sentito parlare di una tipica permalosità veneta, tra tanti luoghi comuni perlomeno questo ancora non è stato istituito. Ma se dopo 10 anni ancora in tre veneti ve la prendete perché una volta ho avuto l'ardire di scrivere che il Bacchiglione non ha le casse d'espansione, c'è il grosso rischio di accreditare questa immagine che (sono convinto) il 99,99999% dei veneti non si merita, non fosse altro perché è troppo bevuto per ricordarsi le offese.

(Nel frattempo il Bacchiglione è esondato direi altre tre volte).
7/29/2018, 12:33:00 AM

Anonymous wrote ...
@Leonardo: cioè i Forzanovisti Veneti (retrogradi, again) si organizzano e perdono buona parte del loro "prezioso tempo" per andare a protestare in Emilia? E non in altre regioni, oppure non quando i fiumi esondano in altri modi o quando le banche non falliscono in altre regioni? Scusa di nuovo, ma da Italiano / Veneto che è andato a lavorare all'estero 22 anni fa ancora non capisco.
Ciao e con immutata stima,

Giuseppe Roviaro
7/28/2018, 5:32:00 PM

Anonymous wrote ...
Non ho mai scritto (o detto) che tutti gli Emiliani siano razzisti. E se qualche organizzazione "forzanovista" viene "da voi" a puntare una bandierina (???) mi scuso a nome dei Veneti. Io non credo che noi Veneti siamo così, mediamente. Se mi sbaglio mi "corrigerete" :-).
@Marino Voglio: su questo interessantissimo sito (blog) che frequento da quasi 10 anni non credo ci siano lettori distratti e/o forestieri. Se per caso ci fossero, essendo per definizione distratti e/o forestieri, mi scuso in anticipo ma mi permetto di considerare la loro opinione un attimino sotto la soglia della mia considerazione (attenzione, non ho detto / scritto che non li considero). Se lo segni pure, io - da Italiano che vive all'estero da così tanti anni - mi sono un po' stancato.

Grazie

Giuseppe Roviaro
7/28/2018, 5:20:00 PM

Marino Voglio wrote ...
...visto che insiste gliela farei io una criticuccia, roviaro:

se lei non fosse venuto qui a sottolineare che sono veneti un lettore distratto e forestiero come me non ci avrebbe fatto nemmeno caso. un pullman di stronzi esaltati può venire dal veneto dalla kamchatka o da un terzo continente a scelta. ma anche da velletri! da tortreteste!


"sono romani e non milanesi", si annunciava in "audace colpo dei soliti ignoti".

(...però grazie a lei mo me lo segno: "un pullman di veneti. forza nuova. veneti, VENETI)
7/27/2018, 5:49:00 PM

Anonymous wrote ...
No, gli Emiliani (in generale) non sono assolutamente razzisti - anzi. E - come ho scritto - ci sono dei Veneti retrogradi.

Come non detto - ho sbagliato, scusa. Molti (se non tutti, nella mia esperienza che potrebbe essere sbagliata comunque, eh?) sono Veneti - Ti è scappato di accennare ad un pullmani di Veneti, a me è scappato di accennare ad un pullmani di Emiliani, chi se ne accorge? Ciao

Giuseppe Roviaro (come da email precedente, sono sempre pronto a raccogliere eventuali critiche),

Ciao

Giuseppe Roviaro
7/27/2018, 3:37:00 PM

Leonardo T wrote ...
Tutte le volte è così.
Sì, gli emiliani sono razzisti. Molto razzisti.
E in Veneto c'è tantissimo volontariato eroico, è una delle regioni più solidali d'Italia.
Detto questo: i forzanovisti che vengono in gita nel modenese partono dal Veneto. Tutto qui. È un'organizzazione storicamente più radicata in quella regione, che da noi viene a puntare una bandierina e scappa subito via.

Questo non significa che in Emilia non siamo stronzi. Siamo stronzissimi.
Ma anche quando lo scrivo, di solito non arriva un emiliano offeso a chiedermi come mi permetto.

Invece se ti scappa di accennare al fatto che un pulmino pieno di razzisti viene dal Veneto, ogni volta qualcuno si indigna. Devo far finta che vengano da un'altra parte?
7/27/2018, 10:21:00 AM

Anonymous wrote ...
Non ho altri mezzi (ad oggi, ore 16.45 di Giovedì 26 Luglio) per commentare il pezzo su The Vision "Hai il diritto di dire cose razziste. Io di chiamarti idiota" se non postare un commento qui sul tuo blog. Sono d'accordo al 90% su quello che scrivi, tra il 10% rimanente ci sono tante, tante affermazioni sul Veneto che non condivido e che trovo a loro volta molto razziste o comunque pregiudiziali (sì, sono Veneto anche se abito da 22 anni in Estremo Oriente). L'ultima è "Sicché i ragazzotti di Forza Nuova, che vengono dal Veneto fin sotto casa mia a sgolarsi sul concetto dell’Europa cristiana" (non dici che sono Veneti, ma insomma...).
Io ho lavorato per 10 anni per aziende Venete, 16 anni per aziende Emiliane e ora 3 anni per aziende romagnole... e a parte il fatto che Forza Nuova ha la sede a Roma (https://it.wikipedia.org/wiki/Forza_Nuova) le persone Italiane più razziste che ho trovato in vita mia sono due coppie di Modena che abitavano a Vicenza (venute lì a "svernare" nei paesi più poveri e retrogradi, insegnando la civiltà forse?). Non potevano sopportare non solo gli stranieri o - Dio li salvi! - i Meridionali, ma neppure i non Emiliani, e già sopportavano a fatica i Veneti. Di contro, ho "lavorato" 12 anni in una Comunità di Vicenza che aiutava i malati di AIDS, senza distinzione di razza, religione, età, etc....
Ti ho letto tante volte, e ho letto tante volte la disapprovazione (se non peggio) per i Veneti - dai disastri naturali (esondazioni, ma il Vajont a sua volta era in Veneto se non erro. Vogliamo continuare?) alla gestione dell'economia e della politica (Zaia mi dà fastidio, davvero, quasi come il vostro... come si chiama?).
Certo, qualche Veneto retrogrado appartiene a Forza Nuova.
Nessun Emiliano, apparentemente, dice sciocchezze o si comporta in modo stupido invece.
Io mi chiamo Giuseppe Roviaro, sono di Vicenza e vivo all'estero da tanti anni - sono pronto a ricevere le vostre critiche.

Motivate.

Giuseppe Roviaro
7/26/2018, 5:07:00 PM

Fuori dall'Italia i libri sacri anticostituzionali, dai

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Giura sul Vangelo, sfoggia un rosario: ma chi è questo nuovo integralista cattolico che avanza da destra? L’ex comunista padano, Matteo Salvini in un comizio a Milano ha giurato di “applicare davvero la Costituzione rispettando gli insegnamenti del Vangelo”. Un libro sacro e una costituzione laica possono andare d’accordo? Tutto sommato sì. È Salvini che non sembra c’entrare molto con entrambi: ce lo vedete nel Vangelo, a scacciare con la ruspa il Buon Samaritano? O tra gli apostoli a polemizzare con Gesù Cristo che rifiuta di prendere una posizione coerente contro l’Unione Europea del tempo, l’Impero Romano? Quanto alla Costituzione, basta aprirla a pagina uno: l’articolo 8 dice che tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge, ok, che problema c’è? C’è che appena una settimana fa Salvini, a “Speciale Fatti e Misfatti” (TgCom24), ha dichiarato che una volta al governo metterà “lo stop”, “il veto”, a “ogni presenza islamica organizzata, regolare o abusiva in Italia”. Insomma, se vince Salvini i musulmani non potranno né organizzarsi né nascondersi: dovranno levare le tende? Sono quasi due milioni, di cui trecentomila cittadini italiani: è difficile pensare che il leader leghista stia parlando sul serio. Il suo punto di vista merita comunque di essere discusso, se non altro perché è condiviso da una parte della popolazione ormai maggioritaria: “L’Islam è incompatibile con i nostri valori e la nostra cultura,” afferma. “L’Islam applicato alla lettera, il Corano applicato alla lettera […] sono atti di violenza”. Il che peraltro è vero.






Momenti di preghiera nelle città di Torino, Milano e Roma

Esatto, ho appena dato ragione a Matteo Salvini.
Applicare il Corano alla lettera sarebbe senz’altro un atto di violenza. Basta leggere qualche versetto, per esempio quelli sulla condizione femminile. È un libro che comincia con Allah che dice alla prima donna: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” (GE 3,16). In un’altra sura si legge: “Dalla donna ha avuto inizio il peccato: per causa sua tutti moriamo” (SI 25,24); “se non cammina al cenno della tua mano, toglila dalla tua presenza” (SI 25,26). Non è certo tra queste pagine che troveremo anche la minima ispirazione all’emancipazione femminile: (“Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo è una donna che mantiene il proprio uomo”) (SI 25,21).



Persino nella preghiera comune le donne sono ghettizzate: “Non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in pubblico” (CO I 14,34-35). Da queste pagine nasce anche il barbaro costume del velo: “L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Allah; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli” (CO I 11,5-10). Il profeta: non concede “a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo […] Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia” (TI I 2,12-15).






Se, malgrado tanta modestia e tante barriere, un uomo riuscisse comunque a vederla e a desiderarla, il consiglio del Profeta è dei più drastici: “Vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi organi, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna” (MT 5,28-29). Che altro dire? Il Dio del Corano è un Dio della guerra (“Non sono venuto a metter la pace, ma la spada”), determinato a portare la sua jihad fin dentro all’istituzione famigliare (“Sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera”). Un libro del genere, se applicato alla lettera, non può che ispirare atti di violenza e di prevaricazione.
Quindi Salvini ha ragione. Bastano anche solo i versetti che ho citato per dimostrarlo.

Salvo che... (continua su TheVision)
Comments (7)

oma wrote ...
I am not lovable from other except you.
gurgaonl
gurgaones
6/13/2025, 2:16:00 PM

oma wrote ...
I am being crazy without your love.
the Royal Familyhtml
karolbagh
6/13/2025, 2:15:00 PM

Giona wrote ...
Ora, non vorrei che si pensasse che do ragione a Salvini. Perché no, proprio no no no. Però voglio dire una cosa che non ha a che fare direttamente con l'argomento del post ma forse ne è una premessa metodologica: trovo che anche la tua sia una posizione in parte preconcetta, in senso inverso, nei confronti della cultura islamica. La Bibbia è ovviamente un libro violento, i suoi precetti incompatibili non solo con la modernità ma anche banalmente con la sanità mentale. Forse il Corano è altrettanto violento, forse no, non lo conosco. Ma il punto non sono i libri, il punto è il pensiero dominante fra gli aderenti. Vivaddio i cristiani delle nostre parti sono in modalità sticazzi sui precetti della Bibbia da un paio di secoli, i musulmani purtroppo ancora no. Vivo per scelta in un quartiere che sembra la Belleville di Pennac perché non mi importa la provenienza dei miei dirimpettai, che fra l'altro sono i vicini migliori che abbia mai avuto. Ma, nei fatti, il gap culturale su questioni di enorme rilevanza come la concezione delle donne, l'omosessualità e mille altre questioni che impattano sulla vita quotidiana di una comunità è abissale. Salvini e la sua cricca di violenti razzisti sono spaventosi ma da uomo di sinistra trovo che la mia parte politica sia caduta nell'eccesso opposto di applicare una sorta di miopia selettiva su problemi di convivenza che esistono eccome, riesumando una versione moderna del mito del buon selvaggio. Per fare un esempio pratico: nel pieno del sacrosanto (coi distinguo del caso) movimento #meetoo, far finta di non vedere che l'attuale applicazione del Corano continua a tenere le donne in una condizione di sudditanza mi sembra un'ipocrisia. Il mio vicino di casa egiziano è un gran lavoratore, una persona amabile ed un padre da spot del Mulino Bianco, però non riesco a non essere infastidito dal fatto che ogni volta che mi avvicino alla loro porta per far due chiacchiere la moglie scappa nell'altra stanza. E non è che sennò lui je mena, ne sono certo. Però che devo dire, è sbagliato. Tutto qui. E far finta di niente per non sembrare razzista mi sembra più razzista che discuterne in modo franco.
4/6/2018, 12:27:00 AM

IZ wrote ...
È un /errore/ piuttosto comune per “entrarci” (cf Zingarelli 2018, entràrci, poter essere contenuto in qlco. (con valore intens.): questo vestito nella valigia non ci entra! | (fig.) avere attinenza, avere a che fare con qlco.: che c'entra la politica?; io non c'entro!; è un discorso che non c'entra niente | (fig.) entrarci come i cavoli a merenda, di ciò che non ha nulla a che vedere con un'altra) determinata cosa, faccenda e sim., ma anche http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/centra-centra), che non merita di essere diffuso ma anzi eradicato. Poi oh, contento tu.
3/6/2018, 8:58:00 AM

Leonardo T wrote ...
beh, sì, è una costruzione abbastanza comune.
3/2/2018, 1:32:00 PM

IZ wrote ...
“È Salvini che non sembra c’entrare molto con entrambi”: “c'entrare”? Ma veramente?
3/2/2018, 12:54:00 PM

Herr Lampe wrote ...
Secondo me qualcuno si è ispirato.

http://www.iskrae.eu/salvini-giura-sul-libro-quale/
3/1/2018, 11:33:00 PM

Marco Minniti ha visto un mostro

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Marco Minniti è il ministro degli Interni. Già ai tempi di Renzi (e Letta), era sottosegretario con delega ai servizi segreti. Qua fuori magari c’è gente che si spaventa per un nonnulla, ma Marco Minniti, in virtù della sua posizione e della sua esperienza, è probabilmente la persona che conosce meglio di chiunque in Italia il quadro generale. Se fossimo alla vigilia di una rivolta di popolo, Minniti dovrebbe essere il primo a rendersene conto. Se fossimo alle soglie di una guerra civile, il primo a farsene un’idea dovrebbe essere lui. Tutto questo, che a noi può sembrare improbabile, se c’è qualcuno che può vederlo è Minniti.
Marco Minniti a un certo punto ha visto qualcosa di orribile. Qualcosa che nessun altro ancora ha visto, e che lo ha terrorizzato. E non ha terrorizzato un politico qualsiasi, uno di quelli che si allarmano per una sciocchezza e per mestiere; ha talmente preoccupato proprio Marco Minniti, da spingerlo a zelanti iniziative: a concludere accordi svilenti; a fornire, secondo Amnesty International, navi ai miliziani libici a cui è stato di fatto subappaltato il respingimento dei migranti; rinnegare quello che fino a qualche anno fa era considerato un tratto irrinunciabile della nostra identità nazionale: l’umanità. Tutto questo Minniti non può averlo fatto semplicemente per l’orgoglio di annunciare che quest’anno è sbarcato qualche migliaio di disperati in meno. O per spostare un po’ la lancetta dei sondaggi verso il centrosinistra. No. Se Minniti ha fatto quel che ha fatto è perché deve aver visto Qualcosa.
Lo aveva visto già sei mesi fa, lo ha ribadito ieri. Noi magari pensavamo che cinque milioni di stranieri residenti in Italia non costituissero un’invasione; che fossero, viceversa, quasi indispensabili al bilancio demografico e alla vitalità del Paese; che al netto del fenomeno della clandestinità, non delinquessero molto di più degli italiani; che contro di loro si stesse montando su tv e organi di stampa una squallida campagna di propaganda con evidenti finalità elettorali. Stolti che siamo stati. Se abbiamo creduto in tutto questo, è perché non abbiamo visto quello che hanno visto gli occhi da oracolo di Marco Minniti.
Deve aver scorto la sagoma di un mostro, tratteggiata in qualche rapporto top secret o sondaggio confidenziale: uno di quegli esseri impossibili alla Cloverfield, che è impossibile racchiudere in un solo sguardo perché sono più grandi di qualsiasi cosa, e sfidano ogni possibilità di essere descritti e definiti. Una Bestia assetata di sangue che in qualsiasi momento potrebbe sorgere dalle viscere dell’Appennino – basterebbe la minima sollecitazione, lo sbarco in Sicilia di appena qualche centinaio di stranieri in più. A quanto pare, però, questa orripilante creatura per ora si limita a far perdere la ragione a qualcuno. Ma ecco: se un leghista un po’ impressionato da quel che ha sentito al telegiornale si mette a girare per Macerata tirando a tutti gli afro-italiani che trova, Minniti se l’aspettava e non si è fatto trovare impreparato. “Traini, l’attentatore di Macerata, l’avevo visto all’orizzonte dieci mesi fa, quando poi abbiamo cambiato la politica dell’immigrazione”. Non c’è dubbio che la politica sia cambiata – quanta gente sia annegata a causa di questo cambio di politica, per contro, non lo scopriremo mai. La politica è stata cambiata, eppure questo non ha impedito a Traini di innervosirsi davanti a un Tg e di prendere la pistola in mano: oppure dobbiamo pensare che la tentata strage di Traini sia il male minore e che senza l’intervento di Minniti sarebbe successo qualcosa di molto più grave.
Qualcosa di più grosso ribolle nelle viscere di questo Paese e potrebbe risvegliarsi con un nonnulla, ad esempio una manifestazione antifascista. Il sindaco di Macerata ha chiesto ad ANPI, ARCI e CGIL di non venire a testimoniare la propria solidarietà ai feriti – un’attestazione di umanità che potrebbe infastidire la Bestia – e Minniti ha espresso soddisfazione. Ha anche aggiunto che in ogni caso è pronto a vietarle lui, le manifestazioni. A vietare anche una manifestazione antifascista. Promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Nella città dove un leghista si è esercitato per mezza giornata al tiro all’africano, e poi si è fatto trovare coperto dal tricolore davanti a un Monumento ai Caduti. Ai nostri ciechi occhi tutto questo parrebbe alquanto paradossale.
Ma diciamo pure che non è successo niente di grave, niente di cui ci si debba troppo vergognare o per cui ci si debba troppo allarmare. Salvini ha già spiegato che sono cose che succedono se in giro ci sono troppi immigrati; Renzi è disposto ad ammettere che ci sia stato un po’ di razzismo nel deprecabile gesto di Traini, ma “non sa se chiamarlo terrorismo”:  come se quella parola potesse infastidire la Bestia.


Una Bestia che a questo punto davvero ci si domanda che contorni possa avere... (continua su TheVision)
Comments (1)

Anonymous wrote ...
Vorrei semplicemente precisare che la manifestazione di Macerata non è stata lanciata dall'ANPI, né dalla CGIL. La manifestazione è stata lanciata dalle realtà dei centri sociali delle Marche, prima di tutto dal SISMA, che è proprio di quella città. C'è stato quindi un tentativo (a mio parere meschino) di attribuirsi il diritto di impossessarsi della manifestazione da parte soprattutto della CGIL, che voleva decidere tutto. Gli è stato fatto capire che la "piazza" Non era la loro. Per ripicca hanno fatto un comunicato per sabotare la manifestazione, accogliendo la contemporanea richiesta del sindaco maceratese di non farla. Giusto per ristabilire la verità dei fatti.
2/9/2018, 8:59:00 PM

Cosa deve fare un razzista per farsi prendere sul serio in Italia?

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Qualche giorno fa è morto un razzista, che era stato il leader di una piccola organizzazione razzista, che faceva discorsi razzisti e profetizzava di una guerra tra le razze al termine della quale lui avrebbe regnato su una razza inferiore; per questo motivo chiedeva ai suoi sottoposti di commettere omicidi a matrice razziale, scegliendo vittime bianche e ricche e facendo in modo che la colpa ricadesse sui neri. 

E i giornali italiani hanno scritto che è morto un satanista.

Insomma cosa deve fare un razzista per farsi accreditare come tale in Italia? Incidersi una svastica in fronte? No, neanche così. Manson non era il diavolo: Manson era un razzista si legge su TheVision.





Qualche giorno fa è morto, dopo una vita in galera, Charles Manson, un personaggio di cui avrete probabilmente sentito parlare. Se la sua storia non vi ha mai particolarmente appassionato, se avete soltanto dato una veloce scorsa ai titoli dei quotidiani italiani, probabilmente sapete che era un serial killer satanista che tra l’altro pugnalò, in modo particolarmente efferato, la giovane attrice incinta Sharon Tate. Eppure Charles Manson non era esattamente un serial killer, non era un satanista e non ha pugnalato Sharon Tate. Siamo davanti all’ennesima fake news, penserete. Si e no. Diciamo che siete davanti a una libera interpretazione della stampa italiana.

Charles Manson è davvero nato nel 1934 a Cincinnati, Ohio, in un contesto disagiato – sua madre, sedicenne, fu subito abbandonata dal padre di Charles. È davvero entrato in riformatorio a 13 anni, per evaderne molto presto su un'auto rubata; e non era che l'inizio. Buona parte degli anni Sessanta Manson li osservò da dietro le sbarre, mentre scontava pene per furto e sfruttamento della prostituzione. Questo se da un lato gli impedì di godersi l’esplosione del flower power californiano, gli diede qualche elemento per captare meglio di tanti osservatori le tensioni più distruttive che covavano in quegli anni – in particolare la questione razziale. Verso il 1968 Manson aveva davvero messo insieme la “family”, una setta abbastanza scalcagnata, ma non esattamente satanica; in quel periodo Manson più che a Satana faceva riferimento a una sua personalissima interpretazione degli insegnamenti di Gesù Cristo, filtrati attraverso i testi delle canzoni dei Beatles. A un certo punto sostenne di essere lui stesso il Cristo: è un tratto classico di tanti predicatori che perdono la brocca, ma ha poco a che vedere col satanismo. I suoi adepti uccisero davvero Sharon Tate e altre sei persone tra il 9 e il 10 agosto del 1969, e lo fecero seguendo le sue indicazioni. Quindi insomma la storia c’è, e per quanto sia stata raccontata migliaia di volte rimane pazzesca. Non solo, ma nel 2017 la storia di Manson sembra più attuale che in passato: oggi che il razzismo è un’emergenza non solo dall’altra parte dell’Atlantico, è particolarmente interessante ricordare che Charles Manson predicava ai suoi discepoli la necessità di un’imminente guerra razziale: molto presto i neri avrebbero cominciato ad attaccare i bianchi, e dal caos che ne sarebbe derivato la “family” di Manson avrebbe governato il mondo.

Di questo scenario delirante, i più autorevoli quotidiani italiani non fanno cenno. Insistono molto di più su un presunto satanismo di Charles Manson, che in prigione si era fatto una cultura rudimentale su tante cose, dalla magia nera alle filosofie orientali: definirlo satanista o “satanico” è altrettanto impreciso che definirlo buddista. La BBC, per esempio, di Satana non parla: ricorda invece che Manson aveva convinto le sue discepole di essere il Cristo. Per Rainews invece Manson è un killersatanico; per la Repubblica i suoi adepti “credono in Scientology e in Satana(*)”; mentre Corriere e La Stampa, non riuscendo a trovare una sola dichiarazione satanista di Manson, arrivano a un compromesso: “Sosteneva di essere la reincarnazione non solo di Gesù, ma di Gesù e Satana insieme”. Manson in effetti parlava tantissimo, e da qualche parte potrebbe anche aver detto questa cosa. Sembra però che a Satana i giornalisti italiani tengano in modo particolare – “Da Satana ha preso molto,” ribadisce La Stampa, mentre Repubblica li chiama “delitti satanici”. Così come spesso accade nelle narrazioni del giornalismo italiano, le principali testate tengono molto a ricordare i dettagli più scabrosi del delitto Tate, rievocando l’aggressione con uno stile quasi cinematografico: “Il primo a morire fu Steve Parent, un ragazzo di 18 anni che era andato a trovare il custode e che passava nella via. Linda restò fuori a fare da palo. Watson spaccò un vetro per entrare in casa e la banda radunò Sharon Tate e i suoi amici in salotto. Sharon fu legata per il collo a Sebring, mentre Waston legava le mani di Frykowski. La Atkins disse all’attrice “Puttana, stai per morire”, Sebring cercò di difenderla e fu ucciso da Watson, che gli sparò e lo accoltellò più volte, usando anche un forchettone” (La Stampa).

E ancora, Il Corriere: “Armati di coltelli, revolver e corda di nylon tagliarono i fili del telefono per impedire che venisse dato l’allarme. Il primo a morire fu un amico del guardiano della villa, che stava uscendo in macchina, Stephen Earl Parent. Poi toccò a Jay Sebring, che implorò inutilmente di risparmiare la vita a Sharon Tate. Fu finito a coltellate, così come le altre tre vittime. L’ultima fu proprio Sharon, incinta all’ottavo mese”.

Di questi siparietti nel pezzo della BBC non c’è traccia. In compenso è segnalato il movente di cui nei giornali italiani non si parla: “Race war”. Del resto chi ha bisogno di un movente quando ha Satana? Satana spiega senza sforzo qualsiasi follia: i membri della Family scrivevano “Helter Skelter” e “Pigs” sulle pareti col sangue delle vittime? Sarà un qualche rituale satanista. Ma “Pigs” era anche l’appellativo con cui erano chiamati i poliziotti dai manifestanti (un po’ l’equivalente di “ACAB” sui muri di oggi). Manson intendeva probabilmente depistare le indagini sulla comunità afroamericana, scatenando una rappresaglia che avrebbe portato alla guerra razziale. Perché prima di essere satanista, scientologo, buddista e fanatico dei Beatles, Charles Manson era profondamente razzista. Pensava che i neri e i bianchi non avrebbero mai potuto vivere insieme, e aveva in orrore soprattutto le unioni interrazziali. Un mese prima il delitto Tate aveva dato l’esempio sparando a uno spacciatore afroamericano (che era sopravvissuto); venti giorni dopo, quando aveva fatto uccidere un suo seguace che gli doveva dei soldi, aveva lui stesso usato il sangue per scrivere sul muro “political piggy” e disegnare un simbolo delle Pantere Nere, l’organizzazione rivoluzionaria afroamericana.

Insomma se c’era una logica nella sua follia era una logica razzista, non satanista. La stessa logica che rende Charles Manson, a mezzo secolo dal funerale degli hippy, una figura ancora attuale. Ed è anche quello che i giornali italiani non dicono: un po’ perché devono concentrarsi sulle coltellate, il sangue, i dialoghi pulp, un po’ perché Satana vende di più.

A questo punto, forse senza un motivo, viene in mente Gianluca Casseri, uno scrittore fantasy fiorentino che qualche anno fa si mise a sparare ai neri che vedeva in giro per Firenze. Quando lo presero ne aveva già uccisi due. Qualcuno scrisse che era depresso. Può darsi: però aveva anche opinioni politiche molto definite, di cui non faceva mistero. Dopo aver negato, la sezione fiorentina di Casapound dovette ammettere che Casseri li frequentava. Insomma era uno scrittore un po’ di destra, un po’ depresso, a cui era capitato di mettersi a sparare a degli africani in giro per Firenze, tutto qui (se capitasse il contrario, un africano che va in giro per Firenze a sparare agli scrittori bianchi, non avremmo molte remore a definirlo terrorista).

Con Charles Manson mi sembra che sia successo qualcosa di simile. È appena morto il capo di un’organizzazione razzista, che faceva discorsi razzisti e profetizzava di una guerra tra le razze al termine della quale lui avrebbe regnato su una razza inferiore; per questo motivo chiedeva ai suoi sottoposti di commettere omicidi a matrice razziale, scegliendo vittime bianche e ricche e facendo in modo che la colpa ricadesse sui neri. Per i giornali italiani più che un razzista questo è un satanista. Ma allora cosa deve fare un razzista per farsi riconoscere come tale dai giornalisti italiani? Incidersi una svastica in fronte? No, niente da fare, neanche quella basta.



Integrazione di lunedì 30 novembre ore 12:40

*Con riferimento all’articolo “Manson non era il diavolo: Manson era un razzista” pubblicato il 24/11/17, a seguito della richiesta di precisazione di “Chiesa di Scientology di Milano Continentale”, che riferisce essere falsa la notizia che Charles Manson fosse legato a Scientology e basasse la propria filosofia sulla stessa, precisiamo che l’articolo ha inteso dare conto del fatto che secondo la stampa sia nazionale che internazionale egli è stato un conoscitore e uno studioso delle teorie di Scientology e non che ne fosse membro. Circostanza, quest’ultima, esclusa dalla “Chiesa di Scientology” [La redazione di TheVision].
Comments (5)

il tennico wrote ...
Anche perché per dire cose non gratuite contro il cattolicesimo basta guardare Le Iene....
11/29/2017, 6:23:00 PM

Leonardo T wrote ...
...che ti posso dire, ci sono rimasto male anch'io quando l'ho letto.
Indago.
11/28/2017, 2:09:00 AM

Pietro Cociancich wrote ...
Catto-razzisti? Cosa ci sarebbe di 'catto-' nelle schifezze proclamate da Manson? Non è che per confutare la 'linea satanista' dei giornali italiani allora bisogna dire cose gratuite contro il cattolicesimo, eh.
11/28/2017, 1:03:00 AM

marcellino wrote ...
Nel senso che ne soffrono i quotidiani? Di più patologie contemporaneamente, voglio dire.
Comunque sì, i quotidiani adorano i satanisti.
Il satanista vince su tutto. Non è naturalmente un complotto, è che so' (mediamente) scarsi e approssimativi i giornalisti.
Immagina se quel criminale che ha seviziato la poretta per 10 anni, cioè immagina se fosse stato un satanista... riempirebbe i quotidiani per mesi
11/25/2017, 7:32:00 PM

il tennico wrote ...
Leo, perdonami, si chiama comorbilità.
O credi ci sia un gomploddo?
11/25/2017, 12:02:00 PM

Come costruire un ghetto (ti aiuta anche Gramellini)

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Qualche giorno fa sono entrato in un bar e mentre addentavo un cornetto ho scoperto che il mio quartiere è un ghetto. C’era scritto sul giornale. Un ghetto.

Sono uscito a dare un’occhiata. Sembrava proprio lo stesso quartiere. Il parcheggio, la palestra, la chiesa dei frati, tutto regolare. Lo stadio, il sindacato, la bocciofila nell’ex macello, la discoteca dei ragazzini e proprio di fianco la scuola dai muri giallo canarino dove gli italiani sarebbero discriminati dagli… “extracomunitari”. Così diceva il giornale.

Non era un giornale locale. Era il Corriere della Sera. In prima pagina, Gramellini stava dicendo che la Cittadella di Modena - neanche un quartiere, in realtà, un riquadro di strade appena fuori dal Centro - è un ghetto “poco frequentato dai radical chic”. Il feticcio preferito dei giornalisti italiani, i “radical chic”, esistono dunque anche a Modena? Non ne sono così sicuro; ma nel caso senz’altro cercherebbero di iscrivere i figli al liceo qui davanti. Cosa sta succedendo? Perché un affermato giornalista su un quotidiano nazionale sta parlando male del mio angolo di strada - dove evidentemente non ha messo mai piede - e in particolare di... una scuola elementare?




A settembre una signora modenese si è resa conto che sua figlia era l’unica, nella sua classe seconda, ad avere un cognome italiano. La scoperta non deve essere stata così sorprendente: in prima due compagni avevano un cognome italiano, ma si sono trasferiti. La signora invece ha chiesto alla dirigenza di cambiare classe. La dirigenza, ovviamente, ha risposto di no. Dopo aver scritto al provveditorato, che non poteva non ribadire la scelta del dirigente, la signora si è rivolta alla stampa, destando l’attenzione del quotidiano locale, che tradizionalmente lancia allarmi sui lati più controversi dell’immigrazione.



Modena, in effetti, è una delle città d’Italia in cui vivono più immigrati. In certi quartieri più che in altri. Non è che tutto sia semplice, anzi: ma la criminalità negli anni non è aumentata. Può darsi che ci siano dei quartieri-ghetto a Modena – me ne vengono in mente un paio – ma non la Cittadella, davvero, con tutta la più buona volontà. (Quanto mi piacerebbe poter dire ai miei studenti «Ho preso la maturità linguistica in da ghetto»? Ma non è successo.)

Grazie alla stampa, la madre ottiene molta attenzione: viene intervistata da TgCom24, Agorà (Rai3), altri ancora, ma il risultato non cambia. Alla fine, allora, decide di spostare la bambina in un’altra scuola “dove gli extracomunitari,” ci spiega Gramellini, “sono sempre tanti, ma non più tutti. La scuola della discordia si difende ricordando che la metà dei bambini di quella classe è nata in Italia”.

Auguro alla bambina di trovarsi bene nella sua nuova classe. Non mi sento di biasimare sua madre, sul serio. Mi vengono in mente due o tre ottimi motivi per cui il dirigente non doveva soddisfare la sua richiesta, ma posso capire anche lei: ha lottato per la sua bambina che si è ritrovata in un contesto difficile. Al suo posto non avrei fatto lo stesso? Non lo so: quando ci sono i nostri bambini di mezzo non capiamo più niente.

Forse a metà degli anni Novanta, di fronte a una lista di appello con venti cognomi stranieri, avremmo dovuto immaginare un suk di bambini incapaci di parlare in italiano. Ma appunto: sono passati vent’anni. Nel 1997 ce n’erano già parecchi di stranieri, qui da noi. È tutta gente che già dieci anni fa era in grado di ottenere la cittadinanza. Se poi hanno fatto figli (a volte anche con i modenesi), non sono né extracomunitari né stranieri: sono bambini italiani figli di naturalizzati italiani. Sta succedendo ovunque in Italia, magari a Modena un po’ prima che altrove, ma sarebbe ora di rassegnarsi: una lista di venti cognomi stranieri non è una lista di venti bambini stranieri. La stessa mamma, nell’intervista rilasciata a TgCom24 ha ammesso che di bambini che non conoscevano l’italiano ce n’era solo uno. Uno.

E gli episodi che dovrebbero evocare un ambiente intollerante sono sì incresciosi, ma anche abbastanza diffusi in qualsiasi realtà scolastica: «Una volta una bimba è stata spinta per le scale, in un’altra occasione sono stati tagliati i capelli con le forbici a una bambina. È una classe molto difficile».

Gramellini ci ricorda che “la mamma marocchina di una di queste bimbe […] avrebbe istigato la figlia a maltrattare la piccola modenese”. Il condizionale è d’obbligo perché nessun giornale che ha riportato quest’accusa sembra essersi dato la pena di fare quello che normalmente fa un insegnante in un caso del genere: sentire l’altra campana. Di che tipo di maltrattamenti parliamo? Un episodio o tanti? Molestie fisiche o verbali? Avete mai sentito sui gradini della scuola un genitore dire “Se continua a dartene, dagliene indietro”? Io l’ho sentito da gente di ogni statura, colore, estrazione sociale.

Quella che Gramellini definisce “scuola della discordia” è un bell’istituto coi muri giallo canarino, un coro che a Natale è andato a cantare in piazza Grande e degli insegnanti che preferiscono non commentare. Senz’altro la quota di bambini di origine straniera è più alta della media; l’episodio almeno sarà servito a suscitare una discussione sui criteri adottati dal Comune per assegnare gli studenti alle scuole. Perché se da una parte dobbiamo accettare che i cognomi stranieri non significano più “extracomunitario”, dall’altro è evidente che qualcosa sia andato storto: a Modena ci sono scuole dove di cognomi stranieri ce n’è giusto un paio per classe. È un fenomeno ben noto a genitori e insegnanti: per accedere a certe scuole c’è una lista d’attesa, per altre no. Di solito i genitori più esigenti hanno un cognome italiano, e una delle esigenze più sentite – lo dico per esperienza – è proprio quella di evitare le classi con troppi cognomi non italiani.

È razzismo? È un vecchio ragionamento – cognome straniero = difficoltà linguistiche = abbassamento del livello della classe – che spesso condividono anche i penultimi arrivati, e che progressivamente si sta smontando, man mano che i millenial crescono e sempre più cognomi stranieri si diplomano con 100 e lode. È anche il risultato di un circolo virtuoso/vizioso: se tutti i genitori più esigenti si convincono che una scuola sia migliore delle altre, si metteranno in fila, e probabilmente la presenza di studenti più motivati migliorerà davvero quella scuola: studenti motivati, insegnanti contenti, lezioni interessanti, liste d’attesa ancora lunghe. Se solo si potesse evitare che nel frattempo in altre scuole rimanesse spazio soltanto per gli studenti provenienti da famiglie meno integrate, con insegnanti costretti a far fronte a problemi supplementari, da cui lo stress, lezioni più faticose, richieste di trasferimento, etc… Forse è quello che prevede la “Buona Scuola” quando si propone neanche troppo velatamente di mettere anche le scuole dell’obbligo in competizione tra loro. Forse anche Modena si sta avvicinando a quel modello dei film americani, dove se nel quartiere c’è una buona scuola gli immobili costano di più. Nel frattempo, se lavori in una scuola di un quartiere difficile, la tua unica speranza di invertire il circolo è darti da fare: coinvolgere i genitori, organizzare un coro, cercare di dare risalto a tutte le cose positive che ti succedono. Poi, un giorno, magari entri in un bar e mentre addenti un cornetto scopri che Gramellini sul Corriere dice che la tua è la “scuola della discordia”, e che il tuo quartiere è un ghetto.

C’è mai stato? Ha fatto delle indagini o si è fidato di quel che ha letto in giro? La tua scuola è così brutta? Il tuo quartiere è un ghetto? Gramellini senz’altro conosce la teoria delle finestre rotte: chissà se si è reso conto di aver appena lanciato un macigno assurdo, dall’alto della prima del Corriere su una piccola scuola di un piccolo quartiere che non frequenterà mai.
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marcellino wrote ...
mi sa che per gramellini bisogna adottare delle categorie particolari: riferimenti volgari ad alcune parti del corpo
quel che mi preoccupa è la china preoccupante che ha preso e il fatto che sia relativamente giovane: continuerà a scrivere puttanate progressivamente più imbarazzanti per un sacco di anni ancora, se poi campa quanto scalfari... vabbe', io m'arrendo
10/27/2017, 3:43:00 PM

Quanti marinai cingalesi servono per portare 8 ragazzi bianchi a salvare l'Europa?

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Dopo vent'anni di lutto, finalmente la regina ha acconsentito a risposarsi. Ma proprio durante il banchetto di fidanzamento scoppia una rissa incresciosa: un mendicante trucida tutti gli invitati affermando di essere il vecchio re, tornato da un lunghissimo viaggio. Dice che ha conquistato una grande città (ma non porta con sé nessun bottino); che nel viaggio di ritorno ha sconfitto mostri, litigato con dèi, visitato il mondo dei morti, insomma era assente giustificato. Questo è più o meno quel che resta dell’Odissea se togli lo storytelling e lasci lo squallore.


Ho ripensato a Ulisse, e a quanto gli piaceva raccontarsela, quando l’altro giorno su Libero ho ritrovato Lorenzo Fiato e i suoi amici di Defend Europe. Era da un po’ che non ne sentivo parlare. Il loro profilo twitter è inattivo da un mese, c’era di che preoccuparsi. Fiato è un vero Ulisse del mediterraneo contemporaneo. Non ci credete? Sentite cosa scrive su Libero un tizio che non è Omero, ma si sta attrezzando:

“Hanno fermato gli scafisti, l'immigrazione clandestina e le Ong, e sono appena 8 ragazzi. Per questo li hanno definiti "pirati" o "fascisti" ma oggi l'equipaggio di Defend Europe può dirsi vincitore. A bordo della loro C -Star hanno svelato i lati oscuri e, forse, gli affari delle Organizzazioni non governative attive nel salvataggio dei migranti…”

Otto ragazzi, pensate. Otto giovani a bordo di una nave hanno “svelato i lati oscuri” delle ONG, e hanno vinto! (su TheVision c'è un pezzo mio, sottilmente intitolato LA NAVE ANTI-ONG DEFEND EUROPE È AFFONDATA IN UN MARE DI SFIGA).
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La discriminazione religiosa che piace al Corriere

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Come Ernesto Galli Della Loggia ha sconfitto l'Isis

A questo punto lo Ius Soli è andato. Finito. Un cadavere nel deserto. Persino iene e avvoltoi si stanno allontanando dalla carcassa, non c’è più niente da beccare. Soltanto un editorialista continua a tornare a intervalli regolari, sembra non darsi pace: Ernesto Galli della Loggia.

Sullo Ius Soli negli ultimi mesi ha scritto tantissimo, e più o meno le stesse cose: la cittadinanza è un bel diritto, ma ai bambini nati in famiglie musulmane non la possiamo dare perché... i musulmani ce l'hanno con noi. Questa cosa, che su Libero o sul Giornale si può sintetizzare in titoli semplici ed efficaci (ad es. “Bastardi islamici”), sul Corriere bisogna ancora articolarla in tortuosi ragionamenti che dovrebbero dare a GdL e al suo lettore la sensazione di essere un po’ più moderati mentre pensano, in sostanza, che questi islamici sono proprio dei gran bastardi. Ci vuole del realismo, spiega GdL. Come possiamo fingere di non vedere che “l’immigrazione islamica non proviene da uno Stato ma da una civiltà, da una cultura mondiale rappresentata da oltre una ventina di Stati, e con la quale la cultura occidentale ha avuto un aspro contenzioso millenario che ha lasciato da ambo le parti tracce profondissime”?

Eh?

No, sul serio, di cosa starà parlando? “Aspro contenzioso millenario”... avrà in mente le crociate? Forse è ancora quella roba che andava di moda ai tempi di Samuel Huntington: insomma per GdL c’è una “civiltà occidentale” e c’è una “civiltà islamica” e si fanno la guerra dalle sponde del Mediterraneo da più di mille anni. Il fatto che per la maggior parte di questi mille anni abbiano commerciato e intrattenuto rapporti diplomatici sarà irrilevante (anche il colonialismo, non rileva). A secoli di distanza, ancora oggi alcuni di questi Stati alimentano “sotterraneamente radicalismo e terrorismo… svolgendo un’insidiosa opera di penetrazione di natura finanziaria nell’ambito economico, e di natura politico-religiosa (apertura di moschee e di «centri culturali»)”.

Link?

Perché, scusate, qui abbiamo un autorevole editorialista che ci sta informando di un fatto gravissimo: ci sono nazioni con cui abbiamo un contenzioso millenario che mirano a sovvertire il nostro paese alimentando il radicalismo e il terrorismo, aprendo moschee e “centri culturali”, con le virgolette. È una cosa molto preoccupante!

Ci farebbe un esempio?

GdL scrive su un giornale importante. Avrà ben letto da qualche parte che una nazione nemica dell’Italia sta infiltrandosi aprendo moschee e “centri culturali” - io, confesso, ho cercato un po’ ma non ho trovato niente a parte le solite cose, ovvero i finanziamenti dei sauditi e del Qatar. Peccato che dall’Arabia Saudita e dal Qatar non stiano arrivando in Italia molti immigrati; peccato (si fa per dire) che in Italia di tutti questi finanziamenti, effettivamente molto rilevanti in altri Paesi come UK e in Belgio, non arrivi tutto sommato che qualche briciola. Ma fingiamo per un attimo che i sauditi stiano finanziando centri culturali islamici in tutta la penisola, luoghi dove entri normale ed esci wahhabita. Come pensa di arginare GdL questo inquietante fenomeno?

Rendendo più difficile il conseguimento della cittadinanza italiana.

Geniale, no? Cos’ha consentito ai jihadisti francesi e belgi di commettere delle stragi nei loro Paesi? La carta d’identità. Niente carta d’identità, niente esplosivi, niente furgoni. Cospiri contro il Paese che ti ospita da quando sei nato? GdL ha un rimedio per te. Ti toglie la doppia cittadinanza.

Sul serio?

Sul serio. Sul Corriere GdL propone che gli immigrati da paesi islamici (non necessariamente islamici) possano ottenere la cittadinanza italiana solo se rinunciano a quella del Paese d’origine. A chi gli ha pur fatto presente la vaga componente discriminatoria della sua proposta (perché un italo-statunitense può avere due passaporti e un italo-senegalese no?), GdL ha ribadito che gli USA sono gli USA e il Senegal è il Senegal, il che è davvero inoppugnabile - e col Senegal evidentemente c’è quel contenzioso millenario, il Senegal notoriamente vuole infiltrarci costruendo moschee e centri culturali, se uno è realista queste cose le sa. GdL è un realista e quindi ha la soluzione: la detenzione? No. L'espulsione? No. Ma se vuoi diventare italiano ti stracciamo il passaporto senegalese. A quel punto, con un passaporto solo, l'infiltrazione diventerà più difficile. Uhm.

Inoltre GdL ritiene necessario che i genitori passino un test d’italiano. Questo a dire il vero c’era già nella legge impallinata al senato, ma a GdL non basta un genitore. Sono buoni tutti ad avere un genitore che parla italiano, eh no. GdL ne vuole due, e attenzione, ne vuole due soltanto per i musulmani ("La conoscenza dell’italiano anche nella madre costituirebbe un indizio assai significativo di superamento della condizione d’inferiorità della donna tipica di molte culture diverse dalla nostra”).  E gli orfani di padre o di madre? Probabilmente costituiscono una più grave minaccia alla nostra identità. GdL poi vuole che i servizi sociali controllino queste famiglie e facciano un rapporto alla prefettura. Tutte cose un po' costose ma apparentemente non troppo incivili, che dovrebbero sancire la differenza tra i lettori di GdL e quelli che si eccitano quando Salvini urla “ruspa”.

Non fosse per quel piccolo dettaglio, ovvero...

Quello che GdL sta proponendo (una legge che preveda iter diversi a seconda se il soggetto è musulmano o no) si chiama discriminazione su base religiosa: è esplicitamente proibita dalla Costituzione e dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo.

Questo sarebbe sufficiente, in tempo di pace, per suggerire al professor GdL una pausa di riflessione: ci dispiace, ma i legislatori non possono riconoscere ad alcuni bambini un diritto e ad altri no a seconda del Dio che pregano i loro genitori. Cioè, professore, lo capisce che non può funzionare? Se sei cristiano facciamo un esame solo a papà e se sei musulmano anche alla mamma? Non si può - s’informi, studi, vedrà che proprio legalmente non si può.

D’altro canto, siamo in guerra, no? Ci sono venti nazioni che cospirano contro di noi aprendo ovunque centri culturali wahhabiti, no? (nazioni con cui intratteniamo a volte ottimi rapporti diplomatici, e a cui vendiamo tante cose, tra cui molte armi, ma sorvoliamo). In tempi di guerra servono misure eccezionali, va bene. Cosa può giustificare una misura eccezionale come la discriminazione su base religiosa? Il risultato. Quella che propone GdL è una riforma iniqua e probabilmente incostituzionale, ma se ottiene il risultato di sconfiggere il jihadismo, beh, allora...

No, scusate. Com’è che GdL vorrebbe sconfiggere il jihadismo? Con quale misura straordinaria?

Le ruspe? no, quelle sono di Salvini. E magari un milione di ruspe potrebbero anche funzionare, chi lo sa. I maiali al pascolo intorno alle moschee? Mi pare fosse Calderoli. Invece GdL propone di… rendere più difficile il conseguimento della cittadinanza da parte dei bambini di famiglia musulmana nati in Italia. Fermi tutti.

Mi sa che abbiamo sconfitto l'Isis.

No, sul serio: forse in Iraq, contro gli sforzi congiunti di truppe di terra americane, contingenti curdi e siriani e aviazione russa l'Isis può ancora opporre qualche resistenza, ma… in Italia, che speranze può avere contro il genio strategico e sociologico di Galli della Loggia? Sul tempo medio-lungo l’Isis è fottuta perché in Italia per gli immigrati di seconda generazione ci metteranno un po’ più di tempo a ottenere il passaporto.

Ecco il fondamentale tampone con cui GdL pensa di arginare l’integralismo islamico: le beghe burocratiche. Ma certo! E bisognava veramente essere dei poveri politicallycorrect per non capirlo! Un jihadista senegalese vorrebbe un passaporto: tu lo costringi a stracciare il suo documento senegalese; quello italiano però ci mette un po’ ad arrivare e così lui diventa apolide: a quel punto puoi star tranquillo, il jihadismo in lui è sconfitto.

Quando i padri di famiglia musulmani che lavorano in Italia e pagano le tasse in Italia si accorgeranno che i loro figli ci mettono più tempo a ottenere gli stessi diritti degli altri immigrati, sicuramente accantoneranno qualsiasi velleità jihadista! E i loro figli, i famosi migranti di seconda generazione? Quelli che più spesso in Francia e in Belgio hanno sentito il richiamo della jihad? Sarebbe proprio politicallycorrect pensare di dar loro la cittadinanza dopo un ciclo di studi, come ai loro coetanei figli di migranti non musulmani. Ma quando si accorgeranno che hanno meno diritti dei coetanei, e ne hanno meno proprio perché sono musulmani, ecco: sarà senz’altro quello il momento in cui gli passerà del tutto la voglia di fare la jihad - i ragazzini ragionano così, no? Quando si accorgono che sono vittima di un’ingiustizia, si calmano, ci ragionano, capiscono che è per il loro bene e non si fanno esplodere più nelle metropolitane. È così che ha sempre funzionato, no? Chi ha bisogno di una seria politica di prevenzione del jihadismo, quando sul Corriere c’è Galli della Loggia che ci risolve i problemi?
Comments (20)

Fosco De Monte wrote ...
Mi piace l'articolo:smaschera il solone con i giusti argomenti. Certo che è vrro che sei un po' verboso però eh. Pazienza.
10/25/2017, 12:49:00 AM

Manuel Colombo wrote ...
Ma infatti perchè bisogna proporre unalternativa ad'unidea assurda?
è come se io dicessi: "per risolvere il problema del terrorismo dovremmo piantare dei cactus sui terrazzi" e qualcuno mi criticasse, riuscireste davvero a contobattere: "e tu cosa proponi?", sinceramente?
10/23/2017, 9:54:00 AM

Leonardo T wrote ...
Criticare GdL non mi fa sentire "più buono" - non mi interessa sentirmi "più buono".

Lo ius soli fa parte di una serie di politiche di inclusione che possono prevenire la formazione di gruppi integralisti in Italia.

Next.
10/7/2017, 8:58:00 AM

il tennico wrote ...
Io, come già detto, non ho nulla di intelligente da proporre. Come temevo neanche tu.
Rimaniamo semplicemente col criticare GdL che ci fa sentire più intelligenti più buoni e più accoglienti.
10/7/2017, 8:46:00 AM

Leonardo T wrote ...
E quindi tu vuoi integrarli? Mi sembra una prospettiva un po' buonista.
10/7/2017, 7:43:00 AM

il tennico wrote ...
Non so a Modena ma in tutta Italia queste sono tutte cose che si stanno già facendo.
Credi che siano sufficienti per far desistere gli integralisti?
10/6/2017, 10:52:00 PM

Leonardo T wrote ...
Fare il possibile perché i giovani che vivono in Italia si sentano italiani prima che musulmani; evitare la creazione di ghetti nelle scuole e nelle strade; contrastare il razzismo. Next.
10/6/2017, 6:20:00 PM

il tennico wrote ...
La critica a GdL è più che chiara, prova a non essere tautologico.
Cosa proponi per "prevenire il fenomeno"?
10/6/2017, 5:35:00 PM

Leonardo T wrote ...
Eh? Vuoi integrare gli integralisti? Perché?
Io cercherei di prevenire il fenomeno.

Rendere più difficile l'integrazione di bambini nati in Italia non è senz'altro un modo di prevenire il fenomeno, anzi.
10/6/2017, 5:25:00 PM

il tennico wrote ...
Ok.
Integrazione integralisti? Perché poi alla fine è questo il cuore del problema.
10/6/2017, 5:21:00 PM

Leonardo T wrote ...
Perché non c'è la maggioranza al senato ed è troppo tardi per chiedere la sfiducia. Next.
10/6/2017, 5:03:00 PM

il tennico wrote ...
Ti sei chiesto perché lo Ius soli non sia stato ancora approvato....?!
Torno al mio quesito di prima: hai qualche idea per facilitare l'integrazione degli integralisti ?
10/6/2017, 4:03:00 PM

Leonardo T wrote ...
Ma alternativa a che? C'è una proposta di legge in parlamento. L'"alternativa" al massimo la propone GdL - ed è incostituzionale.
10/6/2017, 2:15:00 AM

Leonardo T wrote ...
Per me lo Ius soli andava calendarizzato molto prima e approvato subito. Quel che propone GdL non è costituzionale: le persone non si possono discriminare in base alla religione che professano. I bambini men che meno.
10/6/2017, 2:14:00 AM

il tennico wrote ...
Nel senso: hai qualche idea migliore di quella di GdL?
10/5/2017, 7:30:00 PM

Leonardo T wrote ...
in che senso?
10/5/2017, 6:58:00 PM

il tennico wrote ...
Io purtroppo non ho nulla di intelligente da proporre, tu invece Weissbach sai solo fare il sempre spassoso specchio riflesso, o hai qualche idea costruttiva da condividere? ..
Mi fa solo tenerezza chi critica chi cerca di "risolvere" una tragedia epocale e però poi gli manca un piccolo dettaglio: una proposta alternativa....
10/5/2017, 10:11:00 AM

Weissbach wrote ...
...perché col cattivismo utopico tipico della destra (ma quale?) siam tutti capaci. In concreto, tu, Tennico, cosa proponi?
10/5/2017, 12:21:00 AM

il tennico wrote ...
..no perché a parole e a livello teorico con il buonismo utopico tipico della sinistra (ma quale?..) siam tutti bravi.....in concreto intendo, tu, Leo, cosa proponi?
10/4/2017, 11:08:00 PM

il tennico wrote ...
Leo, tu cosa proponi?
10/4/2017, 2:29:00 PM

Fa un po' male, ma poi (il razzismo)

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"Ma hai sentito la storia del mediatore culturale?"
"Come facevo a non sentirla? Sei colonne su Libero".
"Ma come si fa a scrivere una cosa del genere?"
"Nel giorno in cui un missile nordcoreano ha attraversato lo spazio aereo giapponese".
"È un atto peggio ma solo all'inizio, dio mio".
"E poi mezzo Texas sott'acqua, il vertice europeo sui migranti..."
"Ma come si fa a credere a una cosa del genere".
"Eppure Libero aveva in prima pagina soltanto la stronzata di un mediatore culturale - in pratica il dipendente di una cooperativa - definito "capo musulmano"".
"Cioè secondo te la notizia è che Libero ci faccia un titolo?"
"Non un titolo. Il titolo di apertura. A tutta pagina. Per la scemenza di un tizio su facebook. Che diventa miracolosamente la tesi di un capo musulmano".
"Non è una semplice scemenza. Era una stronzata orribile, maschilista, portatrice di una visione arcaica..."
"Più che arcaica forse consolatoria".
"Consolatoria?"
"L'idea che una donna non soffra durante lo stupro. Sembra un'autocensura. Non posso credere che qualcuno soffra per così tanto tempo, e così decido che non è vero, che non sta soffrendo. Più che da una cultura arcaica, credo che sia il risultato di uno choc culturale. Un maschilista puro perché dovrebbe preoccuparsi se la donna soffre o no?"
"Ti stai infilando in una fessura pericolosissima, te lo dico".
"Ma no, è che quando incontro una nozione falsa, mi chiedo sempre da dove salta fuori. Oggi si tende a pensare che le fake news servano a mandare avanti un'agenda politica, o semplicemente ad attirare attenzione e clic. Ma le nozioni false le abbiamo sempre avute, prima della politica e prima dei clic. La maggior parte serviva a proteggerci".
"A proteggerci?"
"Dov'è il nonno? È andato in cielo".
"Serviva a proteggerci?"
"Magari non funzionava, ma non te la raccontavano per altri motivi. Fa molto male? No, solo all'inizio, poi passa".
"Stai cercando di giustificare..."
"Sto cercando di capire".
"Non è che puoi passare la vita a cercare di capire gli ignoranti".
"Ma è proprio quello che dovremmo..."
"No. Non funziona così. Anche perché gli ignoranti sono troppi. Non ce la faremmo mai. Devono essere loro a fare un passo avanti".
"Ma che significa, non è mica un match noi contro loro. Siamo tutti ignoranti di qualcosa. Usiamo tutti qualche falsa nozione per proteggerci".
"Fammi un esempio".
"Ogni agosto, hai notato che a ogni fine di agosto esce una notizia ambientata sulla spiaggia che riassume il nostro approccio stagionale al problema dei migranti? Due anni fa, la foto di quel bambino siriano annegato sul bagnasciuga".
"Non era una falsa nozione".
"Era una foto tra tante, riassumeva un problema generale e complesso, simboleggiò una specie di svolta: la Merkel cambiò atteggiamento, tutti cambiarono atteggiamento - molti perlomeno - per un po' prevalse la linea dell'accoglienza. L'anno scorso, sempre su una spiaggia, il ladro di bambini".
"Me l'ero dimenticato".
"Anche quella volta, paginone di Libero. Tutto rapidamente sgonfiatosi, non c'era stato nessun tentato furto di nessun bambino. Ma riassumeva l'aria che stava tirando. Quest'anno il capo musulmano che insegna su facebook la meccanica dello stupro".
"Riassume la situazione?"
"Serve a difenderci".
"Ma cosa stai dicendo?"
"Vuoi la notizia vera? Quella che non ha dato Libero, e che anche i giornali rispettabili sono un po' restii a comunicare? Per risolvere la cosiddetta emergenza immigrazione, in due mesi abbiamo probabilmente lasciato annegare trentamila persone".
"Forse un po' meno..."
Dati fieramente elaborati dal Ministero degli Interni
Li aggiornano tutti i giorni!
"Non è stato difficile: abbiamo lasciato che la libera informazione criminalizzasse le ONG, e poi le abbiamo fatte sostituire da una banda di pirati che abbiamo deciso di chiamare guardia costiera libica".
"Lo so".
"Nel frattempo abbiamo preso accordi col capotribù che almeno a Tripoli ha preso il posto di Gheddafi, e che istituirà campi di concentramento disumani quanto quelli di Gheddafi. Anche se la Libia continua a essere un po' instabile e quindi, in concerto con l'Unione Europe che plaude al nostro spirito di iniziativa, stiamo pianificando di finanziare campi di concentramento più a monte, nel Sahel".
"So anche questo, ma..."
"In questo modo magari l'estate prossima i trentamila morti moriranno così tanto lontano, o lungo una una filiera talmente sviluppata e complessa, che non ce ne accorgeremo neppure, il che ci farà sentire meno assassini e forse farà vincere le elezioni contro i razzisti ignoranti, noi razzisti consapevoli e pianificatori".
"Senti, ho capito, mi rendo conto che è terribile, ma non andrà così".
"No?"
"Capisco che in questo momento tu possa sentirti..."
"Un po' assassino?"
"Diciamo che siamo tutti colpevoli... di una situazione orribile che..."
"Che si poteva evitare".
"Però non puoi esagerare. Non serve a niente esagerare".
"Sto esagerando?"
"Trentamila morti ogni estate, per esempio. Non è vero".
"È una stima".
"È solo la sottrazione tra gli sbarcati dell'anno scorso e quelli di quest'anno. E può darsi che davvero l'unica causa della differenza, quest'anno, sia che sono annegati. Non c'erano più navi disposte a soccorrerli, e li abbiamo lasciati annegare".
"Abbiamo fatto sì che fossero lasciati annegare".
"È successo. Ma l'anno prossimo non saranno di nuovo trentamila".
"Perché no?"
"Ma è una questione di buonsenso, insomma... quelli che partivano quest'anno, pensavano che sarebbe stato facile come l'anno scorso. Ma l'anno prossimo... ora che lo sanno... partiranno in meno".
"Cioè la strage sarà servita da deterrente".
"Purtroppo sì".
"Ma come fai a saperlo?"
"È buonsenso".
"O forse è un istinto autoprotettivo".
"Cosa?"
"Mi stai dicendo che dopo un po' smette di fare male".
"Non capisco".
"Il massacro. All'inizio fa male, ma dopo la gente si abitua e alla fine magari gode anche un po'".
"Facciamo che non ti sento".
Comments (21)

atlantropa wrote ...
Perdonami ma temo non di non seguirti. Per prima cosa non ho mai detto — almeno: non in maniera cosciente — che tu sappia pochino di "vita reale"; peraltro la mia, di vita, è così poco "reale" che non ho alcun problema a concedere sulla fiducia che dell'argomento tu ne sappia a pacchi più di me (per darti un po' il quadro, sono uno di quei parrucconi/gufi/disfattisti che quando legge roba tipo "realtà aumentata", "organismi migliorati" o "interrogatori potenziati" pensa pavlovianamente roba tipo "o tempora, o mores" o "povero mondo"). Qui la mia intenzione era solo di rigettare la chiave di lettura sulla Corea per l'homo occidentalis contemporaneo (ben informato, con un'opinione su tutto, e sempre interessato al bene altrui, selvaggi compresi; che questi talora siano gli stessi che ha sterminato una manciata d'anni prima è dettaglio che non lo scoraggia): a Nord una dittatura disumana, folle, surreale, a-razionale, inspiegabile, irripetibile; un luogo oscuro, dove tutti sono prigionieri, nel corpo e nella mente, nessuno ride mai, non cresce l'erba, la gente è data in pasto ai cani o fucilata con cannoni della contraerea; uno stato malvagio, comunista, stalinista, canaglia, aggressore, sponsor del terrorismo, avamposto della tirannide, [altra locuzione a piacere tratta del sofisticato vocabolario etico-diplomatico statunitense]; a Sud democrazia, libertà, ricchezza, benessere, scienza, tecnologia, colori, sapori, emozioni; un popolo pacifico e mansueto, che ha spontaneamente aderito al "nostro" modo di pensare, ed ora mostra una pazienza infinita verso il vicino mentalmente instabile, e le sue quotidiane minacce. È mia convinzione generale che le leggende nere (siano sul nazismo o sull'inquisizione) spieghino sempre molto poco. In questo caso particolare, leggere qualche libro sulla storia della Corea (quasi esclusivamente recente, dall'occupazione demarcata lungo il famigerato parallelo, al pingue amico di Razzi e Rodman e l'astro-sciamana che ha retto segretamente il Sud fino a qualche mese fa), imbattermi in dotte considerazioni tipo "the Westerner can little conceive the awesome meaning which the loss of this staple food commodity has for the Asian—starvation and slow death. “Rice famine,” for centuries the chronic scourge of the Orient, is more feared than the deadliest plague. Hence the show of rage, the flare of violent tempers, and the avowed threats of reprisals when bombs fell on five irrigation dams", mi ha fatto sorgere il dubbio che l'idea per cui tutti i mali del Nord-Est asiatico emanino dalla Corea del Nord possa presentare qualche eventuale limite. Non ho il minimo odio per la "Corea del Sud" (nè, se è per questo, verso i giapponesi, o Singapore); ho solo difficoltà a raccapezzarmi con la liberalità di un posto dove parlare bene di Kim Il-sung implica un anno e mezzo di gabbio (peraltro leggevo che recentemente, sulla scorta della medesima legislazione provvisoria risalente agli anni '50, sarebbe criminale anche solo rituittare la propaganda ufficiale del Nord, persino se fatto con scopo canzonatorio). Ovviamente non ha senso che tu smetta di leggere Leo solo perchè io dico cretinate (di cui lui è vittima quanto te); basta evitare i commenti (neppure così ubiqui, o almeno così mi raccontavo) targati atlantropa; ciao, Rocco.
9/13/2017, 12:15:00 AM

Anonymous wrote ...
(continua da prima e finisce..)



Ad ogni modo scusa, io ne so pochino - come hai scritto tu - dalla vita reale. In Corea ao solo visto la realtà aumentata (Augmented Reality) nel 2009, ho solo pagato per la prima volta un taxi con il telefonino nel 2011, ho solo visto una marea di Arabi (quelli ricchi) venire a farsi operare soprattutto di oculistica dal 2009 in poi. E pensare che in SA oppure nell'avanzatissima Europa) c'erano fior di cliniche.... Ma dai, sappiamo tutti che la Sud Corea è "moderna" per le navi (io vendo mosaici di vetro e legni decorativi per le navi, prodotti leggerissimi e quindi super-indicati per le navi, e lascia che ti dica un segreto - sono 4-5 anni che il settore in Sud Corea è in crollo!)

A differenza del mondo della vita reale che calcola le parabole in tempo reale (e non al Liceo come ho fatto io, povero stupido!) qui in Flatlandia la gente ha paura, i miei amici e testimoni di nozze in Corea del Sud (e non solo, anche in Giappone) hanno paura, i miei figli e mia moglie hanno paura (così come sono sicuro che ne avranno i tuoi parenti - non so se "moglie" come nel mio caso o "marito" dal momento che tu ti firmi con lo pseudonimo derivato da un architetto che viveva nella vita reale, non come noi in FlatLandia). Buona vita e ad majora! Se il tuo scopo era riuscire a farmi abbandonare il blog di Leonardo e a farmi credere che c'è della gente che giudica la vita sullo schermo di un computer e su un libro (vedi B. Russell e la sua definizione della vita di G. Washington) complimenti! Ci sei riuscito / a!

Giuseppe Roviaro

P.S.: di vita ne sai meno di pochino... eufemismo
9/12/2017, 6:37:00 PM

Anonymous wrote ...
Grazie Atlantropa per le spiegazioni, e scusa per il ritardo - come saprai anche tu, lavoro e famiglia a volte fanno ritardare le risposte. Chiedo venia!
Quindi ho imparato che
- il Sud Corea è nato come uno stato fantoccio - non come la Corea del Nord,la vostra Italia o molti altri paesi
- La Corea del Nord "tira missili" perché non è stata accontentata nei suoi (legittimi) princìpi - tutto giustissimo se lo si esamina con i parametri della mia prima email: "quellolà" va ai 200 kmh in autostrada, quindi ci vado anch'io! Tutto giusto! Gli AfroAmericani hanno subito un genocidio (come i Polacchi, gli Armeni, gli Ebrei... ) uccidiamo tutti, è giusto!1!1!1! [parentesi ed eccezione: non è "giusto" se non per i poveracci, è solo "equivalente"] Io sono contrario all'"occhio per occhio, dente per dente" - oh, per quello che vale, eh!??!
- Vado in Sud Corea dal 1996 e ho circa un centinaio di amici sudcoreani, con una ventina (o forse di più) di loro ho parlato anche di "problematiche" politiche. Circa il 70%-80% di loro è arrabbiato con l'esercito Yankee, che invade il loro territorio.
Assolutamente il 100% di loro (minoranza irrisoria, certo tu conosci e sei stato testimone di nozze di moooolti più matrimoni sudcoreani di me) pensa che Kim Jong-Un dovrebbe essere un po' più accomodante e semplicemente ascoltare le tante proposte del Sud Corea. Il capitalismo non è sicuramente il miglior sistema possibile, ma è meglio di tirare bombe (scusa! non armate!) a cazzo (siccome non sono contento della mia classe allora faccio finta di sparare al bullo della classe con l'indice ed il pollice - è un gesto che uno dei nostri figli ha fatto dai 4 ai 5 anni, sicuramente anche uno dei tuoi figli l'avrà fatto - allora è giustficabile? Secondo me no!)
Qui (dico "qui" non solo per indicare Singapore - dove vivo - ed il Sud-Est Asiatico in senso lato: intendo soprattutto Seoul e tutta la Sud Corea dove molti miei amici vivono!) la gente ha paura. PAURA, capisci? Ho provato a spiegare loro che una persona intelligentissima e che non vive per compromessi pensa che una parabola ben calcolata ed un'interpretazione precisa delle leggi li possa aiutare... Mi hanno risposto che "se domattina quando vai a prendere il giornale e bere il tuo the / caffè una macchina ti punta alla massima velocità consentita in quel tratto stradale, ignorando la curva e frenando a due centimetri da te (e poi devi moltiplicare questa sensazione di merda x qualche milione di persone) allora bisogna pensare che non ha fatto "nulla di illegale"! Ovviamente sono d'accordo e sono convinto / spero che quando ti capiterà sarai il primo a dire che è una cosa legalissima! La tua famiglia ed i tuoi figli prima ancora di te. (continua dopo..)
9/12/2017, 6:36:00 PM

atlantropa wrote ...
[sì, lo so, ho combianto un pasticcio, chiedo venia]

3. Mi sa che della storia della Corea ne sai pochino, il che è strano date le premesse; forse ti sorprenderà sapere che il Sud — che, per inciso, nasce come (e per certi versi è rimasto) uno stato fantoccio, con gli stessi quadri del regime collaborazionista e, ciliegina sulla torta, un presidente più pazzo di qualunque Kim, messo lì a sovrintendere allo sterminio dei comunisti — nei suoi primi vent'anni di "adesione" al sistema capitalistico è rimasto sempre più povero del Nord (al punto che qualcuno si chiedeva come sarebbe stato possibile riunificare il paese: la situazione era speculare rispetto a quella odierna); quanto all'"ajuto degli USA", l'impressione è che, fosse stato per loro, il Sud sarebbe diventato nella migliore delle ipotesi una gigantesca risaja, utilizzabile al più per reclutare truppe per occupare il Vietnam: gli sceriffi si limitano a piazzare uno sgherro yankee nella stessa residenza a Seoul che durante lo stupro della Corea era appartenuta allo sgherro nipponico, e di lì a poco a tentare il primo "rollback", che si risolve in una mattanza (a farne le cui spese sono diversi milioni di civili coreani); eterogenesi dei fini, a fare la "fortuna" del Sud è però proprio un'imposizione politica degli USA: la normalizzazione dei rapporti con l'"ex" nemico nipponico (metà anni '60); agganciandosi al Giappone il Sud diventa il paese industrializzato che è oggi (però andiamoci piano: non è uno dei più ricchi del mondo, tantomeno uno dei più moderni: fanno essenzialmente elettrodomestici e, almeno fino a poco tempo fa, navi; non c'è, che io sappia, un equivalente coreano di NEC); il pacchetto non comprendeva la democrazia, che arriva praticamente negli anni '90, per merito esclusivo del popolo coreano e delle sue lotte (come forse è giusto che sia).
4. Il Nord tira missili nell'oceano perchè, come menzionato sopra, durante la guerra di Corea ("necessaria" per "arginare il pericolo rosso") ha subito un genocidio: la missione di pace delle Nazioni Unite (en passant: anche a proposito del perchè il Nord sia così restio a "collaborare con le istituzioni internazionali") ha sfoltito qualcosa come un quarto della sua popolazione totale, collateralmente radendo al suolo qualcosa come la metà, o forse i tre quarti degli edifici, distruggendo (nella fase finale del conflitto, primavera-estate '53) quasi tutte le dighe, e spolverando le campagne con un tocco di napalm (certo resta il rimpianto per la mancata nuclearizzazione del confine cinese lungo lo Yalu, auspicato vocalmente da McArthur prima di essere fatto fuori da quell'altro personaggione di Truman). Da lì in poi si può dire che il Nord abbia avuto come principale, forse unico obiettivo quello di procurarsi i mezzi per assicurarsi che quella cosa non potesse ripetersi mai più.
9/5/2017, 1:54:00 PM

atlantropa wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
9/5/2017, 1:46:00 PM

atlantropa wrote ...
Attenzione, qui ci sono delle inesattezze, alcune profonde.
1. Per l'n-sima volta questa faccenda è surreale: non siamo a Flatlandia, c'è una "terza dimensione", ed il missile è passato "nei pressi" del Giappone tanto quanto una miriade di oggetti, alcuni persino più grossi, passano continuamente "nei pressi" di dozzine di altri stati sovrani, Corea del Nord compresa. Provocatorio?, probabilmente. Pericoloso?, no. Illegale?, allo stato attuale direi di no, specie considerando che potenze militari come gli USA e, da un pajo d'anni a questa parte, pure la Russia colpiscono tranquillamente i loro bersagli con missili veri e propri (armati, che fanno danni) lanciandoli anche da migliaia di km di distanza e sorvolando tutto ciò che c'è in mezzo senza chiedere il permesso ad alcuno (come pensi arrivi sull'Afghanistan un missile proveniente da una nave americana di stanza nell'Oceano Indiano? o uno russo sui miliziani dell'IS lanciato dal Mar Caspio?
Dopo di che, il giochino non sta in piedi perchè mentre la Siberia e la Cina settentrionale sono territori che fanno parte di Russia e Cina, l'Oceano Pacifico e lo spazio aperto sono zone regioni su cui nessuno stato ha sovranità (e la Corea del Nord non è certo la prima nazione che fa inabissare un projettile in acque internazionali).
2. La Corea del Nord ha una politica estera autonoma da Pechino, l'UE non ha una politica estera autonoma dagli USA; la differenza non potrebbe essere più patente: la Corea del Nord persegue i suoi interessi, e se necessario si mette di traverso ai desiderata della Cina (o illo tempore dell'Unione Sovietica; illuminante a tal proposito il "famoso" colloquio tra Kim Il Sung e Kosygin), l'UE si è conformata sempre e comunque ai desiderata del capubastuni, anche quando la cosa è andata contro i suoi interessi, anche quando il boss l'ha manda letterlamente "a farsi fottere", il più delle volte scodinzolando come un ebete (pensa al surplus di immigrazione che l'Europa deve assorbire a causa dei pasticci USA in medioriente; o al summenzionato programma missilistico Alfa — che trovi anche su wikipedia — cui, nonostante i miliardi spesi, abbiamo rinunciato sull'unghia su "suggerimento" del capo; o ai top gun che passano per gioco con l'aeroplanino sotto i cavi della funivia e non si fanno manco un minuto di gabbio; o ai Joseph Romano, un sequestratore di persona che il Presidente della Repubblica si affretta a graziare personalmente).
9/5/2017, 1:46:00 PM

Anonymous wrote ...
Certo, a parte detriti di satelliti e magari anche altri oggetti(senza considerare meteoriti, non umane e quindi in un certo senso da non considerare in qeusta discussioni) c'è sempre la probabilità di un malfunzionamento anche di un aereo - da quello che so infatti se c'è il tempo materiale di farlo qualsiasi pilota è addestrato ad allontanarsi il più possibile da zone abitate per evitare tragedie maggiori). Fare passare un "oggetto" volutamente nei pressi di una nazione densamente popolata non mi sembra una scelta vincente, soprattutto se è un missile (anche non armato). Infatti credo - ma è solo la mia ipotesi - che chi ha deciso di far scattare l'allarme in Giappone l'abbia fatto perché non ha avuto il tempo materiale di verificare più in dettaglio che missile fosse (a quelle velocità dalla Corea del Nord a Hokkaido penso si parli di 10 min massimo, che ne dici / dite?).
A dire il vero io non ho detto che avrei fatto esplodere il missile in Siberia, ho fatto la chiosa ma se il missile non era armato che differenza c'è tra lanciarlo sopra il Giappone o sopra la cina fino in Russia (ripeto. in zona disabitata)? Era per rispondere alla tua domanda "gioco".
Che poi comunque riporta alla mia domanda fondamentale: posto che il paaese / governo perfetto non esiste, qualcuno sa spiegarmi perché Kim senta il bisogno / dovere di "testare" i suoi missili lanciandoli verso altri paesi (guarda caso sempre gli stessi)?
Va detto che l'ultimo test (bomba ad idrogeno sotterranea) potrebbe essere stato più un segnale verso Pechino - la Cina sta ospitando proprio ora il meeting BRICS.
Tra l'altro il fatto che la cina sia il partner numero uno della Corea del Nord non implica che possa comandarla a piacere - essere partner significa anche essere dipendenti ma ci sono mille sfumature, anche in Europa o in qualsiasi altro posto.
Che gli USA abbiano troppa ingerenza in Estremo Oriente (clue: proviamo a vincere una guerra mondiale e per qualche decina d'anni godremo anche noi dello stesso status, più o meno imposto) e che giochino d'anticipo per contrastare la crescente influenza ed importanza cinese nella zona è pacifico e non si può certo condividere. D'altra parte, dall'Impero Romano ad oggi mi sembra che praticamente ogni grande potenza abbia sempre perseguito di riffa o di raffa politiche espansionistiche.
Tutto ciò detto, mi rimane ancora il dubbio iniziale: aderire più o meno profondamente al sistema capitalistico ha mille pericoli e rischi, oltre ad essere eticamente discutibile. Ma se la Corea del Nord non vuole fare quello che fa (per esempio l'Iran) non deve per forza tirare missili. Guardi quello che hanno fatto i suoi cugini del Sud, oggi uno dei paesi più ricchi e moderni paesi del mondo con le stesse (poche) risorse del Nord in 50 anni o giù di lì. Certo, il Giappone in primis e poi gli USA (ma questi soprattutto dal punto di vista militare) ne hanno aiutato la crescita, ma solo dopo avere visto una disponibilità a farlo. Tirare missili per mostrare a tutti che non hai paura del bullo yankee o quello cineses non serve a molto.

Ciao

Giuseppe Roviaro

P.S.: non sapevo che anche l'Italia avesse provato la strada dei missili, davvero - anche se forse allora non ha sorvolato nessun altro paese. Ma se hai dei link mi farebbe piacere, davvero.
9/5/2017, 4:52:00 AM

atlantropa wrote ...
Un argomento, non so quanto serio, potrebbe essere contenuto proprio nel tuo stesso pezzo: i lager finanziati dall'UE. Se hanno già ripreso a funzionare, anche solo in parte, hai voglia che il flusso diminuisce. Certo, per avere un'idea anche solo approssimativa di quel che accade in Libia, servirebbero dei giornali con degli inviati in loco (e magari un dibattito un po' più serio di "taxi del mare" vs "salvatori di vite", "trafficanti di esseri umani" vs "benefattori"). Invece, grazie alla stampa libera dell'Occidente (libera un po' come la casa delle libertà, di dire quel cazzo che le pare), la prassi è che si muove guerra alla Libia sulla base di tweet (che raglino di fosse comuni, bombardamenti o stupri di massa; come diceva quel tale, anything goes) provenienti dal Qatar (nel frattempo ritrovatosi a sua volta con qualche problemino).
9/4/2017, 4:45:00 PM

atlantropa wrote ...
Capire la trajettoria di un missile balistico è piuttosto facile (fosse esattamente una parabola, basterebbero tre punti); ed un missile non armato è un tubo, pertanto cadendoti in testa ti fa gli stessi danni che fa un tubo (o meglio, in questo caso, quel che resta di un tubo dopo aver attraversato tutta l'atmosfera; ammesso ne resti qualcosa); pertanto doveva essere del tutto evidente per lo meno a chi ne stava tracciando la corsa che quel "missile" (il cui apogeo dovrebbe essere stato di circa 600 km, e che è atterrato ad oltre mille km del Giappone; per dare un'idea: parliamo di rispettivamente un decimo ed un sesto del raggio del pianeta) avrebbe potuto costituire un pericolo per il Giappone nello stesso senso in cui è pericoloso esser sorvolati dalla Stazione Spaziale Internazionale o da un satellite basso (cose che accadono di continuo): se l'aggeggio perde un pezzo e c'è il rischio di beccarsi un detrito; ma, per dire, nella fase di rientro uno Shuttle sorvola(va) altre nazioni viaggiando a quote più basse ed essendo un oggetto ben più grosso di quel missile (e, consideratone il ruolino di marcia non proprio impeccabile, magari anche più prono al malfunzionamento); ma (a) nessun sorvolante ha mai chiesto a alcun sorvolato il permesso di sorvolo e (b) nessun sorvolato ha mai dato alcun allarme; in assenza di altri elementi, penso che chi ha deciso di far suonare le sirene antiaeree è stato discretamente imbecille, ma comunque la motivazione dell'allarme, laddove è stata data (ad esempio negli SMS diramati dalle autorità giapponesi), era chiara: "missile passing", non "nuclear attack"; "resta sotto un tetto", non "corri al rifugio antiatomico più vicino".

En passant: l'Italia ha avuto un suo programma autonomo di missili nucleari a medio raggio, di cui ha effettuato solo pochi collaudati preliminari (lanciandoli pacificamente nel Mediterraneo, senza informare o chiedere il permesso ad alcuno); essendo un picciotto, ha poi dovuto interrompere il suo programma missilistico quando il capomafia gli ha ordinato di stare a cuccia, ma non rivendichiamo come un merito l'essere in condizioni di non nuocere.

Che la Corea del Nord possa collaudare i suoi missili lanciandoli sulla Siberia è semplicemente ridicolo: se è grave che passino 600 km sopra il Giappone, come fa ad andarti bene che esplodano sul suolo russo?, probabilmente fantastichi di chissà quale legame a doppio filo tra Putin ed i Kim, in una realtà in stile signore degli anelli, in cui tutti i buoni sono da una parte ed i cattivi (dunque necessariamente Putin e i Kim) tutti dall'altra; ma la realtà reale è un po' diversa, al punto che la Cina stessa, "il partner numero uno" della Corea del Nord, ha un potere estremamente limitato di condizionarne le politiche; ed era così anche per l'Unione Sovietica, da cui pure la Corea del Nord dipendeva spaventosamente per quanto riguardava l'approvvigionamento energetico (e non è un caso che abbiano avuto problemi a sfamare la popolazione proprio a valle del crollo dell'URSS); se ti vai a leggere la storiella, scoprirai che già negli anni '50 maosti e stalinisti coreani avevano fatto una fine non proprio bellissima.

Ciò detto, il punto della questione è che agli USA molto semplicemente dà fastidio una Corea del Nord (così come un Iran) col nucleare perchè significa avere meno margine di fare quel cazzo che pare loro, che è l'ubi consistam della loro potenza (rimuovilo, ed hai una grossa Italia, con più pistole, più obesi e più ignoranti) — la differenza è che l'Iran, per quanto a suo modo, è parte integrante del mondo globalizzato, la Corea non ha neppure un tappeto da venderti.
9/4/2017, 4:22:00 PM

Anonymous wrote ...
Beh, sono d'accordo sul fatto che un missile passi molto sopra (credo attorno ai 10,000 KM), ma direi che per il resto ci sono vari punti su cui ancora non sono per nulla convinto.
Un aereo di linea (ma anche militare "tradizionale") non può reggere il paragone con un missile balistico, mi sembrano due cose abbastanza diverse. Il fatto che il missile non fosse armato non mi sembra pertinente (sapevano che era una "dimostrazione" e non aveva senso armarlo; così come non ha senso spendere miliardi nella ricerca di questi ordigni se non hai intenzione di armarli prima o poi).
Sono d'accordo con te sul fatto che quasi nessun paese rispetti le giuste regole internazionali, ma non ho mai capito il ragionamento per cui se uno in autostrada va ai 200 kmh allora anch'io posso superare il limite. Cerchiamo di rispettare noi per primi le regole in tutti i campi, il fatto che qualcun altro non lo faccia ci autorizza a criticarlo, a segnalare la cosa, magari anche a prendere provvedimenti - non a fare lo stesso pure noi.
Infine, per il "gioco": intanto non capisco la premessa, il Giappone o l'Italia o Singapore devono per forza testare dei missili? Magari lanciandoli sopra altre nazioni?
Poi, c'è un paese abbastanza grandino anche a nord ed a ovest della Corea del Nord - tra l'altro lanciandolo a nord potrebbero anche farlo arrivare in Siberia, in una zona così disabitata che magari potrebbero anche permettersi il lusso di lanciarlo armato per vedere di nascosto l'effetto che fa. Ma si dà il caso che la Cina sia il partner numero uno della Corea del Nord, e nel caso qualcuno non l'avesse ancora capito stiamo assistendo al solito teatrino del piccolo paese dittatoriale che fa il cattivone quando in realtà il vero scontro è tra USA e Cina.

Ciao

9/4/2017, 5:19:00 AM

Leonardo T wrote ...
Non ho un argomento serio per presumere che il flusso migratorio sia costante, ma nemmeno per presumere che sia in calo. Ho qualche vaghissimo argomento per presumere che nei tempi medio-lunghi non possa che aumentare, con l'aumento della popolazione (specie in Africa) e l'intensificarsi delle carestie che causerà, sta già causando, il riscaldamento globale.
Ma nel medio-corto termine, se suppongo che il flusso sia in diminuzione, è solo perché voglio presumere così.
9/3/2017, 10:58:00 PM

atlantropa wrote ...
Sopra si diceva che "un missile nordcoreano ha attraversato lo spazio aereo giapponese"; ma nessuno attualmente (siamo alla faccenda de' canoni correnti), almeno che io sappia, rivendica come proprio "spazio aereo" una regione estesa fino alle fasce più esterne dell'atmosfera — tra l'altro, piuttosto sensatamente, visto che un aereo (di linea, pressurizzato) vola a una decina di km dal suolo. Nel momento in cui la sua projezione al suolo era "sul Giappone", il missile nordcoreano doveva trovarsi grosso modo nella regione in cui "galleggiano" gli astronauti sulla Stazione Spaziale.
Su una cartina geografica ogni cosa (dal missile nordcoreano al Giappone, dall'Everest alla Fossa delle Marianne, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno) è schiacciato su un unico piano; nella realtà, che "è intrinsecamente tridimensionale", il picco della parabola della trajettoria del missile nordcoreano (en passant: non armato, proprio come gli unici che fino a poco tempo fa potevano lanciare i palestinesi da Gaza) è in una fascia esterna dell'atmosfera, ad una quota pari, mi pare di capire, ad una settantina di volte quella della vetta dell'Everest.
Diciamo che se un getto di urina passa mezzo metro sopra la tua testa cadendo non lontano dai tuoi piedi, magari hai ben d'onde a dispiacertene/compiacertene, a seconda dei gusti; ma se il getto passa non solo sopra di te, al piano strada, ma pure sopra il palazzo di dieci piani accanto a te, atterrando tre edifici più in là, forse un po' meno.

PS: ciò detto, è curioso come dalla Corea del Nord, che per brevità propongo di chiamare Mordor, si pretenda non già il rispetto delle leggi internazionali (quelle che nemmeno i suoi difensori si prendono la briga di rispettare) ma di una non meglio precisata "etichetta". Facciamo questo gioco, cartina alla mano: sono la Corea del Nord e voglio testare un missile a medio raggio: in che direzione lo lancio senza sorvolare e tantomeno colpire un altro stato?
9/3/2017, 6:51:00 PM

Anonymous wrote ...
Scusa, *"atipiCo".
9/3/2017, 5:19:00 PM

Anonymous wrote ...
Ciao Atlantropa,

leggo sempre (e di solito condivido) i tuoi commenti, ma non questo. Certo, tecnicamente parlando Kim non ha fatto nulla di illegale - se io piscio (scusa la volgarità) su delle persone ma non le colpisco non ho fatto nulla di illegale.
Mah, sarà che vivo da 24 anni (ne ho 49) nell'area definita dalla visione occidencentrale come "Estremo Oriente" (ora abito a Singapore, prima a Hong Kong e prima ancora a Tokyo), sarà che ho un certo rapporto con il Giappone (la mia nipponica moglie è con me è a Singapore, tutti i suoi/miei parenti aono ancora nell'arcipelago del Sol Levante) ma non ho ben capito il tuo post... cioè se un missile con probabile testata atomica lanciato da uno stato molto atipito che ha storicamente rapporti pessimi con il mio stato allora va bene / non è illegale? Certo, tecnicamente hai ragione - prova a farti pisciare sopra la testa (ma senza farti toccare da liquido orinale) da un tuo / una tua ex, magari darai loro ragione e dirai che qualcuno da fuori ("canoni correnti"?) dà la colpa al tuo / alla tua ex, esatto? Che magari ha il vestito fuori moda e la capigliatura tipo Olivia Newton John.
Non so, io preferisco avere paura - e credo che sia una scelta razionale, ma magari io sono uno scarto dell'umanità fifone.

Ciao

Giuseppe Roviaro
9/3/2017, 5:03:00 PM

Gabriele wrote ...
Grazie per la risposta. Com'è andata la scelta di dedicare il blog quasi esclusivamente a musica e cinema? Perché pezzi come questo ci mancano!
9/2/2017, 11:28:00 AM

Marino Voglio wrote ...
perdona l'ostinazione:
qual è il motivo razionale per presumere che il flusso migratorio sia costante, come se rispondesse a una legge fisica; e che dunque tutti gli africani che NON sono in europa - o almeno in attesa sulle coste libiche / a melilla - sono morti annegati?

...cosa sono, lemming?
9/1/2017, 9:13:00 AM

Leonardo T wrote ...
Non volevo farti piangere! Non è che stia osservando molto le "forze politiche" in questo periodo, ma direi che gli unici a criticare davvero le scelte di Minniti stanno a sinistra del PD.
9/1/2017, 1:03:00 AM

Leonardo T wrote ...
Avrebbero anche potuto perdere l'autobus l'anno scorso e arrivare quest'anno: chiamiamola ipotesi B, mentre la tua è l'ipotesi A. C'è un motivo razionale per preferire A a B? Secondo me non c'è, o meglio: non è razionale. Vogliamo raccontarci che potrebbero esserne annegati meno di 30.000 (e potrebbero: ma potrebbero anche esserne annegati di più).
9/1/2017, 12:59:00 AM

Marino Voglio wrote ...
bentornato. te ricordavo più intellettualmente onesto, ma forse è percezione mia. o magari "è una stima".

("arrivi dell'anno scorso - arrivi di quest'anno = annegati"; l'ipotesi che quattro cinque abbiano sbagliato strada e stiano aspettando un autobus a lagos in questo momento non è prevista dal modello)
8/31/2017, 12:02:00 PM

Gabriele wrote ...
Caro Leonardo, grazie per avermi fatto piangere con questo post. Qual è secondo te una forza politica che non ha collaborato a questa orribile strage? Attivamente o tramite propaganda.
8/31/2017, 10:45:00 AM

atlantropa wrote ...
In realtà, secondo i canoni correnti il missile nord coreano è passato (molto) al di sopra dello spazio aereo giapponese. Ho l'impressione che non ci sia alcunchè di illegale in quello che ha fatto Kim (ma si può sempre dire che è cicciotto ed ha un taglio di capelli ridicolo (che è la versione social-ly correct di scimmia gialla)).
8/31/2017, 1:15:00 AM

Abbiamo un problema con l'istigazione all'odio religioso (sì, è illegale)

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Quel che avevo da dire sul brutto pezzo anti-islamico di Filippo Facci l'ho scritto un anno fa. Sulla sentenza che sospende Facci dall'Ordine dei Giornalisti per due mesi non dovrei entrare nel merito: non sono un giornalista e, soprattutto, non ho letto la sentenza. Facci, furbastro, ne ha pubblicato solo quelle due o tre righe che potevano servirgli a fare un po' di ironia sulla giudice, a rilevarne il "dubbio livello culturale". Sa che c'è solo una cosa che piace ai lettori di Libero quasi quanto il livore contro gli stranieri, ed è il livore contro i giudici e i magistrati. Magari la giudice avrà buttato giù qualche sfondone, ma il fatto che invece di ricorrere in appello Facci preferisca fare la vittima à la Sallusti mi sembra significativo. (Leggo di giornalisti che, decisi a difendere Facci a prescindere, parlano addirittura di abolirlo, l'Ordine: non mi sembra una cattiva idea. Restituire la tessera potrebbe essere un modo per realizzarla).

Mi rimetto a parlare del caso perché inquadra un problema enorme che in Italia forse non abbiamo ancora messo a fuoco: l'odio religioso. È un argomento molto delicato, un po' nascosto sotto i faldoni enormi di altri argomenti non meno pressanti: la libertà di opinione, il razzismo, la xenofobia. E non riguarda Facci più di quanto riguardi chiunque in questi giorni, criticandolo, si sentiva obbligato ad aggiungere una postilla: 'però odiare le religioni non è affatto sbagliato'. Come se il problema fosse che Facci ne odia una sola, invece di odiarle in generale. Una posizione simile, in Italia, passa per progressista. Credo che qui ci sia un grosso problema.

Lo stesso Facci lo ha ribadito: lui le religioni le odia tutte (tutte? jainisti inclusi? che gli han fatto?), ha già litigato col Vaticano e coi sionisti, ci ha un odio panreligioso grosso così, che gli deriverebbe dal razionalismo anglosassone. Eppure se scrivesse le stesse cose nel Regno Unito, rischierebbe molto di più che di due mesi di stipendio: perlomeno, mi sembra che il suo pezzo rientri in pieno nella definizione di hate speech che si usa nelle corti di laggiù (vedi il Racial and Religious Hatred Act del 2006). Questo forse spiega perché un fenomeno come la tarda Oriana Fallaci è nato in Italia (sul Corriere della Sera): altrove una sbrodolata come la Rabbia e l'orgoglio non sarebbe stata né pubblicata né, forse, concepita. Prima ancora di risultare illegale, si sarebbe rivelata politicamente disastrosa, un pugno nell'occhio di tutti i lettori di estrazione musulmana. In Italia invece in qualche modo l'odio religioso è tollerato e... coccolato.

Non solo a destra, dove perlomeno ha una chiarissima funzione identitaria. Anche nel centro moderato (malgrado gli sforzi ecumenici dei pontefici: è bastato che uno solo tra loro, in 50 anni, incespicasse in una bizzarra citazione da Manuele Paleologo, perché migliaia di credenti si sentissero autorizzati a odiare il prossimo loro islamico). Anche a sinistra, dove a molti anticlericali non par vero di poter moltiplicare i cleri a cui opporsi. Poi ci sono le femministe che rimarcano la misoginia; i lgbt che rimarcano l'omo/transfobia; medici e scienziati preoccupati dal diffondersi di nuovi e vecchi credi irrazionali, eccetera.  Pensate quindi a come si deve trovare un giovane italiano e musulmano, oggi: si trova contro postfascisti, postdemocristiani, postcomunisti, femministe, lgbt, pensionati lettori di Libero e lettori del Manifesto, oltre a tanti simpatici elettori Cinquestelle che pur non essendo né di destra né di sinistra riescono lo stesso a condividere i patemi di Salvini sugli islamici alle porte. Insomma in questo momento storico così frammentato, l'unico collante che sembra poter tenere insieme la maggioranza della popolazione potrebbe essere l'odio per l'Islam. (Facci ci ha già pensato un anno fa - mica scemo).

Tutto questo malgrado la legge Mancino preveda la reclusione fino a un anno e sei mesi, o una multa fino a 6.000 euro, per chiunque istighi a commettere atti di discriminazione per motivi non solo razziali, non solo etnici, non solo nazionali, ma anche religiosi; malgrado tale legge recepisca la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (ONU, 1965), che raccomanda di "sviluppare ed incoraggiare il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione". Per cui, effettivamente no, odiare le religioni non è un diritto, né in Italia né in nessun Paese che rispetti le convenzioni internazionali. Si può ovviamente mettere in discussione la legge Mancino, e in generale qualsiasi legge limiti il diritto del singolo di esprimere opinioni anche odiose e foriere d'odio; si può in sostanza fiancheggiare l'alt-right americana, che questa battaglia contro il "politically correct" in nome del "free speech" in America la sta combattendo con un discreto successo.

Detestare Facci è facile quanto scrivere "odio l'Islam"; cercare di spiegare perché l'odio religioso non può essere ammesso in una società tollerante e civile è un po' più complicato. La maggior parte delle volte la discussione viene deviata sull'odio razziale: lo stesso Facci ha buon gioco a sottolineare che nella sentenza si parla di "razzismo", mentre lui nelle razze non ci crede. Rispetto al razzismo, l'intolleranza religiosa sembra sempre un male minore; una cosa più moderna, à la page. È l'esatto contrario. L'odio razziale è un fenomeno relativamente recente - così come la nozione ottocentesca di "razza". Senz'altro è stato il principale ispiratore dei genocidi del Novecento, ma non è che nei secoli precedenti non ci si massacrasse, in Europa e altrove. Non lo si faceva per razzismo, perché appunto, la "razza" non era una nozione affatto chiara.

In compenso, l'odio religioso lascia una scia di sangue lungo tutti i secoli. Cosa portò i crociati a sterminare i gerosolimitani nel 1099? Che idea guidò i conquistadores alle ecatombi del Cinquecento? Le espulsioni degli ebrei dalla Spagna o dall'Inghilterra; i pogrom; la notte di San Bartolomeo; la Guerra dei Trent'Anni: non c'è pagina della Storia moderna che non ci ricordi le conseguenze dell'intolleranza religiosa. Gli stessi nazisti, quando sostituiscono all'odio religioso un odio razziale, si trovano per così dire il terreno già dissodato: il loro primo bersaglio non a caso è il popolo ebraico, che prima di patire le persecuzioni razziali aveva già sofferto per secoli di persecuzioni religiose. È ancora l'odio religioso, del resto, uno dei grandi moventi dell'odierno terrorismo di matrice islamica - e non c'è bisogno credo di spiegare quanto sarebbe ingenuo reagire all'odio con l'odio (oltre che ingenuo, perdente). Quindi, no, l'odio religioso non è meno pericoloso dell'odio razziale. Non è neanche così ben distinto.

Eppure c'è in molti di noi questa idea che odiare una persona per quel che crede sia meno grave che odiarla per le sue origini. In effetti le origini non si possono cambiare, le credenze sì: quindi se ti odio in fondo è colpa tua; rinnega il tuo Dio e tutto ti sarà perdonato. Peccato che non sia mai andata così. Se la Storia ci insegna qualcosa, ci insegna proprio che le comunità perseguitate resistono e si radicalizzano, in certi casi fino a trionfare e diventare esse stesse persecutrici (vedi i puritani in Inghilterra). Forse il problema è che in Italia non abbiamo avuto né l'editto di Nantes, né la Rivoluzione Gloriosa, e nemmeno una misera Pace di Augusta; la società non si è costituita attraverso una serie di patti tra comunità religiose in competizione tra loro. Non abbiamo mai concepito la laicità come una terra di nessuno, una franca contea tra fedi diverse; in Italia la laicità è arrivata tardi e si è concepita come alternativa al cattolicesimo. L'arrivo di altre confessioni l'ha messa in crisi.

Chi scrive - oltre ad avere pubblicamente scherzato coi santi per anni - è convinto che esistano religioni più misogine e omofobe di altre, e che in generale tutte le religioni organizzate abbiano un livello di misoginia e omofobia superiore a quello che la nostra società dovrebbe permettersi. Credo che un certo tasso di anticlericalismo sia non solo consentito, ma perfino necessario. Rispetto il testimone di Geova che preferisce la morte a una trasfusione, ma ritengo giusto strappargli il figlio a cui vorrebbe imporre una scelta del genere. In generale credo che qualsiasi forma di irrazionalismo vada combattuta, ma con armi più sottili e scaltre di quelle dei predicatori d'odio. Rimango convinto che una scuola pubblica laica, ben finanziata e aperta a tutti, sia un presidio necessario ed efficace. Credo che chiunque abbia il diritto di discutere di religione in modo anche polemico.

E tuttavia penso che da qualche parte ci sia un limite - tra la mia libertà e quella del mio prossimo di poter uscire di casa e recarsi in chiesa, o in sinagoga, o un moschea, o al parco, senza sentirsi insultato da bravi cittadini istigati da opinionisti che danno il buon esempio sputando luoghi comuni sui giornali. Non saprei nemmeno dire dove passa il limite - il buon senso mi suggerisce che la Fallaci e Facci l'hanno abbondantemente superato. Ci aspettano anni difficili, in cui ogni nostra credenza sarà messa a dura prova: le migrazioni si intensificheranno, e chi si culla nell'idea di poterle bloccare si radicalizzerà. Comunque vadano le cose, io continuerò a pensare che le persone non vadano giudicate e detestate per le loro fedi religiose. Nel momento in cui qualcuno riuscirà a cambiarmi idea, avrò perso la mia fede, e la mia vita non avrà più un gran valore. Non credo di poter spiegare questa cosa meglio di così: c'è probabilmente sotto qualcosa di irrazionale, che non vi chiedo di comprendere e nemmeno di rispettare. Soltanto di tollerare.
Comments (8)

Giona wrote ...
Dopo aver fatto la doverosa premessa che Facci non ha avuto ragione una sola volta in tutta la sua vita e non inizierà certamente adesso con questa pagliacciata di autodifesa raffazzonata, ti faccio un appunto: odiare una religione non è solo quantitativamente diverso dall'odiarle tutte, lo è in primo luogo qualitativamente. Le crociate e la guerra dei trent'anni sono state causate da persone che odiavano una specifica religione essendo fedeli (fanatici?) di un'altra. L'illuminismo ed il razionalismo in generale, che le religioni le considerano tutte egualmente detestabili, non hanno mai fatto versare una goccia di sangue a nessuno ed anzi hanno portato luce e progresso. È proprio una differenza radicale di visione del mondo, anche se ovviamente uno che scrive su Libero non può sostenere d'essere un illuminista e pretendere che chi lo ascolta non capisca subito che ce sta a prova'
6/24/2017, 9:04:00 AM

Anonymous wrote ...
Mmm, non so Leo, qualcosa non mi torna.

"Anche a sinistra, dove a molti anticlericali non par vero di poter moltiplicare i cleri a cui opporsi. Poi ci sono le femministe che rimarcano la misoginia; i lgbt che rimarcano l'omo/transfobia; medici e scienziati preoccupati dal diffondersi di nuovi e vecchi credi irrazionali, eccetera."
Eh.
E direi che una certa ragione l'abbiamo.
E che il nostro diritto a non veder legittimate su base religiosa misoginia, omo/transfobia, proliferare di nuovi e vecchi credi irrazionali (perché, ce ne sono di altri?) sia tipo qualche miliardo di volte più importante di quello di chiunque non già di credere al suo padre-padrone immaginario, ma di legittimare quelle e altre schifezze in nome di questa specie di zona franca con cui la religione, qualunque religione, viene intesa.

"Pensate quindi a come si deve trovare un giovane italiano e musulmano, oggi: si trova contro postfascisti, postdemocristiani, postcomunisti, femministe, lgbt, pensionati lettori di Libero e lettori del Manifesto, oltre a tanti simpatici elettori Cinquestelle che pur non essendo né di destra né di sinistra riescono lo stesso a condividere i patemi di Salvini sugli islamici alle porte. Insomma in questo momento storico così frammentato, l'unico collante che sembra poter tenere insieme la maggioranza della popolazione potrebbe essere l'odio per l'Islam. (Facci ci ha già pensato un anno fa - mica scemo)."

Ok, ma decidiamoci: stiamo parlando dellE religionI tutte, o solo dell'Islam? Perché l'Islam a me viene da difenderlo, o come minimo non additarlo mai da solo, già anche soltanto per la puntualità con cui le sue vicissitudini presso l'opinione pubblica italiana rivelano che da noi te la puoi prendere con una religione solo in misura di quanto tieni - versante religioso o versante più smaccatamente affaristico-economico, poco cambia - per una religione concorrente, o in misura del tuo essere Facci.
Invece se uno vuole semplicemente che nessuna libertà individuale o collettiva possa esser sancita su base religiosa in alcun modo che per sé stessi, da alcuna religione, beh... per me persegue uno scopo nobile.
Anche la tolleranza è nobile, intendiamoci. E molto.
Ma nel momento in cui al testimone di Geova che preferisce la morte a una trasfusione strappi di mano il figlio a cui vuole imporre la medesima cosa hai già deciso che non puoi rispettarlo.
Puoi lasciarlo crepare come crede.
Puoi "rispettare" la sua oramai avvenuta - se vogliamo proprio essere ottimisti - "autodeterminazione", per gli effetti che ha strettamente su di lui.
Ma non puoi rispettare lui.
Perché alla fine il punto non è credere, e non è neanche la tolleranza.
Il punto è l'uso che fai di entrambe le cose.
6/22/2017, 12:49:00 AM

Filippo Facci wrote ...
Non ho ancora letto il post salvo le prime righe, ma segnalo che io la sentenza l'ho pubblicata immediatamente. (F.F.)
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10155401478042103&set=pcb.10155401438452103&type=3&theater
6/22/2017, 12:14:00 AM

LadyJo wrote ...
Anche per me c'è una grossa differenza tra la religione e le persone. Posso dire che io il Giainismo (per dire, tutto quello che so del Giainismo viene da PASTORALE AMERICANA) lo schifo e lo sputo con la mano sul cuore, ma che ciò non vale per i Giainisti, che considero miei fratelli/sorelle umani.
Questo è quello che ha detto Facci. Ed è tipo legale, credo.
Che poi si possa obiettare che è ovvio che se ODIO una religione sarà difficile che possa essere perfettamente neutrale verso chi quella religione la professa, magari apertamente; però è un altro discorso.
è come quando anni fa nel Canton Ticino vendevano la marijuana nei negozi, con sopra il simbolino di VIETATO FUMARE, e se chiedevi al commesso "allora a che serve" ti rispondeva che era per profumare la biancheria, tipo lavanda.
Non so, da come la mette Facci la questione riguarda la libertà di opinione (che implica ovviamente anche la libertà di opinione NEGATIVA) e il diritto di esprimere quell'opinione. Che è diverso da istigare all'odio. è un po' come quella cosa che dicono i cristiani "io odio il peccato, non chi lo commette".
Poi che non sia il caso, ripeto, è un altro tipo di discorso.
6/21/2017, 10:48:00 AM

Author wrote ...
boh. Un conto è istigare e un conto è esprimere le proprie opinioni. La mia opinione è che stiamo parlando comunque di reati di opinione. Se dico che tutti i Catari devono essere bruciati potete anche darmi dell'istigatore. Se dico che non possiamo vivere mescolati Catari ed Albigesi è tutta un'altra faccenda. Per me deve esistere anche il diritto all'odio.Anche poi sulla definizione di insulto dovremmo parlare più estensivamente. Quel misogino appiccicato a noi fondamentalisti cristiani non è che mi sia piaciuto più di tanto...
6/21/2017, 7:38:00 AM

enricod wrote ...
Ottimo articolo, grazie!
6/21/2017, 7:22:00 AM

Unknown wrote ...
la legge dice "chiunque istighi a commettere atti di discriminazione per motivi non solo razziali, non solo etnici, non solo nazionali, ma anche religiosi". non parla di odio, parla di istigazione. quindi volere tutti i cristiani morti è reato, non dargli un lavoro è reato, non farfli entrare al ristorante è reato. il non farli entrare in casa mia, considerarli dei subumani, pensare che fra loro ed il nazismo non c'è stata tutta questa differenza nella storia non lo è [stessa cosa vale per portare il formaggio dentro ad un ristorante ebraico, o ridere di chi digiuna perché glielo ha detto un folletto]. a me pare che si faccia una certa confusione fra libertà e stili di vita. io non farei mai nulla per impedirti di professare la tua religione di merda, ma gira al largo da dentro casa mia. da qui alle crociate c'è di mezzo un universo che non ha a che fare con l'odio religioso, ma con la miseria umana in generale.
6/21/2017, 5:30:00 AM

Andrea B wrote ...
Grazie, davvero. I tuoi post su questa ed altre questioni risultano sempre necessari ed indispensabili
6/21/2017, 2:55:00 AM

L'amore illegale

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Loving (Jeff Nichols, 2016)

Hai 18 anni, e quando sei rimasta incinta, il tuo ragazzo ha solo detto: Ok. È un uomo di poche parole, un muratore, ma "ok" è una parola bellissima. Poi è andato a comprare il terreno per costruirti una casa. Per sposarti ti ha portato fuori dallo Stato perché, dice, la burocrazia è più semplice. Nella camera dove a volte dormite assieme ha appeso il certificato di matrimonio; è una cosa carina.

Una notte, mentre dormite, qualcuno vi entra in casa con le torce. C'è anche lo sceriffo. Vi ammanettano. Tuo marito indica il certificato - ecco perché l'ha appeso, allora - lo sceriffo scuote la testa e dice che quel pezzo di carta non vale niente, e che voi due dormendo assieme state commettendo un reato. Perché tu sei nera, lui è bianco, e questo è lo Stato della Virginia. Siccome dormite assieme, vi condannano a cinque anni di prigione (se vi avessero colto durante un atto sessuale, il reato e la pena sarebbero stati più gravi); vi rilasciano a condizione che non torniate più in Virginia per 25 anni. È il 1958 e il matrimonio interrazziale diventerà legale in tutti gli Stati Uniti soltanto tra nove anni. Grazie a voi. Mildred e Richard Loving.

La storia della coppia che ha cambiato la Costituzione degli Stati Uniti si meritava un film che non fosse un semplice temino edificante di educazione civica. Jeff Nichols, che fin qua aveva girato solo thriller angosciosi, psicologici o apocalittici, gioca la carta dell'iperrealismo, girando in 35 mm. e curando alla perfezione ogni dettaglio, dagli oggetti di scena alla pronuncia degli attori, affidandosi soprattutto a questi ultimi. Ruth Negga e Joel Edgerton danno vita a due protagonisti straordinariamente credibili, malgrado gli esigui margini di manovra: i Loving parlavano poco, e non amavano esibire i loro sentimenti. In particolare Edgerton riesce a nascondere sotto un ceffo da galera un personaggio mite e glorioso, uno che in due ore di film (e di prepotenze subite) avrebbe tutto il diritto di commettere una o due cazzate, e invece continua a ingoiare rospi fino a una vittoria che è così tanto più grande di lui che quasi non gli interessa (continua su +eventi!) Nel suo vocabolario di cento parole c'è spazio per frasi potentissime: quando lo arrestano, lo rilasciano e gli impediscono di pagare la cauzione per la moglie incinta: "Questo non può essere giusto". Quando l'avvocato gli spiega che lo Stato di Virginia ha intenzione di difendersi presso la Corte Suprema: "Come possono difendersi da quello che mi hanno fatto?" E quando sempre l'avvocato gli chiede se ha qualcosa da dire alla Corte Suprema: "Dica che amo mia moglie".

I tentativi di imbruttire Ruth Negga si sono rivelati
abbastanza vani.
Concentrandosi sugli attori, Nichols è riuscito a evitare che Loving diventasse uno di quei film in cui il meccanismo dell'indignazione scatta meccanicamente, perlopiù ai danni di cattivi da operetta, obiettivi fin troppo facili come i segregazionisti della Virginia di mezzo secolo fa. E però la scelta di escluderli quasi completamente dalla scena è molto particolare, e discutibile. Loving è un film antirazzista in cui i razzisti non stanno in scena. C'è in quattro scene intensissime uno sceriffo (un granitico Marton Csokas), anche lui un tizio di poche parole, che non ha bisogno di alzare la voce per annunciare che spaccherà la testa a qualcuno, e che tratta i Loving come due bambini testardi e capricciosi. C'è un giudice convinto di essere clemente, quando spiega che Dio creò bianchi e neri in continenti diversi perché non li voleva mescolati. Ma i bravi e onesti cittadini bianchi della contea - quelli che elessero il giudice e lo sceriffo - Nichols decide di non mostrarli. In questo modo l'imposizione della legge diventa un po' più assurda, e forse il film un po' più astratto. Loving voleva parlare soprattutto dei suoi due eroi per caso, e di come loro tranquilla cocciutaggine abbia reso la Virginia e il mondo intero un posto migliore. Tratta il razzismo come un male oggettivo che peggiora la vita delle sue vittime, un ostacolo da rimuovere: non ne indaga le cause, non ne studia i comportamenti. Chi andava al cinema in cerca di questo - chi ha la sensazione che nel 2017, in Italia, ci sia bisogno soprattutto di questo - potrà restare deluso, e forse continuerà a voler più bene a Mississippi Burning, o al Buio oltre la siepe.

Loving si rivede solo martedì 20 giugno, al Cinema Italia di Saluzzo (ore 17:00 e 21:15).

Comments (2)

Leonardo T wrote ...
Tranquillo, i supereroi arrivano. È che col tempo sto imparando a capire quando escono anche gli altri film meno reclamizzati.
6/19/2017, 11:39:00 PM

marcell_o wrote ...
me stai a preoccupa'... so' finiti i film di supereroi?
anche 'sto film mi sa che mi hai incuriosito abbastanza da andarlo a vedere
cioè, a me piacciono tantissimo le tue recensioni e - certe volte - mi vedo certi film solo per poter rileggere la tua recensione, ma se recensisci film interessanti è meglio, per me
6/19/2017, 11:14:00 AM

Black is the New Barbablù

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Scappa (Get Out, Jordan Peele, 2017)


Indovina chi viene a cena - in una bella villa bianca sul lato deserto del lago, tutto intorno chilometri di boschi, non un'anima a parte i cervi e i bianchi ricchi e progressisti. Rose vuole presentare Chris ai suoi genitori. Li ha almeno avvisati che Chris, oltre a essere un bravo fotografo, è... nero? No, ma non importa, anzi forse è meglio perché... è gente aperta, avrebbero votato Obama anche una terza volta, e poi chi non vorrebbe avere un bel ragazzo nero da sfoggiare al rinfresco?

Indovina chi ha azzeccato un altro thriller in una casa nei boschi: la Blumhouse, esatto. Ma stavolta ha esagerato. Con un regista esordiente e non pratico del genere (veniva dalle commedie); con la sua formula antica e austera, 10% azione e 90% suspense; con la sua produzione parsimoniosa, per non dire taccagna, ha portato in sala un film che è costato quattro milioni e mezzo di dollari e ne ha fatti duecentotrenta. Per intenderci: il King Arthur della Warner non ha ancora superato i cento - ce la farà, ma è costato centosettanta, per via dei mega-elefanti in computer-grafica che evidentemente erano necessari. La Blumhouse non usa computer-grafica (o se c'è davvero non si vede). Per emozionare lo spettatore - spaventarlo, divertirlo, consolarlo - non ha altre risorse che il montaggio, la recitazione, la storia: per farla breve: la Blumhouse fa il cinema. E funziona. Forse un cinema così classico è ormai merce talmente rara che fa notizia. Non spende tanto ma spende bene: luci e musiche ti danno l'impressione che il film giochi in serie A. Get Out cattura con cose semplici - occhi sgranati, occhi piangenti, porte chiuse e all'improvviso aperte, e qualche rumore semplicissimo e fantastico. Chi proprio vuole il sangue alla fine avrà il suo sangue, ma a Get Out per catturarti basta il suono di un cucchiaino (continua su +eventi!)
L'orrore è una lacrima.

















Certo, dalla sua Jordan Peele aveva anche la tematica-di-scottante-attualità: la questione razziale in America, il movimento Black Lives Matter, la fine dell'era Obama e il modo in cui anche il razzismo sta cambiando (evolvendo, per così dire), adattandosi alla postmodernità e scavandosi nuove nicchie. In questo senso forse Get Out è meno a fuoco di quanto molti hanno voluto credere. Non per imperizia di chi lo ha scritto, diretto e recitato, ma proprio perché non vuole essere un manifesto, ma soprattutto un film: anzi un film di genere, orgogliosamente di serie B, con una storia semplice e intagliata nell'antico legno delle fiabe. È un film che attinge da immagini banali e fortissime (un bicchiere di latte, un trofeo di caccia), da un brodo di emozioni vere e presenti (l'imbarazzo di sentirsi nero alle feste: non necessariamente disprezzato; anzi a volte persino ammirato, ma sempre e comunque etichettato, categorizzato, pesato e prezzato), e non disdegna una di quelle belle catarsi sanguinolenti che solo il cinema di genere può permettersi di servire.


Get Out forse esagera a prendersela coi liberal bianchi, un avversario forse un po' troppo facile e sgonfio, proprio mentre una nuova ondata di razzismo tutt'altro che ipocrita e liberal manda un suo uomo alla Casa Bianca. Ma la storia funziona molto meglio così, e quindi tanto peggio per i liberal. Get Out non salverà l'America dal razzismo, ma intanto sta salvando il cinema: perché le cose che ha da dire, giuste o o meno giuste che siano (o persino sbagliate), le dice coi mezzi antichi e potenti del cinema. Al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (20:20, 22:40); al Vittoria di Bra (20:15, 22:20); all'Italia di Saluzzo (20:00, 22:15) e al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30).
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Il disco più venduto e la canzone più nascosta

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Bob Dylan's Greatest Hits Vol. II (1971)
Il disco precedente: Another Self Portrait.
Il disco successivo: Pat Garrett & Billy the Kid



Sto notando come l'estetica dei 45
giri sia molto diversa da quella dei 33:
più effimera, dozzinale (foto scadenti,
font pacchiani), forse più genuina. I 33
giri vanno sui libri di storia, i 45 sono
polaroid imbarazzanti
che rimettono in discussione la memoria consolidata.


Cosa c'è che non va con me? È che non ho molto da dire
.
Dev'essere arrivata come una progressiva illuminazione: a un certo punto del tardo 1970 Dylan si rese conto che nessuno lo costringeva più a scrivere o incidere canzoni, se proprio non ne aveva voglia. Fu l'uovo di Colombo. Così, dopo sei mesi trascorsi a registrare due dischi di canzoni insoddisfacenti, sue e di altri, Dylan finalmente accettò che non aveva molto da dire e che tutto sommato andava bene così. Una volta accettata, era un'idea talmente forte che... ci scrisse una canzone e la incise come singolo. Non è sorprendente che Watching the River Flow fosse un blues. Dylan ha questa arma segreta nel cassetto: quando non sa cos'altro fare, può sempre fare un blues ed essere abbastanza tranquillo del risultato perché anche se di solito è occupato in altre cose, a tempo perso è uno dei più grandi bluesman viventi. Watching non sarebbe niente di speciale, se non fosse il primo brano di Dylan prodotto a New York da Leon Russell, il pianista dall'Oklahoma che aveva già reso credibile in America il r'n'b inglese di Joe Cocker. Con tutto questo, rimane un pezzo fresco ma trascurabile, come la telefonata a un amico che non ha niente da dirti ma vuole farti sapere che va tutto bene: nulla di memorabile, ma fa piacere ascoltarla. Una telefonata del genere, nel '71 sembrava a ancora in qualche modo necessaria. La gente continuava a chiedersi: ma come sta BD? Perché non fa concerti? Perché non rilascia interviste?

Leon Russell (wikipedia).
Leon Russell, nel '70, capisci che poteva rubare la scena a Joe Cocker (wikipedia).
Già, perché? Perché non aveva niente da dire. A New York, dove si era ritrasferito con la famiglia sperando di passare inosservato come una rockstar tra tante, riusci a stanarlo solo Weberman, il "dylanologo", uno stalker che rovistava nei suoi rifiuti e che lo accusava a turno di antisemitismo e filosionismo; in estate una giornalista israeliana riuscì a scovarlo sulla spiaggia a Tel Aviv e a essere trattata con insolita gentilezza: ma anche con lei Dylan non poteva che restare sul vago. Prendeva il sole, badava ai figli, riorganizzava i suoi affari (le cause con Grossman si sarebbero trascinate ancora per anni), un giorno sarebbe senz'altro tornato a incidere e fare concerti, ma quando? Chissà.
Poi, un mattino d'autunno, si svegliò in lacrime: cos'era successo? "Hanno sparato a un uomo a cui volevo davvero bene. Oh, Signore, hanno fatto fuori George Jackson. Signore, Signore, lo hanno steso a terra".

Angela Davis
Angela Davis non c'entra quasi niente con questa storia. Passò qualche guaio perché le armi usate da Jonathan Jackson per il sequestro erano registrate a suo nome. Esistono foto pazzesche di Jackson che tiene il giudice per il collo, ma non sono di dominio pubblico.
George Jackson era del '41, come Dylan, come Ritchie Valens, come David Crosby e altri personaggi con i quali Dylan in Chronicles suggerisce di trovarsi in particolare sintonia. Dylan compié trent'anni in maggio; Jackson li avrebbe fatti a settembre ma una guardia carceraria gli sparò un mese prima. Nell'anno in cui Dylan era arrivato da Minneapolis a NY, George Jackson era entrato nel penitenziario di San Quentin, per una rapina a mano armata a un benzinaio (70 dollari di bottino). Ne era uscito soltanto nove anni dopo, e soltanto per essere trasferito nel carcere di Soledad, California. Nel frattempo si era radicalizzato, aveva studiato Marx, Engels, Mao, aderito alle Pantere Nere, tentato uno sciopero della fame con due compagni (i "fratelli di Soledad"), vendicato un eccidio di prigionieri partecipando all'assassinio di una guardia carceraria, e ora era in attesa di giudizio per quest'ultimo crimine, con l'alta probabilità di essere giustiziato in una camera a gas. All'inizio di agosto suo fratello diciassettenne, Jonathan (guardia del corpo di Angela Davis), aveva provato a liberarlo, a modo suo: irrompendo in un tribunale e prendendo in ostaggio tre giurati e un giudice - a quest'ultimo aveva fissato al collo una mitraglietta col nastro adesivo. Appena cercò di uscire lo freddarono, e morì anche il giudice. Due settimane più tardi, dopo un colloquio con il suo avvocato, George Jackson si sfilava una pistola da una parrucca e tentava la sua ultima fuga da Soledad. E in novembre Dylan pubblicò George Jackson. Dopo aver protestato per un anno la sua mancanza di idee, decise di confessare il suo amore, proprio così, dice "amore", per un galeotto maoista che aveva gettato il corpo di una guardia dalla finestra. "Non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, non si sarebbe mai messo in ginocchio. Le autorità lo odiavano perché era troppo vero. Oh, Signore, hanno fatto fuori George Jackson".

attica
Il carcere di Attica
Più di un biografo ha presentato George Jackson - il singolo - come una mossa istintiva, dettata dall'emozione: Dylan non voleva certo tornare alla musica di protesta, ma un mattino si è svegliato in lacrime e l'ha scritta e registrata in tutta fretta. Niente calcoli, solo sentimenti. Il calendario ci dice un'altra cosa: tra fine agosto e metà novembre Dylan ha avuto tutto il tempo per riflettere su quel che stava facendo. Sapeva che George Jackson non era il solito mitico fuorilegge delle ballate, ma un criminale morto di fresco che ancora terrorizzava i benpensanti, l'eroe dei Weathermen, i bombaroli che avevano preso il nome dal verso della sua Subterranean Homesick Blues. Sapeva che la morte di Jackson era stata una delle scintille della strage di Attica, un penitenziario sulla costa opposta degli USA dove Pantere Nere e Musulmani Neri avevano organizzato una delle rivolte carcerarie più famose della storia, soffocata nel sangue. Sapeva tutto questo e la incise lo stesso - dopo aver corteggiato il pubblico conservatore del Johnny Cash Show e aver messo in giro voci su una sua possibile conversione all'ebraismo chassidico, scrisse un'elegia per un rivoluzionario maoista che aveva ucciso una guardia e aveva usato le sue ultime parole per citare Ho Chi Minh: "Signori, il dragone è arrivato".

11. The Black Panthers: Vanguard of the Revolution
The Black Panthers: Vanguard of the Revolution
In seguito forse se ne pentì: non risultano esecuzioni live di George Jackson, e la canzone, nella sua versione "big band" (quella sul lato A del 45 giri) è una delle sue poche irreperibili su Spotify. Era stata ristampata in una raccolta degli anni Ottanta che è stata ritirata anche dal catalogo di iTunes. Su Spotify resiste invece la versione acustica - il lato B, in sostanza la prova per sola chitarra e armonica - che resta comunque una gran bella canzone. Per qualche motivo, Dylan preferirebbe che la riascoltassimo soltanto così. Senz'altro, se il valore di Jackson risiedeva nell'essere "vero", la versione acustica è la più adeguata, la più "vera", più facilmente interpretabile come lo sfogo di un momento - una cosa registrata ancora con le lacrime agli occhi - e non un'operazione condotta a tavolino, un singolo ispirato a un fatto di cronaca e registrato con fior di musicisti invitati per l'occasione. Dylan può convivere con molti suoi errori del passato, ma forse non col sospetto di avere speculato su una tragedia più grande di lui.
Le guardie lo maledicevano, osservandolo dall'alto: ma erano terrorizzati dal suo potere, spaventati dal suo amore. Oh, Signore, hanno fatto secco George Jackson...
gh2Nei fatti il singolo non uscì 'a caldo', ma a distanza di mesi, e in concomitanza con uno dei colpi commerciali più fortunati della carriera di Dylan: il secondo volume (doppio) di Greatest Hits, a sua volta pubblicato sull'onda del successo del doppio concerto per il Bangladesh organizzato da George Harrison al Madison Square Garden. Greatest Hits II uscì più o meno quando il film del concerto arrivava nelle sale: un ottimo sistema per tenere buoni i dirigenti della Columbia che senza un disco di Dylan sugli scaffali ogni dieci mesi evidentemente smaniavano. In seguito qualche biografo ha definito il biennio '71/'72 come gli "anni persi" di Dylan - mi domando quale musicista oggi non amerebbe "perdere" due anni a incidere When I Paint My Masterpiece George Brown e a comporre (nel '72) Knockin' on Heaven's DoorBilly Forever Young. Tutta roba che Dylan ha scritto in un periodo in cui era convinto di soffrire di una crisi creativa.

the concert for bangla desh
La copertina più triste di sempre?
In seguito ci capiterà di ripensare con nostalgia a una "crisi" del genere. Ne avesse avute altre due o tre, e ci ritroveremmo con quattro o cinque dischi in meno e una dozzina di capolavori in più. Nel 1971 non aveva affatto smesso di scrivere ottime canzoni: semplicemente aveva smesso di scriverne di inutili. Ed era ancora in grado di fare ottimi concerti, se solo ne avesse avuto voglia. Quello per il Bangladesh è commovente: il trionfo di due rockstar loro malgrado - Harrison e Dylan, una più introversa dell'altra. Pare fossero entrambi terrorizzati. Per una serie di circostanze indipendenti dalla loro volontà - Lennon e McCartney non si parlavano, i Rolling Stones erano fuggiti in Francia per problemi fiscali, Eric Clapton si stava disintossicando - questi due divi recalcitranti erano diventati il punto di riferimento di tutta la scena. Non fosse stato per il Bangladesh, avrebbero disertato pure loro. Ma George Harrison non poteva dire di no a Ravi Shankar che raccoglieva fondi per la sua gente travolta dall'alluvione, e Dylan non disse di no a Harrison - non disse neanche di sì, fino all'ultimo momento. Sulla scaletta che Harrison aveva attaccato con lo scotch al retro della chitarra, a un certo punto c'era scritto, semplicemente: "BOB?" Non fu sicuro finché non lo vide salire sul palco e imbracciare una chitarra. Tremava. Harrison, Ringo Starr (tamburello) e Leon Russell (a basso) gli diedero una mano in A Hard Rain's A-Gonna FallBlowin' in the WindIt Takes a Lot to LaughLove Minus Zero Just Like a Woman. La gente tornò a casa pensando: ho visto Dylan suonare con metà dei Beatles. Qualcuno senz'altro sarà rimasto deluso lo stesso, qualcuno scommetteva di vedere una reunion dei Beatles a sorpresa. La foto di copertina di Greatest Hits II è presa dal concerto.

Forse è il caso di tranquillizzare i lettori... (Continua sul Post)
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Il business degli immigrati, il business Mondadori, l'egemonia a Cologno

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A questo punto credo che sia stato appurato che c'è almeno un'organizzazione, molto potente, che lucra sul traffico di migranti. Si chiama Mondadori, vende i libri di Mario Giordano e li promuove mediante video virali su youtube - come quello famoso di Luca Donadel che ha suggestionato un po' tutti. Forse anche quel giudice di Catania che qualche settimana fa ha iniziato a parlare di un complotto di Ong per traghettare i migranti in Sicilia: non aveva prove, nemmeno le aveva chieste all'intelligence perché "non le avrebbe sapute usare", ma "gli risultava da internet", "perché in rete ci sono i dati della posizione delle ong". 

Ma perché "Quelli"?
Io nella foto ne vedo uno solo.
Ora potrei sbagliare, ma questa famosa "internet" in cui ci sarebbero "i dati della posizione delle ong" credo consista soprattutto in quel video del "ragazzo che smentisce le balle dei media", ovvero Luca Donadel. È lui, nel suo video 'autoprodotto', a mostrare i tracciati delle navi di alcune ONG; è lui a far notare che esse interpretano la loro missione di salvataggio giungendo a volte a poche miglia nautiche dalla costa libica: è lui a intonare, per primo, il tema del sospetto: a chi giova (non far annegare migliaia di profughi nel mediterraneo)? Chi ci campa con quei famosi 35€ al giorno? Eccetera eccetera. Tutto quello che afferma Donadel si può naturalmente discutere - rimando a un pezzo di Leonardo Bianchi di un mese e mezzo fa, segno che il video è virale già da parecchio. Aggiungo soltanto un dettaglio: il "chi giova" si può naturalmente riflettere su Donadel stesso, che candidamente afferma di aver speso 400€ per accedere a un'applicazione che traccia il traffico navale: sono parecchi soldi per uno youtuber che si filma ancora nella sua cameretta. Chi glieli avrà anticipati?

Il fatto che il pezzo sia accompagnato da un link al libro di Mario Giordano (Mondadori) ci può fornire un indizio.

Il fatto che nel video Donadel affermi: "Si dice che gli italiani leggano poco, meno di un libro all'anno. Fidatevi: questo è il tipo di libro che vale la pena leggere", ce ne offre un altro.

(Notate la delicatezza: ci tiene a farci capire che anche se non riusciamo a leggere un libro in un anno, questo riusciamo a leggerlo).

Poco dopo Donadel, che altrove è presentato come "ragazzo" o "studente", afferma di lavorare nella "comunicazione". Quindi qui avremmo un giovane sedicente professionista che reclamizza un libro. Domanda: lo starà reclamizzando gratis? Avrà speso 400€ del suo salario di giovane comunicatore così, per il gusto di dare un po' di visibilità a un libro di un affermato giornalista della Mondadori? Potremmo anche credere che le cose stiano così, in fondo a vent'anni di cose molto sceme ne abbiamo fatte tutti. Chi, avendone le possibilità, non avrebbe speso tempo e denaro per aiutare Mario Giordano a vendere un libro Mondadori in cui punta il dito sulle organizzazioni non governative?

In seguito il video di Donadel è stato ripreso da Striscia la Notizia, una trasmissione della Mediaset; il giovane e brillante comunicatore è stato ospite di Matrix (sempre Mediaset) e ha scritto per Panorama (Mondadori). A me non sembra così scemo in fin dei conti. Non posso non notare che continua a collaborare con lo stesso gruppo editoriale che trasmette, in fascia preserale, un programma xenofobo a cadenza quasi quotidiana su Retequattro. Poi se volete potete pure dare la colpa a internet, questo brutto posto dove nidificano le post-verità. Senza dubbio anche Donadel ha iniziato a pigolare qui, ma mi sembra che ormai abbia spiccato il volo.

Nel frattempo un giudice ha aperto un'inchiesta conoscitiva su una cosa di cui, per sua ammissione, non conosce un granché; il vicepresidente della Camera ha definito le navi delle ONG dei taxi per migranti; il governo Gentiloni ha aperto i Centri Permanenti per il Rimpatrio; inoltre il decreto Minniti-Orlando toglie ai rifugiati il diritto di fare ricorso contro la sentenza di un giudice che li rimanda in Libia. Ma cambiamo argomento - è da un po' che non si parla più di Renzi, come se non fosse l'unica vera cosa interessante al mondo, no? Il ritorno di Renzi, l'odissea di Renzi, la riscossa di Renzi.

L'altro giorno Andrea Romano, forse ancora un po' eccitato per il buon risultato delle primarie, l'ha definito il definitivo consolidamento di "quella che oggi possiamo serenamente definire una egemonia culturale del riformismo sulla sinistra italiana".

Non credo di avere le competenze per discutere col professor Romano della definizione gramsciana di egemonia culturale. Pure, sono abbastanza sicuro che non si trattasse di una medaglietta che spetta a chi si fa le primarie in casa e le vince; anzi, la questione dell'egemonia serviva a spiegare che certe volte avere una maggioranza è inutile, visto che le idee che hai in testa continua a spiegartele una minoranza.

400€ e ti porti a casa il pacchetto,
egemonia inclusa.
Per esempio: Renzi potrebbe anche tornare a palazzo Chigi, ma se le sue idee sono rottamare il centrosinistra (vecchio cavallo di battaglia berlusconiano) e tagliare i seggi in parlamento e vendere le auto blu su ebay (nuove idee grilline), direi che l'egemonia è ancora lontana. Suggerirei di guardare un po' più su, nella periferia nordorientale di Milano, dove ha ancora sede un gruppo editoriale che, se vuole, può pompare xenofobia tutta le sere alle otto e mezzo, senza che nessuno possa farci niente (legge sul conflitto d'interessi? nella cultura di Renzi non c'è mai stata). Un gruppo editoriale che può inventarsi l'emergenza profughi, scriverci dei libri, promuoverli sulle sue riviste - e su youtube, ovviamente: qualcuno se la prenderà con youtube. Vi diranno che ormai la società è liquida, e la gente è così, si fida delle peggio stronzate su internet, non c'è più niente da fare, pare che l'egemonia l'abbia un ragazzino che nella sua cameretta mostra le rotte delle navi e cambia le idee a un magistrato e a un vicepresidente della camera. Che possono fare i poveri Riformisti, a parte rincorrere gli xenofobi su questi argomenti? riaprire i centri di detenzione, i campi profughi in Libia e così via, e sperare che alle prossime elezioni votino per gli xenofobi riformisti, gli xenofobi dal volto umano?

No, sul serio, cosa potete fare?

BOMBARDARE COLOGNO MONZESE, SCIOCCHERELLI!

Cioè, andava fatto 15 anni fa, ma non esiste un tardi che sia peggio di mai.
Comments (23)

Claudio B. wrote ...
Ai tempi di Berlusconi una cosa era vera se veniva detta in TV (e B. controllava le TV).
Oggi una cosa è vera se è in un video su YouTube o se è in un "condividi se sei indignato" di Facebook.
Ah, le mirabili sorti e progressive! ;)
5/5/2017, 6:26:00 PM

Opificio Ciclope wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
5/5/2017, 2:44:00 AM

Anonymous wrote ...
infatti riconosco che a pensarla come me nei media italici siano solo fascisti e/o idioti che credono che le ONG salvano i migranti perchè Soros vuole "imbastardire" l'Europa, quando è la solita solidarietà terzomondista.
Comunque Leonardo finalmente un post sulla Politica con la P maiuscola! ci mancavi :)
5/4/2017, 8:18:00 PM

Anonymous wrote ...
Nei fatti l'egemonia culturale in Italia sulla questione di migranti è quella della alleanza Boldrini-Papa Francesco (per semplificare),cioè tra sinistra e cattolici, altrimenti non si spiega perchè non stiamo facendo come l'Australia o la Spagna ma ci prendiamo anche migranti raccolti fuori dalle acque territoriali italiane.
Che poi questi buoni samaritani sanno che tra le altre cose stanno favorendo lo sfruttamento di ragazze nigeriane avviate alla prostituzione in Europa? http://www.newyorker.com/magazine/2017/04/10/the-desperate-journey-of-a-trafficked-girl
Matteo Z
5/4/2017, 8:09:00 PM

Marino Voglio wrote ...
ambè, di mobilità si parlava.

e io obbedisco, anzi, come disse brancaleone, accipio.

(a che ora passa da torvajanica il ferry msf per maiemibìc? ...che io a gonfia' er canotto una mezz'oretta me ce vole...)
5/4/2017, 6:25:00 PM

Fabio Camilletti wrote ...
(Ci *ho*)
5/4/2017, 5:44:00 PM

Fabio Camilletti wrote ...
Intanto io, col partito legato a quel gruppo editoriale, insieme non ci hi mai votato. Tu sì. Perdona, ma è il mio Delenda Carthago.
5/4/2017, 5:43:00 PM

Leonardo T wrote ...
È la parte di un discorso in cui visibilmente si accartoccia. Stava parlando di mobilità e, in effetti, lo stile di vita dei migranti è quello di persone che cambiano ogni tot anni la residenza: il non solo è uno "stile di vita" che gli italiani hanno adottato in passato, ma che stanno adottando anche adesso e non c'è motivo per pensare che in futuro non lo adotteremo ancora di più (dobbiamo tutti restare in penisola ed evitare di mescolarci con non italiani)?

Chi ritaglia il pezzettino e lo usa per dire che la Boldrini vuole che adottiamo uno stile di vita islamico è in palese cattiva fede.
5/4/2017, 5:30:00 PM

Leonardo T wrote ...
Non me ne ricordavo più.
5/4/2017, 5:27:00 PM

Leonardo T wrote ...
Un montaggio della Boldrini non è un'"opinione": è un meme tossico messo in giro da neofascisti. Se non lo sapevi adesso lo sai.

Se non tolleri di essere considerato un neofascista, non spacciare la loro propaganda: ne guadagnerai in autorevolezza.
5/4/2017, 5:22:00 PM

Leonardo T wrote ...


Magari leggesse Topolino, è una fonte abbastanza seria. Zuccaro indaga dal 2013, vediamo cos'ha trovato.

"Per quanto riguarda il terrorismo, le indicazioni che nascono dalle nostre indagini sono quelle per cui effettivamente alcuni dei soggetti che giungono nei nostri territori sembrano già in qualche modo radicalizzati, nel senso che quando abbiamo potuto sequestrare dei telefonini o della documentazione in loro possesso alcuni di loro avevano video e immagini che riprendevano scritti e parole d'ordine che sono propri dell'Isis o Daesh."

In effetti risulta che Zuccaro abbia aperto un'indagine su un profugo che aveva sul cellulare un video satirico sull'Isis (Daesh è la stessa cosa, un inquirente forse dovrebbe saperlo):

http://www.glistatigenerali.com/giustizia_immigrazione/chi-e-carmelo-zuccaro-vita-e-miracoli-del-procuratore-che-accusa-le-ong/

Per esempio il 4 dicembre 2015: un ventunenne siriano, Morad Al Ghazawi, viene arrestato a Pozzallo dalla Polizia di Ragusa per terrorismo e col sospetto di essere una cellula solitaria dell’Isis entrata in Europa. È il caso del “migrante con il passaporto Isis” o “diploma Isis” o “lasciapassare per jihadisti”, come lo ribattezzano i giornali citando fonti investigative. Chi prende in mano il fascicolo e coordina le indagini? Proprio lui: Carmelo Zuccaro, quando già sta imboccando l’ultima curva per il rush finale che lo conduce, sei mesi dopo, sulla poltrona più prestigiosa dell’ufficio giudiziario etneo. Sul ventunenne siriano si affida a Digos ragusana e investigatori.
Che trovano sul telefono del ragazzo un documento su carta gialla con foto di un’altra persona, un timbro dell’Isis e un testo in arabo che attesterebbe il superamento di un corso di formazione jihadista (sic). C’è un problema: il testo è stato tradotto in maniera grossolana. In realtà è un “attestato di non-miscredenza” come scoprono Radio Radicale, che per prima solleva il caso, e la redazione di Meridionenews, rilasciato dal “governatorato della Svezia a nome di Mamo Al Jaziri”, un cantante siriano di origini curde che vive a Stoccolma da anni. Un documento che gira in rete da più di un anno sempre con foto diverse – una bufala pazzesca.
Come del resto le altre “prove” eclatanti della Procura: il testo che gli trovano su whatsapp “Non c’è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta” che a Catania stabiliscono essere il messaggio di affiliazione allo Stato Islamico. Mentre invece è la “shahada”, uno dei primi precetti del Corano – la professione di fede – che vale per tutti i musulmani del mondo. O ancora: la richiesta di fermo della Procura dove si cita un’altra bufala: il video ritrovato sul telefono di Morad Al Ghazawi dove secondo i magistrati si vede “un arabo proclamare la difesa della Siria imbracciando fucili e spade”. E in effetti si vede. Bene: ’’arabo in questione nel video ha una lunga barba finta, il fucile è finto, la spada pure ed esce dalla stanza sculettando. È satira. Proprio contro gli islamisti come ha mostrato Amedeo Ricucci su Rai 1. Tutte informazioni disponibili prima della sentenza a cominciare dal fatto che sul passaporto del ventunenne, quello vero non il “passaporto Isis”, ci sono timbri del 2012 che mostrano come si è rifugiato in Giordania prima di partire alla volta dell’Europa. Nel 2012. Quando Isis nemmeno esisteva in Siria. Ma le evidenze non bloccano la Procura guidata da Zuccaro che ancora quest’anno chiede quattro anni di carcere. Viene assolto ma intanto Morad si è fatto 16 mesi di prigione a Sassari in quella nota come la “Guantanamo d’Italia”. Ora è in Germania, ricongiunto alla famiglia. Chi lo conosce dice che è rimasto seriamente traumatizzato, fino ad oggi.


5/4/2017, 5:21:00 PM

Bertoldo wrote ...
Leonardo, hai letto che a citare il Donadel è la presidente della Commissione, la Ravetto (il che è già grave, come è possibile che i nostri parlamentari debbano attendere che dei video youtube diventino virali per aprire gli occhi? Sono incapaci o cosa?), e non il procuratore, che invece le risponde di stare indagando dal novembre 2013?
Peraltro, su materie di sicurezza nazionale per quanto mi riguarda si dovrebbe indagare e approfondire pure se una notizia di reato plausibile emergesse da Topolino. E qui le stranezze si vedono a occhio nudo ed erano l'elefante nella stanza, al di là della cortina fumogena a base di copertine, serial e servizi commoventi e strumentali di cui siamo stati inondati negli ultimi anni.
5/4/2017, 3:14:00 PM

Marino Voglio wrote ...
aspe', però:

(e non è al blogger - affermato o meno - che lo chiedo, ma al professore di scuola media)

“dobbiamo (dovete) abituarci allo stile di vita dei migranti, che in futuro sarò il nostro (vostro)”. ”
al netto delle parentesi che a naso mi sembrano più chiose del citante, se sbaglio correggetemi

io speravo che la dichiarazione fosse falsa, o falsamente attribuita.

ma se è vera, sia pure estrapolata, DA CHE si vede che è NON è una dichiarazione eccetera..?

(grazie)

(ah, oh: se vuoi dare del fascista pure a me accomodati pure; non sono più vergine in materia, e da quel dì)
5/4/2017, 3:00:00 PM

gianni pinelli wrote ...
Ringrazio per le pacate argomentazioni, i toni livorosi con cui hai risposto mi sembra chiarire che non ti piace discutere con chi ha opinioni diverse dalle tue e dal mainstream mediatico. Basta saperlo. Ma se l'accusa di complottismo è un classico, e quindi me l'aspettavo, l'epiteto di neofascista - che non mi permetterei mai di rivolgere a qualcuno solo perchè non la pensa come me - proprio non te lo consento.
5/4/2017, 2:13:00 PM

Gian Carlo wrote ...
De Benedetti (uno qualunque) è il nostro Soros, per non farci mancare niente.
5/4/2017, 2:10:00 PM

Leonardo T wrote ...
...e quindi?
5/4/2017, 1:50:00 PM

Leonardo T wrote ...
Bertoldo, hai capito che hai linkato proprio l'audizione in cui il procuratore cita come sua fonte "il blogger" ripreso da "Striscia la Notizia"?

Preferisci Striscia a Internazionale? Ok.
Sei contento che un giudice basi "indagini conoscitive" su uno spot virale mondadori ripreso da un programma satirico mediaset? Ok.

Non vuoi più passare attraverso Saviano, bensì attraverso Striscia? Bene.
Probabilmente in Africa c'è gente un po' più sveglia di te, dobbiamo lasciarli lì? Viva le ONG.
5/4/2017, 1:50:00 PM

Leonardo T wrote ...
Grazie per il "blogger affermato": diciamo che non mi bevo certe sciocchezze, quindi non provarci più, per favore.

1. Frontex non accusa le ONG di fare nulla di illegale. Il fatto che nei casi di salvataggi a opera delle ONG, le ONG siano arrivate prima della Guardia Costiera è lapalissiano. Continua a morire un sacco di gente e le ONG fanno quello che possono.

2. Di tutti questi "milioni di migranti" ne senti parlare, appunto, su Retequattro: nel 2016 in Italia non ne sono arrivati neanche 200.000; e molti non si fermano. L'evidenza è questa qui; se vuoi negarla, prego.

3. Nel mondo siamo sette miliardi, in Europa 300 milioni, in Africa si sta molto peggio, il problema è tutto qui: se pensi che ci sia un complotto, un "pensiero unico globalista", patisci una mentalità complottista che ti onnubila. Avrai notato che i pesi cadono verso il basso, ebbene, non c'è nessun complotto globalista che li convince a fare così.

4. Hai sentito una dichiarazione estrapolata da un discorso della Boldrini e hai deciso che è una dichiarazione di guerra al nostro stile di vita. Di solito chi propugna questa sciocchezze viene da un ambito di destra, quindi: o sei vittima di propaganda neofascista di pessima qualità, o sei un neofascista che spaccia propaganda di pessima qualità: decidi tu e poi informami, non cominciare anche tu a fare cento schermaglie, a una certa età il nascondino è imbarazzante.
5/4/2017, 1:47:00 PM

Massimiliano Biagetti ( aka Massy Biagio ) wrote ...
Claudio Tesauro, Avvocato, partner dello studio BonelliErede, Presidente Associazione italiana Antitrust

I membri del consiglio direttivo:
Consiglieri

Massimo Capuano, Presidente IW Bank Spa- Gruppo Ubi
Simonetta Cavalli, Assistente Sociale e Consigliere CNOAS, Consiglio Ordine degli assistenti sociali
Marco De Benedetti, Managing Director e Co-Presidente Europa, The Carlyle Group.
Luigi de Vecchi, Chairman of Continental Europe for Corporate and Investment Banking, Citigroup
Maria Bianca Farina, Presidente ANIA, Amministratore Delegato, Poste Vita e Poste Assicura.
Enrico Giovannini, professore ordinario di Statistica Economica, all'Università di Roma "Tor Vergata".
Patrizia Grieco, Presidente ENel SpA.
Andrea Guerra, Presidente Esecutivo Eataly srl.
Auro Palomba, Fondatre e Presidente della società di consulenza di comunicazione aziendale Community.
Paola Rossi, Funzionario Commissione Europea.
Marco Sala, Chief Executive Officer IGT international, Game Technology PLC.
Andrea Tardiola, Segretario Generale Regione Lazio.
Silvio Ursini, Vice Presidente Esecutivo Bulgari Group.
Tesoriere
Vito Varvaro, Presidente Cantine Settesoli. https://www.savethechildren.it/il-consiglio-direttivo
5/4/2017, 11:32:00 AM

deid wrote ...
Non servira` a molto, ma...

http://www.ilpost.it/2017/05/03/ong-migranti-bufale/
5/4/2017, 11:29:00 AM

Bertoldo wrote ...
il procuratore di Catania avrebbe "aperto un'inchiesta conoscitiva su una cosa di cui, per sua ammissione, non conosce un granché" ah ah ah cerrrto...ma quali sono le vostre fonti, i "debunking di Internazionale" o i "fact checking di Repubblica" (ah ah ah)? Buondì, siamo nel 2017 e con le cose si possono anche leggere direttamente, non dobbiamo per forza passare attraverso Saviano, Severgnini o altri mandarini. Qui c'è la audizione del procuratore alla commissione parlamentare ed espone bene la sua posizione, e i problemi procedurali, ma più precisamente "politici" che ha di fronte. Alla faccia che "non ne sa nulla", la Procura segue tutto dal 2013. goo.gl/vTAF4U
5/4/2017, 11:10:00 AM

gianni pinelli wrote ...
Un blogger così affermato dovrebbe informarsi meglio, altrimenti si comporta come Saviano o Erri De Luca, che però possono permettersi di tralasciare i fatti reali perchè più famosi e ben collocati nell’establishment. Soffermarsi sul blogger cattivo e ‘populista’, quando sulle manovre in corso nel canale di Sicilia ci sono ormai documentazioni accreditate da Frontex (agenzia della UE non proprio tacciabile di demagogia e populismo) secondo cui “nel 90 per cento dei salvataggi eseguiti dalle navi delle Organizzazioni non governative nel 2017, le imbarcazioni coinvolte sono state individuate direttamente dalle Ong e soltanto in seguito è stata data comunicazione al centro operativo della Guardia costiera a Roma" (fonte Corriere della sera, non “L’eco dei populisti”). Il problema è che ormai il pensiero unico globalista impone di negare l’evidenza, purchè si possa continuare nell’opera instancabile di distruzione del tessuto economico e sociale del nostro paese, e l’arrivo di milioni di migranti è necessario per completare l’opera, già ben avviata grazie alle politiche della unione europea. Servono a comprimere ulteriormente il livello dei salari e dei diritti sociali, in modo che fra una ventina di anni ci sarà una massa immensa di poveri (italiani e africani), su cui l’elite “di sinistra” governerà senza problemi. La presidente della Camera ha spiegato chiaramente tempo fa questo concetto, quando disse che “dobbiamo (dovete) abituarci allo stile di vita dei migranti, che in futuro sarò il nostro (vostro)”. Utilissima in questo senso è la presenza di Salvini, che con i suoi slogan rozzi e sgangherati consente di demonizzare ogni posizione critica verso questa tendenza, accrescendo il consenso della gente verso una indiscriminata ’accoglienza’, per la quale peraltro il nostro paese non riceve alcun sostegno né risorsa dai burocrati di Bruxelles, tanto amati dalla sinistra. Quanto a Mondadori e Mediaset, sono pienamente d’accordo sulla fine che dovrebbero fare, ma insieme ci metterei anche le altre grandi corporation dell’editoria, divulgatrici instancabili del pensiero unico neoliberista.
5/4/2017, 10:31:00 AM

Marino Voglio wrote ...
"servo (sciocco) di berlusconi"
evvabbe' questo almeno è più raffinato.

non che non mi sia tenuto gli altri, da "miserabile" a "nazista".

il fatto che io non guardi la televisione da ormai vent'anni potrebbe farmi da attenuante?

(poi soffro una disfunzione cognitiva: voi quando vi dicono "ong" associate amnesty ed emergency - a me mi si mischiano le ypsylon e mi esce horryaty. è grave?)
5/4/2017, 8:17:00 AM

L'ultimo romantico (spaccia crack ad Atlanta)

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Moonlight (Barry Jenkins, 2016).

Da Miami ad Atlanta (Georgia) sono mille chilometri; da Atlanta a Miami sono nove ore di autostrada, e non c'è nessuno al mondo per cui le faresti stasera, o no? Forse per quel ragazzo che al liceo ti ha messo al tappeto, non lo vedi da allora. Probabilmente è ormai un'altra persona, come te. Ti sei impegnato, hai mollato la scuola e hai trovato qualcuno che credesse in te (l'hai trovato in galera, ma sputaci sopra). Hai messo i muscoli dove avevi i lividi, ora non scappi più dai bulletti di quartiere; hai una bella macchina e un paradenti a 24 karati, la gente ti saluta non ti mette fretta. Li hai messi tutti in fila, non devi più niente a nessuno.

Ma se ti chiamasse quel ragazzo tu non ripartiresti in dieci minuti? Il cuore in gola come una scolaretta?

Se solo fosse uscito qualche giorno prima, Moonlight sarebbe stato il film più romantico nelle sale italiane per San Valentino. Altro che le 50 sfumature, col loro sadomasochismo omeopatico per coppie etero che non sanno più che sesso fare. Persino il Panavision di La La Land sbiadisce di fronte a un film di soli maschi afroamericani (le donne in scena fanno solo le madri, con risultati molto discutibili): qui c'è gente che si tocca una volta ogni dieci anni e poi vive nel ricordo. L'omosessualità è l'ultima frontiera del romanticismo, lo si era capito con Adele: certe situazioni, certi sentimenti sullo schermo grande e piccolo ormai li tolleriamo soltanto se riferiti a una minoranza da tutelare. Le uniche storie d'amore che riusciamo a guardare sono quelle insolite, per esempio qui ci sono due bambini / ragazzi / uomini che ogni dieci anni devono trovare una scusa per toccarsi. All'inizio si può giocare alla lotta, è cosa nota; ma poi diventa sempre più difficile, e purtroppo il film è quasi tutto lì: Chiron guarda Kevin, Kevin guarda Chiron, parlano del più e del meno col lessico molto impacciato di chi ha finito gli studi in galera (se inghiotti un popcorn ogni volta che nella versione originale dicono "man" ti ammazzi), cercano scuse per non salutarsi e andare via, e tu sei lì davanti, un po' il terzo incomodo - che è quello che succede in tutti i film d'amore, no? Ma qui non finisce mai. Parlano, si guardano, si guardano, parlano - in Adele succedevano anche altre cose, per dire.

Il regista Barry Jenkins e il drammaturgo Tarell McCraney hanno avuto fortuna, o colto l'attimo: l'anno scorso, in pieno movimento Black lives matter, i giurati dell'Academy non sono riusciti a candidare un solo attore afroamericano. Ne è ovviamente seguita una polemica. Poi è arrivato Trump, l'America razzista - o come si dice adesso, alt-right - ha perso il voto popolare ma ha messo il suo ometto nella Casa Bianca. Aggiungi che per Hollywood non è stato un anno esaltante, e il risultato è che Moonlight, un film d'autore che in altre stagioni non sarebbe uscito dal circuito dei festival, ha fatto man bassa di nomination, e qualche statuetta facilmente la porterà a casa: anche perché i rivali principali sono La La Land, già accusato di speculare sulla musica nera e sbiancarla, e Mel Gibson coi suoi trascorsi indifendibili, ubriachezza molesta e antisemitismo. E va bene così, abbiamo visto film anche meno meritevoli, e se è stato un colpo di fortuna è bello pensare che ogni tanto baci pure gente come Barry Jenkins, che aveva fatto un solo film nove anni fa (apprezzato dai critici) e poi si era messo a fare il carpentiere (continua su +eventi!)


C'è anche Janelle Monàe,
di mestiere è una cantante matta,
ma qui fa una particina quasi normale.
Come il Gus Van Sant del periodo di Elephant Paranoid Park,  Jenkins sembra convinto che il cinema debba sostanzialmente puntare un faretto su dei ragazzi, senza complicazioni sociologiche e psicologiche che ci turberebbero la contemplazione di questi teneri esserini che non sanno mai cosa dire e fanno i broncetti. Sin da quando attira l'attenzione della macchina da presa fuggendo dai suoi compagni nella prima scena, Chiron non sembra vittima di una società o di un pregiudizio, ma del destino: è nato "faggot", non gli resta che scappare o nascondersi o rispondere alla violenza - unica possibilità di sopravvivere. I suoi stessi avversari non hanno motivazioni né storia, sembrano lì dall'eternità per torturare il prossimo: non è il bullismo, è la natura.
Non è che Moonlight non abbia i suoi pregi (una fotografia d'altri tempi, che tratta con rispetto anche lo sfacelo suburbano), ma è curioso che abbia messo d'accordo praticamente tutti. È un film minimale ed è forse una certa sobria economia di mezzi e di campi che ci fa temporaneamente dimenticare che la storia è quella che hai sentito in un migliaio di rap diversi: man, il mio quartiere era il più duro, mia madre si sballava, sono dovuto diventare grande in fretta (man) e adesso guarda che bei pantaloni che ho, invidioso? Non nego che tutta questa roba sia degna d'interesse antropologico, ma è davvero la stessa lagna da vent'anni, man. L'unica cosa un po' insolita, appunto, è l'omoerotismo, ma somministrato con puritana parsimonia - è un film che tratta il pene come una questione irrisolta e abbastanza astratta, irriferibile e invisibile: lo si può tranquillamente programmare in prima serata. Adele non era così - è anche una questione di gusti, mi rendo conto, ma nel 2016 se vuoi fare un film tutto su due persone che vogliono toccarsi, perché non le inquadri mentre si toccano davvero? Di cosa hai paura? Di non vincere un Oscar e tornare a fare il carpentiere? No, man, ti capisco, e poi in fondo non è la mia roba, boh, guarda, rispetto. Moonlight è al cinema Vittoria di Bra (20:00, 22:30) e al Fiamma di Cuneo (20:00).
Comments

Hanno vinto i Muri - e se avessero ragione?

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Certo, la vittoria di Trump sulla Clinton la possiamo benissimo considerare una vittoria della Paura sulla Speranza, della Rabbia sulla Ragione, dell'America incolta e rurale sulle élites (anche se salta fuori che più laureati bianchi hanno votato Trump di quanto ci si aspettasse). E siccome ci consideriamo tra noi intelligenti, potremo continuare a darci ragione a vicenda e a infierire sulla stupidità di chi vota il candidato visibilmente meno capace.

Il confine USA/Messico, adesso.
Ma se fossimo intelligenti davvero, a questo punto un dubbio ce lo potremmo far venire. Anche dalla capacità di rimettere in discussione le proprie ipotesi si dovrebbe misurare, l'intelligenza; e non dal costruire modelli che confortano le nostre credenze, come a quanto pare hanno fatto tutti fin qui, compresi i sondaggisti convinti di maneggiare numeri e numeri soltanto: e invece ci stavano soltanto raccontando, ancora una volta, la storia che ci piaceva ascoltare.

Dunque a un certo punto forse ci siamo convinti che la Storia non potesse andare che in un senso: che frontiere e dogane fossero cose ottocentesche, superabili; che l'immigrazione - non importa quante tensioni avrebbe creato - fosse un meccanismo irreversibile e tutto sommato arricchente; che dalla delocalizzazione dell'industria verso i Paesi in via di sviluppo avremmo tratto tutti più benefici che danno e in un certo senso è così (lo sto scrivendo su una tastiera molto economica, prodotta in qualche Paese lontano che non conosco). Tutto questo avrebbe certo generato qualche malcontento, ma ehi! Sono cose che si risolvono, basta trovare politici convincenti che sappiano fare discorsi commoventi.

Qualche resistenza alla globalizzazione negli ultimi trent'anni c'è stata, ed è capitato anche a me di prendervi parte. Avevamo idee vaghe (non che qualcuno in seguito abbia dimostrato di averne di più precise), denunciavamo speculazione finanziaria e paventavamo il riscaldamento globale. Non avevamo tutti i torti, non avevamo tutte le ragioni. Ci mancava però un modello, un'alternativa strutturata (quello che nel 1814 era il liberalismo e nel 1917 era il marxismo) e quindi siamo andati alla deriva: alcuni si sono fatti l'orto bio, altri lottano per il diritto di Renzi a governare senza la maggioranza, alcuni entrambe le cose. Nello stesso periodo, a volte persino nelle stesse piazze, c'era chi la tagliava molto più semplice: se il futuro è la globalizzazione, abbasso il futuro, torniamo indietro. Alziamo gli steccati, rimettiamo le frontiere, Schengen è un errore, l'euro è un errore. È banale constatare che stiano vincendo loro: da questo punto di vista l'elezione di Trump non è così sorprendente. Prima c'è stata la Brexit, e a questo punto è lecito immaginare che seguirà la Francia con la Le Pen. Persone diverse, programmi diversi, un'idea comune: il Muro. La globalizzazione vista come un'invasione di persone e una fuga di risorse. Un'idea che ovviamente un vasto schieramento progressista, di cui cui faccio parte, ha ritenuto per tutto questo tempo sbagliata e perdente. Non si ritorna indietro.

Ma se invece ci stessimo sbagliando?

(NON-È-UN-MURO)
Perché a volte si ritorna davvero indietro. È già successo. Basta leggere la Storia... ok, la Storia ci insegna che la Storia non ci insegna niente. Tutto quello che ci sta succedendo è eccezionale, non sono mai stati otto miliardi di esseri umani su questa terra, non abbiamo precedenti, non possiamo fare paragoni. Ma allora l'idea che la globalizzazione sia irreversibile è altrettanto irrazionale dell'idea che si possa bloccare o addirittura invertire. Tanti dati che fin qui pensavamo di aver processato razionalmente, potrebbero essere soltanto proiezioni di storie che ci stiamo raccontando, come ieri ci raccontavamo che la Clinton piaceva agli afroamericani o alle donne. Parto da Israele perché fa sempre un certo effetto partire da lì (tremila anni di profeti non possono sbagliare): a un certo punto il processo di pace sembrava irreversibile. La Speranza che vince sulla Rabbia, l'amore sull'odio, ecc.. Poi gli israeliani hanno pensato che tutto sommato invece potevano alzare un muro abbastanza alto e aspettare che passasse il momento adatto per fare la pace. Qualcuno si è lamentato (anch'io). Ma alla fine è andata proprio così. Il muro ha funzionato, il processo di pace si è fermato, la guerra rimane nei limiti fisiologici che aiutano a mantenere lo status quo, lo Stato di Palestina continua a essere una chimera, e adesso i muri li alzano in Austria o Ungheria.

Anche qui, Trump non ha davvero inventato niente, visto che tutto sommato un muro tra USA e Messico c'è già (ha aggiunto solo il tratto guascone del palazzinaro: lo faccio io ma lo pagano i messicani). Tutti questi muri sono senz'altro esecrabili, ma funzionano o no? Perché alla fine la Storia va così. Non ci giudica per la nostra bontà o cattiveria, ma per quello che realizziamo. Forse riderà di Trump, se Trump si dimostrerà un inetto: se le frontiere resteranno un colabrodo, la produzione industriale non tornerà negli USA, e il riscaldamento globale presenterà il conto. A me piace pensare che andrà così, ma come faccio a esserne sicuro? Molte cose che ho letto e a cui ho creduto potrebbero essere solo storie a cui volevo credere.

Siccome tra queste cose c'è qualche materiale un po' pessimista e neomalthusiano, ho il forte sospetto che il futuro sarà molto fosco: che alcune risorse scarseggeranno - stanno già scarseggiando - e che questo porterà a guerre e carestie. Magari molti elettori di Trump pensano la stessa cosa. Alcuni saranno meno scolarizzati di me, ma la loro reazione è poi così poco intelligente? Quando arriva l'uragano, ci si tappa in casa. Non serve avere una laurea. Ha senso perder tempo a far loro la morale? Non mi pare. Perché non sto facendo la stessa cosa? Non lo so.

Cioè alla fine mi è chiarissimo perché molti americani hanno votato Trump: faccio fatica a ricordarmi il perché io non voto analoghi personaggi. Non credo nei Muri - in Italia poi li trovo proprio tecnicamente irrealizzabili. Ma è una credenza, non il risultato di ragionamenti, o calcoli, o esperimenti. È la mia bandiera, e se la Storia riderà di me io comunque non sarò lì per soffrirne.
Comments (16)

Giona wrote ...
Io non ho figli e dio mi scampi dal cambiare idea. Ma mi fanno un misto di tristezza e fastidio quelli che, dalla mia stessa situazione, pontificano sul come dovrebbero comportarsi i genitori. Perché è sacrosanto sostenere che in quarta elementare non te ne fai un cazzo dello smartphone, ma un altro conto è tenere botta alla pressione selettiva quotidiana di un contesto in cui tutti i compagnetti ce l'hanno ed il tuo adorato marmocchio rischia di diventare quello "strano". Questo per dire che i muri sono oggettivamente una porcata e un grammo di sale in zucca basta a chiarirlo, ma se nell'immediato tamponano un problema reale è un bel casino infilare in milioni di altre zucche insipide la proiezione di quanti rovi ci metteranno radici intorno.
12/13/2016, 10:58:00 PM

deid wrote ...
Anche se un po' in ritardo, ti invito a leggere questo:
http://fivethirtyeight.com/features/why-fivethirtyeight-gave-trump-a-better-chance-than-almost-anyone-else/

Tanto per capire come funzionano i sondaggi. Magari, almeno tu, prima di sparare a cavolo frasi del tipo "sondaggisti convinti di maneggiare numeri e numeri soltanto", informati.
11/15/2016, 11:50:00 AM

Jorge wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
11/11/2016, 1:39:00 AM

Jorge wrote ...
Non so... sicuramente non avevano capito la storia nemmeno i politici liberali che provavano ad armeggiarsi con certi nuovi strampalati saltimbanchi un poco violenti chiamati fascisti al domani della Grande Guerra. Ad una certa, si sono detti che in fondo i fascisti avevano ragione, che con loro non c'era la guerra civile e quindi era meglio smettere di fare Aventini e fare piuttosto il saluto romano. Pazienza se qualche professore ebreo non poteva più insegnare all'Università.
Di queste giustificazioni credo che dobbiamo aver paura. Paura di noi stessi e della nostra capacità di distribuire ragioni e torti e ripensamenti di comodo per mancanza di fantasia.
Io sono un bianco, un europeo a cui non è mancato nulla, Trump non mi farà mancare nulla, non ci metto niente a dire che hanno ragione i muri. O che ho una tastiera che viene da un paese che manco conosco. Il fatto è che lì hanno fatto la fame per "me", io ho speso dei soldi per prenderla e questi ultimi non sono tornati in circolo, mi sono incazzato e in fondo ho ragione ad aver votato Trump. Ma intanto l'1% della popolazione mondiale sta crescendo vertiginosamente il suo pezzo di torta che è ormai al 48% della ricchezza mondiale. L'80% di quegli 8 miliardi di umani si scannerá quindi per un 5% di iphone cagato come oro da un Congo ridotto alla fame e né qui né tantomeno lì si parlerà più di ragione o torto.
Insomma... mi pare che sia qui il punto. Guardiamo la luna o il dito? Qui pare ci sia un bel dito medio. Facile dare dell'ignorante a chi ha votato quel dito o del fatucchiere mascherato a chi aveva previsto un bell'indice con unghia smaltata. Sempre di dita si tratta. Non parliamone troppo e torniamo alla luna.
Non riusciamo a spiegarci perché ha vinto Trump non perché abbiamo torto, ma perché siamo come quei vecchi politici liberali che invece di vedere un re cialtrone e un popolo in miseria, vedeva il suo bel potere scivolare in mano ad un gruppo di persone cattive, ma brave a fare il dito medio più alla moda. Il re doveva star lì cascasse il mondo. Pari patta, noi non siamo in grado di vedere che se oggi ci lamentiamo di un politico incapace e compriamo un iphone, stiamo facendo politica, stiamo sparando con un fucile diverso, rendendo quel politico ancora più incapace e ben più capace chi lo vorrebbe usare come una marionetta per i suoi interessi lobbistici. Diciamo "industrie delocalizzate in Cina per una manodopera più bassa", non diciamo "produttori in fuga in cerca di schiavitù". Non difendendo l'operaio cinese, non difendiamo noi stessi. E come mai? Ma difendere un operaio cinese vuol dire far fatica, fare un boicottaggio, forse soffrire.. così è la storia. Ieri non vedevamo lo schiavo, il servo della gleba, il terzo stato... oggi con la globalizzazione abbiamo la novità che facciamo lo stesso. E siccome noi soffrire non vogliamo perché siamo dei vecchi liberali, teorizziamo che il duce ha sempre ragione e poi ci penseranno i partigiani tra vent'anni a fare i creativi per noi.
11/11/2016, 1:39:00 AM

Leonardo T wrote ...
Dici a me? Non ho scritto che non hanno capito niente di Trump; al massimo non abbiamo, tutti, capito con chi vinceva Trump (ad esempio ha preso molti voti da donne, da redditi medio-alti: tutte fasce che in teoria dovevano preferire la Clinton).
11/10/2016, 4:15:00 PM

deid wrote ...
Assumere che i laureati siano piu` intelligenti dei non laureati e` piuttosto forte come ipotesi.
"sondaggisti convinti di maneggiare numeri e numeri soltanto": ma si raccontano una storia o maneggiano solo numeri?

11/10/2016, 3:06:00 PM

Gabriele wrote ...
E importantissima aggiunta all'analisi: grafico sull'affluenza

http://imgur.com/TOGIbcP

Come al solito, la sinistra perde se non riesce a mobilitare l'elettorato.
11/10/2016, 12:52:00 PM

Unknown wrote ...
I giovani poi ad un certo punto diventano adulti e poi vecchi.
11/10/2016, 11:06:00 AM

Marino Voglio wrote ...
e invece io.

prima
"ha diritto di essere contrario al Muro solo chi non ha una chiave che chiude la porta di casa sua; gli altri sono imbroglioni e/o froci col culo degli altri"

lo pensavo solo soletto; oggi che lo sento dire in giro sempre più spesso comincio, per il noto effetto Wilde, a provare la sensazione di avere torto.

(quanto a quelli di "i muri non hanno mai funzionato, dalla Muraglia Cinese al Vallo Adriano" suggerisco di provare la combinazione muro + elicottero + arma automatica)
11/10/2016, 10:09:00 AM

mauro wrote ...
Quindi il processo di pace in Israele si è fermato perché gli Israeliani hanno deciso di mettere su il muro? Però, che analisi obiettiva.
11/10/2016, 6:20:00 AM

LucaT wrote ...
Scusa, ma perchè sali sulle spalle degli altri e dici che non hanno capito niente di Trump, dei muri etc? L'umiltà con cui celi questa sicumera di aver centrato il fulcro della questione (globalizzazione e muri) è molto più arrogante dei sicuri di sè che vuoi denunciare. Non credi?
11/9/2016, 11:45:00 PM

Claudio B. wrote ...
Diciamo che i muri sono una cosa assai seccante per quelli che (come me) passano la vita a saltare da un lato all'altro, perlomeno frai vari paesi europei.
Quelli come me troverebbero assai più comoda la Repubblica Federale Europea, anche perché il passo successivo ai muri è iniziare a sparare su chi sta dalla parte opposta, ed io avrei serie difficoltà a decidere verso quale lato del muro puntare il mio fucile.
11/9/2016, 10:43:00 PM

Filippo Zuliani wrote ...
Quali risorse stanno scarseggiando? Di petrolio siam pieni, per dire.
11/9/2016, 9:12:00 PM

Anonymous wrote ...
Tutto giusto e condivisibile. Infatti la penso tale e quale a te e agli elettori spaventati, che siano americani o altro. E mi può andare bene il muro, il riscaldamento globale, la penuria di materie prime e il due per cento più ricco che mangia sulla testa di quelli che hanno meno. Con un'unica differenza: io ho cinquant'anni, non ho figli e non ho parenti giovani. Posso permettermi di godermi i prossimi anni con il pco benessere che mi rimane. Ma l'elettore della bible belt con cinque figli e trenta nipoti? E le belle famiglie del midwest? E voi?
11/9/2016, 8:25:00 PM

Gabriele wrote ...
Certo, le crisi economiche e la paura spingono a votare in maniera irrazionale e identitaria. Ma secondo me trascuri un elemento, nel predire che il mondo vada in quella direzione: i giovani tendono a non votare questi partiti. L'elezione di Trump negli Stati Uniti mi sembra il crudele colpo di coda di una generazione viziata, egoista e spaventata.
11/9/2016, 8:23:00 PM

Anonymous wrote ...
I muri funzionano perché la talpa, spaventata dall'aratro, si rifugia sotto terra.
E fa la fine che fa, ma siccome non può dirlo a nessuno, la talpa che viene dopo non lo sa.
In generale i fenomeni non vanno semplicemente enunciati, vanno gestiti; dire accogliamo tutti, ed intendere accogliete tutti, non è una soluzione e non lo è sopratutto per quelli che non hanno strumenti per gestirla.
Si ritorna davvero indietro quando mancano gli strumenti per capire il presente.
11/9/2016, 7:45:00 PM

Cosa fare col razzismo (o schiacciarlo o svezzarlo)

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Non ci siamo svegliati razzisti una mattina: il razzismo è una possibilità che forse ci portiamo dentro da un passato rinnegato un po' in fretta. È un cucciolo che è stato svezzato e coccolato da una precisa parte politica, per scopi chiari e chiaramente ignobili. Ci sono responsabilità evidenti: testate giornalistiche, programmi televisivi, interi gruppi editoriali hanno deciso di spacciare un determinato tipo di prodotto che creava consenso, vendeva giornali (neanche tantissimi), produceva odio. Certo, c'è la libertà di parola (non quella di propaganda razzista); certo, nel mondo libero ogni messaggio trova la sua nicchia. Siamo uomini di mondo, sappiamo come vanno le cose, le orazioni indignate contro i penultimi che alzano le barricate contro gli ultimi suonano fastidiose e ipocrite. Non ci siamo svegliati razzisti una mattina e non è coi bei discorsi che si può pensare che ci sveglieremo meno razzisti domani. C'è un lavoro da fare. Avrà un costo. E chi ha fatto i suoi soldi seminando odio, ora dovrebbe restituire. È tutto qui.

In Italia abbiamo, tra gli altri, un problema. Non è forse il più grave ma a mio parere è uno dei primi nodi della matassa: una volta sciolto scopriremmo che la situazione è molto più semplice. In Italia, in luogo della tradizionale contrapposizione tra una sinistra progressista e una destra conservatrice, abbiamo avuto una strana psico-dialettica tra una destra che inseguiva il Principio del Piacere e una sinistra che periodicamente rammentava il Principio di Realtà. Berlusconi è stato il simbolo e l'alfiere di una destra irresponsabile, che abbassava le tasse e inseguiva sogni di grandezza: il centrosinistra di Amato o Prodi si faceva vivo ogni tanto, un periodico bagno di realtà che serviva a recuperare un po' di conti, e a preparare l'ennesimo viaggio nei beati mondi della fantasia e dei ponti sugli stretti. L'invenzione di un'Italia ostaggio della malavita straniera, un'Italia terrorizzata prima dagli albanesi e poi dai rumeni e in seguito dai jihadisti, nasce nei laboratori del consenso berlusconiano e leghista. Certo, trova un terreno fertile. Un paese in recessione, colpito fatalmente dalla concorrenza dei più agguerriti tra i paesi emergenti, è il terreno più adatto a un certo tipo di predicazione xenofoba. E ciò non toglie che questa predicazione ci sia stata: che qualcuno abbia deciso di investire tempo, risorse, palinsesti televisivi.

Una macchina dell'odio che ormai procede in automatico, nel senso che ormai in cabina di regia non c'è più bisogno di nessuno e infatti non c'è nessuno: i berlusconiani si contentano di cavalcare l'antirenzismo; quanto alla Lega di Salvini, ormai è un movimento più teatrale che politico, in cerca più di visibilità che di potere autentico. La destra insomma resta a bearsi della sua irresponsabilità, inventandosi nemici immaginari e producendo tossine che respiriamo tutti. E la sinistra? La sinistra governa, si barcamena, cerca di recepire le direttive comunitarie sull'accoglienza dei profughi senza offendere i buoni cittadini razzisti che alzano le comprensibili barricate; la sinistra si sobbarca, si fa criticare, ma spera in qualche modo di poter vincere il referendum, e poi le elezioni, farsi firmare un contratto a tempo determinato fino al 2023 che le consentirà di? Di continuare a barcamenarsi mentre fascisti, grillini, leghisti ed ex berlusconiani continueranno beatamente a soffiare su qualsiasi brace di rivolta. In questo Renzi è veramente l'erede dello spirito di servizio dell'Ulivo prodiano e poi veltroniano: questa idea che solo un centrosinistra responsabile possa farsi carico dei problemi, e ottenere l'investitura popolare in forza delle proprie energie positive. La gente dovrebbe votarci perché siamo quelli buoni.

Si dice che a Gorino e altrove personaggi pittoreschi come Naomo hanno potuto ritagliarsi il loro spazio a causa della sparizione dei corpi intermedi. Vero, ma dunque che si fa? Perché un Naomo non si guarisce a discorsi, e nemmeno con una notte in cella per istigazione all'odio razziale. Un'altra possibilità - molto rischiosa, me ne rendo conto - sarebbe dargli in mano la situazione: fallo tu il corpo intermedio. Prova tu a gestire l'accoglienza dei rifugiati nella provincia di Ferrara. Va' tu a spiegare ad alcuni albergatori che si devono tenere quelli che l'ostello di Gorino non vuole. Come si sta facendo coi grillini a Roma, in fin dei conti. Credo che a quel punto si volatizzerebbe. I parolai prosperano dove il conflitto è bloccato.

E quindi siamo sempre lì. Piuttosto che a governare senza avere il 50% del Paese, il centrosinistra dovrebbe cercare di smontare il centrodestra; di metterlo di fronte alle sue (non)responsabilità. Di dividerlo, come in fondo ha fatto cooptando Alfano e poi con Verdini. È una possibilità. Oppure dovrebbe schiacciarlo, ma sul serio, come non è mai stato schiacciato Berlusconi anche quando seminava odio da emittenti nazionali che occupavano illegalmente l'etere tv. Renzi non sta facendo nessuna delle due cose. Vuole governare da solo, vuole mano libera, vuole che ci fidiamo di lui e che lo giudichiamo dopo cinque anni. E magari dopo cinque anni lui sarà stanco del giocattolo: ma noi saremo ancora qui, in un Italia dove si consente a Libero, al Giornale, di stampare immondizia xenofoba tutti i giorni: a Del Debbio di raccontare l'invasione dei profughi; e ai leghisti di giocare impuniti alle barricate.
Comments (6)

Unknown wrote ...
E il premio Lapsus dell'Anno va a:
"Berlusconi è stato il simbolo e l'alfiere di una sinistra irresponsabile, che abbassava le tasse e inseguiva sogni di grandezza"
10/31/2016, 11:45:00 AM

Anonymous wrote ...
Quella di responsabilizzare è una bella idea: mi dicono che ad Alemanno a Roma abbia fatto più danno la sua gestione approssimativa dell'emergenza neve che tutte le parentopoli messe assieme.
Il problema è che questo non si può fare perché nessuna delle forze populiste, prese una alla volta, è maggioritaria. Dato che la riforma non passa, e l'Italicum lo cambieranno in senso proporzionale puro, l'unico modo che avrebbe una di esse di governare è in coalizione, e perché dovrebbe rischiare di perdere voti andando al governo? Gli unici che si coalizzeranno quindi saranno i "responsabili"; e lo metto tra virgolette perché si sa che in una coalizione nessuno si assume veramente la responsabilità perché si può sempre dare la colpa agli alleati. Non passa una certa legge? Non l'ha voluta Alfano. Un ministro pensa di vivere negli anni trenta del Novecento? Ah ma non è nostro-nostro, è solo un alleato.
Probabilmente ci aspetteranno decenni di governi traballanti di "realismo irresponsabile"; e con contorno di fronde e forze populiste a urlare all'inciucio, dentro e fuori il Parlamento.


> in un Italia dove si consente a Libero

Ecco questo passaggio non l'ho afferrato bene, visto che fino a quel punto avevo intuito che con la forza non si risolvesse nulla ("Perché un Naomo non si guarisce a discorsi, e nemmeno con una notte in cella per istigazione all'odio razziale."). Forse è da intendere come una specie di principio cardine, del tipo "In Italia siamo un paese civile e non manderemo mai l'esercito a presidiare la redazione di Libero" per cui l'unica scelta in questo paese civile è l'alternativa responsabilizzante?
10/30/2016, 12:45:00 AM

Leonardo T wrote ...
Mi sa che non hai neanche letto il pezzo, così non vedo perché dovrei leggere il tuo commento.
10/30/2016, 12:24:00 AM

A wrote ...
Finché voi sinistrati non vi farete un bel bagno di realtà non sconfiggerete mai quello che voi vi ostinate a chiamare "razzismo" pur di nascondere la testa sotto la sabbia! La gente è stanca di vedersi imposta "l'accoglienza" forzata di migliaia di africani (che non faranno mai una mazza, e che continuare a chiamare "risorse") perché il nuovo leader maximo de sinistra deve farsi bello in Europa, col suo cronico populismo.
10/29/2016, 9:09:00 PM

Anonymous wrote ...
È più facile che veniate «schiacciati» voi buoni, che non leggete Libero, il Giornale, etc.
10/29/2016, 8:59:00 PM

nonsonosola63 wrote ...
sono assolutamente d'accordo, ma se paleso il mio pensiero mi danno della catastrofista, non della realista. In secondo luogo non credo che nel nostro paese sarà possibile una reale trasformazione fino a che ci illuderemo di cavalcare l'onda del consenso moderato "al centro". Come fa oggi Renzie, come ha fatto ieri Berlusconi e prima ancora la democrazia cristiana.
10/29/2016, 2:43:00 PM

È "difficile" giudicare trenta razzisti, Matteo Renzi?

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Al referendum voterò No e non credo neanche sia necessario spiegare il perché - lo faccio da due anni, ormai. Quel che invece sto cercando di fare è purificare le ragioni del mio No: dimostrare, almeno a me stesso, che a farmi votare No sono considerazioni serie, previsioni ponderate, e non un'epidermica insofferenza per Matteo Renzi.

Faccio fatica.

La Repubblica
Un po' senz'altro per colpa mia - ma anche Renzi da parte sua potrebbe applicarsi di più. Quello che gli si chiedeva, di fronte a un fatto banale e inquietante insieme, come la rivolta di Gorino, è una posizione netta, magari anche sbrigativa perché cosa sono dodici o venti posti letto di fronte a un'emergenza nazionale, continentale, mondiale? Non sono niente finché non diventano un simbolo.

Prima che succedesse questa cosa, Renzi avrebbe pur potuto passare davanti alle telecamere e dire: signori, raccontiamoci poche palle. Io forse posso comprendere la "stanchezza" degli italiani di fronte a un'emergenza che non finisce mai, ma nella fattispecie non quella degli abitanti di Gorino, che di profughi non ne hanno mai visti. Se non ne vogliono dodici, qualcun altro comune del ferrarese se ne dovrà sobbarcare: qualche altro onesto cittadino padano dovrà pagare per la "stanchezza" immaginaria dei pescatori di Gorino che lo Stato sovvenziona già così lautamente. Spero di essermi spiegato e che non ci sia bisogno dell'aiuto delle forze dell'ordine per smontare i gazebo e le altre cianfrusaglie che bloccano il traffico a dispetto del codice stradale. E però.

E però Matteo Renzi è in campagna referendaria; è appeso a uno stelo di consensi che ondeggia a ogni refe di vento, e quindi gli è toccato dire che è difficile giudicare la 'stanchezza' di un paesino dove non c'è mai stato un profugo-uno. Ridursi a cercare i voti di Naomo, d'accordo, a un politico può succedere anche questo: ma almeno finirà? Perché la speranza dei renziani è che tutta questa manfrina un bel giorno finirà e Renzi regnerà incontrastato. Quando?

Mettiamo che vincesse al referendum: sarebbe un bel ripulisti per il Pd (ci potrebbe anche essere una scissione) e anche a centrodestra ci sarebbero contraccolpi notevoli, magari positivi per le piccole compagini di Alfano e Verdini. Ma Renzi continuerebbe a essere il capo di un governo di coalizione che continuerebbe a dipendere da Alfano e Verdini. Fino alle elezioni, che lo stesso Renzi non credo vorrebbe disputare prima del 2018 - a questo punto non si sa bene con che sistema elettorale, ma diamo per scontato che dopo una debacle referendaria la sinistra Pd non riesca più a ottenere nulla e si vada con un sistema non troppo dissimile dall'italicum com'è oggi.

Mettiamo che scoppi un'altra Gorino - o altre dieci, cento, mille Gorino. Renzi continuerà a capire la "stanchezza" di chiunque. Non è che abbia molte alternative: o vince o va casa. E non è davvero detto che vinca. Nei tempi lunghi, peraltro, perdiamo tutti.
Comments (18)

Leonardo T wrote ...
Chiedo scusa, non avevo capito di trovarmi di fronte a un economista.
Anche in Gran Bretagna hanno avuto la stessa pensata: siccome la voce uscite è superiore a quella entrate, stacchiamoci dall'Ue e vediamo come va.
Domanda: di fronte a un tipo di propaganda come quella che facevano sugli autobus, 'destiniamo i millanta milioni che diamo alla ue alla sanità nazionale', ci sarebbe cascato? Avrebbe votato brexit?
10/31/2016, 2:28:00 AM

A wrote ...
14.368 > 10.695 diamo più soldi all'Europa di quanti non ne ritornano: quindi sì, paga Pantalone, quello italico, anche l'accoglienza dei clandestini.
10/30/2016, 8:20:00 PM

Heavymachinegun wrote ...
Perfetto. Attendo un post sull'argomento.
10/30/2016, 10:49:00 AM

Leonardo T wrote ...
La requisizione aveva un carattere temporaneo: la prefettura ha chiarito di aver scelto come extrema ratio l'ostello di Gorino proprio perché non stimava un grande afflusso di turisti in inverno.

Una cosa che forse lei non ha capito è che la UE paga per ciascuno di questi ospiti le spese di vitto e alloggio: quindi quest'inverno i gestori dell'ostello potrebbero guadagnare qualcosa di più rispetto all'anno scorso (in realtà però l'ostello non appartiene a loro, ma alla provincia).

Quanto alla questione dei soldi che vanno in Europa, i numeri sono alla portata di tutti, guardi pure qui:

http://europa.eu/european-union/about-eu/money/expenditure_it.

L'Italia contribuisce al bilancio UE con 14.368 milioni di euro annuali (il bilancio totale è di 128.564; si sente ancora così Pantalone?); la UE spende per l'Italia 10.695 milioni di euro, di cui più di 5000 in agricoltura (non so se c'entri o no la pesca) e più di 3000 in altri fondi regionali. Come dire: i pescatori di Gorino hanno molto più bisogno dell'UE di quanto l'UE abbia bisogno di loro.
10/30/2016, 12:44:00 AM

A wrote ...
Evidentemente, caro Professore, i due nel resto dell'anno vivranno di pane, amore e fantasia, ma quando ritornerà l'estate di che vivranno i nostri due con le camere occupate da 12 impagabili ospiti messi a forza dalle prefetture?
Comunque, io avrò pure una "falsa sensazione di ricchezza" ma quei soldi che vanno in Europa - e di cui l'Italia è uno dei maggiori contributori - da qualcuno dovranno pure provenire, si vede che verranno tutti dai nostri illustri ospiti
10/28/2016, 10:57:00 PM

Leonardo T wrote ...
Se è molto possibile che alla lunga gli xenofobi vincano le elezioni, l'ultimissima cosa da fare è sbilanciare i poteri di modo ché, una volta vinte, si prendano tutto. Che è purtroppo il senso della riforma Renzi, caldamente voluta da Renzi quando era convinto che avremmo per sempre votato Renzi.

A me è capitato di votarlo - era il meno peggio - e magari lo rivoterò pure, ma la sua riforma la trovo pericolosa, se non altro perché suggerita da una volontà di potenza che non ha riscontro nei fatti. Renzi non è così popolare, e in generale il centrosinistra deve cercare di mantenere una presa nella società piuttosto che inseguire un'idea plebiscitaria che prima o tardi ci si rivolta contro.
10/28/2016, 8:28:00 PM

Leonardo T wrote ...
Dici che invece la Merkel è stata populista, e vabbe'.
Una frase del genere è più che sufficiente per trasformare un cialtrone in un leader popolare, e un paesino minuscolo in un precedente pericoloso.
10/28/2016, 8:25:00 PM

Leonardo T wrote ...
La coppia dunque intendeva "vivere" di chi viene in ostello a Gorino in novembre-dicembre?

Mi sembra che a venire da una dimensione parallela sia tu (una dimensione più felice in cui Gorino ospita bagnanti in novembre). In tutta Italia vengono usati ostelli per fronteggiare l'emergenza, e se a Gorino (per motivi ridicoli) undici posti letto non si potranno usare, li dovrà fornire qualcun altro.

Paga sempre Pantalone, dici. Ho la sensazione che tu non abbia esattamente di quanti siano i rifugiati, di quanti siano accolti in altri Paesi dell'UE, di quanto stanzi l'UE. Se sei convinto di essere "Pantalone", la delusione sarà forte e non c'entrano più di tanto gli immigrati. C'entra una falsa sensazione di ricchezza che almeno ai nostri figli non lasceremo.
10/28/2016, 8:24:00 PM

A wrote ...
Ostello regolarmente affittato a una coppia (di cui lei immigrata) che ci vive e ha campa con con l'attività svolta in quell'ostello, e gli volevano requisire tutto. Di che avrebbe vissuto, di grazia, la coppia? Magari poteva andare a chiedere asilo in qualche paese dell'Africa? O farsi mettere in cinta per avere una storia strappalacrime da raccontare alla tivù?
Quanto ai fondi europei, dato che l'Europa non è in una dimensione parallela, si tratta di una banale partita di giro di soldi dati dagli italiani all'Europa e da questi restituiti, quindi in soldini paga sempre pantalone per l'ospitalità di gente che in questo Stato non ha mai versato e ami verserà un solo soldo.
10/28/2016, 7:31:00 PM

Leonardo T wrote ...
Portali a casa di chi?

Gorino è uno dei pochi centri nel ferrarese che non ha ancora ospitato un migrante. L'ostello è proprietà della provincia. La provincia prende fondi europei per ospitare i migranti.
10/28/2016, 4:50:00 PM

Anonymous wrote ...
Perché proviamo con 12? Non può esistere l'obbligo di accogliere, soprattutto se la cosa viene imposta dall'esterno. Altrimenti scatta il classico "portali a casa tua".
10/28/2016, 1:34:00 PM

F®Ømß°£ wrote ...
Buondì,

il legame tra la posizione morbida di Renzi sulle bestiole di Gorino e il No al refendum non c'è - o non dovrebbe esserci se si volesse votare sul contenuto.

Detto questo, siccome nei fatti il Sì o il No sono proprio rivolti a Renzi, mi chiedo se una ipotetica sconfitta di quest'ultimo non sia un favorire proprio gli xenofobi e le bestie, vista la qualità umana delle opposizioni all'attuale PdC.

In altre parole: si può onestamente sostenere che - pur condividendo il fastidio per modi e contenuti della politica di Renzi - ci siano alternative realistiche migliori?

Saluti

T.
10/28/2016, 11:27:00 AM

Anonymous wrote ...
La considerazione è giusta, ed è giusto innervosirsi se il Presidente del Consiglio non riesce a prendere una posizione nettamente critica di quanto successo a Goro. Ma questo non c'entra nulla con il referendum nè con il suo contenuto. la personalizzazione di Renzi è servita a lui ma anche ai suoi avversarsi, ed è oggi pieno di persone corrette e razionali e in buonafede che a dicembre voteranno no proprio per un'epidermica insofferenza nei confronti di Renzi. Non lo possono soffrire, punto. Che poi è del tutto legittimo, intendiamoci!
10/28/2016, 9:14:00 AM

Fabio Camilletti wrote ...
L'unico governo in Europa - compresi i tanto decantati socialisti francesi - che non ha adottato una sola misura populista riguardo all'immigrazione, e si va a guardare una frase (mutila) in una puntata di Porta a Porta. Ma va bene, oh, di questi tempi va bene tutto.
10/28/2016, 1:09:00 AM

Leonardo T wrote ...
Proviamo con 12 e vediamo come va. Oppure, a proposito di parassiti, togliamo le sovvenzioni a pesca e turismo, e a quel punto forse a Gorino lo spazio si trova.
10/27/2016, 11:47:00 PM

A wrote ...
"posso comprendere la "stanchezza" degli italiani di fronte a un'emergenza che non finisce mai, ma nella fattispecie non quella degli abitanti di Gorino, che di profughi non ne hanno mai visti" come gli abitanti di Gorino non fossero italiani, e quanti mai dovrebbero vederne per essere anche loro legittimamente stanchi di essere munti da una caterva di parassiti: 10? 100? 1000?
10/27/2016, 11:29:00 PM

Heavymachinegun wrote ...
>> Al referendum voterò No e non credo neanche sia necessario spiegare il perché - lo faccio da due anni, ormai.

Mi fa piacere trovare finalmente qualcuno che ha delle ragioni razionali per votare No.

Sfortunatamente però non riesco a trovare niente sul tuo blog. All'etichetta "referendum" trovo l'Italicum, il referendum sul Jobs Act, il referendum sulle trivelle, il perché non credi ai referendum abrogativi, e il perché odi i referendum in generale. Sul referendum costituzionale niente.
Ho cercato anche su twitter ma niente.
Ammetto di non seguire tutti i tuoi canali di comunicazione.

Mi potresti fare una breve sintesi delle vere ragioni per cui votare No? Sto cercando di farmi un'idea.
10/27/2016, 1:21:00 PM

Gian Carlo wrote ...
In campagna elettorale perenne la politica cessa di esistere.Tutta l'attività del governo e del parlamento sotto ricatto e indirizzata solo a questo e dubito comunque che questo governo sia capace di far politica veramente.
10/27/2016, 1:18:00 PM

La favola del ladro di bambini (e chi ve la racconta)

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Con gli anni se uno ha un po' di memoria selettiva riesce anche a imparare qualcosa: per esempio i sequestri di bambini non si improvvisano. Quando un genitore denuncia una persona per tentato sequestro - di solito è un ambulante irregolare o un mendicante che gli ha sfiorato il bambino - il caso si sgonfia regolarmente entro pochi giorni. Un sequestro di persona è un'operazione complessa che richiede una rete di complici e un'organizzazione radicata in un territorio, o come minimo un automezzo. Se non c'è un automezzo è abbastanza chiaro che nessuno sperava di portarsi via davvero un bambino - senza un automezzo neanche i genitori riescono a portarsi via i propri bambini, figurarsi uno sconosciuto.

Per cui ogni volta che in tv sento dire che un genitore ha denunciato una persona appiedata per tentato sequestro, so che qualcuno sta giocando sporco. Non il genitore, che probabilmente si è davvero spaventato e reagisce, per così dire, a uno stimolo pre-razionale, che è lo stesso che fa mostrare i denti a qualsiasi animale che stia scortando il suo cucciolo. Neanche le forze dell'ordine, che se il genitore fa una denuncia non possono che recepirla. Ma i giornalisti? Quelli che montano la notizia e l'accostano all'"invasione" dei migranti? Cronisti che queste cose le hanno già viste e conoscono la casistica meglio di me, possono invocare la buona fede dopo aver sbattuto il mostro in prima pagina?

Ieri Filippo Facci ha spiegato che "la storia dell’indiano che rapisce la bambina va completamente azzerata: le polemiche e gli articoli che sono stati scritti – compreso uno su Libero, a cura dello scrivente – erano basati su informazioni insufficienti per quanto fossero le uniche disponibili". Ora che invece le informazioni ci sono, Facci può spiegarci per filo e per segno la storia di Ram Lubhaya che, puntualizza, "è indiano (come gli zingari sinti) e questa è la sola cosa che lo avvicina al pubblico immaginario del rapitore di bambini". I sinti italiani sono "indiani" come Facci è "ostrogoto", e non rapiscono i bambini, ma questo non è nemmeno il punto.

Qualche giorno fa stavo guardando Studio Aperto, dovrei darci un'occhiata più spesso anche se non mi fa stare bene. All'improvviso tra le brevi di cronaca piomba questo scoop: su una spiaggia siciliana sembrava aver preso forma l'incubo di ogni genitore; uno straniero, un indiano aveva cercato di rapire un bambino! Subito dopo, un servizio sui migranti, ripresi dietro a qualche recinto. Subito dopo, un comunicato dell'Isis che nessun altro si è filato, preso direttamente da youtube, in cui l'Isis chiede a tutti i suoi sostenitori di attaccare l'Italia (la scritta ITALY enorme in sovraimpressione su vaghe immagini di jihad). È stato un momento incredibile per uno che da ragazzino ha letto 1984 pensando vabbe', questa almeno l'abbiamo scampata. E invece guarda che dieci minuti di odio ti organizza Studio Aperto. L'indiano che rapisce i bambini, i migranti che c'invadono, l'Isis che ci bombarda. Quanta gente guarda Studio Aperto tutti i giorni? Molto più di quelli che leggono Libero, e che magari dopo aver bevuto per tre giorni la fola del rapitore di bambini, saranno disposti anche a leggersi il pezzo in cui Facci si scusa, sapete com'è, avevamo "informazioni insufficienti" e quindi ci è scappato di inventarci un mostro.

Che poi è un'ulteriore fola, perché Facci il suo mestiere lo conosce e non c'è verso che possa essersi bevuto, nemmeno per un istante, il bibitone che ha somministrato ai suoi lettori. Se le "informazioni insufficienti" erano quelle che abbiamo sentito tutti, ovvero due genitori che denunciano un ambulante abusivo indiano per tentato sequestro di bambino, tu sai già che non c'è automezzo, non c'è organizzazione, non c'è niente. Tu lo sai ma devi lo stesso spremere un po' di odio per il bibitone. Ai lettori puoi sempre chiedere scusa tre giorni dopo. Se ti fa star meglio con te stesso.
Comments (4)

Leonardo T wrote ...
Più che ragionare su un target preciso (se sapessi farlo probabilmente ne avrei fatto un mestiere) io cerco di trovare dei buchi e mi ci infilo. È una pratica istintiva: leggo cose, ci ragiono, quando mi viene un'idea che non trovo ancora scritta da nessuna parte la scrivo io.

Penso che i giornalisti abbiano una grande responsabilità sul modo in cui il pubblico si forma le proprie idee: in un momento in cui vedo molti dare addosso al pubblico, preferisco concentrarmi su gli operatori del settore, che essendo professionisti, ed esperti, hanno un'oggettiva responsabilità. Non m'interessa dare dell'ignorante al cittadino qualunque che si è convinto che in giro ci sono migranti pro-isis che sequestrano i bambini; non ci trovo gusto a prendermela con gente che è meno informata di me; magari lavorano di più e hanno meno tempo per farsi un'idea complessiva; o non hanno avuto le opportunità di studiare il mondo che ho avuto io senza necessariamente meritarmele. Ma Facci, Gramellini, Rondolino, sono persone che hanno studiato, che sanno come gira il mondo, e che potrebbero contribuire a farlo girare un po' meglio.
8/26/2016, 2:34:00 AM

GGervinho wrote ...
Io non leggo Libero, né guardo Studio Aperto, leggo però spesso il suo blog. Inizio a chiedermi sempre più spesso quale sia il target di lettori a cui immagina di rivolgersi. Sbeffeggiare, confutare e smentire gli articoli di figuri come Facci (o Gramellini, o Rondolino) può essere interessante come esempio paradigmatico, ma lei sembra dedicarcisi con una costanza diversa. La prego di credere che non c'è intento polemico, ma mi saprebbe dire perchè ? Avversari migliori non ce ne sono o non ne cerca ?
8/25/2016, 12:24:00 PM

marcell_o wrote ...
infatti, ai britannici (e a maggior ragione agli italiani) andrebbe sempre ricordato di pensare bene a quello che chiedono, perché potrebbero ottenerlo, anzi (i britannici) l'hanno già ottenuto...
vogliamo meno immigrati? meno rispetto a cosa? vogliamo uscire dall'euro e svalutare finalmente la nuova moneta?
e via così...
8/25/2016, 9:47:00 AM

Claudio B. wrote ...
Da anni va in scena una campagna di disinformazione; alcuni lo fanno per motivi politici (Mediaset) mentre altri solo per vendere un po' di più (die Bild Zeitung) e siccome funziona, si va avanti.
Poi ci si meraviglia che dopo anni di 'piove, migranti ladri, Europa ladra' i britannici votino per alzare un nuovo steccato, salvo poi aprire una petizione su Facebook per dire che scherzavano.
8/25/2016, 8:08:00 AM

Ogni santa ha il suo burqini

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23 agosto - Santa Rosa da Lima, vergine (1586-1617)

Isabel da Lima, decima di tredici figli, ribattezzata "Rosa" per la tenerezza dell'incarnato che in America Latina più che altrove era indizio di origini europee e quindi di bellezza e nobiltà (anche se secondo un'agiografia fu proprio una serva india a chiamarla così) (secondo un'altra fu il vescovo che la cresimò) (chi le ha contate dice che in giro ci sono 400 agiografie diverse di Santa Rosa patrona di Lima) (e comunque il cambio di nome fu ratificato da una visione mariana) Isabel da Lima, dicevo, a vent'anni si fece costruire una casetta nel cortile di famiglia e non volle più uscirne.

Il volto di Santa Rosa, ricostruito dal grafico Cícero Moraes
 a partire dal cranio, custodito in un convento di Lima,
via Wiki.

Da bambina aveva letto di Caterina da Siena, che volendo restare sola con Dio, invece di entrare in un convento era rimasta a casa coi suoi: Isabel scelse di seguirne le orme. Caterina da Siena morì di digiuni e anche Rosa non arrivò a compiere 32 anni. È patrona di Filippine, India, Perù, Spilamberto (MO), giardinieri e fioristi: ma voi vi preoccupate del burqini.

No, avete ragione. È senz'altro un argomento più fresco. Cosa importa se da una parete vi pende ancora un calendario affollato di nomi di vergini anoressiche che spesso sfidarono l'autorità famigliare per autorecludersi a vita: ieri era ieri, oggi è oggi, e dalla Storia non s'impara mai niente. In questi giorni leggo molto discorsi che cominciano per "noi" o per "loro". Noi siamo quelli liberi di stare in ispiaggia come vogliamo. Noi il velo ce lo siamo tolto, salvo le nostre suore che però lo sono per libera scelta, mentre chi si infila un burqini no. Tra parentesi: voi l'avete mai vista davvero una bagnante in burqini? Io due o tre in Francia o in Turchia. In nessuno dei casi era accompagnata da un maschio barbuto e arcigno che la sorvegliava. Ok, tre episodi non fanno statistica. Ma insomma ho il sospetto che molti siano convinti che il meccanismo della prevaricazione funzioni sempre nel modo più banale: se qualcuno le costringe a portare un velo, noi le obblighiamo a togliersi il velo e saranno libere. Però se fossimo entrati con la forza nella casa di Isabel, se avessimo scardinato la porta della sua cella, lei non sarebbe uscita. Nessuno l'aveva rinchiusa con la forza: nessuno riusciva a farla uscire. Per Isabel la libertà era dentro la cella, la gioia era recitare maratone di rosari e strimpellare laude alla chitarra: evadere sarebbe stata una costrizione. Nel Giappone di oggi il fenomeno degli adolescenti che rifiutano di uscire di casa si chiama hikikomori.

D'accordo, Isabel-Rosa era una vittima dei tempi, del patriarcato, ecc.. Ma come la maggior parte delle vittime, aveva interiorizzato la propria condizione. Era stata condannata dalla società prima ancora che nascesse, ma il carcere se l'era fatto costruire su misura. Quando cominciò a manifestare i suoi propositi claustrali, era ormai chiaro che la famiglia versava in difficoltà finanziarie. Se sei la decima di tredici figli sai benissimo cosa significa: che i soldi per la dote non ci sono e per sposarsi ci si dovrà accontentare. Caterina da Siena aveva visto tante sorelle accasate a uomini brutali, aveva visto una sorella morire di parto. In famiglia già si chiacchierava di farle sposare il vedovo. Caterina preferiva digiunare. Fu una libera scelta? Visse poco ma divenne famosa, tutti gli alti prelati leggevano le sue lettere, un Papa avignonese si fece persino convincere a tornare a Roma. È sui libri di storia e nelle antologie di letteratura: altre avrebbero preferito scodellare figli al vedovo.


Ah vabbe' ma si era portata la chitarra.
Anch'io sono rimasto tappato in casa
qualche anno con la chitarra
(poi per fortuna hanno inventato l'internet).

A me piace che nelle spiagge ci siano persone molto diverse da me. La spiaggia è il luogo in cui ho imparato da bambino che esistono gli stranieri, esistono i mutilati e infinite altre forme di diversità. Ultimamente vedo molti tatuaggi, una forma di creatività per la quale ho una repulsione fortissima, pre-razionale, chi può mi perdoni. Se avessi passato gli ultimi vent'anni in coma, e se al risveglio mi avessero raccontato che il Pessimo Gusto è salito al potere e costringe la gente a tatuarsi contro la propria volontà, ci crederei: voglio dire, per crederci mi basta andare fare due passi in ispiaggia. Se poi qualcuno mi dicesse: no, guarda che queste frasette motivazionali o queste cornicette da diario delle medie me li sono iniettati sottopelle a mie spese, è stata una mia libera decisione che ho deciso di difendere finché campo, io scrollerei la testa: è quel che ti costringono a credere, dai. Sei solo una vittima, anche se non hai il coraggio di ammetterlo. Se una persona mi dice che si mette il velo per libera scelta, sono libero di non crederci. Ma se invece di manifestare il mio scetticismo le strappo il velo, o le ordino di non presentarsi più in ispiaggia o a scuola, cosa ottengo? Isabel, ti ordino di uscire dal convento.

Io credo che molte donne che si bagnano in burqini non sappiano cosa si perdono. Cosa posso fare per convincerle a cambiare idea e costumi? (continua sul Post!)
Comments (11)

Marino Voglio wrote ...
ce_ripenzo_come_li_cornuti mode /on
guardatori_di_diti mode /on
esticazzi mode /on
lo_metto_qua_che_dellà_i_commentatori_so'_de_un_certo_livello_e_io_me_vergogno mode /on

"e strimpellare..."

magari quella nella sua casetta (insonorizzata?) ripiena de
spiritosanto era mejo de django e jimi messi insieme.
oltretutto so' passati cinquesecoli.
macheccazzo ne sai te.
8/26/2016, 10:11:00 AM

Anonymous wrote ...
Finalmente qualcuno che attiva il cervello prima di scrivere/giudicare/blaterare! Bell'articolo!
Premetto che sono un po' di parte perché: 1-un mussulmano l'ho sposato; 2-mi vesto come mi pare e al mare ci vedo in bikini; 3-proprio per questo credo che se una donna mussulmana vuole mettere o non mettere l'hijab debba essere una sua scelta; 4-in un paese islamico ci ho vissuto e ho visto ragazze al mare in bikini e vestite, allegramente mescolate; 5-bisogna che la si smetta con sta mentalità di dover "liberare" gli altri, magari prima di intervenire chiediamoci se VOGLIONO essere liberati! Last but not least: ma la Francia non era quella di libertéegalitéfraternité?!?
Grazie dovrei leggerti più spesso, sana ironia per parlare seriamente! Una risata vi seppellirà!
8/25/2016, 8:19:00 PM

IZ wrote ...
«Io credo che molte donne che si bagnano in burqini non sappiano cosa si perdono. Cosa posso fare per convincerle a cambiare idea e costumi? Se (le) GLI vieto/vieto LORO di bagnarsi, in un colpo solo avrò ammesso che il loro abbigliamento mi fa paura, e che la *nostra* spiaggia non le vuole. ... Se invece (la) LE tollero, (le) GLI do/do LORO la possibilità di passare un po’ di tempo con tanta altra gente che ha costumi diversi dai (suoi) LORO. Questo non (le) GLI (cambierà) farà necessariamente cambiare/non farà LORO necessariamente cambiare idea...»
Capisco che uno possa passare da un plurale a un singolare in corso d'opera e perdere l'orientamento, però rileggersi...
8/24/2016, 6:41:00 PM

Leonardo T wrote ...
Ci mettono un po' - oggi poi è una giornataccia.
8/24/2016, 6:05:00 PM

Marino Voglio wrote ...
(ah, e tanto per la visibilità: su ilpost non sei nemmeno in homepage.
te devi sforza' deppiù a esse' carino con coladdovesipuote, me sa...)
8/24/2016, 2:49:00 PM

Marino Voglio wrote ...
" - e levate a cammisella
- a cammisella nonnò nonnò
- e levate a cammisella
...
(etc.)"
8/24/2016, 2:37:00 PM

Claudio B. wrote ...
Pare che alla fine sia successo: a Nizza, quattro poliziotti armati si sono presentati da una tizia che era in spiaggia indossando dei leggins, una larga camicia ed una cuffia obbligandola a spogliarsi.
Ovviamente le notizie vanno sempre vagliate, cercando di non cadere nelle bufale degli "incredibile!1!! Clicca qui!!!" , però le foto che ho visto mi hanno fatto una bruttissima impressione.
8/24/2016, 1:16:00 PM

Claudio B. wrote ...
Pare che alla fine sia successo: a Nizza, quattro poliziotti armati si sono presentati da una tizia che era in spiaggia indossando dei leggins, una larga camicia ed una cuffia obbligandola a spogliarsi.
Ovviamente le notizie vanno sempre vagliate, cercando di non cadere nelle bufale degli "incredibile!1!! Clicca qui!!!" , però le foto che ho visto mi hanno fatto una bruttissima impressione.
8/24/2016, 1:15:00 PM

michael gilhaney wrote ...
Leggere, prima di commentare.

Caterina da Siena (CATERINA DA SIENA, non Isabel Flores y de Oliva) ... un papa (con la minuscola, por favor) avignonese si fece persino convincere a tornare a Roma.

Però è un caso interessante per studiare certi cortocircuiti che si creano nella testa quando leggiamo un testo. O la velocità con cui ci precipitiamo a commentare senza rileggere. ;)

Stefano anch'io
8/24/2016, 9:19:00 AM

StefanoV wrote ...
Ma i papi avignonesi nel '500 non erano tutti estinti come i dinosauri?
8/24/2016, 7:49:00 AM

StefanoV wrote ...
Ma i papi avignonesi nel '500 non erano tutti estinti come i dinosauri?
8/24/2016, 7:49:00 AM

L'uomo che batteva i nazisti (e i cavalli)

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Race (Stephan Hopkins, 2016).

Il trucco è che il colpo di pistola spaventava un po' il cavallo,
e intanto Owens era partito.
Qualche anno dopo aver vinto le famose quattro medaglie d’oro davanti a Hitler, Owens per campare sfidava sul rettilineo i cavalli da corsa. Avversari umani di livello non ne aveva più: era stato radiato subito dopo Berlino, per essersi rifiutato di seguire la squadra olimpica americana in un tour in Scandinavia. Aveva avuto voglia di tornare subito a casa, abbracciare la famiglia, assaporare il trionfo, quel tipo di cose. A New York in effetti diedero un grande ricevimento in suo onore al Waldorf Astoria - ma lo fecero entrare dalla porta sul retro. Il presidente Roosevelt, molto impegnato nella campagna per la sua rielezione, non lo incontrò mai. Owens del resto era un repubblicano, appoggiò ufficialmente il suo rivale. Quando gli chiedevano come mai Hitler non gli avesse stretto la mano, lui faceva presente che neppure Roosevelt gli aveva mai mandato nemmeno un telegramma. Poi per un po’ lo sport passò in secondo piano, Owens continuava a far figli e si arrabattava come poteva. Fu tra i fondatori di una lega di football americano per soli neri (le altre federazioni li escludevano), che fallì in pochi mesi. Aprì un lavasecco, dichiarò bancarotta, fu condannato per evasione fiscale. Ci sarebbero voluti diversi anni per ritrovarlo sulla panchina da allenatore degli Harlem Globetrotters. Quando a Città del Messico i vincitori americani dei 200 metri fecero scandalo alzando il pugno chiuso, Owens li criticò, per poi pentirsene pubblicamente. Prima di lasciare questo mondo, nel 1980, fece in tempo a protestare contro la decisione di Reagan di boicottare le olimpiadi di Mosca. Di tutto questo Race non parla - soltanto la scena in cui lo fanno passare dal retro del Waldorf Astoria, con la moglie, funziona da finale dolceamaro, mentre scorrono i sottotitoli: sembra tutto sommato un’offesa da poco, qualcosa da lasciarsi alle spalle.
Il ralenti sarà banale, ma con l'atletica funziona sempre.
Hopkins non lo usa, sembra che abbia fretta di mostrarti
le gare per passare ad altro.

(Quando capisci che un biopic non funziona? Per esempio, quando è meno avvincente della pagina di Wikipedia).

Come si fa a sbagliare un film su Jesse Owens? Da una parte un afroamericano che resta a ottant’anni di distanza uno dei più grandi atleti di tutti i tempi: dall’altra hai i nazisti e i razzisti dell’Ohio. Per trasformare l’atletica in tragedia e in spettacolo, puoi ripassare Chariots of Fire; per capire come parlare di razzismo e di sport, puoi rifarti ad Ali di Michael Mann. Quanto alle olimpiadi di Berlino, prendi la Riefenstahl e vai sul sicuro. Ma se tutte queste lezioni le ignori, se i dilemmi etici degli atleti li risolvi in discussioni di tre minuti, se il razzismo lo dai per scontato, se i tuoi nazisti sembrano cattivi da melodramma (sul serio, ogni volta che parla Goebbels partono i violini), se la Riefenstahl ti interessa solo come personaggio, il risultato finale si avvicinerà pericolosamente al livello di una fiction italiana, con un budget più alto, ma con meno personalità addirittura.

Il reverendo che sposò gli Owens aveva
i baffetti alla Hitler, il che mi fa impazzire.
Sbagliare un film su Jesse Owens è un’impresa incredibile, ma Stephan Hopkins ce l’ha fatta (continua su +eventi!).

Proprio lui che col suo biopic su Sellers aveva dimostrato di saper sfidare le regole del genere - quella però era un’icona che supplicava di essere profanata; con Owens, con la leggenda olimpica, non si scherza, e il risultato è anche che non se ne riesce nemmeno a discutere seriamente. Più che personaggi in scena ci sono delle figurine: hanno tutti obiettivi lineari (l’atleta nero vuole vincere, l’allenatore bianco vuole riscattare i suoi insuccessi, il dirigente olimpico vuole sconfiggere i nazi) e quando qualcuno o qualcosa si mette di traverso, s’ingrugnano, finché qualcuno non li sblocca, di solito con un bel discorso. Anche Hopkins è succube di questa moda del discorso taumaturgico, che tanti danni ha fatto negli ultimi anni (vedi il Lincoln di Spielberg). Ma nel suo caso l’ossessione rasenta il comico, perché molto spesso i discorsi non c’entrano nulla col conflitto in atto: ad esempio, quando Owens è incerto se boicottare o no i Giochi come gli ha chiesto un’associazione afroamericana, l’allenatore lo commuove spiegandogli che una volta si è schiantato con un aeroplano. Non c’entra tantissimo, ma nel frattempo è partita la base languida e pare che adesso funzioni così, ogni volta che un personaggio è frustrato e deve prendere una decisione tu inserisci un blocco di testo qualsiasi nel copione, un attore lo legge, i violini partono, voilà, la decisione è presa. Pazienza se il protagonista sembra non aver personalità, e oscillare a seconda dei discorsi che ascolta.



Luz Long è un gran personaggio, ok,
ma arriva dopo un'ora e mezza di film.

Il film tutto sommato tratta meglio Avery Brundage (un Jeremy Irons poco convinto), dirigente sportivo americano dalla carriera prestigiosa e controversa (dopo la guerra divenne segretario del CIO fino al 1972, quando si prese la responsabilità di far proseguire i giochi olimpici dopo che Settembre Nero aveva massacrato undici membri della squadra olimpica israeliana). Con una mossa che tradisce non si sa se più superficialità o provincialismo, Hopkins trasforma Brundage nell’eroe del mondo libero che persuade la compagine olimpica americana a non boicottare le olimpiadi, costringe i nazisti a non perseguitare gli ebrei (almeno durante i Giochi) e minaccia Goebbels: o Hitler stringe la mano a Owens, o non la stringe a nessuno. Poi però i due membri ebrei della staffetta americana, a malincuore, deve escluderli dalla finale, perché c’è un limite a quanto si può infiocchettare la storia. In realtà Brundage aveva opinioni moderatamente antisemite, come molti americani che prima di Pearl Harbor non guardavano a Hitler con troppa antipatia.

Lo sport è spesso ingrato coi suoi protagonisti: li piazza alla ribalta e poi cala il sipario all’improvviso. Il caso di Owens è esemplare anche perché ha sempre rappresentato quello che gli Stati Uniti vorrebbero essere - la patria multietnica che piglia Hitler a calci in culo. Se la storia finisse lì, se Owens non avesse poi dovuto interrompere subito la carriera e fare i conti col razzismo in patria, sarebbe una storia fin troppo edificante - probabilmente quella che aveva in mente Hopkins. Race torna sul grande schermo giovedì (ore 22) a Bra, frazione San Matteo, in occasione della rassegna Cinema d’estate in periferia

Comments

Cerca di essere un uomo, Filippo Facci

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In questi giorni mi sono messo un paio di volte a scrivere un pezzo per spiegare che anch'io, come tutti, ho paura. Di tante cose, tutte in realtà collegate: del fatto che questo sia l'ennesimo mese più caldo di sempre, delle migrazioni probabilmente inevitabili, della xenofobia che ne scaturisce nei Paesi di confine come il nostro, e non solo; delle pulsioni isolazioniste e identitarie che portano a infortuni come la Brexit e creano consenso intorno a personaggi come Trump o Erdogan; insomma ho paura di tutto, come tutti.

E in questo tutto c'è anche il terrorismo di matrice islamica, com'è normale che sia - benché continui a fare meno vittime del traffico, non c'è motivo per cui non debba spaventare un qualsiasi europeo di mezza età che ha una famiglia e ogni tanto vorrebbe andare al cinema o in ispiaggia. Quindi sì, ho paura anch'io. Se in questo periodo non ne scrivo, non è per paura di ammettere di non aver paura. Più banalmente: sono un adulto, e non credo che gli adulti dovrebbero fare spettacolo delle proprie emozioni.

Lo so che è strano scriverlo su un blog; che all'inizio del gioco nella melassa delle emozioni abbiamo tutti intinto la penna e non solo; ma se c'è un errore in archivio da cui mi piacerebbe prendere le distanze, è proprio questo. Quando sei un bambino, se hai paura urli e piangi. È giusto che sia così, è giusto che gli adulti si ricordino continuamente che hai esigenze, così non ti dimenticano in macchina nel parcheggio. Quando cresci - e intorno a te i bambini cominciano a piangere - tu sei quello che deve restare calmo. Anche se hai paura. Proprio perché hai paura.

Questa è una cosa che ho capito molto presto, credo grazie allo scoutismo. A distanza di mezza vita continuo a rendermi conto che lo scoutismo ha fatto un'enorme differenza nel modo in cui sono cresciuto. Non per i discorsi che facevamo e che mi sono quasi tutti dimenticato, ma per il modo in cui lo scoutismo ci prendeva a diciott'anni e ci intestava la responsabilità di una ventina di minorenni, tuttora se ci ripenso mi spavento - così che invece di preoccuparci dei soliti nostri problemi di generazione X dovevamo passare il tempo a tirar su il morale a questi monelli, anche quando si allagavano le tende o qualcuno si fratturava il femore. Eravamo incoscienti, certo, ma se anche avessimo avuto un po' di paura, non ci era consentito esibirla. È così che sono cresciuto; forse è per questo che lavoro ancora coi minori e non vado in giro a strillare che il mondo sta finendo e l'eurabia trionferà. Non lo trovo razionale, ma soprattutto non lo trovo virile.


In questi giorni mi sono messo un paio di volte a scrivere un pezzo del genere, finché stamattina mi sono imbattuto in uno sfogo estivo di Filippo Facci su Libero, trenta righe su quanto odia l'Islam. Un pezzo ai limiti dell'autoparodia, l'Uomo Bianco Che Strippa In Estate, ormai un classico. Facci ha sempre dato l'impressione di essere più intelligente delle cose che pubblica, e anche stavolta, mentre va avanti con la bava alla bocca gli scappa un'ammissione, è come quando in un film di zombie ne vedi uno a cui sfugge una lacrima da un occhio pesto, appena un sospetto di umanità. Guarda che roba mi sto riducendo a scrivere.

Ma non ci sono più le parole, scrisse Giuliano Ferrara una quindicina d’anni fa: eppure, da allora, abbiamo fatto solo quelle [ma parla per te, al limite parla per Giuliano Ferrara], anzi, abbiamo anche preso a vendere emozioni anziché notizie. Eccone il risultato, ecco alfine le emozioni, le parole: che io odio l’Islam, blablablà, va avanti a lungo.

Ma insomma, "eccone il risultato". Invece di prendervi delle responsabilità, di esercitarvi a ragionare coi lettori scansando le reazioni più emotive, avete deciso che avreste venduto emozioni, amplificato emozioni, sdoganato le emozioni. Il risultato è che state sulla cinquantina e il vostro mestiere consiste nel vomitare odio su un giornalino di benpensanti razzisti che hanno bisogno di sentirsi dire che l'Islam è odioso, e il cui contributo alla guerra di civiltà si esaurirà nel farvi l'obolo di un euro, un euro e venti, e magari sputare sulla passante magrebina che incrociano al semaforo. Tu, Filippo Facci, che pure sembravi così intelligente: e il tuo collega Giordano, quella povera persona che chiama alle armi l'occidente con la sua vocina querula, una metafora vivente. Speculare sui bassi istinti dei vostri lettori non è soltanto spregevole e rischioso. Soprattutto, non è una cosa da veri uomini.

A Libero sì che sanno taggare

Nel senso un po' machista del termine, sì.

Siete quei poveri isterici che nei film catastrofici urlano MORIREMO TUTTI!, e nessuno spettatore in effetti ritiene necessario che debbano sopravvivere. Va bene, la congiuntura è quel che è, ormai i giornali si vendono così - ma in realtà non li vendete lo stesso. Perché dovrei avere rispetto per gente come voi? Per quindici anni avete solo detto parole, parole, parole, e intanto io ad esempio lavoravo. Con un sacco di brava gente, alcuni anche musulmani. In questi quindici anni diversi li ho diplomati, alcuni li vedo ancora: hanno un lavoro, magari pensano a farsi una famiglia. Il famoso Islam moderato, che secondo le vostre teorie quindecennali non esiste. Magari davvero no,  non saprei: posso dire che è da mezza vita che ho a che fare con bambini musulmani, genitori musulmani, ragazzi musulmani, e mediamente mi hanno dato meno problemi di quelli di origine italiana (mi hanno anche dato meno problemi di Filippo Facci). Insomma io non lo so se esiste l'Islam moderato, ma in questi 15 anni coi musulmani moderati ci ho lavorato. Voi non lo vedete perché non è il vostro target, da quel che scrivete si capisce benissimo che il vostro contatto coi musulmani si limita al kebab all'angolo e alla tizia che vi lava le scale e che secondo Gramellini dovrebbe subito andare in questura se sente discorsi strani in moschea. Ma c'è tanta gente che vive e lavora e studia: e voi non li vedete. Non studiano nelle vostre scuole, non lavorano nei vostri giornali, e nemmeno li compreranno mai, quindi perché preoccuparsi? Eh, ma io in quelle scuole invece ci lavoro. Quest'anno la mia alunna che si è diplomata col voto più alto era di origine pakistana, per dire.

Certo, ogni tanto i miei studenti mi raccontano cose che mi spaventano - anche se cerco di non mostrarlo. Per esempio raccontano di passanti che inveiscono contro di loro. Succede spesso dopo un attentato. Ragazzine di dodici anni che tornano a casa a piedi, magari una delle due porta un velo: passa un vecchio in bicicletta e sputa loro addosso. Queste cose non vanno mai in prima pagina, nemmeno in sedicesima, ma succedono un po' tutti i giorni. Quel vecchio magari non legge gli sfoghi estivi di Filippo Facci su quanto è opportuno tirare calci all'Islam che siede sui nostri marciapiedi. Però Libero, quando pubblica una strippata di Facci sull'Islam, pensa esattamente a quel tipo di lettore.

Adesso viene la parte più inquietante. Una cosa che scrive Facci - che l'Islam sarebbe avrebbe portato una "permalosità sconosciuta alla nostra cultura" - è abbastanza ridicola, soprattutto se penso all'autore. Però sì, un certo tipo di permalosità è innegabile, anche se lo trovo un tratto comune di tutte le civiltà mediterranee. Comunque può essere un problema, anche considerato che le temperature non si abbasseranno per un po'. Ora, io ho avuto diversi studenti musulmani, e il rischio della radicalizzazione so cos'è. Se mi chiedi: quale fattore può portare un ragazzino o una ragazzina a radicalizzarsi, io a freddo ti risponderei: un vecchio in bicicletta che ti sputa addosso, o sputa a tua sorella.

Dunque, caro Facci, la situazione è questa: tu per vivere fai la tua tiratina isterica su Libero: un coglione razzista la legge, esce di casa e sputa addosso a una ragazzina. Quella ragazzina magari ha un fratello che lavora con me. Se è permaloso, se si radicalizza, non verrà a farsi esplodere a casa tua, figurati. Non saranno cazzi tuoi, mi rendo conto. Saranno cazzi tutti miei, se un giorno viene a scuola con un coltello o peggio.

Ma io non posso avere paura. Nessuno mi paga per averne. Nessuno mi paga per pisciarmi addosso le mie emozioni.

Invece mi pagano per aver coraggio. Quindi io continuerò ad avere coraggio, e tu continuerai ad avere paura. Così è la vita.

Volevo dirti un'ultima cosa ad effetto, del tipo: la prossima volta che ti sale il panico, cerca di essere un uomo, Filippo Facci. So già che mi risponderesti - senza un'ombra di islamica permalosità - vaffanculo imbecille. Già. Buone vacanze anche a te.
Comments (21)

vincenzo zamboni wrote ...
Ognuno ha il diritto inalienabile di amare e odiare quel che gli pare.
Le azioni sono soggette a norme relazionali, i sentimenti no, sono liberi.
8/21/2017, 12:47:00 AM

Mark wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
6/20/2017, 6:39:00 AM

M B wrote ...
Mi dispiace, non sono per niente d'accordo. Questo Leonardo scrive a parolacce un'opinione espressa in modo coonfusionario.
Non sono d'accordo perché i dati empirici mostrano che la Cina ed il Giappone, che notoriamente adottano politiche da "pugno di ferro" sia in tema di immigrazione che di islam, non hanno sofferto neanche lontanamente la quantità di violenza che l'Europa dell' "integrazione", dell' "accoglienza" e della "multiculturalità" stanno subendo, peraltro in modo crescente. Il Giappone in particolare, che non prevede alcun metodo di "integrazione" della popolazione immigrata non ha MAI subito un attentato di matrice islamica o di qualsivoglia mano "non autoctona".
Però questi sono dati che i media del "politicamente corretto" vedono bene di nascondere.
Alla luce dei fatti mi sembra che l'estremo oriente combatta il terrorismo in modo estremamente efficace. Forse dovremmo cominciare ad imparare da loro.
6/20/2017, 5:19:00 AM

Anonymous wrote ...
Heavymachinegun, senza offesa, ma "La superiorità (almeno morale) dell'Islam sull'Occidente è un'idea di tanti musulmani, anche moderati. Magari la tengono nascosta in un angolo di cervello, e non la esprimono." sembra un po' un discorso alimentato ad aria fritta.
Vogliamo davvero introdurre nel discorso l'idea sciocchina che a definire se uno è un moderato sia l'assenza di pensieri "scomodi", o possiamo restare nella realtà, che da sempre indica con una certa precisione come siano le azioni a definire chi siamo, e che anzi un'azione equilibrata ha valore doppio esattamente in ragione della presenza di motivi non dico validi, ma più o meno sentiti per non averlo, quell'equilibrio?

Poi non so, magari sono io che non ho capito.
6/19/2017, 6:25:00 PM

cragno wrote ...
Niente, Facci non ha abboccato
8/6/2016, 1:28:00 PM

Leonardo T wrote ...
Scusate, sto poco sull'internet in questi giorni.
8/4/2016, 2:50:00 AM

Unknown wrote ...
Ciao Leonardo, stiamo discutendo del tuo articolo qui: http://www.hookii.it/filippo-facci-odio-islam-tondelli/

SE volessi partecipare alla discussione te ne saremmo grati.
8/2/2016, 12:07:00 PM

TimshelJ wrote ...
Non molto convincente questa volta. Eppure non dovrebbe essere così complicato smontare quell'obbrobrio scritto da quel signore. Potrebbe essere la cosa più razzista e ignorante che abbia letto negli ultimi anni (e a volte leggo i commento de Il fatto...). Non si può rispondere con l'aneddotica a uno che scrive "odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre, odio il loro odio che è proibito odiare, le loro moschee squallide, la cultura aniconica e la puzza di piedi". Che roba è? Il diario di un teenager 50enne, finto-ribelle che vuole essere Hitchens senza averne le basi.
8/1/2016, 3:26:00 PM

Bandini wrote ...
Grazie Leonardo per questo post.
7/31/2016, 8:42:00 AM

kalle b wrote ...
a parte Facci, il pezzo fa un'analisi molto centrata e condivisibile, e che secondo me vale anche piu' in generale per la discussione sul "politicamente corretto": il politically correct senza il quale citta' come Londra o New York esploderebbero. Solo i "benpensanti razzisti" possono giocare a non essere politicamente corretti. Non, come bene dice Leonardo, la "gente che vive e lavora e studia". Assolutamente d'accordo.

Una cosa che invece non mi trova molto d'accordo o che non ho ben capito e' il riferimento alla virilita', alle cose "da veri uomini". Solo perche' quasi tutte le donne con cui io ho a che fare non mancano della razionalita' e del coraggio personale e civile di cui parla Leonardo. Ma e' solo una nota.
7/30/2016, 8:02:00 PM

Zagabart wrote ...
A me Facci a volte piace, a volte fa riflettere, a volte (come questa) non lo sopporto. Ti faccio i miei complimenti per l'analisi, la lucidità e l'umanità; come ha detto qualcuno qui sopra, mi aiuti anche a capire meglio tante cose, quindi tanta stima (come dicono i giovani).
7/30/2016, 12:39:00 PM

sdn wrote ...
Ho dimenticato di sottolineare un punto più importante. Leggere i titoli di Libero (e prendersi gli sputi) può portare i figli a pensare che il padre abbia ragione a odiare l'occidente e fare "specchio riflesso" quando ci si sente rifiutati con odio è un meccanismo fin troppo facile da innescare. "La società mi odia" diventa velocissimamente "io odio la società".
7/30/2016, 11:45:00 AM

sdn wrote ...
Heavymachinegun, tu e Alberto dite cose verissime, sensatissime, ma che personalmente do per acquisite. Chiunque tende a privilegiare cultura e valori d'origine (banalizzando, pensa a quanti Pugliesi a Milano non hanno mai assaggiato l'ossobuco ma si ostinano a pretendere i sapori di casa :D ). Ma se a questo aggiungi i problemi reali dovuti al non trovare una collocazione soddisfacente nel nuovo ambiente e in più pure sputi e insulti gratis la cosa può diventare problematica.

l'obiettivo dell'integrazione non siano gli stranieri che arrivano, ma i loro figli. I padri, per forza di cose, sono estremamente legati alle loro origini, alle loro tradizioni, al mondo in cui sono cresciuti.
7/30/2016, 11:39:00 AM

Heavymachinegun wrote ...
Bellissimo pezzo. Ma mi trovo più d'accordo con Alberto Cassone. Non credo che sia il vecchietto che mi sputa a convincermi a farmi saltare in aria o cose del genere. La superiorità (almeno morale) dell'Islam sull'Occidente è un'idea di tanti musulmani, anche moderati. Magari la tengono nascosta in un angolo di cervello, e non la esprimono. E' una cosa normale, lo farei anch'io.

Pensa se ti trasferissi stabilmente in Iran per motivi di lavoro. E' ovvio che considereresti l'occidente come "migliore", ed è altrettanto ovvio che terresti questa cosa per te. Sorrideresti a tutti e cercheresti di comportarti normalmente. Ma se proprio qualcuno ti chiedesse: "ma allora ti trovi meglio in Iran?" Allora risponderesti...

Penso che la radicalizzazione non venga dal vecchietto che sputa. Semmai viene dal fallire nell'integrarsi, nel trovare un posto soddisfacente nella società. Questo, unito alle idee blandamente anti-occidentali della famiglia e dell'ambiente in cui si vive, fa sì che piano piano il risentimento verso la società faccia prendere sul serio quelle idee.

Quello che passa dal cervello di un radicalizzato è più meno questo:
"Non è la società che non mi vuole, sono io a non volere la società. Mio padre odia in silenzio l'occidente e non fa mai niente. E' un debole, forse un vile. Io devo essere migliore di lui e mettere in pratica quelle che per lui sono solo chiacchere. In questo modo dimostrerò a tutti che sono un eroe, e non un reietto."

Insomma, non credo che il problema da risolvere sia Feltri o Facci. Bisogna seguire di più la seconda generazione di immigrati. Aiutarli ad integrarsi, specialmente nelle situazioni familiari di disagio. Far sì che trovino qualcosa per cui NON farsi saltare in aria.
7/30/2016, 11:27:00 AM

Alberto Cassone wrote ...
Bello (sentito e originale), anche se non sono molto d'accordo. Tutti i Musulmani (adulti) a cui ho insegnato aderiscono, ovviamente con gradazioni diverse, all'ideologia antioccidentale, la cui causa principale non è il colonialismo occidentale (è una delle cause ma non la principale: si veda ad esempio http://www.ibs.it/code/9788806171988/buruma-ian/occidentalismo-occidente-agli.html). Mi sono sempre trovato benissimo con loro, ma evitando il più possibile di parlare di temi storici e politici, altrimenti quando si discuteva di Salman Rushdie o di Israele o di USA o di Francia ero costretto a scegliere tra l'assumere un antipatico atteggiamento paternalistico (spiegando gli avvenimenti storici, di cui non sono un grande esperto ma di cui loro non avevano alcuna idea oppure avevano idee false causate dalla propaganda: Protocolli dei Savi di Sion e via dicendo) e il continuare la lezione ignorando la violenza implicita nelle loro idee, ma masticando amaro.
In generale (fatta eccezione per le persone molto colte, per quelle molto buone, per gli ipocriti e per gli incoerenti), Mulsumani e Cristiani agiscono da persone moderate solo nelle situazioni (personali o storiche) in cui è la loro sensibilità personale a essere chiamata in gioco; ma quando sono le loro idee politiche (fondamentalmente impersonali) a essere chiamate in gioco, non possono agire in modo moderato, perché la loro coerenza e la loro fede, manipolate dall'ideologia, li spingono nella direzione inevitabile del disprezzo (o persino dell'odio) per "noi".


7/30/2016, 10:25:00 AM

Giuseppe Izzinosa wrote ...
Fare del male è incredibilmente più facile di quanto si pensi.
Costruire, stare bene e far stare bene le persone intorno a sé, aiutarle a riflettere è ben più complesso e comporta capacità notevoli, nonché grande autocontrollo.
Questo post è un'autentica lezione di vita, di cui ringrazio l'autore.
7/30/2016, 7:23:00 AM

Francesco wrote ...
Intervento efficace e di grande livello. Complimenti
7/29/2016, 10:16:00 PM

LoSconosciuto wrote ...
Bello
7/29/2016, 9:50:00 PM

Big Cat wrote ...
Non dovresti. Non hai capito granché di quel passaggio, prova a rileggerlo.
7/29/2016, 9:39:00 PM

sdn wrote ...
Leonardo, applausi. Leggere cose di questo tipo aiuta anche noialtri ad essere più coraggiosi.
7/29/2016, 9:05:00 PM

Anonymous wrote ...
Quindi la permalosità 'comunemente mediterranea' che ti aspetti dagli islamici che conosci è del genere: se qualcuno sputa a mia sorella, prendo e vado a tagliare la gola al primo che capita.
Beh, mi sento virilmente rassicurato.
7/29/2016, 8:24:00 PM

Caro fratello musulmano di Gramellini

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Caro musulmano non integralista che in privato hai confidato a Gramellini il tuo sgomento per l'eresia wahabita, e la tua rabbia verso la corte saudita che si atteggia a nostra alleata e invece finanzia quell’eresia dai tempi di Bin Laden, esci fuori.

Lo so che esisti, Gramellini ti ha tradito. Dai, esci, su.

Il piano degli aspiranti califfi è piuttosto chiaro: utilizzano ragazzotti viziati come gli stragisti del Bataclan, ma anche relitti umani come il camionista che ha seminato la morte sulla promenade di Nizza per alimentare la paura e l’odio verso l’Islam, così da portare i razzisti al potere in Occidente e creare le condizioni per innescare una guerra di civiltà, insomma la qualunque, va bene tutto, qualsiasi commando improvvisato noi lo attribuiamo ai Sauditi Malvagi, se non direttamente a Sauron o al Veglio della Montagna, perlomeno il tuo amico Gramellini ormai ragiona così, un Vittorio Feltri dal volto umano, e tu ancora ci parli, chissà dove poi, magari uscite a cena, e al dessert tu gli fai: sono sgomento per l'eresia wahabita.

"La che?"
"L'eresia wahabita, è la confessione della corte saudita".
"Sono i cattivi?"
"Beh, senz'altro hanno finanziato diversi terroristi".
"Ah, il terrorismo, conosco, gli anni Settanta, sapessi, le Brigate Rosse, i compagni che sbagliano..."
"Ecco, non c'entra niente".
"Ma è terrorismo, lo hai detto tu".
"Il terrorismo è un fenomeno complesso, sarebbe sbagliato leggere gli avvenimenti degli ultimi vent'anni con le lenti degli anni di piombo, che tra l'altro ormai ve li ricordate solo voi giornalisti italiani e..."
"Ma non scaldarti, su, beviti un bicchiere".
"No, grazie".
"Ah già sei musulmano".
"No è che a quest'ora non lo reggo, e forse anche tu dovresti..."
"Però sei stronzo che mi fai bere da solo. Vabbe', ho capito, i sauditi vogliono fare la rivoluzione e i musulmani di tutto il mondo li considerano compagni che sbagliano, è così?"
"Sigh".
"Negli Anni Settanta del secolo scorso il terrorismo di sinistra insanguinò le nostre strade con altri metodi (bersagli simbolici e non indiscriminati) ma identici obiettivi: scatenare la rivoluzione".
"In che senso identici obiettivi? La rivoluzione non è mica una guerra di civiltà".
"Vabbe', dettagli. Comunque tu in questa storia saresti il sindacalista Guido Rossa, che pagò con la vita la rottura dell’omertà in fabbrica!"
"Cioè devo farmi ammazzare".
"Ma no, si fa per dire, anzi ti auguro lunga vita".
"Ma mi tocco i coglioni, guarda".
"Ah, lo fate anche voi?"
"No, è che mi sto integrando".
"Bravo".
"Ma insomma cos'è che dovrei fare?"
"Da te che ci aspettiamo il gesto che può cambiare la trama di questa storia. I farabutti che sgozzano in nome dell’Islam non vengono dal deserto: sono cresciuti in Occidente e quasi sempre ci sono anche nati".
"Embè?"
"Frequentano i tuoi negozi".
"Io faccio la spesa alla coop".
"E la carne halal?"
"Ce l'hanno anche alla coop".
"Ah".
"Tu non la fai mai la spesa, vero?"
"Però frequentano anche le tue moschee".
"Cioè secondo te i jihadisti discutono di bombe davanti a tutti nel parcheggio della moschea? Che molti manco ci vanno in moschea. Si fanno le madrase in casa".
"Ecco, perché non li denunci?"
"Li denuncio per cosa?"
"Hai appena detto che si fanno della roba in casa".
"Le madrase, le scuole islamiche, si trovano in garage o nel seminterrato e pregano e insegnano l'arabo ai figli".
"E tu non li denunci?"
"Ma per cosa? Per il reato di pregare insieme a casa propria e insegnare l'arabo ai figli?"
"Lo vedi che non sei collaborativo? Eppure parlano la tua lingua!"
"Ma mica tanto".
"Come, non siete tutti arabi?"
"Guarda, io son tunisino, e i marocchini già faccio fatica a capirli. Poi ci sono i pakistani che non sono proprio arabi, proprio per niente. L'arabo giusto per le preghiere".
"Ma te pensa. Comunque hanno figli che vanno a scuola con i tuoi".
"Perché con i tuoi no?"
"Ehm, boh, non saprei. Senti, per troppo tempo hai guardato ai terroristi come a dei fratelli che sbagliavano ma che non andavano traditi".
"Eh?"
"Non condividevi i loro comportamenti, ma non te la sentivi di denunciarli".
"Ma che cazzo dici?"
"In qualche caso per paura, ma più spesso per una forma perversa di solidarietà religiosa e razziale".
"Cioè mi stai accusando di favoreggiamento ai jihadisti? Così? Mi inviti a cena e mi dici una cosa del genere?"
"No, veramente la scrivo sulla prima pagina del giornale".
"Perché sono tuo fratello".
"Certamente, di me ti puoi fidare".
"E meno male che non ero solo tuo cugino, ma vaffanculo, va'".
"Lo dite anche voi?"
"Mi sto integrando".
"Bravo. Adesso però il gioco si è fatto troppo duro e non puoi più restare sull’uscio a osservarlo".
"Ma osservare cosa, ma lo sai che c'è gente che dopo ogni attentato mi insulta per strada?"
"Adesso anche tu, come l’operaio comunista di quarant’anni fa, hai qualcosa da perdere".
"Cioè dici che prima no, che prima ero un pezzente senza niente da... senti, ma sei venuto in macchina?"
"Certo, perché".
"Forse è meglio che andiamo, mi sembra che tu abbia già bevuto un po' troppo".
"Aspetta, aspetta. Bene o male l’Occidente ti ha accolto, offrendoti la possibilità di una vita più dignitosa di quella che ti era consentita nella terra da cui sei scappato".
"Cameriere, ci porta il conto per favore?"
"No, stavo pensando a un amaro. Mi fai compagnia?"
"Io non sto bevendo, Gramellini".
"Ah già, dimenticavo. Senti. Cosa stavo dicendo?"
"Niente di particolarmente intelligente".
"Non puoi continuare a negare l’evidenza o a girarti dall’altra parte".
"Ma chi si gira, ma cosa stai..."
"Hai oltrepassato quel confine sottile che separa il menefreghismo dalla complicità".
"Cameriere, sul serio, noi adesso andiamo, pago tutto io con la carta".
"Facciamo un patto".
"Che la prossima volta offri tu? sarebbe anche ora".
"Noi cercheremo di tenere i nostri razzisti lontani dal governo e di migliorare il livello della sicurezza, anche se è impossibile proteggere ermeticamente ogni assembramento umano".
"Dammi il braccio, non lo vedi che barcolli".
"Tu però devi passare all’azione".
"Sì capo".
"Devi prendere le distanze dagli invasati che si sentono invasori e dagli imam che li fomentano".
"Dammi le chiavi della macchina, che è meglio".
"Denunciarli, sbugiardarli, controbattere punto su punto le loro idee distorte".
"Sissì, guarda, parto da domani".
"Denuncerai?"
"Denuncerò".
"Sbugiarderai?"
"Sbugiarderò".
"Controbatterai punto su punto le loro idee distorte?"
"Controbatterò... scusa, una curiosità, tu negli anni Settanta passavi il tuo tempo così?"
"Eh?"
"Passavi il tempo a controbattere punto su punto le idee distorte dei brigatisti?"
"Ma che c'entra, io mica ero un operaio".
"Ah già".
"Sei tu l'operaio, ricordatelo!"
"Sì capo".
"Bravo".
"C'è altro capo?"
"Ah, e poi nelle moschee si dovrebbe parlare in italiano".
"Eh?"
"Cioè, a seconda dei Paesi in cui uno è: sei in Francia? Francese! Sei in Italia? Italiano".
"Ma le preghiere sono in arabo".
"E non si possono tradurre?"
"No".
"E perché no? Chi lo dice che no?"
"Ma direi il Profeta".
"E chicazz'è sto profeta e profeta, tu sei in Italia adesso, hai capito? In Italia si parla italiano. Noi la Messa l'abbiamo pure tradotta".
"Dopo 1960 anni".
"Vabbe' ma che c'entra, è casa nostra, facciamo quello che ci pare".
"È anche casa mia".
"Eh?"
"Sono italiano, lavoro, pago le tasse, è anche casa mia. La mia religione è uguale alla tua davanti alla Costituzione".
"E dove sta scritto".
"Nella Costituzione".
"E quindi insomma continuerai a pregare in arabo".
"Credo proprio di sì".
"Come i tuoi fratelli wahabiti".
"Non mi stanno molto simpatici".
"Ma non li denuncerai".
"Per cosa?"
"Perché fomentano l'odio razziale".
"Ma è una considerazione generale, non conosco nessuno che in pratica... oddio, uno forse sì".
"Ecco, vedi che uno lo conosci".
"Cioè è un brav'uomo, ma certe volte fa dei discorsi che ti fomentano, ti fomentano proprio".
"Denuncialo".
"Ma è un mio amico".
"Lo stai difendendo?"
"Non credo che istigherà mai nessun terrorista, anche se".
"Anche se?"
"In effetti i suoi discorsi hanno un certo effetto, circonolano tra migliaia di persone, cioè come si può escludere a priori che tra i suoi seguaci non ci sia qualcuno disposto a..."
"Ecco, lo vedi? La connivenza! La zona grigia!"
"Però è un mio amico".
"Un amico che sbaglia".
"Già".
"Ma che amico sei per lui, se lo lasci libero di spargere odio?"
"Non so, devo pensarci".
"Pensaci, pensaci bene. Dove ho messo le chiavi?"
"Le ho io, ti porto a casa".

Caro fratello musulmano di Gramellini - lo sappiamo che esisti - esci allo scoperto. La tolleranza è una gran cosa, ma è chiaro che tu hai tollerato troppo.

(Le parti in corsivo Gram le ha scritte davvero).
Comments (4)

sdn wrote ...
il dramma profondo è che, una manciata di minuti fa, ho avuto una discussione feroce con delle cattolicissime colleghe che sostenevano le medesime cazzate di Gramellini. Ditemi che un giorno ne usciremo. Vi prego.
7/19/2016, 3:34:00 PM

Marino Voglio wrote ...
"Adesso anche tu, come l’operaio comunista di quarant’anni fa, hai qualcosa da perdere"

divagazione (e scusa se chiedo a te, è che sei la cosa più simile a un giornalista che io possa in qualche modo raggiungere...):

...ma poi com'è finita con l'operaio comunista di quarant'anni fa? ha conservato quello che aveva da perdere? lo ha incrementato? si è delocalizzato pure lui?

7/18/2016, 10:49:00 AM

Raffaella wrote ...
Stupendo articolo. Come insegnare a vedere le cose, anziché credere a cose. Grazie.
7/18/2016, 10:24:00 AM

Anonymous wrote ...
Mi hai ricordato una cosa scritta davvero molti anni fa. Era il 2000, Gramellini lo conoscevano al più i lettori de La Stampa (FIAT), eppure già le sparava allegramente sopra ogni soglia di decenza.
Ti linko il post, da appassionato di fantascienza potresti perfino apprezzarlo. La forma è simile alla tua (testo di Gram intervallato da un racconto), sicuramente meno elegante ma in qualche modo affine: https://mammiferobipede.wordpress.com/2007/01/30/cyborg-di-tutto-il-mondo-unitevi/
7/18/2016, 9:37:00 AM

Siamo tutti figli di Cuarón

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I figli degli uomini (Children of Men, Alfonso Cuarón, 2007).

L'umanità è diventata sterile, l'Inghilterra è invecchiata e isolata. I più giovani - hanno sedici anni ormai - si radicalizzano, mettono bombe a casaccio, non si sa nemmeno cosa vogliano. I vecchi se la prendono coi migranti, nessuno ricorda più il perché. Succederà tra vent'anni - no, aspetta, nove sono già passati.


È vero che ci sono film più recenti in sala, ma se al Castello di Roddi sabato 9 luglio fanno I figli degli uomini, forse vale la pena di ridare un'occhiata per scoprire quanto poco sia invecchiato un film che dieci anni anni fa sembrava già una cosa notevole, se non proprio un capolavoro. Quel che è successo nel frattempo è che non solo le tematiche del film non hanno smesso un attimo di restare attuali - anzi, i rifugiati nei recinti e i campi profughi militarizzati somigliano sempre di più a una profezia - ma che lo stile sfoggiato da Cuarón nell'occasione è diventato tipico del migliore film d'azione. Nel 2007 esistevano già i found footage; Von Trier e Gus Van Sant ci avevano già assuefatto alla nausea da handicam; e però i piani sequenza insistiti (e truccati); la scenografia un po' Bagdad un po' videogioco sparatutto, sono cose che sono diventate moneta corrente dopo i Figli degli uomini, se non grazie ai Figli degli uomini (continua su +eventi!).



Non voglio dire che non avremmo avuto film acclamati il Figlio di Saul, o l'ultimo Mad Max, ma forse li avremmo apprezzati meno se nel 2007 Cuarón non ci avesse iniziato a un nuovo modo di girare l'azione, visionario e più immediato: anche questo film è in sostanza un solo lungo inseguimento; anche Cuarón è deciso a narrare soprattutto attraverso le immagini, riducendo al minimo gli spiegoni. Vedi l'intermezzo dell'"Arca delle Arti", un progetto che viene semplicemente menzionato e mostrato, senza che nessun personaggio o voce narrante si preoccupi di spiegarci cos'è: ce lo devono dire le immagini, e il maiale rosa sulla fabbrica e il David di Michelangelo con una gamba rotta, e ci riescono egregiamente. Del romanzo di P. D. James restano solo le suggestioni: la trama è stravolta anche da un punto di vista politico, senza troppe preoccupazioni per la logica (un'Inghilterra condannata a invecchiare sarebbe costretta a importare i lavoratori stranieri più che a scacciarli, e in effetti la James nel romanzo prevedeva dei campi di lavoro coatto). Cuarón la taglia a fette molto meno sottili: sceglie come nuova Eva (che all'inizio avrebbe dovuto essere Julianne Moore) una ragazzina d'origine africana con un pessimo gusto per i nomi: trova i sobborghi meno caratteristici di Londra e chiede ai suoi scenografi di messicanizzarli. Per lui il confine tra primo e terzo mondo ormai è un fronte mobile. Gli preme mostrarci un'Inghilterra senile e xenofoba, e dieci anni dopo è difficile dar torto alla sua intuizione.

In generale rivedere su un grande schermo I figli degli uomini potrebbe rivelarsi un'esperienza straniante per chi ha la sensazione che tutto stia precipitando all'improvviso: è un film che appartiene assolutamente al decennio scorso, all'era pre-crisi dei bond, ai tempi in cui il nemico numero uno era Bin Laden - la scena della bomba a Londra fu girata poche settimane dopo l'attentato suicida del 2005 - e ci mostra come tutti gli incubi che crediamo avere avuto negli ultimi anni ce li stiamo portando avanti ormai da più di dieci. Non è che i cinema siano già chiusi, ma non mi pare che questa settimana ci sia in giro qualcosa di più interessante e attuale dei Figli degli uomini. . Al Castello di Roddi dopo le 21, sabato 9 luglio.
Comments

Vittorio Feltri e la caccia al bengalese

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Qualche volta mi è capitato, negli ultimi anni, di assegnare temi sui migranti e di ricevere in cambio temi sui vuccumprà da spiaggia. Una cosa che mi rigetta sempre nel 1984, quando sulla sabbia di Pinarella cercavo di usare il sedere di mio fratello per costruire una pista da biglie e incontravo per la prima volta questi Alieni, questi stranieri, e li incontravo sotto forma di Vuccumprà. Ora invece è il 2016, a scuola abbiamo ragazzi con tutti i cognomi possibili, tutti i colori, tutte le religioni, eppure se chiedo al bimbo biondo medio: disegnami un Migrante! Lui mi abbozza un Vuccumprà. Alcuni secondo me sono convinti che sbarchino direttamente a Pinarella con le catenine e i braccialetti. Poi naturalmente crescono.

Spero. Voglio dire che la fobia per il Vuccumprà, l'Uomo Nero che viene a turbare i tuoi giochi da spiaggia, è una cosa che forse l'italiano medio si porta nell'inconscio. Ho la sensazione che se si potesse smontare la xenofobia di molti adulti, aprire il baule delle paure, scopriremmo da qualche parte un fantoccio di stracci ed ebano dall'espressione astuta e ineffabile, un genio del deserto, un demone meridiano. Questo naturalmente non scusa il nostro razzismo. In particolare non scusa la banda di "giovanissimi" che, secondo il Corriere Adriatico, avrebbe pestato ieri due ambulanti bengalesi sul lungomare di Porto d'Ascoli. Prima dell'aggressione qualcuno avrebbe chiesto ai due "se conoscevano il Vangelo".

I giovanissimi non leggono i giornali, e quindi sarebbe molto difficile indicare come loro mandante morale Vittorio Feltri. Pure, non è una coincidenza così bizzarra che ieri Libero, il quotidiano di Feltri, puntasse il dito contro la Quinta Colonna della Jihad in Italia, che a quanto pare sarebbero proprio loro, i diabolici venditori di rose.

I COMPLICI DEI TAGLIAGOLE
Con le bancarelle i bengalesi finanziano la jihad
di Andrea Morigi.

"Inoffensivi ma insistenti, ti offrono le rose rosse, l'asticella per scattarsi i selfie o gli ombrellini pieghevoli quando piove, ai semafori e all'uscita deri ristoranti. In alternativa, piazzano sui marciapiedi aeroplanini, bamboline a batteria e orologi oppure fanno decollare qualche aggeggio luminoso a molla. Sono i 100mila venditori ambulanti bengalesi, discreti e silenziosi quanto basta a raccogliere circa 100 milioni di euro l'anno dal commercio abusivo".

Come abbiano fatto a Libero a calcolare 100 milioni di euro non si sa, Andrea Morigi non si premura di spiegarcelo. Azzardo: forse ha preso il numero, già abbastanza vago, di 100mila venditori ambulanti, e l'ha moltiplicato per mille. Perché alla fine vuoi che in un anno un ambulante non riesca a metter da parte almeno mille euro? Certo, una volta detratto il vitto e l'alloggio, e pagato il fornitore degli ombrellini e dei selfie-stick, e soprattutto non dimentichiamo la cresta alla camorra - la cosa è talmente evidente che anche Morigi non riesce a negarla: il racket degli ambulanti non è mica in mano all'Isis, è in mano alla camorra. Però una volta pagati i fornitori, il padrone di casa, il camorrista, vuoi che l'Isis non si prenda la sua briciolina? "Chi acquista incautamente da loro sulle spiagge o per le vie cittadine magari neanche ci pensa, ma ha altissime probabilità di finanziare e importare la guerra santa islamica". A botte di rose e ombrellini.

Il pezzo va avanti per altre tre colonne e non contiene, spoiler, nessuna prova che con le bancarelle i bengalesi finanzino la jihad. Nel frattempo altri organi di informazione ci hanno spiegato che gli stragisti di Dacca provenivano da famiglie benestanti (un dettaglio tutt'altro che nuovo a chi studia il jihadismo contemporaneo), e che quindi insomma questa storia di colpire il venditore ambulante da 1000€ per colpire il terrorista islamico non ha molto senso. D'altro canto.

D'altro canto mettetevi in Vittorio Feltri.

Lui vende emozioni, non informazioni. Se lo facesse, gli sarebbe bastato raccattare un'agenzia Ansa che ci ragguaglia sul volume di affari tra Bangladesh e Italia, intorno ai 498 milioni.

In particolare con Dacca erano in forte crescita gli scambi lombardi: +13,4% l'import e +6,7% l'export nel periodo gennaio-marzo. I dati sono stati presentati oggi dalla Camera di commercio di Monza e Brianza. La Lombardia trainava il Paese con il 17% degli scambi nazionali. Nello studio, la Camera di Commercio rileva che il Bangladesh, considerato tra i primi Paesi più rischiosi, aveva incrementato i suoi rapporti commerciali con l'Italia fino a posizionarsi tra i primi Paesi al mondo in termini di scambi. Nei primi 3 mesi del 2016, scambi per 498 milioni.

Praticamente mezzo miliardo di euro - altro che due rose e un selfie-stick. E da qui quante domande: facciamo bene a commerciare con un Paese così "rischioso"? Forse no: molti di questi scambi sono il risultato della delocalizzazione, che ha fatto chiudere tante fabbrichette in Italia e ha creato tra le altre cose l'humus adatto a leghisti, xenofobi e lettori di Libero. E però nel frattempo abbiamo aiutato il Bangladesh, l'ottavo Paese al mondo per popolazione, ad avviare uno sviluppo e uscire dalla povertà, quindi forse abbiamo fatto bene... e però tra i problemi dei Paesi che escono dalla povertà ultimamente c'è appunto il jihadismo dei figli di buone famiglie, quelle che magari dalla nostra delocalizzazione ci hanno guadagnato. Mentre il poveraccio che vende le rose nei ristoranti, dopo l'attentato di Dacca, se la vede mediamente grigia e forse questa settimana non uscirà e non venderà nulla: la Jihad non è un grande affare per lui. Insomma, è complicato. E Vittorio Feltri non vende complicazioni.

Vende emozioni facili: rabbia, paura. E soluzioni pratiche: vuoi fare qualcosa contro la Jihad? Non comprare più rose dai bengalesi. Io non l'ho mai fatto, toh, temevo di passare per uno stronzo senza compassione e invece sono un cittadino modello, in prima linea nella lotta contro la Jihad (e contro la camorra). Feltri non ha idea di chi precisamente finanzi la Jihad in Bangladesh o altrove. Non gli interessa nemmeno, non è il suo core business. Lui lavora nell'ombra del nostro subconscio, manovra i fantocci che ci hanno fatto prendere paura sulla spiaggia, un mezzogiorno di trent'anni fa.
Comments (4)

sdn wrote ...
Lenoa', ma sei matto a mettere i link, così, a freddo? E' un segreto, altrimenti di che si parla al bar?
7/7/2016, 4:34:00 PM

Leonardo T wrote ...
7/5/2016, 12:44:00 PM

Blumentritt wrote ...
Non credo comunque ce la Jihad venga finanziata da americani e sionisti per alimentare una strategia della tensione degli anni 2000:da qualche parte questi soldi arrivano e molto probabimente dal mondo musulmano: ma non si puo'dire perché non e' politically correct.
7/5/2016, 6:33:00 AM

marcell_o wrote ...
sì, credo anch'io che il suo core business sia lo spaccio di rabbia e paura. come tutte le droghe c'è bisogno di una lunga terapia a scalare per farne a meno, ma la cosa più diffusa è aumentare sempre di più la dose
e come per tutti gli spacciatori non sono previste categorie quali etica, responsabilità, ecc.
7/4/2016, 10:06:00 PM

Non volete che votino gli imbecilli? Non votate.

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Potrà essere capitato anche a voi di intercettare, nel rumore di fondo di questi giorni, un'ondata montante di rancore verso il suffragio universale e il suo difetto strutturale - la clausola per cui il voto di un imbecille conta quanto quello di una persona istruita, onesta, rispettabile, insomma quel tipo di persona che è convinta di non essere imbecille mentre fa questo ragionamento.

Per quanto posso, vorrei rassicurare i più giovani: non è veramente niente di nuovo sotto il sole, il problema della demagogia era già ben avvertito dai Greci classici. I sofisti avevano notato l'incostanza delle folle prima che diventassero masse; Tucidide ci ha scritto qualche versioncina che almeno agli studenti del classico dovrebbe risultare familiare. Qualche tempo più tardi Montesquieu affrontò il problema della corruzione del principio della democrazia con parole che si potrebbero benissimo usare oggi per distruggere il concetto di democrazia diretta alla Beppe Grillo, ma forse varrebbe la pena scrivere tutto questo con le maiuscole: LEGGI COME QUESTO ILLUMINISTA DISTRUGGE BEPPE GRILLO! Nel frattempo in Inghilterra, con tutti i limiti del caso, stavano trovando anche una soluzione al problema, magari imperfetta ma non priva di una sua rude bellezza: la democrazia parlamentare, coi suoi meccanismi di delega, e la conseguente professionalizzazione della politica. E non siamo ancora alla rivoluzione francese. Per dire di quanto siamo ignoranti e autoreferenziali, mentre crediamo di aver inquadrato il problema del giorno, anzi del mese o del secolo: gli ignoranti votano! Sì, a cominciare da noi. Oddio, nessuno ci obbliga.

Però adesso c'è qualcosa di nuovo, dicono. L'insofferenza per i politici di professione, la "casta", l'"establishment". Ancora: la novità sta negli occhi di chi guarda, e di chi magari non ha mai dato un'occhiata ad altri momenti, altri Paesi: Giannini ce l'aveva coi partiti, Poujade ce l'aveva coi partiti, Mussolini ce l'aveva coi partiti. Hanno tutti avuto un po' di successo, chi per un quarto d'ora chi per vent'anni.

E internet? Perché qualcuno suggerisce che sia colpa di internet, che ha abolito i diaframmi - ora possiamo rispondere direttamente al politico sul suo blog, naturale che ci venga spontaneo immaginare di governare al suo posto, da casa, con un clic. Sì. A dire il vero la maggior parte della gente che frequento non usa internet per governare o anche solo fingere di farlo. Lo sport più diffuso nell'ambiente è guardare gli imbecilli. Abbiamo sempre saputo che esistevano, ma da un po' di tempo in qua non facciamo che ammirarli, linkarli, screenshottarli, e poi ammiccare coi compari: pensate che anche questi hanno il diritto di voto! Che roba, che vergogna. Dieci anni fa c'era il Grande Fratello, adesso la bacheca di FB. Non è neanche elitismo ormai, è una specie di bullismo benigno che affligge gente insospettabile. Molto spesso, lo si capisce, è gente che dai bulli le prendeva. Ora li guarda coprirsi di ridicolo sui social e ne gode, fortuna che tra i tasti c'è "Like" e non c'è "leva il diritto di voto a questo imbecille", probabilmente Zuck ci sta lavorando.

Ricapitolando: la demagogia è antica come la democrazia e l'ha già spesso stroncata sul nascere o in seguito; l'imbecillità è una costante della storia dell'uomo, ma prima di internet avevamo meno finestre per osservarla e forse era meglio così, l'imbecillità è ipnotica. La novità - perché secondo me una novità c'è - sta nella crisi. Non quella occasionale o ciclica, ma quella strutturale che sta affliggendo l'Occidente, e che ha tante concause e spiegazioni, ma io resto affezionato alla più banale di tutte: la Cina e l'India hanno tre miliardi di bocche da sfamare e ormai sono Paesi sviluppati. Serviranno ancora generazioni prima che il costo della vita in quei Paesi si alzi ai livelli dell'Occidente - a meno che l'Occidente non si inabissi, e forse questa sarà la soluzione. Nel frattempo la popolazione mondiale continua a crescere e a spostare l'equilibrio, e poi c'è il riscaldamento globale, insomma sarà molto complicato. Di fronte a questo scenario, diversi demagoghi occidentali hanno reagito in modi diversi ma non così dissimili: Trump vuole l'America "great again" e propone di risolvere costruendo un muro col Messico, come se non ci fosse già. Gli inglesi vogliono uscire dall'UE, così come gli scozzesi un anno fa erano tentati di uscire dal Regno Unito. In confronto da noi Bossi era lungimirante: chiedeva i dazi con la Cina quindici anni fa. Almeno aveva le idee chiare: invece i grillini non sanno bene cosa propongono (uscire dall'Euro?), ma sanno perché: bisogna dar fiato all'impresa italiana, crolli il mondo.

Quello che unisce Trump ai fautori del Leave e ai leghisti o ai grillini non è la polemica anti-establishment, che in fondo usano tutti, è come il giro di do a Sanremo (anche Renzi lo ha intonato). Se per un attimo smettiamo di considerarli imbecilli e ascoltiamo quel che vogliono in concreto, scopriremo che è molto chiaro e perfettamente comprensibile, vista la gravità della situazione. Vogliono alzare uno steccato che li protegga dalla competizione del Resto del Mondo. Vogliono un'America di nuovo Grande, una Britannia ancora impero, una Padania di nuovo rigogliosa di fabbrichette che si rimettano a macinare fatturati come se in Cina non sapessero ormai fare tutto quello che sappiamo fare noi a un quinto del prezzo. Siamo ovviamente liberi di considerarlo un rigurgito fascista, una nostalgia di anziani che non ha più senso cercare di convincere, o il riflesso istintivo del bambino che si rintana in un angolo mentre la casa crolla. Ma non è imbecillità. Non c'è nulla di stupido nel rintanarsi in un angolo mentre la casa crolla.
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Muhammad Ali non è andato in Vietnam perché analfabeta, dice Riotta che se ne intende (di analfabeti)

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Se per caso vi stavate chiedendo: è possibile scrivere un brutto pezzo su Muhammad Ali? Un combattente incredibile, un attore nato, uno che sembra non aver mai lasciato un microfono senza aver detto qualcosa di buffo o interessante? Uno che ha perso un titolo mondiale a tavolino per una questione di principio, uno che il suo pezzo di secolo se l'è vissuto da protagonista? Se per caso vi stavate chiedendo: può un giornalista italiano sbagliare persino un coccodrillo su Muhammad Ali?, ebbene, sono ovviamente domande retoriche. Ecco il buon Gianni Riotta.


Il Clay patriottico lascia il posto, sei anni dopo, all’Ali obiettore di coscienza contro la guerra in Vietnam (era stato esentato per aver fallito i test attitudinali, l’esercito gli assegnava un Quoziente Intelligenza di soli 73 punti, sapeva a stento leggere e scrivere e ammise di non avere mai finito un libro, neppure quelli che firmava o il Corano «ne ho solo imparato brani a memoria»).
Persuaso che l’abbiano incastrato per punirlo della conversione all’Islam, Ali detta ai giornalisti «Non ho nulla contro quei Vietcong là», viene incriminato e squalificato, finché la Corte Suprema non riconosce la sua obiezione di coscienza e lo riabilita.

Ora: secondo voi Riotta lo sa che gli obiettori di coscienza e i riformati sono due categorie diverse? Che se davvero fosse stato "esentato per aver fallito i test", Muhammad Ali non avrebbe avuto bisogno di obiettare, farsi arrestare, farsi condannare, perdere la licenza di pugile, perdere il titolo mondiale, appellarsi alla Corte Suprema? E non c'è nessuno alla Stampa che lo sappia, che possa avvertirlo, correggerlo, e magari già che c'è spostare quelle due o tre virgole, cambiare quei due o tre verbi che non si comportano in italiano come Riotta pretenderebbe (punire qualcuno di qualcosa?)

Di tutti gli aneddoti citati da Riotta, quello dei test falliti e dell'IQ basso è di gran lunga il meno noto: in un pezzo di mille parole, cinquanta servono a ricordare che Ali non era una cima. In effetti no, non ci teneva nemmeno troppo a sembrarlo (tra le sue frasi celebri: "Ho detto che sono il migliore, non che sono il più intelligente". In sociologia il fenomeno per cui le persone tendono a definirsi "migliori" ma non "più intelligenti" è chiamato Muhammad Ali Effect). Però cercare di desumere la sua intelligenza dal test della visita di leva è abbastanza ingeneroso - forse Riotta ignora quante risposte sballate davano i suoi coetanei al test dei Tre Giorni. Ali, di cui tanti hanno lodato l'intelligenza tattica sul ring e fuori, potrebbe anche aver tentato nel 1964 di falsare i test di scrittura e spelling per non andare in guerra e continuare a pugilare. Perché magari davvero non era una cima: ma nemmeno così scemo da preferire il Vietnam al titolo mondiale dei pesi massimi.

Quello che Riotta non dice, o forse non ha capito (o è stato tagliato in fase di pubblicazione), è che nel 1965 l'esercito abbassò gli standard minimi, e Muhammed Ali ridivenne arruolabile: a quel punto si rifiutò pubblicamente di obbedire agli ordini e diventò quello che tuttora chiamiamo obiettore di coscienza - il più famoso del mondo. Un esempio straordinario non solo per gli afroamericani, non solo per gli statunitensi. Se un uomo che si guadagnava da vivere pestando a sangue Sonny Liston si rifiutava di andare in guerra, l'obiezione non era più un atto di viltà. Diventava l'esatto opposto: una prova di coraggio. Va bene. Invece secondo Riotta non c'è andato perché ha fallito i test, scriveva a stento, firmava libri che non sapeva leggere e si arrangiava imparando un po' di versetti a memoria. Le cose non stanno esattamente così, ma si capisce quanto fascino deve avere questo Ali dislessico e disgrafico per Gianni Riotta: o non è vero che nei monumenti dei grandi uomini ognuno cerca di intravedere il proprio riflesso? Non sarà una coincidenza che tra le mille cose che poteva dire di Ali, gli sia venuto in mente che aveva difficoltà di scrittura, e firmava libri lo stesso?

"Ali fu The Greatest davvero, eroe imperfetto della virtù più rara nei nostri giorni del rancore: crescere, maturare, sbagliare, correggersi, cambiar idea, restando se stessi nel cuore". Sì, prof Riotta, appunto: crescere, maturare, sbagliare, ma anche correggersi. Correggersi. O al limite farsi correggere da qualcuno; ci sarà bene qualcuno nei pressi che può dare una mano. Continuo a trovare incredibile che non ci sia.
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marcell_o wrote ...
non starò a perdere tempo a cercare il pezzo di riotta perché la vita è breve e ho di meglio da fare
tuttavia ho letto delle cose qua e là e temo che sua proprio quel che appare, non starò a dire cosa perché non vale la pena
comunque ci tenevo a dire che questi pezzi - con questo gustoso retrogusto di perfidia - mi piacciono assai e mi dispiace molto non trovarli in evidenza su repubblica al posto di quelli di scalfari
6/6/2016, 4:42:00 PM

Il principe della musica vinile

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Lo so che è troppo significativo per essere vero, ma ricordo precisamente quando fui messo al corrente dell'esistenza dell'entità musicale chiamata Prince: fu nell'aula musicale della mia scuola media, perché alla parete c'era un cartellone di quelli di terza. Uno di quelli che sono il risultato del compromesso al ribasso tra un prof di educazione musicale e una classe vivace, composti completamente di titoli e foto di riviste musicali, da Ciao 2001 a Sorrisi e Canzoni; in particolare ricordo benissimo un titolo: È "PRINCE" IL NUOVO RE DEL VINILE. Me lo ricordo perché già in prima media mi sembrava curioso che un tizio chiamato Prince fosse acclamato re, e soprattutto perché io non avevo ancora un'idea precisissima di cosa fosse il vinile. Ancora per qualche anno continuai a pensare che poteva trattarsi di un genere musicale, come il twist o il rap.

Le foto, se ricordo bene, erano repertorio del periodo di Purple Rain, moto e chitarroni. E basta, probabilmente in giro avevo già sentito qualche pezzo di Prince ma non potevo saperlo. Però quell'estate su videomusic ruotò ossessivamente Paisley Park, un pezzo di cui non mi sono più liberato, con un video che faceva venire il mal di testa. Devo aver pensato che era quella, la musica vinile, e che andava contro molte delle mie abitudini, ma tutto sommato non mi dispiaceva. Non pensiate che oggi i ragazzini imparino le cose più facilmente. A monte di tutti i vostri ricordi, di tutte le nozioni che vi fanno sentire individui con una storia personale, c'è un magico momento che avete dimenticato, la soglia tra il Non conoscere e il Venire a conoscenza, tra il Non-averne-mai-sentito-parlare e l'Ah-ecco-cos'era. È quell'onda molto particolare che cavalchi nella scuola media. Se dici: prima guerra mondiale, per qualcuno che risponde già: uff, lo sappiamo, Sarajevo e il Piave, ce ne sono due che chiedono: quante guerre mondiali ci sono state? Tu glielo dici, e loro se lo scordano. Oppure gli resta in mente, ecco: quello è un momento magico. Sono importanti i cartelloni, anche quelli fatti male che non riescono a inquadrare un concetto (peraltro Prince chi mai lo è riuscito a inquadrare). Sono importanti i fraintendimenti, le cose assurde di cui ci convinciamo e che si scioglieranno al sole dell'esperienza - e poi chissà se a metà degli anni Ottanta qualche critico musicale ubriaco non l'avesse pure codificato, il genere vinile. Una musica di plastica, appiccicosa, bianca come il Vinavil, o nera come un 33giri, con riflessi oleosi, iridescenti, in effetti Prince non poteva che essere il re del vinile. Poi quando andavo in terza uscì Parade e venne giù il mondo. Non devi essere bella per farmi andare su di giri. Nessuno lo aveva mai scritto, ma in terza media era una grandissima verità.

Ci voleva poco per ritrovarsi dalla parte di Prince - bastava odiare Michael Jackson, ai tempi ci si divideva in squadre per qualsiasi cazzata, e poi ci si picchiava davvero, nessun compromesso, nessun sincretismo. Questo non significava naturalmente capirci qualcosa, tanto più Prince, che sembrava cambiare genere musicale a ogni pezzo nuovo. Una cosa che credevo di aver capito è che dei due duellanti, Prince era quello Brutto: il santo protettore di noi brutti. Per dire che enormi fette di prosciutto avevo davanti, cioè, ora che lo rivedo in foto la cosa non mi torna assolutamente, cioè Prince non era affatto Brutto - ai tempi era prestante addirittura.

Si potrebbe dire che oltre a un deficit culturale (per cui non riuscivo a capire che in pezzi pur diversissimi come Kiss o When Doves Cry, erano pur sempre evoluzioni di un universo musicale a me sconosciuto) soffrivo di un deficit estetico. Ma non era un problema solo mio. Ancora sul crepuscolo degli anni '80, in un albo di Dylan Dog, Groucho per allontanare un mostro dalla casa appende alla porta un ritratto di Prince, l'entità pop più disgustosa che poteva venire in mente a uno sceneggiatore di fumetti italiano che, bisogna dirlo, non era Tiziano Sclavi. Per dire quanta strada avesse fatto, l'idea che Prince fosse un mostro. Se era l'89, in effetti, che album c'era nelle vetrine dei negozi? Lovesexy?

Potrebbe persino essere il mio disco di Prince preferito, ma non sarei mai riuscito a comprarlo, nel modo fisico e sociale in cui si compravano allora le cose. Sì che non ero un'educanda, e nello stesso periodo ricordo di non essermi fatto scrupolo a sfoggiare in stazione autocorriere album assai più morbosi, ad esempio un giorno un ragazzo che conoscevo mi chiese conto del fatto che avevo in mano The Madcap Laughs, con una ragazza nuda che potrebbe benissimo essere minorenne. Ma Lovesexy? Avrei potuto entrare al Discoclub, sollevare una copia di Lovesexy, mostrarla all'esercente, pagarla, uscire dal negozio e rientrare nella società con quella cosa? Non credo, no, la copertina di Lovesexy era troppo in là per me. L'androginia di Prince era molto più impegnativa di tutte le androginie che avevo recepito fino a quel momento (cioè, credo, David Bowie e poco più). Era un'androginia passiva. Bowie sembrava un viveur a cui non dispiaceva anche andare con gli uomini, ok, fin lì potevo arrivarci. Ma Prince dalla vetrina del Disco Club mi diceva: tu, anche tu potresti desiderarmi. E la reazione mia di adolescente credo sia stata: no, sei brutto. Sei un uomo. Peloso. E nero, quasi dimenticavo: nero. Ma era nero davvero? Era un uomo? Era brutto?

(Quando alzo la voce con qualcuno, mi chiedo se è il rumore dei cigni che piangono. Quando incontro una persona e le cose non vanno bene, penso: meet me in another world, space and joy. Se qualcuno mi chiedesse qual è il senso del nostro essere nel tempo, gli direi: sbrigatevi prima che sia tardi. Innamoratevi, sposatevi, fate un bambino, chiamatelo Nate (se è un maschio). Quando è lunedì mattina - c'è bisogno di ricordare che canzone uno ha in mente il lunedì mattina?)

Prince era sempre un po' più in là. Era nero, ma anche bianco; chitarrista, ma anche ballerino; era maschio, ma incideva canzoni da femmina accelerando la voce. Il falsetto a metà anni Ottanta era un relitto polveroso, i Bee Gees si erano nascosti in una crepaccio, Jimmy Sommerville era precipitato da brava meteora, anche Sting era sceso di un'ottava per cautelarsi. Nel bel mezzo di questa fase di latenza, Prince canta Kiss, e sul finale sembra volersi strappare i caratteri sessuali coi denti. E quella canzone l'ho sentita cantare negli spogliatoi da personaggi che conoscevano solo le parole di Kiss e Bella Bionda Beato Chi Ti Sfonda. Prince prendeva la nostra provinciale omofobia di adolescenti italiani, le dava un passaggio su una Corvette rossa e la faceva sparire in un parcheggio sotterraneo.

Poi per carità, non voglio far finta di aver capito Prince, non è vero. Non ho neanche fatto i compiti, certi dischi non ho avuto il coraggio di comprarli quand'era il momento, e adesso su internet è difficile. Certe cose col tempo le ho capite, ad es. le giacche con le spalline militari ho scoperto che se le mettevano tutti, sembra banale ma per me Prince - oltre al re del vinile - era quello che si vestiva come il commodoro di staminchia e non ne capivo il motivo. Ho scoperto, nell'ordine: i Beatles, Jimi Hendrix, Sly Stone, Joni Mitchell, quel tizio che cantava Superfreak, e buon ultimo ho scoperto anche Michael Jackson, un grandissimo musicista e performer che infatti adorava Prince e credo anche viceversa. Tanti pezzi li ho messi assieme e anche Paisley Park non mi fa venire più quel mal di testa dei bei tempi in cui non capivo niente. Però onestamente non posso dire di aver capito Prince. Interi dischi continuano a suonarmi misteriosi, e dopo Lovesexy c'è il buio. Tante cose che al tempo non capivo, e non me ne preoccupavo, mi dicevo che sarebbe venuto il momento - no, il momento non è venuto mai. La pioggia di porpora, per esempio, che cos'è. Cosa vuol dire che mi vuoi soltanto vedere nella pioggia di porpora. Ecco, credevo che a un certo punto mi sarebbe venuto naturale. Magari quando comincerò a far sesso, pensavo - perché un giorno comincerò, capirò. E invece no.

Tanto che a volte mi domando se ho mai cominciato davvero.
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Funes wrote ...
Scusa la pignoleria, ma quando alzi la voce con qualcuno, non è il rumore dei cigni che piangono. Al massimo delle colombe.
4/24/2016, 7:22:00 PM

El negher di Sicilia

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San Benedetto il moro, francescano nero lombardo di Sicilia (1526-1589)

Brut negher, torna all'infer'n. Immaginatevi la scena: una squadra di braccianti ha circondato un pastore, un ragazzino che porta due buoi al pascolo. Lo prendono in giro perché è scuro di pelle. Molto scuro. Figlio di schiavi dell'Africa nera, forse etiopi. Lui li guarda preoccupato ma cerca di tenere basso lo sguardo, non vuole grane. Se gli ammazzano i buoi è rovinato. E forse è a quello che puntano. Una parola sbagliata, uno sguardo di traverso, e un coltello si fa presto a tirar fuori...

Il ritratto (anonimo) più credibile.
Per fortuna arriva il frate. Non è neanche un frate vero e proprio, è Girolamo Lanza, un giovane di San Frau che si è messo in testa di fare il francescano per i fatti suoi; ha donato la sua eredità e si è trovato un eremo poco lontano, a Santa Domenica. E insomma arriva fra Girolamo e domanda: che succede, perché tormentate questo ragazzo? Vi ho visto, sapete. Lui non vi ha fatto niente. È un tipo a posto, secondo me ne sentirete parlare. I braccianti si ritirano di buon ordine: fra Girolamo sarà anche un mezzo matto, ma il suo cognome in paese pesa ancora abbastanza. L'eremita resta solo col pastore. Magari gli chiede: "Ma di chi sono questi buoi?"

"Della mia famiglia".

"Ma tuo padre non è Cristoforo, che ha preso il cognome di Manasseri dal padrone che lo ha liberato? Quando mai hanno avuto animali i vecchi schiavi dei Manasseri?"

"Li ho comprati io".

"Due buoi? Con che soldi?"

"Avevo dei risparmi".

"E che volevano quei braccianti? Che ti dicevano?"

"Non ascoltavo".

Nella mia testa ovviamente non potevano che dargli del negher-de-merda. Perché a Benedetto non era capitato di nascere soltanto in Sicilia, dove la sua carnagione era già abbastanza eccezionale da creare, lo vedremo, forme di psicosi di massa; ma tra tutti i castelli e i villaggi di Sicilia, una serie di circostanze non chiarite avevano portato il padrone del padre a liberarlo a San Fratello, ridente cittadina della provincia messinese di lingua longobarda. Esatto, a San Frau (cattiva traduzione del latino Sanctus Filadelphus) gli abitanti parlavano un dialetto lumbàrd, come a Nicosia, a Sperlinga, a Piazza Armerina, ad Aidone (EN): e a differenza di Acquedolci, di Montalbano Elicona, e di Novara di Sicilia (ME), lo parlano ancora. Non si sa neanche esattamente quando abbiano iniziato - l'ipotesi è che queste zone siano state ripopolate dopo l'invasione normanna (1090), trapiantando in zona contadini e allevatori che provenivano da qualche anfratto non ben localizzato della valpadana occidentale, una zona tra Asti, Cuneo e Savona. Oggi insomma non li chiameremmo nemmeno lumbard: ma erano longobardi, o addirittura franzosi, per i siciliani del tempo, che non riuscivano a capire una parola. In mille anni poi la lingua è cambiata, a volte accettando a volte combattendo le parlate circostanti (trovate qualche esempio di sanfratellese nei romanzi di Vincenzo Consolo, Il sorriso dell'ignoto marinaio Lunaria: oppure qua potete trovate qualche poesia in gallo-italico siciliano, e verificare come quello di San Fratello sembri il meno siculo di tutti). Per dire non credo proprio che oggi si dica "negher" in sanfratellese: oggi no, ma nel Cinquecento magari sì.

"Senti, perché non ti disfai di questi buoi?"

"Ma sono miei".

"Rivendili. Potrai donare il ricavato ai poveri".

"I miei sono poveri".

"A maggior ragione".

"E poi che faccio?"

"Vieni con me".

"A fare il frate?"

"Molto meglio che fare il pastore. E poi cos'hai da perdere?"

"Due buoi!"

"Non ci crederà mai nessuno che sono tuoi".

"E perché non dovrebbero..."

"Perché sei un negher!"

(Lo sguardo di traverso che Benedetto era riuscito a risparmiarsi in mezzo ai braccianti, ora fra Girolamo se lo prende in pieno).

"Ti ho offeso? Scusa ma insomma, si vede da lontano. E un pastore negro qua non s'è mai visto. Ma se vieni con me, io posso farti diventare..."

"Un frate negro?"

"Un santo".

"Un santo negro?"

"E quelli vanno forte".

"I santi negri?"

"Fidati di me. Vendi quei buoi".

sao_beneditoAnche ad Aidone si parlava lombardo. Il santo patrono è Filippo apostolo: però la statua di Aidone è nera d'ebano "Ha occhi neri e acuti che fanno paura: e quando viene messo in movimento per il giro della città, desta un senso di sbalordimento e di raccapriccio". Il colore scuro testimonierebbe il transito del santo dal mondo dei morti. Altrove si venera un altro San Filippo, siriaco, molto efficace contro i demoni, talvolta definito "schiavo negro". Popolarissimo in tutta la Sicilia (e in particolare ad Agrigento) è San Calogero, sempre raffigurato nerissimo benché greco di Costantinopoli, al punto che in età moderna qualcuno ipotizzò un errore di traduzione: da Chalkhidonos (di Calcedonia, città sull'altra riva di Costantinopoli), a Karchidonos, cartaginese. Ma anche a Cartagine non nascono scuri così... poi ci sono le madonne nere, tipiche dell'iconografia bizantina e molto diffuse in Sicilia già prima dell'arrivo degli arabi. E poi a un certo punto arrivano i neri veri: Benedetto non è il solo. A Noto c'è il Beato Antonio l'Etiope, detto anche Catagerò d'Avola, eremita e guaritore, poi inquadrato nei francescani, e morto verso il 1550 (ma altri etiopi, tutti chiamati Antonio, risultano a Caltagirone e a Camerano. Notiamo en passant che "etiope" poteva semplicemente significare "nero ma cristiano": il modo più semplice di rendere credibile questa curiosa compresenza di tratti somatici non europei e fede cristiana era evocare il mitico Paese cristiano al di là delle terre islamiche). Lo stesso Antonio di Lisbona, che in Valpadana tutti chiamano Antonio da Padova e raffigurano con l'incarnato roseo di un bambino, era secondo alcuni testimoni piuttosto scuro di pelle. Insomma, essere neri in Europa non è mai stato facile, ma in certe carriere poteva rivelarsi un bizzarro vantaggio (continua sul Post, come ai vecchi tempi!)
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Anonymous wrote ...
Quindi potremmo dire "santo Nero D'avola" :D
4/4/2016, 10:39:00 PM

Anche oggi tutti teologi

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10 gennaio - San Gregorio di Nissa (335-395), teologo patentato

Padri cappadoci. Nissa dovrebbe essere quello con la barba lunga e nera, ma è davvero facile confonderli.

(Questo pezzo si legge tutto intero qui).

"Anche oggi c'è gente che, come quei famosi ateniesi, non trova di meglio da fare che discutere di argomenti inediti od originali. Braccia rubate al mercato o al cantiere che si improvvisano maestri di teologia: avanzi di schiavitù da prendere a mazzate, che d'un tratto ci filosofeggiano con solennità di cose incomprensibili.

Lo sapete di chi stiamo parlando: la città ne è piena. Le strade, i crocicchi, i fori, i parchi... venditori di tappeti, cambiavalute, friggitori ambulanti. Tu chiedi di scambiare una moneta, ti rispondono disquisendo sulla natura del Generato e dell'Ingenerato; vuoi sapere quanto costa una pagnotta, “Il Padre è il maggiore”, ti dicono, “e il figlio gli è soggetto”: domandi se ai bagni l'acqua è calda, e ti informano che il Figlio ha origine dal nulla...

Certe citazioni ormai galleggiano nel vuoto, non siamo nemmeno sicuri del libro da cui sarebbero ritagliate. Hanno maturato significati diversi da quelli previsti in partenza; diventano meme, parole di un linguaggio nuovo, incomprensibile ai non iniziati. Tra i miei amici di facebook non è infrequente rimproverarsi di parlare di astrofisica. Citiamo ovviamente la battuta di un regista frustrato, protagonista di un film di Nanni Moretti - no, non l'ultimo - neanche il terzultimo - forse il terzo? Lamentandosi della mania che hanno tutti di parlare di cinema senza mai aver studiato l'argomento, gridava: parlo di astrofisica io?

Molti anni prima dell'invenzione del cinema, e della stessa astrofisica, il problema era già avvertito dagli intellettuali. Non potendo citare Moretti, ripiegavano su San Gregorio vescovo di Nissa, che nel IV secolo scrisse in mezzo a un migliaio di pagine fitte di patristica l'esilarante bozzetto che ho tradotto sopra un po' liberamente. È un brano famoso in senso molto relativo: ci ho messo anni a rintracciarlo. Poi mi sono reso conto che lo cercavo nel volume di patristica sbagliato, perché tutti questi professori che si lamentano dell'incompetenza popolare... sbagliano quasi sempre a segnalare la fonte della citazione, attribuendola a un amico di famiglia di Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo. Anche lui vescovo in Cappadocia e padre della Chiesa, per cui non è così difficile confondersi.

È un errore illustre, condiviso dallo stesso Hegel; lui del resto non aveva perso tempo a sfogliare i padri cappadoci, ma si era fidato di Gibbon che nel suo best seller Declino e caduta dell'Impero Romano aveva a sua volta citato il Gregorio sbagliato, mutuando l'errore da un teologo dei suoi tempi, tale John Jortin che nelle note del suo volume aveva fatto confusione tra i due Gregori ed era morto prima di correggere le bozze. Che storia affascinante. Morale: non si è mai abbastanza competenti.

Va bene, ma di che stava parlando Gregorio esattamente? In quel frammento dell'orazione Sulla divinità del Figlio e dello Spirito Santo, 46esimo volume della Patrologia greca, il vescovo di Nissa si distrae per un attimo dal problema trinitario, e si volta a dare un'occhiata a quel che succede nella grande città: Costantinopoli. Quando mi imbattei per la prima volta nei due Gregori, a metà anni Novanta, in società si parlava più che altro di calcio e politica. Tutti ne erano esperti, tutti ritenevano di avere pareri interessanti, giuro, non è una frenesia nata con facebook: Zuckerberg ci ha fornito soltanto un impietosissimo specchio. A volte mi mancava l'aria e così frequentavo lezioni strane, ad esempio Storia del Cristianesimo Antico.

Scoprivo che secoli prima, gli abitanti di una lontana metropoli, dovendo pur trovare qualcosa su cui litigare in attesa dell'invenzione del calcio, si scannavano intorno alla teologia. Il dibattito sulla Trinità, e sulla generazione del Figlio, era uscito dai capitoli e dai sinodi e circolava sulle bocche di tutti, pizzaioli e rigattieri. Venivano alle mani spesso, e a volte ci scappava il morto. L'altro Gregorio - non quello di Nissa - fu quasi linciato nella sua stessa cappella privata, perché era stato ordinato vescovo niceno di Costantinopoli, in un periodo in cui in città andavano per la maggiore gli ariani. Questi ultimi credevano che il Padre avesse creato il Figlio in un secondo momento; i niceni invece credevano in un Figlio generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. I niceni avevano già vinto un Concilio nel 325, e col tempo avrebbero prevalso, massacrato gli ariani e distrutto i loro libri. Ma in quel periodo erano un po' in crisi: gli imperatori, dopo averli favoriti, se ne erano stancati e a volte sponsorizzavano apertamente gli avversari. Il bello di studiare queste cose, quando sei giovane, è che ti chiedono la stessa sospensione dell'incredulità di una saga fantasy - pensateci, si accapigliavano per stabilire se il Figlio fosse stato "creato" o "generato" dal padre. Un dibattito che oggi non interessa più nemmeno i cristiani. Già. Oggi parliamo d'altro. Ma, ecco, di che parliamo? (continua sul Post)
Comments (2)

Marino Voglio wrote ...
(..."nei tuoi figli un fuoco accendi che dia mo - o - o - rte a a lo o stranier"...?
...namo bbene va...)
1/11/2016, 5:57:00 PM

fraorlan wrote ...
hai scritto quasi tutto ( scherzo) forse manca una colonna sonora - come ci vedresti/sentiresti Verdi - Nabucco - Come notte a sol fulgente - ha un testo interessante che, una volta, tutti ascoltavano e memorizzavano..
1/11/2016, 4:43:00 PM

Possiamo convivere con gente così?

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(Forse li avete già visti: alcuni youtuber olandesi vanno in giro a citare versetti del Corano ai passanti; dopo averli scandalizzati, scoprono la copertina e rivelano che si tratta di una Bibbia. È divertente, ma non così originale.

Quando 11 anni fa Vittorio Feltri pubblicò il Corano in dispense su Libero - vi giuro, 11 anni fa Vittorio Feltri pubblicò il Corano in dispense su Libero - io scrissi questa recensione per Macchianera, che al tempo era uno dei blog più letti in Italia. Ci cascarono in parecchi - incredibilmente, un sacco di commenti sono ancora on line. È passato tanto tempo e siamo ancora convinti di parlare di qualcosa di attuale, di interessante).

Possiamo convivere con chi crede nel Corano? No

24 novembre 2004.

Ogni giorno è buono per imparare qualcosa, e io temo di avere imparato qualcosa da Vittorio Feltri. Sì, proprio lui, l'esegeta del Corano.
L'avevo preso sottogamba, sapete. Credevo che valesse la pena di comprarlo per dedicargli uno sfottò, una di quelle cose che piace a noi frustrati di sinistra. Ebbene.
La tesi di Feltri è scontata: il Corano è inconciliabile con l'Occidente. Si tratta di un pregiudizio? Magari. No, Feltri si è documentato, ha studiato il Corano, ed è giunto a conclusioni che sono inoppugnabili. Cioè, io ho anche provato, a oppugnarle. Ma quando uno ha ragione ha ragione, e stavolta devo dare ragione a Vittorio Feltri. Il Corano è inconciliabile coi principi della nostra Costituzione. Chi crede in quel libro non dovrebbe rimanere a lungo sul suolo italiano. Mi dispiace, ma è così. Giudicate voi:

Le donne? Per Maometto sono inferiori
di Vittorio Feltri

Il Corano che cosa pensa delle donne? C'è un versetto molto chiaro. Sura II [detto della "vacca"], 228: «Ma gli uomini sono un gradino più in alto». Usa proprio questa formula il Libro Sacro: i maschi sono superiori. Non è una frase suscettibile di interpretazioni.
[. . .]
Questa inferiorità è strutturale, ed essa è la chiave di volta su cui è costruita la società. Insomma, la donna non è vittima di qualche incidente di percorso, per cui basta un ritocco qua e là delle leggi o della mentalità. No, è minorata per volontà divina, ed anzi la vita comune si regge su questo principio. Il resto discende come conseguenza: nessun ruolo direttivo, nessuna possibilità di organizzare per sé un minimo di vita individuale. La schiavitù è sancita e benedetta. Non sono teorie religiose, ma sono diventate immediatamente leggi politiche dove l'Islam è al potere, e pratiche familiari dove sono (per ora) in minoranza. Non illudiamoci: gli ayatollah imporranno a tutti questa visione del mondo appena potranno, perché per essi non c'è distinzione tra sfera spirituale e politica, tra morale cranica e legge dello Stato. Si pone un'altra questione seria. Le comunità musulmane presenti in tra noi possono trattare così le donne in barba alle nostre norme e consuetudini?


La risposta sarebbe scontata (no), ma lo sapete, io sono il solito malfidato, mica potevo fidarmi del primo versetto che mi citavano.
Così sono andato a prendermi la mia copia del Corano, ché sapevo bene di averne una da qualche parte su una mensola alta (il Libro va sempre posato in alto). E ho iniziato a sfogliare. Ero convinto che avrei trovato subito qualche versetto che ribaltava la faccenda. Beh.
Mi sono dovuto ricredere. Più andavo avanti, più era peggio. Ragazzi, c'è poco da essere politically correct. Quel libro è veramente misogino. Tutte le volte che compare la parola "donna", da qualche parte lì intorno c'è anche la parola "sottomessa". Non ci credete?

Si parte dalla Sura "della Genesi" (3,16): è Allah che dice alla prima donna:
"Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà".


Tanto per mettere subito le cose in chiaro. Ma cos'ha fatto, la donna, di male? Lo spiega a chiare parole la Sura "del Siracide" (25,24):

Dalla donna ha avuto inizio il peccato,
per causa sua tutti moriamo.


Per cui il minimo che possa fare è restare sottomessa. E infatti: Se non cammina al cenno della tua mano, toglila dalla tua presenza (Siracide 25,26)

E poi ci lamentiamo se le loro donne rimangono segregate in casa? Finché continueranno a credere in un Libro che ragiona così…

Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo
è una donna che mantiene il proprio uomo
(Siracide 25,21)

…non c'è da aspettarsi che escano a cercarsi un lavoro. Né che partecipino a qualsiasi tipo di attività sociale. Perfino nella preghiera sono emarginate:

Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea. (Sura "dei Corinti I", 14,34-35)

Nella stessa Sura si motiva anche l'uso femminile del velo (e del burqa, eventualmente):

L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. [… ] Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine […] (Sura "dei Corinti I", 3,7-16)

Notate la grazia della chiusa finale: se qualcuno vuole contestare… noi non abbiamo questa consuetudine. Tante grazie. Noi sì, però. Come la mettiamo?
E ancora:

Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie […] (Sura "degli Efesini" 5,22-23;

Ugualmente voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti perché, anche se alcuni si rifiutano di credere alla parola, vengano dalla condotta delle mogli, senza bisogno di parole, conquistati considerando la vostra condotta casta e rispettosa. (Sura "di Pietro I", 3,1)

Per finire con questa botta:

"Di più! Dobbiamo cagarci addosso di più, perdio!"
La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia. (Sura "di Timoteo I", 2,11-15)

Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo… e poi pretendiamo che abbiano rispetto per le nostre insegnanti? No, mi dispiace, io credo di essere una persona di aperte vedute e tollerante, ma ci sono dei limiti.

E che nessuno venga a dirmi che questi versetti vanno interpretati, inseriti nel loro contesto, mediati… interpretare cosa? Mediare cosa? È tutto chiaro qui, tutto nero su bianco: dalla donna ha avuto inizio il peccato, la donna stia sottomessa all'uomo, punto. E questo credo che non dovremmo tollerarlo. Mi dispiace, ma su questo sono più feltriano di Feltri: chi crede in questo Libro non ha il diritto di rimanere nel nostro Paese, dove vige una Costituzione che prevede per uomo e donna pari diritti.
Perciò, cari amici musulmani, aria.

[Continua domani]
Comments (5)

sarfierre wrote ...
Però:
1) è debole l'evitare una discussione aperta del Corano con la scusa "eh ma anche la Bibbia". Da secoli nella nostra società si critica la Bibbia e la critica della Bibbia è più che sdoganata. Perché non si può criticare il Corano e se qualcuno lo fa deve sentirsi rispondere stoltamente, "Eh, ma allora la Bibbia?" (che è il perfetto equivalente di "eh, ma allora le foibe".
2) Come ovviamente è già stato detto, la Bibbia è un libro che racconta storie, in cui gli interventi divini sono pochi e in alcuni libri scettici la possibilità di questi interventi è perfino incompatibile con la filosofia di fondo (Ecclesiaste...). Il Corano è la legge, dettata nella lingua santa, pura e semplice. E' un po' diverso.
3) Oggi si impiccano omosessuali ed adultere nei paesi dove il Corano è legge. Solo in quelli e per quell'esatto motivo.
Forse è il caso di non chiudere gli occhi.
12/16/2015, 6:15:00 PM

Marino Voglio wrote ...
(addavenì dioclezzianONE)
12/9/2015, 11:11:00 AM

Gaetano wrote ...
Il Corano non è solo un libro sacro come la Bibbia. Il Corano è la legge (sharia) perché è stato fedelmente trascritto sotto stretta dettatura di Dio, nella lingua di Dio, perfetta ed immutabile. Le sue sure sono brevi e prescrittive. Molte sure sono contraddittorie, ma sappiamo che c'è una gerarchia tra loro. La gerarchia nelle fonti del diritto islamico nel corso dei secoli ha ridotto l'incertezza dell'interpretazione e consolidato la giurisprudenza.
12/9/2015, 9:32:00 AM

chanter wrote ...
Sono d'accordo con te. E' necessario bandire libri come il corano e la bibbia, che contiene esattamente gli stessi precetti misogini. Anzi sono dell'idea che nei nostri paesi dovrebbero essere impiccati tutti quelli che credono in qualcosa di diverso dalla scienza.
12/9/2015, 12:36:00 AM

cragno wrote ...
Ah che bei tempi, che gran pezzo
12/8/2015, 10:54:00 AM

Islam non è la risposta

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20 novembre - San Dasio († 303), martire.

A San Dasio, un martire qualsiasi, caduto ovviamente ai tempi di Diocleziano presso Durostorum (oggi sarebbe Bulgaria), un monaco che s'annoiava associò una leggenda curiosa. Dasio non aveva ancora fatto il suo coming out di cristiano, quando fu acclamato dai suoi concittadini re dei Saturnali, il carnevale di quei tempi: al termine del quale il re sarebbe stato scannato dai suoi sudditi in festa. Era un'usanza che magari il monaco si inventò lì per lì per conferire ai legionari pagani i costumi più turpi possibili: finché James Frazer non la trovò e in un qualche modo decise che si trattava dell'unica testimonianza rimasta di un antichissimo rito comune a tutta l'antichità greca e romana, in fondo perché no? Se l'ha detto Frazer.

Solo a quel punto Dasio, vedendosi comunque condannato a morte, decise di rivelarsi per un cristiano: e così, invece che sacrificato a Crono, morì da martire. La storia sembra escogitata apposta per provocare una discussione: benché sia morto esattamente sotto le stesse armi di tanti altri colleghi di martirio, Dasio potrebbe sembrarci un po' meno eroico: mentre ad altri fu offerto di rinnegare il loro Dio, e rifiutarono, Dasio sapeva che sarebbe morto in ogni caso. L'unica scelta a sua disposizione era cambiare il senso della sua morte. Voi dite che io muoio per X, e invece io muoio per Y. Per noi, che non crediamo più né in X né in Y, la cosa sembra quasi irrilevante. Ma la stessa cosa penseranno i posteri di noi.

Un giorno scrolleranno un papiro, un microfilm, un'immagine a mezz'aria, e leggeranno dei dibattiti che facevamo nel novembre del 2015 sugli stragisti di Parigi: se fossero morti perché (x) islamici o perché (y) vittime della mancata integrazione, del degrado delle banlieues (z), del pasticcio geopolitico medio-orientale (w), della carestia che col riscaldamento globale cominciava a bussare a un bordo del Mediterraneo (v): e tutti questi concetti per loro saranno ugualmente astratti. I fatti di cronaca in sé, invece, li afferreranno benissimo: c'era una fazione che voleva seminare il terrore sparando a obiettivi precisi ma anche a casaccio; questo è comprensibile, è successo altre volte e probabilmente non smetterà mai di succedere, per cui possiamo essere ragionevolmente sicuri che finché ci saranno individui della nostra specie, la violenza terroristica non sarà loro aliena: ma avranno parole diverse per spiegarla, parole che a loro sembreranno molto più semplici. Scrolleranno la testa, invece, di fronte alle nostre astruse spiegazioni, alle nostre razionalizzazioni così poco razionali.

Quando per esempio parliamo di Islam, e ci domandiamo se possa avere o meno a che fare col terrorismo. È una domanda seria? Voglio dire, sono musulmani integralisti, brandiscono il Corano, ci definiscono infedeli e crociati, e muoiono come martiri: così a occhio direi che l'Islam un po' c'entra. È curioso anche solo il fatto che ci poniamo il problema. Perché abbiamo difficoltà ad ammettere che la religione sia un fattore determinante, se non scatenante, di un fenomeno terroristico? Probabilmente perché abbiamo paura di offendere quei musulmani che non sono integralisti, né fanatici, né terroristi (è la stragrande maggioranza) e che anzi, sono il primo obiettivo degli integralisti, dei fanatici, dei terroristi. I cosiddetti "islamici moderati". Bene.

Ma è una paura che si spalma sull'ipocrisia. Se davvero fossero "moderati", non dovrebbero offendersi, tanto è evidente il fattore religioso in un terrorismo di dichiarata matrice islamica. Allora forse siamo noi per primi a non crederci molto, a questa cosa dei "moderati". Abbiamo paura di urtare la loro suscettibilità - e se poi si radicalizzano? Se smettono di essere "moderati"? (Noto qui per inciso che in italiano il termine esiste solo per gli islamici: non ho mai sentito parlare di cristiani o di ebrei "moderati" - al massimo di cristiani integralisti, o ebrei ultraortodossi. L'islam è l'unico grande monoteismo che sentiamo di dover "moderare").

Il vero motivo per cui almeno io percepisco una certa difficoltà a individuare l'Islam come un agente patogeno del terrorismo, è molto più terra-terra: non voglio darla vinta alla Fallaci. E a tutti quelli che la citano, ovviamente, ormai senza neanche leggerla più (resterebbero sorpresi nello scoprire, per esempio, che era scettica sugli effetti della Guerra al Terrore di Bush; e del disprezzo con cui liquidava la Lega e il suo leader di allora). Per un sacco di gente, dall'11 settembre di 14 anni fa, "Islam" è diventata la risposta più comoda, e in molti casi l'unica. Perché ci vogliono ammazzare? Perché sono islamici. Ma non sarà che provengono da Paesi disastrati dalle fallimentari strategie geopolitche delle superpotenze? Naaah, è solo che sono islamici. Sicuri che non c'entri per niente il modo in cui abbiamo corrotto la loro classe dirigente, mettendo un Paese contro l'altro e vendendo armi un po' a tutti, senza riflettere su che fiori tossici sarebbero nati dalle macerie? No, no, guarda, è molto più semplice: loro leggono un solo libro e su quel libro c'è scritto che ci devono ammazzare. E la fragilità del benessere di Paesi basati sull'esportazione di idrocarburi, praticamente privi di una classe media che possa creare le premesse per una democratizzazione e laicizzazione della soc... Uff, perché la fai tanto lunga? Islam. E la questione israelo-palestinese, questa ferita aperta che non si ricuce mai? Anche lì, è semplicissimo: i palestinesi sono islamici, gli islamici sono antisemiti, quindi... E il malessere delle banlieues? Dovevano stare a casa loro. Ma le migrazioni sono inevitabili, cioè guarda qualsiasi proiezione demografica, è chiaro che un sacco di gente arriverà in Europa da sud in cerca di cibo e lavoro, parliamo di milioni di persone, mica li puoi tenere fuori... non essere buonista, loro vengono perché sono islamici e sul loro libro c'è scritto che ci devono conquistare. Ecc. ecc.


Nota per il postero: non sto riassumendo dei discorsi da bar. Ovvero, è chiaro che se ne sentono anche al bar, di discorsi così: ma sono gli stessi che fanno autorevoli leader di partito, intellettuali, opinionisti anche loro "moderati": quelli del Corriere che si nascosero dietro le urla scomposte dell'anziana Fallaci (nessun editorialista maschio ebbe il coraggio di prendersi una fatwa in quell'eroico momento: tutti dietro la vecchietta). Quelli un po' bricconcelli, un po' situazionisti del Foglio; gli sciacalli del collasso del berlusconismo, Salvini e la Meloni. Per loro ormai "Islam" significa "ci odiano", il che rende i loro ragionamenti perfettamente circolari, se non puntiformi. Perché ci odiano? Perché sono islamici. Perché sono islamici? Perché ci odiano. Quel corto circuito tautologico che attirava l'attenzione di Roland Barthes. "Islam" per noi è ormai un mito, nel senso che lui dava al concetto; una parola svuotata del suo senso originario, delle storie complesse che rappresentava, e trasformata in un dato di natura. "Ci odiano", e non c'è bisogno di altra spiegazione. Ormai lo possiamo scrivere sulla cartina, proprio dove una volta scrivevamo "Hic sunt leones". Non c'è bisogno di indagare, studiare, capire. Ci odiano. Perché? Islam (continua sul Post...)

Allora il motivo per cui faccio fatica a unirmi al coro è proprio questo. So benissimo che l'Islam è un fattore importante, ma a questo punto non posso che chiedermi: cos'è l'Islam? E perché oggi è importante e 50 anni fa molto meno? Quali sono i processi storici, sociali, economici, che hanno reso possibile un'insorgenza religiosa in Paesi come l'Egitto, la Siria, l'Iraq, che nel dopoguerra sembravano regimi laici oscillanti tra un socialismo nazionale e un nazionalismo tout-court? Soprattutto: se 50 anni fa le parole d'ordine erano "rivoluzione proletaria" e "liberazione nazionale", e oggi sono "califfato" e "Jihad", non viene a nessuno il dubbio che siano solo etichette che si cambiano ogni tanto, quando la nuova generazione si stanca dei discorsi dei vecchi? In ogni caso, è chiaro che l'Islam c'entra, ma non è la spiegazione. È solo il nome che do a un problema complesso.

Succede un po' la stessa cosa con una parola molto diversa, "Euro". Abbiamo diverse ipotesi per le difficoltà economiche in cui versa il nostro continente; abbiamo dati oggettivi (l'enorme divario tra il nostro costo di vita e quello dei lavoratori di 3 miliardi di Paesi in via di sviluppo). Possiamo metterci a studiare con attenzione il problema e proporre soluzioni difficili e mai indolori, oppure possiamo attribuire tutte le colpe all'"Euro". Non avremo nemmeno del tutto sbagliato, perché per diversi cittadini europei l'Euro è davvero un problema (così come l'Islam è davvero una minaccia). Avremo semplicemente deciso di non risolvere un problema, di nominarlo soltanto. Siamo in crisi? Euro.

Suppongo che chi verrà dopo di noi sarà meno disposto ad accontentarsi: leggeranno "Euro", leggeranno "Islam" e si domanderanno: di cosa stavano parlando in realtà? Noi, quando leggiamo delle risse in strada tra nestoriani e monofisiti, abbiamo una certa difficoltà a convincerci che si trucidassero davvero per questioni teologiche che per noi sono lana caprina. Abbiamo sempre il sospetto che dietro ci fossero altre tensioni, sociali ed economiche. I posteri faranno lo stesso con noi. Quando alla pagina del 2015 leggeranno Islam, non crederanno nemmeno per un istante di trovarsi davanti allo stesso "Islam" del volume dedicato al millennio precedente, quello coi beduini e le scimitarre. Siamo in quello coi pozzi di petrolio e Internet, tutte le parole nel frattempo hanno cambiato numerosi significati e senz'altro è successo anche a "Islam". Leggeranno dei martiri suicidi e si domanderanno: per cosa morivano davvero? Per il paradiso di Maometto, che lo immaginava verde perché aveva in mente il colore delle oasi nel deserto? Per le 72 vergini? Questi sono i motivi che appiccichi al tuo martirio quando sai che ormai morirai in ogni caso, come San Dasio. Ai posteri forse interesseranno altre cose: l'economia? che tipo di welfare, che tipo di integrazione sociale permetteva a Hasna Aitboulahcen di nascere a Clichy la Garenne, studiare a Metz, dirigere una piccola azienda e poi farsi saltare in aria nel tentativo di ammazzare più poliziotti possibile? "Islam" non sarà una risposta soddisfacente molto a lungo: riempie la bocca, ti può far vincere qualche elezione, ma alla fine non spiega niente. E soprattutto non offre nessuna soluzione a lungo termine.

Tutto lì il problema, in fondo: cioè, anche ammesso che il problema sia "Islam", che si fa? Ogni volta che rivolgerai questa domanda al fallaciano di turno, lui butterà la palla in tribuna. Se davvero il problema è l'Islam, coerenza vorrebbe che rispondessimo con una Crociata; si sa come funziona, c'è vasta letteratura sull'argomento. Bisogna scannarne molti e provare a convertire gli altri: è molto costoso e... non funziona mai (ci abbiamo provato una dozzina di volte). E quindi? Dietro a tutta la Rabbia e tutto l'Orgoglio c'è una sorda sensazione di Impotenza.

Un altro motivo per cui ho qualche difficoltà a dire "Islam" è che quando affronto un problema, io cerco subito la soluzione. È un mio grosso difetto, perché la soluzione a volte richiede molto tempo e io quel tempo non lo voglio perdere. Per cui se mi chiedi come risolvere il problema del Terrorismo, io quasi quasi ti rispondo su due piedi. Dunque. Siccome tutti i terroristi europei dell'Isis fin qui acciuffati sono cresciuti in Europa, penso sia un problema europeo. Credo che rifletta il malessere sociale degli immigrati di seconda generazione, e che si debba prevenire spendendo parecchi soldi in più in welfare e integrazione. Hai visto come ho fatto presto?

E l'Islam? E l'Islam c'è, non posso mica far finta di non vederlo. È una religione complessa - come tante altre religioni. È un'ideologia che può portare alla violenza, come quasi tutte le ideologie; più di altre, meno di altre, difficile stilare una classifica. Ammetterlo non deve costarmi fatica, ma non mi offre nemmeno una soluzione pratica. Sappiamo che le conversioni forzate non funzionano; che creare martiri è controproducente. Se vogliamo secolarizzare l'Islam, forse dobbiamo studiare il modo in cui si è secolarizzata dal XVI secolo in poi la società europea. Non è stato un processo lineare, ed è morta un sacco di gente. Oggi tutto succede molto più in fretta e gli europei sono molti, molti di più, ma non deve necessariamente essere una catastrofe. A occhio credo che servirà molto laicismo: lo direi persino se fossi un cattolico devoto; nel momento in cui il cristianesimo non è più maggioritario, solo un'autorità statale laica mi può garantire la libertà di culto. Viceversa gli atei che si fanno devoti mi sembra che stiano semplicemente perdendo la testa. È puro panico, quello che esprimeva l'anziana giornalista atea quando si rimetteva a rimpiangere i bei campanili dell'infanzia. Non è identità, è un approccio vintage, perdente, come quello dei neopagani che nel quarto secolo reagivano al cristianesimo cercando di rianimare gli esausti dei del pantheon greco-romano. Se volete che l'Islam del futuro sia diverso dall'Islam di adesso, dovete accettare che anche il cristianesimo del futuro sarà diverso. Sarà tutto diverso, e magari in un modo che non ci piacerà, ma dopotutto non dovremo conviverci a lungo.

A un certo punto ce ne dovremo andare. Alcuni avranno la possibilità di dichiarare perché se ne vanno: di morire in nome di Cristo, di Allah, della laicità, dell'Europa più o meno ariana, della pace. Ma poi verrà gente che avrà problemi a distinguere Allah, Cristo, la laicità, non troverà i confini dell'Europa né il gene dell'arianità. Per loro saranno solo valori astratti, X, Y, Z. Chissà cosa ne penseranno. Magari anche niente.
Comments (7)

Mimbe wrote ...
Peccato, io cercavo un po' di Komplotto
11/23/2015, 10:45:00 PM

Leonardo T wrote ...
Direi che li ho scritti entrambi io.
11/23/2015, 9:59:00 PM

Mimbe wrote ...
Un'amica, su FB, faceva notate la differenza di titolo qua e quello pubblicato sul Post. Come mai questa differenza? SEO o altro? E tu eri d'accordo?
11/23/2015, 9:22:00 PM

marcell_o wrote ...
dei musulmani penso la stessa cosa che penso di noialtri, però un po' peggio. mi spiego. noi prendiamo le nostre informazioni da stampa, tv, internet e siamo preda di disinformazione, stronzate, bufale, teorie complottiste, ecc. come sarà in pakistan, in siria, ecc?
quindi ci saranno quelli che pensano che non ci sono gatti in america e ti regalano il formaggio (cit.) e altri che pensano che in america si mangiano bambini musulmani.
poi ci sono corsi e ricorsi: poche decine di anni fa in europa moltissime persone appoggiavano entusiaste l'entrata in guerra in germania e in italia, perché l'isis non dovrebbe avere tanti sostenitori convinti?
secondo me l'ambiente culturale conta, ma conta di più l'ambiente socioeconomico: se qui tendiamo ad attribuire la colpa di tutto all'euro o agli immigrati o agli alieni, perché in siria, mali, palestina,dovrebbero fare ragionamenti più sofisticati?
quel che mi sento di dire è che in genere chi scatena le guerre e le perde paga un prezzo altissimo. quindi io la vedo brutta assai per gli abitanti dei territori governati dall'isis
11/21/2015, 9:08:00 AM

Luciano wrote ...
Oddio, mettere sullo stesso paragrafo Sakvini, Meloni e Barthes mi sembra un po' troppo.
11/21/2015, 5:02:00 AM

giovanni wrote ...
ti seguo sempre, complimenti per la trasmissione etc etc. eri partito bene ma poi è diventato un po' uno stream of consciousness.
11/20/2015, 6:43:00 PM

Anonymous wrote ...
La respuesta es AMOR. Un gran hombre dijo: "El hombre no puede vivir sin amor. Él permanece para sí mismo un ser incomprensible, su vida está privada de sentido si no se le revela el amor, si no lo experimenta y lo hace propio, si no participa de él vivamente. El amor se siente, no se ve. El amor silencioso es el más fuerte de todos" ...Juan Pablo ll
11/20/2015, 6:14:00 PM

Il bambino ben vestito e ben nutrito

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Venerdì è stato il giorno in cui abbiamo preso atto che c'è una guerra in Siria e un'emergenza umanitaria intorno al Mediterraneo. Non è che non lo sapessimo già: non è che la nostra parte razionale non avesse già recepito l'informazione - ma evidentemente non ci bastava. Per rivedere le nostre priorità, per smettere di discutere di crisi delle borse o riapertura delle scuole e del campionato ci serviva qualcosa di più: un campanello, una sveglia, un grido d'aiuto. Qualcosa che forasse l'attenzione. Immagini agghiaccianti ne avevamo già viste parecchie: la foto del bambino siriano ha qualcosa di più. Ciò che ha di veramente spaventoso - e che non si nota se non dopo qualche istante - è la sua familiarità. 'Potrebbe essere uno dei vostri figli', qualcuno ha creduto di dover aggiungere. Non ce n'era veramente bisogno.

Ognuno poi reagisce in modo diverso e devo dire che non vado orgoglioso del modo in cui reagisco io. Tra mettersi a piangere e imprecare contro le guerre e i recinti e chi li ha voluti, e alzare il sopracciglio alla mister Spock c'è tutta una gamma di sfumature che ancora mi sfuggono. Faccio persino fatica a contenere la stizza della mia parte razionale: cioè sul serio la foto di un bambino sulla spiaggia può smuovere popoli e governi che 71 morti asfissiati in un tir avevano lasciato insensibili? Fa così tanta differenza l'età? E che altro conta? L'abbigliamento, il colore della pelle, l'estrazione sociale (il direttore della Stampa si è premurato di definirne lo status "borghese"), la spiaggia sullo sfondo, l'impaginazione? Sono contento che siate in grado di provare emozioni, ma non vi viene il dubbio di provarle un po' a comando?

Mentre mi faccio queste domande, ecco irrompere sulla mia bacheca il commento di un rappresentante dell'UKIP - il partito formato, giova ricordarlo, da ex conservatori britannici fuoriusciti dai vecchi tories perché non abbastanza euroscettici.



"Il bambino siriano era ben vestito e ben nutrito. È morto perché i suoi genitori erano avidi del benessere europeo. Saltare la coda ha i suoi costi".

Questo tweet - quasi subito ritrattato - è nel suo genere un capolavoro. Siamo ben lontani dal provincialismo frustrato e rancoroso di un Salvini. Per distillare un cinismo così distaccato servono secoli di privilegi. Il primo elemento che salta agli occhi è appunto il cinismo. Da cinis, cane. Si contrappone a "umanità". Molti lo considerano una specie di barriera naturale da infrangere con la potenza delle immagini commoventi: io temo che sia una reazione istintiva che molti di noi sviluppano proprio per difendersi da questo tipo di aggressioni.

Ora basta! dissuadiamoli dall'annegare!
Me ne accorgo soprattutto quando vedo i ragazzini a scuola. Di fronte allo spettacolo della violenza umana - di fronte a film o immagini di repertorio agghiaccianti - hanno poche opzioni a disposizione. O piangono, arrendendosi alla pressione sociale di chi ha deciso di proiettare quel film, quel documentario (commuoviti stronzetto! se non piangi per questo, di che pianger suoli?)- o assumono una smorfia tutta speciale, una versione embrionale di quella che poi indosseranno per tutta la vita di fronte a ogni disastro che non li tocca personalmente. Diventano cinici. Magari da grandi leggeranno il Quotidiano Nazionale, che ha la stessa foto del bambino morto del Manifesto, ma è corredata da un editoriale che spiega che ci vogliono più barriere dissuasive. O se studiano un po' di più ci terranno a sfoggiare il Foglio, troppo snob per mostrare la foto, ma anch'esso pronto a fornire la didascalia, sempre la stessa da 15 anni: attacchiamo il medio oriente, esportiamo la democrazia, magari stavolta funzionerà. Il cinismo di questi organi di stampa è proporzionale all'umanità degli altri, al punto che mi domando se non sia la reazione che corrisponde all'azione. Più ci irradiate di foto che fanno piangere, più ci cresce la pancia là dove credevate che avessimo il cuore.

Certo, non riusciremo mai a dire le cose con l'esattezza, con la classe del signor Bucklitsch. Nota anche la sua attenzione al dettaglio, dovuta certamente al fatto di non aver gli occhi intorbidati da inutili lacrime: il bambino veste all'europea. In realtà non ci sono tutti questi argomenti per considerarlo "well clothed" - probabilmente per Bucklitsch l'umanità si divide in persone ben vestite e selvaggi a malapena coperti da stracci.

Però l'annotazione vale più di mille lamentazioni, non solo perché ci ricorda un aspetto importante e controintuitivo dei fenomeni migratori (non coinvolgono solo la fascia più povera, ma spesso la classe media), ma perché arriva al punto: quel bambino ci commuove più di 71 profughi asfissiati, o più degli annegati che in una foto ben più agghiacciante di qualche settimana fa punteggiavano un enorme rettangolo di mare, perché assomiglia ai nostri bambini. Alla fine, se scegli di parlare alla parte emotiva, devi sempre usare i soliti trucchetti, tra cui lo specchio riflesso rimane il migliore. Tutto questo sta succedendo a te. Se non a te, a una copia di te stesso. I bambini, pensa ai tuoi bambini. Sono esattamente le stesse corde che toccano i populisti, e molti di loro le toccano in buona fede proprio come il professore che per farti venire a schifo il nazismo ti mostra Schindler's list.

Io lo proietto volentieri Schindler's list. Lo trovo un gran film: ho la speranza che possa produrre più umanità che cinismo. Ma non ne sono sempre sicuro. Se una foto è davvero riuscita a modificare l'accordo di Dublino, ne sono contento. Ma continuo a domandarmi se l'approccio emotivo non sia più parte del problema che della soluzione. Questa strategia di far finta di niente finché qualcuno non trova la foto giusta, il minimo che posso dire è che mi lascia perplesso.
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Claudio B. wrote ...
L'UK è nella UE perché partecipa alla ripartizione dei fondi europei.
Siccome la UE non ha poteri fiscali, ogni stato versa una propria quota secondo criteri abbastanza complicati che derivano dalla contingenza storica presente al momento dell'adesione. In particolare, l'UK aderì durante la guerra fredda, quando il nucleo di stati fondatori ritenne che la comunità sarebbe stata più forte con i britannici che senza. In pratica la Tatcher disse: "Ci volete? Allora ci dovete pagare".
Oggi le condizioni sono cambiate e non vedo perché dobbiamo mantenere nell'UE un paese contrario da sempre ad integrarsi e che paralizza sistematicamente ogni tentativo di costruzione della repubblica federale europea: volete la vostra indipendenza? Ritenete che l'unione faccia la debolezza? Allora andatevene per la vostra strada e piantatela di bloccarci coi vostri stupidi veti.
9/6/2015, 11:28:00 AM

Heavymachinegun wrote ...
Notizia di oggi:

Gran Bretagna: "No al piano proposto dalla Ue, prenderemo dalla Siria solo 15 mila migranti"

Io ancora non ho capito in cosa consiste l'"essere nella UE" per un paese come la Gran Bretagna. Sono nella UE come osservatori esterni?
9/6/2015, 10:13:00 AM

Marino Voglio wrote ...
"familiarità"

io in effetti sono un po' mitridatizzato alle foto: sono anni che porto in tasca e maneggio quotidianamente foto di tumori al polmone e alla gola (non sono un oncologo, sono un fumatore; oggi ad esempio c'ho "uomo steso su tavolo dell'obitorio").

...e LA FOTO di cui, io non riesco a vederla disgiunta dalla didascalia: "andare in canada in gommone nuoce gravemente alla salute".
9/5/2015, 11:12:00 AM

Marino Voglio wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
9/5/2015, 11:08:00 AM

Anonymous wrote ...
Di Schindler's list basta quella scena verso la fine in cui gli viene consegnato il lasciapassare dai suoi operai ebrei, e lui sta per lasciare il posto in macchina, quando scoppia in una crisi di pianto e ripensa a quello che non ha fatto, dal vendere il suo anello al poterne salvare altri... quella scena mi tocca dentro ogni volta che la rivedo.
9/5/2015, 10:25:00 AM

marcell_o wrote ...
hai (tanto) ragione,su facebook continuo a vedere gente che condivide roba si salvini e la stessa gente che (cristianamente) chiede perdono al piccolo siriano...
mi ha scandalizzato molto l'eco seguita alla pubblicazione della foto, enorme rispetto alla notizia degli asfissiati nella barca e nel camion (in entrambi i casi c'erano bambini).
non mi piace questo parlare alla pancia delle persone, anche se a fin di bene.
un po' come le telepromozioni (con le stesse tecniche di quelle per vendere materassi, pentole e improbabili collezioni di monete d'oro) per sollecitare donazioni a favore di organizzazioni per aiutare bambini africani con labbro leporino, bambini africani destinati a diventare ciechi. ecc.)
come diceva il tizio: il mezzo È il messaggio.
usare trucchetti per sollecitare sostegno politico o economico a questo e quello lo trovo sbagliato e controproducente nel lungo periodo (cioè, per dire: noi stiamo ancora pagando le puttanate della campagna elettorale del '48...)
9/5/2015, 9:49:00 AM

Claudio B. wrote ...
Devo dire che anche io ho avuto una reazione simile.
3 settembre. Il governo britannico: "Porte chiuse, tutti fuori, non vogliamo nessuno, neanche quelli in regola!"
4 settembre: Lo stesso governo britannico: "Porte aperte, tutti dentro, vogliamo accoglierne tantissimi!"
Disturbo bipolare o cosa?
9/5/2015, 9:38:00 AM

Nessuno si ricorda dei Catari

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Com'è noto (ma per quanto noto, resta incredibile) i nazisti non avevano pianificato soltanto il genocidio degli ebrei, dei rom, dei sinti, ma anche il loro oblio. Non solo calcolavano di sterminare diversi milioni di individui, ma pensavano di poterli in qualche modo nasconderli sotto il tappeto - in un qualche modo se ne vergognavano. Se avessero vinto, i loro pronipoti oggi leggerebbero sui libri di Storia che gli ebrei in Europa si sono estinti nel medioevo? Una storia del genere sarebbe credibile?

Un altro laureando, stavolta in Storia medievale, di lontane origini valdesi. Nella storia della crociata anti-catara c'è tutta una serie di cose che non gli tornano. La cronologia suona posticcia, ha l'aria di essere ricostruita molto a posteriori. L'improvvisa scomparsa della lingua d'Oc nel XIII secolo lo lascia perplesso: tutti i suoi insegnanti l'hanno appresa dai libri e la trovano normalissima, lui no. Aggiungi il ricordo di certe storie strane che gli raccontava la bisnonna. Quando accennava all'infanzia francese, i parenti le davano della matta e cominciavano a cambiare discorso. Parlava con un accento tutto suo.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

A furia di aggirarsi per la Linguadoca facendo domande indiscrete, il laureando viene notato da qualcuno. Comincia a ricevere lettere anonime in buon occitano, che gli suggeriscono di frugare in questo o quell'archivio - niente di digitalizzato, tutta carta che sta per andare al macero. Gli indizi lo portano a concepire una ipotesi sconvolgente: i catari non sono stati massacrati nel Trecento, ma nel Novecento! Impossibile, eppure...

Prima di allora erano una minoranza importante non solo in Francia, ma in tutta Europa, negli USA e persino in Giappone - a proposito, il cristianesimo non sparì affatto dall'isola nel XVII secolo, come racconta la storia ufficiale: semplicemente diventò cataro. Nagasaki, fondata dai cristiani, era diventata la capitale catara dell'arcipelago: ecco perché fu bombardata col plutonio.

Lo sterminio dei catari in Francia è pianificato a partire dal 1935, quando le elezioni portano al potere i nazionalisti della Croix de Feu e dell'Action Française. Negli anni Venti i catari erano tornati a manifestare quelle tendenze autonomiste che periodicamente li portavano a tensioni col governo centrale (nella guerra dei Cent'anni i catari stavano con gli inglesi. La notte di San Bartolomeo fu un eccidio di catari. Enrico IV era cataro, prima di battezzarsi a Parigi. La Rochelle era una roccaforte catara, come Carcassonne. Molti giacobini erano catari: l'ordine di fare deserto in Vandea andava incontro ad alcune esigenze dei possidenti catari).

La crisi del '29 trasforma i catari nei capri espiatori perfetti: sono commercianti, artigiani altamente specializzati, industriali. Possiedono banche e assicurazioni, fanno parte di una comunità che ha basi in tutto il mondo civilizzato. La propaganda anti-catara era stata cavalcata dai movimenti di destra che approfittano dell'affare Stavisky per delegittimare i partiti al governo. Naturalmente tutto questo è stato cancellato dalla storia ufficiale. Anche la forma originale della citazione di Hitler: "Dopotutto, chi parla più oggi dello sterminio degli armeni in Turchia? E dei catari in Francia?"

Più va avanti nella sua ricostruzione, più il laureando crede di impazzire. Con un po' di sforzo può anche immaginare che un'intera nazione abbia eliminato il ricordo di due milioni di vittime. Ma i Paesi confinanti, nemici e alleati? Possibile che abbiano accettato tutto questo senza fiatare, addirittura collaborando? In effetti è abbastanza implausibile, ma se ne volete sapere di più, occorrerà votare per Nessuno si ricorda dei Catariche oggi se la gioca contro Gli assassini del basilisco. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
Comments (26)

Anonymous wrote ...
Anche io per i Catari, il Basilisco mi prende pochino
8/19/2015, 10:43:00 PM

Dr. Emme Ci wrote ...
Il basilisco proprio non mi convince, buona per i Catari (anche se di tutte le trame complottarde che hai proposto e' la piu' sballata)
8/16/2015, 9:30:00 AM

Andapanda wrote ...
questo!
8/16/2015, 8:10:00 AM

appunti wrote ...
...bello il basilisco, ma preferisco i catari, anche se significherà lavoro infame e una (auspicabile) bella overdose di invenzione in più!
Comunque bravo.
8/16/2015, 6:36:00 AM

Pasquale wrote ...
Sia i Catari che il Basilisco hanno del potenziale ma voto i Catari.
Ci devi mettere un bel po' di ciccia in più però, qualche donna e magari un complotto nel complotto.
8/15/2015, 5:29:00 PM

Leonardo T wrote ...
Per esperienza, chi ti vuole accusare di antisemitismo lo farà qualunque cosa tu scriva - sarà anche interessante vedere cosa si inventano.
8/13/2015, 1:33:00 AM

Leonardo T wrote ...
Per esperienza, chi ti vuole accusare di antisemitismo lo farà qualunque cosa tu scriva - sarà anche interessante vedere cosa si inventano.
8/13/2015, 1:33:00 AM

zioluc wrote ...
Voto i Catari perché mentre scrivo mi trovo a Carcassonne :)
8/12/2015, 6:46:00 PM

luca sch wrote ...
Anch'io voto per i catari: sono proprio curioso di sapere chi, come e perché avesse ordito il complotto per portare a termine l'olocausto cataro contemporaneamente in tutto il mondo e come possa essere stato completamente rimosso in un paio di generazioni. (L'altro spunto ricorda troppo Matrix.)
8/12/2015, 10:48:00 AM

efraim wrote ...
Proprio curioso di sapere se e come puoi renderlo plausibile.
8/12/2015, 10:42:00 AM

efraim wrote ...
Proprio curioso di sapere se e come puoi renderlo plausibile.
8/12/2015, 10:42:00 AM

efraim wrote ...
Proprio curioso di sapere se e come puoi renderlo plausibile.
8/12/2015, 10:42:00 AM

Claudio B. wrote ...
Ho molto apprezzato sia i Catari che il Basilisco, ma siccome ne deve sopravvivere solo uno, allora voto i Catari.
8/12/2015, 10:00:00 AM

Eri Palle wrote ...
Meglio i Catari. Venderebbe anche di più, credo.
8/12/2015, 8:39:00 AM

Stefano wrote ...
Bella, ma poi te la senti di smazzarti le accuse di antisemitismo?
8/12/2015, 3:45:00 AM

Marco V. wrote ...
+1
8/12/2015, 1:19:00 AM

Anonymous wrote ...
Vada per i catari. A proposito: ma siamo sicuri che Dreyfus fosse proprio ebreo?
8/11/2015, 11:38:00 PM

physicistinthedungeon wrote ...
Catari tutta la vita, anche perché di Matrix non se ne può più...
8/11/2015, 11:01:00 PM

Weissbach wrote ...
+1
8/11/2015, 9:43:00 PM

Sapùto wrote ...
Quella del Basilisco di Roko me l'ero dimenticata :)
Preferisco questa fra le due, perché coll'altra ne fai al massimo un racconto imho
8/11/2015, 9:20:00 PM

Carlo wrote ...
Vada per i Catari. Le bizzarre ipotesi storiche mi hanno sempre affascinato.
8/11/2015, 8:54:00 PM

Leonardo T wrote ...
Si scoprirebbe nel caso che fu tutta propaganda anticatara, in realtà anche loro figliavano come conigli.
8/11/2015, 2:47:00 PM

LadyJo wrote ...
Questa anche io. Però poi forse anche quell'altra, vediamo (il basilisco!...soooo Chamber of Secrets...)
8/11/2015, 12:29:00 PM

orsopio wrote ...
questa. mi piacciano un sacco i catari (noi vhemt in qualche modo discendiamo da loro, mi sa).
8/11/2015, 12:25:00 PM

Guglielmo wrote ...
Voto questa.
8/11/2015, 12:22:00 PM

.mau. wrote ...
+1 per me
8/11/2015, 12:04:00 PM

Va' in ferie Giannelli

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Oggi nei luoghi che bazzico io sono tutti scandalizzati per questa vignetta; io non ci riesco. Ci ho provato, eh, non è che voglia fare l'antisnob a tutti i costi. Credo che a emarginarmi dall'indignazione collettiva siano due argomenti.

1. È una vignetta un po' razzista che cavalca il più puro sentimento xenofobo che circola in Italia, non solo tra le piccole frange dei leghisti o dei fascisti che bruciano le case sfitte piuttosto di offrirle ai profughi. È la xenofobia benpensante dei lettori del Corriere - quelli che 14 anni fa correvano a fotocopiarsi le sbrodolate della Fallaci, quelli: lo scoprite stamattina che vivono con l'incubo di tornare dalle ferie e trovarsi neri e arabi in casa? Per scandalizzarsi serve un effetto sorpresa che non riesco a simulare. Trovo anzi utile che Giannelli faccia vignette xenofobe sul primo quotidiano italiano: penso che serva a tutti noi per capire che razza di gente siamo. Aggiungi che nei prossimi anni l'argomento "profughi" sarà uno di quelli che farà vincere o perdere le elezioni, se non una moneta di scambio che cercheremo di usare a Bruxelles per chiedere meno austerità (banalizzando: se vogliono tenere nell'UE un ponte in mezzo al mediterraneo, lo dovranno puntellare in qualche modo).

2. È una vignetta così crepuscolare che fa tenerezza. Giannelli sembra approdato allo stile che insegue da cinquant'anni, la Settimana Enigmistica. Per favore, escludete un attimo lo schermo piatto nell'angolo in basso, e guardate sull'altro lato la famiglia italiana - tipo secondo il Corriere. Pensate all'ultima volta che avete visto un padre di famiglia calvo che non si rasa sui lati. Il bambino con la maglietta a righe orizzontali. Il nonno scamiciato - rinasco, rinasco! nel Millenovecentosettanta. Non c'era lo spazio per un centrotavola e allora ha messo un vaso, le buone cose di pessimo gusto. Il profugo che prende parola potrebbe benissimo essere un manovale di Molfetta. È un mondo ideale che esiste solo nei sogni di chi lavora, stavo per dire in via Solferino, poi mi sono ricordato che non lavorano nemmeno più là. Non ci può essere violenza nell'immaginario crepuscolare, e infatti non c'è. I profughi di Giannelli avranno pure nasoni e labbroni, ma sembrano tutti abbastanza beneducati - tranne quello che la calura del tinello ha portato a spalmarsi sul pavimento, come fanno i bambini di tutti i colori al centro estivo, e a 37° li invidi soltanto. Bianchi e neri sono ugualmente stereotipati: i neri non sembrano sporchi o minacciosi e i bianchi non sembrano terrorizzati. Nella vignetta successiva si riesce a immaginarli tutti a tavola che mangiano un cuscus - ecco, Giannelli potrebbe salvarsi in corner pubblicando una cosa del genere, domattina.

Oppure potrebbe andare in ferie. Credo che ne abbia bisogno, un po' come tutti. E al ritorno, se trovasse l'ufficio già preso da un collega più giovane, ecco: anche in quel caso non riuscirei a scandalizzarmi più di tanto.
Comments (11)

Leonardo T wrote ...
7/21/2015, 12:26:00 PM

giovanni wrote ...
Quanta supponenza e quanta ipocrisia nel commentare cose non lette.
7/20/2015, 9:53:00 PM

marcell_o wrote ...
sarà il caldo, sarà il rigurgito tardivo del feroce saladino o dell'uomo nero, ma sembra davvero che il cervello di tante persone vada in pappa
a leggere certi commenti in giro per il web sembra davvero di vivere in un eden, non fosse per gli immigrati sarebbe il paradiso: loro hanno portato droga, corruzione, malavita, prosttituzione, violenza, stupri, ecc.
non si riesce proprio a impostare una discussione decente, no si fa come allo stadio: si ragiona per slogan
7/20/2015, 11:57:00 AM

Alucard994 wrote ...
Complimenti per l'articolo, davvero molto incisivo e, purtroppo, vero!! Mi sono divertito nel leggerlo.
7/20/2015, 8:12:00 AM

Alucard994 wrote ...
Complimenti per l'articolo, davvero molto incisivo e, purtroppo, vero!! Mi sono divertito nel leggerlo.
7/20/2015, 8:11:00 AM

Kruaxi wrote ...
Ha molta strada da fare prima di sfiorare il becerume assoluto di un Forattini o di un Krancic...
7/20/2015, 5:54:00 AM

Unknown wrote ...
Domanda/suggerimento: nella chiusa, oltre che piu' giovane, il collega poteva avere tratti non propriamente italici (nero, "latino", asiatico, scandinavo..fa un po' tu)?
O sarebbe stato esagerato/troppo irrealistico?
Emanuele Ripamonti
7/19/2015, 11:21:00 PM

Leonardo T wrote ...
L'estate è sempre un po' difficile per lui.
7/19/2015, 2:21:00 PM

Sapùto wrote ...
Di tutti i modi del cavolo in cui uno può passare le ferie, Zanardo. proprio qua a fare il droll riservista della jidf....
7/18/2015, 6:12:00 PM

Anonymous wrote ...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
7/18/2015, 5:05:00 PM

Anonymous wrote ...
Un po' invece mi ha colpito, ma non come la Fallaci.

Magari ricordo male io ma nel periodo immediatamente precedente il social forum di Firenze scrisse una cosa del tipo: Al Qaeda fa entrare terroristi come clandestini con il supporto logistico dei centri sociali.

Il problema non fu nemmeno il Corriere che la pubblicò, ma io che la lessi. Spero almeno di non aver pagato quella copia. Vorrei tanto esserne sicuro.
7/18/2015, 3:31:00 PM

Certi africani sono più morti di altri

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Quando 10 anni fa arrivarono i primi video di decapitazioni dall’Iraq, alcuni opinionisti iniziarono a invitarci a non distogliere lo sguardo, perché solo guardando quei video avremmo capito davvero cos'era il Terrorismo. Una singolare sintonia coi terroristi che quei video li giravano e diffondevano: curiosamente Al Zarqawi e Antonio Polito desideravano da noi la stessa reazione, più di pancia che di cervello. Perché alla fine in quelle decapitazione c’era poco da capire, e molto da soffrire.

Col tempo l’invito a non distogliere è diventato un genere a sé. Sabato Paolo Giordano ci invitava a “riguardare l’immagine della strage di Gaiassa sostituendo “alla pelle scura dei volti schiacciati una carnagione chiara”. Altrimenti rischieremmo di sentirci “solo timidamente partecipi”, come davanti alle foto dei massacri in Ruanda. Invece occorre empatizzare di più, perché le vittime sono cristiane (ma veramente anche in Ruanda...), perché “ci assomigliavano, perché cristiani e attratti dalla stessa cultura universale sulla quale si fonda ogni atto quotidiano. Il loro peccato imperdonabile era di essere come noi”.

E se invece non avessero voluto essere come noi, come le vittime musulmane dei cristiani che in Centrafrica hanno distrutto 417 moschee? O come gli abitanti musulmani di Gaiassa che furono massacrati da un governo ‘cristiano’ nel 1980? In quel caso, mi par di capire, sbiancare la pelle non servirebbe a niente: c'è nero e nero, non tutti meritano la nostra preziosa empatia.
Comments

È lunga la strada per Selma

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Selma (Ava DuVernay, 2014)

Il tuo maestro e modello ti fa salire nella sua macchina. Mentre guida a velocità di crociera ti spiega che non ne può più; che non è sicuro di quello che sta facendo; che per colpa sua anche stavolta qualche brava persona si farà male o verrà uccisa; che malgrado questo anche stavolta probabilmente non cambierà niente; e che quindi forse bisognerebbe ripensare tutta la strategia; ma ci vorrebbe del tempo; e quel tempo lui non l'ha, è troppo stanco.


E ti chiede come la pensi. Te lo ricordi immenso, quando eri un ragazzino nella folla che stava ad ascoltarlo: adesso è lì in macchina con te, ti apre il suo cuore e ti mostra che è marcio. Cosa facciamo adesso? Ti avanza un po' della fede che distribuiva ai vecchi tempi? Selma è stato salutato come un "film necessario". Purtroppo i film necessari non sono necessariamente buoni film. D'altro canto prima o poi qualcuno doveva spezzare l'incantesimo per cui la figura più importante della comunità afroamericana, l'uomo per cui si chiudono scuole e uffici ogni terzo lunedì di gennaio, non era ancora stato celebrato nelle sale cinematografiche. Ancora negli anni Novanta era paradossalmente più facile realizzare film su personaggi controversi come Malcolm X o le Pantere nere, piuttosto che mettere a fuoco l'uomo-immagine del movimento per i diritti civili. Evitare il taglio agiografico era impossibile, e forse lo è ancora.

A quasi sessant'anni di distanza Martin Luther King, jr continua a essere un simbolo più che un uomo. Anche in sede storiografica non si nota una grande esigenza di sottoporre il mito a una revisione; il peggio che si osa dire su di lui è che gli piacevano più donne di quante un reverendo sposato avrebbe dovuto permettersi, ma il biografo che ha osato definirlo un "donnaiolo" si è poi pentito, è stato frainteso, ecc.. E siccome il pubblico non sembra pronto (né negli USA né altrove) per un leader sessualmente esuberante, anche stavolta non lo vedremo rialzarsi in mutande da un letto non suo. È vero che telefonava a tarda notte a donne sposate (l'FBI aveva accesso ai tabulati), ma solo perché aveva bisogno di sentire un gospel dal vivo. L'adulterio è ammesso, ma non esibito - d'altronde è così importante? In un certo senso sì, uno degli aspetti della grandezza di MLK è proprio il fatto che sopravvisse ai ricatti dell'FBI di Hoover che credeva di poterlo inchiodare alle sue scappatelle sessuali. Il reverendo impersonato da Daniel Oyelowo di fronte alla moglie non nega e non si difende: assume la sua smorfia contrita d'ordinanza e va avanti. Lo stato disastrato del suo matrimonio non è che una tra tante ragioni di frustrazione. È un MLK perennemente imbronciato, insicuro, disilluso, ed è probabilmente l'unico MLK umano che Ava DuVernay poteva permettersi di mettere su pellicola. Di un MLK più machiavellico, che di concerto con Lyndon Johnson manda freddamente bambini e anziane signore in prima linea contro i peggiori sceriffi dell'Alabama - e nel frattempo combina anche qualche festicciola in albergo - per ora nessuno sente l'esigenza.


È un film necessario, si diceva; una certa gravitas era indispensabile, ancorché un po' soporifera; più che al botteghino Oprah Winfrey, Brad Pitt e gli altri produttori guardavano alle scuole che lo proietteranno intensamente nella seconda settimana di gennaio. Ma è proprio qui che Selma delude, ed è un peccato... (continua su +eventi!) perché tutto sommato offre un buon ragguaglio sulle tecniche di non-violenza, e sui sacrifici che comportano (non a caso gran parte dei leader sono ministri di culto: del resto se il tuo metodo di lotta implica la possibilità di ritrovarti inerme davanti a poliziotti armati e fanatici razzisti, la fede in una trascendenza non è obbligatoria ma può aiutare). Il guaio è che Selma regge la prova ferro-da-stiro, ovvero è un film che si può tranquillamente guardare mentre si è in tutt’altro affaccendati, senza perdersi nessuno snodo fondamentale. Al massimo qualche primo piano di Oyelowo corrucciato, o di Carmen Ejogo corrucciata, o Tom Wilkinson perplesso (fa il presidente Johnson, e il film a quanto pare non gli rende onore) o Tim Roth governatore cattivo.

Il film ha il torto di dare per scontata l’attenzione del pubblico, dopo un paio di scene madri iniziali di fronte alle quali commuoversi è obbligatorio. Parlo da insegnante: un film del genere non lo proietterei in un’aula magna: se passa la prova ferro-da-stiro, passa anche la prova smartphone. Per parlare degli stessi argomenti ricorrerò a Mississippi Burning, che ormai ha trent’anni ma almeno offre una chiave per decifrare l’odio di quei razzisti che in Selma sono raffigurati più o meno come orchetti di Tolkien, senza storia né psicologia; oppure li fregherò con Alì, che col pretesto dell’epica sportiva racconta di Emmett Till e dei musulmani neri; e integrerò con qualche scena di Amistade da calcio nello stomaco – quel tipo di calci che i ragazzini sanno apprezzare. Niente di personale: ma se Selma mi ha un po’ annoiato, figuratevi i miei studenti.
Comments

Come tenere i negretti al loro posto

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28 agosto 1955 - Emmett Till viene seviziato, ucciso, gettato come un rifiuto nelle acque limacciose del fiume Tallahatchie. I suoi assassini, subito arrestati, non saranno mai puniti.

A casa del pastore Wright arrivarono alle due del mattino, senza infilare cappucci bianchi o altre pagliacciate: che bisogno c'era di nascondersi? Erano armati e avevano le torce. C'erano Roy Bryant e il fratellastro JW Milam, e qualcun altro che lavorava con loro e forse era nero. Chiesero a Wright di vedere gli amici di famiglia, i tre ragazzi di Chicago venuti in villeggiatura. Chi dei tre era passato dalla bottega di Bryant quattro giorni prima, chi dei tre aveva rivolto la parola alla moglie di Roy? Fu Emmett a rispondere: sono stato io. Aveva quattordici anni, ma sembrava più grande. Gli dissero di vestirsi, che doveva venire con loro. Il pastore non protestò troppo, sapeva cosa stava rischiando. Solo la zia fece un po' di baccano. Senza vergogna offrì del denaro a Bryant e Milam. Finsero di non averla sentita. Infilarono il ragazzo nel pick-up e sparirono. Mose Wright attese venti minuti, poi prese la macchina e si diresse verso il centro del paese. È là che l'avrebbe ritrovato, se i due volevano soltanto dargli una lezione e poi lasciarlo libero. Ma Emmett non era pratico della zona e c'era comunque rischio che si perdesse.

Emmett fu picchiato con criterio, forse col calcio di una pistola. In un fienile, e poi di nuovo sul pick-up. In una baracca in mezzo a una piantagione, e sul pick-up di nuovo. Non riuscivano a lasciarlo andare. Ammesso che l'idea iniziale fosse davvero di risparmiarlo, il ragazzo non stava reagendo nel modo giusto.
Comments (3)

LadyJo wrote ...
(continua...) ma poi non hai mai continuato :(
8/28/2015, 9:00:00 AM

JBL wrote ...
Chi è lo stronzo che ha cliccato su divertente ?
8/31/2014, 6:04:00 PM

Anonymous wrote ...
Tana.per il maestrino..eh...eh.eh...
8/28/2014, 11:48:00 PM

12 anni di solitudine

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12 anni schiavo (12 Years a Slave, Steve McQueen, 2013)

Tornò a casa, scrisse il libro,
fu invitato a molti reading,
forse aiutò diversi schiavi fuggitivi,
denunciò invano i suoi sequestratori,
e un giorno scomparve.
Nessuno sa dove.
Forse lo presero gli schiavisti.
Forse dopo dodici anni così
non riusciva più a stare in famiglia.
Chi lo sa.
Una sera hai bevuto troppo. Ti svegli in catene e scopri che non sei più un essere umano. Ora sei una massa di muscoli senza storia o diritto di parola, a cui è consentito solamente sopravvivere. Un lotto di carne evasa da rispedire in Georgia; la tua famiglia non saprà mai più nulla di te. Perché ci sono così pochi film sulla schiavitù? Wikipedia ne conta appena una trentina, inclusi titoli che hanno poco a che fare con gli schiavi d'America. La stessa fonte conta 180 film sulla Shoah, esclusi i documentari. Perché la schiavitù è nove volte meno cinematograficamente interessante? È semplicemente l'effetto di un senso di colpa ancora non rielaborato dal pubblico bianco americano? Forse c'è qualcosa di più, se anche l'afro-britannico Steve McQueen ha preferito affidarsi a una fonte eccezionale come l'autobiografia del "free negro" Solomon Northup. Nato libero nello Stato di New York, carpentiere e violinista, Northup nel 1841 è vittima di un sequestro di persona. La sua identità viene cancellata e sostituita con quella di uno schiavo fuggitivo. Northup (Chiwetel Ejiofor, che debuttò con Amistad e difficilmente sarà mai più tanto vicino all'Oscar) non è il solo ad avere perso la sua libertà in questo modo, ma è tra i pochissimi che riuscì a riconquistarla, dopo dodici anni, e l'unico che pubblicò la sua storia. C'è persino chi ha criticato McQueen per avere scelto un'angolazione tanto particolare: l'avventura di Northup è una traiettoria eccentrica rispetto alla storia del popolo afroamericano. I suoi compagni di schiavitù sono satelliti lontani con cui è entrato in contatto per un fatale errore, e che non potranno seguirlo verso la libertà. Ognuno - ce ne accorgiamo più volte nel film - ha un suo destino che non può essere diviso con altri.

E d'altro canto Northup ha il grosso pregio di assomigliare a noi, nati liberi, terrorizzati dalla sola idea di perdere il nostro status. Solo il suo punto di vista poteva fornirci quel biglietto per l'inferno (e ritorno) che McQueen voleva staccare. I film sulla schiavitù, forse, non si fanno perché è difficile riuscire a sintonizzare il pubblico sulla stessa onda delle vittime: con la Shoah è più facile? Ma anche nei migliori film sulla Shoah (Spielberg, Polanski), fate caso all'importanza di quei momenti in cui il cittadino medio-borghese scopre all'improvviso di aver perso il suo status di essere umano. McQueen aveva bisogno di qualcosa del genere: mostrarci un afroamericano educato, una bella casa, splendidi figli, una moglie intraprendente. La stragrande maggioranza dei neri nati schiavi non aveva nulla di tutto questo, ma noi non riusciremmo a empatizzare con gente nata e morta nelle baracche. Tarantino ha risolto lo stesso problema inventandosi un pistolero supercool, ma solo a Tarantino è concesso di risolvere in questo modo i problemi (continua su +eventi!)


Il punto è che se non esiste nel film un nero eccezionale, educato come Northup o esplosivo come Django, lo spettatore rischia di identificarsi più facilmente coi bianchi - dal momento che è molto spesso un bianco anche lui. Magari non vorrebbe, perché è uno spettatore civile e democratico, ma non è così difficile sentirsi addosso i panni dello schiavista buono e imbarazzato (Cumberbatch), o del carnefice frustrato (Fassbender). Quest'ultimo sembra proseguire il viaggio nella solitudine intrapreso nel precedente film di McQueen, Shame: il coito è ancora una volta un combattimento facile che ti lascia vincitore di un corpo inerte e sconosciuto. Non sorprende che McQueen abbia reso espliciti i rapporti tra lo schiavista e la schiava Patsey (Lupita Nyong'o), a cui il testo del 1853 alludeva soltanto. Più curiosa è la scena - molto intensa - in cui Patsey chiede a Northup di ucciderla per porre fine alle sue sofferenze. Neanche questa c'è nel testo originale, forse. Dico forse perché può darsi che lo sceneggiatore John Ridley abbia equivocato un passo del libro in cui era la moglie del padrone, gelosa, a chiedere a Northup di uccidere Patsey. Nel lapsus, tutta la nostra incapacità di capire l'alieno, lo schiavo: Patsey è esistita davvero, davvero fu frustata a sangue per aver cercato di procurarsi un sapone. Probabilmente era violentata con regolarità dal suo padrone e malmenata dalla padrona. Desiderava di morire? Non lo sappiamo, ma probabilmente è un desiderio che noi proveremmo al suo posto.

"Dunque, dovresti pronunciarla più o meno così..."
12 anni schiavo è un film che ti mostra cose orribili con una fotografia smagliante, dove tutti - negrieri, schiavi incolti, carpentieri - parlano un inglese stampato, di gusto ottocentesco, che il doppiaggio fatalmente tradisce. È un dettaglio iperrealista (sul set c'era anche un esperto di accenti del XIX secolo), che finisce col rivoltarsi nel suo contrario: non sembra vero che tutti parlassero così. Il libro è ovviamente scritto in un inglese del genere (fu riveduto e corretto da editori bianchi abolizionisti), ma gran parte dei dialoghi non sono riportati in forma diretta. Qualcuno storcerà il naso: quanto a me in questo caso ho preferito l'eloquenza al realismo. Non mi importa se i veri schiavi e i veri negrieri balbettavano: mi sembra giusto che McQueen e Ridley trovino le parole appropriate per ciascuno di loro. Il discorso che mi ha convinto di meno è l'unico che è fedelmente ripreso dal libro: quello di Brad Pitt, il ricco attore-produttore bianco senza il quale un film così difficile non sarebbe mai stato girato. Gliene siamo tutti grati, ma forse avrebbe potuto risparmiarsi il cattivo gusto di comparire sul finale nel ruolo dell'eroico salvatore. In un film dove Giamatti o Paul Dano si contentano di stare cinque minuti in scena e dar voce a odiosi negrieri, Brad doveva proprio riservarsi l'unico ruolo positivo?

Eppure il suo discorso ha una funzione fondamentale. A differenza di quel che può lasciare intendere la locandina, Northup non tenta mai la fuga. Un tentativo narrato nel libro viene rimosso nella sceneggiatura. L'unica strada verso la libertà ammessa nel film è quella interiore: Northup deve rimanere umano, ricordare la sua libertà, i tempi in cui sapeva leggere e scrivere: finché dopo dodici anni di solitudine finalmente il caso gli mette davanti un uomo che questa umanità la sa riconoscere. Quest'uomo è Brad Pitt, e il suo discorso dice, semplicemente, che tutti gli uomini sono stati creati uguali. Lo ha scritto Jefferson in cima alla Dichiarazione. Ma è d'accordo anche lo schiavista Fassbender, salvo ribadire che i negri non sono uomini. Chi ha criticato la mano leggera di McQueen nei confronti della religione (strumento di asservimento degli schiavi...) forse non ha fatto caso al fatto che anche il fondamento dell'uguaglianza, più volte difeso nel film da Northup e da altri, è religioso: senza nozioni di evoluzionismo o dna, l'unico garante di questa uguaglianza è quell'Ente supremo che Jefferson prudentemente aveva lasciato in controluce. Siamo tutti uguali perché Lui ci ha creato così: è davanti a lui che lo schiavista dovrà rispondere di aver frustato una povera ragazza. Forse non è lo stesso dio arcano evocato dagli schiavi negli spiritual, ma è ancora oggi un assioma che la società non discute, non se lo può permettere. Tutto il resto sono dispute nominalistiche, anche oggi, quando ci diciamo convinti che tutti i cittadini siano uguali - ma non tutti sono degli di essere chiamati nostri concittadini. Quelli che raccolgono i pomodori per pochi euro alla giornata quasi sicuramente non lo sono. Possiamo passare due ore al cinema a vedere un film di schiavi senza neanche sprecare un pensiero per loro.

12 anni schiavo è al Fiamma di Cuneo (21:00), al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (20:00, 22:45) e all'Aurora di Savigliano (21:15).
Comments (9)

Pitd wrote ...
Mentre vedevo il film, mi ha assalito più volte la sgradevolissima sensazione di essere brutalmente manipolato. Fra l'altro, con trucchi cinematografici abbastanza evidenti (persino in quello si e` vista una regia mediocre). E` uno di quei film di second'ordine, programmaticamente disegnati per farti incazzare. Basti pensare alla lunga scena in silenzio della semi-impiccagione. O alla giustapposizione di scene di violenza e servizi religiosi (anche in questo non capisco perché parli di mano leggera di McQueen sulla religione).
Non so che persone frequenti, ma io sono convinto che persino i bianchi del mondo occidentale di oggi sanno che la schiavitù e` una cosa terribile, senza bisogno di fargli vedere la carne maciullata dalle scudisciate. Spielberg non ha bisogno di mostrare gli esperimenti sulle donne incinta per far vedere che i nazisti sono cattivi.
Sarebbe invece stato molto più interessante fare un film dove si seguiva la storia del processo ai rapitori (di cui veniamo a sapere solo nei titoli di coda), e di far vedere come questi siano alla fine prosciolti, nonostante il processo si celebrasse nel Nord abolizionista. Li` si` che sarebbe stato più stimolante per lo spettatore bianco occidentale, perché lo avrebbe fatto riflettere sull'accidia, una solidarietà con il potere che si esercita a migliaia di chilometri dalle piantagioni di cotone e dagli evidenti atti di barbarie.
Niente di tutto questo, McQueen ci regala un film di merda: andate a vederlo solo se godete nel vedere un bianco che frusta dei negri.
3/1/2014, 12:44:00 PM

camillo wrote ...
David Graeber in "Debito" spiega queste cose molto bene (poi parte per la tangente spesso e volentieri, ma resta un libro estremamente interessante)
2/27/2014, 2:35:00 PM

Claudio B. wrote ...
@camillo La tua osservazione è interessante. In effetti ab antiquo lo schiavo era biologicamente indistinguibile dal padrone; addirittura in alcuni casi allo schiavo veniva riconosciuta una superiorità culturale e il suo compito era pertanto educare i figli del padrone, mi riferisco al fenomeno degli schiavi-filosofi, ossia greci colti fatti schiavi dai romani.
2/27/2014, 2:16:00 PM

camillo wrote ...
Condivido tutto: solo una cosa, lascerei perdere il DNA, perché ci sono state tantissime società in cui lo schiavismo non aveva a che fare con il razzismo (specialmente quello biologico). C'è stata un sacco di gente disposta a fare schiave persone che ammetteva tranquillamente fossero uguali a loro, senza andare lontano i Romani.

A volte penso che il razzismo scientifico è stato inventato proprio perché nella nostra società non si potevano più commettere certe azioni senza avere una scusa che si potesse vendere come oggettiva....
2/27/2014, 2:22:00 AM

Anonymous wrote ...
Psss: Zanardo non si perde un aggiornamento.
2/26/2014, 11:18:00 PM

Marco V. wrote ...
180/30=6, non 9 :)
2/26/2014, 1:31:00 PM

Claudio B. wrote ...
Premetto che non ho ancora avuto occasione di vedere il film (stavo leggendo questa recensione appunto per capire se valesse la pena oppure se fosse la solita americanata dove i buoni sono buonissimi e i cattivi cattivissimi). Commento quindi il commento.

La schiavitù è un tema decisamente meno affrontato della Shoah, nonostante sia un tema attualissimo: Leonardo citava i raccoglitori di pomodori nel nostro Sud, ma io aggiungerei le schiave del sesso lungo le strade, oltre all'immenso serbatoio di semi-schiavitù presente nel Sud del Mondo.
Io credo che sia un rifiuto inconscio in quanto il parlare della schiavitù implica necessariamente porsi delle domande e inevitabilmente si arriva alla domanda chiave: quanto il nostro benessere di europei/nordamericani si fonda sullo sfruttamento di terzi?

In un certo senso con la Shoah è facile: abbiamo un nemico, etichettato come "male assoluto", il sapere che tale nemico è stato sconfitto è appagante, ci fa sentire più buoni e più generosi.
Ma con la schiavitù? Se guardiamo la nostra storia, la schiavitù ha permesso di realizzare opere che noi consideriamo "degne" e "civili" (es: il Pantheon a Roma, ma non solo). E inevitabilmente l'occhio cade su di noi, sul nostro stile di vita reso possibile grazie alla schiavitù altrui: giungere alla conclusione che noi stessi siamo il nemico da abbattere non è gratificante né appagante, così come è molto scomodo capire che la nostra comodità si fonda sullo sfruttamento altrui... non era forse quello che sosteneva il movimento altermondista un decennio e mezzo fa?
2/26/2014, 11:54:00 AM

dory wrote ...
questo film è brutto. no, davvero, sono ancora qui a chiedermi da dove spuntino le centoventi nomination all'Oscar e quella per l'attore protagonista mi è ancora più oscura, visto che ha due espressioni facciali due durante tutto il (troppo lungo) film.

è brutto perchè non c'è un solo momento durante la visione in cui succeda qualcosa di vagamente inaspettato, nel bene o nel male. ed è brutto perchè basandosi su storia vera e non potendo quindi inventare chissà cosa, non è riuscito a farlo con belle immagini o dialoghi.

si salva la recitazione di Fassbender, non solo schiavista, ma pazzo invasato, si salva la scena fra Northup e l'altra schiava sulla nave, si salvano, ma solo all'inizio, certe inquadrature ravvicinate un po' disturbanti visivamente.

poi, noia. giuro, noia. e se un film con tante immagini crude, che racconta una storia cruda, ti annoia, significa che è fatto male. pensavo di essere io, ma non c'è una sola persona fra le mie conoscenze che non abbia pensato lo stesso. all'uscita del cinema solo facce a forma di punto interrogativo un po' "meh".

perchè appunto non c'è alcuna invenzione, guizzo. e se sei un regista o racconti una storia originale, oppure se non lo è devi metterci qualcosa nel "come" la racconti.
ecco, Mc Queen è stato bravissimo a raccontare in Hunger, con quel piano sequenza eterno. sia con Shame che con questo invece è noioso. un sei politico.

ultima nota: qualcuno spieghi alla cinematografia internazionale che pù minuti di film non significano necessariamente più bellezza,
Walt Disney in fondo ci ha abituato da sessant'anni a fare capolavori in 80-90 minuti.
2/26/2014, 9:04:00 AM

Anonymous wrote ...
"Chi ha criticato la mano leggera di McQueen nei confronti della religione..."

A giudicare da questo film e da Shame e Hunger, definirei McQueen un regista molto più interessato alle immagini e alla fisicità che non ai discorsi, eccezion fatta per il dialogo tra Fassbender e il prete in Hunger, in cui però "parla" il torso nudo smagrito dell'attore, il locale spoglio, l'immobilità dei due personaggi.
2/26/2014, 7:01:00 AM

Si scherza, maiale

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Suona il telefono, tu stai sicuramente facendo qualcosa di più interessante. Però chi lo sa, magari è una chiamata importante; così rispondi. È Calderoli.

Calderoli che balbetta e che t'informa che nelle prossime ore, su internet e sui giornali, compariranno notizie su di te, su di lui, che sono tutte una montatura, insomma lui non voleva dire quello che è stato detto da lui, un casino, un gran casino. Sarebbe probabilmente un casino anche se non provasse a spiegartelo Calderoli. Ma, insomma, per farla breve: orango tango.

A capo di cinque minuti, cinque minuti della tua vita che sarebbero preziosi anche se non fossi un ministro della repubblica, hai capito più o meno questo: Calderoli durante un comizio ti ha dato dell'orango tango. Però la cosa è arrivata ai giornali e quindi Calderoli adesso si sta scusando con te. Calderoli infatti non intendeva davvero paragonarti a un orango tango. Cioè, insomma, Calderoli a un comizio ha evocato un orango tango, ma si sa cosa succede ai comizi, no? Ai comizi leghisti, insomma. Si beve, si canta, se ne dicono tante, e insomma... orango tango. Ma non voleva veramente dire orango tango. Se non fosse stato un comizio, se non fosse stato Calderoli, non avrebbe mai detto orango tango. Purtroppo è capitato di essere a un comizio, ed essere Calderoli. Ma poteva capitare a chiunque, no? Di nascere Calderoli. Non lo si può veramente incolpare di questo, e così in un qualche modo bisogna pure perdonarlo, congedarlo, metter giù il telefono, ché i minuti sarebbero preziosi anche se non fossero i tuoi.

Solidarietà al ministro Kyenge, che ha ricevuto la telefonata che nessuno vorrebbe ricevere, e pare sia riuscita a metter giù senza mandarlo a cagare. Io non sono ministro della repubblica e quindi posso: Calderoli, da bravo, a cagare. E attenzione: quella cosa che ai maiali piace razzolare nelle loro feci... è una leggenda. Lo fanno solo se sono costretti, in cattività. Sono animali relativamente puliti. Anche tu hai ancora tanto spazio a disposizione, pulisciti almeno la bocca.
Comments (9)

demix wrote ...
calderoli sei grande!!! perdona loro perchè nn sanno quello ke dicono....
4/10/2014, 12:12:00 AM

Anonymous wrote ...
La vicenda Calderoli è stata accuratamente costruita per distogliere l'attenzione dalla ben più grave vicenda Kazaka-Ablyazof e quella dell'aquisto degli F35. Mi pare ovvio ed è un vecchio trucco.
Per Alfano sembra che Letta ed Epifany pare abbiano dei toni molto più pacati di quelli riservati a Calderoli per cose che la Lega fa da anni. E si tratta di una cinquantina di agenti in borghese mandati a espellere nottetempo una madre ed un bambina piccola.
Per gli F-35 il PD si era espresso già per il non acquisto in campagna elettorale e ora che sono al governo, sticazzi, sono buoni a menarla agli altri solo quando sono all'opposizione, ecco perché gli rogna governare. Partito di merda, ahimé, davvero.
Il problema è che temo con i M5* valga lo stesso principio (abbiamo il cuore puro solo se non dobbiamo governare).

Mah
Andrea Kimboz
7/17/2013, 2:01:00 PM

Anonymous wrote ...
dalla capacità di analisi si misura la distanza tra intellettuale e servo organico:

http://www.internazionale.it/opinioni/wu-ming/2013/07/15/il-partito-del-non-senso/

anselmo
7/15/2013, 11:59:00 PM

Gorim wrote ...
E comunque dai, diciamocelo: non serviva

https://www.google.it/search?q=calderoli&source=android-browser&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ei=ZRPkUeXxOPHS4QT7vIDQDg&ved=0CAcQ_AUoAQ&biw=360&bih=563&sei=ZxPkUbHbOqHj4QSJpoGIBA
7/15/2013, 5:23:00 PM

Gorim wrote ...
Leonardo, che colpo basso con questo articolo. Lo hai messo all'Indicizzazione?
Vecchia scuola da keywords analysis... :-)
7/15/2013, 5:20:00 PM

quid76 wrote ...
legge-stercorario, piuttosto
7/15/2013, 3:06:00 PM

Anonymous wrote ...
Conoscendo Calderoli è più probabile una legge-scarrafaggio
7/15/2013, 1:35:00 PM

Claudio B. wrote ...
"La mia legge elettorale? Una porcata!"
"Il ministro Kyenge? Un orango-tango!"

Non è che per caso Calderoli da piccolo voleva andare allo zoo, i suoi genitori gliel'hanno negato e da allora fa metafore animali solo perché non ha ancora superato lo shock?

Orsù, forse verrà il giorno in cui ci presenterà la legge-fenicottero.
7/15/2013, 11:16:00 AM

marcell_o wrote ...
fossi stato io il ministro kyenge avrei:
- mandato a cagare calderoli
- fatto un comunicato dove avrei detto di aver mandato a cagare calderoli

certo che quella di calderoli era una battuta!
razzista

tutti facciamo battute infelici, magari poco divertenti, ma se fai battute razziste vuol dire che fai pensieri razzisti
io ho una collega italo-etiope. è una stronza, a volte. ma dipende dal comportamento, non dal certificato di nascita o dal colore.
io ho un sacco di colleghi stronzi, per dire
essere razzisti è semplicemente questo: non giudicare le persone per quel che fanno, ma per quel che si pensa siano quelli come lei...

oltretutto... amico calderoli: ma ti sei guardato allo specchio? sei proprio sicuro di essere nelle condizioni di giudicare qualcuno per l'aspetto?
se uno dava retta a lombroso eri spacciato!
7/15/2013, 9:07:00 AM

Il Siegfried Nero

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Django Unchained (Quentin Tarantino, 2012).

Alla vigilia della guerra Civile il dottor Schultz (un Christopher Waltz di nuovo divertentissimo) si aggira per il Sud praticando questo mestiere di recente invenzione, il cacciatore di taglie. Django è lo schiavo che ha liberato perché lo aiuti a identificare una banda di criminali. Ma Django (Jamie Foxx) non è un "negro" qualunque, uno come lui ne nasce una volta su diecimila. Ogni volta che lo buttano a terra, risorge in una versione più cool. Dopo l'orgia citazionista di Kill Bill in parecchi lo avevamo dato per perso, Quentin Tarantino, nella sua cineteca di vhs sbiadite: avrebbe frullato per sempre tutto quello che gli veniva in mente per un pubblico che comunque dimostrava di mandare giù qualunque cosa. Abbiamo dovuto ricrederci con Inglourious Basterds, dove il regista ha messo a punto il congegno che ritroviamo perfettamente oliato nella lunga parte centrale di questo film: un'estenuante trappola per gli spettatori, che in Django hanno ancora meno digressioni e siparietti per tirare il fiato - per salvare la sua principessa l'eroe scende in un inferno vero, un luogo dal quale non si risale senza aver venduto un po' d'anima, dove ci attende un luciferino Leonardo Di Caprio e il suo terribile schiavo-patrigno (Samuel L. Jackson, micidiale).  Se in Basterds ci ritrovavamo per qualche minuto a vivere il dissidio e la vergogna di un padre di famiglia che per salvarsi tradisce gli ebrei che ha nascosto, in Django dobbiamo reggere la vista di fuggitivi sbranati senza tradire un sentimento. Tutto questo, per qualche strana alchimia che Tarantino ha raggiunto dopo anni in cui non sembrava nemmeno provarci, capita ai personaggi sullo schermo, ma capita anche a noi sulla poltrona. Siamo cavalieri senza paura ma con moltissime macchie, dobbiamo scegliere con chi stare e il più simpatico spara alle spalle di mestiere (continua su +eventi)Si scherza anche, si ride persino, ma sempre con la mano alla fondina e il dito sulla sicura.

Chi pensa che in questi film Tarantino stia solo scherzando con le pagine più delicate della Storia, quasi sempre non li ha visti. Spike Lee per esempio Django non lo vuole vedere perché, cinguetta, lo schiavismo è stato “un olocausto”, non “uno spaghetti western di Sergio Leone”. Il solito equivoco, così protratto che alla fine chi va al cinema aspettandosi un semplice omaggio cinefilo ai vecchi spaghetti rischia di restare deluso. Senz’altro gli ultimi due film di Tarantino si prendono nei confronti della Storia delle libertà a cui non siamo più abituati. Sarebbe interessante capire il perché.  Fino a qualche anno fa il West dei cacciatori di taglia, il Sud della Guerra Civile – ma anche la Seconda Guerra Mondiale – venivano usati tranquillamente come sfondi di canovacci per film dalla serie B alla Zeta. Poi la serie B ha chiuso bottega, sostituita dalla narrativa televisiva che non poteva che proporre contenuti meno disturbanti. Nel frattempo si imponeva il politically correct, e Spielberg (che coi nazisti cattivi da fumetto aveva giocato fino all’Arca perduta ) con Schindler’s List imponeva un approccio iperrealista documentario e didattico che purtroppo ha fatto scuola. Dico purtroppo perché non è affatto semplice essere documentari e didattici: per esempio quando ci ha provato Spike Lee, col Miracolo a Sant’Anna, ci siamo ritrovati i Buffalo Soldiers in gita in Garfagnana che si palleggiano teste di marmo come fossero basketball – Mr Lee, si fidi, era più profondo Sergio Leone. 

Per una coincidenza troppo curiosa per esserlo davvero, anche Spielberg come Tarantino, dopo aver dedicato un capolavoro alla seconda guerra mondiale e allo sterminio degli ebrei, si è immediatamente rivolto al passato schiavista americano, con Amistad. È come se un olocausto richiamasse l’altro, come se, dopo aver accusato i nazisti, due registi così astronomicamente diversi avessero sentito entrambi la stessa necessità di scavare negli orrori di casa propria. Ovviamente Tarantino non è didattico, non è documentario, ovviamente pasticcia con antichi amori e nuove infatuazioni, Corbucci, il rap e la mitologia norrena, ovviamente strizza l’occhio ai suoi ammiratori storici (c’è la scena da feticista dei piedi? C’è). Nella sua fiaba infila dettagli storicamente inaccurati o non documentati (i duelli di mandinghi all’ultimo sangue). Ma Spike Lee dovrebbe stare tranquillo, se c’è un film che può aiutare spettatori di tutto il mondo a considerare lo schiavismo un olocausto, questo è Django. Tarantino si libera da qualsiasi catena di verosimiglianza e sceglie una via tutta sua, maturata guardando senz’altro gli spaghetti western ma trovandoci cose che, per sua ammissione, forse non ci sono. “Stavo scrivendo un libro su Sergio Corbucci, quando ho trovato un modo di raccontare la storia […] Stavo scrivendo di come i suoi film avessero questo selvaggio West malvagio, orribile. Era surreale, aveva molto a che fare col fascismo. Così stavo scrivendo questa cosa sull’argomento e ho pensato: non sono sicuro che Sergio ci stesse pensando mentre lo faceva. Ma so che io ci sto pensando adesso. E io posso farlo!” Che gli spaghetti-western fossero ancora posseduti dai fantasmi del fascismo e della Resistenza, è un’osservazione non così banale da parte di uno spettatore non italiano. Il tentativo di riattivare il meccanismo a trent’anni di distanza, usando un linguaggio di genere ormai in disuso per denunciare in modo surreale gli orrori dello schiavismo americano, sulla carta poteva sembrare un’operazione impossibile. Il punto è che a Tarantino ultimamente riescono film impossibili. Speriamo che duri.

Un appunto sul doppiaggio: anche Django, come Inglourious, è un film parlato, dove ogni personaggio ha un accento particolare tranne alcuni che ne hanno due o tre, e tutto questo doppiato in italiano va ovviamente a farsi fottere. Chi lo ha visto in versione originale non fa che lamentarsi del doppiaggio, quindi il consiglio è di non guastarsi il fegato e non vederlo in versione originale, tanto più che è distribuita in pochissime sale. Secondo me è meglio vederlo un po’ rovinato la prima volta, e poi goderselo la seconda, in dvd o altrove. Dico una cosa antipatica: le versioni originali non sono per tutti. Chi non ha abbastanza dimestichezza con l’inglese rischia di passare il tempo a leggersi i sottotitoli invece di guardare il film, e a quel punto saper distinguere l’accento del Texas da quello del Mississippi forse non è la priorità. Sì, il vero timbro di Leonardo Di Caprio è tutta un’altra cosa. Ma se ci pensate bene anche la solita vocetta doppiata da ragazzino, nei suoi panni di Giovin Signore del Sud, non è così sbagliata. 

Django Unchained è al cinema Fiamma di Cuneo (ore 21:10), al Cityplex di Alba (21:00), al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (20:30, 22:00), all’Impero di Bra (21:15), al Multilanghe di Dogliani (20:45), ai Portici di Fossano (21:30), al cinema Italia di Saluzzo (21:00) e al Cinecittà di Savigliano (21:30). Dura praticamente tre ore. Buona visione.
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C'è sempre qualcuno che ti odia (sull'internet)

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La lista è la morte

C'è stato un po' di baccano, ieri, a causa di una lista comparsa su di un sito neonazista. Io sono arrivato a casa tardi e non sono riuscito a leggerla: il sito era inaccessibile a causa del traffico elevato (poi è tornato visibile, ma la lista era stata cancellata). Si trattava di un forum semisconosciuto, ma quando i quotidiani hanno scoperto il fattaccio (Repubblica è stato il primo, direi), da blog e social network tutti hanno cominciato a puntare link verso la lista, che da quel che ho capito censiva gli italiani da odiare perché amici degli immigrati.

Io naturalmente sto con gli immigrati, auspico l'estinzione dei fascisti eccetera. Però queste ondate di indignazione mi lasciano perplesso. Un gruppetto di fascisti butta giù un elenco di nominativi; nessuno per quanto ne so ha scritto “italiani da ammazzare”. È una lista di persone odiose, su internet se ne stilano parecchie. Peraltro non è mai successo fin qui che un personaggio à la Breivik o alla Casseri, nel momento in cui decide di passare alle vie di fatto, utilizzi una lista divulgata via internet: di solito c'è un notevole scarto tra chi scrive su un foglietto (o su un sito) i nomi delle persone che detesta e chi si procura le armi e scende in strada a farle fuori. Insomma le possibilità che quella lista potesse ispirare l'istinto criminale di un fanatico erano abbastanza esigue. Fino a ieri.

Poi ieri Repubblica, Twitter e via dicendo hanno iniziato a puntare sul forum semisconosciuto. Migliaia di persone hanno potuto leggere la lista o scaricarla prima che si oscurasse, e a questo punto la possibilità che qualche emulo di Casseri l'abbia letta e decida di utilizzarla è cresciuta sensibilmente. È il solito doppio taglio dell'informazione: vale la pena dare risalto nazionale a un gruppetto che stila liste di proscrizione? Io non lo avrei fatto; oltre al concreto rischio di attirare l'attenzione su gente pericolosa, mi ritroverei anche a spalare l'acqua col forcone: sicuramente da qualche parte qualcun altro sta compilando un'altra lista di persone da odiare, internet glielo consente e io non posso fare il cane da guardia di internet, mica mi pagano. C'è chi invece può.

Il giornalista che ha scoperto la lista di ieri non è nuovo a scoop del genere. Un'occhiata al suo sito (molto interessante) suggerisce l'impressione che le sue scoperte siano frutto di un'indagine sistematica: come quel prete che batte l'internet alla ricerca di siti pedofili, il giornalista in questione è costantemente alla caccia di segnali di razzismo, antisemitismo, intolleranza. Avrete notato che non lo chiamo per nome.

È uno scrupolo ridicolo, chiunque può benissimo recuperare le sue generalità. E anche lui presto o tardi troverà questo mio post, lo leggerà, e deciderà se infilarlo o no in un eventuale dossier sull'antisemitismo di sinistra. In effetti è lo stesso giornalista che la scorsa primavera commise una grossa carognata nei confronti di una mia doppia collega, blogger e insegnante, la quale professa opinioni fortemente critiche nei confronti dello Stato d'Israele. Il giornalista in questione l'accusò, sempre su Repubblica, di negazionismo: accusa falsa, peraltro. Non solo, ma nello stesso articolo suggerì, in modo piuttosto ambiguo (anche un po' maldestro, via), che questa blogger, essendo insegnante, avrebbe anche insegnato il negazionismo ai suoi studenti (e in effetti noi blogger-insegnanti siamo proprio così, la molla che ci spinge a riempire lenzuolate digitali sul sionismo o su San Giovanni Damasceno è che sono proprio gli stessi argomenti che spieghiamo a lezione ripetutamente, a tutte le classi, tutti gli anni, siamo così felici di continuare a parlare di sionismo e San Giovanni Damasceno che anche sul blog non vorremmo scrivere d'altro. Sono ironico). E arrivarono gli ispettori. Parli male d'Israele su un blog? Faccio in modo che ti arrivino gli ispettori a scuola. Ecco.

Per tagliar corto: il giornalista in questione ha già ampiamente dimostrato che se vuole sputtanare un insegnante lo fa. Però questo non è un buon motivo per non chiamarlo per nome e per cognome; magari era un buon motivo per non iniziare nemmeno a scrivere questo post, per fare finta di niente. Invece sto parlando di lui, ma il suo nome non lo metto perché si sa cosa succede ai nomi: li lasci lì e dopo un po' diventano una lista: e io una lista non la voglio fare, la lista è la morte, e anche se mi scappasse una lista, mai vorrei mettere al primo posto lui. Lui è un buon diavolo con una missione: battere la campagna, censire tutti gli insetti, tutti i parassiti che ce l'hanno con quelli come lui. O con qualche altra minoranza, tutto fa brodo. E sono convinto che nel suo far circolare insetti e parassiti è in buona fede: il suo scopo è mostrare quanta intolleranza (e quanto antisemitismo) ci siano in Italia, e a tale scopo qualsiasi infimo insetto, qualsiasi larva di bacherozzo abbia dichiarato di non sopportare il presidente della comunità ebraica di Roma fa buon brodo. Il problema è che in quel brodo i bacherozzi sguazzano, e sembrano addirittura ingrossare – ma questo effetto ottico collaterale il giornalista in questione lo ritiene sopportabile. Oppure si tratta del solito gioco win/win: i bacherozzi ottengono più visibilità, le minoranze minacciate più solidarietà. Sì. Non credo che convenga a tutte le minoranze.
Comments (6)

Anonymous wrote ...
Da quanto possa capire tutti voi siete giovani e colti,ma non avete l'esperienza che ho Io.Prima del massacro della guerra nasifascista-70 milioni di morti ca.-cerano tante liste di proscrzioni,ed è finita come sopra.Mai sotto valutare cervelli "malati"di strapotere.
12/30/2011, 6:16:00 PM

Anonymous wrote ...
la lista (se così si può definire) è ancora lì, comunque. Non linko, ma il topic è "Elenco di italiani che aiutano gli immigrati", sezione "notizie". Per il resto, mi sembra che su quel forum scrivano in quattro gatti. Mi preoccuperei più del fatto che molte delle opinioni che leggo lì non sono tanto diverse da quelle che si leggono su un qualsiasi altro forum o sezione commenti di un sito.
12/22/2011, 2:42:00 PM

al wrote ...
In pratica denuncia chi produce queste liste ma ne produce anche lui.
Non mi stupirei che un giorno scrivesse un articolo denunciando se stesso.
12/21/2011, 9:02:00 PM

Pellegrina wrote ...
Anche a me le liste non paiono tutto questo granché. Speriamo tu abbia ragione quando parli di possibilità esigue. Perché un italiano ammazzato che era finito nella lista di un sito estremista che lo indicava tra i nemici da eliminare purtroppo c'è stato, pochi mesi fa. Probabilmente una coincidenza. Speriamo. La lista è ovviamente sparita dal sito.
12/21/2011, 4:12:00 PM

lo scorfano wrote ...
Quel "Sono ironico" a chiudere la parentesi mi ha fatto, non ci crederai, tirare un sospiro di sollievo. Perché mentre leggevo e coglievo l'ironia, ho anche cominciato a temere per tuti quelli che forse non l'avrebbero colta... E mi sono sentito in pericolo (ma sono un po' ironico anch'io).
12/21/2011, 12:57:00 PM

Claudio B. wrote ...
A ognuno il proprio campo di indagine: c'è chi studia i manoscritti del secolo XII, chi (come me) cerca di fare catalisi ibrida e chi come un giornalista che non va nominato altrimenti si finisce nella sua lista di proscrizione, si occupa di cercare on line le liste di proscrizione.
Io non uso il web per cercare liste di proscrizione... forse è per questo che vi trovo tante cose interessanti ;)
12/21/2011, 11:04:00 AM

Non siete così meglio di Breivik

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Non è un pazzo.

Solo perché ha portato alle logiche, estreme conseguenze le chiacchiere che possono scapparvi a una certa ora al terzo grappino, al secondo limoncello, voi dite che è un pazzo, Breivik.

E siccome sotto la patina becera e pagana siete uomini di mondo, moderni e disincantati, non vi attraversa nemmeno per un istante il sospetto di averlo evocato voi il folle Breivik, durante i sonnellini della vostra ragione. No, il mostro lo avrà senza dubbio partorito qualcun altro - il gene dello stragismo, il welfare nordico, il disagio della società multiculturale, i videogiochi, il "sistema".

Io per me non credo che Breivik sia un pazzo, o meglio: non credo che la sua pazzia sia di un genere diverso dalla vostra. Se faccio qualche distinguo tra voi e lui, non è perché rispetti l'atteggiamento moderato con cui anche stanotte vi alzerete dal tavolino e ve ne andrete a nanna senza aver fucilato nemmeno un negro, nemmeno un comunista. Non è che vi stimi più di lui: mi fate meno paura, questo sì, ma non perché lui sia un pazzo e voi no. Il fatto è che la sua "pazzia", chiamiamola pure così, è molto più efficiente. Breivik, se ho capito bene, è stato abbastanza pazzo da trasferirsi in campagna per qualche anno, onde poter acquistare tutto il fertilizzante esplosivo che gli serviva senza destare sospetti. Quando alla fine ha colpito, non ha tirato alla cieca come i terroristi, a cui basta seminare il terrore.

Breivik aveva un obiettivo molto più preciso, accessibile soltanto in una piccola nazione: ammazzare un intero partito, interrompendone il ricambio generazionale. Così ne ha fatto esplodere la sede della capitale, attirando la polizia lontano dall'isola dove ha decimato con freddezza i futuri quadri del laburismo norvegese. Tutto alla luce del sole, perfettamente spiegato, senza quelle zone d'ombra in cui il terrorismo incuba: Breivik non è un terrorista, è il flagello di Dio. Il sorriso che mostra nelle foto dell'arresto lo leggete come il sorriso di un folle: io ci vedo la soddisfazione per un buon piano eseguito, per un lavoro ben fatto. C'è nella sua "pazzia" un metodo, una lucidità che forse noi sani di mente non possiamo permetterci. Quella che ci impedisce di irrompere con una mitraglietta nella redazione di Feltri, togliendo a lui e ai suoi pards la possibilità di mettere alla prova il proprio coraggio, la propria abnegazione, cos'è? ragionevolezza? O paura, o rassegnazione? Siamo meno pazzi o soltanto più pigri?

Di fronte a uomini lucidi come Breivik, in grado di concepire una missione e sacrificarvi tutta la loro esistenza; individualisti assoluti pronti a bruciare il proprio ego pur di rischiare l'alba di un nuovo Califfato o di un nuovo Sacro Romano Impero, forse la soluzione è: più videogiochi. Sul serio. Nel suo caso evidentemente non ne ha giocati abbastanza: alla lunga è rispuntata la voglia di irrompere nella realtà, realizzandovi le sue fantasie di sterminio e sacrificio. Forse avremo risolto il problema quando ognuno di voi, senza neanche alzarsi dal tavolino, avrà a disposizione la sua realtà simulata in cui uccidere tutti i laburisti e i negri che vuole, trionfare e regnare. Più crociate per tutti, purché virtuali; più target, più missioni, più munizioni, più ministeri in Brianza, più oppio per i popoli dell'Europa dei popoli. Il giorno in cui la fantasia sarà davvero più soddisfacente della realtà, quel giorno forse vi libererete all'estasi dei vostri sogni di purezza e gloria, e ci lascerete in pace a tentare di convivere e sopravvivere in questo mondo imperfetto. Forse a Bossi non abbiamo dato abbastanza Braveheart; forse da qualche parte qualcuno ha già scritto il gioco di ruolo che riuscirà a incatenare per sempre l'inquieto Borghezio, come Merlino nel Lago.

Nel frattempo dobbiamo sopportarvi, ma non è che ci facciate meno schifo di Breivik. Un po' meno paura, forse: e forse abbiamo torto. Perché non sarete lucidi e conseguenti quanto Breivik, ma quando volete sapete uccidere meglio di lui, con più pulizia e senza pagarne le conseguenze. A un simpatico leghista moderato come il ministro Maroni, a quel mattacchione ex-post-fascista sdoganato del ministro La Russa, basta lasciare soltanto due motovedette a pattugliare un largo braccio di mare all'apice dell'emergenza profughi in Libia, e il Canale di Sicilia si riempie in pochi giorni di quelle centinaia di cadaveri di fronte ai quali Breivik perde tutto il suo carisma folle e si rivela per quel che è: un dilettante, che ora andrà in galera. Voi invece restate al governo. Ma non è che mi facciate meno schifo di Breivik, o che dobbiate sembrarmi meno pazzi di lui.
Comments (31)

Anonymous wrote ...
anonimo leghista che commenti sabato 6 agosto: dire che sei qualunquista e probabilmente non sai un cazzo è farti un favore

del resto sei leghista, per te il problema è "difenderci dall'invasione"

si: vi spaccherei la testa a tutti, se non fosse moralmente sbagliato, perchè col vostro essere così cogliolni trascinate tutto, anche la mia vita, in un baratro di merda
9/7/2011, 2:14:00 PM

Anonymous wrote ...
Bravo "Grullo", concordo: una cosa del genere non ci verrebbe mai in mente, nemmeno a me che sono (più o meno) leghista. La differenza tra me e Breivik è che io rispetto la democrazia, e se il 51% degli italiani sceglie di lasciarsi invadere, bè, lo accetto. Chi scrive invece sembra avere fantasie di irruzione in stile commando nelle redazioni altrui, e ha pure il coraggio di scrivere che gli faccio schifo. La stessa purezza di chi va a manifestare in nome di pace, amore e tolleranza e poi devasta le città, dà fuoco alle macchine e ammazza di botte chi si mette in mezzo.
8/6/2011, 3:20:00 PM

Anonymous wrote ...
Quest'altro post su breivik mi è piaciuto di più:
http://blog.libero.it/LoSbugiardino/10448138.html
io non ho disistima per questo ragazzo coraggioso, anzi, vi confesso che "anche se non si può dire", lo ammiro.
8/1/2011, 4:11:00 PM

egill-larosabianca. wrote ...
Si discute di Lega, Destre e Sinistre-
Di solitudini- Gli anacoreti non sono violenti-
Io credo che Brievik perde la sua identità,si
sente tradito non vuole uniformarsi e ha
rivolto questa rabbia contro il suo paese-
Chi scrive nei commenti "del quarto d'ora di
celebrità"contro i 21 anni di carcere,non valuta
correttamente,come nessuno di noi, che poco sappiamo- Chi è così certo del crollo delle Twin
Towers é uno che si contenta, senza chiedersi di
più-Chi ha licenza di uccidere solo USA che manda a morire ragazzi, soldati immolati a un falso ideale- Armi di distruzione di massa che non sono mai state trovate? Guerra santa il" petrolio"-Ecco i responsabili della strage ad oggi- Domani potremmo saperne di più, ma come distinguere la buona informazione da quella mirata a deviare scientemente il punto di vista -Assassino troppo facile-
Egill
7/31/2011, 4:46:00 PM

Anonymous wrote ...
Breivik è i leghisti hanno lo stesso… sottobosco culturale. D’accordo.
Ma evidentemente chi ha scritto quest’articolo non sa perché.
E' doloroso leggere un articolo così... ‘povero' proprio sul quotidiano fondato da Antonio Gramsci, colui che odiava gli indifferenti. Un articolo che quando parla di questo Anders (di nome e di fatto) senza rendersi conto che è l'indifferenza all'ennesima potenza, un simulacro d'uomo con dentro una devastazione tale da non poterci trovare non un affetto, ma neanche il ricordo di un affetto, neanche odio, neanche rabbia. Niente. Un essere che si fatica a definire umano... chè l’uomo per sua natura è essere sociale (ricorda qualcosa?!?). Essere sociale non perchè rispetta il codice della strada, o sa organizzare fino all’ultimo agghiacciante dettaglio una strage… ma perchè "sente" gli altri. Li riconosce. E sa fare le differenze. E rifiuta.
Si è detto tante volte che se la scena pubblica è popolata dai Borghezio, dai Feltri, e dai tanti altri… minus habens, è anche per una carenza della sinistra. Una crisi culturale, innanzitutto della sinistra. Che è per definizione progressista. Ora, qui, sotto il nome che richiama quello di un genio – artista e scienziato - come Leonardo, può scrivere uno che crede (ed il verbo è proprio corretto, infatti non pensa!) che siamo tutti uguali ad uno schizofrenico paranoide (e forse, chissà, analogamente potrebbe credere che il fegato si trova nei pressi del tallone, tanto, se si tratta di “opinioni”…) allora la situazione è veramente mooooolto triste!
Francesca
7/31/2011, 1:26:00 AM

Anonymous wrote ...
mi sono riavvicinato al pc ed ho pensato "ma chi è sto troll! Ah, sono io.."

mi spiego meglio: perché tutto questo clamore per le parole di Borghezio, quando sono 20 anni che la lega dice le stesse cose?

preferisco la grossolana coerenza (anche inopportuna come scelta di tempi) di Borghezio, all'ipocrisia quasi-sgamata degli altri leghisti.

Qualcuno di voi ha visto la Costamagna e Telese, faccia contrita e indignata, fare tiro incrociato sul povero Borghezio seduto sul vasino?

(terrone)
7/30/2011, 5:00:00 PM

Anonymous wrote ...
Non so se off-topic, ma qualcuno può spiegarmi cosa ha fatto di male Borghezio? (firmato: un terrone)
7/30/2011, 4:52:00 PM

paolo pisacane wrote ...
Quoto Luigi W. Disarmare il disprezzo.
7/30/2011, 4:20:00 PM

luigi w wrote ...
ciao Leo, il tuo pezzo come sempre è eccellente, e mi offre lo spunto per dire una cosa che avevo in gola, tipo magone, da un po' di tempo. Dopo aver letto il pezzo di Feltri (come sempre mi succede le purtroppo non poche volte in cui quell'uomo disgustoso sporca più del solito con le sue parole non solo la carta igienica del suo giornale, ma anche diciamo così la logosfera, e perciò mi raggiunge), sono stato pervaso da una rabbia assolutamente cieca e dalla voglia, per l'appunto, di vedere - non dico di fare, vigliaccamente - come si sarebbe comportato lui e la sua banda di bravi di fronte a una mitraglietta. Ma poi mi è venuto in mente il motto di Vittorio Arrigoni, "restiamo umani". E ho nuovamente capito che il ruolo, consciamente assunto, da Feltri, è quello (e solo quello) dello spargitore di odio, che è contagioso, come ben sai, a livelli che manco l'Ebola. Allora, qual è il punto? Non che Feltri non pensi davvero quelle chifezze. E' che le scrive per renderci tutti come lui, avvelenarci a tal punto che prima o poi a qualcuno salta la brocca. Dai e dai, ogni giorno, soffia sempre sul fuoco, aggiungi frustrazione alla frustrazione, dolore al dolore, umiliazione all'umiliazione, ingiustizia arrogante e becera alle ingiustizie arroganti e becere, e creerai un mondo a tua immagine e somiglianza, o meglio a immagine e somiglianza di quel che vuole chi ti paga (che non è solo Berlusconi, è tutto un ampio blocco sociale). E allora, per questo, dico no, anche se è difficilissimo. Feltri vuole essere odiato, perché in primo luogo sa di essere con il c*** parato, e in secondo luogo perché è quello il suo mestiere. Io non posso dire di riuscire a non odiarlo, perché sarei ipocrita. Ma il nostro compito è trasformare l'odio in disprezzo, e disarmarlo. Come fai tu, peraltro, con i tuoi post.
7/30/2011, 12:08:00 PM

Anonymous wrote ...
non reputo oppurtono fare paragoni tra la realtà norvegese e quella italiana. le loro storie sono troppo diverse .. evocare video giochi e stragi varie è TROPPO facile, semplicistico direi. I nostri politici sono quello che sono e per quanto incredibile espressione dell'Italia stessa, con tutti i se e i ma del sistema elettorale ..
Leggo in tutti questi commenti un comune denominatore:
- dolore
- incredulità
- rabbia
... sono tutte comprensibili, umane reazioni.
Buona giornata a tutte/i
(V)
7/30/2011, 11:08:00 AM

Anonymous wrote ...
I cosiddetti " pazzi" voglio dire i malati di mente generalmente non sono violenti. Il personaggio in questione è solo un bastardo pluri assassino. Io non sprecherei tanto tempo a tentare di trovare motivazioni al suo gesto, lo manderei in galera e non parlerei più di lui
7/30/2011, 10:13:00 AM

mozart2006 wrote ...
Il buon Anders Behring Breivik fino a ieri sarà stato considerato da chi lo conosceva semplicemente come un tipo stravagante o un simpatico fuori di testa, il genere del comico razzista da invitare in trasmissione per fare ascolto perchè in fondo "non parla seriamente".
Siamo sicuri che i burghezidi o i mangiatori di orso siano davvero simpatiche canaglie da non prendere troppo sul serio?
7/30/2011, 8:25:00 AM

Anonymous wrote ...
Condivido in toto la sostanza e mi piace molto anche la forma Saluti e complimenti:-
7/30/2011, 8:03:00 AM

Grullo wrote ...
Nessuno? Ok, lo dico io. Che altrimenti c'è chi prende letteralmente il "cosa ci impedisce di entrare nella redazione di Feltri..".

Niente. Non ci ferma nulla.
Perché non ce n'è bisogno. Perchè una cosa del genere non ci verrebbe mai in mente.
Perché la sola idea ci provoca un assoluto, totale, incondizionato disgusto.
E ci fa schifo il solo sentire invocare stragi di massa con leggerezza (anche prima del grappino). "ma è folklore". No, non lo è stato mai - è, appunto politica, e produce i suoi effetti
7/29/2011, 11:26:00 PM

the dreamer wrote ...
quella che ci impedisce di irrompere nella redazione di Feltri...... che tentazione però!
7/29/2011, 8:46:00 PM

leo rotundo wrote ...
Questo post mi lascia perplesso. Mettere sullo stesso piano di follia e dello schifo Breivik con Maroni e La Russa e magari con Livia Turco e Napolitano non mi sta bene nemmeno come provocazione. Perchè poi tirare fuori la storia dei videogiochi? Penso che basterebbe Andy Warhol per spiegare il tutto, mi spiego: Breivik sarebbe veramente pazzo se pensasse che in una democrazia avanzata ammazzando una novantina di persone più o meno a caso si possa fermare un partito di massa con le sue idee; è chiaro che non è così, anzi è probabile che alla fine otterrà l'effetto contrario. Questo era solo l'obiettivo dichiarato di Breivik. Qual era l'obiettivo reale, probabilmente inconscio, che invece ha pienamente raggiunto? Ha raggiunto ben più di quel quarto d'ora di celebrità che Andy Warhol indicava ironicamente come diritto individuale; è passato alla storia come quell'Erostrato che un bel po' di tempo fa incendiò il tempio di Artemide. Come Bin Laden che per lo stesso motivo ha tirato giù le torri gemelle, professando idee altrettanto estremiste ed assurde ma opposte a quelle di Breivik. E' il destino paradossale dell'umanità: gli intelligenti ed i capaci per passare alla storia creano movimenti di idee, templi e grattacieli che gli stupidi ed esaltati tenteranno di distruggere per raggiungere il medesimo obiettivo.
7/29/2011, 4:31:00 PM

Leo wrote ...
>>> basta lasciare soltanto due motovedette a pattugliare un largo braccio di mare all'apice dell'emergenza profughi in Libia, e il Canale di Sicilia si riempie in pochi giorni di quelle centinaia di cadaveri di fronte ai quali Breivik perde tutto il suo carisma folle e si rivela per quel che è: un dilettante

questo discorso mi sta bene, a patto di estenderlo a Livia Turco, a Giorgio Napolitano e a tutti i presidenti del consiglio e ministri degli interni dei governi di centro-sinistra (non è una provocazione, dico sul serio)
7/29/2011, 3:21:00 PM

Anonymous wrote ...
se a breivik all'età di 16 anni gli avessero regalato una playstation con gta oggi non saremmo qui a discutere delle sue gesta
7/29/2011, 12:35:00 PM

Anonymous wrote ...
http://29.media.tumblr.com/EGvAbTc5Knfms68otd2KMGt1o1_500.gif

La soluzione?
7/29/2011, 10:27:00 AM

Kimboz wrote ...
L'ha detto giusta solo Deb.
Per essere eroi, che siano giusti, malvagi o folli, bisogna prima essere così irrimediabilmente soli da non poter concepire redenzione.

A chi ha veri affetti, una vita, amici, risate, la storia di Oslo parrà sempre irrecuperabilmente un'opera incomprensibile.

no?
K
7/29/2011, 10:15:00 AM

Deb wrote ...
Dimenticavo... ci ferma anche la volontà di non creare martiri.
7/29/2011, 9:57:00 AM

Deb wrote ...
Ci ferma la vita, tutto ciò che abbiamo costruito in anni di impegno lavorativo e familiare, il pensiero che tutto svanirebbe e la difficoltà di attuare un piano simile senza farsi beccare nel frattempo e senza far capire che stiamo organizzando una cosa così complessa e precisa.
Per riuscire si deve essere o sentirsi, soli, senza legami particolari e con la sensazione di non avere nulla da perdere.
7/29/2011, 9:12:00 AM

giorgian wrote ...
@marmando: "Tartaglia è il vostro eroe" è bellissima, grazie.
7/29/2011, 12:48:00 AM

giorgian wrote ...
Pietro: beh, sì, anche quello in effetti.
7/29/2011, 12:15:00 AM

paolo pisacane wrote ...
applausi
7/29/2011, 12:08:00 AM

marmando wrote ...
@Leonardo e Giorgian
certo che anche voi a sogni di purezza e gloria non scherzate.
Condividete con Breivik l'idea di uccidere chi non la pensa come voi?
Altro che "tentare di convivere e sopravvivere in questo mondo imperfetto" : solo chiacchere?
Tartaglia è il vostro eroe?

E sono i videogiochi che vi trattengono dal purificare il mondo ed allinearlo ai vostra desiderata?
Secondo me sono proprio quelli che fanno male: stateci di meno lì davanti.
7/29/2011, 12:07:00 AM

Pietro wrote ...
No giorgian, quello che ci ferma è il ribrezzo di vedere poi Breivnik, Feltri o Borghezio quando ci guardiamo allo specchio.
7/28/2011, 11:54:00 PM

giorgian wrote ...
Su una cosa ti sbagli: non sono i videogiochi, non sono i rifugi, a fermarci (non dico tutti, ma tanti sì); rifugiarsi è conseguenza, non causa.

Quel che ci ferma è che i nostri piani non ci soddisfano; per quanta corda diamo alle fantasie, ci sembra che non arrivino lontano abbastanza. In breve, sappiamo che, anche ad ammazzarli tutti, per tante che siano le persone che includiamo in quel tutti, non raggiungeremmo comunque l'obbiettivo.


Se potesse, Breivik dice che tornerebbe indietro ad ammazzare Hitler; evidentemente non ha letto che tutti ammazzano Hitler al primo viaggio nel tempo[1]. Né legge leonardo[2].

D'altronde, lui stesso forse ha raggiunto il suo obbiettivo, quello piccolo e meschino che s'è posto, ma di certo non otterrà quel che voleva: vinceranno la promiscuità, il multiculturalismo, la corruzione morale e insomma tutte le cose che a Breivik fanno schifo.


Ciò che ti impedisce di irrompere con una mitraglietta in una qualunque redazione non è la pigrizia, la paura del carcere o di essere ammazzato nel tentativo, o almeno non solo: è anche e soprattutto il disgusto, la paura di dover poi assistere alla fila di aspiranti per i posti appena liberatisi.

[1] http://www.abyssandapex.com/200710-wikihistory.html
[2] http://leonardo.blogspot.com/2009/10/salviamo-la-vita-berlusconi.html
7/28/2011, 10:42:00 PM

Anonymous wrote ...
Ehm, come fa ad essere individualista uno che dedica sé stesso a un domani più luminoso?
7/28/2011, 10:17:00 PM

Anonymous wrote ...
In tutti i dizionari, parole come "pazzo" dovrebbero essere accompagnate dalla dicitura (non abbreviata) "Attenzione: polisemia sdrucciolosa".
7/28/2011, 9:28:00 PM

Anonymous wrote ...
Bomboclat!
7/28/2011, 7:45:00 PM

Il Piccolo Opinionista Nero

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La vita non è facile in Italia, quando nasci piccolo e nero. Se poi vuoi fare pure l'opinionista, beh, solidarietà.


Scherzavo. No, nessuna pietà. La leggenda del Piccolo Opinionista Nero è sull'Unita.it, e si commenta ovviamente là. Speriam bene.

C'era una volta, in un Paese di bianchi, un piccolo uomo nero, a cui la sorte non aveva davvero regalato molto. Solo un briciolo di orgoglio, qualche etto di astuzia e tanta, tantissima ambizione. Ma cosa ci fai con l'astuzia e l'ambizione, se ti ritrovi piccolo e nero in un Paese di bianchi? È una vera ingiustizia, pensava il piccolo uomo: in altri Paesi uno come me potrebbe fare perfino il Presidente. Aveva ragione, tra l'altro.

“Usa l'astuzia”, gli diceva il suo demone interiore. “Trasforma la tua debolezza in forza. Tu hai una cosa che i bianchi non hanno, ci hai mai pensato? Tu sei nero”.
“Lo so bene, ed è il motivo per cui mi sputano”.
“Ti sputano perché hanno paura dei neri come te, che sono tantissimi e arrivano da tutte le parti”.
“Ah sì? Non lo sapevo. È orribile!”
“Sì, in effetti non sono proprio tantissimi, e non arrivano proprio da tutte le parti. Però non importa, con la paura non si ragiona. A questo punto arrivi tu”.
“E che ci faccio io?”
“Tu fai il nero buono, il nero che ha studiato, il nero che parla come i bianchi, e li tranquillizzi. Gli spiegherai che i neri sono brava gente, gli racconterai i loro costumi, la loro cultura, la ricchezza dell'Islam”.
“Ma che ne so io, scusa, ho studiato dai salesiani”.
“Vuoi dire che non sei neanche musulmano?”
“Boh”.
“Vabbe', convertiti, insomma, studia, datti da fare. Devi amare un poco i neri per piacere a certi bianchi”.

E il Piccolo Nero si impegnò. Studiò un poco, si mise persino a frequentare le moschee, anche se non è che capisse sempre tutto. Scrisse pagine su pagine, che diventarono libri su libri, in cui spiegava che i neri non erano così cattivi, e quanto fosse difficile fare il nero in un Paese di bianchi, e tutto sommato era sincero. Dai e dai il suo faccino nero e il suo cognome strano cominciarono a comparire sulle pagine dei quotidiani più prestigiosi. Insomma stava filando tutto a gonfie vele, quando accadde che dei neri non proprio tolleranti dirottarono alcuni aerei e abbatterono alcuni grattacieli. Fu un disastro per tutti, e anche per il nostro Piccolo Opinionista Nero.

All'inizio si disse che non sarebbe cambiato niente, anzi, ci sarebbe sempre stato bisogno di una faccia nera sorridente che rassicurava e spiegava ai lettori che non tutti i neri erano cattivi. Però le cose stavano cambiando rapidamente. Ormai in quel Paese i neri erano tanti – non tantissimi in verità, ma si vedevano da lontano, come grani di caffè in una ciotola piena di zucchero. E tanti di questi neri ne sapevano molto più di lui sulla loro cultura e sull'Islam, insomma, non poteva più salire in cattedra impunemente come qualche anno prima. C'erano ancora lettori bianchi che lo stimavano per le cose che aveva scritto in passato, ma ormai i suoi libri li avevano comprati. Invece adesso andavano di moda libri molto diversi, per esempio furoreggiavano le favole di una vecchietta che vedeva neri dappertutto che distruggevano tutte le chiese e i monumenti cristiani. Benché avesse già scritto molti articoli per criticare la vecchietta, il Piccolo Opinionista Nero segretamente la invidiava: lei sì che poteva scrivere qualsiasi puttanata senza fare nessun tipo di ricerca, e il suo bacino di lettori aumentava geometricamente a ogni attentato.

“Non vale, cioè, è troppo facile così! Sarei capace anch'io di scrivere quella robaccia!”
“E perché non lo fai?”, gli chiese il suo demone.
“Ah, rieccoti. Era da un po' che non ti si vedeva in giro”.
“Il buonismo dei tuoi articoli mi annoiava profondamente”.
“Ecco, vedi? Adesso vanno di moda le apocalissi, le lotte di civiltà, di religione, le crociate, tutta quella roba lì”.
“E tu scrivile!”
“Ma non posso! Io sono il nero gentile che scrive di tolleranza, di pace, di multicult...”
“Bla bla bla. Tu sei il piccolo nero a cui nessuno ha mai regalato niente, ricordatelo! E nessuno mai te lo regalerà! Se vuoi il successo, devi prendertelo senza guardare in faccia a nessuno, hai capito? E adesso cos'è, hai paura di una vecchietta? Quanto pensi che durerà? E quando se ne sarà andata, a chi toccherà il suo posto?”
“Non può mica toccare a me, scusa, lei è una crociata e io sono un musulmano”.
“Ah sì, sei un musulmano adesso? Beh, e allora convertiti”.

E fu così che il Piccolo Opinionista Nero si convertì – fu un grande giorno, venne anche il grande capo degli uomini Bianchi in persona, a bagnargli il capo; e per quanto lo chinasse, il Piccolo Opinionista non poté fare a meno di notare che il gran capo non era più alto di lui, né più bello, né più sveglio; era solo nato bianco, tutto qui, che ingiustizia! Ma si poteva rimediare. Ora che era cristiano il Piccolo Opinionista non scorgeva più l'orizzonte delle sue ambizioni. È vero che qualche bianco ancora non si fidava di lui; per ingraziarseli, il Piccolo Op. cominciò a denunciare tutti i neri che aveva conosciuto quando frequentava le moschee: siccome non sempre riusciva a capire cosa dicessero, non c'era il minimo dubbio che stessero complottando contro il Cristianesimo; pianificando di minare qualche sacrestia, avvelenare un battistero, dirottare un campanile... andavano fermati! Il Piccolo Opinionista li fermò. E non si fermò lì. Scrisse libri sulla bellezza del Cristo, che conosceva più o meno come Maometto (poco), e sull'esigenza di difenderlo dai cani infedeli rabbiosi infami, senza fidarsi di chi si riempiva troppo la bocca di paroloni vuoti come Tolleranza Rispetto Multiculturalità Dialogo... 'Non vi fidate, essi mentono! Vogliono soltanto entrare nel vostro giardino, cogliere i fiori che avete coltivato con tanto amore, suggere i vostri frutti, fare quattro tuffi nella vostra piscina, prima di avvelenarla!' così diceva, più o meno, e si stupiva lui stesso di quanto riusciva a essere convincente. Si sentiva persino più sincero di prima; era come se tutta la frustrazione che aveva raccolto nella sua vita si fosse trasformata d'incanto in qualcosa di nobile, di giusto, di puro. E guadagnava un sacco. Cercò anche di entrare in un partito politico, ma gli dissero che era troppo estremista; fu quasi un complimento. Tanto più che in fondo lui non voleva essere secondo a nessuno: così si fondò un partito su misura per lui. Come simbolo prese il crocifisso, tanto non si pagava il copyright. Propose anche di metterlo sulla bandiera, come nei Paesi del Nord: nessuno era già arrivato a tanto! Perché ormai ragionava più bianco dei Bianchi.

E certamente avrebbe potuto vendere libri su libri, superando il record della vecchietta (che nel frattempo aveva lasciato questo mondo), se solo gli islamici avessero continuato a fare attentati con una certa regolarità. E invece c'era questo problema: che da un po' di tempo in qua nicchiavano, non dirottavano più aerei, nemmeno autobombe; per quanto li si bombardasse e invadesse e torturasse, non reagivano quasi più, smidollati! Il Piccolo Opinionista Nero li aveva sempre segretamente disprezzati, ma adesso decisamente li odiava: possibile che non facessero mai, mai quello che ci si aspettava da loro? “Sembra che lo facciano apposta per deludermi”, pensava.

Ma poi finalmente, una sera, da un Paese del Nord arrivò la notizia di un'autobomba e di una sparatoria, e il Piccolo Opinionista Nero si rimproverò di essere stato così ingiusto coi suoi ex-fratelli. Nel giro di mezz'ora aveva già scritto un pezzo trionfante contro la tolleranza, contro l'ideologia del multiculturalismo e il relativismo “che si fonda sulla tesi che per amare il prossimo devi sposare la sua religione e le sue idee”. Lo mandò al giornale e andò a letto presto. Sognò un'elezione, una bandiera crociata, e un popolo biancovestito che lo incoronava Presidente, proprio lui, un piccolo uomo nero! proprio come negli USA...

Al mattino il risveglio fu un po' brusco.
“Incapace”, gli disse il suo demone, “guarda cos'hai combinato!”
“Ah, sei tu! Era da un po' che non ti si vedeva in giro”.
“Il fondamentalismo dei tuoi articoli cominciava a imbarazzarmi, e i fatti non mi hanno certo dato torto. Lo sai chi ha ucciso tutti quei bianchi nordici multiculturali?”
“Non so, i soliti islamici, presumo”.
“Ma non li leggi i giornali?”
“No, li scrivo”.
“Il solito problema. Bene stamattina dicono tutti che è stato un bianco nordico che odia il multiculturalismo e la tolleranza”.
“Oddio! Sono fregato!”
“Piano, piano. Certo, certe pagine del suo memoriale assomigliano veramente molto a uno dei tuoi libri, come si chiama...”
“Quello? Ma è tutta roba copiata dalla vecchietta!”
“Avrà copiato anche lui. Poi è uscito, ha messo due bombe e fucilato un centinaio di ragazzini”.
“E aveva le mie idee! Era uno come me! Stavolta sono fregato davvero!”
“Ehi, piano, piano. Non è uno come te”.
“Come no. Era cristiano, odiava la tolleranza... lo hai detto tu...”
“Sì, però guardati. Lui era alto e biondo. Sei alto tu? Sei biondo?”
“Ma che c'entra, scusa”.
“C'entra, c'entra eccome. Tu sei piccolo. E nero. Non scordartelo mai”.
“Ma mi sono convertito...”
“Non ha nessuna importanza. A certe cose non ci si converte. Se ci fossi stato tu, ferito, su quell'isola, lui non ci avrebbe pensato due volte a darti il colpo di grazia. Anche se tu credi nel suo Dio. Anche se ti comporti come un bianco. Anzi, proprio perché ti comporti così. Capisci?”
“Credo di sì”.
“Più ti sforzi di assomigliare a loro, più ti odiano. Sono nazisti, fondamentalisti, è quel che sono. Vengono a corrompere la nostra società aperta. Bisogna combatterli”.
“Cosa devo fare?”
“Il solito. Convertiti”.
“A cosa?”
“Boh, improvvisa. Il tizio ha massacrato i giovani laburisti. Potresti convertirti al laburismo”.
“Non ho la minima idea di cosa sia”.
“Toh, una novità. E allora studia, aggiornati, su. Prima che vengano a cercarti col fucile”.
“Sì, però che stanchezza”.
“Sei stanco? Stanco di cosa?”
“Ma di dover sempre cambiare religione, cambiare idea, cambiare camicia, quando alla fine è solo la mia faccia che non va. La mia faccia piccola e nera. Non è giusto”.
“Ma sentilo un po', il calimero. Sei stanco di cambiare? Vorresti restare quel che sei adesso? Un nero che ispira gli ammazzaneri?”
“Non so. Vorrei... forse vorrei provare una volta sola a essere semplicemente me stesso”.
“Te stesso? E chi sarebbe, “te stesso”?”
“Buffo, ormai non lo so più”.
“Allora te lo ricordo io: tu non sei mai stato nessuno. Solo un piccolo uomo nero a cui la sorte non ha davvero regalato molto. Solo un briciolo di orgoglio, qualche etto di astuzia e tanta, tantissima ambizione...”
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Fido e Tiziana

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Fido e Tiziana Maiolo: due carriere a confronto


Nel 1992 Tiziana Maiolo è eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Rifondazione Comunista, come indipendente. Nello stesso anno Fido è un cucciolo che vuole bene al suo padrone.


Nel 1994 Tiziana Maiolo è eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Forza Italia. Nello stesso periodo Fido continua a voler bene al suo padrone.

Nel 2010 Tiziana Maiolo, eletta nella lista del PDL, passa a Futuro e Libertà. Fido, un po' malconcio, non ha smesso di voler bene al suo padrone.

Io se fossi in Berlusconi alla prossima tornata metterei in lista Fido. Senz'altro più facile da addestrare di Tiziana Maiolo.
Comments (9)

Rino Pruiti wrote ...
Bello ma ci sono delle imprecisioni. Tiziana non è stata eletta da nessuna parte... o meglio è stata eletta Consigliere comunale di minoranza a Rozzano per il PDL, mentre attualmente è Assessore nominata per il PDL a Buccinasco MI...
Ciaoo

Rino Pruiti
www.rinopruiti.it
2/14/2011, 2:12:00 PM

Anonymous wrote ...
Bel post.
Invece la nuova veste grafica del blog fa abbastanza schifo.
Roberto
2/9/2011, 10:40:00 PM

Anonymous wrote ...
Morto un Fido se ne fa un altro.
2/9/2011, 8:17:00 PM

MarcoBi wrote ...
Fido è vivo e lotta assieme a noi.
2/9/2011, 7:16:00 PM

Anonymous wrote ...
Leo si assomigliano!!
è incredibile
uno è più intelligente
dei due,non ti dico chi.
Bau bau .
Amelie:)
2/9/2011, 3:15:00 PM

Arcureo wrote ...
Spettacolo! ;-)
2/9/2011, 1:31:00 PM

Simone wrote ...
io preferisco fido
2/9/2011, 12:30:00 PM

Stefano wrote ...
Fido mi sa che è già morto, purtroppo.
2/9/2011, 12:08:00 PM

Gabryella Costa Fdd wrote ...
la iattura
2/9/2011, 8:17:00 AM

Ricordare stanca?

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Stavo per scordarmi. La classe ariana per un giorno è on line sull'Unita.it e si commenta qui.

(È un racconto di invenzione, non esiste nessuna terza zeta, qualsiasi riferimento alle scuole dell'obbligo dei vostri figli è assolutamente casuale).

“Collega, devo chiederti un favore. Tu insegni nel corso Z, vero?”
“Certo”.
“Senti, devi darmi una mano per la Giornata della memoria, perché non ne posso più. Tu quest'anno cos'hai fatto?”
“Il 27 gennaio? Mah, di solito cerco di proiettare un film, sai, una lettura di Primo Levi, le solite cose...
“Ecco, appunto, io dopo dieci anni di La vita è bella non ne posso più, mi esce dalle occhi”.
“Vabbe', ma scusa, è come se la prof di matematica si stancasse del teorema di Pitagora”.
“Guarda, non so come funzioni con Pitagora, ma Auschwitz dopo un po'... non hai letto De Bortoli sul Corriere? Ricordare stanca”.
“Va bene, e quindi? Cosa vorresti fare?”
“Ecco, io stavo pensando di fare qualcosa di coinvolgerli di più, i miei ragazzi... per esempio, so che in una scuola da qualche parte hanno osservato per un giorno le leggi razziali”.
“Le leggi razziali?”
“Ma sì, funziona più o meno così: la prof entra in classe e legge una circolare che impone di separare gli alunni ariani dai semiti, e poi si osserva come reagiscono. Che ne pensi?”
“Guarda, non è una brutta idea”.
“Ecco, però per realizzarla mi servi tu”.
“Io?”
“Ma sì, perché io di alunni semiti nel corso A non ne ho proprio, capisci”.
“Perché invece io?”
“Ma figurati se non ne hai, scusa... tutti i marocchini e i tunisini, sono semiti anche loro”.
“Ah sì?”
“Per la Bibbia sì. Per non parlare dei camiti, le leggi razziali parlavano anche di loro...”
“Perché i camiti chi sarebbero, scusa?”
“I neri”.
“Ah, allora sì, ho due senegalesi un ghanese e una nigeriana. Invece di semiti ho tre marocchini, un'egiziana e... gli albanesi contano?”
“Non saprei".
"Altrimenti ho due rom".
"Gli zingari sono perfetti. Vedi? Ne hai fin troppi, prestamene un po'”.
“Per la giornata della memoria?”
“No, facciamo per una settimana... così prima si ambientano in classe, e poi il ventisette arrivo, leggo la circolare e li metto nell'ultima fila... una cosa così”.
“Senti, però, scusa, io capisco il realismo e tutto quanto, ma non ce l'hai nella tua classe un altro studente di una minoranza? Anche se non è africano, voglio dire, è il pensiero che conta...”
“Ho il figlio di un dentista ungherese, è biondo con le lentiggini, dai, non è la stessa cosa. E poi se suo padre non la prende bene finisce che ci denuncia”.
“Ma scusa, e il cinese? Io l'avevo pur visto un cinese nella vostra classe...”
“Ah, sì, poverino... l'avevano messo da noi perché si era iscritto all'ultimo momento... ma non spiccicava una parola e stava sempre nell'ultimo banco...”
“E che fine ha fatto?”
“Ecco, non si sa bene. È scomparso”.
“Come scomparso”.
“Ma infatti in segreteria stanno telefonando, solo che non trovano nessuno che parli italiano... del resto si sa come sono i cinesi”.
“Ma non è vero, io ne ho due, vengono sempre, in bicicletta, con la pioggia e col sereno”.
“Ma sì, ma che c'entra... la tua è una classe multietnica, si trovano meglio... invece in A, sai com'è, tutti bianchi...”
“Ecco, ma infatti, appunto, com'è questa storia? Che io ho quindici stranieri in classe e tu solo uno? La Gelmini non aveva promesso che...”
“Ma sì, la storia della quota. Non se ne sente più molto parlare, ma avrebbe dovuto cominciare lo scorso settembre con le prime elementari... e comunque riguarderebbe soltanto i bambini non nati in Italia, invece scommetto che molti dei tuoi risultano nati qui”.
“Sì, ma che vuol dire, molti di loro fan fatica lo stesso”.
“Però dai, è un ambiente molto stimolante”.
“È faticoso, e siamo sempre indietro col programma... Ma scusa, non potevano dividerli in parti uguali quando hanno fatto le prime? Se ne potevano mettere quattro o cinque in ogni classe, avremmo lavorato tutti meglio e tu avresti i tuoi studenti semiti”.
“Ma lo sai che il corso A è quello di tedesco, no?”
“E che c'entra tedesco, scusa, è la seconda lingua, cosa cambia se fanno due ore di tedesco alla settimana?”
“Cambia tutto, perché i genitori fanno la fila per iscrivere i figli”.
“E i figli degli stranieri vengono esclusi?”
“Ma no, non capisci? Non c'è nessun bisogno di escluderli – infatti per esempio il dentista ungherese ha iscritto suo figlio a tedesco. Ma i genitori degli africani semplicemente non sono informati. Oppure pensano che sarà una classe più difficile e preferiscono iscrivere il figlio al corso Z. È una specie di selezione naturale, capisci”.
“Così nella mia classe ci sono quindici alunni semiti o camiti”.
“Sì”.
“E nella tua neanche uno. Mi ricorda qualcosa”.
“Adesso però non fare il polemico, eh. Se non facessimo così molti genitori iscriverebbero i figli altrove. E se perdessimo delle cattedre, indovina qual è la prima che cade”.
“La Z”.
“Bravo. Allora, mi aiuti o no? Potremmo fare così... tu mi presti quattro studenti semiti e io...”
“E tu mi presti cinque studenti biondi e ariani che parlano tedesco! Ci sto. Sarà una grandissima giornata della memoria. Oppure... senti, ho un'altra idea. Perché non andiamo a vedere il campo di concentramento?”
“Ma è un viaggio lungo, e poi quando arrivi non è che ci sia molto da vedere...”
“Sì, però senti questa: ci andiamo con un treno speciale, chiudiamo la mia classe in un vagone merci e i tuoi ragazzi ogni tanto li sciacquano con la pompa dell'acqua! Urlando in tedesco!Achtung Juden! O qualcosa del genere. Sanno dire Achtung Juden?”
“Sei sempre il solito”.
“Secondo me stanno imparando”.
“È impossibile lavorare con te, non sei mai serio”.
“No, ma scusa eh, passiamo il tempo a ricordare una legge che ha funzionato soltanto per una manciata di anni dopo il '38, e nel frattempo quanti anni sono che discriminiamo i ragazzi nelle nostre classi? Ho una teoria. Secondo me...”
“Uff, le tue teorie”.
Comments

Che cavolo stai dicendo

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Diff'rent Strokes

Mi perdonerà il povero Coleman, e chi giustamente rimpiange lui e le risate che ci strappava, ma quant'era razzista quel telefilm. Quel negretto tanto simpatico, nato ad Harlem ma adottato dal Buon Padrone bianco di Manhattan, occhieggiava dai nostri enormi tv-color come un criceto nella gabbietta. Quant'era carino, quant'era buffo, e non cresceva mai. Andate in soffitta, tirate fuori i vostri stinti arretrati di Sorrisi e Canzoni o del RadiocorriereTV, e confermatemi che nel 1980 Arnold si poteva chiamare ancora “negretto”, senza paura di offendere né lui né... chi? Non c'era nessuno da offendere, e noi italiani non eravamo razzisti, assolutamente, anzi ci stavano tanto simpatici i negretti dei telefilm. Gli orfanelli e le domestiche. Beati anni Ottanta. Io comunque non li rimpiango.

Ho fatto due conti e stabilito che preferisco stare dove sto. Nell'Italia anni Dieci dove il razzismo è tutto da questa parte del vetro, e di neri ne incontri per strada quanti ne vuoi, ma non ce n'è uno che ti ricambi un sorriso. Hanno sempre quell'aria incazzata e i brufoli, i brufoli dei neri, chi se li sarebbe immaginati. Ma sul serio, meglio stare qui. Nell'Italia che urla a Balotelli “non esistono neri italiani” - Balotelli che manco sa chi è il Mio Amico Arnold, è nato quattro anni dopo la chiusura. La stessa antipatia di Balotelli, il suo scarso o nullo autocontrollo, mi intristiscono e spaventano, ma li preferisco ai sorrisi di quando i mulini erano bianchi, i tv color erano grossi, la lira era leggera, e i negretti erano buffe creaturine, parenti dei puffi, che ridevano a trentadue denti tra uno spot e l'altro. Quest'Italia analfabeta di ritorno, quest'Italia che a furia di grattarsi ha tirato fuori il fascismo sottopelle, quest'Italia che intona faccetta nera e non finge più di non sapere che il ritornello incita allo stupro etnico, quest'Italia potrà anche e giustamente farvi schifo, ma è tutto quello che abbiamo, e le favole che ci raccontavamo da bambini erano balle, si è capito? Balle. Credete a chi lo sa: abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. I mulini non sono mai stati bianchi; i negretti bisogna stare attenti ad adottarli perché crescono; e s'incazzano; e hanno brufoli brutti a vedersi.
Comments (19)

Anonymous wrote ...
Nobis
3/22/2012, 4:54:00 PM

Leonardo T wrote ...
E invece lo faccio. Tiè

(Da qui in poi ti cancello, in questi giorni non sei nemmeno divertente).
5/31/2010, 1:27:00 PM

Anonymous wrote ...
E' proprio quello, il problema: se possedessi un sufficiente senso del ridicolo, non affermeresti una continuità di atteggiamento razzista degli italiani balzando da Faccetta nera a una sitcom (d'importazione) semmai fin troppo buonista degli anni '80 alle tue personalissime turbe nei confronti dei neri numerosi, torvi e brufolosi (e dotati di un aroma - come dire - piuttosto intenso, come ci hai ricordato più volte basandoti sulle tue esperienze professionali).

tibi
5/31/2010, 7:17:00 AM

Leonardo T wrote ...
Allora prenditi a pesci in faccia da solo, non scomodarmi.
5/30/2010, 11:12:00 PM

Anonymous wrote ...
Ehm.
Invece Arnold e' razzista perche' e' americano, piccolo, ha la faccia nera e mezzo secolo prima gli italiani che colonizzavano l'Africa cantavano 'Faccetta nera' che e' una canzone razzista (come il 99% del discorso bianco sui neri dell'epoca, peraltro)?

Sul serio, se i tuoi ricordi d'infanzia sono offuscati dal tempo e dall'incontro coi neri grandi, grossi e brufolosi, perdi venti minuti del tuo tempo e guardati l'episodio che ho linkato.
Poi gli si puo' far le pulci finche' si vuole, sorridere dell'ingenuita' e dell'uso perfino della minstrelsy to drive the point home; ma bisogna tener conto che non si trattava di predicare soltanto ai convertiti, ma di far arrivare il concetto anche a quell'opinione pubblica bianca e non particolarmente acculturata che, magari, non si sentiva razzista ma avrebbe ancora storto il naso, all'idea della propria sorella che usciva con un nero.
E secondo me prendere i razzisti (metaforicamente) a pesci in faccia funziona, alla fine, meglio di tanti pamphlet profondi e militanti.

tibi
5/30/2010, 10:55:00 PM

Leonardo T wrote ...
Uhm.
Arnold non è razzista perché i Robinson non lo erano?
E siccome erano borghesi, gli americani si sono abituati, e poi 15 anni dopo hanno eletto un presidente nero?
Sono due sillogismi, come dire, un po' zoppicanti.
5/30/2010, 10:19:00 PM

Barabeke wrote ...
Non sono d'accordo. Arnold era una sit-com di stampo sì perbenista ma progressista. Trasmissioni così hanno favorito l'integrazione razziale, almeno negli USA. Alcuni pensano che uno dei fattori che ha permesso l'elezione di Obama sia stata la sit-com "The Cosby Show" (in Italia, "I Robinson"). La figura di Claire, la moglie di Bill Cosby in quella famiglia perbene, borghese, e nerissima, è stata accostata a Michelle Obama, e ha forse contribuito a sdoganare nell'opinione pubblica l'idea di una first lady nera.

Su Il Rinascimento ho scritto anch'io un ricordo di Arnold, un tuo commento sarà gradito!
http://ilrinascimento.it/che-cavolo-stai-dicendo-willis
5/30/2010, 9:07:00 PM

Cassa wrote ...
Anonimo, il tuo vedere cose che noi umani è veramente degno di nota
5/30/2010, 5:41:00 PM

Anonymous wrote ...
@Cassa
lo stesso buon senso che non vede nell'istituzione del dogma dell'immacolata concezione (che significa: la madonna non ha mai avuto a che fare con il peccato della mela, ma che sembra tanto un'altra cosa) l'ennesimo esempio di sessuofobia.

Questo alludere al punto da manipolare le coscienze, ma non abbastanza da essere passibili di giudizio sa tanto di cavillo ipocrita, altro che buon senso
5/30/2010, 1:48:00 PM

Cassa wrote ...
Ipocrita sì.
Piena di superiorità razzista, pure (non che fosse patrimonio esclusivo fascista e/o italiota, comunque)
Scritta con lo stereotipo della bella etiope pronta a buttarsi tra le braccia del virile maschio italico conquistatore, va beh-ovvio.

Ma permettimi, anonimo, esprimere scetticismo verso chi legge tra le righe l'incitamento allo stupro etnico non è una puttanata né apologia di fascismo (prima che a qualcuno salti in mente). E' buon senso.
5/29/2010, 7:45:00 PM

Alessandro wrote ...
che schifo di articolo.. vergognati..
5/29/2010, 7:44:00 PM

Anonymous wrote ...
non spariamo puttanate circa il senso di una canzone ipocrita, evidentemente scritta con una certa convinzione "d'esseri superiori". proprio perchè erano allusivi cerchiamo di capire il vero senso dell'espressione "piccola abissina"!
5/29/2010, 5:31:00 PM

FASHIONISMYWAY by Cristina L wrote ...
mi piace mlt l'articolo.Dice la verità!!
5/29/2010, 4:29:00 PM

Matteo wrote ...
Se tu dall'altipiano guardi il mare,
Moretta che sei schiava fra gli schiavi,
Vedrai come in un sogno tante navi
E un tricolore sventolar per te.

Faccetta nera, bell'abissina
Aspetta e spera che già l'ora si avvicina!
quando saremo insieme a te,
noi ti daremo un'altra legge e un altro Re.

La legge nostra è schiavitù d'amore,
il nostro motto è LIBERTÀ e DOVERE,
vendicheremo noi CAMICIE NERE,
Gli eroi caduti liberando te!

Faccetta nera, bell'abissina
Aspetta e spera che già l'ora si avvicina!
quando saremo insieme a te,
noi ti daremo un'altra legge e un altro Re.

Faccetta nera, piccola abissina,
ti porteremo a Roma, liberata.
Dal sole nostro tu sarai baciata,
Sarai in Camicia Nera pure tu.

Faccetta nera, sarai Romana
La tua bandiera sarà sol quella italiana!
Noi marceremo insieme a te
E sfileremo avanti al Duce e avanti al Re!
5/29/2010, 3:29:00 PM

Anonymous wrote ...
Nel merito di Diff'rent Strokes, da chi legge "noi ti daremo un'altra legge e un altro Re" e capisce "stupro etnico" mi aspetto qualsiasi prodigio ermeneutico, persino che possa dire "ma quant'era razzista quel telefilm"; vedasi, ad esempio, l'episodio 'Skin Deep or True Blue':

http://www.youtube.com/results?search_query=diff%27rent+strokes+%22Skin+Deep+or+True+Blue%22&aq=f

tibi
5/29/2010, 1:54:00 PM

Anonymous wrote ...
@Cassa:
"I fascisti erano molto più allusivi di quanto potessi pensare... "

...oppure Leonardo il suo lo chiama affettuosamente 'Vittorio Emanuele'.

tibi
5/29/2010, 12:51:00 PM

Cassa wrote ...
va beh, ammesso e non concesso
5/29/2010, 12:47:00 PM

Unknown wrote ...
un altro duce, un altro re
5/29/2010, 12:12:00 PM

Cassa wrote ...
"noi ti daremo un'altra legge e un altro Re" sarebbe uno stupro razziale?

I fascisti erano molto più allusivi di quanto potessi pensare...
5/29/2010, 9:21:00 AM

Arriva Elmo

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Ho una teoria (#6)
Per valutare l'impatto della quota Gelmini (sì, quella che limita al 30% la quota di stranieri per classe scolastica) dobbiamo cercare di entrare nella testa di chi l'ha voluta più di tutti: l'Elettore Leghista Medio Operaio (da qui in poi, per brevità, ELMO).

Elmo non è un razzista, secondo lui... [continua sull'Unità on line: potete commentarlo lì].

Ho una teoria. Per valutare l'impatto della quota Gelmini (sì, quella che limita al 30% la quota di stranieri per classe scolastica) dobbiamo cercare di entrare nella testa di chi l'ha voluta più di tutti: l'Elettore Leghista Medio Operaio (da qui in poi, per brevità, ELMO).

Elmo non è un razzista, secondo lui. In officina ha un apprendista moldavo che è molto bravo e si fa i fatti suoi. Però questa cosa degli stranieri in classe non l'ha mai mandata giù, da quando il suo Elmino ha cominciato a frequentare la prima media. 

All'inizio sembrava tutto normale: Qualche volta, è vero, a suo figlio capitava di infilare un nome strano nel resoconto delle sue giornate, ma del resto Elmo conosce tanti amici che hanno chiamato i figli Brandon o Sharon. Al primo colloquio le insegnanti gliel'avevano detto: “È una classe un po' difficile”. Ma quelle si lagnano sempre e comunque, si sa.

Il vero choc furono le foto della gita scolastica. Elmo scoprì che la classe di suo figlio era uno zoo. Tre neri, uno più nero dell'altro. Un marziano con un cappuccio in testa (“ma no, papà, è un indiano, ma della setta dei sikh”). Un numero imprecisato di rumeni polacchi e quant'altro. Sei o sette su ventisette. 

“È una classe multietnica. Un'occasione meravigliosa per suo figlio”, le spiegò l'insegnante: la stessa che gli aveva detto che era una classe difficile. A Elmo qualcosa non tornava. Se davvero la classe multietnica era un'occasione così meravigliosa, perché non l'avevano offerta anche alla figlia del suo vicino, l'ingegnere? Lei aveva la stessa età di Elmino, ma sembrava molto più avanti con gli studi. È normale, le diceva sua moglie, le bambine sono più diligenti. Una mattina però al bar non aveva resistito, e si era messo a discutere di scuola con l'ingegnere. Fino ad arrivare al fatidico argomento, i bambini stranieri... 
“Sono più bravi degli italiani”, era stata la pronta risposta del vicino progressista. “Per esempio in classe con mia figlia c'è un bambino ungherese che è un genio del computer, pensi...”
“Ah sì? Beh, però poi ci sono anche quelli che... sì, insomma, fanno fatica a imparare l'italiano, e allora la classe resta indietro... cioè, li avrà anche sua figlia dei compagni così”.
“No, che io sappia no”.

Così era saltato fuori che Elmo aveva otto compagni stranieri e la figlia dell'Ingegnere soltanto uno (un genio del computer). 
“Ma certo”, gli aveva detto la moglie, “l'Ingegnere ha iscritto suo figlio alla classe bilingue tedesco”.
“E gli stranieri non ci possono andare?”
“In teoria potrebbero”.
“E allora perché non ci vanno?”
“Perché il tedesco è difficile. E poi perché c'è la lista di attesa”. 
“C'è una lista?”
“Certo che non ti sfugge niente, a te”.
“No, scusa, una lista per studiare tedesco alle medie? Cos'ha di così speciale questo tedesco?”
“Forse che gli alunni sono tutti bianchi”.

Ecco svelato l'arcano. Non c'è nessuna invasione di alunni stranieri: il problema è che sono tutti concentrati in un paio di classi, e una è quella di Elmino. Nelle altre (Elmo ha controllato i tabelloni affissi a settembre) i nomi stranieri diventano rarissimi. A quel punto, dentro di lui qualcosa si è rotto. Oppure è stata la quinta volta che ha sentito dire da un'insegnante che la classe era indietro col programma. Sia come sia, Elmo appena ha potuto ha votato la Lega. 

Quando i suoi uomini in parlamento proposero di istituire le classi-ponte, ebbe un acceso diverbio al solito tavolino del bar. “Siamo alle leggi razziali!” tuonava l'ingegnere. “La verità è che avete paura degli stranieri, che tante volte sono più bravi dei nostri figli...” Qualche mese dopo si cominciò a parlare di quote, e anche lì l'ingegnere prospettava deportazioni, Buchenwald, Dachau... La verità è che quelli come l'ingegnere hanno sempre da dire su tutto. Perché sono comunisti. Invece Elmo, più ci pensa più trova che la quota sia la cosa più ragionevole. Finalmente (pensa) gli stranieri non saranno più tutti ammucchiati in una o due classi-lager, ma sparsi su tutta la superficie scolastica. E la sorella di Elmino, che comincia le medie in settembre, non finirà più in un ghetto di analfabeti. Forza Gelmini!

In agosto, leggendo il tabellone delle nuove classi, Elmo avrà un colpo al cuore. Su 29 compagni di Elmina, 15 avranno il cognome straniero. A questo punto magari andrà a chiedere al Preside: Cos'è, un'invasione? Dove sono finite le quote? Ma allora è vero che questa scuola è un covo di rossi dove si ignorano le direttive ministeriali? E il preside, che gli risponderà?

“Prima di tutto, vorrei tranquillizzarla. Una classe multietnica, come quella in sui è stato inserita sua figlia, è una meravigliosa opportunità...”
“Bla bla bla, conosco il discorso. Quello che vorrei sapere è come mai qui non si rispettano le quote di stranieri”.
“Ma noi le rispettiamo. Nella classe di suo figlia ci sono nove alunni stranieri”.
“Di più che tre anni fa! E le quote?”
“La quota è del 30%. Il problema è che con i tagli il numero di studenti per classe è aumentato. Nella classe di suo figlio sono in trenta: il 30% di trenta è un po' più di nove, un po' meno di dieci. Siamo in quota”.
“Ma scusi... io qui leggo almeno sedici cognomi che non sono italiani. Non nove. Sedici”.
“Certo, perché poi ci sono gli stranieri nati in Italia. Il Ministero ci ha detto che nella quota non vanno contati”.
“Ah, non vanno contati”.
“No”.
“Ma perché devono sempre finire tutti in classe coi miei figli... cioè, io non è che sono razzista, eh... ma non riesco a capire. Perché non ne mettete un po' anche in prima A?”
“La A è la classe di tedesco...”
“Sì, lo so, c'è una lista. E in B?”
“Il B è la sperimentazione musicale”.
“E allora? Sono tutti stonati gli stranieri?”
“No, ma c'è una lista d'attesa anche lì”.
“E la C?
“È una classe molto ambita, non ha rientri al pomeriggio. Sa, per i bambini che hanno molte attività extrascolastiche: nuoto, equitazione...”
“C'è la fila anche lì”.
“Diciamo che gli stranieri hanno meno attività extrascolastiche. È tutto chiaro, ora?”

Sì. Nella mente di Elmo ora è veramente tutto chiaro. Non è colpa della Gelmini, lei ha fatto quel che ha potuto. Il problema è che i comunisti sono veramente diabolici. Fatta la legge, trovano l'inganno. Fanno studiare ai loro figli tedesco, flauto traverso, equitazione, qualsiasi cosa per tenerli lontani dai negri... e quelli che ci rimettono sono i suoi figli. Comunisti maledetti. Ma verrà un giorno. Quando prenderemo il potere...
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Il 30% di boh

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Integratevi (è un ordine)

È andata: dall’anno prossimo nelle prime classi delle scuole italiane “di ogni ordine e grado” gli studenti stranieri non potranno essere più del 30% del totale. E già qualcuno comincia a gridare all’Apartheid - ehi, piano.
Un esempio lo fornisce il pur ottimo Gilioli, quando si chiede se il piccolo Naresh dovrà lasciare i suoi compagnucci di terza elementare. Ma no, basta leggere. I tetti verranno applicati soltanto nelle classi che devono essere ancora formate (prime elementari, prime medie, prime superiori): Naresh potrà continuare il suo percorso scolastico e gli auguro che sia di qualità.

A tutti quelli che non vogliono perdere l’occasione di scomodare le leggi razziali, ricordo che stiamo parlando di una proposta Gelmini, cioè di una cosa, per definizione, non seria. Avete presente come risolve i problemi la Gelmini? Un rapido riassunto: un anno fa gli studenti davano molti problemi disciplinari. Non rispettavano né le regole né gli insegnanti, picchiavano i loro compagni disabili e mettevano le foto su youtube (questa cosa in particolare fece scalpore, i filmini su youtube). Allora la Gelmini risolse il problema. Come? Inventando una cosa che prima non c’era: il “voto di condotta”. Prima si chiamava “valutazione del comportamento” e non funzionava: adesso invece si chiama “voto”, quindi funziona. Questo è un esempio di come risolve i problemi la Gelmini.

Un altro problema molto dibattuto era il rendimento. I nostri studenti non imparano più niente. Intervenne la Gelmini, con un’idea geniale: reintrodurre nella scuola dell'obbligo i voti numerici. Stabilendo così un discrimine insormontabile tra la scuola sessantottina che promuoveva tutti quelli che avevano una media superiore al “sufficiente” e l’inflessibile scuola gelminiana che falcia senza pietà tutti quelli che hanno una media inferiore al “6”. Un altro problema risolto.

E gli stranieri? Pare che siano troppi, e che tendano a iscriversi tutti nelle stesse classi, formando perniciosissime “classi ghetto”. Come ha risolto il problema la Gelmini? Anche qui, la sua implacabile falce non si è fatta pregare, e si è abbattuta su… su cosa? Una quota del 30% di stranieri? Perché secondo voi in Italia c’è uno studente straniero ogni due italiani? A meno che non siate affezionati lettori di Giornale e Padania, sapete benissimo che la quota di stranieri non è così alta da nessuna parte in Italia – tranne forse in qualche bassifondo metropolitano. Forse anche qualche paesino montano abbandonato dai nativi e ripopolato dagli stranieri (ce ne sono a nord come a sud). Quindi, se cambierà qualcosa, cambierà soltanto in quei casi.

Ma persino in quei casi, c’è un trucco. Molti di quei bambini stranieri in realtà sono nati in Italia, da genitori stranieri. Siccome non basta nascere su suolo italiano per ottenere la cittadinanza, costoro risultano all’anagrafe stranieri anche se sono qui da sei, undici, diciotto anni. Ed è brutto da dire, ma in tanti casi lo sono davvero. Perché non basta nascere in Italia, se cresci in una famiglia dove l’italiano non si parla o si parla male, la tv via sat manda solo film di Bollywood non sottotitolati, i tuoi amici sono tutti cinesi, eccetera eccetera eccetera.

A questo proposito, la Gelmini non ha perso l’occasione per confermarsi Gelmini, ovvero: nel giro di tre giorni ha già affermato una cosa e poi l’ha rimangiata. Prima ha detto ‘tetto del 30% per gli alunni stranieri’ (e giù titoloni in prima pagina), poi ha precisato ‘Esclusi dal tetto delle classi gli stranieri che sono nati in Italia’ (titoletto nelle brevi). Che differenza c’è? Per me, tutta la differenza del mondo. Le classi in cui insegno oggi sforano allegramente il 30% di stranieri. E non sono classi semplici, per inciso. Ma se conti soltanto quelli nati all’estero… ecco che rientra tutto nella norma. Fine del problema, anzi, quale problema? Se sono nati in un ospedale italiano sono perfettamente integrati, no? Le infermiere li avranno immediatamente attaccati al biberon della lingua italiana. I genitori avranno deciso di parlare soltanto italiano in casa per aiutarli a integrarsi meglio. Del resto gli stranieri della seconda generazione, si sa, sono quelli che si integrano più facilmente… (NB: STO SCHERZANDO. Gli stranieri della seconda generazione sono quelli che più faticano a integrarsi in generale. C’è una letteratura scientifica enorme sul problema. La generazione che la Gelmini non considera è quella che in Francia ogni tanto mette a ferro a fuoco la banlieue: forse perché li hanno integrati troppo, ragazzacci viziati).

Insomma, sul piano pratico, cosa succederà? In alcune aree metropolitane i presidi si scambieranno un po’ di iscrizioni alla prima classe, onde evitare i “ghetti”. Il che è relativamente facile, ora che sappiamo cos’è un “ghetto” per la Gelmini. Un “ghetto” è una classe con più di uno straniero su tre. Siccome si va verso una media di trenta studenti per classe, se undici sono nati all’estero, è ghetto. Se sono solo dieci su trenta, no, non è ghetto. Se dieci sono nati all’estero e altri venti sono bengalesi nati in un ospedale italiano, tutto ok! Probabilmente si sente fragranza di curry da tre isolati, ma per la Gelmini non è un ghetto.

Non so se vi rendete conto della portata di questa riforma. Da decenni in tutta Europa sociologi, pedagoghi e quant’altro si dedicano al problema dell’integrazione nelle scuole multietniche. Poi arriva il ministro Gelmini, e in poche ore risolve il problema: per legge. Da qui in poi se sei nato in Italia sei integrato. Fine. Il tuo compagno nato a Mumbai che vive qui da tredici anni e non sa parlare l’hindi potrebbe porre dei problemi d’integrazione, e quindi rientra in una quota stranieri: tu no, anche se vivi in un sotterraneo con la tua famiglia di cucitori cinesi e in otto anni di scuola dell’obbligo non hai ancora imparato a formulare una frase in italiano. Però sei dei nostri! Ce l’hai scritto sulla carta d’identità: nato in Italia! Come? No, non è valida per l’espatrio. Perché non sei cittadino. Sei dei nostri solo quando ci fa comodo. Per esempio, quando dobbiamo dimostrare all’Elettore Leghista Medio (d’ora in poi ELMO, per comodità) che gli abbiamo risolto un problema.

Quando poi Elmo si renderà conto che l’abbiamo fregato… quando suo figlio si ritroverà nella classe odorosa di curry di cui sopra… beh, probabilmente darà la colpa alla sinistra. Alla sua politica dell’accoglienza indiscriminata. Hanno rovinato questo Paese, maledetti.
Comments (31)

Anonymous wrote ...
come insegnante di ruolo di una scuola media di un centro città del nord, confermo il tasso altissimo di 'stranieri' nati e non nati in italia.
1/16/2010, 11:43:00 AM

Leonardo T wrote ...
Io eviterei di intellettualizzare eccessivamente la puzza. Non è che a un 11enne che non vuole stare vicino al compagno che puzza gli citi Hobbes e gli passa. Che ci siano motivi economici oltre che culturali non lo ignoro (nessuno ha detto che ci sia una razza che puzza alla nascita). Gli odori sono uno dei problemi quotidiani con cui ha a che fare chi vive in una società multietnica. E ironizzare sull'"educato olfatto degli italiani con pedigree" (annusalo te, un preadolescente al curry alle otto del mattino) non risolve un bel niente.

Mondoalbino, io non ho mica capito di che casi limite stai parlando. La proposta Gelmini, magari, riguarda casi limite con una presenza del 30% di iscritti stranieri. Negli altri casi (più del 90%) non cambierà nulla di nulla di nulla. Esattamente come la sinistra, dici tu.

Però la sinistra lo avrebbe fatto consultando le categorie, la destra no. Mi sembra che il senso del tuo intervento sia tutto qui: l'importante non è cambiare qualcosa (la Gelmini non lo fa), ma scontentare le categorie. Non le azioni, ma l'arroganza.

"Almeno la Gelmini agisce". No. Non agisce. Chiama le cose in modi diversi, questo è il suo modo di agire. Quando si scopre che qualcosa non va (es., troppe insufficienze) cambia la semantica (d'ora in poi li chiami "cinque" e in giugno li trasformi in "sei"). Troppi stranieri in classe? No, non è vero, se sono 10 su 30 non sono troppi. Fine. Durante il percorso, tra l'altro, non credere che lei non colga l'occasione per ingrassare i suoi, di consulenti, che tuttavia ti fanno meno rabbia di quelli di sinistra perché... boh.
1/15/2010, 5:45:00 PM

Anonymous wrote ...
pretendere una conveniente concentrazione di manodopera e allo stesso tempo desiderare che questa forza lavoro si diluisca con ordine, si mimetizzi e non si faccia notare/annusare negli altri ambiti della vita sociale è un delirio che supera tutte le concezioni tayloriste e fordiste del passato.
tornando agli odori sgradevoli per l'educato olfatto degli italiani con pedegree,
potremmo chiederci se tante volte non siano le condizioni degli abituri in cui risiedono le famiglie, per scarsa circolazione di aria e promiscuità tra letti e angolo cottura, a favorire il fenomeno.
(posto che, ribadisco, la puzza che sento, messa in prospettiva, è in sostanza la mia paura del contagio. lo dice da qualche parte thomas hobbes, purtroppo non posso riferire citazione precisa).
elmyr
1/15/2010, 11:08:00 AM

Anonymous wrote ...
Premetto: sono di destra ma non mi piace per nulla questa legge.
Comunque sia, ci fosse stata la sinistra al governo a mio avviso il problema sarebbe stato affrontato nel seguente modo:
1) sentite tutte le parti politiche della coalizione di maggioranza, con particolare attenzione a non pestare i piedi alla sinistra estrema ne' alla parte teodem
2) sentite tutte le categorie interessate: genitori, figli, stranieri, figli di stranieri, insegnanti, presidi, bidelli, sindacati.
3) fatti studi di settore, guardato a come affrontano il problema all'estero, ecc. ecc. ecc.

Si sarebbe deliberato Nulla, lasciando il problema irrisolto di alcune classi "ghetto" (che brutta parola) in certe aree del paese. In compenso, si sarebbe ingrassato il culo qualche consulente amico del partito X o Y.

Almeno la Gelmini agisce, poi nelle azioni di un politico si puo' sempre trovare la falla: nessuna legge e' perfetta (tantomeno questa, che -ripeto- non piace neanche a me). Ma sempre meglio del "fuc*ing around" della sinistra, almeno dal mio punto di vista.

Poi, ripeto, se vuoi tirar fuori i casi limite e criticare si puo' fare con qualsiasi legge e qualsiasi ministro della storia. Un po' di serieta', suvvia.
1/15/2010, 10:02:00 AM

Anonymous wrote ...
La cosa dell'odore è vera e effettivamente se l'indiano è uno si sente di meno. L'altro giorno nell'autobus sono saliti 5 piccoli indiani e la concentrazione era notevole, andrebbero sparpagliati
1/15/2010, 1:33:00 AM

Anonymous wrote ...
Condivido il tuo punto di vista che se la quota è troppo alta non serve a niente.
Ma la reazione di moltissimi è stata tipo:
quota? mmmh cattivo, segregazione, mmmh
Quasi un riflesso condizionato acritico verso certe parole. In realtà non è la quota in sé che non va bene, anzi! E' la sua applicazione.
La quota se ben gestita previene la segregazione invece di crearla (oltre a favorire l'integrazione e l'apprendimento).

Gianni
1/14/2010, 3:42:00 PM

Filippo wrote ...
quoto elmyr. l'odore sgradevole non ha bandiera.
nella libertà di ciascuno.

e poi nella mia storia scolastica ho avuto esperienze di compagne albanesi, nate a durazzo, una delle quali mi ha sempre superato in grammatica (sia alle medie che alle elementari) pur essendo arrivata in italia a 6 anni. e, insomma, a capire la differenza tra congiuntivo passato e congiuntivo imperfetto ci ho messo parecchio più di loro.
l'altra, N, è arrivata in 4^ elementare e neanche un anno dopo parlava perfettamente la nostra lingua. si è fatta fino alla 3^ media con noi e ora vive a Detroit e ci sentiamo qualche volta su facebook. parla perfettamente tre lingue.
i casi sono tremendamente soggettivi.
il criterio di divisione non può assolutamente basarsi sul luogo di nascita.
1/14/2010, 3:03:00 PM

Leonardo T wrote ...
Se al decimo spezzi un braccio (e magari gli monti una protesi italiana) siamo ancora in quota.
1/14/2010, 2:40:00 PM

Anonymous wrote ...
Dieci su trenta sarebbe sempre ghetto (33.333...%): al massimo nove, ma secondo me Marystar uno in piu' te lo concederebbe se li disponessi in aula secondo le regole del problema delle 8 regine.
1/14/2010, 1:34:00 PM

Mammifero Bipede wrote ...
A me sembra che ad un problema di tipo culturale, la padronanza di una lingua, si sia data una risposta su base razziale che il problema non lo affronta né lo risolve.
Complimenti!
1/14/2010, 1:08:00 PM

Leonardo T wrote ...
ops.
1/14/2010, 12:55:00 PM

Anonymous wrote ...
"pedagogi"?
1/14/2010, 12:44:00 PM

Anonymous wrote ...
caspita gli indiani puzzano così tanto da farti vomitare?
e che fai, se ti capita un viaggio in india, rischi la morte per disidratazione?
mik
1/14/2010, 12:22:00 PM

Leonardo T wrote ...
Allora, forse mi sono sbagliato a parlare di oggettività. Ma ti garantisco che se in una classe sentissi un forte odore di aglio, o braciole, o fritto, prima o poi ne parlerei. Parlo di tutto.

Ma non mi è capitato.
Invece mi è capitato (non una volta) di provare l'urto del vomito quando sentivo un odore che, boh, non sono nemmeno sicuro sia curry, e se lo è, lo è alla massima potenza.

Vivere in una scuola con molti studenti di origine straniera è così. Francamente non fa molta differenza se siano nati qui o là: però il dato olfattivo non è da sottovalutare o censurare. I bambini tra loro si annusano.
1/14/2010, 11:40:00 AM

Zoe wrote ...
Leonardo, con i tuoi post bisognerebbe riempire dei tazebao e appiccicarli in giro su ogni muro di ogni città.
Come dici? I tazebao sono roba che non si usa più?
Ah gia!
1/14/2010, 11:27:00 AM

Anonymous wrote ...
il curry è oggettivo come l'aglio, le braciole, il fritto, il cavolfiore. quello che non è oggettivo è la suscettibilità selettiva delle narici. a ogni fetenzia biologica o petrolchimica siamo avvezzi in città, tranne a quelle che segnalano la presenza di una famiglia di tunca tra i nostri dirimpettai. nella civiltà in cui i generi alimentari sono trasformate in prodotti integralmente culturali, inventati, ibridati e importati dai quattro angoli del mondo, se posso fare la spesa all'esselunga e comprare gli spaghetti di soja o la papaya, oppure ingerire i big mac e il contenuto cubista di quegli spaventosi bustoni quattro salti in budella, le prefiche anti-curry proprio non le capisco.
elmyr
1/14/2010, 11:19:00 AM

andrea wrote ...
in più, secondo la gelmini, la soglia può essere modificata (elevata) nel caso vi siano dei ragazzi stranieri che però hanno sufficienti competenze di italiano, il che è relativamente frequente soprattutto tra i più grandi (certo poi bisogna vedere come vengono valutate queste competenze..)... mentre tra i più piccoli, dati caritas, il 70% dei ragazzini "stranieri" iscritti all'asilo è nato in italia, e la percentuale è in crescita.

quindi per un requisito o per l'altro il provvedimento non esiste... per fortuna, visto il semplicismo con il quale è stato proposto giusto per strappare qualche titolo di giornale.. piuttosto che parlare di razzismo, vale la pena di puntare sull'incompetenza assoluta di questa gente!
1/14/2010, 10:11:00 AM

Leonardo T wrote ...
Guarda, in molti casi sarà anche razzismo, però certe volte il curry è un dato oggettivo.

Non sono precario e non lavoro nell'estrema periferia - (peraltro gli stranieri vanno spesso ad abitare nei centri storici). Nella mia zona gli studenti stranieri (la maggior parte dei quali ormai sono di 2a generazione) sono molto meno del 30%, e tuttavia restano concentrati in poche classi. E il tetto della Gelmini non cambierà nulla, anzi confermerà che una classe di 30 si può riempire di ben 10 stranieri appena arrivati e rimanere una classe accettabile.

A quello che sta "ancora aspettando" una proposta alternativa (a 10 ore dal mio pezzo, una pazienza di Giobbe): guarda, ho scritto sopra che l'idea dei tetti sarebbe anche ragionevole, ma che dovrebbero essere studiati a livello regionale e provinciale (provveditorati), non nazionale: e che si dovrebbero indicare gli stranieri sulla base del luogo di nascita, perché un turco nato ad Ankara e trasferitosi in Italia subito dopo senz'altro parlerà meglio italiano di un cinese nato a Prato, trasferitosi in Cina e appena rientrato dopo dieci anni (esistono persone che fanno una vita così). L'ideale sarebbe accertare le competenze linguistiche nei primi giorni delle elementari.

Questo non si fa, perché sostanzialmente non puoi andare in prima pagina sui giornali nazionali proponendo una riforma del genere. Sui giornali ci vuole il titolone, e il titolone dice: "Gelmini, tetto del 30% agli studenti stranieri".
1/14/2010, 9:49:00 AM

Anonymous wrote ...
sulla distribuzione degli alunni stranieri si potrebbe anche ragionare, ma con qualche criterio incrociato oltre a quello della percentuale. se ad esempio parliamo di sperdute comunità montane come quelle a cui leonardo si riferisce, costringere gli alunni a prendere la corriera e a displuviare oltre il necessario per distribuirsi armoniosamente tra i paesini sull'altro versante del crinale mi parrebbe una cazzata.

una cosa di cui francamente ho pieni i coglioni sono le osservazioni sull'odore di curry. tutte le volte che alla tele si blatera di immigrazione e convivenza, questa bazza razzista salta fuori. non si respira, oddio il curry mina la nostra identità gastronomica, gli abitanti del quartiere non ce la fanno più. appartiene al genere di osservazioni come le stronzate sul presepe, un zavaglio che ingombra il campo della discussione imho. io sento anche le stantie fritture o i bastoncini di pesce dei miei vicini autoctoni, per non parlare delle grigliate allestite in balcone che puzzano di nafta e olocausto; come mi infastidisce sentire dalle loro finestre biagio antonacci sparato a tutto volume.
elmyr
1/14/2010, 9:08:00 AM

Anonymous wrote ...
sto ancora aspettando la proposta alternativa dopo le critiche al disegno Gelmini espresse in questo post
1/14/2010, 8:51:00 AM

Giuseppe Savo wrote ...
Non trovo nessuna contradizione O___o

è evidente che leonardo è un precario, in quanto precario può solo aspirare a scuole nell'estrema periferia o comunque "difficili", dove oltre ai precari ci sono anche un sacco di stranieri e figli di stranieri.

A chi auspica una rimpatriata di tutti, auguro di avere a che fare quanto prima con il walzer delle badanti, in modo da fargli capire che un paese di vecchi (anche un bel po' rincoglioniti) è un paese senza futuro.
1/14/2010, 1:22:00 AM

Leonardo T wrote ...
Sì, la quota è una bella idea, esattamente come il limite di velocità. Ma se è troppo alta non serve a niente.

Metti che tu abbia 60 stranieri su 10 classi: potresti metterne 6 per classe. Ma la "quota Gelmini" ti consente di metterne 10 in sei classi e lasciarne libere altre 4.
1/14/2010, 12:31:00 AM

Anonymous wrote ...
Una quota del 30% di stranieri? Perché secondo voi in Italia c’è uno studente straniero ogni due italiani? A meno che non siate affezionati lettori di Giornale e Padania, sapete benissimo che la quota di stranieri non è così alta da nessuna parte in Italia.

vs.

Le classi in cui insegno oggi sforano allegramente il 30% di stranieri. E non sono classi semplici, per inciso. Ma se conti soltanto quelli nati all’estero… ecco che rientra tutto nella norma.

??????


A parte la cazzata dei nati in italia che non concorrono alla formazione 30%, a parte che sono ben altri i problemi... etc. etc.
mi sembra che stabilire un limite (quota) non sia per niente una cattiva idea. Ad esempio potrebbe prevenire le tentazioni segregazioniste di alcuni presidi. Oltre che aiutare a creare un ambiente più idoneo all'apprendimento della lingua (straniera) per gli studenti stranieri.

Gianni

ps. a quanto pare concordo con Federico
1/14/2010, 12:06:00 AM

Ombudsman wrote ...
Non sono d'accordo soltanto con un piccolo detaglio: <>. Semmai sono i genitori italiani a non voler i propri figli in una classe con troppi stranieri.

(Sì, ho appena letto il post "la scuola di Pippo"; é che il concetto espresso il quel post non é stato chiarito qui.)
1/14/2010, 12:03:00 AM

Leonardo T wrote ...
No, è che forse mi sono spiegato male.
In Italia è rarissimo trovare quartieri o comuni con il 30% di bambini stranieri: questo significa che, se volessimo distribuire uniformemente gli stranieri per classe (il che sarebbe secondo me auspicabile) potremmo tranquillamente spargerli in percentuali molto, molto inferiori al 30%.

Ma questo non accade. Gli stranieri finiscono ammucchiati in alcune sezioni (è un meccanismo che ho descritto qui.

Per questo motivo avrebbe senso fissare dei tetti (a livello locale, però, perché ogni territorio ha le sue situazioni: invece i leghisti, quando comandano, sono accentratori come pochi). Ma il tetto del 30% a livello nazionale è una presa per il culo. E' come se il Ministro dei trasporti proponesse un limite dei 200 in autostrada.
1/13/2010, 11:43:00 PM

Anonymous wrote ...
Ma perchè non si toglie pure il 30% e si mandano tutti via?
1/13/2010, 11:39:00 PM

toyg wrote ...
federico, hai dimenticato il "paesino montano abbandonato dai nativi e ripopolato dagli stranieri (ce ne sono a nord come a sud)"... spesso non e' necessario che sia montano, peraltro, semplicemente paesino, ai margini.
1/13/2010, 11:22:00 PM

Pietro wrote ...
In materia scolastica ti considero una specie d'oracolo, mi fido ciecamente.
1/13/2010, 11:04:00 PM

federico wrote ...
scusa ma non c'è una contraddizione tra dire
"sapete benissimo .. qualche bassifondo metropolitano" e "le classi in cui insegno io sfiorano tranquillamente il 30° di stranieri"?

(non riesco a copiaincollare: sono l'unico che ha questo problema?)
1/13/2010, 11:03:00 PM

Anonymous wrote ...
Sono di destra e non sempre apprezzo quello che leggo su questo blog. Ma quando parla di scuola è fenomenale! Complimenti: conciso, chiaro, dritto al punto.

Giglio
1/13/2010, 10:28:00 PM

metropoleggendo wrote ...
lasciamo pure che ELMO si beva la grande riforma. se almeno tutti i provvedimenti di questo governo fossero solo inutili e stupidi come quelli della gelmini...
1/13/2010, 10:17:00 PM

Identità è una statuetta pitturata

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Presepi viventi, presepi morti

Una cosa che non ho ancora capito, malgrado il meritevole sforzo dei giornalisti accorsi a Rosarno, è se questi immigrati clandestini, che raccolgono pomodori a venti euro la giornata, dormendo su giacigli di cartone in compagnia dei topi, e ogni tanto si prendono pure qualche pistolettata dai locali... dicevo: una cosa che non ho capito è se siano musulmani o no.

Ed è strano, perché fino a ieri mattina sembrava l’unica cosa importante, quando si parlava di stranieri in Italia. Qual è il motivo per cui non si integrano? Forse perché vengono pagati una miseria? No. Perché vivono in condizioni disumane? Macché. Il motivo per cui non si integrano – almeno a sentire i più prestigiosi corsivisti del Corriere – non ha niente a che vedere con queste banali condizioni materiali. È un motivo ben più alto, spirituale. Insomma, è Allah. Tant’è vero che, come dice Sartori, solo i musulmani rifiutano di integrarsi.

Gli altri si integrano benissimo, no? Prendi i cinesi. Chi di voi non ha un amico cinese. Son così simpatici i cinesi, e si sono integrati così bene. Quel loro modo così occidentale di comprare rustici in campagna, chiuderci dentro una ventina di cottimisti e farli lavorare giorno e notte… in fin dei conti è anche quello un modo per integrarsi, no? Perché alla fine dei conti quelli che gli danno le commesse sono imprenditori italiani, no? E i rustici, in campagna, o i garage in via Sarpi, chi glieli vende?

Ma il musulmano non fa così. Il musulmano ha delle brutte abitudini. La preghiera del venerdì. Il Ramadan. Vade retro. Sono tutte manifestazioni del suo rifiuto ad integrarsi. Ed è per quello che protesta.

Non vuole garanzie, non vuole diritti, no, lui vuole di più. Il musulmano vuole attentare alle nostre radici, punto e basta. Lo scriveva anche ieri Panebianco. I neri di Rosarno non avevano ancora smesso di prendersi le pistolettate, e Panebianco sul Corriere aveva già individuato i responsabili. Sapete di chi è colpa se c’è una rivolta a Rosarno? Non ci credereste mai, sono gli intellettali liberal, “(e cioè politicamente corretti)”. Siamo noi che li abbiamo invitati qui. O credevate che fuggissero da una carestia mondiale, seguendo inconsapevolmente, in quanto offerta di manodopera a basso costo, un principio del libero mercato?

No, probabilmente essi vivevano beati nei loro tucul africani finché noi intellettuali liberal “(e cioè politicamente corretti”) abbiamo bombardato i loro pacifici villaggi con copie gratuite di Micromega. Costringendoli a venire qui. In cerca di condizioni migliori? No. Quello che veramente li ha spinti sulle nostre belle spiagge è il desiderio di toglierci le nostre belle tradizioni, a cominciare, indovinate… dalle statuine del presepe.


Proprio così. Il giorno che ricorderemo come l’inizio della rivolta di Rosarno, Panebianco dedica un capoverso del suo atto di accusa a quelle scuole (cinque? Sei? Fossero anche una dozzina?) che per risibili questioni di integrazione non hanno fatto il presepe. Altro che topi nelle baracche: il presepe. È quello il problema, secondo Panebianco.

Ci sono educatori (è inappropriato definirli diseducatori?) che hanno scelto di abolire il presepe e gli altri simboli natalizi, lanciando così agli immigrati non cristiani (ma anche ai piccoli italiani) il seguente messaggio: noi siamo un popolo senza tradizioni o, se le abbiamo, esse contano così poco ai nostri occhi che non abbiamo difficoltà a metterle da parte per rispetto delle vostre tradizioni. Intendendo così il rispetto reciproco e la «politica dell'integrazione», quegli educatori contribuiscono a preparare il terreno per futuri, probabilmente feroci, scontri di civiltà.

Voi capite, il bimbo musulmano che non fa il presepe comincia a pensare “ehi, non lo fanno per rispetto a me, che mammolette! Non vedo l’ora di crescere e chiedere l’abolizione degli spaghetti! Oggi il presepe, domani il festival di Sanremo!” Ecco, nel cervello di Panebianco (e dei suoi lettori) il futuro probabilmente feroce scontro di civiltà scoppierà così. Non saranno neri derelitti che escono dalle loro tane puzzolenti e chiedono di essere rispettati per il lavoro che fanno: no, saranno adolescenti arroganti perché da bambini non li abbiamo esposti alla miniatura di Bue, Asinello e Bambino Gesù.


E lasciamo da parte ciò che possiamo solo immaginare: cosa essi raccontino, sulle suddette tradizioni, nelle aule, ai piccoli italiani e stranieri.

Già, chissà cosa raccontano. No, sul serio, cosa raccontano? Che la polenta è un cibo demoniaco? Che la pizza in realtà è un’invenzione africana? Che il campionato italiano di calcio ultimamente è una palla tremenda? Sia come sia, quello che succede a Rosarno è anche colpa loro. Ovvero, nostra. Insomma, mia. Soltanto mia? Eh, no, troppo facile. Panebianco, sapete, non è uno che si nasconde: e ha il coraggio (notevole, diciamo, per un corsivista del Corriere) di prendersela con una categoria molto meno toccabile: i preti.

Questi preti che invece di pensare alle tradizionali statuette, si dedicano all’accoglienza del loro prossimo. Questi preti che sfamano chi è affamato, dissetano chi è assetato, alloggiano chi è sfitto, curano chi è malato, ma che razza di cristiani sono? Pensassero di più a collocare il Bue e l’Asinello e meno alla cura di ‘sti maledetti samaritani a venti euro la giornata, che tolgono lavoro agli schiavi italiani.

La prossima volta che vi friggono un discorso a base di paroloni come Identità o Tradizione, pensate, per favore, al presepe di Panebianco. Secondo lui i preti sono "troppo accoglienti": da un punto di vista razionale potrebbe avere anche ragione, qualsiasi spazio limitato non può accogliere tutti, e l'Italia non fa eccezione. Ma i preti non sono razionali: sono preti. Se accolgono tutti indiscriminatamente, è perché glielo ha detto Gesù, a chiare lettere, nel Vangelo. E quando a saper leggere il Vangelo erano ancora pochi, i preti hanno inventato strumenti come il Presepe, che servivano proprio a ricordare il principio: Giuseppe e Maria erano due viaggiatori senza un tetto, e Dio si è incarnato in mezzo a loro. Prima di essere una tradizione, il Presepe era una lezione sull'ospitalità. Ma Panebianco non lo sa, o se l'è dimenticato, o non gli interessa. A lui interessa il Presepe in quanto tradizione, ovvero statuetta, guscio vuoto che non spiega più niente a nessuno, rimandando solo a sé stesso. E bisogna averne di cose vuote in testa, per vedere le baracche di Rosarno e di non accorgersi di quel che sono: presepi viventi, in mezzo a noi. Che frigniamo se ci toccano le statuette dipinte.
Comments (54)

Anonymous wrote ...
Ho una teoria opposta e complementare alla tua, secondo me in italia son arrivati tutti questi migranti proprio per scappare ai bombardamenti di micromega (No ti giuro è una immagine da incubo, micromega che cade dal cielo, ce n'è abbastanza da non dormire questa notte o da scappar via lontano) :D
1/18/2010, 10:18:00 AM

Lorenzo L. Gallo wrote ...
Sono sconvolto da alcuni dei commenti qui presenti. Al tuo pezzo c'era solo da rispondere bene bravo bis, i commenti contrari sono tremendamente pretestuosi, pieni di insulti e poveri di argomenti, tutti basati sul fatto che la sinistra (cioè chiunque in Italia pensi che la propria testa) ha torto e che la destra deve rimediare agli enormi guasti prodotti dalla sinistra. Un argomento così palesemente falso da chiamare in causa il senso del ridicolo. Io non sono una persona di sinistra, sono una persona perbene.
Tra l'altro, prendo ad esempio fra tutti, il fatto che uno scriva: "si leva il crocefisso perché in classe ci sono quindici immigrati". No, si leva il crocefisso perché siamo una repubblica occidentale e non l'Iran; da noi non c'è religione di stato.
Anche io che sono cristiano (ma non cattolico) avverto il peso del crocefisso cattolicista e, da educatore, il giorno che la mia università affiggerà il crocefisso in classe, smetterò di insegnare.
Ma forse sono negro anch'io e nessuno me lo aveva detto, o forse per l'anonimo di cui sopra sono "negri" o almeno "stranieri" tutti gli italiani non cattolici.
Lorenzo LG
1/14/2010, 1:50:00 PM

Leonardo T wrote ...
Quello non era l'editoriale di Panebianco, era quello, ahinoi, di Sartori.
1/14/2010, 11:36:00 AM

EP wrote ...
L'editoriale di Panebianco toppava in pieno sulla tempistica della presenza islamica in India, confondeva buddhisti e induisti, dava agli Indù dei "paciocconi" e sosteneva che erano pronti a integrare Maometto nel loro pantheon (falso), considerava virtuosa e inevitabile la decisione (britannica) di dividere India e Pakistan e ignorava totalmente il fatto che, nonostante scontri anche gravi (in cui spesso e volentieri i musulmani sono stati vittime) in India la convivenza è quotidiana e consolidata (ben 3 presidenti erano di religione islamica).

Considerarlo una fonte autorevole per dire che "Non c'è mai stata integrazione" non manderà il dibattito molto avanti.
1/14/2010, 11:08:00 AM

mozart2006 wrote ...
Ho sentito tante volte raccontare la storia della sinistra che "fa entrare cani e porci" e non ho MAI trovato nessuno che la circostanziasse con dati, statistiche, analisi di leggi effettivamente emanate dal centro-sinistra.
A me invece risulta che la Bossi-Fini sia in vigore dal 2001. Da allora, il c.s. ha governato per soli due anni.
Volete dare la colpa al "lassismo della sinistra" fino alla fine di questa legislatura nel 2013? O fino al 2018, già che ci siamo? Quando è previsto che la destra al governo scopra il senso del ridicolo, nel 2023?

Il problema di Rosarno (e di Castel Volturno appena l'altro ieri) non è l'immigrazione (non mi pare che ci siano rivolte tra gli stranieri che raccolgono mele in Trentino Alto-Adige o lavorano in fabbrica nel trevigiano, con regolare permesso di soggiorno e vivendo in alloggi dignitosi), ma l'illegalità, lo sfruttamento, la violenza, la criminalità organizzata.

Tutte cose però che secondo la maggioranza sono un'invenzione degli sceneggiatori della Piovra. Così non si va da nessuna parte.
1/12/2010, 8:51:00 PM

Giuseppe Tripodi wrote ...
complimenti davvero per l'articolo.

ho scoperto il tuo blog tramite la mia ragazza che ti condivide su facebook e adesso ho capito perché lo fa (e ho condiviso il pezzo anch'io).

con i bombardamenti di micromega e l'abolizione del festival di sanremo mi sono fatto due risate, con la parte finale sul significato del presepe mi sono ritrovato ad annuire col capo senza neanche rendermene conto.

un saluto, tornerò a leggerti molto volentieri.
1/12/2010, 5:16:00 PM

Anonymous wrote ...
ma com'è che i neri improvvisamente sono ritornati universalmente "negri"?
1/12/2010, 1:53:00 AM

Anonymous wrote ...
Mah, io ho visto questa vicenda di Rosarno dipinta con tinte romanzesche, i 2 fulcri del problema sono questi :
1) Non c'è lavoro in quelle zone, neanche cogliere le arance conviene più
2) I clandestini non possono più stare in Italia , la legge è chiarissima e non c'è bisogno di ripeterla . Senza il criterio della territorialità , lo Stato, la stessa idea di Patria non esisterebbe.

Ah comunque l'articolo di Panebianco è vero quanto banale , mi meraviglio che abbia scatenato tutte queste reazioni . E' un problema serio questo dell'immigrazione . Lasciatelo risolvere alle forze dell'ordine, ai Militari e al Governo , questa sinistra italiana (ed europea aggiungo) non ha più la forza di imporre nulla al Popolo . Come scrisse Nietsche , "gli istinti che non si scaricano all'esterno, si ritorcono all'interno" . Lasciate il Popolo di liberare i suoi istinti migliori. Il Popolo sbaglia quando spara o caccia i negri senza chiedere aiuto allo Stato, ma bisogna chiedersi anche perchè il Popolo ha liberato i suoi istinti..... Il mondo dai tempi dell'antica Grecia è da sempre formato da 2 enormi fazioni : razionalisti e irrazionalisti . Al momento prevaliamo noi e non solo in Italia. Fatevene una ragione. Saluti dalla Puglia .... p.s. grazie per la non censura, sei il primo di sinistra che non mi censura , davvero ;-)
1/12/2010, 1:30:00 AM

Leonardo T wrote ...
Credere di avere la verità in tasca al massimo è *superbia*, *spocchia*, chiamala come ti va: non è *razzismo*.
Sparacchiare ai negri accampati dai sorci, fidati, è *razzismo*.
Scriverlo è *franchezza*.
Prendersela con chi lo scrive perché sono di sinistra e credono di aver la verità in tasca è *non avere argomenti, ma proprio non averne mai avuti, al punto di non sapere nemmeno come sono fatti da lontano*.
1/11/2010, 11:18:00 PM

Anonymous wrote ...
Sono Pugliese di Bisceglie, provincia di Barletta. A Rosarno i locali si sono semplicemente ribellati all'illegalità diffusa , poichè un clandestino non può semplicemente stare in Italia al di là del fatto se lavora o no, se viene sfruttato o no e se si integra o no . Aggiungo anche che qui non centra niente nord e sud , infatti io potrei dirvi che la mia Puglia è il paradiso terrestre rispetto a certi posti lì in Calabria . Se la Calabria è agli ultimi posti in tutto , è colpa di tutti e cioè Stato , Calabresi stessi e politici locali . Credo che i veri razzisti stiano a sinistra poichè pensano di avere la verità in tasca e si credono custodi della morale (la loro)
1/11/2010, 7:32:00 PM

primaldo wrote ...
Da meridionale mi vergogno:
mi vergogno per gli amministratori locali, provinciali e regionali;
mi vergogno per le associazioni cattoliche e laiche;
mi vergogno per i meridionali tutti eletti ed elettori;
mi vergogno di me stesso
e vergognatevi anche voi che leggete articoli di persone inutili come Panebianco
1/11/2010, 11:59:00 AM

Nishanga wrote ...
@disgustoso-talentuoso
io che sono femmina e antica, oggi penso che il giusto tempo per ogni cosa sia utile e che ci voglia del genio per dominare il caos.
Evidentemente non è il caso di Sartori, e quì il suo punto di vista da inamovibile anziano lo dimostra;infatti, se da cronista sgambettasse ancora, lo avrei invitato a fare due passi sotto casa mia
www.flickr.com/photos/nishanga/2145625725/in/set-72157603596696221/
così,giusto per amore di cronaca, per fargli godere il surrender berliner e alla fine evitargli una figuraccia.
piesse // gli apprezzamenti del tuo nonno materno sono evidentemente comprensibili ma, la prossima volta, rispondi tu
1/11/2010, 11:02:00 AM

Anonymous wrote ...
Identità, libertà, dignità ...

Spacciatori di identità. Merce contraffatta, surrogato di massa dell'identità individuale, che torna sempre più ad essere privilegio di pochi.

Annegare l'identità individuale in quella di massa è il grimaldello per poter attentare anche alla libertà e alla dignità individuale.

Non ci può essere libertà e dignità in una società animata da un unico modello identitario, che magari si vorrebbe anche adeguatamente stratificato, a maggior vantaggio di chi occupa gli strati superiori. Ma che? Vogliamo tornare all'800?

Non commettiamo l'errore di pensare agli sfruttati di Rosarno come totalmente altri da noi, rappresentano una finestra su un nostro possibile futuro, quello che avremmo se, come popolo, continueremo lasciar decadere dignità, libertà e identità individuali.
1/11/2010, 5:19:00 AM

Matteo Veronesi wrote ...
E' vero, i manifestanti (o i ribelli) di Rosarno non sono integrati. Non lo sono, e non possono esserlo, perché sono, direbbe Agamben, "nuda vita", massa critica e acritica, "animale pazzo", come Guicciardini diceva del popolo, della massa (che è per definizione mobile, multiforme, abbandonata alla propria inerzia).

Si ribellano perché non hanno nulla da perdere, nemmeno le catene (come si diceva un tempo degli operai), che non hanno, perché potrebbero fuggire o sparire in ogni momento, e nessuno se ne accorgerebbe, e nessuno li andrebbe a cercare.

Ma, proprio per questo, è da loro che può venire il primo segno di un cambiamento. Nulla potrebbe abbattere la criminalità organizzata, se non un'insurrezione popolare. "Se la gente si ribella, per noi è finita", diceva, testualmente, un boss mafioso in una telefonata intercettata.

Certo, gli immigrati che si ribellano (nella provincia più degradata dell'Italia come nelle banlieues o negli slums delle metropoli, ma in ogni caso in un contesto di marginalità, deriva, provincia sperduta, desolata, senza nome né coordinate) mancano - si potrebbe dire in termini marxisti - di coscienza di classe, non sono ancora una forza storica, un blocco storico: il loro è un moto spontaneo, istintuale, quasi animalesco.

Del resto, l'immigrato si ribella (vuole e può ribellarsi) ad una società e ad un contesto dominati dalla malavita proprio perché non ha nulla da perdere - mentre chi fa parte, a vario titolo e a diversi livelli, di quel sistema perverso, dall'usciere e dal netturbino e dal necroforo assunti con criteri clientelari o con pressioni malavitose fino al grande boss o al politico colluso, difficilmente si ribellerà in modo così violento e deciso a quel sistema, per quanto iniquo.

Non è certo augurabile che l'Italia si trasformi in un immenso teatro di guerriglia urbana. Ma la vera forza rivoluzionaria, l'unica pronta a sfidare la malavita proprio perché non ha nulla da perdere, e non teme la morte, dal momento che la sua nuda vita nulla vale, è proprio il sottoproletariato suburbano (quello che addirittura Marx disprezzava e riteneva inutile ai fini della causa rivoluzionaria), rappresentato, nell'Italia di oggi, dagli immigrati clandestini.

In questo senso, la rivolta di Rosarno è non dico un segno di speranza (sarebbe un paradosso retorico e vuoto), ma certo un segnale (un "segno di contraddizione") da cogliere e da interpretare.
1/11/2010, 3:18:00 AM

Cristina wrote ...
La tragedia di Rosarno mi ha letteralmente sconvolto, anche se me l'aspettavo da un momento all'altro. Continuo a pensarci e non riesco a prender sonno. Il caso però mi ha fatto scoprire il tuo blog. Sei strepitoso, un'analisi lucida e uno stile pulito, venato di ironica intelligenza. Grazie, adesso posso finalmente andare a riposare...
Cristina
1/11/2010, 12:16:00 AM

Anonymous wrote ...
Che Sartori "ramazzi" la signora è una parola grossa, al max ci farà qualche giochino divertente.
1/10/2010, 9:56:00 PM

Francesca wrote ...
Un pezzo fantastico, complimenti! anche se, purtroppo, siamo in pochi in ridere
1/10/2010, 9:19:00 PM

essere disgustoso* wrote ...
@nishanga
il fatto che sartori scopi una bella donna di 50 anni più giovane non può che far accrescere la mia stima nei suoi confronti. e nei confronti della signora.
quell'articolo sull'islam, invece, proprio no.
e poi, rispetto per l'orgoglio gerontofilo!
1/10/2010, 1:46:00 PM

Anonymous wrote ...
Quello che fa rabbrividire è il modo di scrivere di Panebianco: senza argomentazioni di sorta. Sembra un tema delle scuole medie.

Dove sono le prove di quello che afferma? Dove sono i nomi, i fatti, le statistiche?

Questa è propaganda, non giornalismo.
1/10/2010, 9:49:00 AM

roseau wrote ...
Bellissimo post, grazie Leonardo.
Solo una curiosità. Ma con chi accidenti se la prende Panebianco, quando dice "non ci sono solo preti..."?
Andasse a vedere negli altri paesi, dove i preti, come associazioni di volontariato, sono molto meno presenti.
Una rivolta come quella di Rosarno è scoppiata a Calais qualche mese fa, e lì non c'erano preti conniventi o viscidi cattolici buonisti che avevano la cultura dell' accoglienza indiscriminata.
No. Welcome sarà pure un film paternalistico e con molti difetti, ma è onesto nel mostrare che in Francia la solidarietà proviene da laici come Simon Calment, che spesso oscillano tra pregiudizio e istintiva, calda e imprudente solidarietà verso l'immigrato.
1/10/2010, 1:43:00 AM

Rob wrote ...
A proposito di integrazione; mi viene da pensare che se 'sta crisi non finisce, in un paio d'anni potrei trovarmi nella necessità di emigrare. Non ho grandi specializzazioni, e metti che mi resta solo di andare in qualche paese arabo, a fare qualche lavoro di merda che nemmeno i filippini vogliono più. Il mio arabo fa schifo e riesco a malapena a imparare il ghirigori del nome della strada dove vivo. Cazzo, ma perché devono scrivere all'incontrario? La burocrazia poi è un orrore, pretendono che chieda e firmi documenti dove nemmeno distinguo la linea tratteggiata. Mi guardano pure male per strada, perché oltre che essere infedele e tonto, secondo loro, vesto anche strano. Vorrebbero che mi integrassi. Ma io non ci penso proprio a farmi tagliare il prepuzio, o ad infilarmi quelle ridicole sottane e mettermi a pregare cinque volte al giorno. Voglio mangiare il panettone, invece, anche se non mi è mai piaciuto gran che, e il cotechino che riesco a far venire di contrabbando dall'Ucraina. Non mi avranno mai, giuro. Appena ho soldi abbastanza per aprirmi un bar a Positano, levo le tende. Purtroppo invece soldi niente ancora, e nel frattempo ho pure dei figli. Ma non avranno nemmeno loro. Il primo che sento farmi un discorso in arabo a casa lo prendo a calci in culo: a casa si parla italiano, si guardano le partite del campionato su Sky e le vecchie cassette di Pippo Baudo...
1/9/2010, 10:35:00 PM

Anonymous wrote ...
E' la prima volta che ti leggo. E l'ho fatto senza respirare. Condivido, ed apprezzo la lucidità e il velo di ironia del tuo scritto.
1/9/2010, 10:18:00 PM

marco pontoni wrote ...
Panebianco. Che iattura. E pensare che ho dato anche un esame con lui.
Ricordo una cosa scritta da questo pseudopolitologo nel...1990, credo, cioé alla vigilia della fine del regime di apartheid in Sud Africa. Diceva più o meno che in confronto all'Anc i boeri facevano la figura di irreprensibili liberal ("liberal" in quel caso era usato in un'accezione positiva).
1/9/2010, 9:26:00 PM

Unknown wrote ...
Speriamo per tutti che gli Italiani di fede Islamica, il giorno in cui avranno un peso sulle decisioni comuni del nostro Paese, ricambino il favore...
1/9/2010, 9:08:00 PM

Nishanga wrote ...
@ caro Essere Disgustoso(?!?)
a uno che si fidanza a 85 anni con la badante - in più creativa et craxiana - che mai gli potrai dire? al massimo e solo se ti è caro, gli puoi consigliare di scalare a viagra.Poi però, visto che sei un giovine talentuoso secondo me, puoi correre il rischio di incontrare il disgusto, quello vero
http://www.corriere.it/cronache/09_marzo_05/sartori_innamorato_prignano_56a2190c-096c-11de-84bf-00144f02aabc.shtml
Abbracci a te

Mentre al tenutario del blog, il solito scrosciante applauso!
1/9/2010, 8:52:00 PM

atlantropa wrote ...
Condivido anch'io - e pienamente - l'amarezza per la pochezza di questo spicchio della classe intellettuale; fermo restando che - come ha già osservato qualcun altro - in passato un Sartori ha saputo dire cose sicuramente intelligenti, mentre un Galli della Loggia francamente non saprei.

Però - c'è sempre un però... - quest'epopea di dei incarnati/iti per venire a bazzicare un po' tra le loro immagini e somiglianze - un po' principe&povero, un po' Berlusconi quando parla dei tassisti - ce le devi propinare per forza ogni 3x2?, e poi 'sti preti che accolgono quanti sono?, e - visto che la natura del problema è prettamente economica - lo fanno a spese di chi?
1/9/2010, 7:04:00 PM

Anonymous wrote ...
Ciao Leonardo, scusa se ti do del tu, ma oggi nel leggerti per la prima volta mi sono sentito meno solo, grazie. Gianni Volta
1/9/2010, 4:34:00 PM

Heike wrote ...
La tua capacità d'analisi è devastante.
Come sempre.
1/9/2010, 3:56:00 PM

Anonymous wrote ...
L'analisi ha i suoi meriti, ma...

Qual è il motivo per cui non si integrano? Forse perché vengono pagati una miseria? No. Perché vivono in condizioni disumane?


Certo. Ma perché sussistono queste condizioni? Forse perchè in condizioni di mancanza di diritto, dato dalla clandestinità, l'unico modo per sopravvivere è abbassare la testa ed adeguarsi? Adeguarsi a condizioni disumane, ma che sono comunque migliori di quelle che trovano nei loro paesi?
Il lavoro in nero non è una prerogativa dei clandestini, ma una "tradizione" italiana. Figuriamoci, perfino gli italiani vengono sfruttati al lavoro.
1/9/2010, 3:48:00 PM

Anonymous wrote ...
questo andava pubblicato sull'unità.
tale e quale.

bravo
1/9/2010, 3:34:00 PM

Anonymous wrote ...
questi ultimi 5 anni saranno ricordati come gli anni dei decotti,di stato statura medio bassa,nessun miracolo all’orizzonte ma soltanto ami per poveri pesci,invisibili,pesci volanti,o elettrici dei mari degli abissi,si sguazza dentro la spazzatura (anche il cibo lo è da come viene conservato)panettoni alla farina di segatura,questo ci porterà a sentirci mobili di un arredamento fuori logica forse un rococò pop art,
un bel miscuglio di culi da poltrone ottocento-esche,sulle ali di Matrix?qualcuno sa piegare un cucchiaino con il pensiero?
Avercelo un pensiero.
E anche un cucchiaino.
E’ stranissimo però come in un momento di crisi Totale il silenzio la faccia da Padrone.
La metafora dei morti che avanzano,la rappresaglia civile-
Digitalizziamo l’italia mentre i treni sono sporchi come mai in vita mia ho veduto.
Anche vedere un treno che funzioni è un miraggio.
Compreso il miraggio.
La toilet o meglio il cesso (è sempre rotto).:(
Un paese senza servizi se ti scappa devi per forza entrare in un bar,e spendere 5 euro per un caffè al tavolino,poi fare la guerra con i batteri,che invadono tutto il bagno,sembra una scena del microcosmo sconosciuto. Alien e predator si danno un bacio in bocca,
scocca la scintilla :l’amor globale,l’amor da combricola.
3 PAGINE di giornali dedicate ad un cerotto,mi sembra come se si scrivesse delle bende di tutankamen,finite in lavatrice da un lavaggio,solo,ma non lo sa signora? Se non usa Calfor si allaga la casa!e poi l’acqua va dal vicino di sotto;che vuole fare una causa con avvocati?spendere quei cazzo di euro,che abbiamo sotto il materasso,dove ci dorme il gatto sopra miglior guardia non c’è,
è meglio di un antifurto ad orologeria…frrr frrr
‘’
tutti questi stranieri sa portano malattie,tante,e poi perché a loro danno una coperta e a noi no?
I pomodori non li vogliamo raccogliere è un lavoro massacrante il pomodoro mica aspetta che tu arrivi in mercedes o tre 4 telefonini in testa,la cintura di gucci,la panza bella piena dei ravioli che ha fatto mamma con tanto amore,il POMODORo deve essere raccolto al suo tempo.!
E ci vogliono i contadini che non ci sono più_cioè gli stranieri..che adesso non vendono collanine,ma hanno negozi case ,di proprietà..
E come fanno?
Se non con lo spaccio?
(questo è un discorso tipicamente italiota che non è mio è un riporto—non di capelli)’’

I nostri ragazzi costretti a farsi prendere per i fondelli dai Mercenari del lavoro nero,
nero è bello—
fa trend-
e poi bisogna essere mobili..
mobili quanto?
Quanto una ondata.
O una mareggiata?
BHO?
Sono sei anni che provo a farmi mettere in regola,da italiana -tra un po ho 50 anni se anche lo facessero dovrei lavore fino a 112 anni,preferisco di no,(anche perchè in matematica sono un niente sicuramente ho sbagliato i conti),
ormai mi sono fatta
un idea.dei benpensanti,borghesi.
che poi sono quelli che si scandalizzano dei trans e cose simili.
tanto votano Lui…
lo Spot.
meno male che babbo natale è tornato
a casa sua
dentro la bottiglia.

AmelieAnna
1/9/2010, 3:13:00 PM

mozart2006 wrote ...
Se metto a confronto l'intelligenza di Bossi & C. con quella di Obama, Mandela e Luther King; se metto a confronto il fisico di Borghezio, Calderoli & C. con quello di Bolt, Lewis, Cassius Clay mi chiedo: chi dovrebbe essere razzista?
1/9/2010, 2:34:00 PM

Anonymous wrote ...
A parte il fatto che Giuseppe non era là perché era emigrato, ma perché (Lc 2): "In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nàzaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta." (questo ci dice che a)Giuseppe era egli stesso di Betlemme, non un immigrato b)c'era andato non per bisogno ma per ordine di un'autorità)
L'editoriale di Sartori diceva una cosa precisa: vediamo in giro per il mondo e per la storia casi di integrazione dei musulmani? No. Quando i musulmani diventano maggioranza, cosa succede? Che i non-musulmani cominciano a diventare cittadini di serie B. Questo è successo sempre nella storia. Niente fa pensare che a noi accadrà diversamente. Sartori pensa a cosa potrebbe succedere tra cento-centocinquant'anni in Italia ed in Europa (e poco importa che non ci sarà più nessuno di noi, ma dopotutto anche la lotta al cambiamento climatico non la si fa forse "per il bene delle future generazioni"?): niente più e niente meno di quel che è accaduto in Nordafrica milletrecento anni fa. Erano le regioni di più antica evangelizzazione, sono diventate dar-al-islam in men che non si dica. In Europa finora ci siamo salvati grazie a gente come Carlo Martello, Isabella di Castiglia, Ferdinando di Aragona, i fratelli Altavilla e Jan Sobieski. Ma voi continuate pure a pensare al cambiamento climatico ed ai matrimoni gay.
1/9/2010, 2:25:00 PM

Anonymous wrote ...
Guarda, io a leggere Panebianco ci avevo anche provato, ma dopo il titolo già cresceva la gastrite, poi il secondo paragrafo mi ha stroncato inesorabilmente il fegato e non ho potuto proseguire. Ti ammiro per essere arrivato fino in fondo e per essere riuscito a rispondere così. Chapeau. klo :)
1/9/2010, 2:22:00 PM

mauro biani wrote ...
Me l'ero perso Panebianco. Probabilmente un tentativo -vano- del mio fegato di autopreservarsi almeno un po'. Comunque grazie.
M.
1/9/2010, 2:00:00 PM

andrea wrote ...
pienamente d'accordo, naturalmente. la caccia all'intellettuale liberal lanciata dal corriere è allucinante. Il problema è uno solo: il continuare a confondere la cultura con il folklore. è questa confusione che genera i "gusci vuoti" a cui ci attacchiamo.

è in atto una battaglia tra coloro che vogliono far passare il folklore, le esteriorità vuote e escludenti, come cultura, e coloro (intellettualacci liberal) che ancora ricordano che la nostra cultura sta, prima di tutto, nei principi della costituzione e delle carte sui diritti dell'uomo...
1/9/2010, 1:39:00 PM

Mammifero bipede wrote ...
Grande post!
Come hai ben scritto le tradizioni, nel momento in cui si cominciano a venerare e fin quasi ad idolatrare, diventano gusci vuoti, che si sbriciolano facilmente.
Gente come Panebianco inizia finalmente a realizzare la decennale deriva disumanizzante di questo paese, e prova a farvi fronte con strumenti inadeguati, memorie polverose, fondali di cartone.
La chiave di lettura di ogni commento razzista è "io non so cosa fare", ebbene io penso di saperlo: dobbiamo usare il cervello, spremerlo, pensare e ragionare, le soluzioni escono fuori. Ma, tanto per cominciare, "usare il cervello", ammesso che si sia ancora in grado di farlo in modi e forme adeguati (stante il rimbambimento mediatico cui tutti ci sottoponiamo quotidianamente semplicemente accendendo la tv), rimane faticoso, e spesso frustrante, soprattutto quando qualcuno ci fa notare che stiamo sparando ca**ate a 360°.
In seconda istanza le soluzioni che emergono da questi ragionamenti sono scomode, faticose, destabilizzanti. Immaginiamo di stare discendendo una china (di civiltà), ad un certo punto ci fermiamo (a pensare) ed appare ovvio che le alternative sono due: risalire (che fatica!) o continuare a scendere come fanno tutti gli altri. Generazioni pigre e viziate (tutte quelle dal baby-boom in poi) cosa sceglieranno?

Ognuno/a di noi cerca nel quotidiano di vivere una vita dignitosa, ma quando l'intero sistema poggia sulle spalle, e le sofferenze, di milioni di schiavi, chi può davvero "tirarsi fuori", chi può dirsi innocente?
Perfino star qui a ragionarci su fa male...
1/9/2010, 1:03:00 PM

Pietro wrote ...
Bravo e grazie, fa sempre bene vedere smascherati gli ipocriti farisei.
1/9/2010, 1:03:00 PM

mozart2006 wrote ...
Oggi gli ultimi della società rinunciano all'idea di poter essere difesi dalle autorità e dalle leggi, e iniziano (brutto, pessimo segnale!) a difendersi con le spranghe da coloro che prima li sfruttano, e poi ci giocano al tiro a segno.
Il clandestino fa comodo se salda tubi, raccoglie pomodori, pulisce moccio al naso e lava i piatti in casa. L'immigrato (pelle nera, e, così piace immaginarselo all'italiano fiero divoratore di TV, sguardo ottuso) è un utile servetto, ma non è "pari" a noi, gli si da del tu e non del lei, lo si tratta da eterno ritardato, cinque euro e via, e non lo si saluta per strada perché non si percepisce come "uno di noi" (uno con la nostra dignità). Lui è manodopera, macchina che spazza in terra e lavora nei campi. Non può pretendere di contare. Lui è lì per lavorare e guai se alza la testa. Però come fa comodo se il nonno 'padano' è incontinente o se c'è la fabbrichetta da mandare avanti... perché i ragazzotti italiani imbevuti di Maria de Filippi e discomusic col cavolo che vanno ad accudire l'anziano sbavante e col catetere...
"Itagliani bbravaggente" ai quali i migranti vanno bene solo quando puliscono porcilaie altrui per un tozzo incerto di pane, ma poi, zitti e buoni, dovrebbero rintanarsi nelle loro topaie e non rovinare il panorama o sedersi sulle panchine di Gentilini.
1/9/2010, 12:56:00 PM

rectoscopy wrote ...
clap clap
1/9/2010, 12:47:00 PM

Luca Massaro wrote ...
Penso che se il Corsera ospitasse editoriali come il tuo, non avrebbe avuto bisogno di aumentare il prezzo di vendita e che il direttor De Bortoli avrebbe ricevuto telefonate di complimenti e non di insulti.
1/9/2010, 12:11:00 PM

Anonymous wrote ...
"noi siamo un popolo senza tradizioni o, se le abbiamo, esse contano così poco ai nostri occhi che non abbiamo difficoltà a metterle da parte per rispetto delle vostre tradizioni"????
ma in che italia vive questo qui?!
se c'è un popolo fiero delle sue migliori tradizioni e saldo nel custodirle gelosamente, immodificate in secoli di storia dall'impero romano ad oggi.....beh, questo è proprio il popolo italiano!
in quale altra parte del mondo si continua imperterriti da secoli a praticare tradizioni forti e radicate quali: l'associazione mafiosa, il caporalato, lo sfruttamento del lavoro nero, la raccomandazione, la speculazione finanziaria rapace (parmalat/cirio style), la corruzione pubblica, la nomina senatoriale per cavalli o sottopanza vari..... e sono solo alcuni tra i tanti esempi possibili.
ma davvero qualcuno teme che pochi milioni di musulmani sarebbero in grado di piegare la ferrea resistenza dell'inclito italiano e costringerlo a rinunciare alle tradizioni alle quali è così profondamente legato?
ma valà, ma valà! mi vien da dire.
1/9/2010, 11:39:00 AM

essere disgustoso* wrote ...
sottoscrivo ogni parola.
francamente non so cosa sia successo a sartori. una volta non era così.
1/9/2010, 11:19:00 AM

Anonymous wrote ...
un bellissimo post.
grazie mille. fornisci sempre ottimi argomenti per rispondere alle schifezze che si sentono in giro.

grazie ancora.
1/9/2010, 11:18:00 AM

Atos wrote ...
Leo. grazie.
leggerti aiuta a capire meglio i devastanti effetti dell'ignoranza.
Quella che nasce dal pensare di non esserlo.

Il guaio è che questa ignoranza si sta rivelando da categorie sociali dove meno te l'aspetti : da quelle dove non dovrebbe esserci, per evidenti vantaggi di accesso alla "cultura" e al "sapere".

Purtroppo se ignori tutti gli aspetti di un problema (per pigrizia mentale o per convenienza sociale ), nell'analisi prevale il pregiudizio (facile da usare per la nostra mente più di un copia-incolla da wikipedia) che a sua volta alimenta opinioni grossolane.

E quando alla fine, le opinioni grossolane, sommate diventano "opinione pubblica", vista la qualità delle sorgenti, ti puoi aspettare solo che nascano proposte di soluzioni all'iniziale problema, più draconiane che equilibrate, perchè più facili da capire per chi è ignorante senza saperlo.

E il cerchio si chiude .
1/9/2010, 10:55:00 AM

Gionata wrote ...
In "preparare il terreno per futuri, probabilmente feroci, scontri di civiltà" di Panebianco non so se è più fastidiosa l'espressione "scontri di civiltà" o "preparare il terreno". Forse tutte e due.
1/9/2010, 10:52:00 AM

Anonymous wrote ...
>E lasciamo da parte ciò che possiamo solo immaginare: cosa essi raccontino, sulle suddette tradizioni, nelle aule, ai piccoli italiani e stranieri.
Già, chissà cosa raccontano. No, sul serio, cosa raccontano? Che la polenta è un cibo demoniaco?

no, però testimoniano di un popolo allo sbando, che non ha ormai più una identità e punti fermi sui quali poggiare dai quali partire.
Seriamente: è giusto tutto quello che scrivi, sui preti in particolare, ma mi sembra evidente che da un punto di vista sociale e politico il problema della immigrazione stia sempre più avviandosi ad una catastrofe epocale, e sono necessari correttivi anche drastici.

Voglio dire: se solo venti anni orsono ci vantavamo di essere un paese accogliente, indifferente al colore della pelle, amico di tutti e adesso ci prendiamo a sprangate e diamo fuoco agli immigrati, qualcosa sarà successo?
E' solo colpa di un qualche mefitico influsso destrorso e xenofobo che aleggia sull'europa, oppure la gente che abita negli appartamenti fianco a fianco con le famiglie straniere, i capifamiglia che perdono il lavoro a causa del vicino lavoratore in nero, le persone che vedono interi quartieri delle loro città ormai impraticabili la sera... eccetera, o questa gente, dicevo, non ne può più.

Mi pare evidente che questa gente si incazza e diventa "razzista" (con tante virgolette) quando sente dire che si deve togliere il crocefisso dalla scuola dove il figlio è in classe con quindici stranieri, o il presepe dall'asilo in cui non è riuscito a far entrare il figlio perché in graduatoria c'era prima il bambino immigrato.

Per il resto: possiamo fare tutti i distinguo che vogliamo e tutta l'ironia del mondo sul ghostwriter di Sartori, ma la realtà dei fatti è che la grande maggioranza dei musulmani che sono emigrati nei paesi occidentali non ha saputo e voluto integrarsi nella cultura del paese che li ha ricevuti: tutti i tentativi in questo senso sono stati un fallimento, compresi quelli della "civilissima" (si dice sempre così, in questi casi, vero?) Svezia.

Naturalmente la soluzione non sono le sprangate, e altrettanto ovviamente io non ho idea di cosa si debba e possa fare, ma tapparsi gli occhi di fronte a quello che accade e pensare che si possa andare avanti tranquillamente a subire gli eventi è una follia che condurrà inevitabilmente a problemi giganteschi, comprese le deprimenti soluzioni improvvisate come le rivolte di strada e i linciaggi cui assistiamo oggi.
1/9/2010, 8:49:00 AM

Roberto wrote ...
Dovresti scrivere tu sul Corriere, e non quell'altro. Non servirebbe a nulla, ma io mi incazzerei di meno.
1/9/2010, 8:45:00 AM

Zagabart wrote ...
In effetti a Natale ci pensavo, tutti li alla messa di mezzanotte a celebrare una famiglia di extracomunitari che nessuno voleva ospitare......

Leo, non ti dirò che sei come al solito lucidissimo, perfetto ed implacabile, perchè tanto lo sai da solo.
1/9/2010, 8:38:00 AM

Anonymous wrote ...
Bello, bello, bello. L'immagine del bombardamento di copie di Micromega è strepitosa. Il finale, col presepe "lezione di ospitalità" riesce ad essere profondo con tocco lievissimo. Vai avanti così, sempre lucide e coraggiose le idee e limpida e curata la forma.

Enrico
1/9/2010, 7:12:00 AM

Anonymous wrote ...
Secondo me hai tenuto botta benissimo a questa cosa dell'Unità.it, sei addirittura migliorato. C'hai il pensiero tridimensionale (è il tuo superpotere)
1/9/2010, 4:16:00 AM

eva wrote ...
Mi sento sempre più depressa a leggere articoli come quello di Panebianco e i commenti di chi gli va dietro. E continuo a non capire questo bisogno di attaccarsi alle tradizioni, a questi gusci vuoti, quasi fossero relitti di un naufragio. Se si parte dalla ragionevole idea che uno ha paura di perdere ciò che sente precario, allora questa gente ha talmente tanto vuoto attorno e sotto di sé da attaccarsi a degli sterili brandelli di radici. E allontanare tutto ciò che sta attorno anziché coltivare e conoscere se stessi.

Scusa, ormai riesco solo ad essere inflessibile nei giudizi.
1/9/2010, 3:52:00 AM

eva wrote ...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
1/9/2010, 3:48:00 AM

isaroseisarose wrote ...
Ero così incazzata che non riuscivo a dormire. Stasera mi ero letta tutto: Sartori-sui-musulmani-1, Boeri, Sartori-sui-musulmani-2, poi video di Rosarno, e infine ho concluso con Panebianco. Bella merda, dirai. Infatti. La cosa più inquietante è che sono in primis i piani alti a nuotare in questa merda culturale: se due degli opinionisti del più importante quotidiano del nostro Paese dicono sciocchezze e oscenità di questo calibro, cosa ci sarà da lì in giù? Merda più profonda, a pressione più alta.
Con questo bel post mi hai molto rinfrancata: vecchi tromboni, vuoi che sia anche una questione generazionale?
1/9/2010, 3:48:00 AM

Di veli e mezzelune

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I segreti dell'altalena

“Papà”.
“Sì, bambina mia?”
“Senti, c'è una cosa che è da un po' che ti devo dire, però mi devi promettere che non lo dici a nessuno”.
“Cos'è successo, bambina mia”.
“Senti, sai quando andiamo nel parco a volte al pomeriggio”.
“Sì”.
“Che tu ti metti sulla panchina a leggere il Giornale e io vado sull'altalena e a volte veniva anche la Lorenza”.
“Cosa c'è, vi siete picchiate di nuovo? Adesso sua madre mi sente...”
“No, no, non mi ha fatto niente la Lorenza. Non è questo”.
“Ah. Del resto è un po' che non si vede più”.
“Sua mamma non vuole più portarla”.
“Nel parco? Cos'è, ha paura di te adesso”.
“Ma no, no, papà. È che sta andando da un dottore, però non è come il dottore che ti mette il termometro, è una specie di dottore della testa, che ti mandano da lui quando vedi le cose strane”.
“Le cose strane? Perché, cosa ha visto Lorenza?”
“Ma niente, papà”.
“Non riesco a capire”.
“Neanch'io papà. È tutto cominciato due settimane fa anzi no forse tre perché mi ricordo che non c'era ancora nell'angolo il venditore di castagne”.
“Allora è più di un mese”.
“Insomma, quando tu mi accompagni al parco e ti metti sulla panchina, io vado sull'altalena con la Lorenza, ma a volte c'è una signora che ci spinge. Tu l'hai mai vista la signora?”
“Mah, no. È la mamma di un'altra bambina?”
“Dice che è la mamma di un bambino, ma io non l'ho mai visto il suo bambino, comunque, lei non fa proprio niente di male papà, ci spinge soltanto”.
“Ma com'è fatta questa signora”.
“È tanto bella”.
“Ah”.
“Con un velo che la copre tutta”.
“Eh?”
“Ma sì, hai presente, un velo, come la mamma della mia compagna Fatima, hai presente, però il colore è diverso, è...”
“Tutta? Non si vede neanche il viso?”
“Sì papà, si vede il viso”.
“E di viso com'è?”
“Te l'ho detto papà, è molto bella”.
“Sì, va bene, è bella, ma il viso, insomma, di che colore è? Come quello della tua compagna Fatima?”
“Un po' sì”.
“E parla italiano?”
“Sì, anche se...”
“Anche se?”
“Parla strano, insomma papà, io non è che capisco tutto quello che dice, però...”
“Però”.
“Sono cose bellissime e bruttissime”.
“Spiegati meglio, tesoro”.
“Ma per esempio ci dice che ci saranno cose molto brutte, delle battaglie, i cattivi sembra che vinceranno contro i buoni ma non dobbiamo avere paura, anche se ci saranno queste cose molto brutte... a un certo punto ci saranno degli eserciti che faranno una guerra terribile, ma alla fine vincerà lei...”
“E queste cose ve le spiega sull'altalena?”
“Sì, e ci dice per adesso di non dirle a nessuno perché è ancora presto, ma ecco, è successo che la Lorenza è andata a dirle a sua madre e sua madre l'ha portata da questo dottore”.
“Ma che dottore. Qui c'è da andare dalla polizia, altroché”.
“Dalla polizia? Ma perché, papà, è successo qualcosa?”
“E' successo che nel parco c'è una integralista islamica che fa la predica a mia figlia, mi sembra abbastanza. Ma senti, questa signora te l'ha detto come si chiama?”
“No papà”.
“Tanto di sicuro è un nome assurdo. E da dove viene?”
“Non viene da nessuna parte, papà, è sempre lì”.
“Come sarebbe a dire è sempre lì, vedrai bene se arriva da una parte o dall'altra... viene dalla parte del venditore di castagne o dalla strada?”
“Papà, te l'ho detto, è sempre lì”.
“Ed è tutta velata?”
“Sì papà”.
“Dal capo ai piedi?”
“Sì... beh, no, ai piedi porta una cosa, come si chiama, una fetta di luna...”
“La mezzaluna?”
“Ecco, sì, papà”.
“Maledetti musulmani. Ti volti un attimo e si mettono a convertire tua figlia. Ma io questa la stronco. Senti. La prossima volta che andiamo al parco...”
“Sì papà?”
“Appena la vedi ti metti a urlare, va bene?”
“Ma papà, io quando la vedo non riesco a urlare”.
“Come sarebbe a dire”.
“È una cosa strana, papà, io quando la vedo mi sento tutta bloccata, però sto bene, anzi sto benissimo, però non riesco a parlare”.
“Figlia mia! Ma cosa ti hanno fatto questi bastardi... senti, nel parco non ci andiamo più, hai capito?”
“E alla signora cosa le dico?”
“Non le dici niente! Non la vedrai mai più”.
“Ma se viene in camera mia?”
“Come in camera tua? Come fa a venire in camera tua”.
“A volte di notte è venuta”.
“Eh? Scherzi? No, è un sogno. Ipnosi. Un veleno. Insomma, non lo so. Senti, facciamo così, adesso chiamo la mamma di Lorenza e le chiedo il numero di quel dottore...”
“No, papà, per favore! Papà! La signora non mi ha fatto niente. Mi ha solo...”
“Taci te. Non hai neanche idea di cosa... Fila in camera tua”.

Cara Signora,
mi dispiace che ho parlato di te con mio papà, ma non sapevo più come fare. Adesso lui è molto arrabbiato e non vuole più portarmi al parco.
Allora ho pensato che io, a me tu stai simpatica, però forse è meglio che non ci vediamo più, e al massimo quei Tre segreti che ci devi dire li dici alla Lorenza, che lo so che voi vi vedete ancora anche se lei va dal dottore.
Però la Lorenza ce la fa a tenere i segreti, invece io cara Signora mi dispiace, mi dispiace tantissimissimo, ma con mio papà proprio non ce la faccio.
Comments (21)

Anonymous wrote ...
la luna è il simbolo dell'islam,che Lei stessa ha annunciato come precursore dell'anticristo,che se non devasta l'occidente cristianizzato è solo per il Suo diretto intervento...e la mezzaluna rappresenta il serpente,quindi...queste non sono favole,tutto ciò che Maria ha detto è SEMPRE successo,se non ci credete,leggete il discorso di La Salette
11/9/2010, 4:07:00 PM

Alberto wrote ...
Purtoppo ho capito subito chi fosse la donna, per colpa di una maestra delle elementari che mi ha riempito la testa di ste robe (il che comunque non mi ha impedito di diventare felicemente ateo. Certo che però se sei la madonna, onnipotente ecc ecc non riesci a gestire meglio la cosa? Poveri bimbi.
12/17/2009, 11:13:00 AM

Leonardo T wrote ...
12/2/2009, 6:51:00 PM

Anonymous wrote ...
ma l'aggettivo "festevole" esiste davvero?

Raf
12/1/2009, 10:07:00 PM

Anonymous wrote ...
a che ora attacca il rosario?
12/1/2009, 9:30:00 PM

Leonardo T wrote ...
Anch'io festevole corro ai tuoi pie'
12/1/2009, 7:58:00 PM

Anonymous wrote ...
che pien di giubilo oggi ti onora
12/1/2009, 7:30:00 PM

DrBrunvand wrote ...
mira il tuo popolo bella signora
12/1/2009, 2:11:00 PM

Anonymous wrote ...
ti incoronano dodici stelle
ai tuoi piè spiran l'ali del vento
e la luna s'incurva d'argento
il tuo manto ha il colore del ciel
bella tu sei qual sole (etc.)

cito a memoria dalle reminiscenze di un'educazione robustamente cattolica di cinquant'anni fa, mica come quelle d'adesso.

nick the old
12/1/2009, 12:35:00 PM

comodoro wrote ...
Forse anche tu avresti bisogno di una controllatina...
ma dai scherzo
ormai in giro se ne vedono con veli e senza veli...
12/1/2009, 11:46:00 AM

priscilla wrote ...
+ che un corto ne farei una favola x bambini, quelle favole scritte in corpo 20 con illustrazioni e grandi pagine bianche. per quel tipo di libro destinato alla lettura e all'ascolto; un papà, una mamma, che leggono, un bimbo che sta per attraversare l'uscio sonno. Forse in quel momento così particolare, in cui le porte di ciò che si vede e ciò che non si vede, si schiudono l'una all'altra, forse un piccolo messaggio può passare.
12/1/2009, 10:35:00 AM

Anonymous wrote ...
Non si tratta solo di iconografia.
Per la precisione:

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo Ap 11,19; 12,1-6.10

"Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle".

E non credo che la luna simboleggi il serpente. Di solito un simbolo non ne significa un altro. Credo invece si tratti di un più banale riferimento astrologico.

Ah, dimenticavo, bel post.
Adoro quando qualcuno dimostra quanto siamo (o siamo stati) vicini a loro. Inoltre trovo che il tuo pezzo contenga un realismo che apprezzo molto; chi può dire che non sia effettivamente già successo?
12/1/2009, 10:27:00 AM

Paola wrote ...
... arrovellandomi in fondo al baratro dell'invidia per il tuo blog, ho scovato un difetto: i tuoi lettori sono troppo entusiasti, troppo elogiativi! quanto scrivi bene, complimenti, sei un grande, quanto mi hai insegnato... che palle. D'ora in poi diventerò il tuo avvocato del diavolo, così esprimerò al meglio il mio livore e magari contribuirò ad arricchire ulteriormente questa ottava meraviglia del mondo. Sperando poi che questo blog sia davvero del Leonardo che dico io, sennò sai che figura?
12/1/2009, 9:33:00 AM

Ombudsman wrote ...
Signora con il velo, mezzaluna, serpente, venditore di castagne e bambina che và dal dottore di testa. Ma dove porti la tu figlia? :)
12/1/2009, 8:24:00 AM

Maurizio N. wrote ...
La Donna con la falce di luna ai piedi è una figura apocalittica (cap. 12, se non ricordo male). Durer però le ha fatto un ritratto migliore di quello proposto da Leonardo (con cui mi complimento):
http://wwww.apocalipsis.org/artwork/4Durer.jpg
11/30/2009, 11:25:00 PM

Anonymous wrote ...
alcuni tuoi racconti potrebbero essere soggetti per cortometraggi, ci hai mai pensato? questo per es ce lo vedrei proprio bene. Cmq pure io non me la ricordavo la mezzaluna, mi pare d'aver sempre visto serpente e globo
11/30/2009, 10:53:00 PM

Anonymous wrote ...
All'inizio ero certo anch'io che fosse una donna musulmana. Verso metà post ho pensato che fosse una suora. Solo verso la fine ho capito che era la Madonna. Complimenti ulteriori per la scrittura, non è vero che son tutti capaci a scrivere così.
Dopo le dichiarazioni di Castelli e le processioni pro-crucis mi aspettavo un bel post "ve l'avevo detto" invece arriva questo che è molto più bello.

Guido

Anche se io, a una figlia che vede la Madonna, una controllatina gliela farei dare.
11/30/2009, 10:19:00 PM

Thomas Morton wrote ...
Ammetto la mia mancanza di radici, ma in realtà non è che c'è proprio sempre. Comunque adesso ho studiato.

http://www.timothyverdon.com/files/testi/Romaimmacolat1-20090208-171144.pdf
11/30/2009, 10:18:00 PM

eriadan wrote ...
Non vorrei sbagliarmi ma la mezzaluna dovrebbe simboleggiare il serpente dell'eden che la madonna schiaccia come era annunciato nella genesi alla simpatica maledizione impartita dal dio alla biscia:
5Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno".
Mi avevano spiegato che la donna non era una donna generica ma proprio la madonna e l'inimicizia tra la stirpe del serpente e la stirpe della donna è il conflitto tra i cristiani e il diavolo.
ciaps eriadan
11/30/2009, 10:06:00 PM

Leonardo T wrote ...
C'è sotto tutte le madonne, vedi? Se avessi più radici cristiane lo sapresti.
11/30/2009, 9:58:00 PM

Thomas Morton wrote ...
Bello, ma quella mezza luna lì che roba è?
11/30/2009, 9:42:00 PM

Burqa is the new black

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Attaccati alle parabole, Daniela

In Afganistan, se qualcuno era distratto, le elezioni non sono andate tanto bene. Sì, quelle consultazioni democratiche che hanno causato una recrudescenza dei combattimenti, quelle per cui alcuni coraggiosi elettori ci hanno rimesso il dito, e parecchi soldati sono morti ammazzati. Non sono andate bene. Dopo un mese di riconteggi e di indagini per brogli, non si riusciva a capire se avesse vinto Karzai (fratello di un agente Cia) o il suo concorrente, Abdullah. A quel punto la comunità internazionale, insomma, gli USA, hanno chiesto di rifare le elezioni. E già questo non era proprio costituzionale, ma almeno si salvava la sostanza. Poi a una settimana dalle elezioni Abdullah si è ritirato dalla gara, e a quel punto è andata al diavolo anche la sostanza: le elezioni è come se non ci fossero mai state, le dita si sono tinte per niente, i morti sono morti per niente; una commissione elettorale qualunque ha deciso che il fratello della Cia resterà presidente per altri 5 anni, e questa è la favolosa democrazia afgana, che non c'è dubbio, col tempo migliorerà. Noi comunque c'eravamo andati per cose più concrete, tipo trovare Bin Laden o levare il burqa alle signore. Bin Laden ormai si è dissolto nel suo alone leggendario, ogni tanto appare nei fotogrammi sfuocati delle prime pagine; in compenso l'altro giorno al tg vedevo un giornalista italiano che intervistava una signora di Kabul! Le posava il microfono ad altezza zanzariera, e lei parlava. Quindi oggi le donne di Kabul parlano alla stampa straniera, se non è una conquista questa... Oddio, sotto quell'affare avrebbe potuto persino essere un signore baffuto, ma bisogna avere fiducia nella primavera afgana, anche in novembre.

E insomma, questo burqa risulta un po' più difficile da tirar giù. Ci avevano raccontato che era un retaggio medievale; roba da retrogradi montanari, che a Kabul le donne non vedevano l'ora di toglierselo: solo dieci anni fa, le foto delle donne costrette sotto il velo integrale vincevano i premi internazionali, davano scandalo... oggi è tutto ok, vedi una signora con un lenzuolo sulla faccia che parla al giornalista e manco ci fai caso; la foto che racconta il coraggio delle donne afgane è lo stesso lenzuolo che mostra il dito viola, complimenti signora, lei sì che è una donna liberata. Il burqa sta vincendo: ormai ci sembra una cosa normale. Qualcuno inizia a vedersi anche da noi, e non abbiamo sempre una Santanchè a portata di mano.

Eppure sconfiggere il medioevo è possibile. Ce l'hanno fatta popoli su cui non avresti scommesso un soldo, per esempio... Ripesco una foto di quest'estate. È un cartellone stradale trovato in questo bel pezzo di Chamberlain. Il cartellone non vende niente: quello che pubblicizza è il diciottesimo compleanno di una ragazza. Sì, le hanno fatto una sorpresa: per il 18mo compleanno si è trovata stampata su cartelloni stradali in scala King Kong. È stata un'idea del padre. Provate a osservare la cosa un po' dall'alto: 2009, padre casertano compra enormi spazi pubblicitari sulle strade pubbliche per mostrare foto della figlia. Ventunesimo secolo. Caserta. Padre esibisce figlia 18enne in cartelloni giganti. Se avete presente un minimo quali erano i costumi campani di cinquant'anni fa, non c'è dubbio: è successo qualcosa che ha del miracoloso, che sfida tutti gli assunti della sociologia; è come se qualcuno in mezzo secolo avesse fatto sparire i meridionali chiusi e gelosi che richiudevano le figlie nelle stanze interne, sostituendoli con un popolo allegro, pescato chissà dove, che paga un servizio fotografico alla figlia illibata e poi corre a stampare gigantografie in quadricromia per farle una sorpresa. Pasolini la chiamava rivoluzione antropologica, e come dargli torto. Certo, visto da vicino l'esperimento fa un po' paura. Però, se si tratta di decidere tra burqa e gigantografia, io non mi prendo neanche venti secondi per pensarci.

Se ce l'abbiamo fatta persino noi italiani, a diventare moderni... D'accordo, sì, ci sono ancora parecchi dettagli da mettere a punto: tante esagerazioni, scollature e tacchi a spillo, nascondono situazioni ancora retrograde (ad es., in molte ridenti cittadine se ti stuprano in gruppo è tuttora colpa tua). Però sono le stesse contrade dove negli anni Cinquanta le signore giravano a occhi bassi e volto coperto: non c'è dubbio che sia successo qualcosa di radicale e definitivo. Forse è ancora presto perché succeda qualcosa di simile in Afganistan, ma si potrebbe almeno cominciare dalle nostre musulmane. È giusto chiedere che non siano più costrette a portare un velo: è soltanto assurdo imporglielo per legge. Non si farebbe che sovrapporre una costrizione a un'altra di segno opposto, mettendo ogni povera donna tra Stato e Famiglia: ovviamente vincerà la Famiglia, e dove sarà vietato portare il velo, la donna resterà reclusa in casa. Ma questa cosa la sa benissimo il più retrogrado dei leghisti: lui non intende veramente togliere il velo a nessuno, quel che vuole è soltanto una musulmana in meno per strada.

Quello che ha funzionato con noi, non dovrebbe funzionare anche con gli immigrati? Alcuni sono tra noi da più di vent'anni, eppure non si integrano così facilmente. In certi casi viceversa si radicalizzano. Cosa c'è che non va? La scuola gliela diamo. Qualche diritto – non tanti – glielo concediamo. Li curiamo. Certo, restano nella maggior parte dei casi cittadini di serie b, senza diritti politici, però non si può dire che non facciamo niente per accoglierli. Qualche signora infatti il velo se l'è tolto, qualche ragazzina non se l'è mai messo. Ma se ne vedono ancora tante. Cos'è che non funziona.

Io una risposta ce l'ho, e avverto, non è proprio politically correct. Secondo me è un problema di parabole. Sono loro che rendono difficile l'integrazione.
È un discorso che parte da un assunto banale: cosa ha reso i costumi del padre casertano 2009 così radicalmente diversi da quelli del nonno? Tanti fattori sociali ed economici, ma tra tutti uno: la televisione. La tv ha imposto uno stile di vita e ci ha insegnato una lingua comune. È entrata in tutte le case e ha mostrato una società diversa. Nei '50 l'abbiamo scoperta, nei '60 l'abbiamo imitata, nei '70 un po' messa in discussione, dagli '80 in poi e la tv che ha iniziato a copiare noi. Con risultati piuttosto preoccupanti, ma non importa. La tv ci ha reso quelli che siamo, ma la nostra tv gli immigrati non la vedono. È per quello che restano “stranieri”. Andate a vedere nelle scuole, o nelle strade. La differenza non è tra italiano e immigrato, ma tra chi parla l'italiano della tv italiana e chi non lo parla, non lo capisce, perché a casa sua c'è una finestra aperta ogni giorno su Marocco o Tunisia.

Le banlieues dove si infrange il sogno francese dell'integrazione sono foreste di parabole. Signora Santanchè, vuole fare l'integrazione con la forza? La pianti di appendersi ai burqa, salga sui tetti, cominci a segare le parabole. È una strategia ugualmente esibizionista e arrogante, ma secondo me funziona di più.

Se non fosse che nel frattempo è la stessa tv italiana che sta mettendo in discussione la sua vocazione generalista. Sono gli stessi italiani a montare parabole, a chiedere a gran voce un palinsesto personalizzato alle proprie esigenze. È un modello che ci viene dai Paesi più avanzati: tante proposte diverse per tanti settori di mercato, senza più piazze d'incontro collettive. Quando tra qualche anno tutti avremo il nostro canale personale, non ci capiremo più. Sarà come internet, ognuno svilupperà il suo idioletto nel suo circolo di amici e conoscenti. Già oggi il dialogo tra generazioni è diventato molto difficile: tra qualche anno sarà semplicemente inutile: ognuno avrà il suo notiziario, i suoi vips di riferimento, la sua comunità sparsa per il mondo e incomprensibile al vicino di casa. In un certo senso gli immigrati ci precedono. E il burqa, perché mai dovrebbe passare di moda? Viceversa, ha qualcosa di futuristico: poter passeggiare in un mondo in cui nessuno sa chi sei, completamente libera di sottrarti dal giudizio di chi non appartiene alla tua comunità... non è un'esigenza solo islamica, anzi. Chissà, tra qualche anno farà il botto anche da noi.
Comments (25)

maurizio wrote ...
Complimenti, complimenti sinceri
ogni volta che leggo qualcosa di lei/te mi si aprono prospettive di pensiero nuove e riflessioni futuribili. Leonardo siete/sei un visionario avvertito, o meglio, un visionario del possibile.Ancora complimenti
11/16/2009, 8:54:00 PM

L. Rotundo wrote ...
@leonardo: Dal post e dai commenti sembra quasi che l'integrazione debba necessariamente coincidere con l'omologazione. Perché insistere tanto sull'aspetto del velo? Inoltre sul ruolo della televisione credo che oramai si cominci ad esagerare. E' una specie di briscola che viene tirata giù in tutti i discorsi. Forse nell'integrazione è molto più importante il lavoro che si trova o non si trova a svolgere l'immigrato. Ancora più importante per le seconde generazioni è l'impatto con la scuola italiana. Integrazione vuol dire riuscire a lavorare, pagare le tasse e rispettare le leggi del paese in cui ci si trova, non necessariamente anche levarsi il velo o magari mangiare all'occidentale. E' illuminante leggersi il semplice testo del giuramento che devono fare gli immigrati per diventare cittadini americani, in sostanza gli viene chiesto di rispettare le leggi e la Costituzione degli Stati Uniti e di difendere il paese dai nemici esterni ed interni. E'una dichiarazione di appartenenza alla "polis" e di adesione alle sue regole e basta. Ma è bastato per creare la nazione economicamente e politicamente più forte della terra. Se in Italia l'integrazione non avverrà sarà per altri motivi, non per colpa delle parabole o di internet. Forse perché non riusciamo ad immaginare una nazione italiana basata sul rispetto delle regole.
11/16/2009, 6:57:00 PM

Broono wrote ...
In realtà credo sia un falso problema.
Nel senso che presentato così non è sbagliato vederlo come un ostacolo, ma il problema è: è così?

Le telecomunicazioni progrediscono costantemente da quando è partito il primo codice morse della storia, fa parte del bisogno che le persone, tutte le persone, hanno di accorciare le distanze con il proprio mondo se queste distanze si fanno più grandi per scelte di vita più o meno volontarie.

Lo stesso discorso lo si può fare per internet.
Ha accorciato le distanze tra quelli lontani, o ha aumentato le distanze tra quelli vicini?

Quanti, da quando hanno cominciato a usare i blog e i Social network in generale, hanno approfittato del mezzo per andare a leggersi blog e forum oltre confine?
Quanti sono, tra quelli che ormai l'informazione reale è solo in rete, quelli che su 10 blog che oggi leggono, leggono per la maggior parte o comunque molti di quelli in un'altra lingua perché il mezzo oggi permette di allargare il proprio confine?
Ci sono, certo, ma a spanne direi che si contano sulle dita di una mano, rispetto al totale medio.

Su alcuni blog in questo periodo è in corso una generale lamentela riguardo al fatto che le scelte aziendali della rai impediscono agli italiani all'estero di guardare XFactor via web, per dirne una.
Italiani che, partiti, hanno subito cercato di utilizzare i sistemi di comunicazione per portarsi un po' più vicina quella casa che geograficamente sentono distante.

Eppure chissà nel paese in cui si trovano, quanti altri stimoli potrebbero trovare che qui a casa non avevano.
Ma lo stesso sentono il bisogno di utilizzare l'estensione dei mezzi non per avvicinarsi a paesi fino a ieri irraggiungibili, ma per avvicinare a loro il paese che prima era loro sotto i piedi.
(io faccio lo stesso, eh)

Credo che questo sia un bisogno innato di chi si sposta, lo stesso processo che sta dietro ai vari LittleItaly o ChinaTown, posti in paesi esteri dove le persone che arrivano tutte da uno stesso posto sentono il bisogno di ricrearsi un microcosmo che viva delle loro regole conosciute, che parli la loro lingua familiare, che abbia in alcuni casi persino regole che sfiorano la legge extraterritoriale che permette loro di stare agevolmente in un paese molto diverso da quello in cui sono cresciuti e le cui regole costituiscono una rete di sicurezza che permette di sentirsi meno appesi a un filo.

Da quando esiste l'emigrazione esiste l'aggregazione intorno al proprio ombelico nel posto in cui si va.
Puoi andare in canada e non entrare in confidenza per mesi manco con un canadese, ma in due giorni al massimo avrai conosciuto tutti gli italiani.

Ieri non c'era internet, non c'era la tv e c'erano i bar "Pizza marechiaro" in Pippo Pippo Avenue a fare da collante con l'aria di casa.
Oggi c'è internet, ci sono le parabole e per lo stesso motivo per cui su dieci parabole sui balconi italiani, 9 ricevono il calcio e forse una si guarda le news estere, su 10 balconi marocchini le stesse 9 riceveranno il loro calcio.
Così come per lo stesso motivo per il quale pur potendo usare la rete per leggere robe scritte a migliaia di chilometri dal nostro monitor 9 su 10 lo usano per diventare amici del vicino di casa che già gli era amico, la rete usata da chi arriva qui servirà non per partecipare ai blog nostri ma per continuare a leggersi i loro a casa.

In sintesi:
Perché questi discorsi di scarsa volontà di integrazione si fanno sempre su burqa e neGri e mai sugli italiani all'estero che corrono alla prima pizza marechiaro che trovano o che si lamentano del fatto che all'estero certe partite della nazionale sono oscurate e per molto meno scendono pure in piazza a fare bordello perché va bene tutto ma non levateci il calcio ovunque andiamo pure se fuori ci sono piramidi e/o un mondo da scoprire, che, numericamente anche solo come esempi per questo discorso in parte giusto offrirebbero ben più occasioni?
11/16/2009, 5:07:00 PM

Leonardo T wrote ...
Ma sì, manca la parte in cui dico che comunque la tv italiana fa schifo, e che un motivo ragionevole per cui gli immigrati non la guardano è lo schifo che fa; e che inoltre si tratta di uno schifo ormai razzista, nel senso che gli immigrati non sono quasi mai considerati nel target: ovviamente nessun immigrato possiede l'apparecchio auditel, e molti sponsor ancora non hanno capito che gli immigrati possono essere interessati ai loro prodotti. Sicché la nostra tv schifosa è molto più 'esclusiva' di quella in b/n di Bernabei, e ci sono cose, ad es, il sedere della Rodriguez a Sarabanda, che se uno ci pensa bene hanno la funzione inconsapevole di alienare anche quegli stranieri che un po' d'italiano vorrebbero capirlo ma che non sono ancora pronti per trovarsi due chiappe che fuoriescono dal teleschermo.

Quindi il fatto che noi ancora non accettiamo gli stranieri, anche solo come consumatori dei nostri prodotti e spettatori della nostra tv, rende la nostra tv meno interessante a chi viene da fuori. Un motivo in più per lasciare accesa la parabola.

Non l'ho scritto. Forse ho sbagliato a darlo per scontato. Forse semplicemente mi sono dimenticato e avevo altre cose da fare venerdì.
11/16/2009, 2:35:00 PM

franca wrote ...
...e la cosa piu' divertente (se cosi si può dire) è che gli extra comunitari che guardano la nostra stessa tv generalista (o che non hanno la parabola) voterebbero per Berlusconi e parlavano malissimo di Prodi ai tempi di Prodi, cosi come quel 80% della popolazione votante italiana che si informa solo tramite tv. L'altra sera ero con un mio amico marocchino a cena e lui parlava malissimo del GrandeFratello...però poi mi accorgevo che conosceva tutti i personaggi e tutti i vincitori delle passate edizioni ...e la cosa mi faceva tanto ridere..
11/16/2009, 1:49:00 PM

Mattia wrote ...
Un'analisi molto interessante, la televisione è un eccellente mezzo di integrazione, perché crea riferimenti comuni e aiuta ad imparare la lingua del paese in cui ci si trova. Altro discorso è il terribile livello raggiunto dalla televisione nostrana.
11/16/2009, 1:55:00 AM

Broono wrote ...
Le parabole come ostacolo all'integrazione culturale, Telemilano come veicolo per diffondere e quindi condividere la stessa cultura.

Oggi un tale dice che il digitale terrestre serve al progresso culturale del paese.

Te l'ho detto che sei berlusconiano dentro.

Nella mia zona ormai siamo a un buon 50% di residenti stranieri.
Quando esci la percezione è che la percentuale tocchi anche il 90%.
Questo perché quando esci, nei bar, nelle strade come ai giardini, ci trovi solo gruppi di egiziani alla macelleria o madri con bimbi turchi che giocano con bimbi cinesi.

Non che non ci siano italiani.
E' che son tutti chiusi in casa a guardare la tv che gli dice che se escono li derubano o violentano.

Riga per riga quanto detto molto meglio da Daniele.
11/15/2009, 7:54:00 PM

Rob wrote ...
Il burqa ha un corrispondente negli uomini afgani: la barba. Ricordiamo sull'onda della "liberazione" USA il gran lavoro di barbieri ed i loro clienti in fila per normalizzarsi: barba=talebano era la semplice equazione del nuovo arrivato, come quella del vecchio era stata rasoio = occidentale. Ricorda tanto le giacche doubleface con i distintivi del PNF e del PCI delle vignette del dopoguerra, la rigida ortodossia del PCUS e persino un po' anche la carriera di Bondi.
Portare il burqa o la barba quindi ti può salvare la vita, anche se non ti piace, come la tessera di un certo partito o la fascia da lutto per la morte del boss.

Non credo che l'ideologia occidentale abbia vinto nel mondo. Le idee, buone o cattive, una volta sconfitte vanno in latenza, coesistono con quelle vincenti dormicchiando in focolai, ma prima o poi riescono fuori, frizionano, scintillano e ti ritrovi persino La Russa ministro della difesa.

La particolarità di quest'epoca sembra se mai quella di non far scomparire proprio nulla: tutto si somma, si aggiunge e si mescola male. Tutto sembra destinato ad entrare in conflitto con il suo contrario, prima o poi, secondo tempi imprevedibili.

L'immagine della ragazza di Caserta sul cartellone è orribile quanto le foto di famiglia di Berlusconi con tanto di capelli mossi al vento. Appartengono alla stessa subcultura fatta di pessima tv, di sfilate di moda e di rotocalchi da sala di barbiere. Davanti a questa disperata voglia di apparire, la cortina di cotone indaco del burqa che nasconde ogni cosa si erge spaventosa e incomprensibile come il nuovo muro di Berlino da demonizzare e da abbattere (ed anche l'incubo di tutti gli stilisti: l'autoaffermazione per mezzo della sottrazione).
11/15/2009, 4:59:00 PM

Camminando Scalzi wrote ...
"Millionaire" e la dimensione India tra Moravia e Pasolini: http://www.camminandoscalzi.it/wordpress/the-millionaire-india-moravia-pasolini.html
11/15/2009, 3:26:00 PM

isaroseisarose wrote ...
Ma questo post l'hai scritto tu o qualcuno ti ha rubato la password del blog?
11/15/2009, 2:16:00 AM

L. Rotundo wrote ...
L'immigrazione e l'integrazione sono problemi complessi, pieni di sfaccettature e contraddizioni non riesco a vedere un'unica chiave di lettura. Negli Stati Uniti si sono create in passato comunità chiuse di immigrati come Chinatown o Little Italy anche senza le parabole, e comunque questo non ha impedito ad altri immigrati di diventare sindaci, registi, attori, broker di borsa, premi Nobel oltre che deliquenti. Pensare che i musulmani presenti in Italia rappresentino in modo significativo il mondo musulmano è come credere che gli italo-americani dall'esagerato ed ingenuo patriottismo, magari filo-fascisti e che parlano "broccolino" rappresentino gli italiani. Oggi Berlino e Londra sono città ampiamente multietniche e le statistiche dicono che aumenta sempre di più la percentuale delle persone che affermano di non appartenere ad alcun credo religioso, siamo ormai attorno al 40% eppure lì non mancano le parabole. Non credo che il burqa abbia un futuro, fino ad una trentina d'anni fa in certi paesi dell'entroterra meridionale le donne erano vestite e coperte di nero dalla testa ai piedi come le musulmane ed i fotografi americani venivano a fare servizi "folcloristici" per i propri lettori come adesso facciamo noi in Afganistan. Certo la televisione ha influito su questo fenomeno ma il modo di vestire e di pensare nei secoli sono cambiati anche quando non c'era la televisione.
11/14/2009, 11:51:00 PM

Anonymous wrote ...
"passeggiare in un mondo in cui nessuno sa chi sei, completamente libera di sottrarti dal giudizio di chi non appartiene alla tua comunità... " Questa è internet, sputata!
NelloF
11/14/2009, 5:47:00 PM

barynia wrote ...
Il burqa ci renderà libere. Potrebbe anche essere.
11/14/2009, 1:29:00 PM

Anonymous wrote ...
Vincenzo Cucinotta, condivido quasi tutto quello che hai scritto tranne una cosa: internet fa eccezione eccome; grazie a internet possiamo leggere leonardo e discutere di ciò che dice in maniera pubblica. Oltreché, se abbiamo idee interessanti o pensiamo di averle, aprire un nostro canale di informazione, intrattenimento o ciò che vogliamo. Scusa se è poco (prova a farlo in tv...).

Se anche su internet la fanno ancora da padroni materiali e agenti informativi simili o dipendenti da quelli massificanti (siti di giornali, siti di televisioni, grandi portali informativi) è solo perchè internet non si è ancora diffuso abbastanza. Almeno in italia. E infatti il blocco politico berlusconiano fa di tutto per limitarne la diffusione. "Ma non può fermare il vento, può solo fargli perdere tempo."

Guido
11/14/2009, 12:05:00 PM

Anonymous wrote ...
Se andassi in uno sperduto paese dell'Atlas, dove non hanno energie elettrica e acqua corrente, ti chiederesti come diavolo facciano a funzionare le parabole che tutte le case hanno. E' davvero incredibile, ma ce ne sono dappertutto. Con quele parabole ci guardano si la tv marocchina, ma anche quella francese, spagnola. E' forse anche grazie a quelle parabole che la gente si costruisce l'immagine dell'Occidente che li spinge ad emigrare.
Resta il fatto che per la comunità araba avere la parabola è "normale" anche se l'uso che ne fanno qui in italia è diverso da quello che ne facevano in marocco. Poi, sfido io che preferiscano guardarsi la tv marocchina (anche se secondo me continuano a vedere anche quella francese), ma hai provato a fare un pomeriggio davanti alla tv italiana?? Se fossi stato un bambino arabo e avessi acceso la tv ieri pomeriggio qualche domanda sulla bontà dell'integrazione me la sarei fatta: ci trovi sempre Borghezio, la Santanché, una segretaria provinciale della Lega molto strabica e poco intelligente, Belpietro, Feltri che parlano, davanti ad una D'urso o ad uno Sposini compiaciuti di come sia impossibile l'integrazione...
Per quanto riguarda il burqa, infine, sarebbe interessante capire chi lo indossa. In marocco di donne col burqa non ce ne sono, credo sia anche vietato. In turchia, idem (o meglio ogni tanto se ne vede qualcuna ma se chiedi spiegazioni ti dicono che sono turiste di paesi arabi in pellegrinaggio)
11/14/2009, 9:52:00 AM

Vincenzo Cucinotta wrote ...
Dunque, la TV ha cambiato radicalmente modo d'essere negli anni ottanta? Ha smesso di condizionarci, come faceva prima, per diventare lo specchio della società?
Mi sembra proprio di no, mi pare anzi una tesi del tutto infondata. Qualcosa è successo negli anni 80, ed è la definitiva consacrazione delle TV private a TV nazionali generaliste. Il primo aspetto è stato un aumento notevolissimo dell'offerta: non più ristretta a una fascia oraria limitata, ma si è via via espansa all'intero arco delle 24 ore. Il secondo è stato che la Tv di stato si è trovata a dovere sostenere una concorrenza spietata.
Un primo effetto è rappresentato dal fatto che la TV ha smesso di essere didascalica, perchè si doveva confrontare col problema di essere prima di tutto appetibile, gradita agli utenti. Come si fa a rendersi gradita agli utenti? Leonardo dice diventando lo specchio di ciò che siamo. Ma noi cosa siamo? L'uomo è un essere complesso, che viene fortemente influenzato dalla società attorno a sè. Esiste solo un modo di essere certi di essere graditi: rifarsi ai nostri aspetti più istintuali, quelli ci sono, indipendentemente dalla cultura in cui si vive. La TV italiana però non ha inventato niente, si è solo americanizzata, nel senso banale che le reti FININVEST, presto imitate dalla RAI, hanno cominciato a trasmettere a tutta forza fiction prodotte in america: tra l'altro, era la cosa meno costosa da mandare in onda!
Un secondo effetto è che questa aumentata offerta si è tradotta in più ore di TV (molte di più, direi) mediamente viste dai telespettatori.
Dico quindi, che mai come a partire dagli anni ottanta e fino ai nostri giorni, il potere di condizionamento della TV è stato così forte. La TV non è specchio di nulla: ha smesso di fare la maestrina, come faceva prima, ed ha cominciato a fare la troietta: si capisce che la troietta la sentiamo più vicina a noi, almeno ai nostri genitali di certo...
Da questo, ad essere specchio, ce ne passa: è tale l'influenza della cultura sull'uomo, che nessuna immagine può considerarsi esauriente. Ogni presunta immagine speculare è viceversa sempre anch'essa un'ulteriore costruzione culturale.
Tutte le conclusioni tratte dal post sono quindi errate: le religioni, come la TV, sono tutte massificanti, omologanti. Questo dispiegamento di molteplici messaggi nella nostra mente diventa un tuttuno, ed anche internet in questo non fa eccezione.
Credo piuttosto che in Leonardo ci sia una sopravvalutazione delle differenze nella nostra società. Fortunatamente, non la pensiamo tutti allo stesso modo, e questo lo trovo un fatto prezioso da preservare: al contrario, credo che siamo già troppo simili. Perfino il mondo islamico, so di dire una cosa difficilmente accettabile da tanti, si agita tanto perchè vede la propria fine: l'ideologia occidentale ha già vinto nel mondo, non c'è da meravigliarsi se i destinati alla sconfitta compiono gesti disperati sperando ancora di prevalere.
Lasciando adesso da parte quest'aspetto estremo della mia tesi che, mi rendo conto, non ha abbastanza evidenze per essere affermata, secondo me non c'è dubbio che le società di una volta, del periodo che chiamerò della comunicazione impedita, erano paradossalemnte molto più diverse al loro interno di quanto lo sia la società contemporanea. Ma questo richiederebbe un'argomentazione troppo lunga nel presente contesto.
11/14/2009, 7:58:00 AM

Simon wrote ...
Spero che ti sbagli, ma temo tu abbia ragione.
Però strumenti e spazi per "rinverdire e mescolare" relazioni umane possono ancora essere messi in gioco. Confido nella intelligenza e nella fantasia umana.
11/14/2009, 12:05:00 AM

Anonymous wrote ...
sono qui che mi genufletto. non credo che la parabola sia una causa ma un sintomo importante (un po' come la febbre per la suina, dietro ci sta un virus) ma finalmente qualcuno mi ha spiegato perché non sopporto facebook. no, sul serio, che bravo che sei, quella cosa delle generazioni è verissima e inquietante. .valentina.
11/14/2009, 12:03:00 AM

Anonymous wrote ...
e dunque secondo te non ci sarebbe il dialogo tra generazioni e bilanciamento dell'individualismo senza strumenti di massificazione? religioni (cattolica e musulmana) prima e televisioni poi?
io penso che sia proprio il contrario: la massificazione forma un tutt'uno simbiotico con l'individualismo. e la televisione non è affatto alternativa e diversa dalla religione. possono continuare a convivere perfettamente, le loro funzioni principali sono le medesime.

internet è diverso, il mondo a cui accenna è diverso; questo oggi può creare contrasti ma quando avrà preso piede a livello globale il mondo cambierà e in meglio.
mi stupisco così tanto di quello che scrivi che mi chiedo seriamente se il tuo non è forse un post ironico..

guido
11/13/2009, 10:40:00 PM

dani wrote ...
"già il dialogo tra generazioni è diventato molto difficile: tra qualche anno sarà semplicemente inutile"
Lo scenario allucinante che prefiguri mi dà i brividi e mi fa paura
11/13/2009, 10:29:00 PM

Anonymous wrote ...
Ma che la megadiciottennne sia illibata cosa te lo fa supporre?
11/13/2009, 9:20:00 PM

Anonymous wrote ...
Manca un accento
11/13/2009, 8:03:00 PM

.mau. wrote ...
la storia delle elezioni afghane è un po' diversa. Le elezioni erano state indette a doppio turno. Karzai aveva sicuramente più voti di Abdullah, ma non aveva la maggioranza assoluta se non per mezzo di brogli: ecco perché alla fine hanno detto che ci sarebbe voluta una nuova elezione.
11/13/2009, 7:56:00 PM

L. Rotundo wrote ...
Ma l'integrazione è un fenomeno già in atto, ed avviene a velocità tumultuosa. A Berlino vedevo la tipica famiglia musulmana in giro per compere con la mamma grassa e bassa coperta di nero dalla testa ai piedi, la figlia ventenne elegante e distinta con il velo sulla testa e le buste di Prada in mano e la figlia sedicenne sottile, senza velo con il pantalone a vita bassa e l'ombelico d'ordinanza in bella vista.
11/13/2009, 7:09:00 PM

Leonardo R. A. wrote ...
Oddio Leonardo,

alla televisione come "piazza" non avevo mai pensato. Pensavo fosse, anzi, lo strumento di separazione per eccellenza: nell'identità, s'intende.
Internet sarebbe l'esatto contrario: fa rete, mette in crisi le identità; oppure fa "gruppo" e in questo senso è il terreno di scontro fra gruppi. Beninteso: nello scontro c'è confronto, un barlume di umanità.

E' l'isolamento-identitario a preoccuparmi, per cui il problema rimane quello del medium: la "personalizzazione", in tal senso, è in effetti la radicalizzazione della sua modalità comunicativa. Coloro che hanno la parabola sfuggono tendenzialmente alla totalizzazione dell'immaginario operata dalla tv (cioè all'educazione com'è di fatto esercitata al giorno d'oggi dall'alto...).

Se dobbiamo giocarci l'integrazione su queste basi, ritengo che la partita sia persa in partenza, nel senso che una vera e propria "integrazione" non può essere operata, da QUESTA televisione: lo dimostra l'Italia, sempre meno solidale, sempre più identitaria "contro altri".

Per quanto io sia d'accordo sugli effetti dell'isolamento, tendo a pensare che quest'ultimo sia un sintomo: non ci si isola a casa, nell'isola distaccata dell'eventuale nazione d'origine, se il posto dove si arriva ci accoglie. In altri termini: non ritengo che la televisione sia l'habitat naturale dell'uomo; se lo diventa, gli è che qualcosa lo spinge dentro.

Un po' come nella pubblicità di sky, in effetti: il mondo esterno è freddo; coloro che disturbano il rito della visione vanno allontanati; dentro casa c'è un calore coccoloso; il vecchio televisore va in discarica.
11/13/2009, 6:55:00 PM

seminator di scandalo e di scisma

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Il diavolo nel ripostiglio

Nella nostra civiltà occidentale, moderna, razionale, ogni persona adulta e sana è responsabile per le azioni che commette. Possiamo essere guidati da motivazioni che non controlliamo del tutto – delusioni amorose, tracolli professionali, ci hanno toccati da bambini – ma se le invochiamo come attenuanti non siamo più adulti, o non siamo più sani di mente.

Mohammed Game era sano e adulto quando si è fatto esplodere davanti a una caserma di Milano. È interamente responsabile di tutto il male che ha procurato. Per primo a sé stesso, strappandosi una mano e i bulbi oculari. Per secondo alla sua famiglia; alla compagna italiana Giovanna, ai due figliastri Davide e Alessandro, ai due figli Islam e Omar. Di cui nessuno parla più, perché Game col suo attentato fallito non è nemmeno riuscito ad attirare più di tanto l'attenzione sul degrado in cui viveva con la sua famiglia: quattro bambini e una donna in un bilocale occupato abusivamente da sette anni, in cui non funzionano i servizi. Lavavano i bambini in una bacinella, conservavano le torte di compleanno in un armadio. In una situazione del genere, mesi fa, Game si era fatto intervistare da CronacaQui Milano: aveva messo da parte la dignità e aveva chiesto aiuto alle istituzioni. Ma ogni adulto è responsabile di quello che fa, della donna con cui si mette e dei figli che decide di avere: non è colpa del comune che non ti ha trovato una casa, dei clienti che non ti pagavano le fatture (150.000 euro non riscossi?) quando gestivi un'impresa (45 dipendenti? Sembrano numeri favolosi), dell'alcol che nessuno ti ha messo in bocca per forza.


Mohammed Game si era insomma cacciato, con tutte le sue responsabilità, in una situazione in cui molti (io tra loro) avrebbero cominciato a pensare di farla finita, anche senza tirare in ballo Allah e l'Afganistan. In questi casi può darsi che il ruolo di Allah sia essenzialmente di copertura; necessità di dare un senso finale a una vita sbagliata, anche e soprattutto nei confronti di una comunità che ricorda meglio i martiri dei falliti. Game si era riavvicinato alla religione di recente, dicono. Ma insomma anche Allah, anche l'Afganistan, sono fattori che possono aiutarci a capire ma non a perdonare: ognuno è responsabile del male che fa.

Due settimane prima di farsi saltare in aria, Mohammed Game incontrava Daniela Santanchè (lei stessa lo ha riconosciuto tra i suoi oppositori più arrabbiati). Era venuta alla festa di fine Ramadam, con la scorta, e pare che cercasse di strappare il velo alle donne presenti. Dico “pare” perché ognuno ha visto una cosa un po' diversa: secondo alcuni la Santanchè ha aggredito e non è stata aggredita; secondo lei è stata picchiata da un uomo che aveva un braccio ingessato; un altro voleva usarle contro un pezzo di segnaletica stradale. “Mi hanno detto che sono una puttana, che domani sarò morta, che faccio schifo”. Al pronto soccorso le riscontrano contusioni toraciche estese con una prognosi di venti giorni.

Anche Daniela Santanchè è adulta, sana e responsabile. Benché abbia avuto un'infanzia non semplice. Il padre, dice, “le ha rovinato la vita”. La madre la riempiva di sberle, le tirava i capelli (“mi stupisco ancora di averne tanti”). C'è un dettaglio in particolare, che può spiegare (non scusare) lo zelo con cui cerca di liberare le donne come lei dalle costrizioni famigliari: uno sgabuzzino in cui ha passato, da bambina, interminabili ore:

Ci finivo se rispondevo male, se non rispettavo apposta gli orari che mi davano, se non raccoglievo le cose da terra. Io ci morivo, ma non facevo un plissè, una piega, e tanto meno urlavo “aprite”. Mai! Stavo lì, con tutti quegli scaffali pieni di scarpe, che non so più quante volte ho contato. E infatti erano sempre i miei fratelli che intervenivano per farmi uscire. Mia sorella, che è molto più buona di me, una santa, andava da mia mamma a dire: non sentiamo più Daniela, mamma falla uscire, Daniela poi non lo fa più. Alla fine mi aprivano, ma intanto io là dentro ero morta di paura, con il buio, le scarpe che diventavano fantasmi, e i rumori, per cui mi turavo le orecchie per non sentire nulla. E ancora adesso, per quelle cose, ho paura a restare chiusa negli ascensori

A scuola viene espulsa per essersi gettata a terra all'improvviso. Lo stesso gesto – coincidenza – descritto dagli islamici a cui ha rovinato la festa... Basta così. Certo è affascinante, il gioco delle cause e degli effetti. Una famiglia in bolletta perde gli occhi e la mano del padre, perché? Perché il padre si è fatto esplodere contro una caserma, perché? Aveva visto una rappresentante politica italiana trattare la sua comunità con prepotenza, perché? la politica in questione ha subito traumi infantili, i genitori la chiudevano in uno sgabuzzino, perché?... Già, chissà quali frustrazioni stavano sfogando in quel momento i genitori, chissà quali traumi a loro volta... no. Noi, in occidente, abbiamo deciso che la giustizia non funziona così. Forse l'Occidente è nato proprio in quel momento: quando abbiamo stabilito che è ognuno è responsabile del suo singolo segmento di azioni. La madre di Daniela Santanchè è responsabile di averle tirato i capelli. Mohammed Game è responsabile del male che ha fatto a sé stesso e ai suoi. E Daniela Santanchè, di cosa è responsabile?

Ci pensavo oggi, mentre guardavo il siparietto pro-crocefisso organizzato su Domenica Cinque, all'ora in cui le brave donne italiane sparecchiano, e il resto della famiglia si butta sul divano a digerire. Appena in tempo per scoprire dalla bocca della Santanchè la verità sul profeta Maometto: “per la nostra cultura era pedofilo” (evidentemente “la nostra cultura” è retroattiva). Non si sono fatti mancare niente: Sgarbi che sogghigna e tace, tanto è lì solo a mo' di bollino (se c'è Sgarbi è roba di cultura); l'enorme crocione sul maxischermo; il musulmano arrabbiato che se non lo tengono la mena, stavolta senza gesso ma con un copricapo molto caratteristico, complimenti al casting; la D'Urso che profitta del lancio pubblicitario per esprimere una profonda verità: “il crocefisso non dà segno di alcuna discriminazione, il crocefisso tace”. Ci mancherebbe anche che parlasse – a pensarci bene taceva anche il fascio littorio... e la svastica? Parlava? No, quindi neanche lei dava segni di discriminazione, riflettiamoci bene...

La storia della sposa bambina di Maometto su internet è moneta corrente. Ma piazzata su Domenica Cinque la domenica alle tre è puro tritolo – no, fertilizzante. Ne parleranno i bambini alle elementari, domani: se sanno cos'è un pedofilo lo andranno a dire al compagno musulmano: ehi, ma è vero che il tuo profeta è un pedofilo? Il compagno musulmano tornerà a casa e farà qualche domanda a mamma o papà. Ma da lì in poi si torna tra adulti, e gli adulti sono responsabili: se qualche madre o padre si farà esplodere, sarà esclusivamente colpa sua. Non possiamo dare la colpa alla Santanchè. Lei in fondo non è che l'incarnazione estrema della fregola che ci sta prendendo tutti: liberare gli altri con la forza. Porti il burqa? Te lo togliamo o ti mettiamo in galera. L'obiezione più banale (per evitare la galera le donne non usciranno più di casa) non interessa più. Evidentemente il problema è il burqa che vediamo per strada, non l'effettiva libertà della persona che ci sta sotto.

In questo modo trasferiamo all'autorità problemi che fino a qualche anno fa riguardavano la coscienza. Non ci passa più nemmeno per la testa che il problema è convincere una donna (e soprattutto un uomo) che quell'indumento è sbagliato. No, nessuna opera di convincimento: via il burqa o chiamiamo i carabinieri. E in fondo la stessa cosa dovrebbe succedere per il crocefisso: perché perdere tempo a convincere la maggioranza degli italiani che non va esposto nei luoghi pubblici? Ci pensino i giudici, noi siamo stanchi di parlare alle coscienze. Non c'interessa più convincere qualcuno, vogliamo solo la rimozione del simbolo fisico, e poi saremo contenti. Se poi l'effetto collaterale fosse un irrigidimento della comunità cattolica, e l'aumento d'iscrizioni alla scuola confessionale, tanto peggio: meno baciapile tra le scatole. Eppure una scuola laica è l'unico luogo dove uno studente di famiglia cattolica può crescere mettendo in dubbio la fede dei genitori. Eppure la strada è l'unico luogo dove una donna in burqa, davanti a una vetrina o al parco, può scegliere autonomamente di toglierselo: non perché una signora arrabbiata glielo strappa via, ma perché lo ha deciso lei, con la sua coscienza. Ma la coscienza ha tempi troppo lunghi, noi vogliamo giustizia subito, con tutta la forza necessaria.

No, Daniela Santanchè non è colpevole degli attentati che ci sono stati e di quelli che ci saranno. Non secondo la nostra cultura moderna e occidentale. Però io non sono del tutto moderno e occidentale, e in un fotogramma di questo video ho visto il diavolo. È un istante così breve che non riesco neanche a fermare l'immagine: verso il 1:12 il volto un po' bambolottesco di Daniela Santanchè ha un guizzo di felicità curioso, visto le cose gravi che sta dicendo. Potrebbe trattarsi semplicemente di un'esitazione nel copione imparato a memoria, la tentazione di buttarla in ridere, tutte spiegazioni razionali: ma io non sono del tutto razionale, io lì ci vedo il diavolo che esce un attimo dal volto di Daniela Santanchè e si compiace del suo capolavoro. Il diavolo che forse la piccola Daniela incontrò in quel ripostiglio buio, che le entrò negli occhi che non volevano piangere, e che poi ha covato per tutti questi anni. È un'idea un po' romantica, un po' medievale. Del resto, se fossimo nel medioevo io non avrei dubbi sulla responsabilità, anzi, la colpa, no, ancora meglio, il peccato di Daniela Santanchè: addirittura potrei già formulare predizioni attendibili sul suo destino nell'aldilà, consultando il manuale di Dante Alighieri: Inferno, ottavo cerchio (fraudolenti), nona bolgia (seminatori di odio): sì, esattamente lo stesso indirizzo di Maometto. A lui, e al cugino Alì, un diavolo con un enorme bisturi strazia le carni, che si ricompongono poco dopo pronte per essere di nuovo dilaniate. Suona molto sinistro e familiare, l'inferno. Come se non ci aspettasse più, come se fosse già qui tra noi.
Comments (37)

Matteo wrote ...
GRANDISSIMO LEONARDO , post sconvolgente.

"Maometto aveva moglie di 9 anni, per la nostra cultura era un pedofilo" è una frase terribile! Cioè per una presunta cultura di una parte della società, nel passato e nel futuro sempre possono esserci colpevoli o innocenti a seconda di come gira il vento. Questo è il vero ed autentico fascismo al 100%, frutto di una sottocultura di una idiozia fuori dal comune.
Se Pasolini fosse vivo avrebbe scritto un commento di stima verso le parole di Leonardo.

Santanché é una malata paladina del nulla e del deserto culturale.
11/13/2009, 1:21:00 PM

Anonymous wrote ...
Caro anonimo, intanto questo è un blog e non un forum. In secondo luogo il dibattito politico sarebbe una buona cosa, o no? Da come lo dici sembra una cosa negativa. Sì, Daniela Santanché a me personalmente dà fastidio, molto fastidio, perché scherza col fuoco.

Davide
11/11/2009, 5:14:00 PM

Anonymous wrote ...
Anche in questo forum alla fine si fa il dibattito politico. Io dico "Grande" Daniela Santanchè... e a molti da fastidio!!! E chi da fastidio è sempre uno che conta...altrimenti passerebbe inosservato.
11/11/2009, 2:45:00 PM

Anonymous wrote ...
il diavolo è nel botulino,
che vi credete
11/10/2009, 9:54:00 PM

vb (Vittorio Bertola) wrote ...
Beh, sono d'accordo.
Soprattutto sulle vie sottili e imperscrutabili adottate dal diavolo, che sfuggono all'umano tentativo di relegarle (la religione, poi la religione laica della legge).
11/10/2009, 3:57:00 PM

Anonymous wrote ...
è inutile parlare con chi tanto deve a tutti i costi difendere le proprie posizioni. siete convintissimi di quello che scrivete, non si vuole cogliere quello che ho detto sul fatto di cosa significhi il crogcifisso in sè.non ho assolutamente fatto una apologia della chiesa. manco l'ho nominata.
niente, più forte di tutto...prendere notizie sparse qua e là di cui è piena ormai la letteratura anticlericale, metterle insieme e sparare a zero, manco si sa su cosa, poi...basta che sia CONTRO LA RELIGiONE CATTOLICA, PIENA DI STUPIDI RAZZISTI, CRETINI, DITTATORI...HAI RAGIONE HUBRYS!anche quando nessuno ha mai parlato di religione cattolica ma solo di un crocifisso che, volendo, poco c'entra con tutto ciò! ma è inutile, stiamo parlando da due luoghi diversi e per quanto provi a ribadire che non c'entra niente con il mio discorso la chiesa nè la religione cattolica come tale, ma solo il crocifisso, perchè tanto è da lì che parte la discussione e lì ritorna, la risposta sarà sempre ALESSANDRO VI, INNOCENZO IV, BONIFACIO VIII... strano ancora non ho visto scritto PIO XI(lo aggiungo io allora) e per continuare su questa linea dico pure RATZINGER. In tutto questo, il crocifisso?
11/10/2009, 11:41:00 AM

leo rotundo wrote ...
La Santaché è prima di tutto un'ignorante. Giudicare costumi ed eventi di 1500 o 2000 anni fa con il codice penale odierno è ridicolo e paradossale prima che pericoloso. Maria di Nazareth, la Madonna, al momento del matrimonio con San Giuseppe doveva essere molto giovane certamente minorenne come del resto lo erano la maggior parte delle donne dell'epoca il giorno del matrimonio. Questo gettereebbe una luce fosca non solo su San Giuseppe ma anche sullo ...Spirito Santo! Del resto, (beata ignoranza!) fino a una quarantina di anni fa il codice di diritto canonico concedeva il matrimonio religioso alle donne che avevano compiuto i 14 anni ed in casi particolari questo termine scendeva a 12!
11/10/2009, 7:47:00 AM

Anonymous wrote ...
Non è il diavolo, è il botulino.
11/10/2009, 3:07:00 AM

Anonymous wrote ...
Califano quello? Quel Califano? Cioe', quello che... scusa, e per trovare pace che ci ha fatto col suddetto logo di Santa Mamma Chiesa Omofoba?

(ok, ok, questo lo cancelli). Abbracci.

PS: il Diavolo non e' un cretino e quindi non sarebbe mai apparso alla signora che citi. Sara' stata la puzza delle scarpe.
11/10/2009, 1:15:00 AM

Anonymous wrote ...
Cazzo l'ho visto anch'io, è vero!
Nell'immagine ferma non si coglie, è un guizzo, un bagliore di un istante.
Quello sgabuzzino non andava riaperto.
Complimenti.
11/10/2009, 1:04:00 AM

hubrys wrote ...
così era stalin kruscev mussolini stalin lenin hilter...

e aggiungerei Innocenzo IV, Allessandro VI e Bonifacio VIII.
11/9/2009, 11:04:00 PM

Leonardo T wrote ...
Già, che sfiga, se fossi stato Hitler avrei avuto un bel bunker di cemento tutto per me.

Senti, era una battuta. Nemmeno irrispettosa, roba da frati. Una dice: "il crocefisso non discrimina perché tace". Siccome stiamo parlando di simboli, e i simboli parlanti non esistono, la cosa era un semplice nonsense. Potevo paragonarlo al fascio o al cartello di divieto di sosta, o a una figurina Panini, tutta roba simbolica che, proprio in quanto simbolica, tace.

"Leonardo scrive due post e mezzo su: fautori di quella causa, non avete capito niente: credete che questa sentenza risolverà tutti i problemi del mondo, e invece nulla cambierà!"

Cioè, ma seriamente? Tutte queste ore spese a vegliare al lume del laptop, per dire una cosa che giorgian poteva rendere in tre righe?

Vabbè, vi presento Leonardo L'Uomo Di Paglia: c'è gente che vuole cambiare il mondo e lui dice: illusi, sciocchi, mai nulla cambierà. Gli hanno fatto vedere il prototipo della ruota - bleah, per quella roba ci vorrebbero le strade e non ci sono, quindi ciccia. Gli portarono la penicillina e lui disse Illusi, Sciocchi, non capite che adesso la gente morirà lo stesso ma più vecchia, mandando a puttane il Welfare State?

Poi è un problema se non sono cortese. Ma insomma io qui porto esempi concreti:: se invece di leggere tutti 'sti blog avessi dato un'occhiata alla tv ieri pomeriggio te ne accorgevi. Alle due e mezza c'era la Santanché che accusava Maometto di pedofilia; alle tre c'era Giletti che difendeva il crocefisso, alle 18 c'era Califano che spiegava di aver trovato la pace grazie al crocefisso... allora, io di tutto questo vespaio avrei fatto volentieri a meno. Se tu vuoi considerarlo una piccola vittoria, fai pure. A me, che vivo nel mondo di quelli che guardano canale5 e poi fanno le collette per i crocefissi nelle aule in cui sono caduti, questa piccola vittoria rende la vita un pochino più difficile, però è evidente che la qualità della mia vita non è una tua priorità.
11/9/2009, 9:33:00 PM

Anonymous wrote ...
Leonardo devo fare ammenda. Ho molto peccato (sul serio). Ci pensavo anche prima di questo bellissimo post. Oggi all'università vedendo i miei compagni protestare contro la Gelmini. Non tentavamo veramente di comunicare! La protesta (senza avversari-referenti presenti) era un autorafforzamento, un farsi coraggio, un'autoesclusione. Slogan per noi stessi. Nessuno da convincere. Un prepararsi al combattimento. Fino a pochi giorni fa mi andava bene tutto questo, senza rifletterci.

Sto cominciando a capire che le persone, nel loro agire, si dividono essenzialmente in due tipi, indipendentemente da religione e orientamenti politici: quelli che tentano di convincere e quelli che tentano di distruggere. E devo ammettere che troppe volte sono stato tra quelli che tentano di distruggere. Voler convincere mi è sempre sembrata solo una forma di lotta più subdola, infida, ipocrita. A volte lo penso ancora. E' un tipo di consapevolezza difficile da accettare.

Guido.
11/9/2009, 9:20:00 PM

Anonymous wrote ...
allora, cancellerai anche questo, immagino: ma tu realmente riesci nella tua mente a paragonare la croce al fascio littorio? ma tu, hai la vaga idea di cosa realmente significhi la croce? non l'uso che se ne fa, intendo proprio il suo significato più intimo. Ora mi risponderai, pieno di te e del tuo sapere, che ne hai piene le palle di questi cattolici prepotenti e razzisti....
anche falce e martello tacevano! paragonare la croce al fascio littorio o alla svastica dimostra tutto quello che non sai e che pretendi di affermare come verità laica ed assoluta. al solito: i peggiori prepotenti sono e saranno sempre gli ignoranti...così era mussolini,hitler, lenin, stalin,kruscev, franco, berlusconi, etc etc e manchi tu ...ma non perchè non sei ignorante abbastanza, lo sei decisamente come loro, forse hai solo avuto meno fortuna.
11/9/2009, 8:31:00 PM

giorgian wrote ...
Dei cittadini presentano un'istanza a una corte importante e questa l'accoglie.

L'istanza riguarda un argomento sentito da tanti, quindi se ne discute.

(Alcuni abbaiano con la bava alla bocca, ma questo è un altro discorso.)

I favorevoli dicono la loro; qualcuno vede nella sentenza una piccola vittoria, forse un passo verso la vittoria di una istanza sociale, politica, ideale più grande che sta a cuore a molti.

Leonardo scrive due post e mezzo su: fautori di quella causa, non avete capito niente: credete che questa sentenza risolverà tutti i problemi del mondo, e invece nulla cambierà!

A chi gli risponde, spiega: poiché avete basato tutta la vostra strategia su quest'unica sentenza, la vostra sconfitta (o la nostra, non sempre è chiaro) non conoscerà uguali.

Aggiunge che una volta quelli che avevano una istanza da portare avanti tentavano di convincere gli altri, mentre ora si punta tutta la strategia su di un'unica sentenza.

"E in fondo la stessa cosa dovrebbe succedere per il crocefisso: perché perdere tempo a convincere la maggioranza degli italiani che non va esposto nei luoghi pubblici? Ci pensino i giudici, noi siamo stanchi di parlare alle coscienze. Non c'interessa più convincere qualcuno, vogliamo solo la rimozione del simbolo fisico, e poi saremo contenti. Se poi l'effetto collaterale fosse un irrigidimento della comunità cattolica, e l'aumento d'iscrizioni alla scuola confessionale, tanto peggio: meno baciapile tra le scatole."


Non posso escludere che ci sia qualcuno che abbia salutato questa come la sentenza che metterà fine a tutte le sentenze - Al mondo ci sono i cretini, gli imbecilli, gli stupidi e i matti.

Quale strategia esattamente si sia consumata non so, qualcuno me lo spiegherà.

Uno: il fronte unito degli atei agnostici biechi laicisti anticlericali non è abbastanza stalinista da poter verosimilmente impedire ai propri oscuri adepti di fare quello che cavolo vogliono quando e dove vogliono, figuriamoci rivolgersi a un tribunale (inutile stare a discutere del caso che sia un estraneo alla setta a rivolgersi a un tribunale: se hai istanze di quel tipo, sei senz'altro uno di loro). Quindi, quale che sia la strategia che il fronte unito etc. decida (come un sol uomo, naturalmente), non potrà che comunque basarsi sulla possibilità, da parte degl'infidi membri dell'armata, di fare ad ogni piè sospinto di testa propria. Se per ciò stesso il movimento è destinato al peggio resta da vedere.

Due: forse per la difficoltà della cosa, forse per motivi suoi, Leonardo tutto questo non è andato a dirlo a quelli che sono andati in tribunale, ma a tutti quelli che poteva raggiungere, per comunicare i due messaggi: o voi della setta, cambiate direzione che vi finisce male e: voi non della setta, lasciateli perdere ché finiscono male.

Tre: Di fatto, quello che Leonardo sta dicendo è: voi che la pensate in un certo modo, cambiate idea oppure smettete di dire quello che pensate, perché finirete male. Fortuna che non si debba scegliere solo tra chi mi dice che posso morire e chi mi dice di stare zitto.

Quattro: mi viene da pensare ad altre cause ed altre sentenze. Il primo caso che salta alla mente è quello dell'Amistad, che però è un esempio troppo grosso; ma va bene una sentenza qualsiasi, di quelle piccole, che pur se favorevoli, magari solo in parte, sono state puntualmente disattese e magari sono state seguite da rappresaglie. Ecco, in ognuno di questi casi, come certamente anche nel caso dell'Amistad, c'era un Leonardo che diceva che era controproducente, che era meglio lasciar perdere.
11/9/2009, 8:17:00 PM

Giorgio wrote ...
Splendido.

Faccio un unico appunto sulla considerazione iniziale: la diatriba libero arbitrio/responsabilità sociale è molto aperta e molto incerta, fin dalla divisione fra scuola classica e scuola positiva in diritto penale di fine ottocento. Quindi l'unica cosa che contesto è l'accettazione quasi postulata del liberismo. Però in questo caso non ti ci sei soffermato e quindi non potevi discuterne, era una considerazione laterale, e in quanto tale dai, ti voglio bene lo stesso. :)
O magari ho letto male, eri ironico o chessoio. In questo periodo ho un'attenzione decisamente deficiente...
11/9/2009, 5:42:00 PM

poldo wrote ...
Oggi sul Blog di Grillo, penso la miglior risposta...
Povero Cristo in mano a Berlusconi
di Paolo Farinella, prete
"I giornali del giorno 5 novembre 2009, riportano la foto di Berlusconi che tiene in mano un Crocifisso, abbastanza grande. Le cronache dicono che glielo abbia dato il prete di Fossa, nell’ambito della consegna delle case. Se c’è una immagine blasfema è appunto questa: colui che ha varato una legge incivile contro i "cristi immigrati", che parla di "difesa dei valori cristiani". Un prete che consegna il crocifisso a Berlusconi è uno spergiuro come e peggio di lui. Povero Cristo! Difeso da una massa di ladroni che non solo lo beffeggiano, ma lo crocifiggono di nuovo con la benedizione del Vaticano, che per bocca del suo esimio segretario di Stato, ringrazia il governo per il ricorso che presenterà alla Corte di appello di Strasburgo.
Possiamo dire che c’è una nuova "Compagnia di Gesù" fatta di corrotti, di corruttori, di ladri, di evasori, di mafiosi, di alti prelati còrrei di blasfemìa e di indecenza, di atei opportunisti, di cultori di valori e radic(ch)i(o) cristiani … chi prepara la croce, chi la fune, chi i chiodi, chi le spine, chi l’aceto … e i sommi sacerdoti a fare spettacolo ad applaudire. Intanto sul "povero Cristo" di nome Stefano Cucchi, morto per mancanza di "nutrizione e idratazione", da nessuno è venuta una parola di condanna verso i colpevoli di omicidio, nemmeno dai monsignori che hanno gridato "assassino" al papà di Eluana Englaro.
Povero Cristo, difeso dai preti come suppellettile e raccoglitore di polvere nei luoghi pubblici e da tutti dimenticato come Uomo-Dio che accoglie tutti e dichiara che sono beati i poveri, i miti, coloro che piangono, i costruttori di pace, i perseguitati, gli affamati! Povero Cristo, difeso dagli adoratori del dio Po e di Odino che ne fanno un segno di civiltà, mentre lasciano morire di fame e di freddo poveri sventurati in cerca di uno scampolo di vita.
Povero Cristo, difeso dalla “ministra” Gelmini che trasforma il Crocifisso in un pezzo di tradizione “de noantri”, esattamente come la pizza, il pecorino, i tortellini. Povero Cristo, difeso da Bertone che lo mette sullo stesso piano delle zucche traforate.
Povero Cristo! Gli tocca ringraziare la Corte di Strasburgo, l’unica che si sia alzata in piedi per difenderlo dagli insulti di chi fa finta di onorarlo. Signore, pietà!
Guardando a quel Cristo che è il senso della mia vita di uomo e di prete, ho la netta sensazione che dalla sua comoda posizione di inchiodato alla croce, dica: "Beati voi, difensori d’ufficio... beati voi che ho i piedi inchiodati, perché se fossi libero, un calcio ben assestato non ve lo leverebbe nessuno"."
11/9/2009, 5:18:00 PM

Poldo wrote ...
Quoto Riccardo EX parlamentare, quindi che si alzi le maniche e vada a lavorare!In fondo personaggi di rifondazione e dei comunisti Italiani in tv non ce ne sono, se non Luxuria che però non parla di politica.
Quindi non capisco perchè sia sempre in tv come il prezzemolo.VIA, VADA A LAVORARE!
11/9/2009, 5:15:00 PM

Anonymous wrote ...
@ Andrea

La Costituzione dichiara pari dignità delle varie religioni di fronte alla legge. Ma è la stessa Costituzione a dare al Cattolicesimo una "marcia in più", attraverso i concordati col Vaticano.
Secondo me è una sciocchezza sostenere che lo stato italiano è uno stato laico: è semplicemente uno stato che non impedisce a nessuno di avere un proprio credo religioso. E la cosa è molto diversa.
11/9/2009, 5:01:00 PM

abbasta wrote ...
Ma perché non si può fare tutte due le cose: far rispettare i diritti umani e operare per favorire una maturazione culturale della società, non è quello che deve fare la politica? Non è quello che dovrebbe fare un partito come il PD, invece di limitarsi ad amministrare l'esistente?

E il finale del tuo bel post è giusto, la religione è opera del diavolo, e se fossi Satanasso non potrei pensare a niente di più efficace per seminare odio e divisione tra gli uomini, la religione.
11/9/2009, 4:50:00 PM

Valentina wrote ...
Non ho letto i commenti, non ho proprio tempo oggi, però volevo dirti questo.
All'inizio ho pensato: ma perché una persona così (tu) sta a scuola a fare l'insegnante? Perché non invece a fare politica, etc.
Poi c'ho pensato e mi sono detta: perché una persona come te è proprio quella giusta per fare l'insegnante. Il tuo senso critico, la tua capacità di analisi, il tuo saper formulare a parole e in modo chiaro i tuoi pensieri è impressionante. Spero tu riesca a trasmettere queste tue capacità, prima ancora della conoscenza, ai tuoi studenti nonostante le difficoltà linguistiche e culturali.
11/9/2009, 4:45:00 PM

Leonardo R. A. wrote ...
Leonardo, sono costretto a spammare anch'io la mia adorazione: hai una sensibilità e una capacità di comprensione assolutamente straordinarie.
11/9/2009, 4:03:00 PM

Kimboz wrote ...
Ma e' cosi' difficile ammettere che un edificio pubblico rappresenta un'estensione dello Stato e deve percio' rappresentare tutti, e non e' dunque un luogo qualsiasi?

Un edificio pubblico non dovrebbe avere propensioni verso una spacifica religione perche' la costituzione dice che tutte hanno pari dignita' innanzi allo Stato. C'e' davvero poco da aggiungere o disquisire. Poi se uno vuole fare una battaglia sociale ben venga.

Che poi ci siano delle usanze difficili da eradicare puo' essere un problema, alcuni hanno l'infibulazione, in altri posti dell'interno della Sicilia si usa sparare a chi collabora con gli inquirenti. Che fa lo tolleriamo perche' e' usanza?

La scuola, come un'aula di tribunale e' un luogo non semplicemente pubblico, e' un edificio statale. DEVE essere equidistante (l'edificio) dalle diverse confessioni.

E se il governo pensa che e' intollerabile si assuma le sue responsabilita' ed avvii la procedura di uscita dall'Europa, se no taccia e si uniformi. Se ricordo bene con il trattato di Lisbona e' la procedura da intraprendere e' ufficiale.

Andrea
11/9/2009, 4:03:00 PM

Anonymous wrote ...
Post dell'anno, davvero.
11/9/2009, 3:11:00 PM

Anonymous wrote ...
La Santanchè è in questo momento su RAIDUE, fresca fresca come niente fosse
11/9/2009, 2:34:00 PM

mnemonia wrote ...
Questo post è ineguagliabile.
11/9/2009, 2:12:00 PM

masaccio wrote ...
Tutto splendido. Però perché io mi ricordi che Alì (fondatore dello scisma scita) fosse il genero di Maometto e non so cugino?
11/9/2009, 1:36:00 PM

Anonymous wrote ...
Un post perfetto.
Però io mi domando, me lo chiedo da tempo: imporre a forza "la libertà" è sicuramente paradossale e concretamente poco efficace, se davvero vuoi rendere libero qualcuno, ma esiste un confine entro il quale i diritti vanno difesi comunque?
Penso all'infibulazione, per esempio. Giusto far capire con rispetto e paziente lavoro culturale che è una cosa sbagliata, ma nell'attesa che quel tipo di cultura cambi (e non diventi necessariamente la nostra, ma almeno accolga il concetto di diritti universali della persona) che si fa?
Dove fissiamo quel confine? Dove l'azione è invece necessaria e irrinunciabile?
Barbara
11/9/2009, 12:50:00 PM

Anonymous wrote ...
ho visto anche io quel teatrino squallido di domenica cinque.la donna di casa ha smesso pure di sparecchiare per lo sdegno che il diavolo le ha generato in gola.
grazie per le tue parole
sono vitali

gian
11/9/2009, 12:48:00 PM

luzmic wrote ...
"E in fondo la stessa cosa dovrebbe succedere per il crocefisso: perché perdere tempo a convincere la maggioranza degli italiani che non va esposto nei luoghi pubblici? Ci pensino i giudici, noi siamo stanchi di parlare alle coscienze"

Ma non è quello che stiamo facendo qui, affinare gli argomenti per cercare di convincere la maggioranza degli italiani che il crocefisso non va esposto nei luoghi pubblici?

Non mi pare che nessuno sia andato a strapparli dalle aule a forza.

Poi si', certo, c'e' qualcuno che di fronte a certe situazioni non riesce a far finta di niente e, invece di farsi esplodere o intraprendere azioni di forza, fa quello che dovrebbe fare chiunque ritenga di aver subito un soppruso: si rivolge ai tribunali. E siccome il lavoro dei tribunali e' decidere le controversie che riguardano le relazioni fra le persone, e questa è una controversia che riguarda le relazioni delle persone, emettono delle sentenze.

Le quali sentenze hanno l'effetto di farci parlare, discutere e (inevitabilmente e lentamente) modificare le nostre opinioni.

P.S. Che paura la fine del post...
11/9/2009, 11:16:00 AM

Thomas Morton wrote ...
No, no. Io dò proprio la colpa ai genitori. Non l'hanno menata abbastanza.
11/9/2009, 10:20:00 AM

Anonymous wrote ...
Il più bel post della storia dei blog.

Non ti curare dei commenti, nessuno raggiungerà il livello di ciò che hai scritto.

Fabrizio
11/9/2009, 10:03:00 AM

StefsTM wrote ...
Ci sono cose che non passano mai di moda: la canzone "tanti auguri a te", alcuni accessori per signore, e le guerre di religione.
11/9/2009, 9:19:00 AM

toyg wrote ...
Daniela Santanche' non e' nemmeno originale: il genere "biondona reazionaria che dice pane-al-pane e scandalizza la sinistra" l'ha inventato Ann Coulter 10+ anni fa negli States. Look it up.

Evidentemente anche il diavolo ci tiene ai format di successo -- i piu' fortunati vanno ancora in onda, 2000 anni dopo.
11/9/2009, 8:28:00 AM

DrBrunvand wrote ...
Leonardo in questi giorni non ho visto nessun carosello di automobili per la decisione del tribunale di Strasburgo.
Uno dei motivi è che chi avrebbe potuto festeggiare il riconoscimento di un diritto sa che è probabilmente vero che i crocifissi resteranno dove sono, difesi in modo ostile e ottuso da masanielli che dicono di voler salvare il loro piccolo mondo antico. Nel frattempo la sentenza resta e con il tempo gli attuali sedicenni avranno qualche anno a disposizione per chiedersi che cosa ci fosse di sbagliato nei principi che l'hanno motivata, magari mentre incrociano con lo sguardo la natura morta di ramoscello d'ulivo e crocifisso appesa sul muro di un consultorio in cui mendicano una pillola del giorno dopo. Quanto all'oggi vedo solo gente che mi urla dallo schermo della televisione di stato che io posso morire, posso morire, posso morire. Me ne farò una ragione.
11/9/2009, 3:59:00 AM

Riccardo wrote ...
Giusto tutto, soprattutto il gioco "causa-effetto". Ma mi domando: perché la Santanché è sempre in tv, sempre a orari da casalinga, sempre ad aizzare la rissa? E' ormai quello il suo ruolo? Ha senso che la d'Urso si dissoci dalla Santanché quando sarà la ventesima volta che, in una sua trasmissione, l'ex parlamentare spara frasi del genere?
Boh
11/9/2009, 3:41:00 AM

Anonymous wrote ...
Un commento che non aggiunge nulla, ma sentivo proprio il bisogno di dirlo: grandioso.

Davide
11/9/2009, 3:31:00 AM

...e non ne rimase nessuno

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12 piccoli indiani


Ma se domani, per dire, mi portassero davanti a una collaboratrice del ministro Gelmini, e mi chiedessero come la penso delle sue proposte sulle quote-stranieri nelle classi, ce la farei a organizzare un discorso coerente? Non ne sono così sicuro. Comunque direi qualcosa del genere:

 - Il Ministro Gelmini diceva in settembre che In alcune classi la presenza degli immigrati sfiorava il 100%: “queste”, diceva, “non sono le condizioni adatte per favorire l’integrazione”. Beh, in effetti no.

- Ma qui c'è qualcosa che non torna. In Italia ci sono tanti immigrati, ma non così tanti. Esistono davvero questi piccoli comuni padani letteralmente occupati da stranieri?

- Nel caso di Luzzara, che ha fatto un po' discutere (una scuola dell'infanzia ha dovuto istituire una classe di soli bambini di origine straniera), basta avvicinarsi un po' per scoprire che lì nei pressi c'è una scuola parrocchiale dove probabilmente gli immigrati non vanno. Ecco svelato il mistero: i bambini italiani ci sono. Ma i genitori li iscrivono altrove.

- I genitori. Quasi nessun genitore è razzista, ma tutti vogliono il meglio per i loro figli. I cognomi stranieri li spaventano. Almeno il primo giorno: di solito a ottobre sono già molto più tranquilli. Ma quelli che avevano veramente paura ormai hanno già iscritto il figlio altrove: per esempio a una paritaria. Però la paritaria è finanziata con fondi degli enti locali e coi buoni scuola dello Stato, per cui dovrebbe aiutare a risolvere il problema, non crearlo.

- Anche dove non c'è la paritaria, ti capita di trovare lungo lo stesso corridoio una classe con 12 alunni di origine straniera e una classe 100% italiana. Cosa succede? Succede che ogni scuola propone ai genitori avveduti, nel suo Piano dell'Offerta Formativa, qualche espediente per non infilare il proprio figlio in una classe troppo multiculturale (insomma, un negretto ogni tanto ci sta anche bene, ma che non siano troppi). Ad esempio: i corsi di strumento musicale, i corsi bilingue con una seconda lingua un po' più difficile, come il tedesco (mentre i nordafricani, si sa, scelgono tutti il francese...) Così già alle medie abbiamo classi col numero chiuso: è chiaro che lì arriveranno più facilmente bambini che non hanno problemi di integrazione. Di solito italiani, ma anche figli di immigrati ormai integrati che magari parlano italiano anche in famiglia.

- Ora, se io accetto che si formi una classe di 28 bambini senza problemi di integrazione (in in una pubblica o un una paritaria) sto anche accettando che da qualche altra parte si formi una classe di 28 bambini che hanno problemi di ogni tipo. Non solo di integrazione: potranno provenire da famiglie disagiate, o soffrire di particolari disturbi (a proposito, ci avete tagliato gli insegnanti di sostegno). Per cui non solo gli studenti stranieri tendono ad essere ammucchiati nelle stesse classi, ma anche gli italiani in quelle stesse classi sono già in partenza più problematici. È un sistema che si morde la coda: l'ansia dei genitori di non iscrivere il figlio a una classe ghetto finisce col creare una classe ghetto, nella quale l'anno successivo un altro genitore cercherà di non iscrivere il figlio, e così via.

 - Gli stessi genitori poi si scandalizzano se qualcuno comincia a proporre classi-ponte di soli stranieri da alfabetizzare. Però se si accettano criteri di preselezione degli studenti, è chiaro che per ogni classe d'élite da qualche parte si formerà un ghetto.

 - Se si vuole andare verso un modello di scuola autonoma in concorrenza con le altre (e lo so, Onorevole, che lei ci vuole andare), si accetta un modello preciso, di marca anglosassone. Ora, tra le tante cose buone e cattive che ci sono arrivate dagli USA e dalla Gran Bretagna, mancano ancora i riots razziali. Quelle rivolte che scoppiano nei quartieri-ghetti per mano di una gioventù che non si riconosce nella nazione in cui vive più o meno dalla nascita. Se laggiù le cose vanno così, perché non dovrebbe succedere anche da noi? Vi lamentate che rischiamo il Londonistan, e poi ci proponete una riforma all'inglese. Ehm.

 - Invece la scuola che abbiamo oggi, per quanto confusionaria e maldestra, è il primo strumento d'integrazione delle famiglie straniere, e in certi casi l'unico. Non buttiamola via. Facciamo anche scuole private finanziate da fondazioni, ma obblighiamole a prendere su di sé la loro quota di studenti immigrati e disagiati. Un 30% mi sembra ragionevole.
Però in tutte le scuole, comprese le paritarie (altrimenti cosa intendete fare, caricare il surplus di studenti stranieri sui pulmini e portarli nelle scuole di altri comuni? Suona un po' sinistro). Certo, molte delle scuole paritarie sono confessionali. Vorrà dire che dovranno esserlo un po' meno, nello spirito della Costituzione. E poi comunque il crocefisso al muro c'è anche nella scuola pubblica; per l'alunno musulmano non è che cambierà molto.

 - Invece se parliamo di quota di stranieri in una classe, il 30% mi sembra in realtà un tetto molto alto: 9 su 27, domani 10 su 30! Una classe così, a occhio, mi sembra già un ghetto potenziale. Meglio spalmare. Dove ci sono venti stranieri e dieci classi, due stranieri in tutte le classi. Tutte, anche le classi un po' 'speciali' con la lista di attesa. I genitori brontoleranno, ma dobbiamo essere consapevoli che è proprio la nostra inclinazione ad assecondare il brontolìo dei genitori che alla lunga crea il ghetto.

 - Il 30% comunque è un'imposizione dall'alto: non sarebbe il caso di lasciare una maggiore autonomia di scelta a insegnanti e dirigenti scolastici? A volte per evitare una classe troppo straniera si separa una persona dall'unico compagno che parla la sua lingua e può fargli da ponte.

 - Il 30%, infine, è uno slogan, pronunciato per giunta nel momento più sbagliato: le classi si fanno in luglio, il Ministro comincia a parlarne in settembre. Ma a settembre i genitori vanno a vedere l'elenco della classe del figlio nella bacheca della scuola, trovano un sacco di cognomi stranieri, e non capiscono perché il Ministro dica una cosa e la scuola ne faccia un'altra. Il personale scolastico andrebbe trattato con maggior rispetto: prima di lanciare slogan che giornalisti e genitori recepiscono immediatamente, bisognerebbe condividerli con dirigenti e insegnanti. Altrimenti di fatto l'insegnante è messo in mezzo tra un Ministro che a volte sta solo pensando a voce alta e un genitore convinto che il pensiero sia già stato tradotto in legge.

 - Perché poi a trasformare le boutades in realtà servono risorse, e voi le risorse ce le state tagliando. Una scuola che non ha più fondi per organizzare corsi di alfabetizzazione non fa più integrazione. Il personale ci sarebbe, le strutture anche: mancano i soldi. E allora in realtà di cosa stiamo parlando? Se siete convinti che l'integrazione sia necessaria, bisogna finanziarla. È senz'altro un investimento sul futuro, sui riots che avremo o non avremo, sui geni potenziali che potrebbero inventarsi il made in Italy di domani e che oggi stanno in una classe dove nessuno riesce a insegnar loro a spiegarsi in italiano.

 - A proposito, non è vero che un bambino infilato in una classe italiana senza che conosca una parola di italiano dopo un po' parla e scherza coi compagni. Ovvero, a volte effettivamente accade, ma il più delle volte no. C'è gente che rimane in silenzio a fissare una parete per anni interi. Vi rendete conto cosa sia rimanere seduti per anni interi a sentire una lingua che non vi è chiara? Perché è quello che stiamo facendo passare a questi bambini. È difficile pensare che in seguito ameranno la loro patria di adozione. Magari se ne torneranno in Bulgaria e s'inventeranno il Made in Bulgaria.

 Sullo stesso, annoso argomento:
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Il Merlo maschio

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Ma voi sapreste dire esattamente cosa c'è di sbagliato in un burkini? Ovvero, cosa c'è di sbagliato nel recarsi in una piscina insossando un indumento che copre quasi del tutto le forme femminili?
È una questione di praticità, di igiene, di sicurezza? No, l'indumento è fatto apposta per essere adoperato in piscina.
Non si può identificare il volto di chi lo indossa? E perché mai, se l'unica cosa scoperta è il volto? (peraltro, finché lo usano tre in tutta Italia, l'identificazione ha l'aria di un falso problema).
Spaventa i bambini”? Ecco, questo invece sì che è un vero problema. Bambini italiani che si spaventano davanti a figure femminili completamente coperte... E poni che un giorno per sbaglio passino davanti a una statua della Madonna (in Veneto se ne trovano alcune), ti immagini lo choc?

Più probabilmente è una questione religiosa, e cioè: il burkini non va bene perché è roba islamica. Infatti, se se lo infila una ragazza italiana allergica al cloro, nessuno si preoccupa: il burkini ridiventa una comunissima “muta”, i bambini non si spaventano più, il bagnino non si attiva, i giornalisti non ne scrivono niente. È come ritrovarsi e inginocchiarsi in piazza: tutti lo possono fare, è garantito dalla Costituzione... ma se si scopre che stanno pregando in arabo non va più bene, scandalo (“Ma avevamo chiesto il permesso” “Non importa, è uno scandalo” “Ma c'è libertà di culto...” “Sì, ma mica in piazza”).

Se tutto questo ancora non vi basta per trovare esecrabile il burkini, se insomma siete alla ricerca di una ragione in più per odiarlo senza passare per bambini frignoni o comunissimi islamofobi, Repubblica di giovedì scorso vi dava un ulteriore motivo, forse determinante. O no? Insomma, valutate voi. Il burkini è sbagliato perché eccita Francesco Merlo.
Esatto, proprio così. L'indumento riprodotto nella foto sopra ha il potere di risvegliare gli appetiti sessuali del siculo editorialista.
Il bikini, che passa inosservato, è più casto del burkini che morbosamente, almeno nelle nostre piscine, spinge a indagare e a spiare le forme dei corpi femminili. E di sicuro il Corano invita al pudore ma non al martirio come espediente erotico. Fermo restando che in Europa ciascuno ha il diritto di coprirsi come vuole, anche quando fa il bagno in piscina o al mare, non ci pare soltanto ridicolo che una signora si immerga con una specie di aderente cappotto. Fosse un abito da sera ne subiremmo il fascino, e potremmo anche regalarlo alle nostre donne che, in certi momenti, giocano a lasciare indovinare cosa c' è sotto un vestito castigato tra luci, calici e sorrisi di sana seduzione [Non male. Se il burkini fosse un abito da sera, sarebbe un regalo da maschio latino. E se avesse le rotelle sarebbe un carrello della spesa, aggiungerei]. Al contrario, in piscina, una donna in abito da sera viene subito spogliata dagli sguardi maschili.
A questo punto sorge spontanea una domanda: Merlo, che piscine frequenti? Donne in abito da sera, sguardi maschili che spogliano... no, così, per curiosità, che orari fanno? Ci sono sconti per i dipendenti pubblici? Eh, no, niente, mi ero distratto. Torniamo al pezzo.
Mettete, per dire, una suora in una piscina
Che idea. Sul serio: perché non mettiamo una suora in piscina? Ma se la suora preferisce di no (non possiamo mica obbligarla, noi), perché non la mettiamo almeno ogni tanto in prima pagina? Insomma, la storia ci sarebbe: decine di migliaia di donne nella sola Italia che in qualsiasi stagione, in barba ai costumi correnti, vanno in giro coperte dai capelli in giù: sostengono di farlo per libera scelta, ma sarà vero? Anche le mogli islamiche dicono così, mica la beviamo. E sapete una cosa? Molte di queste signorine lavorano nelle scuole! Nelle stesse scuole dove una musulmana non può coprirsi i capelli perché... “spaventa i bambini”.

Ma tergiverso. Torniamo a Merlo, e al suo esperimento mentale: cosa succede se tuffiamo una suora in piscina? Beh, secondo il principio di Archimede, dovrebbe riaffiorare. Certo, con quei vestiti... ecco, in questo caso un burkini le farebbe persino comodo, tuttavia...
No, scusate, sono sulla cattiva strada. A Merlo non interessa la suora in quanto corpo grave immerso in un fluido, bensì come fonte di interesse lascivo. Come, pure la suora? Ebbene sì, essa pure.
Mettete, per dire, una suora in una piscina e vedrete come accenderà i più lascivi: gomitate, risatine...
Ora io non so che suore ci siano dalle vostre parti, ma l'immagine di una di quelle che ho frequentato io, siano clarisse o delll'ordine del SS. Cuore di Gesù, immersa in una piscina, non mi accende proprio. Oserei dire che mi spegne anche un po'. C'è qualcosa che non va nella mia virilità? Ma insomma in che razza di piscine vai, Merlo? Che gente frequenti? Si danno le gomitate quando si tuffano le suore? Diciamola tutta, è quel tipo di gente che va tenuta lontana dai termosifoni tubolari, è così? Gente a cui il pastore non affiderebbe il gregge nemmeno per il tempo di una pisciatina, così hanno molto tempo libero e vanno in piscina con Merlo a guardare le suore. E non ce l'hanno una doccia fredda, in quella piscina lì? Perché, insomma, potrebbe aiutare.
Insomma queste donne in burkini rimettono in vita tutto l' eros represso dei maschi caproni, li risvegliano, li provocano al gioco dell' indovina cosa c' è sotto, se mutande e reggiseno, se tanga «e chissà com' è fatta..., e chissà quanto è rotonda». È l' eros dei nostri preti con la tonaca, quello che piaceva alla frigida Lulù di Jean Paul Sartre: il burkini, quando non è ridicolo, è un vizio.
Va bene, abbiamo capito (il pezzo continua per altre tremila battute, ma abbiamo capito). Sintetizzando ulteriormente: Il burkini cosa religiosa sembra, ma in realtà esca sessuale è.
Beh, ma fosse anche?

L'idea che nell'era di youporn qualcuno riesca ancora a eccitarsi con una muta da sub, se non facesse sorridere, sarebbe commovente: non tutto è perduto, ci sono ancora margini di erotismo inesplorati. Ditelo ai cameramen di Sarabanda che per mesi hanno seguito il fondoschiena di Belem Rodriguez che andava a tuffarsi: basta così, tornate indietro (anche perché il passo successivo sarebbe la colonscopia), l'anno prossimo fasciatela di cotone dalla testa ai piedi, garantisco che a molti basterà – perlomeno ai compagni di nuoto di Merlo.

Ma fosse anche. Siamo laici, che senso ha fare del moralismo? L'islamica ha diritto di fasciarsi, il maschio siculo di eccitarsi: chi ci rimette? Mi sembra un raro e commendevole esempio di situazione win/win. E allora?

E allora forse senza volere Merlo ha centrato il problema. Quello che ci disgusta di più, dell'Islam, non è il maschilismo. Non sono le bombe (che per ora da noi non si son viste). Quello che ci rende l'Islam più indigesto di altre religioni, è che ci assomiglia da vicino. È la nostra foto in bianco e nero, di quando eravamo più giovani e passavamo pomeriggi in piscina nel tentativo d'intravedere un'ascella: e tra gomitate e risatine si passava il sabato. Il ritratto di noi stessi da poveri, questo è l'Islam. L'Internazionale Terrona(*) che ci torna in casa – speravamo di averla fatta fuori, sommersa di rifiuti postmoderni, niente da fare: eccola puntuale col suo fardello di donne fasciate e maschi perennemente allupati. I nordici queste cose non le possono capire: noi gli arabi li odiamo come si odiano i parenti poveri. Che ci piovono in casa. E il prete dice pure che non possiamo tenerli fuori, ah, sciagura.

* (c) Lia, mi pare.
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Parlare per non capirsi

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Mi me son fato 'na lengua mia

(2013. Il mondo non è finito, purtroppo, e così i leghisti sono rimasti al potere. Trieste, sede della Regione, Assessorato alla Pubblica Istruzione:)

“Ventiquattro. No! Daccapo. Per uno, sette; per due quattordici; per tre ventuno, per quattro... per quattro... Maledigne!”
Toc, Toc.
“E adesso chi è?”
“Commissario, avremmo un problema”.
“Adesso no, sono impegnato. Sto ripassando la tabellina del set...”
“Il fatto è che tra gli aspiranti insegnanti per la regione Friuli Venezia Giulia c'è un candidato che ci sta dando dei grossi problemi”.
“E alore bocciatelo, che problema c'è”.
“Ecco, il punto è proprio questo. Non possiamo bocciarlo. Ha superato tutti i test senza fare un errore”.
“Non capisco. Se è così bravo che problemi vi dà? Come si chiama?”
“Totò di Gennaro”.
“Ah, forse ho capito. Totò sta per Salvatore?”
“No”.
“Per Antonio?”
“Neanche. Totò sta per Totò e basta, ci ha fatto vedere i documenti, lui si chiama così. E pretende che lo assumiamo”.
“Eh, certo, poi quando si ritrovano in classe un maestro di nome Totò la colpa è nostra... va bene, ai casi estremi, estremi rimedi. Fategli il test sul dialetto”.
“Ma commissario...”
“Lo so, di solito non si fa, ma questo è appunto uno dei casi. Chiedetegli due frasi in triestino e mandatelo a casa. E se verranno i giornalisti, pazienza”.
“Commissario, non creda che non ci abbiamo già pensato”.
“E quindi?”
“Il punto è che il triestino non lo sa nessuno in commissione. Lei ne parla un po'?”
“Ma che razza di triestini siete?”
“O soi furlan, o ven di Udin”.
“Eh?”
“Dicevo che sono friulano, di Udine”.
“Ah! Ma che lingua parli?”
“Friulano”.
“Ma non mica una lingua quella lì”.
“Come no, certo che è una lingua”.
“Ma no, lo sanno tutti che vi capite a gesti, come i macachi... va bene, vengo io. Voglio proprio vedere come se la cava, il Totò Esposito”.
“Totò di Gennaro”.
“Esposito, di Gennaro, stessa roba. Faccia strada”.

(Entrano nell'aula. Al centro, una fila di esaminatori terrorizzati – tutti rigorosamente nativi della regione Friuli – Venezia Giulia. Davanti a loro, Totò di Gennaro si sta pulendo l'angolo di un'unghia con studiata non chalance. Ha appena finito di illustrare il teorema di Fermat, con una meravigliosa dimostrazione che per amor di sintesi qui vi risparmio).


COMMISSARIO: “Di Gennaro Totò?”
TOTO': “Songhe io”.
“Lei mi sembra molto determinato a conquistare una cattedra nella nostra bella regione”.
“E cosa vuole mai, commissario... se debbo scegliere tra il Friuli e la disoccupazione...”.
“È meglio il Friuli”.
“Della disoccupazione? Mmmsì”.
“Però, vede, per insegnare qui da noi non basta conoscere le materie, anche alla perfezione, come lei... ci vuole un certo attaccamento che forse, da parte sua, ancora non abbiamo riscontrato... insomma, è sicuro di riuscire a interagire con gli studenti?”
“Ma sì, penso di sì”.
“Per esempio, metta che le chiedano che tempo fa... in triestino”.
“Sùfia 'n'arieta cruda e piovarà diboto: se se sera el capoto, se fica le man drento”.
“Eh?”
“Le ho risposto in triestino: soffia un'arietta cruda e pioverà fra poco: ci si chiude il cappotto...”
“Ma sì, sì, ho capito... più o meno... ma i triestini di solito non parlano così”.
“Dice di no?”
“Dico di no”.
“Sulla base di quali elementi?”
“Elementi? Non c'è bisogno di elementi, sono di Trieste e lo so”.
“Mi dispiace che lei triestino sconfessi in questo modo i versi di Virgilio Giotti”.
“E chi sarebbe questo Virgilio...”
“Il massimo poeta in lingua triestina del Novecento”.
“Poeta in lingua triestina?”
“Eh, sì”.
“Ma scusi, un conto è la poesia scritta, un conto è... il dialetto”.
“In che senso?”
“Il dialetto non è mica una cosa che si può imparare a memoria sui libri... è una cosa viva, mobile...”
“Può anche darsi: però un esame è una prova oggettiva, in cui lei mi fa una domanda e io le do una risposta. E c'è un verbale scritto, dal quale deve risultare che lei mi ha fatto una domanda in triestino e io le ho risposto”.
“E lei si aspetta che noi la promuoviamo semplicemente perché ha mandato a memoria due versi di un poeta triestino che...”
“Me 'speto senpre, 'speto incora, che fassa l'alba, che fassa aurora, e che la vegna a dame un baso, a ufrime el so geranio in vaso”.
“Ancora questo Virgilio...”
“No, questo è Marin”.
“Marino chi?”
“Biagio Marin, uno dei più grandi poeti...”
“Triestini?”
“Ma no, non lo sente? Marin è di Grado, provincia di Gorizia. Non si parla solo triestino, nella vostra bella regione”.
“Ah, perché se io le chiedessi di parlarmi in friulano, lei...”
“Na greva viola viva a savarièa vuèi Vinars”.
“Stop. Non ci ho capito niente, ma non m'importa. Lei non può fare così”.
“Così come? Sapevo che durante l'orale era previsto un esame di dialetto e me lo sono preparato; che altro avrei dovuto fare?”
“Lei non può fingere di conoscere i nostri dialetti”.
“Io non fingo niente. Ho solo imparato le vostre poesie”.
“Le nostre poesie, fantastico, adesso solo perché stiamo a Trieste o a Grado queste sono le nostre poesie”.
“Non lo sono?”
“Per esempio, io non le avevo mai sentite”.
“Ma sono sui libri, sulle maggiori antologie della letteratura italiana, e insomma io per superare la prova di dialetto cosa avrei dovuto fare? Studiarmi quindici grammatiche diverse che non sono neanche in commercio?”
“No. No. No. Il dialetto non s'impara”.
“O bella, e perché?”
“Perché... è la lingua che uno si trova in casa... ci nasce dentro, non ha bisogno di nessuno che te la insegni, capisce? È una radice. Uno ce l'ha o non ce l'ha”.
“E quindi non c'è neanche bisogno di un maestro che ve l'insegni a scuola, no?”
“Giusto. Però comunque i maestri li vogliamo tutti radicati”.
“Comincio a capire. Vi serviva qualcosa che fosse il contrario della cultura. Qualcosa che non si può insegnare, non si può imparare, non si può comunicare. E avete trovato il dialetto”.
“Appunto”.
“Ma è solo una vostra idea di dialetto. Bastava guardarsi un po' in giro per rendersi conto che anche i vostri dialetti sono lingue, con le quali sono stati scritti libri, che tutti possono leggere e apprezzare... persino un neolaureato avellinese, perché no”.
“Certo che voi meridionali siete tremendi. Facciamo una legge e trovate un inganno”.
“Credete che il triestino sia solo quello delle bestemmie dei bar, e ci hanno scritto poesie d'amore. Il più famoso poeta in friulano è nato a Bologna, è morto a Roma. E poi siete arrivati voi, che non sapete un cazzo”.
“Ehi, come si permette?”
“È un'espressione dialettale. Significa che vivete in una dimensione di non comprensione di sé e dell'altro”.
“Cioè in parole povere...”
“Non capite un cazzo, a un punto tale che vorreste fare esami sul cazzo che non capite. E pretendete pure di avere delle radici, le radici, ma dico io, del concime tossico sparso tutt'intorno ne vogliamo parlare?”
“L'esame è finito, può accomodarsi, grazie”.
“Un giorno o l'altro mi tornarò, / No' vùi fra zénte strània morir, / Un giorno o l'altro mi tornarò / Nel me paese”.
“E adesso che fa... scenda da quella cattedra”.
“Dentro le pière che i gà inalzà / Su le rovine, mi cercarò, Dentro le pière che i gà inalzà, Le vecie case”.
“Dobbiamo chiamare le camicie verdi? Scenda giù”.
“Sarò pai zòveni un forestier, / Che varda dove che i altri passa, / Sarò pai zòveni un forestier, / No' lori a mi”.
“Ma in che lingua sta parlando, qualcuno ci capisce? Sembra arabo”.
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Don't you black or white me

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I due peccati capitali di Jacko

“A questo punto perché non dite alla gente che sono un alieno che viene da Marte. Dite loro che mangio polli vivi e faccio danze vudù a mezzanotte. Crederanno in tutto quello che dite, perché siete giornalisti. Ma se io, Michael Jackson, stessi dicendo “Sono un alieno che viene da Marte e mangio polli crudi e faccio danze vudù a mezzanotte”, la gente direbbe, “Ehi, quel Micheal Jackson è fuori di testa. Completamente fuso. Non puoi credere a una sola parola di quel che dice”.

“Vorrei che non ci fosse nero o bianco, vorrei che non ci fossero regole” (Prince, Controversy)

Il cinismo, per carità, piace anche a me. Non starei altrimenti così tanto tempo su internet. E ben venga il cinico Internet, soprattutto in situazioni del genere, quando tv e giornali pretendono di commuoverti con coccodrilli polverosi estratti in fretta e furia dal cassetto.

E tuttavia c'è qualcosa di inquietante nella rapidità con cui ci siamo tutti messi a scherzare sulla morte di Micheal Jackson. Certo, era un modo per reagire all'overdose di melassa dei media e dei fan, eppure finora qualsiasi altra celebrità – non importa quanto antipatica – aveva avuto il diritto a quel quarto d'ora di rispetto post mortem che per Jacko non c'è stata. Abbiamo iniziato con le battute subito e, posso dire? Alcune non valevano nemmeno la pena.

Ma non voglio fare la morale. Mi piacerebbe soltanto capire i motivi per cui il suo cadavere ancora caldo ci è sembrato più buffo, e meno sacro, di quello di chiunque altro. Io credo che MJ, figura inattaccabile dal lato artistico, si sia macchiato di due peccati mortali, che non gli abbiamo mai perdonato, e che tuttora ci impediscono di vederlo per quello che è stato: l'eroe tragico di una vita straordinariamente complicata, e un artista immenso.

Il primo, irredimibile peccato è stato mettere a letto dei bambini in camera sua. Tutto qui? Sì, perché la polizia che setacciò Neverland non è mai riuscita a trovare niente di più, e i testimoni (radunati anche attraverso un numero verde: “sei stato molestato da Jacko? Chiama il XX-xx-xx”) non sono mai sembrati credibili alle due giurie che lo assolsero. Due volte. Il suo principale accusatore era un bambino che aveva sofferto di un cancro, a cui MJ aveva pagato le sedute di chemio. Lui, il fratello e la madre si contraddissero varie volte durante il processo. Nonostante questo, siamo tutti convinti che MJ sia stato un pedofilo. Lo abbiamo sentito dire talmente tante volte che dev'essere vero per forza. Conosco adolescenti convinti che sia stato anche in prigione.
Questo non sorprende più di tanto: al giorno d'oggi, quando è sufficiente ricevere delle palpate da uno studente per venire processati per pedofilia, un cantante dissociato che invita i bambini in casa sua e lascia che si addormentino nel suo letto non può che essere un mostro morale. Sul blog di Massimiliano Frassi (quello che “nuoce gravemente alla salute dei pedofili”), la morte di MJ è festeggiata con un fotomontaggio in cui il cantante spaventa a morte Macaulay Culkin. Chissà se Frassi ignora che proprio una testimonianza di Culkin contribuì a scagionare MJ nel secondo processo: l'attore prodigio raccontò di aver dormito tranquillamente nel letto dell'ex cantante-prodigio senza subire alcun tipo di molestie. Sì, ma cosa importa? Da Frassi si giudica, si condanna, si festeggia: “Chissà se i funerali li faranno domani, proprio nella giornata dell'orgoglio pedofilo...”, “ora tutti i bimbi avranno una paura in meno” (dai commenti).
Fu esattamente questo tipo di voci incontrollate a causare un primo esaurimento di MJ durante gli anni Novanta. La stampa che oggi finge di stupirsi per il cocktail di antidepressivi che lo ha ucciso dovrebbe farsi un esame di coscienza – non che io creda che lo farà mai. Su Internet però il discorso dovrebbe essere diverso: qui, oltre al cinismo, ci dovrebbe anche essere lo spazio per un po' di senso critico.

Un altro peccato, in apparenza meno grave, risulta altrettanto imperdonabile: il colore della pelle. Forse potremmo passar sopra al suo rapporto problematico con l'infanzia; in fondo sappiamo che il padre lo picchiava e magari ne abusava (altra voce incontrollata)... ma non era fiero di essere nero, e questo no, questo non può essere perdonato.
Dietro alla voce insistente, e ormai data per certa, del cantante che “si faceva sbiancare la pelle” (ma sosteneva di curare vitiligine e lupus), c'è qualcosa di più. Per tutti gli anni Novanta MJ era rimasto fedele a un obiettivo artistico e culturale coerente con le sue premesse di ultimo virgulto dell'orto Motown: la conquista del Bianco. Dagli esordi di bambino prodigio, subito cannibalizzato da tv e merchandising, alla svolta disco-funk di metà Settanta (quando i Jacksons si stancarono di essere trattati da boy band e passarono alla CBS), ai dischi con Quincy Jones. Tutto portava lontano dai ghetti del R'n'B, verso un pop sempre più internazionale e sempre meno “nero” – ed ecco il tabù: in un mondo che a partire dagli anni Novanta rivalutava qualsiasi steccatino e qualsiasi radice rinsecchita, Michael Jackson rimaneva un grande artista degli anni Ottanta: uno che le radici le rinnegava tranquillamente, prontissimo a disseppellirle e a rivenderle al migliore offerente per un disco di platino in più. Anche in questo tanto simile al vecchio rivale Prince, pure lui insofferente verso le categorie “black” e “white”, e pure “male” e “female”, e (avrebbe aggiunto MJ) “adult” e “child”. Jacko e Prince, pilastri di un decennio camp che citiamo a man bassa con pretese perfino filologiche, senza accorgerci che lo stiamo tradendo, che in realtà non lo capiamo già più: proprio perché il nostro obiettivo è trovare qualcosa in cui identificarci, un'Identità, un'Origine, mentre loro spingevano con tutte le forze verso la direzione opposta, l'Altro da Sé, con un coraggio che non siamo nemmeno capaci di capire. Che durante questo percorso MJ cominciasse a impallidire, è il segno d'infamia che non riusciamo a perdonargli.

Chi scherza su MJ a fossa aperta dà per scontato che la musica non ci abbia perso niente: che i fasti di Thriller fossero finiti da un pezzo eccetera eccetera. Non è proprio così. Già per gli standard qualitativi degli anni Ottanta, MJ sembrava provenire da un altro pianeta, nella costellazione del Professionismo Assoluto, ultima traccia del retaggio Motown. Per favore non paragonatelo a Madonna, che canzoni ha scritto Madonna? Ha inventato un solo passo di danza? Puoi riconoscere Madonna semplicemente da un suo acuto? Poi è anche vero che rispetto a tutte le sciacquette che sono venute dopo, Madonna giganteggia: ma MJ era in un'altra categoria. Oggi sappiamo che dietro a quel sogno di perfezione c'era un padre coercitivo e manesco. Ma quello che ci ha dato è difficile da liquidare. Nemmeno dieci anni fa, con la pelle e il volto in disfacimento, Jacko componeva ed eseguiva ancora pezzi complessi e irresistibili come You rock my world, di fronte ai quali i pompatissimi ed esausti epigoni della scena pop dell'ultimo decennio devono andare a nascondersi, subito.

Questo era Michael Jackson. Io che non ho mai avuto in casa un disco suo, che ai pezzi dei bambini prodigio preferisco quelli dei trentenni stonati, ci terrei però a ribadire un punto: era un genio. Ha avuto una vita difficile; ha fatto montagne di soldi, ma è discutibile che se li sia goduti davvero. La prossima sonda da lanciare nello spazio profondo con qualche prova del valore dell'umanità dovrebbe contenere almeno il video di Beat it, un passo di moonwalk e l'mp3 di I want you back. Questo non ci impedisce di raccontarci barzellette sul pedofilo che andava in clinica a sbiancarsi, se proprio ci teniamo. Jacko è stato anche questo, cibo pronto per tutti gli avvoltoi mediatici, professionisti e improvvisati. E ci mancherà anche per questo.
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Come diventare leghisti, 2

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Ho visto verde

“Mi perdoni Padre, perché...”
“Non sono tuo padre”.
“Già, ma a me piace cominciare così”.
“Sciocchezze. Insomma, che hai combinato?”
“Ahem”.
“Hai mentito? Rubato? Pensieri impuri?”
“Nella media”.
“Hai mangiato senza fame? Bevuto senza sete?”
“Mi faccia pensare... no”.
“E allora perché sei qui, andiamo, sputa il rospo”.
“Io... credo di essere stato leghista”.
“Questa è nuova. Tu?”
“Io, sì”.
“E quando sarebbe successo, questo tuo... questo tuo leghismo”.
“Stamattina, quando ho sentito del barcone, io...”
“Stamattina tu saresti diventato leghista”.
“Per un momento sì, Padre”.
“Non sono tuo padre”.
“Ma non è questo il problema. Per un momento ho visto verde. Lo giuro”.
“Ma poi ti è passata”.
“Non ne sono sicuro”.
“Va bene, racconta”.
“Alla tv, parlavano di questo barcone che hanno respinto nelle acque internazionali. Una vergogna. Secondo me l'umanità finisce lì. Cioè, quando respingi qualcuno disarmato, tu sei fuori da qualsiasi umanità. Ci processeranno tutti per questo, un giorno”.
“Tutti?”
“Ma sì, perché siamo tutti d'accordo, non lo sa? Vada al bar, dica che Maroni spara all'orfano naufrago e alla puerpera disidratata, anzi peggio, dica che li abbandona in mare... otto su dieci le diranno Giusto! Così le diranno! Diranno che hanno votato Pdl apposta! Non ci crede, Padre? Vada...”
“Non sono tuo padre. Sono la tua Coscienza. Non posso andare al bar”.
“Ci processeranno un giorno. E non potremo neanche dire che eseguivamo gli ordini, perché non abbiamo eseguito niente noi. Noi gli ordini li davamo, noi votavamo per la legge e per l'ordine e quelli...”
“Tu però non sei d'accordo, mi pare”.
“In linea di massima no. Ma stamattina”.
“Stamattina c'eri anche tu, al bar, a dire giusto! a Maroni?”
“No, a quell'idiota no”.
“E allora non sei diventato leghista”.
“Eh, lei la fa semplice, padre. Pensi che non lo sappiano i leghisti che è un idiota? Ma è tanto utile, dicono”.
“E l'hai detto anche tu”.
“Io non ho detto niente, ma per un attimo ho pensato... ho visto una cartina geografica”.
“Non ti seguo”.
“Padre, le spiego, era in tv. Una normalissima cartina geografica con l'Italia che spenzola nel mediterraneo, e ho pensato: non è tutta colpa nostra”.
“No, probabilmente no”.
“Siamo un ponticello di terra tra il Sud e il Nord del mondo, abbiamo già il nostro daffare a sembrare europei. La crisi mondiale non l'abbiamo mica scatenata noi”.
“Neanche gli africani”.
“Sì, ma neanche noi. Abbiamo tutti gli indici a picco. Diventiamo più poveri mese dopo mese. Non possiamo continuare con la manfrina dell'ospitalità incondizionata”.
“Come fai a dirlo, hai fatto un calcolo?”
“No, ma a occhio si vede... e poi non sto ragionando con la testa, Padre, capisce? È inutile che mi dica che c'è abbastanza torta per tutti. Io continuo a vedere gente che viene su, è normale che mi venga paura”.
“Stai parlando per te o per tutti?”
“Sto facendo la media. Siamo poveri ed egoisti. Ci sono motivi storici per cui siamo diventati così. E il trovarci in mezzo a una migrazione planetaria non ci può assolutamente trasformare in persone migliori. Siamo capaci di tutto noi. Il fascismo che verrà farà impallidire quello che c'è stato”.
“A meno che?”
“L'Europa ci deve aiutare. Siamo degli irresponsabili, ma non è tutta colpa nostra. Tutti ci devono aiutare. Lasciarci in mezzo al mare a impazzire non conviene a nessuno”.
“Ed è per questo che ritieni giusto lasciare degli africani in mezzo al mare a morire?”
“No. Non lo ritengo giusto. Lo ritengo criminale”.
“Però...”
“Però forse va fatto. Bisognava soltanto trovare qualcuno così idiota da farlo”.
“E alla fine lo abbiamo trovato”.
“Proprio così, Padre, è questo che ho pensato”.

“Hai pensato a Maroni come a un utile idiota”
“Ho visto verde, e non mi perdono”.
“E magari quando vi processeranno tutti, tu ti chiamerai fuori... Io non ho mai votato per quelli...
“Avere avuto un blog mi tornerà utile”.
“Si tratta di tenerli al potere per un po', lasciare che ne ammazzino un po', e poi disfarsene”.
Con il referendum, per esempio. È per questo che bisogna sgaggiarsi. Ancora pochi mesi e poi dev'essere tutto pulito”.
“Hai pensato a questo, stamattina”.
“Padre, sì”.
“Non sono tuo padre, e tu non sei un leghista”.
“No?”
“Non lo sei mai stato”.
“Neanche stamattina?”
“Neanche stamattina. Piuttosto, sai cosa? Un liberale”.
“Un liberale, io?”
“Lo so, è una parola che vuol dire tutto e niente. Ma io pensavo proprio a quelli sui libri di Storia, Giolitti, Facta... anche a loro serviva qualche utile idiota con la camicia strana che tenesse pulite le strade. Qualcuno di cui poi disfarsi alle elezioni”.
“E non è andata così”.
“Era gente di buon senso. Talmente di buon senso che non si aspettavano di doverlo condividere con la gente nei bar. Se lo tenevano ben stretto”.
“Mi perdoni Padre, perché...”
“Non sono tuo padre. Non ti perdono”.
“E dai, su, papà”.
“Zitto. Zitto. Non voglio più sentirti. Basta”.
“Perché zitto? io...”
“Perché da oggi sei nella maggioranza silenziosa. Fine”.
“La maggioranza silenziosa? Ma no, aspetta, io...”
“Ssssht. Con chi parli? Non hai nessuna coscienza d'ora in poi, solo un silenzio enorme che alla lunga ti spaccherà i timpani. Chiuso”.
“Papà, adesso non esageriamo, su, io... papà? Papà?”
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Il Percome Delle Cose

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Per favore, non abradere tua figlia
(Questo mi è venuto un po' cinico, vi avverto).

L'edificio della mia vita assurda è fatto di tanti piccoli mattoni bizzarri, come questo: una pubblicità contro le mutilazioni genitali femminili a pranzo e a cena, da una settimana, con una voce che dice in un accento strano: “Noi padri e madri siamo responsabili, nessuno escluso”. Pagata del Ministero Pari Opportunità, cioè da me. Insomma, io sto pagando per farmi dire a pranzo e a cena che se qualcuno infibula la responsabilità è anche un po' mia di possibile padre o madre. O di mio padre, o di mia madre. Mamma, papà! E vergognatevi un po', no?

E di tutto ciò, io non rinuncio a chiedermi il perché, e soprattutto il per-come. Quest'ultimo in particolare è la mia maledizione. Mi disse l'indovina: Tu Passerai La Tua Vita A Chiederti Il Per-Come Delle Cose. (Sempre meglio di parlare con tutte le iniziali maiuscole, le risposi).

Primo Scenario:
Dopo mesi e anni di appostamenti e ricerche, il Ministero delle Pari Opportunità ha finalmente tracciato l'identikit dei genitori-tipo che praticano le mutilazioni genitali femminili in Italia. Hanno dai 20 agli 80 anni e guardano i canali nazionali, soprattutto i tg di pranzo e cena. A questo punto la geniale Ministro ha un'idea: invece di spendere soldi a pioggia in iniziative di sensibilizzazione, facciamo qualcosa di mirato: parliamo direttamente a loro, negli spazi pubblicitari in cui è più facile sorprenderli! Per dire l'altro giorno mi ero quasi risolto a infibulare la mia bambina, stavo giusto sterilizzando l'ago sul fornello del gas, quando è passata questa pubblicità che mi ha toccato il cuore e... “ho scelto: non condannerò mia figlia”. Certo che al Ministero ne sanno una più del diavolo, eh. Come hanno fatto a capire che quel Messaggio serviva proprio a me?

Secondo Scenario:
Dopo mesi e anni di indagini e ricerche, il Ministero delle Pari Opportunità ha tracciato l'identikit dei genitori-tipo che praticano le mutilazioni genitali femminili in Italia. Si tratta di famiglie giovani di origine africana, che difficilmente guardano i canali Rai in chiaro, e andrebbero dissuase attraverso un'azione capillare di assistenza sociale e medica che... costa uno sfruculione di soldi, non li abbiamo! Ci servono per gli sgravi alla Fiat e gli aiuti al digitale terrestre! Ma per un po' di spazi pubblicitari in Rai, per quelli sì, tanto è una partita di giro, e nessuno potrà dire che non facciamo niente per il problema. Per cui mi raccomando, commensali italiani, memorizzate: il Ministero e la Presidenza del Consiglio stanno facendo qualcosa di molto concreto contro: Escissione, Asportazione, Abrasione, In-fi-bu-la-zio-ne... ve ne siete persi uno? Non vi preoccupate, a ora di cena replichiamo. E se vostro figlio vi chiede di che si tratta? Ma voi glielo spiegate, tanto i rigatoni ormai li avete sputati comunque dal disgusto.

Terzo Scenario:
A un certo punto qualcuno avrà anche pensato che è senz'altro un peccato che tutti 'sti immigrati neri escidano, asportino, abradano, infubulino... ma soprattutto è un peccato che lo facciano senza che i loro vicini bianchi ne sappiano niente. Che c'è poi il rischio, tra un po', di trovarsi al prossimo linciaggio di un negro senza nemmeno sapere perché abbiamo voglia di ammazzarlo. Forse valeva la pena di investire in uno spot che facesse capire: Ehi, bianchi, ma lo sapete cosa fanno i neri alle loro bambine? Ehi, la vedete la bimbetta tanto carina che gioca col cerchio sottocasa? Beh, lo direste mai? I loro genitori sono dei mostri! Non sentite che è la loro voce che parla nello spot? “Noi padri e madri siamo responsabili, nessuno escluso”. Capito? Sono tutti uguali!
E quindi? C'è qualcosa che potete fare? No, no, niente, ci pensa il Ministero, voi dovete solo avere un po' più paura di loro, tutto qui. Fine dello spot. Digerite pure con ansia.
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A Yu

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Indovina chi va al Liceo

In questi giorni tutti hanno la loro storia sul piccolo extracomunitario che arriva in classe. All'inizio è timido timido, ma è costretto a imparare: anche solo per difendersi! E alla fine dell'anno infatti parla italiano come tutti, alleluja. Integrazione riuscita – una bella storia, sì. La conosco anch'io. Adesso però ve ne racconto un'altra.

C'era una volta un ragazzino cinese che era appena arrivato in Italia, siete pronti? In italiano zoppicava, comprensibilmente, ma era un mostro in matematica, estraeva a occhio le radici quadrate, i logaritmi, eccetera. Così il suo prof d'italiano, al primissimo incarico, pensò che poteva anche indirizzarlo allo scientifico, perché no? Col tempo l'italiano l'avrebbe imparato. Già in pochi mesi aveva capito come esprimersi – e poi aveva quella razionalità assoluta che è da liceo, non da istituto tecnico; insomma, lo fece. Scrisse “Liceo Scientifico” sul consiglio d'orientamento. Dopo qualche mese il Liceo lo andò a chiamare. Questo professorino non sapeva ancora niente del mondo, niente di niente, così ci andò.
Gli chiesero un parere su tutti i suoi alunni che si erano pre-iscritti allo scientifico, e lui glielo diede. Alcuni erano promettenti, altri nemmeno un po' ma si erano iscritti lo stesso, ecc. ecc. E alla fine gli chiesero: perché ci ha mandato questo qui, che dal nome è cinese?
E lui (che non sapeva niente del mondo) rispose: in effetti è cinese, ma è molto bravo in matematica.
E loro: sì, però lo sa l'italiano?
E lui: no, veramente non tanto. È appena arrivato. Però è in grado di imp...
E loro: ma se non sa l'italiano, come fa ad andare al Liceo?
E lui a quel punto ebbe un'idea. Disse: potreste insegnarglielo voi, l'italiano. Prof d'italiano ne avete.
E loro: ma no! Noi non facciamo queste cose. Doveva iscriversi a ragioneria.
A questo punto lui non disse più niente, ma pensava: è ben curioso che a ragioneria siano in grado d'insegnare italiano a un cinese, e al liceo no.

Qualche anno dopo, a un angolo di strada, il professorino reincontrò il ragazzo, che si era fatto grande, e gli chiese: Yu, come va? Sei sempre allo scientifico?
No, rispose lui, mi hanno bocciato e mi sono iscritto a ragioneria.
Era un mostro della matematica, però non aveva ancora capito la differenza tra “li” e “gli”, e quindi lo bocciarono. Così è la vita, e adesso il professorino si domanda: quelle mie colleghe che lo bocciarono, il trenta andranno a Roma a manifestare contro le classi ponte? Perché io nello stesso corteo con loro non ci starei, siccome mi fanno un po' schifo.

Tutti ovviamente crediamo nell'integrazione. Voi, poi, non vedete letteralmente l'ora che avvenga. Una volta che il bambino timido timido ha imparato tre parolacce italiane dal compagno, siete prontissimi a concludere che l'integrazione è avvenuta. Siete fantastici. Mentre vi riempite la bocca di integrazione, iscrivete vostro figlio al liceo. Anche se sui libri si annoia, e darebbe qualcosa di più in un bel tecnico. Ma i tecnici sono troppo pieni di brutte facce, di facce scure... no, meglio il liceo.

Per voi va benissimo la scuola così com'è: il negretto che è appena arrivato è tanto carino, cosa importa se durante le lezioni di storia e geografia s'addormenta, perché non capisce niente? Tanto non deve mica imparare la storia, lui: basta un po' di alfabeto, un dizionario minimo, e se alla fine dell'anno non sa ancora nulla, si boccia. Tanto non deve mica andare lontano, no? Mica deve fare il liceo, lui, si annoierebbe. Lui è da professionale. E' da cantiere. Mica gli serve conoscere Napoleone.

E vi credete pure progressisti. Non avete la minima idea. La verità è che siete Spencer Tracy all'inizio del film. Ecco cos'è l'italiano progressista medio: un benpensante americano anni '60. Finché vostra figlia non vi si presenterà con Sidney Poitier a braccetto non ve ne renderete conto. Le scuole a cui l'avete iscritta sono dieci volte più classiste di quelle che avete frequentato voi (che già non scherzavano). Finite le medie, gli stranieri approdano per l'80% al professionale – bella l'integrazione, bello tutto, però adesso lasciateci pascolare la classe dirigente senza i vostri pittoreschi musi da scimmia, grazie. Non abbiamo tempo per alfabetizzare i futuri geni della matematica, dobbiamo far memorizzare gli aoristi alla prossima infornata di fighetti. Però giù le mani dalla scuola multietnica! Anche se i nostri figli li iscriviamo alla classe speciale musicale. O bilingue. O qualunque cosa, qualunque cosa che tenga lontano il nostro fragile virgulto dalla teppa scura.

State tranquilli. Le classi ponte non passeranno. Per un semplice motivo: costano. Ci vorrebbero le strutture, e poi bisognerebbe formare gli insegnanti, pensateci bene: formare gli insegnanti. State tranquilli. Nessuno ci formerà, nessuno è in grado. Continueremo a fingere d'insegnare italiano lingua straniera come stiamo facendo da anni, anche se nessuno ci ha spiegato come si fa: è una truffa, ma evidentemente vi sta bene... e poi non truffiamo voi, vero? Truffiamo gli scimmioni.

State buoni. Le classi ponte sono solo uno slogan. Ogni tanto i leghisti hanno bisogno di farsi sentire dal loro elettorato. Del resto, non è lo stesso problema di Veltroni? Che bello poter difendere la scuola multietnica in tv, che bello poter accusare gli altri d'inciviltà. Nel frattempo sua figlia studia negli USA, dove le classi differenziate per chi non sa l'inglese sono una normalissima realtà. Ma questo non importa. I leghisti hanno fatto un po' di baccano, Veltroni ha fatto un po' di controbaccano. I conti si faranno alle elezioni. Già, le elezioni.

Qualche mese fa ci si lamentava che i leghisti raziassero voti tra gli operai, che il PD avesse perso il contatto con la base popolare, ecc. ecc. C'era chi diceva: “torniamo in fabbrica!” Ci siete poi tornati?
Io sono rimasto a scuola. È più che sufficiente. Ho visto i ricchi iscrivere i figli alla sezione dei ricchi. Ho sentito di presidi che iscrivono d'ufficio tutti gli stranieri a una sola sezione, o a una sola succursale.
Adesso lavoro in una prima con 11 stranieri. Due non parlano l'italiano, semplicemente: gli altri avrebbero passato qualsiasi esame d'ammissione, e quindi non avrebbero frequentato la fantomatica classe ponte. Il punto non è che siano 11: il punto è che in un'altra prima ce ne sia soltanto uno, o due.
Una classe con tanti stranieri non è necessariamente più difficile di una classe con tutti gli italiani. Anzi, è un ambiente molto stimolante. Ma si resta indietro col programma, semplicemente. C'è meno tempo, e quindi s'imparano meno cose. Gli stranieri forse non se ne rendono conto (e comunque non votano). Ma gli italiani sì. E possono avere la sensazione che il loro figlio sia stato inserito in una serie B. Che l'integrazione si faccia sulla loro pelle. Provate a spiegar loro che non è vero. Quando i bambini delle altre classi andranno in gita tre giorni, e loro soltanto un giorno solo, perché chiedere soldi a certe famiglie è impossibile o imbarazzante.

Ecco, questi sono i genitori che avevano bisogno dello slogan “classe ponte” per ricordarsi di votare Lega. Voi probabilmente no. Voi per vostra figlia avete altri progetti. Non mi resta che augurarvi che venga Yu a prendersela, vostra figlia, col suo diploma di ragioneria, e se la porti nel buco del c. della Cina. Forse allora rivedrete il vostro concetto d'integrazione. E forse, chissà, nemmeno allora.
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Come diventare leghisti, 1

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La scuola di Pippo

Benvenuto alla rubrica saltuaria: Come diventare leghisti. Un viaggio nell'abiezione umana a cura della redazione di Leonardo. Ogni riferimento a cose e persone è doloroso.

Pippo è un operaio specializzato. Vive in una villetta e ha tre vicini: Amintore, Palmiro e Bettino. Amintore è avvocato, Palmiro professore, Bettino agente di commercio.
Pippo non ha la sensazione di guadagnare moltissimo in meno di loro, eppure si sente sempre un po' tagliato fuori. Come se nessuno gli avesse spiegato le regole del gioco. Per esempio:

I figli di Amintore, Palmiro, Bettino e Pippo, hanno tutti frequentato la quinta elementare nel 2007/08.
In gennaio, presentendo la promozione, Amintore ha iscritto suo figlio all'Istituto Santissimo Cuore di Gesù, “un ambiente molto protetto”, dice lui. “Si sa, coi tempi che corrono”.
In primavera Palmiro, che non crede nelle scuole private, ha prenotato un posto per la sua Nilde nella classe a sperimentazione musicale della locale media pubblica. “È un ambiente molto stimolante, e poi... ci vanno solo quelli che... insomma, quelli che hanno proprio voglia di impegnarsi”.
Anche Bettino sentiva un'analoga vocazione musicale per il figlio, ma siccome in giugno egli fallì la prova d'ammissione, dovette ripiegare sulla classe bilingue inglese-tedesco, “perché il tedesco è la lingua degli affari!”. Bettino in effetti fa ottimi affari coi crucchi, che però al telefono insistono per parlare inglese.

E poi, alla fine di giugno, a scuola è arrivato anche Pippo, per iscrivere il suo Pipino. Si è fermato un po' smarrito nell'atrio (lo ricordava più grande) e alla fine si è deciso a chiedere ai bidelli: dov'è che ci si iscrive?
In fondo al corridoio. Pippo si è messo in fila dietro un nero di due metri, un vero armadio. Questo non lo ha turbato più di tanto, perché Pippo non ce l'ha coi neri, basta che lavorino. Nel suo reparto ha un apprendista nero che è molto bravo e si fa i fatti suoi. Per dire, se sua figlia finisse in classe con Pipino, non ci sarebbe nessun problema, pensa Pippo.

A fine luglio il preside ha invitato tutti i genitori ad assistere il sorteggio. Pippo non aveva tempo, doveva fare un po' di straordinario prima delle ferie. Il giorno dopo è passato davanti al tabellone ed è sbiancato: nella classe di Pipino c'erano quindici cognomi stranieri! Su ventisei? Proprio in quel momento ha sentito distintamente un “Casso!” alle sue spalle. Era l'armadio d'ebano già incontrato all'iscrizione.
“Ehi”, dice Pipino, “c'è qualcosa che non va?”
“Tu chiedi a me? Guarda qui, casso! Questo non va! Che classe è questa qua?”
“Ah, sì, c'è anche mio figlio. Ma...”
“Questa no è classe, è merda! Tutti stranieri! Mando mio figlio imparare italiano, e lo mettono con tutti stranieri? Ma è rasismo questo, o no? Casso!”
Per un attimo, un attimo solo, Pipino vorrebbe essere anche lui un nero scaraventato sulle spiagge di Lampedusa da una carretta del mare, solo per il gusto di esprimere con la stessa rozzezza i propri sentimenti, cazzo, mi hanno fregato di nuovo. Uno si sbatte per tutta la vita, mette al mondo un figlio, gli insegna l'educazione, e poi vlam! Te lo prendono e te lo sbattono nel ghetto con i figli dei neri. Pippo non avrebbe niente contro i neri, però non voleva crescere suo figlio esattamente ad Harlem. E guarda qui, invece, la classe del figlio di Bettino: tutti nomi italiani. E la figlia di Palmiro? Anche lì, l'unico cognome strano appartiene a una bambina russa che probabilmente suona il violino dalla culla. Intanto l'armadio d'ebano continua a bisbigliare il suo rosario di merda e casso, casso e merda.
“Senti un po'... a proposito, io mi chiamo Pippo”.
“Io Lumumba”.
“Piacere. Senti, adesso entriamo e chiediamo al preside”.
Lumumba guarda Pippo con aria incredula. Da solo non avrebbe mai osato. Del resto anche a Pippo tremano le gambe, un po'.

Nessun bisogno di chiedere al bidello, stavolta. Pippo sa dove sta la Presidenza, è un luogo che conosce bene, per antica frequentazione, e che ancora risplende in certi brutti sogni. Infatti non riesce a reprimere un brivido, quando al suo timido bussare risponde un “Avanti!”.
Il preside è un altro, naturalmente, tranne per la chierica che sembra uguale - come se lo avessero sostituito un pezzo alla volta, e la chierica fosse l'unico pezzo che apparteneva al modello di partenza - tutto questo Pippo riesce a pensarlo mentre con incerte parole descrive il suo problema, finché il preside smontabile non lo aiuta a mettere punto a una delle sue frasi involute e interminabili, interrompendolo.
“Vede, io capisco che lei e il signor Lubamba...”
“Lumumba”.
“Mi scusi. Capisco che lei e Lubumba possano trovarsi scontenti della composizione della classe, ma se mi mettessi a cambiare posto al figlio di ogni genitore che viene qui a lamentarsi, lei capisce... è proprio per questo motivo che procediamo al sorteggio”.

(In un'allucinazione, Pippo vede Lumumba sbattere il suo pugno da mezzo quintale sulla cattedra. “Che merda di sorteggio è, Casso! In una classe quindici stranieri e un'altra neanche uno?” Ma Lumumba non reagisce. Guarda a terra. Insomma, Pippo, tocca a te).

“Mi permette, signor Preside...”
“Prego”.
“Io non è che sono... che sia... io lavoro sa... anzi, al sorteggio non sono potuto venire perché dovevo fare una cosa, un lavoro... e allora...”
“Ma le garantisco che il sorteggio è stato effettuato con tutti i crismi della legalità, alla presenza di molti altri genitori”.
“Sì, però, signor Preside... sarà anche venuto con tutti i crismi, però... qualcosa deve essere andato storto, se in una classe ce n'è quindici e in un'altra, con permesso, no”.
“Quindici... lei intende gli stranieri?”
“Ecco, sì”.
“Per prima cosa, le dico di non preoccuparsi. Vedrà che una classe con una presenza di stranieri così ampia non potrà che rivelarsi una straordinaria opportunità di crescita per suo figlio. Anzi (voltandosi a Lumumba) per i vostri figli”.
“Va bene, signor Preside, però non capisco allora perché questa straordinaria opportunità l'avete data a mio figlio, e per dire, al mio vicino di casa Palmiro Basazzi, cioè a sua figlia, no”.
“Basazzi? Mi faccia vedere... Ah, ma è al musicale... Le spiego. La nostra scuola ha una sperimentazione musicale, molto apprezzata per le metodologie innovative che da anni sono state introdotte”.
“E gli extra lì non si possono iscrivere?” Pippo guarda Lumumba, che continua a guardare a terra, ma ha spalancato gli occhi.
“Tutti si possono iscrivere. Però c'è una lunga lista, capisce. Così abbiamo istituito una prova d'ammissione”.
“E l'hanno passata solo gli italiani”.
“In confidenza, non sono molti gli stranieri a iscriversi. Si tratta di un corso un po' più impegnativo degli altri, e così...”
(Impegnativo! Te lo dico io cos'è impegnativo! Difendere la merendina da cinque magrebini affamati, questo è impegnativo!)... Però, scusi eh, signor Preside, va bene che c'è la classe musicale e io nemmeno lo sapevo, però... ci sono delle altre classi con pochissimi extra, per esempio questa...
“Sì, certo, ma è una classe bilingue col tedesco”.
“E allora? Gli extra non si possono iscriversi a tedesco?”
“Certo che possono. Ma di solito non lo fanno mai, perché è una lingua più complicata, sa... e poi i nordafricani spesso parlano già francese in casa, e così...”

Il preside continua a spiegarsi, ma ormai Pippo ha capito. Perché non è mica scemo: è solo che nessuno gli spiega le cose. Le regole segrete.
E la Regola Segreta in questo caso è: iscriviti prima che puoi. Prima ti iscrivi, e meno stranieri tuo figlio si troverà in classe. Perché nessuno ce l'ha con gli extra, ufficialmente: basta che non vengano a casa tua a fare le ricerche con tuo figlio.
La gara comincia molti mesi prima. I più tempestivi iscrivono il figlio al musicale. Quelli che non passano la prova d'ammissione possono sempre ripiegare su tedesco. Quando si riempiono le classi di tedesco, è finita: cominciano ad arrivare in segreteria i neri, i marocchini, i cinesi, i filippini, tutta chinatown al completo, e tuo figlio studierà con loro. Per colpa tua, Pippo, perché tu arrivi sempre tardi.

Quando escono sul cortiletto, Lumumba ritrova la lingua che sembrava avere inghiottito. “Se lo sapevo, Casso! Lo iscrivevo a tedesco”.
“Ma è difficile, il tedesco”.
“Per noi è tutto difficile, italiano, tedesco, cosa cambia? L'importante è che mio figlio sta con italiani. In casa non parliamo italiano. Se non lo parla neanche a scuola, tu dimmi, casso: dove?”
Adesso è Pippo che guarda in basso. Pensa al dialetto che si parla ancora in casa sua. È bello spiegarsi in dialetto, ti riempie la bocca e ti sazia – finché non ti capita di dover parlare con un Preside. O con il responsabile Produzione. O con il bancario a cui stai chiedendo un prestito. O con tutti quei coglioni in cravatta che si prendono gioco di lui da quando era grande come Pipino, e che da qui in poi cominceranno con Pipino.

Adesso è ottobre. L'altro ieri la moglie di Pippo è andata all'assemblea dei genitori. I professori hanno spiegato che è una classe difficile, già molto indietro col programma, però l'integrazione con gli stranieri sta funzionando e blablabla. Pipino all'inizio era seduto con un bambino polacco che masticava l'italiano abbastanza per scambiarsi le carte di dragonball. Poi però hanno cambiato i posti nei banchi si è ritrovato una cinesina che non dice mai niente. Intanto al telegiornale hanno detto che i leghisti vogliono fare le classi di soli stranieri.

Pippo stamattina ha sentito che ne parlavano al bar. “È una vergogna”, ha detto Palmiro. “Roba da fascisti”. “Fascisti non lo so”, rispondeva Amintore, “ma razzisti sicuramente”. “Come se gli italiani fossero poi tutti bravi”, aggiungeva Bettino. “In classe con mio figlio invece ci sono certi zucconi made in italy...” “E invece nella classe di mia figlia c'è una ragazzina russa, bravissima, pare che sia già una virtuosa del violino...”
Pippo ha mandato giù l'ultimo boccone di brioche col cappuccino, è andato a pagare il conto, e ha deciso che la prossima volta vota Lega.


(Vedi anche: Stranieri e confusione)
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One people one vote

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E poi un bel giorno, all'improvviso, Veltroni batte un colpo.

Non è chiaro perché proprio adesso. È comunque tardi, ma sarebbe stato tardi anche tre anni fa. Il voto agli immigrati. Ha ragione anche Di Pietro a dire che per ora è un annuncio a vuoto. Uno slogan. Ma almeno è uno slogan. È chiaro. E riporta alla luce una verità sacrosanta. Se sono regolari, lavorano. E se lavorano, perché non possono votare?

La senti, la forza della verità che mette all’angolo gli avversari? Non c’è una sola risposta che essi possano dare a una domanda del genere. Non una che non riveli grettezza, egoismo, paura. Qui non c’è destra o sinistra, ci sono semplicemente due modi diversi di considerarsi italiani. Chi sono gli italiani? Quelli che hanno ereditato un cognome dal papà, e col cognome i diritti, i privilegi, i posti fissi e al limite i treni gratis per la partita? Oppure italiano potrebbe essere chiunque viva qui, chiunque tra Ventimiglia e Trieste si dia in qualche modo da fare per tenere in piedi questa penisola traballante. Che è più o meno quello che c’è scritto nella carta costituzionale, art. 1. Ma quella è carta, si può usare in tanti modi, ormai lo abbiamo capito. Si tratta di scegliere: che italiani vogliamo essere? Bianchi, vecchi, micragnosi attaccati ai nostri minuscoli privilegi, o un po’ più scuri e un po’ più giovani, e un po’ più aperti a un mondo che comunque ha fretta e non chiede il permesso? Ci ha messo un bel po’, Veltroni, ma ha scelto. È la prima buona notizia.

Per molti anni la Sinistra è stata accusata di favorire l'immigrazione perché voleva sostituire la classe immigrata alla vecchia classe operaia. Magari una vera sinistra avrebbe operato così, ma certo non la nostra, timida e arroccata nella difesa di privilegi di corporazione. La battaglia per il voto agli immigrati è sempre stata relegata a questione secondaria, così secondaria che a un certo punto se ne impossessò persino l'inutile Gianfranco Fini. In mala fede si dipingeva come un complotto terzomondista quello che era il primo effetto della tanto osannata (a quei tempi) globalizzazione: è stato il libero mercato del lavoro a cambiare il colore della pelle agli operai e ai braccianti, così come è stato il mito borghese dell’ascesa sociale a portare i figli bianchi degli operai sui banchi dell’università. È andata così e non c’è nulla da recriminare. Ora si tratta di ricordare che non ci sarà vera democrazia, in Italia, finché i nuovi braccianti e i nuovi operai non avranno gli stessi diritti degli altri. Questa è la vera campagna sui diritti civili.

E quando avranno il voto, magari voteranno Lega. E allora? Io me lo sogno, il giorno in cui la Lega comincerà a fare i conti con una base di elettori dalla pelle scura o dal cognome strano. Sarà il giorno in cui smetterà di essere un partito di cialtroni, in mano di pagliacci trucidi alla Borghezio. Il giorno in cui in Parlamento nessuno oserà più parlare di “reato di immigrazione clandestina” o di “reato di associazione in famiglia Rom”. Quel giorno potrei farmi leghista anch’io – perché no? Il partito che oggi candida Obama, era il partito dei segregazionisti del Sud, neanche un secolo fa. Tempo al tempo.
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lo Stato macchia

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Voi da quand'è che non date un occhio alla vostra carta d'identità? Io l'ho riaperta ieri, perché tra un po' mi scade, e mi sono accorto per l'ennesima volta di questo fatto strano: manca l'impronta.

In realtà i fatti sono due, non si sa bene quale più strano: sulla mia carta d'identità (probabilmente anche sulla vostra) c'è lo spazio per “l'impronta del dito indice sinistro”). C'è sempre stata, quella casella, sin da quando ero ragazzino. Ma la mia impronta no. Nessuno me l'ha mai chiesta – ci mancherebbe altro! Però lo spazio c'è. È un bel mistero, se ci pensate.

Ora mi chiedo, e chiedo a voi: esiste davvero una norma di legge che prevede che il documento di identità sia contrassegnato con la mia impronta? E se esiste, perché è universalmente disatteso? Sono quelle piccole stranezze italiane – come i limiti dei 50 lungo i boulevard suburbani che nessuno riesce a rispettare, nemmeno tua mamma che non sa trovare l'acceleratore, e quindi tu cresci con l'idea che l'intero codice della strada sia un cumulo di norme fuori dal mondo e inapplicabili (in Francia mettono i 70 e così i bambini imparano il rispetto). Allo stesso modo: devo aver paura di una Repvbblica italiana che mi chiede l'impronta? Ma me la chiede solo per finta, dai. Però magari domani vado in anagrafe e mi chiedono di timbrare col dito, perché la legge dice così anche se per anni si erano tutti distratti. Sarebbe, tra l'altro, un messaggio di uguaglianza: lo Stato non scheda solo gli zingari e gli extracomunitari, ma c'incasella tutti. E poi, già che c'è, potrebbe riconoscere a tutti il diritto di lavoro, di studio e di voto... a quel punto, se il prezzo da pagare fosse imbrattarsi un dito, forse premerei. Ma so che molti di voi non lo farebbero mai, anche se non mi è ben chiaro il perché. A voi è chiaro?

Il fatto è che l'impronta è una specie di tabù. Si associa immediatamente al crimine, ed è intrinsecamente sporca: quest'immagine dell'energumeno che prende il ditino della povera zingarella è davvero una specie di cartolina del Quarto Reich. Anche se a mente fredda devi ammettere che sporcare un dito non è la cosa più brutta che puoi fare a un bambino: per esempio, puoi farlo crescere come un piccolo apolide in balia della famiglia o del clan. Puoi evitare di contaggiarlo, ogni volta che provvedi alla distribuzione di scuole, case, lavoro. Puoi non invitarlo a votare per la repubblica in cui è nato e cresciuto. Puoi lasciarlo in un sottobosco culturale dove si diventa mamme a 15 anni e anziane a 35. Se fai tutte queste cose sei uno Stato Distratto, ma se poi una mattina ti presenti coi tamponi e l'inchiostro, diventi uno Stato Poliziesco, e Famiglia Cristiana s'indigna.

Potrei andare avanti ancora per molte righe a descrivere un mio istintivo fastidio per le impronte che non riesce a tradursi in una proposta alternativa, ma non serve a niente. In realtà questo non è il pezzo di oggi. Il pezzo di oggi era un racconto in cui un gruppo di ragazzini che vivono in una polinesia mediterranea del futuro devono oltrepassare l'ultima prova per diventare uomini, e la prova è tenere per pochi istanti i palmi delle mani in un calderone di acido, onde sfigurare le impronte – e il Sommo Sacerdote spiega che la cerimonia si fa in onore di Mosè, che durante il diluvio guidò il popolo di Dio lontano dalle grinfie del Re-Bobo che pretendeva le impronte di tutti i bambini, ma non sono riuscito a scriverlo perché mi è venuto il mal di testa, forse è il temporale.
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Beware de negher

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L'insicurezza percepita

“Signora, aspetti...”
“Ma che fa? Giù le mani!”
“Signora, volevo solo reggerle il portone...”
“Ah, ma è lei! Scusi, ma prima non l'avevo vista bene, mi ha fatto venire una paura...”
“Paura? Signora, paura di che? Sono le dieci del mattino”
“Ma lo sa anche lei, con tutti quei... con tutti quei negri che si vedono adesso nel quartiere...”
“Neri?”
“Ma sì... negri, neri... uguale... io non sono mica razzista, eh, però... cosa ci vuol fare, quando mi fissano mi mettono una paura...”
“Signora, ma non ci sono dei neri, qui”.
“Massì... negri, o marocchini... l'è uguale... sempre in giro dalla mattina alla sera... e mi guardano... cos'avranno da guardare una povera vecchia...”
“Di marocchini ce n'è uno al civico 12, e basta. Creda a me che faccio il postino”.
“Massì, se non sono marocchini saranno extra... albanesi, zingari... tutti uguali...”
“Rumeni. Rumeni ce ne sono tre famiglie all'angolo. Sembra gente tranquilla, eh. Però è vero che i ragazzini son sempre in giro”.
“E fanno una paura...”
“Specie adesso che la scuola è chiusa”.
“Con quelle bici, ti spuntano alle spalle, ti puntano la borsa... ne hanno preso uno un mese fa, c'era sul giornale, ma è possibile che non si possa star tranquilli a uscire per strada?”
“Signora, c'è una cosa che dovrei chiederle...”
“Speriamo adesso, col nuovo governo... mah... che poi tanto sono tutti uguali... parlano, parlano, e poi... ma sa cos'è! Che son tutti vecchi! Si truccano per sembrar dei giovanotti, ma son tutti dei vecchi cancheri come me! Mo quand'è che cominciano a dare un po' di potere ai giovani, eh...”
“Eh, signora, ci vuol pazienza”.
“Lei, per esempio, ma è possibile che un bravo ragazzo come lei stia ancora lì a fare il postino? Che si vede che è uno che ci sa fare, e poi è simpatico, aiuta anche la gente, ma almeno glielo rinnovano il contratto?”
“Vediamo, signora, è un trimestrale”.
“Ma a proposito, lei che è il postino, non è mica che ha una busta per me? Dalla banca? Sarà un mese che sto aspettando questa busta dalla banca...”
“Ecco, signora, volevo proprio parlarle di questo. È arrivata una comunicazione dall'ufficio, vede? Lo sa, che le devono spedire il bancomat”.
“Ecco, appunto, io stavo proprio aspettando il bancomat”.
“Però non le hanno fatto firmare per la praivasi”.
“Ma è una cosa grave?”
“Ma no, signora, non è niente, dovrebbe riempire questo formulario che mi hanno dato, vede? E farmi una firma qui”.
“Oddio, ma non ci ho mica gli occhiali!”
“Se vuole l'aiuto io. Serve nome, cognome, luogo di nascita...”
“Malavasi Neive, sei gennaio quaranta”.
“Codice fiscale...”
“Ma non me lo ricordo mica, povera me. Devo andare su a prenderlo?”
“Eh, signora, forse è meglio di sì. E già che c'è...”
“Sì?”
“L'è arrivato per caso il PIN del bancomat nuovo?”
“Certo, m'è arrivato la settimana scorsa, è per quello che cominciavo a stare un po' in ansia...”
“Ecco, dovrebbe darmi anche quello lì”.
“Come, le devo dare anche il pin? Ma non è una cosa segreta?”
“Signora, cosa vuole che le dica, è per la praivasi. Se vuole lo faccio scrivere a lei, e io non guardo neanche... vede? C'è scritto qui...”
“Va bene, va bene, adesso vado su e prendo il codice fiscale e il pin”.
“Vuole che l'accompagno?”
“Ma no, ma no, non si stia a disturbare... un bravo ragazzo come lei... chissà quante scale gli fanno fare in una mattina...”
“Non mi lamento, signora...”
“E invece dovrebbe! Dovrebbe! Che è una cosa che non riesco a capire, dei bravi ragazzi come voi a fare questi mestieracci, mentre in giro ci sono tutti questi negri che ti guardano, ti guardano, e a me fan tanta paura...”
“Ehm, signora...”
“Sì, sì, va bene, lo so che ha fretta, adesso salgo...”

Modena, 20 giugno 2008 - Un portalettere è stato arrestato dalla polizia postale di Modena poiché apriva le lettere contenenti la tessera bancomat che l'Unicredit aveva inviato ad alcuni clienti di Carpi.
L'uomo, un 35enne residente a Carpi, teneva per sé le tessere e modificava il contenuto del messaggio dell'istituto di credito prima di consegnare la missiva ai clienti, ai quali chiedeva di comunicargli il codice segreto 'pin' gia' in loro possesso prima che la carta magnetica venisse effettivamente recapitata.
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Lasciate che i morti

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Una via

Se dovessi dirvi che la cosa non mi preoccupa, mentirei. Si parla pur sempre di una strada, e io alle strade ci tengo.
Per esempio, non vorrei mai che fosse una di quelle contrade oscure, dove la notte a due passi dal centro il gufo echeggia che pare già jungla; e i pipistrelli sfrecciano sotto lampioni troppo alti o troppo fiochi o troppo pochi; e ogni portiera d'auto che sbatte, ogni tintinnio di chiavi ha un suono di minaccia. Strade dove ti trovi sempre per sbaglio, e non sai quale destra tenere, quale marciapiede seguire che comunque è tutto sconnesso, e a nessuno chiederesti la direzione, perché in quelle strade è una vergogna il solo perdersi, e ti è scuro in faccia anche l'ariano.

- Ma purché sia una strada verde, di rampicanti su tutti i cancelli; che gli inquilini di comune accordo abbiano smesso di chiuderli, perché l'edera ne soffriva troppo;
- e non silenziosa, ma come larvata di mille rumori sempre diversi, e mai molesti; all'alba l'allodola, il grillo al tramonto, qualche auto ma rara, col ronzio del metano e come a punta di ruota;
- allora il rumore più sgradevole sarebbe il tintinnio compunto dei ciclisti sulla ciclabile, che si sa, appena gli dai una striscia di terra per quanto sottile credono di poterci stare soltanto loro e no, no, no, nessuna metafora politica stavolta;
- e grida di bambini, quelle sì! Moleste alle orecchie dei vegliardi, che se ne migrino in centro o in provincia o altrove, vecchi di merda! Che possiate in questa sola strada d'Italia, in barba ai dati Istat, esser ridotti a minoranza;
- e purché vi sia un bar, all'angolo, pulito e caciarone, dove tutti sono benaccetti tranne i coglioni coi tatuaggi sui polpacci; ché qualsiasi fede politica e calcistica, una volta iniettata sottopelle, rimane coglionaggine e basta; ma dovevano spiegarvelo da piccoli. E purché vi sia una scuola poco distante, dove lo spieghino ai piccoli, che a voialtri grandi ormai è tempo perso; e ci vadano tutti quanti, chi a piedi chi in bici e chi in triciclo, senza tema di essere vestiti diversi o di essere diversi sotto i vestiti;
- e un forno davanti a scuola, sana alternativa alle merendine. E un negozio di frutta e verdura, ma fresche e a prezzi onesti. E un'edicola, meglio se dirimpetto al bar, piccola ma ben fornita; e anche un bel wireless non guasterebbe: e panchine lungo tutto il marciapiede, meglio se all'ombra di siepi comprensive.

Purché sia una strada così, potrei anche sopportare di vederla chiamata Via Almirante. Anche se quel nome non mi piace, devo dir la verità.
Dacché m'immagino i bambini, che imparano l'indirizzo di casa quattro o cinque anni prima di saper leggere, prigionieri di infiniti qui-pro-quo: “Tu dove abiti?” “In via al Mirante!” “Ti aspettavo al parchetto del Mirante per provare il nuovo scivolo comunale e non ti sei fatta viva!” “La mia mamma ha cercato questo Mirante sul Tuttocittà, e non l'ha trovato!” “Tua madre minaccia la nostra amicizia! Tutto il mondo sa dov'è Il Mirante, c'è il forno che fa le sfogliatine più buone del mondo”. Ecc. ecc. Insomma, non la potreste semplicemente chiamare Via Mussolini, che è meno ambiguo e più riconoscibile? Nonché più onesto, dal momento che l'arzillo vecchietto in tutta la sua vita non ha fatto di notevole se non mantenere accesa la famosa fiaccola di cui nessuno sentiva l'esigenza tranne voi, ma lasciam stare: via Mussolini, un bel lastrone di marmo e non se ne parli più. E non credo vi nasceranno più fascisti per questo, credo. Anzi lo so per certo, vivendo e lavorando tra borghesi frustrati tutti più o meno battezzati tra una via Lenin e una via Marx. Come se i nomi contassero qualcosa più dei tatuaggi. Ma sono parole vuote, i nomi. Provate a ripetere il nome che t'è più caro venti volte, se vi serve l'esperienza empirica.

Se il nome avesse una qualche importanza, vivremmo tra torme di carducciani, e garibaldini, e persino i nino-bixiani sarebbero una minoranza sensibile. C'è un quartiere, sempre dalle mie parti, tutto di poeti latini; no, dico, sarebbe bello vederli affacciarsi in toga dai balconi di via P. Virgilio Marone lanciandosi epigrammi caustici, e distici lascivi. Questo ovviamente non accade: la gente non nasce dalle targhe. E se pure vi nascesse, per crescere dovrà sempre appoggiarsi alle inferriate della propria strada, e respirarne l'aria mentre allunga le radici sotto i suoi marciapiedi; così da una strada buia, chiusa o marcia potrà sempre nascere un fascista, fosse anche via Pertini; ma se mi fate una via come l'ho chiesta io, chiamatela pure Mussolini, o Hitler, o Gengis Khan: tutti i nomi più brutti che troverete sul libro di storia non sono che nomi di gente che è morta, che noia mai potranno dare ai vivi?

Ma se, viceversa, possono dare qualche soddisfazione ai morti, che nel 2008 si sprangano per un dibattito sulle foibe... insomma, lasciate che i morti s'intitolino le strade: se è il prezzo da pagare per un po' di spazio dove vivere in pace. Anche solo una strada.
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PornoGeoPolitica

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Verso il Romistan

Se poi mi chiedete del mio amico Arci – in effetti è parecchio che non se ne sente parlare – beh, se la passa alla grande. Una qualche agenzia interinale ha mandato per sbaglio il suo curriculum di inventore pazzo e psicotico all'Ufficio del Personale di una superpotenza mondiale, una a caso, e adesso è da qualche parte in un ufficio con l'aria condizionata a cospirare contro la Pace Universale. Valà che sotto sotto lo invidiate.

“Signori, bando ai preamboli. L'oggetto di questa riunione è il solito: si tratta di scatenare un conflitto regionale che faccia perdere tempo e risorse ai nostri competitori, magari attraverso la strumentalizzazione di qualche minoranza etnica indifesa. Mi pare che tocchi al sig. Arci”.
“Signori, signore, grazie sin d'ora per l'attenzione. La mia proposta di azione prevede il coinvolgimento dei Rom, un'etnia di origine indiana che vive in molti Paesi europei, talvolta ancora in stato seminomade. Vedi slide. I Rom sono stati oggetto di vari tentativi di assimilizzazione forzata e veri e propri pogrom, dal medioevo fino alla seconda guerra mondiale, quando i nazisti ne sterminarono mezzo milione. Oggi sono un'etnia in via di integrazione in tutti i Paesi dell'Europa occidentale, tranne l'Italia”.
“L'Italia è in Europa Occidentale?”
“Ancora per qualche tempo, sì. In Italia vive una cospicua minoranza Rom, che non ha i diritti civili e vive in condizioni di miseria senza paragoni. La loro aspettativa media di vita è quasi la metà di quella degli italiani autoctoni. Gran parte dei bambini non frequenta la scuola”.
“Ma chi l'avrebbe detto... voglio dire... gli italiani sembrano brave persone”.
“L'errore storico è precisamente questo: fare affidamento su un'astratta idea di “bontà” invece che su normative concrete. Gli italiani non sono un popolo feroce, ma non si sono mai preoccupati di dare la cittadinanza a chi vive sul proprio suolo. Ci sono Rom di terza o quarta generazione che non sono ancora cittadini: non hanno diritti, e nemmeno doveri. Il sospetto è che siano più utili come capri espiatori che come cittadini”.
“Ho capito: quando c'è crisi si fa la caccia al Rom. Come da noi, giù in....”
“In effetti i tempi sembrano maturi. Man mano che l'Italia scivola in una crisi strutturale, le leggende urbane sui Rom aumentano, propalate ad arte anche dalla stampa. Qualche campo nomadi brucia già e a Bruxelles qualche eurodeputato ha proposto di creare il reato di associazione famigliare Rom – o qualcosa del genere. Le mie proiezioni danno i primi pogrom seri tra 14 mesi solari”.
“Va bene, ma noi cosa c'entriamo? Mica operiamo per salvare i derelitti, noi”.
“Ci stavo giusto arrivando. Il problema dei Rom in Italia presenta connotati molto interessanti. I Rom si definiscono una nazione, ma in pratica sono apolidi. Alcuni dei loro rappresentanti si battono per trasformare questo paradosso in uno status giuridico. La mia proposta è di lanciare sul tavolo della trattativa una proposta ben più radicale: il Focolare Nazionale Rom”.
“FNR suona malissimo”.
“La sigla la possiamo cambiare. Ma insomma, la sostanza è la seguente: dopo le prime vere stragi, previste più o meno per l'estate '09, alcuni intellettuali Rom – opportunamente istruiti da noi – dovrebbero cominciare a diffondere l'idea che i Rom abbiano il diritto a un loro Stato, come tutti gli altri popoli sovrani”.
“Comincio a capire”.
“Questa idea affascinerà molti italiani, specie se hanno ancora le mani sporche di sangue dello zingaro sottocasa. In un colpo solo si liberano sia dei superstiti che dei sensi di colpa”.
“Geniale. Bisognava pensarci prima. Però...”
“Dove la mettiamo questa nazione? Ci ho pensato già io. In Italia assolutamente no, ci mancherebbe. Più lontano è meglio è”.
“Eh, ma non è mica tanto semplice. Bisogna cercare un posto con acqua e terra per milioni di persone, ma disabitato... non credo ce ne siano”.
“Signori, a volte mi pare che dimentichiate di essere persone fondamentalmente malvagie. Chi ha detto che occorre trovare un posto fertile? Una distesa di sassi andrà bene ugualmente, basta vendergliela come terra del latte e del miele”.
“Già, giusto”.
“E non è nemmeno necessario che sia disabitata – basta spazzare via quelli che ci abitano già. Ovviamente venderemo armi sia ai Rom che ai loro ospiti, per fair play”.
“Mi piace, mi piace”.
“Insomma, l'ideale è una terra aspra, già contesa tra qualche nazione importante, e con qualche risorsa che potrebbe interessare anche a noi che possiamo pagare in armi. Una terra così, concorderete, non è così difficile da trovare. Ma non bisogna dimenticare l'aspetto culturale – dev'essere un posto in cui i Rom siano già stati, magari qualche migliaio di anni fa, di modo che possa essere venduta come “la culla dei Rom”. Anche questo non è così difficile, visto che sono stati praticamente dappertutto. La mia proposta, comunque, è il Kashmir. Per almeno quattro motivi”.
“Numero uno...”
“I Rom provengono dall'India settentrionale. Pare che Rom derivi dal sanscrito ड़ोमब, pensate. Il Kashmir è più o meno da quelle parti. Qualche ritocco alle enciclopedie on line e ai libri sacri, e vedrete che non sarà difficile ribattezzare i Rom come “Popolo dei Kashmir”. Oppure potremmo ribattezzare il Kashmir: che ne dite di Romistan? Vabbè, a questi dettagli ci pensiamo dopo”.
“Numero due...”
“Risorse naturali. La seconda riserva d'acqua dolce mondiale. Non c'è bisogno che vi dica quanto sarà importante l'acqua nei prossimi cinquant'anni. Se la nazione che rappresentiamo diventa l'avvocato dei Rom in sede internazionale, buona parte di quell'acqua sarà nostra”.
“Per tacere della lana pregiata. Numero Tre...”
“Proprio a causa dell'acqua, e per patetiche beghe di irredentismo e rivincite a cricket, il Kashmir è oggi una terra già contesa da due potenze regionali nostre concorrenti, l'India e il Pakistan. Entrambe sono potenze nucleari, quindi sarà un atto umanitario offrire alla Nazione Rom del Kashmir la bomba atomica. Et voilà, ecco che per motivi umanitari abbiamo piazzato una nostra piazzaforte atomica in mezzo all'Asia”.
“Ma insomma, davvero lei si aspetta che India e Pakistan ci diano una striscia di Kashmir per un'altra etnia?”
“Bisognerà operare con una certa prudenza, all'inizio. Per esempio: si va dai pakistani (o dagli indiani, a scelta) con la proposta di ottenere dal Consiglio di Sicurezza Onu tutto il Kashmir... se accettano di ospitare il Focolare Nazionale Rom (capite anche voi che all'inizio “focolare” suona meglio). I pakistani, che al momento ne occupano solo 1/3, accettano, sperando di ottenere dall'Onu che l'India ceda gli altri 2/3. Questo potrebbe anche non accadere mai, ma nel frattempo cominciano ad arrivare i Rom, armati da noi e dagli italiani che hanno tanti sensi di colpa e armi da vendere”.
“Ma non hanno l'aria di un popolo bellicoso”.
“Gli insegneremo. Insomma, da cosa nasce cosa, a un dato momento i Rom iniziano a sparacchiare agli autoctoni. Gli autoctoni rispondono – è guerriglia. A questo punto i Rom dichiarano unilateralmente lo Stato del Romistan, noi lo riconosciamo, gli italiani pure... il gioco è fatto”.
“Ma non è un po' temerario... voglio dire... creando una piccola nazione su base etnica in una regione schiacciata tra due potenze regionali... non rischiamo di creare uno stato di guerriglia permanente?”
“Questa era il Motivo Numero Quattro, appunto”.
“Rimane da risolvere il problema di quelli che nel Kashmir ci abitano già”.
“Ma signori, noi non siamo qui per risolvere i problemi, noi siamo qui per trasformarli in problemi nuovi, più adatti al Nuovo Millennio. Gli abitanti del Kashmir oggi si sentono un po' indiani un po' pakistani – quando il Romistan avrà firmato la pace separata con entrambe le nazioni, non saranno né paki né indù. Non saranno più nulla. Potranno essere assimilati dai Rom”.
“E sei Rom non volessero?”
“Nascerà un altro minuscolo movimento nazionalista, per la gioia dei venditori di spillette, di foulard e di armi. Continueranno a fare la loro guerricciola per 60 anni, emozionando qualche intellettuale europeo, e alla fine magari otterranno qualche striscia di terra anche loro. Oppure li trapiantiamo tutti in un'altra regione ricca di risorse interessanti – non so, la Cecenia – e il gioco continua. Che ne dite?”
“Mah. Non credo di avere mai sentito una proposta geopolitica più insensata e criminale di questa. Dico, è incredibile”.
“Troppo buono”.
“Voglio dire, com'è che nessuno ci ha mai pensato prima?”
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IV novembre

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E adesso cosa si fa?

Vogliamo espellere tutti i militari in pensione potenzialmente pericolosi?
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- bamba platonico

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Non è che abbia molte buone notizie, io.
Vittorio Feltri, lui sì che ne ha.

E in certi giorni mi piacerebbe svegliarmi ed essere Vittorio Feltri – non fraintendetemi, non sono malato, o forse sì, la mia malattia è che ho sempre adorato i titoli e i titolisti, la capacità di riassumere tutto il bello e il brutto di una giornata in un titolo e regalarlo al lettore.

E scommetto che Vittorio Feltri ha avuto ottimi titoli per tutta la settimana (non lo so – non ho controllato), scommetto che è stata una settimana felice per lui, una di quelle settimane da fregarsi le mani, da andare a letto col sorriso stampato sul cuscino e da svegliarsi col medesimo sorriso, e che dire? Beato lui.

Le buone notizie di Vittorio Feltri, in sostanza, si riducono ad una sola: l’Islam ci odia.
Ci invidia, perché da noi si sta meglio. Allora ci invade.
Noialtri Bamba, come direbbe Vittorio, cerchiamo di reagire pacificamente. Ma non c’è nulla da fare e Vittorio lo sa.

Se andiamo ad aiutarli in casa loro, ci sgozzano (e Vittorio ci fa un titolo).
Se li accettiamo in Italia, li rispettiamo, riconosciamo i loro diritti, diamo un lavoro alle loro figlie, magari poi ce ne innamoriamo, loro la sgozzano (E Vittorio ci fa un titolo).
Se da bamba facciamo finta di niente, perché un delitto estivo non può servirci a giudicare un’intera comunità di migranti; se portiamo pazienza in attesa che passi una generazione, che si crei una classe media di emigrati integrati, come in Gran Bretagna, embè? Quella classe media continuerà a covare rabbia e frustrazione e cellule di Al Quaeda che si faranno esplodere negli aeroplani. Per la gioia di Vittorio che ci farà un altro articolo. (E magari si scomoda anche Oriana, per l’occasione, con un opuscoletto in 2-3 volumi).

Quindi capite, a un certo punto uno si stanca di fare un bamba. Oggi per esempio io vorrei essere Vittorio Feltri.
E se m’impegno, magari.

Being Vittorio F.


Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri.
Io sono Vittorio Feltri Io sono Vittorio Feltri Io sono Vittorio Feltri Io sono Vittorio Feltri Io sono Vittorio Feltri.

Ce l’ho fatta. Ecco, ho il mio cravattone, camicia a quadri e la pipa. Sono Vittorio Feltri, finalmente i capelli stanno al loro posto.
E sono abbastanza soddisfatto. È solo un peccato che tutti questi delitti e attentati di matrice islamica scoppino sempre in agosto, quando giornali se ne vendono così pochi. D’altro canto, se io sono Vittorio Feltri, di giornali ne vendo pochi tutto l’anno, quindi, chi se ne frega?

Io sono Vittorio Feltri. Gli altri sono dei Bamba. Non capiscono che pericolo sia l’Islam. Io invece lo so. L’Islam ci odia.
È un bel problema. I Bamba non hanno la soluzione.
Io, invece?
Io sono Vittorio Feltri. Questa è la mia soluzione. Purtroppo è una soluzione per pochi. Voialtri bamba potete, al massimo, comprare Libero, dove leggerete Vittorio Feltri che vi dice che l’Islam vi odia, cosa che tra l’altro probabilmente è vera, specie se l’Islam è il dirimpettaio marocchino che vi vede uscire di casa con Libero sottobraccio.

Io sono Vittorio Feltri e la mia fortuna l’ho fatta. E meno male che a un certo punto ho scoperto questa cosa dell’Islam che ci odiava, perché diffamare Di Pietro o i listati Mitrokhin non rendeva altrettanto, proprio no.

Però, insomma, io sono solo Vittorio Feltri, ed è inutile che mi stiate così col fiato sul collo a chiedermi cosa si dovrebbe fare contro l’Islam, che ci odia. Se vi siete comprati Libero, avete già fatto molto. Per il resto, non lo so. Chiudere le frontiere. Che sono già abbastanza chiuse, lo so. E voi chiudetele di più. Come? Booooh, io non amo entrare nei dettagli, io sono un titolista. L’essenziale è combattere il multiculturalismo, questa religione dei Bamba. E il multiculturalismo si combatte con, con, con, con le copie del mio giornale, Libero. Io sono Vittorio Feltri.
Ce l’ho con le moschee. Chiudete le moschee. E dopo ci saranno le moschee clandestine, più difficili da monitorare, lo so benissimo, non sono un Bamba, sono Vittorio Feltri. Un Bamba platonico.

Come se ne fregasse più di tanto, a me. Io sono un giornalista, non ho mica doveri verso i posteri. L’unico postero verso il quale avevo dei doveri l’ho già sistemato in un giornale. È mio figlio, e passerà la vita a scrivere battutine contro i Bamba. Proprio come me. Questa è la nostra soluzione al problema. Mi rendo conto che è per pochi.

D’altro canto, a ognuno il suo mestiere. Io faccio il giornalista, non cambio il mondo, mi limito a sghignazzarci sopra. Se avessi il potere di risolvere i problemi, non saprei che farmene.
Una volta in Italia diedero questo tipo di potere a un giornalista. Non ci fece una buona figura. Ognuno deve stare al posto suo.

Prendete il gestore di questo blog. Io, Vittorio Feltri, sono autorizzato a rivelarvi che è un Bamba. Lui ha questa idea, che le cose potrebbero andare meglio: che gli islamici potrebbero diventare un po’ più occidentali e gli occidentali un po’ meno stronzi. Questa idea lui la chiama Speranza. Perché è un Bamba.

In realtà non è una speranza. È l’unica cosa che ha. Non potrebbe vivere pensando che il mondo continui ad andare così. Con l’Islam che spara addosso il suo odio e noi che lo perfezioniamo e glielo rimandiamo indietro in confetti esplosivi. Così no. Così no. Non si può vivere, non si può scrivere, non si può programmare un futuro. L’unica soluzione è la speranza.

Ma la speranza, quando è l’unica cosa che resta, non è più una speranza. È solo l’altra faccia della disperazione. Questo Bamba, come molti altri Bamba, non è pacifista o multiculturalista o blablabla per capriccio. È pacifista o multiculturalista o blablabla per disperazione.

Cazzi suoi. Io non ho bisogno di speranze, ho tutto quello che mi serve. Ho il cravattone, la pipa, un giornale, un mestiere. Sono Vittorio Feltri. E voi siete i Bamba. E per oggi chiudo.
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"Perché - si chiede monsignor Frisina - presentare con tanta leggerezza e facilità personaggi così negativi come Eminem, che incitano alla violenza contro i genitori, all'odio razziale, alla trasgressione? È un problema della Rai, ma anche le tv private non possono sottrarsi alla grave responsabilità di essere più attente ai contenuti dei programmi". Don Sciortino, si chiede, a sua volta, "perché Sanremo va a cercarsi grane con un personaggio simile solo per inseguire una discutibile audience? È grave.

Ma è poi così scandaloso Eminem?
Può anche darsi che inciti "alla violenza contro i genitori, all'odio razziale, alla trasgressione". In inglese. E a noi italiani cosa resta? Un vago abbaiare anglofono su basi ben confezionate, in una manciata di video simpatici. E un'immagine di orgoglio razziale, questa sì preoccupante: vedete, anche un bianco può fare il rap (Eminem non è un tipo qualunque: è il bianco qualunque).
Ma qualcuno si è veramente preoccupato di tradurre i testi di Eminem? I ragazzini vegliano la notte compulsando il booklet del CD con a fianco l'Hazon Garzanti? Ma dai.
Io da piccolo ero andato a ripescarmi The End dei Doors, dove c'è quel verso che dice "Father – yes son? – I want to kill you". Ma era un inglese molto basico, come si vede. Invece non riuscirò mai a capire chi ascolta rap inglese in Italia. Bisogna avere una conoscenza della lingua, e perfino della cultura, molto approfondite, per capirci qualcosa.
Altrimenti, si simula. Ci si affeziona a qualcosa perché ci hanno detto che è bello. Ci si scandalizza, perché ci hanno detto che è scandaloso. Ama, odia, scandalizzati, consuma, crepa. Che lo facciano i ragazzini, passi. Ma anche i vescovi. Tirando fuori anche quello che è successo a Novi Ligure. Per carità d'Iddio.
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