Anche Salvini, a Gerusalemme?
01-02-2020, 19:39antisemitismo, come diventare leghisti, Israele-Palestina, TheVisionPermalink[Questo pezzo ci ha messo un po', ma alla fine è uscito su TheVision]. Salvini è un troll. Qualsiasi cosa faccia, la fa per provocare una reazione, possibilmente rabbiosa o scandalizzata. Non è senz'altro il primo a portare nella politica l'antica arte della provocazione; però maestri come Berlusconi e Bossi praticavano il trolling per arrivare a un risultato – attirare l'attenzione, certo, ma anche innervosire gli avversari e lasciarli autoridicolizzarsi con reazioni scomposte. Salvini è un passo oltre: dai maestri ha appreso l'arte ma non il senso; e oggi che ha il campo libero, lo vediamo trollare non tanto per imporre un'agenda politica, ma piuttosto imporre un'agenda politica che gli permetta di trollare.
Questo andrebbe premesso a qualsiasi commento sui comportamenti di Salvini, sia che disturbi la gente al citofono accusandola di reati gravi sia che riconosca Gerusalemme come capitale di Israele (per citare due cose che ha fatto in una surreale settimana di campagna elettorale). Perché si comporta così? Perché è un troll. Vuole la nostra frustrata attenzione, e infatti eccoci qui: stiamo parlando di lui, forse ha vinto. Magari l'idea di un aspirante capo del governo che gioca a fare il Gabibbo ci fa infuriare, ebbene, Salvini voleva esattamente questo da noi, Salvini si nutre della nostra furia.
Quanto a Gerusalemme, è il classico esempio di minima spesa per massima resa. Riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato Ebraico è un gesto che non gli costa nessuna fatica e sarebbe gravido di conseguenze, se Salvini fosse al governo (si tratterebbe di tradire l'approccio UE al problema). Ma Salvini al governo più di tanto non riesce a starci: l'anno scorso è resistito fin quasi a Ferragosto perché in effetti un ministro degli interni a torso nudo al Papeete è ancora un po' provocatorio; ma non un minuto di più. E poi, certo, Salvini dimostra anche in questo caso l'allineamento della Lega alle posizioni del sovranismo europeo, che vede in Netanyahu un alleato in Medio Oriente, sì: ma davvero a Salvini premevano così tanto le sorti del Medio Oriente, e proprio la settimana scorsa? È difficile immaginare che la sorte della Spianata delle Moschee gli interessi più del centro di Bologna, dove le sue provocazioni ancora non sfondano, ma circola ancora qualche fuorisede filopalestinese in kefiah (il tizio ragiona per stereotipi un po' muffiti). Se solo si riuscisse a farli incazzare a portata di videocamera, magari in quello storico campo di battaglia tra via Irnerio e Piazza Verdi, che colpo sarebbe: che fantastico modo di terrorizzare i bolognesi benpensanti e mandarli a votare i candidati della Lega – e invece no, Piazzale VIII Agosto si riempie, ma di placide Sardine che di Gerusalemme non si preoccupano, come di tanti altri problemi.
A indignarsi rimane soltanto una piccola frangia di osservatori, per così dire, professionisti o appassionati; quei pochi che ancora in Italia si ostinano a considerare la marginalizzazione dei palestinesi un problema e non una soluzione. Combattuti, anche questi ultimi, tra la necessità morale di non prendere il troll sul serio e il richiamo della foresta, se non il fascino dell'abisso: perché ci sono livelli davvero sotto i quali nessuno era sceso, e Salvini li sta perforando in caduta libera. Cioè lui ha davvero cercato di rifarsi una verginità invitando a un convegno sull'antisemitismo Liliana Segre (che prontamente ha declinato l'invito). Salvini ha davvero spiegato a un giornale israeliano che l'antisemitismo, in Italia, lo hanno portato gli immigrati islamici – e questo malgrado l'osservatorio sull'antisemitismo continui a registrare con cadenza quotidiana episodi che hanno protagonisti dai nomi e dai cognomi italianissimi. Salvini, il più celebre tra i propagatori italiani di complottismi su George Soros, ha davvero affermato di non avere nulla a che spartire con l'antisemitismo di una "destra tradizionalista", e lo ha fatto proprio mentre il comune di Verona, con una giunta a trazione leghista, intitolava una via a Giorgio Almirante, fascista repubblichino e poi fondatore del Movimento Sociale Italiano. Magari ignorando in buona fede che la leggenda nera sul governo mondiale occulto del perfido Soros non è che la rielaborazione postmoderna di cose che nel 1938 si potevano leggere sulla Difesa della Razza, rivista ufficiale del razzismo fascista. Almirante era il segretario di redazione.
Qualcuno ha già rimarcato il cinismo con cui Salvini si è rivolto a Israele, mostrando di considerarlo, più che una nazione sovrana, un ente morale deputato a rilasciare "una patente di rispettabilità politico-religiosa". Certo, perché il giochino funzioni bisogna che dall'altra parte qualcuno si presti, e Netanyahu ha già dimostrato una certa disponibilità in questo senso: ha ricevuto Duterte, è andato a trovare Orban, perché non dovrebbe accostarsi a Salvini... [continua su TheVision]
Per Netanyahu la Storia è subordinata alla politica: ogni nemico di Israele può essere paragonato a Hitler, se necessario (mentre paradossalmente Hitler può essere ridimensionato: non più ideatore della Shoah, ma semplice artefice dei piani genocidi del Gran Muftì). Netanyahu ha un'agenda, che a differenza di Salvini non si esaurisce nel vincere le prossime elezioni; da un punto di vista culturale, il suo obiettivo è includere nella definizione di antisemitismo qualsiasi forma di critica a Israele. Se vuole definirsi amico di Israele, Salvini non solo deve promettere di trasferire l'ambasciata italiana a Gerusalemme, come ha già fatto Trump; deve anche impegnarsi a chiedere "a Bruxelles" di proibire il boicottaggio dei prodotti israeliani. Promessa, quest'ultima, di molto difficile realizzazione: non solo perché Salvini a Bruxelles ci va il meno possibile, disertando in particolare qualsiasi riunione possa ottenere risultati concreti: ma soprattutto perché un boicottaggio è una forma di protesta non violenta e passiva. Certo, il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), può anche essere definito antisemita e messo fuori legge (se ne parla sia negli USA che in Germania), ma nessuna direttiva comunitaria può costringere i consumatori europei a comprare i pompelmi israeliani, se non li vogliono. L'obiettivo di Netanyahu è culturale: si tratta di convincere gli europei che chi non compra i pompelmi israeliani è antisemita, tanto quanto il complottista che ricicla i Protocolli dei Savi di Sion o il nazista che vandalizza i monumenti sulla Shoah.
Quello che a noi europei può sembrare una strumentalizzazione ha comunque un senso storico (e geografico). Netanyahu è il primo ministro di un Paese che vive il ricordo della Shoah in modo sensibilmente diverso da come lo si percepisce in Europa. Per noi europei il 27 gennaio è la ricorrenza annuale del senso di colpa collettivo, il giorno in cui ricordiamo di essere portatori neanche troppo sani di malattie che hanno sconvolto il mondo: nazionalismi, fascismi, xenofobia. Gli israeliani non possono e non devono viverlo con lo stesso senso di colpa: il loro 27 gennaio (che quest'anno celebreranno ospitando delegazioni di 50 Paesi) non può che confortarli nell'idea che se 80 anni fa fosse esistito Israele, la Shoah sarebbe stata impossibile. Questo può spiegare perché per un sionista come Netanyahu la memoria della Shoah combaci totalmente con la difesa a oltranza delle politiche di Israele. Un po' meno spiegabile è che un aspirante leader di una nazione come l'Italia si presti senza un plissé a fargli da megafono: Netanyahu vuole i BDS fuori legge? Salvini andrà a Bruxelles a chiedere i BDS fuorilegge. E tutto questo, badate bene, dopo aver sibilato per anni contro i politici europei servi di una fantomatica lobby ebraica. Un bel paradosso, se solo se ne fosse reso conto. Ma anche se se ne fosse reso conto, non ha molto senso mettere Salvini di fronte alle sue contraddizioni. In fondo, ricordiamolo, non è che un troll.
Questo andrebbe premesso a qualsiasi commento sui comportamenti di Salvini, sia che disturbi la gente al citofono accusandola di reati gravi sia che riconosca Gerusalemme come capitale di Israele (per citare due cose che ha fatto in una surreale settimana di campagna elettorale). Perché si comporta così? Perché è un troll. Vuole la nostra frustrata attenzione, e infatti eccoci qui: stiamo parlando di lui, forse ha vinto. Magari l'idea di un aspirante capo del governo che gioca a fare il Gabibbo ci fa infuriare, ebbene, Salvini voleva esattamente questo da noi, Salvini si nutre della nostra furia.
Quanto a Gerusalemme, è il classico esempio di minima spesa per massima resa. Riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato Ebraico è un gesto che non gli costa nessuna fatica e sarebbe gravido di conseguenze, se Salvini fosse al governo (si tratterebbe di tradire l'approccio UE al problema). Ma Salvini al governo più di tanto non riesce a starci: l'anno scorso è resistito fin quasi a Ferragosto perché in effetti un ministro degli interni a torso nudo al Papeete è ancora un po' provocatorio; ma non un minuto di più. E poi, certo, Salvini dimostra anche in questo caso l'allineamento della Lega alle posizioni del sovranismo europeo, che vede in Netanyahu un alleato in Medio Oriente, sì: ma davvero a Salvini premevano così tanto le sorti del Medio Oriente, e proprio la settimana scorsa? È difficile immaginare che la sorte della Spianata delle Moschee gli interessi più del centro di Bologna, dove le sue provocazioni ancora non sfondano, ma circola ancora qualche fuorisede filopalestinese in kefiah (il tizio ragiona per stereotipi un po' muffiti). Se solo si riuscisse a farli incazzare a portata di videocamera, magari in quello storico campo di battaglia tra via Irnerio e Piazza Verdi, che colpo sarebbe: che fantastico modo di terrorizzare i bolognesi benpensanti e mandarli a votare i candidati della Lega – e invece no, Piazzale VIII Agosto si riempie, ma di placide Sardine che di Gerusalemme non si preoccupano, come di tanti altri problemi.
A indignarsi rimane soltanto una piccola frangia di osservatori, per così dire, professionisti o appassionati; quei pochi che ancora in Italia si ostinano a considerare la marginalizzazione dei palestinesi un problema e non una soluzione. Combattuti, anche questi ultimi, tra la necessità morale di non prendere il troll sul serio e il richiamo della foresta, se non il fascino dell'abisso: perché ci sono livelli davvero sotto i quali nessuno era sceso, e Salvini li sta perforando in caduta libera. Cioè lui ha davvero cercato di rifarsi una verginità invitando a un convegno sull'antisemitismo Liliana Segre (che prontamente ha declinato l'invito). Salvini ha davvero spiegato a un giornale israeliano che l'antisemitismo, in Italia, lo hanno portato gli immigrati islamici – e questo malgrado l'osservatorio sull'antisemitismo continui a registrare con cadenza quotidiana episodi che hanno protagonisti dai nomi e dai cognomi italianissimi. Salvini, il più celebre tra i propagatori italiani di complottismi su George Soros, ha davvero affermato di non avere nulla a che spartire con l'antisemitismo di una "destra tradizionalista", e lo ha fatto proprio mentre il comune di Verona, con una giunta a trazione leghista, intitolava una via a Giorgio Almirante, fascista repubblichino e poi fondatore del Movimento Sociale Italiano. Magari ignorando in buona fede che la leggenda nera sul governo mondiale occulto del perfido Soros non è che la rielaborazione postmoderna di cose che nel 1938 si potevano leggere sulla Difesa della Razza, rivista ufficiale del razzismo fascista. Almirante era il segretario di redazione.
Qualcuno ha già rimarcato il cinismo con cui Salvini si è rivolto a Israele, mostrando di considerarlo, più che una nazione sovrana, un ente morale deputato a rilasciare "una patente di rispettabilità politico-religiosa". Certo, perché il giochino funzioni bisogna che dall'altra parte qualcuno si presti, e Netanyahu ha già dimostrato una certa disponibilità in questo senso: ha ricevuto Duterte, è andato a trovare Orban, perché non dovrebbe accostarsi a Salvini... [continua su TheVision]
Per Netanyahu la Storia è subordinata alla politica: ogni nemico di Israele può essere paragonato a Hitler, se necessario (mentre paradossalmente Hitler può essere ridimensionato: non più ideatore della Shoah, ma semplice artefice dei piani genocidi del Gran Muftì). Netanyahu ha un'agenda, che a differenza di Salvini non si esaurisce nel vincere le prossime elezioni; da un punto di vista culturale, il suo obiettivo è includere nella definizione di antisemitismo qualsiasi forma di critica a Israele. Se vuole definirsi amico di Israele, Salvini non solo deve promettere di trasferire l'ambasciata italiana a Gerusalemme, come ha già fatto Trump; deve anche impegnarsi a chiedere "a Bruxelles" di proibire il boicottaggio dei prodotti israeliani. Promessa, quest'ultima, di molto difficile realizzazione: non solo perché Salvini a Bruxelles ci va il meno possibile, disertando in particolare qualsiasi riunione possa ottenere risultati concreti: ma soprattutto perché un boicottaggio è una forma di protesta non violenta e passiva. Certo, il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), può anche essere definito antisemita e messo fuori legge (se ne parla sia negli USA che in Germania), ma nessuna direttiva comunitaria può costringere i consumatori europei a comprare i pompelmi israeliani, se non li vogliono. L'obiettivo di Netanyahu è culturale: si tratta di convincere gli europei che chi non compra i pompelmi israeliani è antisemita, tanto quanto il complottista che ricicla i Protocolli dei Savi di Sion o il nazista che vandalizza i monumenti sulla Shoah.
Quello che a noi europei può sembrare una strumentalizzazione ha comunque un senso storico (e geografico). Netanyahu è il primo ministro di un Paese che vive il ricordo della Shoah in modo sensibilmente diverso da come lo si percepisce in Europa. Per noi europei il 27 gennaio è la ricorrenza annuale del senso di colpa collettivo, il giorno in cui ricordiamo di essere portatori neanche troppo sani di malattie che hanno sconvolto il mondo: nazionalismi, fascismi, xenofobia. Gli israeliani non possono e non devono viverlo con lo stesso senso di colpa: il loro 27 gennaio (che quest'anno celebreranno ospitando delegazioni di 50 Paesi) non può che confortarli nell'idea che se 80 anni fa fosse esistito Israele, la Shoah sarebbe stata impossibile. Questo può spiegare perché per un sionista come Netanyahu la memoria della Shoah combaci totalmente con la difesa a oltranza delle politiche di Israele. Un po' meno spiegabile è che un aspirante leader di una nazione come l'Italia si presti senza un plissé a fargli da megafono: Netanyahu vuole i BDS fuori legge? Salvini andrà a Bruxelles a chiedere i BDS fuorilegge. E tutto questo, badate bene, dopo aver sibilato per anni contro i politici europei servi di una fantomatica lobby ebraica. Un bel paradosso, se solo se ne fosse reso conto. Ma anche se se ne fosse reso conto, non ha molto senso mettere Salvini di fronte alle sue contraddizioni. In fondo, ricordiamolo, non è che un troll.
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Siamo pari
31-01-2020, 23:11cinema, famiglie, generazione di fenomeniPermalink
Vi abbiamo messo al mondo in un mondo che sapevamo essere alle soglie di un'estinzione di massa. Lo sapevamo e vi abbiamo messo al mondo lo stesso, perché ci sentivamo soli e avevamo bisogno di qualcuno che ci pagasse i contributi.
Non siamo riusciti a ridurre le emissioni, non ci siamo rivoltati contro chi ci avvelenava, non abbiamo nemmeno protestato, cioè ci abbiamo provato ma ci siamo ritirati alle prime mazzate. Da chi ci ha preceduto non abbiamo imparato nulla, ma ve l'abbiamo insegnato lo stesso.
Abbiamo esaurito le risorse, esaurito gli antibiotici, esaurito l'ossigeno, il che non significa che non abbiamo smesso di parlare, di solito per farvi la predica. Vi stiamo per lasciare un mondo in macerie e tantissime armi per litigarvele. D'altro canto.
D'altro canto voi ci avete portato a vedere Me Contro Te La Vendetta Del Signor S, quindi direi che adesso siamo pari.
Non siamo riusciti a ridurre le emissioni, non ci siamo rivoltati contro chi ci avvelenava, non abbiamo nemmeno protestato, cioè ci abbiamo provato ma ci siamo ritirati alle prime mazzate. Da chi ci ha preceduto non abbiamo imparato nulla, ma ve l'abbiamo insegnato lo stesso.
Abbiamo esaurito le risorse, esaurito gli antibiotici, esaurito l'ossigeno, il che non significa che non abbiamo smesso di parlare, di solito per farvi la predica. Vi stiamo per lasciare un mondo in macerie e tantissime armi per litigarvele. D'altro canto.
D'altro canto voi ci avete portato a vedere Me Contro Te La Vendetta Del Signor S, quindi direi che adesso siamo pari.
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L'Emilia-Romagna non esiste (ma resiste)
28-01-2020, 17:40come diventare leghisti, Emilia paranoica, TheVisionPermalink[Questo pezzo è stato scritto ieri ed è uscito su TheVision]
Oggi non è una brutta giornata. Ovvero: se do un'occhiata dalla finestra, l'Emilia-Romagna continua a sembrarmi la stessa regione inquinata e decadente di ieri. I problemi sono ancora tutti lì esattamente dove erano sabato, e in parte si tratta di problemi che Stefano Bonaccini non risolverà, perché l'Emilia-Romagna alla fine è semplicemente un pezzo d'Italia, d'Europa e di mondo, ritagliato in modo anche abbastanza casuale.
In alcune zone di questo pezzo d'Italia, la propaganda salviniana funziona, ed è facile notare che sono le zone periferiche di un tessuto che progressivamente si sta trasformando in una grande periferia. I centri resistono, ma sono sotto assedio: oppongono un modello ma non riescono più a irradiare un messaggi alternativi a quelli declinati dalla Mediaset e dalle sua varianti; già prima di arrivare alle tangenziali i discorsi nei bar cominciano ad assomigliare agli stessi discorsi che puoi sentire a Varese, Viterbo, Vibo Valentia. Bibbiano perde i contorni di placido comune in provincia di Reggio nell'Emilia e diventa un campo d'internamento dove bambini rasati venivano sottoposti a elettroshock da assistenti sociali satanisti.
Ma non si tratta soltanto di una gara a spararla grossa (che Salvini comunque era determinato a vincere). Nelle zone montane, in certa Bassa, nelle new town fungate sulle strade statali, Salvini vince come vince il Capo Indiano che chiama a raccolta i nativi messi ai margini dall'avanzata del progresso. Nelle zone industriali dove un capannone su due è una carcassa di cemento, nella riviera che non è soltanto Rimini e Riccione ma migliaia di pensioncine a trazione famigliare che la Croazia spazzerà via, Salvini non vince soltanto perché racconta cazzate. In un certo senso, non è il solo che le dice. In un tessuto sociale che ha smesso da un pezzo di essere competitivo, e mese per mese assiste al suo stesso smembramento, anche chi continua a raccontarci che siamo la terra delle Ferrari, di Farinetti, di Fellini, a volte non ha percezione di quanto ci stia ammorbando di chiacchiere. Modena era una realtà industriale quando c'erano le fonderie, e la Ferrari era poco più di una fabbrichetta – famosa in tutto il mondo ma abbastanza marginale. Ora al posto delle fonderie c'è il museo Enzo Ferrari ma non creerà mai la stessa ricchezza, non è che puoi davvero pensare di sostituire lo storytelling all'acciaio. C'è un limite oltre il quale anche la narrazione delle eccellenze diventa un tormentone non molto meno tossico dell'elettrochoc di Bibbiano, e oltre quel limite perché Matteo Salvini non dovrebbe vincere? Perché non dovrebbe raccontare che l'euro ci sta strangolando, che negli anni Ottanta si stava meglio, che l'immigrazione abbassa il costo del lavoro? È una visione superficiale, ma non più superficiale di quella che propone di risolvere tutto con l'auto di lusso, l'abbigliamento di lusso, la ristorazione di lusso.
(Mesi fa il sindaco di un piccolo centro sull'appennino parmense scrisse una circolare ai genitori degli studenti, chiedendo per favore di non ordinare lo zaino scolastico su Amazon ma di comprarlo nell'unica librocartoleria superstite. Dalla stampa nazionale insorse un editorialista progressista: ma come! Ai ragazzi bisogna insegnare a eccellere, a studiare, a diventare Bezos, non a combatterlo. Sì, in pratica bisogna insegnare ad andarsene dall'appennino, un luogo dove tenere aperta una libreria è ormai un eroismo inutile). (L'editorialista in questione non è cresciuto in appennino ma in una redazione; è figlio di un altro editorialista, perché raccontare i pregi della meritocrazia è un'arte che in Italia non s'impara in una generazione).
Però alla fine oggi non è una brutta giornata, dai. Si è alzata anche la foschia, ora splende il sole, l'aria continua a essere tra le più carbonate sul pianeta, ma non si può pretendere. Di tutto aveva bisogno questo pezzo d'Italia tranne che di un'altra gang di amministratori incompetenti e parolai. La maggior parte degli elettori del vecchio bacino emiliano 5Stelle ha deciso, di fronte a un bivio, che la direzione indicata da Salvini non era praticabile: non era affatto scontato. E soprattutto abbiamo dimostrato che un certo tipo di campagna elettorale non funziona ovunque, e quindi alla lunga non funziona. Da questo punto di vista bisogna ringraziare Salvini, proprio perché in quest'occasione ha dato il peggio di sé e ci ha dato un'occasione gloriosa per dimostrare che Salvini, anche nella sua versione peggiore, non è sostenibile. Non vince neanche se fa il Gabibbo, non vince neanche se fa Cronaca Vera (il martellamento ossessivo su Bibbiano), non vince a imbucarsi in qualsiasi sagra, ad afferrare un prodotto gastronomico e a spararsi un altro selfie con quei poveri sostenitori che ormai in memoria hanno più faccioni di Salvini che foto dei figli. Dopo Craxi, dopo Renzi, Salvini è l'ennesimo avventuriero che due o tre battaglie hanno illuso di poter conquistare almeno mezza Italia: è senz'altro bello pensare che si sia dovuto fermare sul Taro. Significa che l'Emilia rossa resiste? Anche l'Emilia rossa è storytelling. Comunista in senso stretto non lo è mai stata: forse le è capitata in sorte una classe dirigente un po' più pratica, un po' più onesta, ma quello che vedo io dalla finestra è un pezzo d'Italia individualista e frustrato che un candidato di centrodestra decente lo voterebbe. È da almeno vent'anni che lo implora: un candidato liberale, pragmatico, amico delle piccole medie imprese o di quel che ne resta. Ecco, questo candidato la destra italiana non ha mai voluto proporlo. Sia Berlusconi ieri, sia Salvini oggi, si sono sempre lasciati incantare dal mito della fortezza rossa da espugnare con gli slogan e le recriminazioni identitarie: non hanno mai pensato di proporre una vera alternativa a livello di amministrazione, forse semplicemente perché non era disponibile o credibile. Il giorno che lo sarà, qualcosa mi dice che l'Emilia smetterà di essere rossa nel giro di poche ore. Ma è una prospettiva lontana, lontana. Il centrodestra che tira è il centrodestra che la spara più lunga, tant'è che al declino della stella di Salvini sta iniziando a sorgere quella di Giorgia Meloni. Le chiacchiere che producono funzionano in tv, funzionano sui social, funzionano in tante edicole e bar, ma non ti fanno vincere le elezioni, perlomeno tra Taro e Rubicone. È una bella giornata oggi, dai.
Oggi non è una brutta giornata. Ovvero: se do un'occhiata dalla finestra, l'Emilia-Romagna continua a sembrarmi la stessa regione inquinata e decadente di ieri. I problemi sono ancora tutti lì esattamente dove erano sabato, e in parte si tratta di problemi che Stefano Bonaccini non risolverà, perché l'Emilia-Romagna alla fine è semplicemente un pezzo d'Italia, d'Europa e di mondo, ritagliato in modo anche abbastanza casuale.
In alcune zone di questo pezzo d'Italia, la propaganda salviniana funziona, ed è facile notare che sono le zone periferiche di un tessuto che progressivamente si sta trasformando in una grande periferia. I centri resistono, ma sono sotto assedio: oppongono un modello ma non riescono più a irradiare un messaggi alternativi a quelli declinati dalla Mediaset e dalle sua varianti; già prima di arrivare alle tangenziali i discorsi nei bar cominciano ad assomigliare agli stessi discorsi che puoi sentire a Varese, Viterbo, Vibo Valentia. Bibbiano perde i contorni di placido comune in provincia di Reggio nell'Emilia e diventa un campo d'internamento dove bambini rasati venivano sottoposti a elettroshock da assistenti sociali satanisti.
Ma non si tratta soltanto di una gara a spararla grossa (che Salvini comunque era determinato a vincere). Nelle zone montane, in certa Bassa, nelle new town fungate sulle strade statali, Salvini vince come vince il Capo Indiano che chiama a raccolta i nativi messi ai margini dall'avanzata del progresso. Nelle zone industriali dove un capannone su due è una carcassa di cemento, nella riviera che non è soltanto Rimini e Riccione ma migliaia di pensioncine a trazione famigliare che la Croazia spazzerà via, Salvini non vince soltanto perché racconta cazzate. In un certo senso, non è il solo che le dice. In un tessuto sociale che ha smesso da un pezzo di essere competitivo, e mese per mese assiste al suo stesso smembramento, anche chi continua a raccontarci che siamo la terra delle Ferrari, di Farinetti, di Fellini, a volte non ha percezione di quanto ci stia ammorbando di chiacchiere. Modena era una realtà industriale quando c'erano le fonderie, e la Ferrari era poco più di una fabbrichetta – famosa in tutto il mondo ma abbastanza marginale. Ora al posto delle fonderie c'è il museo Enzo Ferrari ma non creerà mai la stessa ricchezza, non è che puoi davvero pensare di sostituire lo storytelling all'acciaio. C'è un limite oltre il quale anche la narrazione delle eccellenze diventa un tormentone non molto meno tossico dell'elettrochoc di Bibbiano, e oltre quel limite perché Matteo Salvini non dovrebbe vincere? Perché non dovrebbe raccontare che l'euro ci sta strangolando, che negli anni Ottanta si stava meglio, che l'immigrazione abbassa il costo del lavoro? È una visione superficiale, ma non più superficiale di quella che propone di risolvere tutto con l'auto di lusso, l'abbigliamento di lusso, la ristorazione di lusso.
(Mesi fa il sindaco di un piccolo centro sull'appennino parmense scrisse una circolare ai genitori degli studenti, chiedendo per favore di non ordinare lo zaino scolastico su Amazon ma di comprarlo nell'unica librocartoleria superstite. Dalla stampa nazionale insorse un editorialista progressista: ma come! Ai ragazzi bisogna insegnare a eccellere, a studiare, a diventare Bezos, non a combatterlo. Sì, in pratica bisogna insegnare ad andarsene dall'appennino, un luogo dove tenere aperta una libreria è ormai un eroismo inutile). (L'editorialista in questione non è cresciuto in appennino ma in una redazione; è figlio di un altro editorialista, perché raccontare i pregi della meritocrazia è un'arte che in Italia non s'impara in una generazione).
Però alla fine oggi non è una brutta giornata, dai. Si è alzata anche la foschia, ora splende il sole, l'aria continua a essere tra le più carbonate sul pianeta, ma non si può pretendere. Di tutto aveva bisogno questo pezzo d'Italia tranne che di un'altra gang di amministratori incompetenti e parolai. La maggior parte degli elettori del vecchio bacino emiliano 5Stelle ha deciso, di fronte a un bivio, che la direzione indicata da Salvini non era praticabile: non era affatto scontato. E soprattutto abbiamo dimostrato che un certo tipo di campagna elettorale non funziona ovunque, e quindi alla lunga non funziona. Da questo punto di vista bisogna ringraziare Salvini, proprio perché in quest'occasione ha dato il peggio di sé e ci ha dato un'occasione gloriosa per dimostrare che Salvini, anche nella sua versione peggiore, non è sostenibile. Non vince neanche se fa il Gabibbo, non vince neanche se fa Cronaca Vera (il martellamento ossessivo su Bibbiano), non vince a imbucarsi in qualsiasi sagra, ad afferrare un prodotto gastronomico e a spararsi un altro selfie con quei poveri sostenitori che ormai in memoria hanno più faccioni di Salvini che foto dei figli. Dopo Craxi, dopo Renzi, Salvini è l'ennesimo avventuriero che due o tre battaglie hanno illuso di poter conquistare almeno mezza Italia: è senz'altro bello pensare che si sia dovuto fermare sul Taro. Significa che l'Emilia rossa resiste? Anche l'Emilia rossa è storytelling. Comunista in senso stretto non lo è mai stata: forse le è capitata in sorte una classe dirigente un po' più pratica, un po' più onesta, ma quello che vedo io dalla finestra è un pezzo d'Italia individualista e frustrato che un candidato di centrodestra decente lo voterebbe. È da almeno vent'anni che lo implora: un candidato liberale, pragmatico, amico delle piccole medie imprese o di quel che ne resta. Ecco, questo candidato la destra italiana non ha mai voluto proporlo. Sia Berlusconi ieri, sia Salvini oggi, si sono sempre lasciati incantare dal mito della fortezza rossa da espugnare con gli slogan e le recriminazioni identitarie: non hanno mai pensato di proporre una vera alternativa a livello di amministrazione, forse semplicemente perché non era disponibile o credibile. Il giorno che lo sarà, qualcosa mi dice che l'Emilia smetterà di essere rossa nel giro di poche ore. Ma è una prospettiva lontana, lontana. Il centrodestra che tira è il centrodestra che la spara più lunga, tant'è che al declino della stella di Salvini sta iniziando a sorgere quella di Giorgia Meloni. Le chiacchiere che producono funzionano in tv, funzionano sui social, funzionano in tante edicole e bar, ma non ti fanno vincere le elezioni, perlomeno tra Taro e Rubicone. È una bella giornata oggi, dai.
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Caro elettore (emiliano) di sinistra
25-01-2020, 03:28campagna elettorale (permanente), come diventare leghisti, Emilia paranoicaPermalinkCiao, come va? È da un po'.
Esatto, sì, sto per fare quella cosa.
(Sono più imbarazzato di te, credimi).
Domenica come senz'altro sai si vota in Emilia-Romagna, e la coalizione di Bonaccini (PD e altre liste di centrosinistra) potrebbe anche non farcela. Questo non sarebbe necessariamente la fine del mondo in regione: in Emilia-Romagna direi che dopo 50 anni un po' di alternanza potremmo anche permetterla, giusto il tempo di dimostrare l'incapacità del centrodestra locale. La vittoria della Lega salviniana però potrebbe innescare una reazione a livello nazionale, con conseguente crisi del governo e fine della legislatura proprio nel momento in cui finalmente in parlamento si cominciava a parlare di una legge elettorale proporzionale e decente (una legge che potrebbe riportare anche la sinistra in parlamento). E quindi?
E quindi, indovina: sto per chiedere il tuo voto utile. Lo so che Bonaccini non ti piace, e posso anche capire i motivi per cui, da una prospettiva di sinistra, non rappresenta quasi nulla che possa piacerti. Cioè non voglio neanche provare a indorarti la pillola, ok? Anzi, sinceramente considero la sua proposta di autonomia regionale una roba da leghisti, e forse invece di scrivere questo pezzo dovrei scriverne uno per convincere i leghisti a votare Bonaccini. Se avessi il bacino di utenza adatto lo farei. Ma è più facile che mi leggano a sinistra, e quindi caro lettore, eccomi in ginocchio da te: per favore, riflettici. Vale davvero la pena di regalare una chance a Salvini, e qualche anno di amministrazione regionale a chi fa campagna elettorale con le magliette su Bibbiano?
Non potrebbe essere l'occasione per stabilire che no, che questo tipo di campagne elettorali da Cronaca Vera non funzionano – perlomeno da noi? Pensa che precedente sarebbe, caro elettore di sinistra. Un tizio cerca di vincere le elezioni battendo ogni mercato, ogni stand gastronomico della regione con la sua scorta, senza argomenti che non siano recriminazioni e selfie, e malgrado ospiti televisivi e influencer non riescano a parlare di altro... perde. Non sarebbe già un risultato importante?
E se invece vince, non sarebbe un po' la fine della democrazia? Cioè una volta che hai dimostrato che le elezioni le vinci andando a disturbare la gente col citofono, che si fa?
E quindi caro elettore credo che dovresti davvero provarci, stavolta. Anche se.
Anche se sono il primo a trovare la cosa un po' sospetta. Ancora una volta uno scontro finale. Ancora una volta le forze del Male stanno per trionfare e l'unica speranza è spostare una manciata di voti sulle forze del Meno Peggio. È da più di vent'anni che funziona così – ieri era Berlusconi, oggi Salvini, c'è sempre un altro piccolo sforzo da fare, c'è sempre un cattivo da abbattere, c'è sempre un motivo per mettere da parte le proprie ragioni e le proprie necessità. E c'è sempre qualcuno (e a volte sono stato io) che ti chiede di metterti la mano sul cuore e di sacrificare le tue esigenze di elettore, sempre e solo le tue, e perché? Perché è in gioco qualcosa di più importante, il destino dell'Italia, dell'Unione, e del mondo, e vuoi sapere una cosa buffa? Ci credono.
(Io perlomeno sono abbastanza persuaso che l'ascesa di Salvini rappresenti un concreto peggioramento per l'Italia, per l'Unione Europea, e per tutto il quadro internazionale, e sarei veramente molto orgoglioso se la mia regione domani gli desse una spallata fatale – mentre al momento sono abbastanza inorridito dalla prospettiva che gli fornisca la spinta che gli manca).
Quindi mettiamo da parte ancora una volta le obiezioni, anche legittime, al nostro modello di sviluppo. Mettiamo da parte l'ambiente, le politiche per la casa, le rivendicazioni dei lavoratori anche quando sono represse dalla polizia, e quell'oscenità che sono i Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Insomma lasciamo da parte tutte le lotte sacrosante di una sinistra che osi ancora definirsi tale sul territorio, e concentriamoci sull'ennesima battaglia decisiva, che anche qualora si rivelasse davvero decisiva, non sarà comunque quella finale, no? Comunque non pensiamoci, c'è la possibilità di mandare Salvini nella polvere (o sugli altari), tutto il resto passa in secondo piano. Caro elettore di sinistra, a questo punto tu giustamente mi domanderai:
E se fosse solo un fantoccio, Salvini?
(Lo ammetto, anche a me il dubbio viene).
Una caricatura di nazista, un Mussolini versione farsa, un Berlusconi in sedicesimo perfino. Uno che in realtà il potere non lo vuole – quando gli è capitato, se n'è proprio liberato alla prima occasione – e che ora serve proprio come spauracchio per tenere uniti tutti quanti contro di lui. In tempi ancora di maggioritario, mentre tutti aspirano al 51%, forse l'obiettivo di Salvini è il 49%: quel che gli serve per essere sempre minaccioso, sempre sulla cresta dell'onda, sempre in tv e sui social, ospitate, libri, la scorta. Guarda, non escludo affatto che alla fine Salvini non sia che questo. Uno messo lì per catalizzare il malcontento e interpretarlo nella forma più trucida e impresentabile. È una possibilità. Ugualmente, preferirei che i suoi candidati non vincessero, domani.
Caro elettore di sinistra, dovrei tagliarla qui. Più scrivo, meno divento convincente. Ti faccio una proposta un po' più pratica: dà un'occhiata al programma di Emilia Coraggiosa, la lista pro Bonaccini di Elly Schlein (già europarlamentare con Possibile). Misura col tuo giudizio quanto sia meno di sinistra rispetto a quella, mettiamo, di Potere al Popolo. Poi vota per chi ti va, davvero. Ma se scegli di votare per una lista collegata a Bonaccini, e Bonaccini si ritrova per altri cinque anni in Regione, ti prometto che almeno da parte mia non saranno altri cinque anni passati a farmi i cazzi miei mentre il territorio si cementifica, l'ossigeno scompare, gli operai vengono processati perché scioperano. Ti sto chiedendo il mio voto? Ti offro il mio tempo e il mio spazio. Ogni volta che Bonaccini ti farà incazzare, potrai scrivermi e io mi preoccuperò, per quel che posso, di dare risonanza alle tue istanze e alle tue incazzature. Non è molto quel che posso offrirti – ma non è neanche molto quel che ti chiedo: una croce su un simbolo e su un candidato. E poi domenica vada come deve andare, una cosa buona è che almeno non ce lo troveremo più in piazza a spararsi selfie davanti a uno stand di salumi. È finita, almeno la campagna è finita. Ci vediamo.
PS: lascia stare il voto disgiunto, è una cabala.
Esatto, sì, sto per fare quella cosa.
(Sono più imbarazzato di te, credimi).
Domenica come senz'altro sai si vota in Emilia-Romagna, e la coalizione di Bonaccini (PD e altre liste di centrosinistra) potrebbe anche non farcela. Questo non sarebbe necessariamente la fine del mondo in regione: in Emilia-Romagna direi che dopo 50 anni un po' di alternanza potremmo anche permetterla, giusto il tempo di dimostrare l'incapacità del centrodestra locale. La vittoria della Lega salviniana però potrebbe innescare una reazione a livello nazionale, con conseguente crisi del governo e fine della legislatura proprio nel momento in cui finalmente in parlamento si cominciava a parlare di una legge elettorale proporzionale e decente (una legge che potrebbe riportare anche la sinistra in parlamento). E quindi?
E quindi, indovina: sto per chiedere il tuo voto utile. Lo so che Bonaccini non ti piace, e posso anche capire i motivi per cui, da una prospettiva di sinistra, non rappresenta quasi nulla che possa piacerti. Cioè non voglio neanche provare a indorarti la pillola, ok? Anzi, sinceramente considero la sua proposta di autonomia regionale una roba da leghisti, e forse invece di scrivere questo pezzo dovrei scriverne uno per convincere i leghisti a votare Bonaccini. Se avessi il bacino di utenza adatto lo farei. Ma è più facile che mi leggano a sinistra, e quindi caro lettore, eccomi in ginocchio da te: per favore, riflettici. Vale davvero la pena di regalare una chance a Salvini, e qualche anno di amministrazione regionale a chi fa campagna elettorale con le magliette su Bibbiano?
Non potrebbe essere l'occasione per stabilire che no, che questo tipo di campagne elettorali da Cronaca Vera non funzionano – perlomeno da noi? Pensa che precedente sarebbe, caro elettore di sinistra. Un tizio cerca di vincere le elezioni battendo ogni mercato, ogni stand gastronomico della regione con la sua scorta, senza argomenti che non siano recriminazioni e selfie, e malgrado ospiti televisivi e influencer non riescano a parlare di altro... perde. Non sarebbe già un risultato importante?
E se invece vince, non sarebbe un po' la fine della democrazia? Cioè una volta che hai dimostrato che le elezioni le vinci andando a disturbare la gente col citofono, che si fa?
E quindi caro elettore credo che dovresti davvero provarci, stavolta. Anche se.
Anche se sono il primo a trovare la cosa un po' sospetta. Ancora una volta uno scontro finale. Ancora una volta le forze del Male stanno per trionfare e l'unica speranza è spostare una manciata di voti sulle forze del Meno Peggio. È da più di vent'anni che funziona così – ieri era Berlusconi, oggi Salvini, c'è sempre un altro piccolo sforzo da fare, c'è sempre un cattivo da abbattere, c'è sempre un motivo per mettere da parte le proprie ragioni e le proprie necessità. E c'è sempre qualcuno (e a volte sono stato io) che ti chiede di metterti la mano sul cuore e di sacrificare le tue esigenze di elettore, sempre e solo le tue, e perché? Perché è in gioco qualcosa di più importante, il destino dell'Italia, dell'Unione, e del mondo, e vuoi sapere una cosa buffa? Ci credono.
(Io perlomeno sono abbastanza persuaso che l'ascesa di Salvini rappresenti un concreto peggioramento per l'Italia, per l'Unione Europea, e per tutto il quadro internazionale, e sarei veramente molto orgoglioso se la mia regione domani gli desse una spallata fatale – mentre al momento sono abbastanza inorridito dalla prospettiva che gli fornisca la spinta che gli manca).
Quindi mettiamo da parte ancora una volta le obiezioni, anche legittime, al nostro modello di sviluppo. Mettiamo da parte l'ambiente, le politiche per la casa, le rivendicazioni dei lavoratori anche quando sono represse dalla polizia, e quell'oscenità che sono i Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Insomma lasciamo da parte tutte le lotte sacrosante di una sinistra che osi ancora definirsi tale sul territorio, e concentriamoci sull'ennesima battaglia decisiva, che anche qualora si rivelasse davvero decisiva, non sarà comunque quella finale, no? Comunque non pensiamoci, c'è la possibilità di mandare Salvini nella polvere (o sugli altari), tutto il resto passa in secondo piano. Caro elettore di sinistra, a questo punto tu giustamente mi domanderai:
E se fosse solo un fantoccio, Salvini?
(Lo ammetto, anche a me il dubbio viene).
Una caricatura di nazista, un Mussolini versione farsa, un Berlusconi in sedicesimo perfino. Uno che in realtà il potere non lo vuole – quando gli è capitato, se n'è proprio liberato alla prima occasione – e che ora serve proprio come spauracchio per tenere uniti tutti quanti contro di lui. In tempi ancora di maggioritario, mentre tutti aspirano al 51%, forse l'obiettivo di Salvini è il 49%: quel che gli serve per essere sempre minaccioso, sempre sulla cresta dell'onda, sempre in tv e sui social, ospitate, libri, la scorta. Guarda, non escludo affatto che alla fine Salvini non sia che questo. Uno messo lì per catalizzare il malcontento e interpretarlo nella forma più trucida e impresentabile. È una possibilità. Ugualmente, preferirei che i suoi candidati non vincessero, domani.
Caro elettore di sinistra, dovrei tagliarla qui. Più scrivo, meno divento convincente. Ti faccio una proposta un po' più pratica: dà un'occhiata al programma di Emilia Coraggiosa, la lista pro Bonaccini di Elly Schlein (già europarlamentare con Possibile). Misura col tuo giudizio quanto sia meno di sinistra rispetto a quella, mettiamo, di Potere al Popolo. Poi vota per chi ti va, davvero. Ma se scegli di votare per una lista collegata a Bonaccini, e Bonaccini si ritrova per altri cinque anni in Regione, ti prometto che almeno da parte mia non saranno altri cinque anni passati a farmi i cazzi miei mentre il territorio si cementifica, l'ossigeno scompare, gli operai vengono processati perché scioperano. Ti sto chiedendo il mio voto? Ti offro il mio tempo e il mio spazio. Ogni volta che Bonaccini ti farà incazzare, potrai scrivermi e io mi preoccuperò, per quel che posso, di dare risonanza alle tue istanze e alle tue incazzature. Non è molto quel che posso offrirti – ma non è neanche molto quel che ti chiedo: una croce su un simbolo e su un candidato. E poi domenica vada come deve andare, una cosa buona è che almeno non ce lo troveremo più in piazza a spararsi selfie davanti a uno stand di salumi. È finita, almeno la campagna è finita. Ci vediamo.
PS: lascia stare il voto disgiunto, è una cabala.
Lo sai che si dice dei cattolici
23-01-2020, 00:21cantare, cinema, coccodrilli, cristianesimo, traduzioniPermalinkCi sono ebrei al mondo, e buddisti,
mormoni, islamici e sikh.
Ci son Testimoni e battisti,
ma io... io non sono così.
Son tra i cristiani cattolici,
ci sono da sempre, e lo sai
che c'è di bello a esser cattolici?
Vai bene così come sei.
Non serve essere alto e prestante,
o un nobile o un genio, perché
cattolico sei dall'istante
in cui tuo padre è venuto per te.
Infatti...
Ogni sperma è sacro,
ogni sperma è santo.
Se sprechi lo sperma
Dio si altera alquanto.
Lascia gli infedeli
tristi a sgocciolare:
ogni goccia persa
Dio la sta a contare.
Ogni sperma è santo,
ogni sperma è sacro.
Se sprechi lo sperma,
Dio sa che è un massacro.
Indù, ebrei, taoisti
spruzzano qua e là,
ma Dio salva soltanto
chi si conterrà.
Ogni sperma è santo,
Dio ce l'ha donato.
Ogni sperma è una risorsa
per il vicinato.
Ogni sperma è santo,
ogni sperma è buono.
Ogni sperma è utile,
ogni sperma è un dono.
Lascia che i pagani
innaffin monti e mare:
ogni goccia persa
Dio la fa pagare
Ogni sperma è sacro,
ogni sperma è santo.
Se getti lo sperma,
Dio si arrabbia,
tanto.
Every Sperm Is Sacred, musica di André Jacquemin e David Howman, testo di Michael Palin e Terry Jones (1942-2020).
(Ho sempre pensato che sarebbe stato giusto averne una traduzione cantabile in italiano, non importa quanto inferiore all'originale).
mormoni, islamici e sikh.
Ci son Testimoni e battisti,
ma io... io non sono così.
Son tra i cristiani cattolici,
ci sono da sempre, e lo sai
che c'è di bello a esser cattolici?
Vai bene così come sei.
Non serve essere alto e prestante,
o un nobile o un genio, perché
cattolico sei dall'istante
in cui tuo padre è venuto per te.
Infatti...
Ogni sperma è sacro,
ogni sperma è santo.
Se sprechi lo sperma
Dio si altera alquanto.
Lascia gli infedeli
tristi a sgocciolare:
ogni goccia persa
Dio la sta a contare.
Ogni sperma è santo,
ogni sperma è sacro.
Se sprechi lo sperma,
Dio sa che è un massacro.
Indù, ebrei, taoisti
spruzzano qua e là,
ma Dio salva soltanto
chi si conterrà.
Ogni sperma è santo,
Dio ce l'ha donato.
Ogni sperma è una risorsa
per il vicinato.
Ogni sperma è santo,
ogni sperma è buono.
Ogni sperma è utile,
ogni sperma è un dono.
Lascia che i pagani
innaffin monti e mare:
ogni goccia persa
Dio la fa pagare
Ogni sperma è sacro,
ogni sperma è santo.
Se getti lo sperma,
Dio si arrabbia,
tanto.
Every Sperm Is Sacred, musica di André Jacquemin e David Howman, testo di Michael Palin e Terry Jones (1942-2020).
(Ho sempre pensato che sarebbe stato giusto averne una traduzione cantabile in italiano, non importa quanto inferiore all'originale).
La passione mancata di Bettino C.
22-01-2020, 01:40anniversari, Craxi, Ottanta, TheVisionPermalink
Perché non riusciamo a rivalutare Craxi? Nemmeno dopo vent’anni – vent’anni passati all’ombra di politici quasi sempre inferiori a lui per cultura e strategia – perché non riusciamo a dare allo statista quel che gli spetta? Cosa posso dire, è complicato. Forse per la mia generazione è una questione di imprinting. Nel 1993 io ero una matricola universitaria e detestavo Craxi da sempre, cioè al massimo da dieci anni: come tutti i politici del periodo, avevo imparato a riconoscerlo dalle caricature di Forattini sulla prima di Repubblica. Spadolini era quello nudo, Andreotti quello quadrato, Craxi era vestito da Mussolini, e molto spesso al balcone. Da un certo punto in poi diventò una questione tribale, come per qualsiasi altra cosa negli anni Ottanta: o si era per Prince o per Michael Jackson, non c’erano mediazioni possibili; tra fan dei Duran Duran e fan degli U2 non erano contemplate possibilità di dialogo (solo relazioni clandestine, come tra Montecchi e Capuleti). Quanto a Craxi, lo si detestava come si detestavano i personaggi arroganti delle fiction imposte dai genitori. In seguito avremmo avuto tutto il tempo e l’agio per rivalutare qualsiasi scemenza di un decennio a conti fatti abbastanza spensierato, ma questo non significa che non avesse un senso detestarlo, mentre ci vivevi. Rifiutare l’estetica del disimpegno, rifiutare far caso alle crepe nella narrazione del benessere, sentirsi semplicemente tristi nel bel mezzo di una festa di adulti: una cosa molto adolescenziale, e del resto eravamo davvero adolescenti. E Craxi e Andreotti sembravano eterni, parte del paesaggio, come la mafia e l’inflazione. Mani Pulite arrivò come il grunge: non ci speravamo nemmeno, non credevamo di meritarcelo, eppure da un giorno all’altro li mandò a casa tutti.
Ora, tutto questo è molto puerile, e abbiamo avuto trent’anni per rimetterlo in discussione. Trent’anni in cui abbiamo persino rivalutato i Duran Duran: perché non Craxi? Che davvero, qualche argomento lo aveva.
Ogni tentativo di santificare Craxi si scontra con questo problema: la cosa più tragica che in Italia viene ricordata del declino di Craxi, l’apice della lotta al sistema politico corrotto che aveva contribuito a costruire, è stata una pioggia di monetine. Certo, se Craxi fosse rimasto in Italia avremmo visto scene ben più tragiche, ma lui per primo non se l’è sentita. Va biasimato per questo? Dopotutto era stato lui stesso a costruire il suo personaggio, con molta attenzione per i costumi e l’intonazione della voce.
Craxi in questo modo ha finito per impersonare quel tipo di eroe greco la cui hybris gli Dei non si stancano di punire. E di peccati ne ha commessi ben due: il primo è la la collusione con un sistema corrotto; il secondo è che per un intero decennio ha voluto e creduto di poter diventare il Mitterrand italiano, di mettere sotto scacco la DC e di poter profittare dell’esaurimento ideologico del PCI; ha creduto di poterci riuscire da solo, con una strategia attendista che faceva a pugni con quel “decisionismo” che credeva di impersonare. Per tutto quel tempo il suo partito non ha mai superato il 15% dei suffragi. Malgrado questo, Craxi puntava davvero alla Grande Riforma presidenziale: non molto diversamente da Renzi nel 2016 (che in questi giorni lo ha ricordato con una certa ammirazione) da Berlusconi in passato, riteneva che gli italiani, messi di fronte a una scelta secca tra lui e chiunque altro, avrebbero scelto lui. Si sbagliava, e non di poco: oggi lo sappiamo con certezza, ma non era poi così difficile capirlo anche allora. Gli elettori comunisti non gli avrebbero mai perdonato l’abolizione della Scala Mobile, e su un piano più tribale l’imboscata del Congresso PSI del 1984, quei fischi a Berlinguer da cui non aveva preso le distanze (anzi: “Se sapessi fischiare, fischierei anche io”). Gli elettori della sinistra DC non gli avrebbero mai perdonato il tradimento di De Mita, il patto col camper con Andreotti e Forlani, al punto da applaudire ai propri ministri che si dimettevano dal governo Amato piuttosto di non votare il decreto salvaberlusconi voluto da lui: quel momento che più di tutti preannunciava la fine della DC e della Prima Repubblica, se non già l’inizio dell’Ulivo.
Al di fuori del suo partito – trasformato a metà anni Ottanta in un’estensione del suo ego – Craxi era fortemente impopolare, ma non è mai sembrato preoccupato della cosa e forse non ne era nemmeno consapevole, come capita agli uomini potenti quando la salute declina e i cortigiani cominciano a stringere il cerchio. Fino a quella fatidica pioggia di monetine, che più che un linciaggio fu una doccia fredda. Gli italiani non si sono accontentati della versione dei fatti che ha reso in parlamento, incolpando l'intero sistema per sminuire le responsabilità dei singoli corrotti, per poi fuggire in Tunisia e fare il martire con vista mare.
In seguito abbiamo avuto più di un’occasione per riflettere sulla complessità di un sistema che si dice democratico ma che rende impossibile per i partiti finanziare le loro attività (situazione denunciata con impeto da Craxi sotto la voce ipocrisia, durante il discorso pre-monetine); abbiamo scoperto che i quotidiani funzionano davvero come macchine del fango, condannando gli indagati molto prima che se ne celebrino i processi; abbiamo verificato come i magistrati abusino spesso di intercettazioni e detenzioni preventive. Insomma abbiamo avuto tutto il tempo che ci serviva per ammettere che Bettino Craxi diceva la verità sulle profonde contraddizioni e le aberrazioni diffuse del nostro Paese. Ma abbiamo anche avuto tutto il tempo che serviva per riconoscere che quello che è stato tramandato come un linciaggio non lo è stato affatto: qualche monetina lo mancò di diversi centimetri, qualche manifestante gli sventolò da lontano banconote di mille lire. Craxi, che nel discorso del 29 aprile aveva accettato di rappresentare gli anni Ottanta italiani e ne rivendicava i progressi, rappresentava anche una classe dirigente che assistette impotente al quadruplicarsi del debito pubblico. Quello stesso debito che stiamo ancora pagando tutti, e che forse spiega meglio di tante parole quanto sia difficile riabilitarlo davvero (e quanto fosse facile cavarsi di tasca cento lire e lanciarle a un uomo antipatico, nell’aprile del 1993).
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Lettera aperta a Lucia Borgonzoni, su Bibbiano e sull'aria che c'è
21-01-2020, 07:25ambiente, come diventare leghisti, Emilia paranoicaPermalinkSenatrice Borgonzoni,
sono un elettore emiliano e fino a poco tempo fa non credevo che l'avrei mai disturbata. Poi ho letto che andava a Bibbiano, ed era molto felice e orgogliosa di andarci, e forse per una coincidenza l'ho letto proprio nel giorno in cui nella mia città il livello di polveri sottili doppiava la soglia massima consentita per legge – la nostra aria è una delle meno respirabili del mondo, come lei ben sa. Io stesso mentre le scrivo sento un po' bruciarmi gli occhi, e i bronchi un po' ruvidi, e all'uscita da scuola vedo un po' troppi bambini tossire – magari è autosuggestione, senatrice, ma insomma in questi giorni mi sembra che mi manchi l'aria e nel frattempo leggo che lei sarà a Bibbiano, non vede l'ora di esserci a Bibbiano, perché è molto preoccupata dei fatti di Bibbiano, e non si darà pace finché non sarà fatta completa luce sui fatti di Bibbiano.
Senatrice Borgonzoni, allora, deve sapere che oltre a essere un elettore sono un papà, e in quanto tale molto turbato da quanto successo a Bibbiano, e anch'io non vedo l'ora che i magistrati facciano completa luce sui fatti. Per cui volevo chiederle, insomma: una volta eletta alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, in che modo esattamente potrebbe aiutare i magistrati a fare luce eccetera? Perché è da un po' che ci penso e giuro, non mi viene in mente – sarà la mia mancanza di fantasia. Cioè, non è che un presidente di regione non abbia niente da fare tutto il giorno, eh? Ci sono tutti i problemi del territorio, la viabilità che potrebbe essere molto, molto migliore di così; i rifiuti, l'urbanistica, e l'aria, mi scusi se insisto sull'aria, ma a volte mi sento quasi soffocare, ho pena per i miei figli e i loro compagni, e in mezzo a tutto questo sento che lei è molto preoccupata per Bibbiano. Del resto la prima volta che ho sentito parlare di lei è proprio perché si era infilata una maglietta su Bibbiano in Senato, e le confesso che ho la sensazione che alla fine Bibbiano per lei sia un po' quella cosa lì: una maglietta da infilarsi davanti alle telecamere. E che anche i problemi della regione per lei siano quella cosa che si può risolvere con una maglietta (e una telecamera).
E allora mi corregga se sbaglio, senatrice Borgonzoni, ma la sensazione che mi sono fatto di lei è che dei bambini di Bibbiano, e della loro oggettiva sofferenza, le freghi tanto quanto della salute dei miei bambini, e di quelli di tutta la nostra inquinatissima regione: cioè un bel niente, senatrice. Bibbiano per lei è solo la quinta per una passerella; se qualcuno ha commesso dei reati indagheranno i magistrati, non lei. Se qualcuno è colpevole lo stabiliranno i giudici, non lei. Lei chi è in tutta questa storia tremenda? A occhio mi sembra una a cui hanno dato una maglietta da infilarsi. Una maglietta tra l'altro assai poco improvvisata, una maglietta coordinata, prodotta già in serie in pochi giorni, con uno slogan coniato all'improvviso e propagato immediatamente da lei e da tutti le bocche da fuoco della propaganda salviniana (nonché da qualche fascista).
Ok senatrice, siete stati bravi: ma in quanto elettore, e più in generale persona che tende a respirare nell'Emilia Romagna, mi domando se questa abilità con le magliette, con gli slogan, con gli hashtag, con le faccine sempre sorridenti anche mentre spalate merda sugli avversari politici e sui semplici cittadini... sinceramente mi domando se tutta questa vostra capacità di macinare propaganda 24 ore al giorno sia quel tipo di abilità che serve nei palazzi della Regione. Prendiamo un problema base, ad esempio (scusi se insisto), l'aria. Cosa ha intenzione di fare per l'aria, che tra un po' non sarà respirabile? Sono andato a cercare il suo programma, che in mezzo a tutti i volantini e le news e le faccine e le magliette è abbastanza difficile da trovare, e scritto molto in piccolo. E dunque alla voce "Qualità dell'aria", si legge che "le rilevazioni degli ultimi anni non sono certo clementi con il livello di qualità dell'aria nella Pianura Padana" (io qua ci sento un po' l'insofferenza verso queste "rilevazioni", maestri severi che avrebbero anche potuto chiudere un occhio e invece no). Ma si legge anche che "le misure messe in campo fino ad oggi hanno prodotto risultati importanti [??? risultati importanti??? abbiamo le polveri sottili al doppio della soglia massima!] ma spesso sono state altamente impattanti per i nostri concittadini".
C'è scritto così: altamente impattanti. Non è chiaro a cosa si riferisca: le traumatiche domeniche senza auto, i centri chiusi alle Euro4? O al supplizio esistenziale di dover differenziare l'umido? Una rottura senz'altro, ma senatrice, se penso a una cosa un po' impattante sulla mia vita di emiliano, penso alle malattie polmonari a cui mi sto esponendo soltanto perché mi è capitato di nascere e abitare qui. E avere figli qui; figli che respirano un'aria che li condanna a una maggior incidenza di malattie polmonari. Questo è impattante, senatrice. Questo è un problema che vorrei porre in sede regionale e nemmeno mi aspetto risposte facili: so che non ci sono. Però, vede, anche solo provarci a volte aiuterebbe – metta il suo concorrente, Bonaccini: lui che pure ha la sua parte di responsabilità per questo stato di cose, sul programma ha quattro milioni e mezzo di alberi in più, bum. È fattibile? Almeno si pone il problema. Energie rinnovabili al 100% entro il 2035, dice. Si può fare? Non ne ho idea, e neanche lei ce l'ha, non ne parla. Il resto del suo paragrafo sull'ambiente serve a rassicurare i contribuenti sul fatto che non vuole chiedere tasse in più per l'ambiente, ma magari incentivare gli imprenditori che rinnovano il parco macchine. Con vetture elettriche? Ah ah ah – non necessariamente, no. Insomma senatrice a lei dell'aria interessa poco ed è comprensibile, fin qui agli emiliani premevano davvero più le tasse che la qualità dell'aria. Non credo però che si possa andare molto più avanti di così in questa direzione – e inoltre le vere tasse le decidono a Roma, via, non è che possiamo prenderci in giro anche su questo.
Senatrice non ce l'ho con lei, per quanto speculare sulle tragedie famigliari dei bambini di Bibbiano sarebbe in effetti un motivo più che sufficiente. Il suo mentore che in queste ore chiede di essere processato perché secondo lui ha difeso il popolo italiano – bloccando un centinaio di naufraghi su una nave, secondo lui i popoli si difendono così – il suo leader, dicevo, una volta ha osato accennare al fatto che bisognava portare in Emilia-Romagna il modello veneto. Magari non proprio il modello tangentaro con cui il centrodestra ha gestito il Mose, ma effettivamente anche in Emilia si potrebbero incentivare un po' più le aziende, senza troppi lacci e lacciuoli, non c'è dubbio. Proprio in questi giorni abbiamo scoperto che in trenta comuni tra le province di Verona e Vicenza il 60% dei 300 mila abitanti ha il colesterolo sballato, a causa dell'inquinamento industriale – gli acidi perfluoroacrilici immessi nella falda acquifera dalla Miteni di Trissino. Gli esperti ritengono che questi acidi possano favorire lo sviluppo di malattie alla tiroide, nonché compromettere la fertilità che so che è una cosa che anche a voi sta molto a cuore. Inoltre c'è una possibile relazione con l'insorgenza di forme tumorali, e stiamo parlando di un problema per quasi duecentomila cittadini veneti di ogni età, bambini compresi, ma certo capisco che far luce sul problema, e chiedere che i responsabili paghino, non possa essere la priorità per lei o per un partito come il suo, così attento alle esigenze degli industriali anche quando ci ammazzano neanche troppo lentamente. Continui pure a parlarci di Bibbiano, magari voteremo per lei. Magari ci piace davvero essere presi in giro mentre soffochiamo. Non lo escludo, peraltro è noto che l'aria viziata toglie lucidità. Con l'espressione della mia più profonda disistima, suo Leonardo.

Senatrice Borgonzoni, allora, deve sapere che oltre a essere un elettore sono un papà, e in quanto tale molto turbato da quanto successo a Bibbiano, e anch'io non vedo l'ora che i magistrati facciano completa luce sui fatti. Per cui volevo chiederle, insomma: una volta eletta alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, in che modo esattamente potrebbe aiutare i magistrati a fare luce eccetera? Perché è da un po' che ci penso e giuro, non mi viene in mente – sarà la mia mancanza di fantasia. Cioè, non è che un presidente di regione non abbia niente da fare tutto il giorno, eh? Ci sono tutti i problemi del territorio, la viabilità che potrebbe essere molto, molto migliore di così; i rifiuti, l'urbanistica, e l'aria, mi scusi se insisto sull'aria, ma a volte mi sento quasi soffocare, ho pena per i miei figli e i loro compagni, e in mezzo a tutto questo sento che lei è molto preoccupata per Bibbiano. Del resto la prima volta che ho sentito parlare di lei è proprio perché si era infilata una maglietta su Bibbiano in Senato, e le confesso che ho la sensazione che alla fine Bibbiano per lei sia un po' quella cosa lì: una maglietta da infilarsi davanti alle telecamere. E che anche i problemi della regione per lei siano quella cosa che si può risolvere con una maglietta (e una telecamera).
E allora mi corregga se sbaglio, senatrice Borgonzoni, ma la sensazione che mi sono fatto di lei è che dei bambini di Bibbiano, e della loro oggettiva sofferenza, le freghi tanto quanto della salute dei miei bambini, e di quelli di tutta la nostra inquinatissima regione: cioè un bel niente, senatrice. Bibbiano per lei è solo la quinta per una passerella; se qualcuno ha commesso dei reati indagheranno i magistrati, non lei. Se qualcuno è colpevole lo stabiliranno i giudici, non lei. Lei chi è in tutta questa storia tremenda? A occhio mi sembra una a cui hanno dato una maglietta da infilarsi. Una maglietta tra l'altro assai poco improvvisata, una maglietta coordinata, prodotta già in serie in pochi giorni, con uno slogan coniato all'improvviso e propagato immediatamente da lei e da tutti le bocche da fuoco della propaganda salviniana (nonché da qualche fascista).
Ok senatrice, siete stati bravi: ma in quanto elettore, e più in generale persona che tende a respirare nell'Emilia Romagna, mi domando se questa abilità con le magliette, con gli slogan, con gli hashtag, con le faccine sempre sorridenti anche mentre spalate merda sugli avversari politici e sui semplici cittadini... sinceramente mi domando se tutta questa vostra capacità di macinare propaganda 24 ore al giorno sia quel tipo di abilità che serve nei palazzi della Regione. Prendiamo un problema base, ad esempio (scusi se insisto), l'aria. Cosa ha intenzione di fare per l'aria, che tra un po' non sarà respirabile? Sono andato a cercare il suo programma, che in mezzo a tutti i volantini e le news e le faccine e le magliette è abbastanza difficile da trovare, e scritto molto in piccolo. E dunque alla voce "Qualità dell'aria", si legge che "le rilevazioni degli ultimi anni non sono certo clementi con il livello di qualità dell'aria nella Pianura Padana" (io qua ci sento un po' l'insofferenza verso queste "rilevazioni", maestri severi che avrebbero anche potuto chiudere un occhio e invece no). Ma si legge anche che "le misure messe in campo fino ad oggi hanno prodotto risultati importanti [??? risultati importanti??? abbiamo le polveri sottili al doppio della soglia massima!] ma spesso sono state altamente impattanti per i nostri concittadini".
C'è scritto così: altamente impattanti. Non è chiaro a cosa si riferisca: le traumatiche domeniche senza auto, i centri chiusi alle Euro4? O al supplizio esistenziale di dover differenziare l'umido? Una rottura senz'altro, ma senatrice, se penso a una cosa un po' impattante sulla mia vita di emiliano, penso alle malattie polmonari a cui mi sto esponendo soltanto perché mi è capitato di nascere e abitare qui. E avere figli qui; figli che respirano un'aria che li condanna a una maggior incidenza di malattie polmonari. Questo è impattante, senatrice. Questo è un problema che vorrei porre in sede regionale e nemmeno mi aspetto risposte facili: so che non ci sono. Però, vede, anche solo provarci a volte aiuterebbe – metta il suo concorrente, Bonaccini: lui che pure ha la sua parte di responsabilità per questo stato di cose, sul programma ha quattro milioni e mezzo di alberi in più, bum. È fattibile? Almeno si pone il problema. Energie rinnovabili al 100% entro il 2035, dice. Si può fare? Non ne ho idea, e neanche lei ce l'ha, non ne parla. Il resto del suo paragrafo sull'ambiente serve a rassicurare i contribuenti sul fatto che non vuole chiedere tasse in più per l'ambiente, ma magari incentivare gli imprenditori che rinnovano il parco macchine. Con vetture elettriche? Ah ah ah – non necessariamente, no. Insomma senatrice a lei dell'aria interessa poco ed è comprensibile, fin qui agli emiliani premevano davvero più le tasse che la qualità dell'aria. Non credo però che si possa andare molto più avanti di così in questa direzione – e inoltre le vere tasse le decidono a Roma, via, non è che possiamo prenderci in giro anche su questo.
Senatrice non ce l'ho con lei, per quanto speculare sulle tragedie famigliari dei bambini di Bibbiano sarebbe in effetti un motivo più che sufficiente. Il suo mentore che in queste ore chiede di essere processato perché secondo lui ha difeso il popolo italiano – bloccando un centinaio di naufraghi su una nave, secondo lui i popoli si difendono così – il suo leader, dicevo, una volta ha osato accennare al fatto che bisognava portare in Emilia-Romagna il modello veneto. Magari non proprio il modello tangentaro con cui il centrodestra ha gestito il Mose, ma effettivamente anche in Emilia si potrebbero incentivare un po' più le aziende, senza troppi lacci e lacciuoli, non c'è dubbio. Proprio in questi giorni abbiamo scoperto che in trenta comuni tra le province di Verona e Vicenza il 60% dei 300 mila abitanti ha il colesterolo sballato, a causa dell'inquinamento industriale – gli acidi perfluoroacrilici immessi nella falda acquifera dalla Miteni di Trissino. Gli esperti ritengono che questi acidi possano favorire lo sviluppo di malattie alla tiroide, nonché compromettere la fertilità che so che è una cosa che anche a voi sta molto a cuore. Inoltre c'è una possibile relazione con l'insorgenza di forme tumorali, e stiamo parlando di un problema per quasi duecentomila cittadini veneti di ogni età, bambini compresi, ma certo capisco che far luce sul problema, e chiedere che i responsabili paghino, non possa essere la priorità per lei o per un partito come il suo, così attento alle esigenze degli industriali anche quando ci ammazzano neanche troppo lentamente. Continui pure a parlarci di Bibbiano, magari voteremo per lei. Magari ci piace davvero essere presi in giro mentre soffochiamo. Non lo escludo, peraltro è noto che l'aria viziata toglie lucidità. Con l'espressione della mia più profonda disistima, suo Leonardo.
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Il mistero del vecchio Pansa
14-01-2020, 20:51coccodrilli, giornalisti, invecchiarePermalinkNell'accingersi a scrivere un coccodrillo su Giampaolo Pansa, il suo collega giornalista correrà subito con la memoria al primo incontro col venerato maestro; non tarderà a esaltare l'eccellenza di uno stile che negli anni Settanta doveva risultare dirompente e antiretorico (se invece oggi suona stucchevole è appunto perché il maestro ha avuto troppi allievi, e tutti inferiori). Questo avranno scritto i giornalisti, alcuni li ho già letti – altri no, più o meno è la stessa zuppa, scusate.
Scrivendo in morte di Giampaolo Pansa, lo studioso di Storia non potrà avere che una priorità: difendere la disciplina (e la categoria). Perché negli ultimi vent'anni Pansa ha fatto peggio che contribuire a diffondere la retorica del "sangue dei vinti", un revisionismo ubriaco che equipara fascisti e antifascisti. Per condurre un'operazione del genere, Pansa doveva rinnegare qualcosa di più prezioso del suo progressismo: era necessario rinunciare alla sua professionalità di cronista e mandare al macero la sua laurea in Storia della Resistenza. Così ha fatto, spacciando libri di fiction per opere di divulgazione storiografica, mettendo in circolo monete false che alla lunga hanno reso impossibile uno scambio civile di opinioni. Fake news, Pansa non ha avuto bisogno di internet per recuperare ingigantire e diffondere fake news: il mercato editoriale si è prestato con entusiasmo. Questo scriveranno gli storici; alcuni li ho già letti, non ho molto di originale da aggiungere.
Quel che nessuno fin qui ha scritto (mi pare), l'unica cosa che veramente mi interesserebbe leggere, è la soluzione al mistero che Giampaolo Pansa impersonava da vent'anni. Magari è una soluzione banale – molte soluzioni lo sono, come i moventi in tanti gialli di Agatha Christie: un mutuo da pagare, una malattia, una ripicca fermentata negli anni. O era già tutto scritto nei suoi geni? È stata la stessa attitudine a chiamarsi 'fuori dal coro' a portarlo con gli anni a steccare sempre di più, a individuare un mercato per chi le stecche le apprezzava, a coltivarlo con determinazione industriale, negli anni in cui avrebbe potuto rilassarsi e pensare con soddisfazione alla sua lunga carriera?
Più in generale: perché in Italia i giornalisti invecchiano così male, e non smettono di scrivere mai? Al punto che i quotidiani nazionali sembrano diventati il bollettino di un gerontocomio: non li compriamo più per sapere che succede tra USA e Iran, anzi non li compriamo proprio; ma se lo facessimo sarebbe piuttosto per informarci sulla salute del tale giornalista, se è ancora spaventato per l'odore dei nigeriani che ha percepito da una panchina del parco, o se invece quell'altra prestigiosa firma ha ancora visto il Papa durante la pennichella. Forse Pansa aveva paura di invecchiare così, e ha deciso che sarebbe diventato un vecchio più interessante, quel tipo di vecchio stronzo. Forse era inevitabile, forse invecchiare equivale davvero a diventare la caricatura di sé stessi: nel suo caso, la caricatura di uno storico del Novecento e di un cronista del medesimo secolo. A volte dava quasi la sensazione di considerarlo un gioco: il vecchio stronzo contro tutti. Magari invecchiare è anche questo, smettere di prendere sul serio le cose; al punto che anche l'eventualità di essere tramandato ai posteri come un rivalutatore del fascismo ti fa ghignare, ah ah, fottetevi posteri. Più che piangere per un Pansa che se ne va, oggi mi sento triste per tutti i Galli della Loggia che ci toccheranno ancora per tanti, tanti anni. Quanti cartonati, quante opinioni già decrepite alla prima stesura che qualche sventurato stagista dovrà pure correggere, e qualche malcapitato possessore di librerie si ritroverà impacchettate sotto l'albero a Natale perché il suocero ha sentito dire che t'interessi di politica. Poi la gente si lamenta che i giovani non leggono. E meno male; anzi speriamo che leggano sempre meno.
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Autoreferenziarsi |
Quel che nessuno fin qui ha scritto (mi pare), l'unica cosa che veramente mi interesserebbe leggere, è la soluzione al mistero che Giampaolo Pansa impersonava da vent'anni. Magari è una soluzione banale – molte soluzioni lo sono, come i moventi in tanti gialli di Agatha Christie: un mutuo da pagare, una malattia, una ripicca fermentata negli anni. O era già tutto scritto nei suoi geni? È stata la stessa attitudine a chiamarsi 'fuori dal coro' a portarlo con gli anni a steccare sempre di più, a individuare un mercato per chi le stecche le apprezzava, a coltivarlo con determinazione industriale, negli anni in cui avrebbe potuto rilassarsi e pensare con soddisfazione alla sua lunga carriera?
Più in generale: perché in Italia i giornalisti invecchiano così male, e non smettono di scrivere mai? Al punto che i quotidiani nazionali sembrano diventati il bollettino di un gerontocomio: non li compriamo più per sapere che succede tra USA e Iran, anzi non li compriamo proprio; ma se lo facessimo sarebbe piuttosto per informarci sulla salute del tale giornalista, se è ancora spaventato per l'odore dei nigeriani che ha percepito da una panchina del parco, o se invece quell'altra prestigiosa firma ha ancora visto il Papa durante la pennichella. Forse Pansa aveva paura di invecchiare così, e ha deciso che sarebbe diventato un vecchio più interessante, quel tipo di vecchio stronzo. Forse era inevitabile, forse invecchiare equivale davvero a diventare la caricatura di sé stessi: nel suo caso, la caricatura di uno storico del Novecento e di un cronista del medesimo secolo. A volte dava quasi la sensazione di considerarlo un gioco: il vecchio stronzo contro tutti. Magari invecchiare è anche questo, smettere di prendere sul serio le cose; al punto che anche l'eventualità di essere tramandato ai posteri come un rivalutatore del fascismo ti fa ghignare, ah ah, fottetevi posteri. Più che piangere per un Pansa che se ne va, oggi mi sento triste per tutti i Galli della Loggia che ci toccheranno ancora per tanti, tanti anni. Quanti cartonati, quante opinioni già decrepite alla prima stesura che qualche sventurato stagista dovrà pure correggere, e qualche malcapitato possessore di librerie si ritroverà impacchettate sotto l'albero a Natale perché il suocero ha sentito dire che t'interessi di politica. Poi la gente si lamenta che i giovani non leggono. E meno male; anzi speriamo che leggano sempre meno.
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Avviso di modifica unilaterale dell'opportunità di fotterti
13-01-2020, 01:20autoreferenzialiPermalinkUn giorno una Banca mi manderà una Informativa per spiegarmi che in base a una revisione unilaterale del contratto il mio fegato le appartiene e che me lo strapperanno senza anestesia al primo plenilunio, e io aprirò la busta, farò finta di leggere, appallottolerò, esulterò per il canestro del cestino, un giorno succederà, annotatevi questa cosa.
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Cronache dalla campagna
09-01-2020, 21:14campagna elettorale (permanente), come diventare leghisti, Emilia paranoica, PdPermalink(Qui intorno era ancora tutta Emilia-Romagna, nell'anno del Signore 2020)
– Avrete notato che è da un po' che non ci sono terremoti in zona Cavezzo, né inondazioni dalle parti di Cavezzo; in compenso l'altro giorno è caduto un meteorite nella campagna di Cavezzo. Le possibilità di trovarlo erano abbastanza basse: e invece l'hanno trovato. È una pietra superficialmente molto nera, l'istituto astronomico ha detto che la chiamerà Cavezzo. Qualcosa del genere è probabilmente successo alla Mecca migliaia di anni fa.
– Il giorno dopo Matteo Salvini lascia detto che verrà a Modena, una città dove fin qui ha fatto un po' fatica a entrare. Andrà a prendere una birra in via Gallucci; gli scappa anche il nome della birreria ma forse non si era inteso bene con il suo impresario, qualcuno si era dimenticato di avvisare il gestore e forse nel nuovo cerchio magico manca un certo tipo di know how, sono bravissimi a pigolare su twitter ma non sanno come rapportarsi con gli esercenti modenesi, il che d'altronde non sorprende. La prima reazione del gestore in questione è infatti annunciare sui social: noi non facciamo politica, ma se viene Salvini siamo in ferie. Simpatég, eh? Il gestore, come chiunque non viva almeno tre ore al giorno sui social, sottovaluta il clima della campagna elettorale: dopo essere stato investito da commentatori ostili che minacciano il boicottaggio si ravvede, e alla fine Salvini ce la fa: entra nel locale, si fa un selfie con la birra in mano tra gli avventori – pochi, perché nel frattempo via Gallucci è stata blindata dalle forze di polizia, in stile corteo di Forza Nuova. Poi già che c'è entra anche in un altro pub, storicamente caro a me e a tutta la mia cerchia (ma ho smesso di bere il primo gennaio, quindi neanche posso boicottarlo): e anche qui selfie e sorrisoni coi gestori. Anche passando a Carpi del resto aveva fatto in modo di farsi trovare proprio davanti alle bancarelle della fiera del cioccolato.
– Il fatto che Salvini si faccia molto spesso inquadrare mentre mangia e beve ha fin qui generato più parodie che riflessioni (come qualsiasi altro fenomeno al mondo, sospetto, e questo malgrado sia più facile riflettere che scrivere battute divertenti). È un'intuizione che parte da lontano (anche Renzi veniva talvolta descritto come in preda a un'infantile bulimia) e si affina negli anni passati a fare campagna elettorale e poco altro. Senz'altro è un espediente efficace per ridurre la sua distanza col cittadino medio, ma è anche una conseguenza diretta del fatto che molto spesso la gente è già lì per bere e per mangiare, sennò Matteo Salvini neanche si scomoda. Poi certo, ogni tanto fa pure dei comizi, però in molti casi l'approccio di Salvini alla folla è parassitario: non è lui a radunarli, lui si fa trovare in un posto dove ci sono già, e siccome di solito sono lì per mangiare, Salvini deve mangiare. Nella maggior parte dei casi va tutto bene, al limite c'è da gestire qualche contestatore ma la maggior parte della folla è comunque contenta di trovarsi vicino a una celebrità, proprio come quando passa un calciatore o il tale che ha fatto un reality. A volte qualcosa va storto (a Modena, tipicamente) e allora o si molla l'osso, come a novembre, in cui si riparò fuori dal centro sardinizzato. Oppure si militarizza l'area, perché quel selfie col boccale in mano evidentemente è importante, chissà quanti voti pesa.
– Salvini le elezioni in Emilia-Romagna potrebbe anche vincerle. Lo dico, ovviamente, per dimostrarmi attento alla situazione e consapevole della distanza tra desideri e realtà: è il senso di ogni rituale scaramantico. Ma lo dico anche perché alla fine la possibilità c'è, e non ha a che vedere più di tanto con la fine del cosiddetto modello emiliano, che è in crisi già da anni, per motivi strutturali che sono gli stessi per cui è in crisi il modello padano, e l'Italia, e l'Europa il genere umano l'ecosistema. Salvini le elezioni in E-R potrebbe vincerle banalmente, perché ci tiene davvero, e non ha niente da fare tutto il giorno tranne battere la campagna, e soprattutto ci tengono i suoi fan, polarizzati e nervosi come non mai. Non è che siano la maggioranza (non in E-R, di certo), ma hanno una voglia di andare a votare che schizza da tutti i pori, mentre cinque anni fa il Pd di Bonaccini vinse con un'astensione altissima. Una tornata elettorale sui generis, in una stagione diversa dal solito, senza copertura sui media nazionali rischierebbe di premiare più le minoranze polarizzate che il famoso centro moderato. I salviniani hanno voglia di votare e sanno anche per chi voteranno; i grillini potrebbero davvero, quella domenica, svegliarsi depressi e restare in pigiama; le sardine sono state importanti da un punto di vista mediatico (sono state loro a comunicare al mondo che c'era un'elezione importante in arrivo), ma se da riempitori spontanei di piazze diventano testimonial di un partito preciso, rischiano di bruciarsi. Quanto agli elettori del PD, stanno semplicemente invecchiando. Salvini le elezioni in E-R potrebbe vincerle perché c'è gente che le perde da cinquant'anni e scalpita, e si venderebbe al diavolo purché fosse la volta buona. Dove "vendersi al diavolo" è una simpatica iperbole che temo non renda l'idea. Mettiamola così: è gente che pur di vincere voterebbe per Matteo Salvini.
– Il quale Salvini ormai non ha neanche nulla da promettere – nessuna promessa che non abbia già bruciato nei mesi di governo – toglierà le accise? uscirà dall'euro? chiuderà frontiere che peraltro non erano molto aperte neanche prima e non si sono aperte dopo? Nulla, non ha più nulla da promettere che non sia un altro anno fighissimo che passerà a spararsi selfie e streetfood. Berlusconi almeno era una figura aspirazionale, il milionario fatto da sé; Salvini è una figura tribale, un feticcio, nessuno spera di diventare come lui, è lui che si sforza di diventare come tutti noi. Mette le felpe, guarda i cantieri, mangia i panini, è un Checco Zalone senza ironia, il vicino di casa un po' scemo che mette allegria e anche quando la spara grossa sai che non lo fa per cattiveria, è il suo modo di reagire alle difficoltà, di tenersi a galla. Tutto questo non lo rende veramente un leader credibile, ma se per questo neanche Trump: evidentemente c'è gente disposta a credere a qualsiasi cosa, succede quando le prospettive sono molto brutte. Salvini a livello nazionale in realtà starebbe anche declinando: l'unico evento che potrebbe rimetterlo rapidamente in sella è una storica vittoria in Emilia-Romagna, e questo rende particolarmente surreali queste elezioni invernali – da una parte le forze del Caos, dall'altra Stefano Bonaccini. Che senso ha.
– Non ha nessun senso, io abolirei le regioni. Non si riesce a parlare di politica locale, non si riesce a valutare un'amministrazione, ci si riduce sempre a una specie di Risiko in cui l'importante è conservare o perdere un territorio. Come quella volta di Emilio Fede con le bandierine (quanto sono vecchio dio mio), o Renzi che diceva: dobbiamo vincere otto a due! e non era nemmeno più importante quali fossero le otto e quali le due, il Molise valeva quanto la Puglia, l'importante è il punteggio, la fatica che si fa a interpretare la realtà quando sei abituato per cultura e inclinazione a osservarla come un gioco, le cui regole arbitrarie diventano leggi fondamentali della natura e il Molise da bizzarria statistica si trasforma in ente reale, dotato di volontà politica e diritto a esprimere tot senatori. Salvini potrebbe vincere proprio perché se si tratta di giocare, non c'è avversario più temibile di un ragazzino con tanto tempo libero. Motivi per votare il centrosinistra: dal dopoguerra in poi ha espresso una classe dirigente che ha saputo amministrare il territorio, con alti e bassi, e inevitabili opacità e collusioni che è quello che succede quando per cinquant'anni nessuno ti scalza dalle posizioni di potere. Motivi per votare Salvini: stiamo arrivando! rrrrruspa! vi mandiamo a casa!
– Alcuni ne sono convinti. Ci sono intere categorie che si stanno radicalizzando, non credono nella fine dei tempi o nell'avvento del Califfato, ma nel secondo avvento di Matteo Salvini, con lui la piccola media impresa rifiorirà (pur restando piccola e media) e le partite Iva troveranno nel regno dei cieli un senso al loro lungo patire sulla terra. Non fosse un'elezione decisiva – l'ennesima elezione decisiva, l'ennesima ultima battaglia contro le forze del Caos – verrebbe voglia, davvero, di aprire la diga e amen, volete la bandierina? Tenete la bandierina. Giusto per offrirvi un'occasione in più per scoprire che non succede niente, nessuna diabolica coop rossa viene espulsa dal territorio, le strade rimangono storte e i fiumi non smettono di andare in piena. Che è successo a Parma quando ha vinto il centrodestra? Dopo un po' hanno dovuto commissariare il comune per banali questioni di tangenti, tutto qui. Che è successo a Bologna, a Ferrara? Le partite Iva stanno meglio? La camorra ha smesso di infiltrarsi? I nomadi hanno spostato il campo nomadi dall'altra parte di un canale di confine, il che qui da noi è molto spesso il modo in cui si risolve la terribile emergenza nomadi? Davvero, mi verrebbe da dire, mettiamoli alla prova, vediamo il loro bluff, dopo cinquant'anni sarebbe anche ora. Poi mi ricordo che se vincono stavolta casca il governo, l'Europa è a un bivio, il mondo fronteggia l'estinzione di massa. Nel frattempo mi arriva una notifica, a Cavezzo è caduto un meteorite. E quindi niente, andiamo avanti così. I salviniani d'Emilia e Romagna saranno pure ridicoli nella loro attesa messianica, ma prima o poi chi chiama l'apocalisse ci azzeccherà. Preferirei non essere io, ma
– Avrete notato che è da un po' che non ci sono terremoti in zona Cavezzo, né inondazioni dalle parti di Cavezzo; in compenso l'altro giorno è caduto un meteorite nella campagna di Cavezzo. Le possibilità di trovarlo erano abbastanza basse: e invece l'hanno trovato. È una pietra superficialmente molto nera, l'istituto astronomico ha detto che la chiamerà Cavezzo. Qualcosa del genere è probabilmente successo alla Mecca migliaia di anni fa.
– Il giorno dopo Matteo Salvini lascia detto che verrà a Modena, una città dove fin qui ha fatto un po' fatica a entrare. Andrà a prendere una birra in via Gallucci; gli scappa anche il nome della birreria ma forse non si era inteso bene con il suo impresario, qualcuno si era dimenticato di avvisare il gestore e forse nel nuovo cerchio magico manca un certo tipo di know how, sono bravissimi a pigolare su twitter ma non sanno come rapportarsi con gli esercenti modenesi, il che d'altronde non sorprende. La prima reazione del gestore in questione è infatti annunciare sui social: noi non facciamo politica, ma se viene Salvini siamo in ferie. Simpatég, eh? Il gestore, come chiunque non viva almeno tre ore al giorno sui social, sottovaluta il clima della campagna elettorale: dopo essere stato investito da commentatori ostili che minacciano il boicottaggio si ravvede, e alla fine Salvini ce la fa: entra nel locale, si fa un selfie con la birra in mano tra gli avventori – pochi, perché nel frattempo via Gallucci è stata blindata dalle forze di polizia, in stile corteo di Forza Nuova. Poi già che c'è entra anche in un altro pub, storicamente caro a me e a tutta la mia cerchia (ma ho smesso di bere il primo gennaio, quindi neanche posso boicottarlo): e anche qui selfie e sorrisoni coi gestori. Anche passando a Carpi del resto aveva fatto in modo di farsi trovare proprio davanti alle bancarelle della fiera del cioccolato.
– Il fatto che Salvini si faccia molto spesso inquadrare mentre mangia e beve ha fin qui generato più parodie che riflessioni (come qualsiasi altro fenomeno al mondo, sospetto, e questo malgrado sia più facile riflettere che scrivere battute divertenti). È un'intuizione che parte da lontano (anche Renzi veniva talvolta descritto come in preda a un'infantile bulimia) e si affina negli anni passati a fare campagna elettorale e poco altro. Senz'altro è un espediente efficace per ridurre la sua distanza col cittadino medio, ma è anche una conseguenza diretta del fatto che molto spesso la gente è già lì per bere e per mangiare, sennò Matteo Salvini neanche si scomoda. Poi certo, ogni tanto fa pure dei comizi, però in molti casi l'approccio di Salvini alla folla è parassitario: non è lui a radunarli, lui si fa trovare in un posto dove ci sono già, e siccome di solito sono lì per mangiare, Salvini deve mangiare. Nella maggior parte dei casi va tutto bene, al limite c'è da gestire qualche contestatore ma la maggior parte della folla è comunque contenta di trovarsi vicino a una celebrità, proprio come quando passa un calciatore o il tale che ha fatto un reality. A volte qualcosa va storto (a Modena, tipicamente) e allora o si molla l'osso, come a novembre, in cui si riparò fuori dal centro sardinizzato. Oppure si militarizza l'area, perché quel selfie col boccale in mano evidentemente è importante, chissà quanti voti pesa.
– Salvini le elezioni in Emilia-Romagna potrebbe anche vincerle. Lo dico, ovviamente, per dimostrarmi attento alla situazione e consapevole della distanza tra desideri e realtà: è il senso di ogni rituale scaramantico. Ma lo dico anche perché alla fine la possibilità c'è, e non ha a che vedere più di tanto con la fine del cosiddetto modello emiliano, che è in crisi già da anni, per motivi strutturali che sono gli stessi per cui è in crisi il modello padano, e l'Italia, e l'Europa il genere umano l'ecosistema. Salvini le elezioni in E-R potrebbe vincerle banalmente, perché ci tiene davvero, e non ha niente da fare tutto il giorno tranne battere la campagna, e soprattutto ci tengono i suoi fan, polarizzati e nervosi come non mai. Non è che siano la maggioranza (non in E-R, di certo), ma hanno una voglia di andare a votare che schizza da tutti i pori, mentre cinque anni fa il Pd di Bonaccini vinse con un'astensione altissima. Una tornata elettorale sui generis, in una stagione diversa dal solito, senza copertura sui media nazionali rischierebbe di premiare più le minoranze polarizzate che il famoso centro moderato. I salviniani hanno voglia di votare e sanno anche per chi voteranno; i grillini potrebbero davvero, quella domenica, svegliarsi depressi e restare in pigiama; le sardine sono state importanti da un punto di vista mediatico (sono state loro a comunicare al mondo che c'era un'elezione importante in arrivo), ma se da riempitori spontanei di piazze diventano testimonial di un partito preciso, rischiano di bruciarsi. Quanto agli elettori del PD, stanno semplicemente invecchiando. Salvini le elezioni in E-R potrebbe vincerle perché c'è gente che le perde da cinquant'anni e scalpita, e si venderebbe al diavolo purché fosse la volta buona. Dove "vendersi al diavolo" è una simpatica iperbole che temo non renda l'idea. Mettiamola così: è gente che pur di vincere voterebbe per Matteo Salvini.
– Il quale Salvini ormai non ha neanche nulla da promettere – nessuna promessa che non abbia già bruciato nei mesi di governo – toglierà le accise? uscirà dall'euro? chiuderà frontiere che peraltro non erano molto aperte neanche prima e non si sono aperte dopo? Nulla, non ha più nulla da promettere che non sia un altro anno fighissimo che passerà a spararsi selfie e streetfood. Berlusconi almeno era una figura aspirazionale, il milionario fatto da sé; Salvini è una figura tribale, un feticcio, nessuno spera di diventare come lui, è lui che si sforza di diventare come tutti noi. Mette le felpe, guarda i cantieri, mangia i panini, è un Checco Zalone senza ironia, il vicino di casa un po' scemo che mette allegria e anche quando la spara grossa sai che non lo fa per cattiveria, è il suo modo di reagire alle difficoltà, di tenersi a galla. Tutto questo non lo rende veramente un leader credibile, ma se per questo neanche Trump: evidentemente c'è gente disposta a credere a qualsiasi cosa, succede quando le prospettive sono molto brutte. Salvini a livello nazionale in realtà starebbe anche declinando: l'unico evento che potrebbe rimetterlo rapidamente in sella è una storica vittoria in Emilia-Romagna, e questo rende particolarmente surreali queste elezioni invernali – da una parte le forze del Caos, dall'altra Stefano Bonaccini. Che senso ha.
– Alcuni ne sono convinti. Ci sono intere categorie che si stanno radicalizzando, non credono nella fine dei tempi o nell'avvento del Califfato, ma nel secondo avvento di Matteo Salvini, con lui la piccola media impresa rifiorirà (pur restando piccola e media) e le partite Iva troveranno nel regno dei cieli un senso al loro lungo patire sulla terra. Non fosse un'elezione decisiva – l'ennesima elezione decisiva, l'ennesima ultima battaglia contro le forze del Caos – verrebbe voglia, davvero, di aprire la diga e amen, volete la bandierina? Tenete la bandierina. Giusto per offrirvi un'occasione in più per scoprire che non succede niente, nessuna diabolica coop rossa viene espulsa dal territorio, le strade rimangono storte e i fiumi non smettono di andare in piena. Che è successo a Parma quando ha vinto il centrodestra? Dopo un po' hanno dovuto commissariare il comune per banali questioni di tangenti, tutto qui. Che è successo a Bologna, a Ferrara? Le partite Iva stanno meglio? La camorra ha smesso di infiltrarsi? I nomadi hanno spostato il campo nomadi dall'altra parte di un canale di confine, il che qui da noi è molto spesso il modo in cui si risolve la terribile emergenza nomadi? Davvero, mi verrebbe da dire, mettiamoli alla prova, vediamo il loro bluff, dopo cinquant'anni sarebbe anche ora. Poi mi ricordo che se vincono stavolta casca il governo, l'Europa è a un bivio, il mondo fronteggia l'estinzione di massa. Nel frattempo mi arriva una notifica, a Cavezzo è caduto un meteorite. E quindi niente, andiamo avanti così. I salviniani d'Emilia e Romagna saranno pure ridicoli nella loro attesa messianica, ma prima o poi chi chiama l'apocalisse ci azzeccherà. Preferirei non essere io, ma
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