don't know much about The Rise And Fall

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Soffrire per uno scopo

Se fossi più furbo, il coccodrillo di Prodi l'avrei scritto e liofilizzato già 18 mesi fa. Invece oggi come oggi non ho molto da aggiungere a quello che ho scritto in novembre, per esempio, o un anno fa, o tante altre volte che neppure mi ricordo. Prodi ha avuto il torto voler mandare avanti un governo di minoranza: qualcosa che in molti Paesi un po' più civili si può fare senza patemi e isterie. In Italia no. Lo si sapeva. Ma si tifava lo stesso.

Di lui cosa resterà? Beh, poco. Probabilmente tra un secolo si parlerà del ventennio a cavallo dei due secoli come dell'“era di Berlusconi”, e solo pochi occhialuti studenti di un corso opzionale scopriranno, un po' perplessi, che a differenza di altri tiranni Berlusconi non rimaneva sempre al potere. Ogni tanto era costretto a cederlo a un'opposizione che aveva il compito di riordinare i conti dello Stato, spaventare il popolo bue con lo spettro delle Tasse, e in questo modo preparare la trionfale campagna elettorale di B., che era poi la cosa che gli riusciva meglio. Questo perché in effetti B. non era un tiranno, ma un semplice tribuno (qui gli studenti strabuzzeranno gli occhi perplessi), e più che a esercitare il potere ambiva a rappresentarlo; più che un governante, uno Sposo Mistico, come gli antichi Dogi che ogni anno sposavano il mare. Lui invece sposava l'Italia di nuovo, ogni due, tre, cinque anni: e ogni volta erano nozze bianche, nozze di vergini.

“Che roba, deh”.
“Ma perché ci siamo ridotti a studiare 'ste stronzate?”
“A me piaceva l'assistente, la moretta, hai presente? Il primo mese manco sapevo il nome della materia. E tu?”
“Io stavo lavorando a una tesi di laurea sulla fine dell'Impero Azteco come suicidio di una civiltà, quando a un certo punto il prof mi ha detto basta, se cominciassimo a impilare le tesi di laurea sul suicidio dell'Impero Azteco potremmo edificare una piramide a gradoni che supererebbe in altezza quella di Palenque, mi ha detto proprio così, perché non ti trovi un'altra civiltà che si è autodistrutta? A me sul momento non me ne venivano in mente altre, così lui ha fatto un sorrisino stronzo e mi ha allungato un antico volume incomprensibile, come si chiama, la Costa...”
“La Casta”.
“Non ci ho capito niente”.
“Devi provare con l'Anthologia Blogorum”.
“Che roba è?”
“Una raccolta di diari adolescenziali del periodo, fa un certo effetto. Si assiste a tutta la crisi in presa diretta, giorno dopo giorno, per anni e anni e anni”.
“Dev'essere struggente”.
“Per quel che ci ho capito, sì, abbastanza struggente”.
“Ma voglio dire – non potevano andarsene semplicemente via? Ce li avevano gli aeroplani, no?”
“Mah, non è chiaro, non sono mai riusciti a localizzare le piste di decollo. Sai, sotto tutti quegli strati di monnezza”.
“Forse non se ne andavano semplicemente perché amavano il loro Paese”.
“Buona questa. Secondo me amavano ancora di più il resto del mondo, e non volevano contaminarlo coi loro vizi congeniti: litigiosità, volgarità, superficialità, approssimazione...”
“Ah, ecco, sono andati in malora per salvare il mondo. Romantico”.
“Se la pensi così”.
“A proposito, e la brunetta poi che fine ha fatto?”
“Nessuna fine, è ancora lì”.
“Ci hai provato?”
“Ma no, per carità”.
“Ma hai detto che ti piaceva”.
“Ma sì, all'inizio mi piaceva, ma poi...”
“Poi cosa?”
“...”
“C'è qualcosa che non va? I tuoi pseudopodi oscillano in modo innaturale”.
“E poi un giorno tu ti sei sedutadifiancoame edicolponelmiocuore noncèstatospazio pernessunabrunetta almondo aproposito”.
“Come?”
“A proposito: se domani diamo l'esame, dopo ti va di festeggiare? Mi hanno detto che c'è un rito di fertilità al rettilario, è da un sacco che non ne vedo uno, e poi...”
“Mi stai chiedendo di uscire con te?”
“Sì, direi di sì, sì”.
“Rispondimi con franchezza. Hai frequentato sei mesi di Lingua e Cultura Italiana del Tramonto solo perché volevi uscire con me?”
“Potremmo dire di sì, sì”.
“Compreso il mesemmezzo che avevo un'inflorescenza al sonaglio destro e sono stata a casa e tu mi hai portato gli appunti di tutte le lezioni, tu che fino a quel momento non avevi scritto una singola riga, una?”
“Uh, te n'eri accorta? Buffo”.
“E quindi insomma valeva la pena che una civiltà di sessanta milioni di umani tramontasse e decadesse in un turbine di ignoranza e pattume, affinché secoli dopo su un altro pianeta ci facessero un corso universitario che tu potessi frequentare per incontrare me?”
“Se la metti su questo piano”.
“Ma non capisci l'orribile ironia di tutto ciò? Quegli esseri senzienti che vivevano sotto Berlusconi, e ne soffrivano, e pensavano che forse tutte quelle sofferenze avessero un misterioso Scopo... e alla fine di tutto si scopre che il misterioso Scopo apparecchiato dal destino era che tu m'invitassi fuori?”
“Ho capito, scusa, fa finta che non ti ho detto n-”.
“Baciami”.
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tunc!

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Adesso, se toccasse a me fornire un consiglio di bassa politica, non mi tirerei indietro: Prodi, dimettiti.

Non fraintendermi. Sarai sempre nel mio cuore. Io non sono come tutti gli altri blog intelligenti, che ti prendono per un nonnino suonato. O meglio: io continuo a pensare che un nonnino suonato bolognese è in grado di dare la paga a dieci manager lombardi e cento intrallazzoni romani, per cui ti prego di accettare l’espressione della mia più profonda gratitudine. Hai salvato la patria un paio di volte, mentre i supereroi erano al cinema o in missione per salvare l’Africa, le staminali, la pena di morte, tutte le gloriosissime cause perse del mondo. Meriti monumenti in tutte le città, ma non te li faranno; pazienza, vorrà dire che i piccioni si libereranno su quelli a Veltroni. Non è così importante. Hai fatto tutto quello che hai potuto, e a volte anche qualcosina che non potevi, ma l’hai fatta lo stesso: continua così. Quello che ci serve è un ultimo, sublime sacrificio.

Metti la fiducia sulla prima cretinata che ti viene in mente. Non stare nemmeno a spiegare il perché e il percome, aspetta il voto negativo e poi dimettiti. Devi farlo adesso, mentre Fini ancora strilla coi pugnetti alzati che con Berlusconi non ci gioca più. A gennaio si vota, e li voglio vedere, lui e il Polipo della libertà, di nuovo apparentati. La faccia di bronzo ce l’hanno, ma stavolta non basta. Stanno giocando alla Rottura perché credono di avere il tempo di ricucire: tu dimettiti. Andiamo a vedere il bluff. Il Polipo vale il 35%? E cosa ci fa, con questa porca legge elettorale? Berlusconi ha avuto fretta di chiudere per un anno, adesso però ha bisogno di un po’ di tempo. Col cavolo. A votare subito, e vediamo se regge un’altra sconfitta.

Mi sbaglio? Che importa, tanto lo so che non lo farai. Non si gioca con le istituzioni repubblicane, non si sciolgono le camere a seconda delle opportunità, è roba da Chirac. Tu sei troppo responsabile. Sempre con questa mania di voler salvare gli italiani. È un’ossessione che non paga mai. Tu sei l’ultimo discendente di una stirpe di statisti che in mezzo al caos italico si autoconvincono che la priorità è il bilancio e non deviano mai dalla rotta. Come se all’elettore fregasse qualcosa, del bilancio. Tu cerchi di quadrare i conti e intanto loro intonano canti nostalgici all’inflazione, alla liretta, ai bei tempi quando non si soffriva della concorrenza rumena perché la Romania eravamo noi. È un popolo che non ti merita, diciamo la verità. Tu sei un nonnino suonato, ma per noi sei già troppo. Lasciaci perdere.

Altrimenti si potrebbe andare avanti all’infinito: cinque anni di bengodi berlusconiano, due anni di stringi-la-cinghia prodiano. Cinque anni di condoni, due di lotta; cinque carnevali, tre quaresime. È evidente che tu e il polipo siete le facce di una stessa medaglia.
E allora tu buttala via. Nessuno ti capirà, ma cosa importa? Basta che scampi uno solo per cantare le tue gesta, e sarò io. Tu per me sarai per sempre l’ammiraglio Ramius di Ottobre Rosso, che quando sente il siluro avvicinarsi, inverte le rotta e gli va addosso: si sente un gran tunc!, e il sottomarino è salvo. Anticipando la collisione non gli ha dato il tempo di scoppiare.
Oppure il sergente di Salvate il soldato Ryan, che si vede un tedesco armato a un metro, non ha nemmeno il tempo di prendere in mano il fucile, e allora sai che fa? Si toglie l’elmetto e glielo tira in testa. Lascia perdere le saghe, le guerre vere si vincono così. L’olimpo degli eroi veri è un circolo acli di nonnetti suonati. È tempo di raggiungerli.
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31 different ways to leave your leader

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Le solite frasi fatte...

...dopo un po' annoiano. Sostituiamole con frasi fatte nuove.

La maggioranza è in crisi. Da venti mesi. Il governo può cadere per un colpo di vento domani, oggi pomeriggio, stamattina. E Berlusconi ha una fretta dannata. È seccante.
D’altro canto, può anche darsi che tutto tenga ancora per un bel po’. Magari danno retta a Montezemolo. Magari attendono che scatti la pensione per parlamentari. E in fondo anche questa prospettiva è deprimente.

Non tanto per l’Italia, oddio. Ma prima di essere un cittadino sono pur sempre un telespettatore, e in quanto tale non so se riuscirò a sorbirmi altri mesi di Schifani o Cecchitto o Vito che ripetono sempre, sempre le stesse due frasi: il governo è in crisi, adesso cade, gli italiani stanno male, è colpa della sinistra estrema. Va bene, sì, abbiamo capito, però basta per favore, basta. Siete peggio dei bambini.

Tre sere fa per esempio ho sentito Schifani, o un altro schifanoide, dichiarare che “Prodi tira a campare, e l’Italia tira le cuoia”. Ora, posso capire che sia una bella frase a effetto, con il pregio d’esser concisa, ma credo di averla sentita almeno cinque volte negli ultimi sei mesi; mi viene il vomito. Variate, per amor di Dio. Per amore mio. Non ho niente contro le frasi fatte, ma cambiatele ogni tanto.

Lo so anch’io che è dura: se è da un anno che avete una sola cosa da dire, i modi per dirla ormai dovrebbero scarseggiare. E invece no! Questo è il bello dell’italiano! È una lingua ricchissima di cliché e modi di dire! Con un po’ di studio e applicazione, voi potreste dire la stessa cosa con una frase diversa 365 giorni all’anno! Non ci credete? Ve ne do una dimostrazione. Vi scriverò lo stesso concetto in trenta modi diversi, e non ci metterò più di un’ora. State a sentire.

9 ottobre
Prodi è ormai prono alle richieste delle frange più estreme. Si rialzi, e consulti gli elettori!

10 ottobre
Il governo è succube della prepotenza sinistrosa. Si arrenda. Dobbiamo votare.

11 ottobre
Ormai il vaso è colmo. Il governo non può più contenere l’indignazione popolare. Al voto!

12 ottobre
Nel giorno in cui Cristoforo Colombo ha scoperto l’America, Prodi potrebbe almeno scoprire l’acqua calda: è un ostaggio della sinistra. Occorrono elezioni al più presto.

13 ottobre
Prodi non ha più voce in capitolo. I comunisti dettano l’agenda. È tempo di convocare il popolo sovrano.

14 ottobre
Prodi casca dalle nuvole, e l’Italia casca dalla padella nella brace. Risolleviamoci! Eleggiamo una nuova maggioranza.

15 ottobre, Santa Teresa D’Avila
Prodi è come in trance, e non sente lo scontento di tutti gli italiani. Voliamo alle urne!

16 ottobre
Mentre Prodi è nelle braccia di Morfeo, gli italiani vengono stritolati dal carovita, e la sinistra-sinistra applaude. Un segno su una scheda metterà fine a tutto questo.

17 ottobre

Prodi mena il can per l’aia, mentre alla mangiatoia s’abbeverano i cosacchi! Mandiamoli a casa!

18 ottobre, San Luca Evangelista
Come dice il Vangelo: se un albero non dà frutto, taglialo! È tempo di abbattere Prodi, e seminare un nuovo governo eletto dal popolo.

19 ottobre
Guidato dai perfidi consigli di Rifondazione e Pdci, il governo ha smarrito il sentiero nel bosco. Non c’è che una via per uscirne, e passa dalla cabina elettorale!

20 ottobre
Prodi ha messo in croce i cittadini, e con una croce i cittadini lo manderanno via!

21 ottobre
Prodi è ormai al canto del cigno, grazie ai suoi alleati del teatro Bolscioi. Su questo governo è tempo di tirare giù il sipario.

22 ottobre
Prodi e i suoi sinistri generali ci considerano carne da cannone, ma la Waterloo elettorale ormai non è lontana.

23 ottobre
Il governo fa castelli in aria, e intanto l’Italia soffoca! Rianimiamoci con un’elezione democratica!

24 ottobre
Prodi ciurla nel manico, e gli estremisti godono! Licenziamoli con il voto popolare!

25 ottobre
Prodi ormai è il due di coppe, quando briscola è bastoni. E il mazziere è Diliberto! È tempo di dare nuove carte agli italiani, di quelle che si piegano in quattro e si infilano nella fessura.

26 ottobre
Se Prodi conta le pecore, e Giordano conta le tasse, noi abbiamo contato i giorni di questo governo, e sono finiti!

27 ottobre
Questo governo è costruito sulla sabbia, e non reggerà alla prossima marea di populismo di sinistra. Tra breve ne costruiremo uno più saldo in tutte le circoscrizioni elettorali.

28 ottobre
Prodi ormai dà i numeri, ma non c’è più tempo. Alle votazioni, subito.

29 ottobre
Gli italiani sono al verde, Prodi è ostaggio dei rossi, per completare il quadro non ci resta che il bianco. Il bianco della scheda!

30 ottobre
Prodi è una foglia secca, che scrocchierà presto sotto la suola dei votanti.

31 ottobre
I giorni si accorciano, e il giorno del governo Prodi è già finito. Dai seggi sta per sorgere una nuova alba!

1 novembre, Ognissanti
Prodi non ha più un solo Santo in paradiso. Una messa in suffragio non basta. Chiediamo il suffragio universale, subito!

2 novembre (Giorno dei morti)
Questa è la festa del governo Prodi, assassinato dai lembi sinistroidi della sua maggioranza. Oggi visitiamo le urne funebri – domani, quelle elettorali!

3 novembre
Prodi si difende ma ha la coda di paglia. E le italiche genti ormai hanno la febbre da fieno!

4 novembre, Festa delle Forze armate
Oggi è la Caporetto del governo. Prodi segua l’esempio di Cadorna: si dimetta. Il popolo d’Italia sia finalmente sovrano del proprio destino!

5 novembre
Prodi è ormai un trastullo in mano all’estrema. Ma la fine dei giochi è vicina. I maggiorenni d’Italia stanno per tirare le tendine e decidere.

6 novembre
Questo governo ha rotto le scatole. Riempiamole di schede elettorali!

5 novembre
Prodi è l’uomo che cade da un grattacielo ripetendo a ogni piano “Fin qui tutto bene!” Ma l’impatto con la volontà popolare è sempre più vicino.

7 novembre
Prodi è un personaggio in cerca d’autore, ma neppure la sinistra no-global ormai lo vuole dirigere. Un segno su una scheda porrà fine a questa farsa.

8 novembre
Prodi non dorme più! Di notte lo perseguita il sinistro ronzio di milioni di matite copiative che si temperano. Ancora poche ore!

(Ok, alcune fanno veramente schifo, ma non ci ho messo neanche un’ora. Schifani non ha altro da fare per tutta la settimana, e il capo lo paga un po’ di più).
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continua da sempre

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Il congresso interiore

Mozione #424
Ma voi rammentate di quell’uomo barbuto che qualche anno fa, invitato a salire su un palco, stupendo sé stesso e gli altri disse: Con questi qui non vinceremo mai? E dietro di lui c’era Rutelli, c’era Fassino, D’Alema, uomini d’apparato lividi e grigi. Ma l’uomo con la barba che fine ha poi fatto? Fa il regista, no? Fa i film?
Li facesse belli, almeno. Invece l’altro ieri c’era il congresso di Rutelli, il congresso di Fassino, tutti a dire quanto siamo bravi noi dell’apparato, che adesso smontiamo l’apparato. Eh, ma infatti. Dove lo trovi un apparato che ha il coraggio di smontarsi da solo?
E insomma concludendo, compagni dopolavoristi della politica, io credo che questa tornata di congressi abbia sancito la fine dei girotondi, degli scalfarini e degli scalfarotti, e di chiunque si provi a tuffare nella politica per hobby quando ha già un altro mestiere. Non siamo mica più negli anni Settanta, che potevi lasciare il lavoro per un paio d’anni e riprenderlo con calma. Qui devi attaccarti a tutto, o perdi il pubblico, perdi il contratto, perdi la famiglia. E l’apparato vince. L’apparato si smonta, si riprogetta e si rimonta a piacimento. L’apparato si stipendia e si gratifica. L’unica cosa che l’apparato non riesce a fare è prepensionarsi, e infatti il punto è, compagni: quanto dobbiamo pagarli perché si levino dai coglioni? Ho terminato, grazie, scusate.

Mozione #425
Compagni, sono molto stupito di me stesso. E insomma io sono prodiano dentro, prodiano di ferro, prodiano nel dna, e il Partito Democratico è la summa di tutto quello in cui ho creduto sin da quando ero un bambinetto sveglio. E allo stesso tempo l’attuale Partito Democratico è il consesso di tutti i personaggi che mi sono stancato di votare. Mi guardo allo specchio e vedo mio padre quando gli toccava votare per il partito di Forlani e Andreotti. Davvero siamo arrivati a questo? Alla balena rosa?
E vota Mussi, direte voi. Ma compagni, se Mussi riuscirà a vendermi Boselli, ha sbagliato mestiere, doveva battere le province coi flaconi d’acqua miracolosa. E se invece andrà con Bertinotti, sarà l’ennesimo partito di gente di cui non mi fido. E se andasse con Diliberto. O con Pannella. E insomma, la sinistra è libera di aggregarsi e disgregarsi e riaggregarsi di nuovo, purché non tenti di piacermi. E perde anche per questo motivo! (Applausi)

Mozione #426
…Dici bene, compagno: ma poi si andrà a votare, il nemico sarà ancora Berlusconi, e tu sarai pronto a far la croce su qualsiasi stemmino, anche uncinato. Siete fatti così! voi prodiani siete fatti così. Stalinisti di ritorno, avete fatto ore di fila alle primarie del 2005 per eleggere il candidato dell’apparato. E allora di che vi lamentate? Preparatevi a eleggere il vostro amato leader. Chi è? Ve lo stanno per dire, ancora alcuni mesi e scoprirete di averlo sempre amato.

Mozione #428
Io credo che siamo tutti schizzati, qui, tutti interiormente divorziati. Un divorzio tra Io teorico e Io pratico. Cerco di spiegarmi (brontolii).
Abbiamo tutti un Io teorico, che si concede teorie sperimentali e critiche forti all’apparato. Questo Io teorico coglie la società postcapitalista in tutte le sue contraddizioni più o meno scoppiate o in via di scoppiamento. Intanto l’Io pratico va a lavorare, paga le imposte, e desidererebbe migliorare la sua vita secondo il pattern vetero-borghese: migliori servizi, anche però meno tasse, sicurezza nelle strade, no all’inquinamento ma con moderazione, ecc. ecc.
Se potessero votare in cabine separate, probabilmente l’Io teorico si disperderebbe in qualche listina di sinistra, mentre l’Io pratico aspira al grande Partito Democratico. Quindi a un certo livello si direbbe (paradossalmente) che l’Io Pratico è più intelligente: sa che l’attrito con la realtà è ruvido ma necessario.
Nel frattempo il pianeta muore di caldo, come un bambino in una macchina lasciata nel parcheggio da un Io pratico troppo pratico e troppo indaffarato, e l’Io teorico lo sapeva! Lo sapeva da vent’anni! E allora chi è il vero furbo, alla fine?
Nessuno dei due. Bisognerebbe ricomporre la schizofrenia. Farla finita con una certa falsa coscienza moderata che ci ha portati con moderazione e giudizio alla secca del Po nel mese d’aprile. Basta. Non è più tempo di pace sociale, siamo alla catastrofe ambientale e sociale! Compagni! Dobbiamo rimettere in campo il nostro Io teorico! Sperimentare teorie nuove, smontare tutto quanto! O saremo invasi dalle cavallette (lo portano via)

Mozione #429
...Allora sono andato a dare un'occhiata al mio pantheon, e ci ho trovato poco di utile, forse solo questa frasetta di Italo Calvino.
“Credo giusto avere una coscienza estremista della gravità della situazione, e che proprio questa gravità richieda spirito analitico, senso della realtà, responsabilità delle conseguenze di ogni azione parola pensiero, doti insomma non estremiste per definizione”.

È un’intervista a Nuovi Argomenti. Onestamente non so dirvi quale fosse la grave situazione del 1973, perché dal mio seggiolone tutto mi sembrava interessante piacevole e colorato. È di oggi che quelle parole mi parlano: oggi che ogni cosa è grave, io da elettore moderato reclamo il diritto ad una coscienza estremista. Forse la mia è la stessa schizofrenia di cui parlava il compagno qui sopra.
E insomma, il fatto che siamo persone di buonsenso e ragionevoli, non significa che non dobbiamo avere analisi chiare e trancianti.
Compagni non dico che non dobbiamo andare a caccia di consensi, e che questo terreno di caccia non debba essere il Centro, come sempre. Dico un’altra cosa: per quanto gentili e moderati, noi dobbiamo sapere che abbiamo ragione, e loro torto (Grida di forte disapprovazione).

Mozione #430
La conquista del Centro. Sono 15 anni che i DS guardano al Centro. Poteva avere un senso quando al centro c’erano solo schegge di democristiani e socialisti. Ma poi è nata la Margherita: che senso aveva fare la concorrenza alla Margherita? Forse che il Gruppo Fiat si fa concorrenza da solo negli stessi segmenti, l’Alfa contro la Lancia? Lo fa? Oh, beh, non vuol dire.
Ma adesso che dopo infiniti corteggiamenti se la sono mangiata, questa Margherita, lo capiranno che è ora di andare a caccia di consensi a sinistra? Che è là che c’è il vero movimento? Che è solo là che ci sono le idee?
Perché al centro non ci sono idee. C’è solo tanto, tanto buon senso. Quello che sta soffocando il mondo, come ha detto il compagno poco fa.

Mozione #431

Voi dite tanto, eppure io credo che l’intelligenza sia sopravalutata. Sì, sì, fischiate, sì. Leggevo giusto l’altro ieri un’intervista a un politologo francese. Un’analisi raffinatissima delle elezioni francesi che si concludeva con “…purtroppo vincerà Sarkozy”. E lei per chi vota, gli chiede l’intervistatore? E lui spara uno di quei candidatini d’estrema sinistra.
Per dire che se fossero tutti intelligenti e raffinati come lui, in Francia, al ballottaggio ci mandavano di nuovo Le Pen. E invece si sono fatti un po’ più stupidi: complimenti.

(Continua fino all’esaurimento della civiltà occidentale, portate un po' di pazienza)
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voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia

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Non c’è nessuna foto di Sircana con un trans; e se anche ci fosse, non farebbe così tanto schifo.
Invece, volete vedere una foto che fa veramente schifo? Ecco qui.




O nostalgia, o vergogna

O nostalgia per quel Muro, che quando c’era, tutto era molto più chiaro; c’era un Rosso e c’era un Bianco; e con un po’ di astuzia si poteva essere un po’ rossi di qua e tifare per quelli un po’ bianchi di là, e insomma sentirsi in pace con tutti, in quella vecchia Europa di una volta.
Quell’Europa che a volte ancora mi sorride dalle cartine appese alle aule, quella senza Ucraina e con una Germania in più, ma piccola; l’Europa del BeNeLux e della Coppa Campioni, e della Jugoslavia. O com’era strano e bello confinare con la Jugoslavia.
Quell’Europa campo minato nucleare. O che nostalgia. O che vergogna.

O come ci siamo ridotti, a rimpiangere Bresnev e Gromiko; i Giochi Senza Frontiere e il tempo delle Mele, e la Uno Fiat che ormai non fanno più neanche in Polonia.
Quegli anni che a viverci ti sembravano di fango, coi democristiani sempre uniti e al governo; perché ancora nessuno ti aveva spiegato che peggio di una Grande Balena, ci sono solo due o tre balene piccole, tutte ansiose di far bella figura davanti alla Grande Foca in ermellino. O vergogna tra le vergogne, di provare nostalgia per Aldo Moro, per Fanfani, per Andreot… no, aspetta, per Andreotti no.

O che nostalgia, per i tempi in cui la Russia si chiamava CCCP, si pronunciava urss, e significava Impero del Male; ma un Male talmente Male che più che spavento faceva tenerezza. Perché scusate, qualcuno di voi è mai riuscito veramente a odiare Ivan Drago? Il povero Ivan Drago, in guantoni rossi, concepito in laboratorio per spiazzarti in due?

O nostalgia per quel tenero Impero del Male, di facce stanche e tristi come quella di Darth Fener dietro il casco; un Impero di povera gente con un esercito da far paura; con le spie e i cosmonauti, che guardavano il mondo da un oblò e tornati a casa facevano una brutta fine. O terribile poesia dell’Impero del Male Contadino, che lancia le cagne in orbita. La povera Laika, ma l'hai guardata negli occhi? Gli americani, imperialisti, usavano gli scimpanzé. Il Male lo vedi nei dettagli. Che cattiveria, che disperazione, in un Impero contadino che per farsi bello sacrifica anche l’animale da cortile.

E insomma eran cattivi, ma anche poveri; li si poteva temere ma un po' ammirare e un po' anche compatire; e in ogni caso stavano di là dal muro, e quindi tutto era chiaro. Nessuna compromissione. Al massimo compassione.
O terribile nostalgia, di quando i ricchi eravamo noi.

E adesso che ci resta? Di mendicare il gas, ci resta. E pazienza se il padrone dei gasdotti è un mafioso, agente del KGB, istruttore di arti marziali, uno che sembra il cattivo di un film con Sean Connery, uno che insomma non fa alcuna tenerezza. Non c’è più un muro che ci salvi, da uno come lui. Non c’è più decenza. Ci tocca abbracciarlo, sbaciucchiarlo, perché sarà anche un mafioso, un assassino di giornalisti, un corrotto e un corruttore: ma è il padrone dei gasdotti, e il gas ci serve.

Ci fosse almeno un intermediario, un capro espiatorio, un italiano un po’ più schifoso degli altri che facesse questo sporco mestiere per noi. Che si facesse fotografare lui, a braccetto con lo Zar della Mafia. Ci fosse un nanetto da insultare, mentre entriamo in casa e distrattamente alziamo il riscaldamento. Ci fosse un Berlusconi. Ecco, l’ho detto. Ci fosse la faccia pagliaccia del potere, da insultare e adoperare.

E invece no. O schifo, o vergogna, ad abbracciare e baciare Putin ci deve andare l’uomo che ho votato io. Perché sia chiaro che lo schifo è tutto mio, che la vergogna sono io, che i giornalisti a Mosca ho dato una mano ad ammazzarli anch’io. Quando? Ecco, se almeno mi si potesse dire quando. Ogni volta che accendo il gas? Una volta ogni due? Si può misurare la mia complicità nel genocidio ceceno? Dei quattro bossoli accanto Anna Politkovskaja, quanti ne ho pagati io?

E cosa dovrei fare adesso, a parte provare vergogna e nostalgia? E cosa aspetta insomma il riscaldamento globale a lessarci tutti quanti? E dopo sarà tutto sterile e pulito. Niente più gas, niente più mafia, niente. Neanche più la nostalgia. Niente.
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Identificato il mandante

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Il complottardo

È un tipo come te, come me. A volte siamo io o te.
Quando il governo è caduto, ci siamo rimasti male. Che il governo non ci soddisfacesse era naturale, ovvio, quasi programmatico. Ma che Prodi dovesse andarsene a casa dopo nove mesi per un equivoco, un Turigliatto, un errore di conteggio, un De Gregorio, un Pallaro, una palla, écche diamine, no.

Dopodiché? Scenario 1, si torna al voto, con Berlusconi ancora abbastanza in forma. Brutto lavoro. Scenario 2, resta Prodi, ma svolta un po’ al centro. Per cui dai, tutto sommato poteva andare peggio. Ma non festeggeremo certo, io e te, se dal centro-centro-sinistra si svolta al centro-centro-centro-sinistra. E tutto per cosa? per un equivoco, un Turigliatto, di un errore di conteggio, di un De Gregorio, di un Pallaro, di una palla? È possibile viverla così? No, non è possibile.

È a quel punto che scatta il complotto. Io e te ci troviamo in un bar, o su un blog, o in qualunque posto, e cominciamo a raccontarci che è stato tutto un complotto. Di chi? Ma di D’Alema, naturalmente. Con quell’aria un po’ così, con quei baffetti lì, vuoi che non passi il tempo a complottare? E beh, certo: prima promette di dimettersi se in Senato non passa il suo documento; poi minaccia la caduta del governo intero; e infatti il governo cade. È chiaro che c’è un complotto.

E Prodi? E non vuoi che non fosse d’accordo pure Prodi? Certo, lui è nove mesi che giura che il governo durerà una legislatura; però intanto complotta per cadere; prima cade, prima può risorgere più bello di pria. Non fa una grinza. E valeva ben la pena di dimettersi, no?, per conquistar Follini.

Si capisce che ci vuole un po’ di fantasia per trasformare questo anziano professore, un po’ ottuso nella sua ostinazione a governare con un voto di scarto, in un genio del male aduso a complotti e machiavellici infingimenti (profetico fu Corrado Guzzanti). Ma l’alternativa è crederci appesi a un filo, a un Turigliatto o a un Pallaro. No. Meglio un complotto, di un Turigliatto. Mille volte meglio.

E questo spiegherebbe anche il fascino discreto di D’Alema. Più volte mi sono chiesto il segreto della sua sopravvivenza politica. Chiunque al suo posto, se avesse commesso in 15 anni gli errori che ha fatto lui, avrebbe abbandonato da tempo qualsiasi poltrona di rilievo. Né si può dire che il personaggio compensi la sua miopia politica con la simpatia umana. Insomma, non ne azzecca una e non è neanche simpatico a nessuno: eppure in un qualche modo è sempre lì, e ce lo abbiamo messo noi. Ma come fa?

Forse il segreto è tutto qua: D’Alema ci piace perché ci permette di sfogare su di lui la nostra gran sete e fame di complotti. Con quei baffetti e con quell’alterigia, sembra che tacendo dica ai complottardi: non prendetevela col povero Turigliatto, prendetevela con me. Non vedete che son qua apposta? Turigliatto non è che una pedina. Pallaro, De Gregorio, tutte marionette nelle mie sapienti mani. Non è più riposante sapere che siete nelle mani di un burattinaio, piuttosto che in quelle del caso, del Caos?

Adesso va molto meglio. Tutto finalmente acquista un senso. La crisi di governo è stata pilotata. Da D’Alema. Da mesi sognava di spostare la barra da centro-centro-sx a centro-centro-centro eccetera. Il corteo di Vicenza gli ha fornito l’occasione propizia. Altro che Turigliatto, ma va, Turigliatto. Come si fa a dar la colpa a un Turigliatto? Siam gente seria, noi, gente informata. Abbiam bisogno di nemici seri. D’Alema è il tipo giusto.
E ce lo meritiamo.
Vorrei sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che faccio. (Altan)
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anche io corsivista

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State arrivando in parecchi, qui, ma non è che ci sia molto di intelligente da dire, per ora.
Facciamo così: metto su il pezzo del 14 aprile, scritto mentre il governo Prodi scalciava ancora in grembo. Rileggerlo col senno del poi fa un certo effetto. Segue dibattito.
Muori giovane, lascia un bel cadavere

Le illusioni sono dolorose, io se posso cerco di farne a meno. Mi sarebbe piaciuto dire e scrivere in questi giorni che il Grande Comunicatore era stato battuto da un nonnetto reggiano (come a dire, il Grande Chiunque). Mi sarebbe piaciuto dire e scrivere che la decennale campagna elettorale permanente era finita: ma non è andata così. Io non credo che Prodi abbia vinto, non credo che governerà per cinque anni; e non dovrebbe nemmeno provarci. Ci sono persino precedenti: nella primavera 1994 Berlusconi formò un governo con una maggioranza in Senato di un solo seggio (e non era un seggio eletto nelle liste del Polo); e nell'autunno del 1994, ai primi capricci di Bossi, Berlusconi tornò a casa. A Prodi succederà lo stesso, prima o poi: gli alleati bizzosi non mancano. Volendo possiamo anche iniziare a scommettere su quando Bertinotti aprirà la crisi (ed è un bene che possa farlo solo Bertinotti e non Capezzone).

Quel che un governo Prodi dovrebbe fare, secondo me, è morir giovane e lasciare un buon ricordo. L'esatto contrario di quello che fece D'Alema nel 1998 proseguendo a oltranza la legislatura. Prodi non può vivacchiare per cinque anni blandendo alleati e pubblica opinione: ma se scontentando qualcuno riesce a darci, in pochi mesi o anni, un'impressione positiva, anche solo una vibrazione, l'idea che si può essere felici anche senza Berlusconi – allora sì, ne sarà valsa la pena, e potremo tornare alle urne con più tranquillità. Viceversa, se Prodi fa un guaio ci siamo giocati anche le rielezioni.

Con questo non voglio dire che Prodi debba tagliarci le tasse, perché non ha senso mettere in commercio una brutta copia di Berlusconi sperando che qualcuno lo preferisca all'originale. Gli elettori che nell'urna pensano all'ICI e al 740 sono il pubblico ideale di B., e c'è un limite oltre al quale non ha senso rincorrerli. Fortunatamente non tutti sono ossessionati dall'idea di pagare una tassa in meno. C'è anche chi guarda alla qualità dei servizi, e non sono necessariamente snob di sinistra. I pendolari, ad esempio. Se Prodi manda a casa quella cricca di sedicenti manager che ha spappolato le già non brillanti Ferrovie di Stato, molte persone ne trarranno un beneficio improvviso e quotidiano. Idem si potrebbe dire per le Poste, o per le scuole (ma la scuola è una macchina complicata, ci mette anni a migliorare, e Prodi tutto questo tempo non ce l'ha). E la televisione – lo so, ci sono cose più importanti, ma lo stralcio immediato della legge Gasparri e la scomposizione del duopolio televisivo potrebbe portare una ventata di novità nelle case di tutti gli italiani: insieme alla dimostrazione che si può fare tv anche meglio di come l'ha fatta B.

Un altro colpo sicuro è il fantasma di tutta la campagna elettorale, e cioè la guerra. Si sa come Berlusconi non ami parlarne. Anzi, credo che un confronto storico delle prime pagine dei quotidiani degli ultimi cinque anni ci dimostrerebbe che Berlusconi e la guerra erano due argomenti repellenti. Come l'acqua e l'olio: quando parliamo di Berlusconi smettiamo di parlare della guerra, e viceversa.
Tutto questo è paradossale, da parte di un Presidente che è stato per lungo tempo Ministro degli Esteri ad interim, e che ha trascinato l'Italia in una guerra contro l'opinione della maggioranza degli italiani. Il ritiro dall'Iraq (e dall'Afganistan) non piacerà agli americani e forse andrà contro alcuni nostri interessi economici (ammesso che gli interessi dell'ENI e delle industrie italiane d'armi siano i nostri). Però è un sistema spiccio per fare la differenza nei confronti degli elettori: se B. ci ha trascinato in una guerra, esponendoci al terrorismo islamico, P. deve essere quello che ci tira fuori in tempi brevissimi. Anche perché tra un poco rischia di cominciare la partita in Iran, ed è una partita molto più grande di noi.

Ai filoamericani vorrei ricordare, rispettosamente, che non è in ballo il destino della democrazia in Medio Oriente. Quello lo stanno difendendo [male] gli angloamericani. Noi stavamo semplicemente pattugliando qualche pozzo: tutt'intorno la Storia si fa con o senza di noi. Ma sul serio, non la trovate imbarazzante, questa nostra partecipazione omeopatica alla grande guerra al Terrore?

Migliorare alcuni servizi, toglierci dal vespaio mediorientale – privilegiare gli interventi che si possono fare rapidamente. Insomma, quello che io chiedo a Prodi è né più né meno che un governo elettorale. Precisamente. Perché siamo ancora in campagna elettorale, non c'è niente da fare. Prodi deve soprattutto piacerci.

E mi rendo conto che non è la persona più adatta a farlo. In effetti, lo avevamo scelto proprio come antidoto alla fascinazione berlusconiana. Dopo cinque anni di allegra anarchia, Prodi doveva ridurci a più miti consigli e riportarci in Europa, come dieci anni fa (lo schema dell'alternanza in fondo è questo: la destra ci fa sognare, la sinistra ci riporta coi piedi per terra, ma dopo un po' ci torna la voglia di sognare e rivoltiamo a destra, ecc. ecc.). Stavolta l'Europa dovrà capirci: siamo un Paese in difficoltà, un Paese in via di deberlusconizzazione. Serviranno anni e sono possibili ricadute, quindi è inutile fare gli schizzinosi coi bilanci. Tanto più che finché B. resta in circolazione, tutta l'Europa è a rischio contagio.

Infine vorrei poter dire che in questa strisciante opera di deberlusconizzazione, Prodi può contare su un alleato prezioso: Berlusconi stesso, che in questi giorni si sta accreditando presso gli italiani come un isterico che non sa perdere. Vorrei poter dire che altri due-tre mesi di questo Berlusconi antipatico in tv dovrebbero risolverci il problema: i perdenti non piacciono a nessuno, i perdenti isterici poi. Ma non ne sono del tutto sicuro. B. ormai è un veterano della politica: sa stare all'opposizione, c'è stato sette anni, anzi gli riesce meglio che governare. E c'è una metà del Paese a cui B. piace esattamente così: arrogante e meschino. E lui deve dare alla gente quel che la gente vuole, è la sua missione.


Il dibattito, dicevo. Beh, senza farla troppo complicata, in questi nove mesi:
* Le tasse non sono calate, (grazie tante).
* Qualche servizio cominciava timidamente a migliorare.
* Ma non certo i treni, anzi lì è aumentato soltanto il prezzo del biglietto.
* Ci siamo ritirati dall'Iraq (l'avrebbe fatto anche Berlusconi, lo sta per fare Blair), ma ci siamo fatti infinite masturbazioni mentali sul nostro ruolo in Afganistan.
* Prodi, essendo economista di formazione, ha messo molta enfasi sul rinsanamento del bilancio - l'eterno incubo italiano, da Ricasoli in poi. Continuo a pensarla come dieci mesi fa: il bilancio non è tutto. L'Europa doveva capire che in Italia c'è una priorità più grave dei bilanci. Si chiama berlusconismo ed è un virus pericoloso. Non glielo abbiamo saputo spiegare e lei non lo ha voluto capire.

La palla a voi
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nati non il 20/2

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Un governo appena appena decente è come l’acqua corrente.
Appena ce l’hai non ci fai più caso.

Io non so esattamente cosa stia succedendo in questo esatto momento: più che conclusioni, le mie son sensazioni. Può darsi che D’Alema, per la centounesima volta, abbia promesso qualcosa che non poteva mantenere.
Può darsi che qualcuno a sinistra abbia scoperto per la centounesima volta di avere una coscienza, una coscienza che trepida per la sorte dell’alpino in Afganistan ma se ne frega se Berlusconi torna a Palazzo Chigi. Questione di priorità, che dire.
Può darsi – ma questa è più una certezza – che la gran maggioranza del centrodestra se ne freghi degli Alpini, dell’Afganistan, della guerra e della pace, e di qualunque cosa che non sia la prospettiva di appoggiare l’onorevole sedere su una poltrona di maggioranza in tempi brevi.
Tutti questi sono pregiudizi, ovviamente, ma pregiudizi ben rodati. Non è la prima, non è la seconda volta che li vedo, gli stessi personaggi in azione. Non essendo nato ieri e neanche ieri l'altro, in effetti ho perso il conto.

Con un po’ più di tempo a disposizione potremmo anche tentare di fare un bilancio di questo governo appena appena decente. Certo, è passato da un pezzo il tempo in cui ci si svegliava al mattino ringraziando il Signore per Romano Prodi. Se mai c’è stato, quel tempo lì. Prodi era come l’acqua corrente: non si ringrazia, si paga. Forse si pagava un po’ troppo. Ma la puzza che c’era prima, ve la siete dimenticata?

Proviamo a fare un po’ di Scenario-Berlusconi: cosa sarebbe successo in questi giorni, se un anno fa l’unto del Signore fosse stato bisunto dagli Italiani?
Due settimane fa c’è stata una mezza guerra civile a Catania per il derby siciliano: Berlusconi non avrebbe chiuso gli stadi non a norma. Lo ha detto lui stesso, che è una misura illiberale. Forse non avrebbe nemmeno sospeso il campionato - in nome degli interessi degli italiani; soprattutto degli italiani proprietari di una squadra di Serie A, dei diritti TV e sponsor annessi.
Una settimana fa abbiamo scoperto che in Italia c’è qualcuno che ancora ci prova con la lotta armata. La polizia li ha fermati prima che riuscissero a svaligiare un bancomat. Vogliamo ricordarci cosa succedeva ai tempi in cui Claudio Scajola, l’incompetenza fatta persona, era ministro degli Interni? A quei tempi il governo toglieva le scorte agli obiettivi dei brigatisti. Del resto a quei tempi un giuslavorista a libro spese del governo poteva essere più utile da morto che da vivo. Specie se ammazzato a sangue freddo alla vigilia di una manifestazione nazionale.

Qualche giorno fa c’è stata una manifestazione nazionale. Non è successo niente. Non è una sorpresa, per chi non avesse passato gli ultimi 5 anni in apnea. Il movimento pacifista italiano è serio e maturo: ha imparato sulla sua pelle quanto sia importante non reagire alle provocazioni. Tre mesi di governo Berlusconi furono sufficienti per imparare: sono bastati i fatti di Genova a chiarire a chi convenissero davvero violenza e vandalismo.

Dal 2001 a oggi ci sono state decine di altre manifestazioni nazionali, alcune oceaniche. Tutte tranquille al limite della noia. Questo anche per merito del ministro degli Interni che subentrò a Scajola. Ma se Berlusconi oggi fosse al governo, chi sarebbe al Viminale? Un degno successore di Pisanu o un avventurista incompetente come Scajola? E perché non Fini, il ministro che nel luglio del 2001 si aggirava per Genova a incoraggiare poliziotti e carabinieri?

Il movimento pacifista italiano non tira sassi, non spacca vetrine, non inneggia al brigatismo – perché sa che tutto questo è controproducente. La polizia, da Genova in poi, non isola spezzoni di corteo, non carica, non lancia camionette allo sbaraglio come in Piazza Alimonda, non compie blitz cileni come alle Diaz, non fabbrica molotov false. Non lo fa perché nessuno glielo ordina, perché a nessuno conviene. Ma se Berlusconi fosse a Palazzo Chigi, o magari al Colle? Chi può dirlo? Possiamo dirlo noi, giusto perché non siamo nati ieri. Se anche fossimo nati a Genova, non sarebbe già più ieri. È passato del tempo, e le facce in giro sono sempre le stesse. Difficile che ci stupiscano a partire da domani.
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- deluso, I

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L'ha detto la Cassazione? Quindi siamo sicuri? Ma sicuri sicuri, eh? Quindi io posso andare? Vado? Vado.

Amici utenti, è ufficiale.

Il Governo Prodi mi ha deluso.

Il Governo Prodi si è rivelato inadeguato a tutte le mie speranze, a tutti i sogni di un'Italia più giusta e onesta, e il bello è che voi pensate che io stia scherzando, e invece no. Sono serio, e sono seriamente deluso dal Governo Prodi.
E non per il cosiddetto balletto delle cariche, suvvia. Neanche per le dichiarazioni, a me piace goffo com'è, Amo Reggianes et Farfugliantes. No. Io mi sollevo da questa cronaca spicciola, io vedo lontano, io sono deluso dal Governo Prodi già da nove anni. O forse dieci. Nel senso che poteva essere il 1996 o il 1997, quando il Governo Prodi per la prima volta mi deluse. Non per l'Euro a 1936, no. Non per i sacrifici e tutto il resto, ma per un motivo molto più concreto. For a concrete reason.

I contributi alle rottamazioni.

È stato Prodi a introdurle. Non ve lo ricordavate? Io me ne ricordo – io sono deluso da allora. La grande industria italiana fondata sull'automobile languiva, e il Governo ebbe l'idea di rilanciarla finanziando la rottamazione delle vecchie auto (non era nemmeno un'idea originale, credo che la presero dai francesi). Sarebbe stato un bene per la fiat, dicevano, e quel che è bene per la fiat è un bene per l'Italia. Sarebbe stato un bene anche per l'ambiente.

Si è visto, nei dieci anni a venire, com'è andata bene per la fiat, per l'Italia e per l'ambiente. Ora il petrolio schizza su (questo Prodi non poteva saperlo), e noi abbiamo perso un altro decennio a ipermotorizzarci, invece di abbandonare gradatamente quell'anacronismo puzzolente e micidiale che è il motore a scoppio. I comunisti al governo – col beneplacito dei capitalisti all'opposizione hanno ammazzato i nostri bambini e ci hanno concimato le strade d'Italia, è chiaro questo? No, secondo me non è chiaro. Provo a fare un esempio.

L'altro ieri è uscita un agenzia che contava i morti stradali delle vacanze di Pasqua: 44. Due in meno dell'anno scorso, miglioriamo. 12 incidenti mortali in 96 ore, 18 delle vittime avevano un'età inferiore ai 30 anni. Voi ne avete sentito parlare? No, eravamo tutti preoccupati perché un kamikaze a Tel Aviv ha fatto fuori sei israeliani. Per carità, un fatto odioso, una guerra asimmetrica e orribile. Ma vogliamo parlare un poco anche della guerra sulle strade italiane? Non è altrettanto asimmetrica e orribile? Perché non fa inorridire nessuno?

Muoiono ragazzi, donne e bambini. Ma è naturale. È solo un effetto collaterale della Pasquetta. E allora io mi chiedo dov'è il populismo, quando serve. Perché non c'è un leader populista che chiede la chiusura del traffico integrale durante i ponti? Perché nessuno inneggia al linciaggio dei pirati della strada? Perché la gente ha voglia solo di linciare i p e d o f i l i? Ammazzano e storpiano più bambini le auto sportive o i p e d o f i l i ? Dico sul serio, avete provato a fare il conto?

Sono morti 44 italiani in quattro giorni. Roba da proclamare il lutto nazionale. Minuti di silenzio nelle scuole e negli stadi, giornata alla memoria dei caduti della Pasquetta. E invece niente. Non succederà niente. È giusto e decoroso morire incastrati in una lamiera, è il nostro modello di sviluppo che ha bisogno del sangue dei suoi martiri. Chi per l'Auto muor, vissuto è assai.

E Romano Prodi mi ha deluso anche per questo motivo.
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- emilia schizofrenica

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Questa cosa delle coop rosse, per le destre, è l'uovo di colombo: bisognava picchiarsi in testa per non averci pensato prima (e aver speso soldi e tempo in scemenze come Telekom o Mitrokhin), o congratularsi per aver saputo pensarci nel momento giusto (a 4 mesi dalle elezioni).

Voglio dire che tutto sommato ha ragione Fini, "che chi è nato in Emilia certe cose lo sa come vanno", o Giovanardi, che dice che certe volte fai fatica a capire chi sono i dirigenti delle coop e i politici, visto che fisicamente sono le stesse persone o parenti prossimi: e un esempio è Giovanardi stesso, che ha un fratello gemello che dirige un'assistenza sociale (che ha la pseudo-gestione sanitaria del Centro di Permanenza Territoriale di Modena), per cui di solito se vedi il suo faccione in Rai, si tratta del politico; se invece è Telemodena, è più facile che si tratti del presidente della Misericordia; in ogni caso non c'è scampo, come accendi la tv te lo trovi in casa, un Giovanardi.

Hanno tutti ragione: esiste in Emilia un collateralismo storico tra amministrazione e cooperative; così come esiste una lottizzazione di ogni cosa che può essere umanamente lottizzata, tra coop rosse, rosa e bianche; è un sistema che pur non essendo del tutto legale, funziona abbastanza bene, nel senso che riesce a erogare servizi e a produrre consenso. Per dire, la Mafia in Sicilia non funziona altrettanto bene: gli ospedali pubblici cascano a pezzi, le intimidazioni sono all'ordine del giorno, e ogni tanto brucia un capannone o muore qualche persona onesta. Queste cose in Emilia raramente succedono, per cui tutto sommato è ingiusto accusare il sistema emiliano di tutti i mali del mondo: ma che sia un sistema perfettamente "legale", questo no.

In compenso, è un sistema perversamente "simpatico", in un modo che ho cercato di spiegare in un post di quest'estate. Lo ricopio qui, credo che abbia un senso.

Chi può darti di più?

Se in questo periodo avete guardato un po' di televisione - giusto per tenervi aggiornati sul caldo che fa - ormai avrete familiarizzato con la nuova pubblicità della Coop. E magari vi sarete già chiesti: ma che razza d'idea è? Perché quella distinta signora di mezza età sgraffigna un camice e si spaccia per un'inserviente? Chi mai, entrando in un supermarket, vorrebbe ritrovarsi degradato da cliente a commesso? Insomma, che è successo ai creativi della Coop? Si sono bevuti il cervello? Non sarebbero i primi.

Francamente non so, non sono addestrato per capire se lo spot porterà qualche cliente in più nelle Coop. Ma so che ieri - complice il caldo - mi ha riportato per un attimo alla mia infanzia. Quando ero bambino e a volte in questi afosi dopopranzo mio padre mi portava con sé al bar, anzi, al "circolo". E prima estraeva dal congelatore il gelato che avevo scelto sul tabellone; poi passava dietro il banco, si preparava un caffè e infilava due monetine nella Cassa (il registratore non era ancora arrivato). Quel passaggio dietro al banco, compiuto con la massima naturalezza (mio padre era un socio fondatore), aveva per me qualcosa di elettrizzante. Un momento prima il papà era un cliente; un attimo dopo, era il gestore: libero di pagarsi da solo, di prendersi il resto, di lasciarsi una mancia. Proprio come la signora dello spot, che si mette e toglie il camice, e prova così l'ebbrezza di passare da una parte all'altra del mondo della Grande Distribuzione. Perché "la coop è lei", esattamente come mio padre "era il circolo". Non un semplice barista o cassiere; neanche un semplice cliente: l'uno e l'altro, nello stesso momento. Un socio. Chi può darti di più?

Più tardi, quando io stesso ho iniziato a girare il banco e scambiarmi da solo le cento lire per il pac-man, non ho mai smesso di sperimentare quella strana sensazione, ogni volta che mi ritrovavo dalla parte della cassa. Per un breve istante l'intero bar era a mia disposizione, sotto la mia responsabilità: e tutto questo, senza nemmeno bisogno di lavorare.
Col tempo la passione per il pac-man è sfumata; non mi è mai passata, invece, la voglia di girare dietro i banchi. Così, senza avere nessun talento per la ristorazione, mi è capitato di fondare un circolo con alcuni miei amici. Dalle nostre parti è abbastanza facile (è più difficile restare aperti): e se sei un circolo, puoi far bere e ballare senza bisogno di licenze.
Per questo anche a me, come alla signora dello spot, è capitato di afferrare il primo camice o grembiule o tesserino e giocare per un'ora o un giorno a fare l'inserviente, il cameriere, il gelataio, il servizio d'ordine; senza chiedere un soldo, perché alla fine cambiar lavoro ogni giorno è perfino divertente. E - se togliamo il sesso - a una certa età forse non c'è nulla di più appagante di girare un banco, e trovarsi all'improvviso nel mondo degli adulti: sentirsi investito di una percentuale di responsabilità, sperimentare il sottile brivido del potere; avere per una notte a propria disposizione un frigorifero, una cassa, un mazzo di chiavi. Senza esagerare con le preoccupazioni: quando ci si stanca di tutta questa maturità, basta girare di nuovo il banco, e siamo di nuovo semplici ragazzini, semplici clienti. Ma con qualche complicità in più con l'amico o il cugino, che stasera fa il buttafuori e sarà felice di farti entrare.…

Forse una delle molle che spinge molte persone a darsi al volontariato è proprio l'opportunità di quel magico giro dietro un bancone. Che è più gioco che lavoro: nessuno si aspetta da te una vera professionalità; è sufficiente che tu sorrida e sia simpatico. Come la signora dello spot: non so se il suo comportamento sia concepibile in Sicilia o in Lombardia. Ma in Emilia, altroché. Sapere che il bar sei tu, il supermercato sei tu; la polisportiva, l'ambulanza, il cinema, il festival, sono altrettanti banconi facilmente aggirabili quando vuoi: ecco il sogno emiliano, che solo da lontano si può confondere col comunismo. Il comunismo era un ideale violento di collettivizzazione; in Emilia hanno prevalso la cooperazione, la cooptazione, e un'incarnazione singolarmente bonaria del potere, coi suoi sindaci paciocconi. È difficile prendersela con loro, anche quando aprono CPT o speculano sulle privatizzazioni delle municipalizzate: perché? Perché alla fine senti che anche il sindaco sei tu, la giunta sei tu, il consiglio comunale sei tu (non ti hanno già chiesto di candidarti? Strano, sarà per la prossima volta), e i loro difetti sono anche i tuoi. Si capisce, se il bar sei tu, non è il caso di lamentarsi troppo dei servizi. O rischi di trovarti con lo spazzolone in mano. Sul serio, da noi se protesti troppo rischi di trovarti sulle spalle un assessorato: chi può darti di più? La cooptazione non perdona.

Se dovessi scegliere un rappresentante politico di questa emilianità, non avrei dubbi per un istante: Romano Prodi. Che fa politica da una vita (trent'anni fa era ministro sotto Moro), eppure non ha mai dato l'impressione di farlo per mestiere; piuttosto un'improvvisazione estemporanea, una missione di volontariato; un grembiule da infilarsi e sfilarsi prontamente, proprio come quello della signora dello spot. Passava di lì, ha trovato una fascia da leader che non usava nessuno, se l'è infilata e ora gira indefesso tra gli scaffali, chiedendo i clienti di dargli una mano a scaricare, perché "lo Stato sono io, e siete anche voi". È impossibile prenderlo troppo sul serio - si vede che il grembiule non è il suo - ma in un qualche modo riesce simpatico, i suoi difetti sono troppo familiari. Per contro, un politico del tutto anti-emiliano mi sembra Sergio Cofferati, che invece di cooptare occupanti di case sfitte e pancabbestia, parla di "ripristinare la legalità". Legalità? Ma che c'entra la legalità con la gestione emiliana del consenso? Manca poco che dica "lasciatemi lavorare".

Io non so se il modello emiliano sia in un qualche modo esportabile: eppure è una domanda d'attualità, visto che in un giorno non lontano potremmo assistere a sfide al vertice tutte bolognesi (Prodi, Fini, Casini, Bersani). Sarebbe interessante. Gli emiliani non sono stati spesso al potere; per contro, un romagnolo c'è rimasto per vent'anni, con un modo di fare tutt'altro che bonario; eppure anche lui improvvisando è riuscito per un po' a farsi condonare magagne enormi.

Non lo so - forse sono troppo emiliano per capirlo. Del resto è un po' che ho smesso di girare intorno ai banchi, e di infilarmi grembiuli che non mi calzano. Forse sto invecchiando, mentre cerco impegni veri, vocazioni, carriere. La verità è che continuo a improvvisare (non so fare altro): ma con sempre meno fantasia.

Anche al vecchio circolo di mio padre, nessuno gira più il banco per versarsi da bere: è da anni che hanno assunto un barista. Ci sono in giro troppe facce nuove, facce strane, facce che non conosci e non si conoscono tra loro. Non è questione di pregiudizi, ma come fai a fidarti?

E anche al supermercato: in teoria, sei tu. In pratica, non riesci ad affezionarti a una commessa, tanto è il turn-over dei contratti a tempo determinato. Che importa, tanto tra qualche mese apre il nuovo iper.
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Faccia da moderato
Sarà per come mi vesto, o magari proprio per la faccia che porto, fatto sta che passo per moderato, e alla mia età non è un bel vivere.
Certe sere che la stanchezza, l'alcool forse, allentano i freni alla dialettica, sento che mi si rinfacciano cose tremende. Qualche settimana fa sono stato accusato di avere ripetutamente bombardato Belgrado. I proiettili all'uranio, li ho sparati tutti io. Ho anche venduto la scuola ai privati. Cioè ai cattolici. Cioè a me stesso, perché è questo che sono alla fine: un cattolico, e pure moderato.
Io non posso obiettare granché. Una volta tra moderati ci si difendeva dicendo: abbiamo eseguito gli ordini, ma io non ho ricevuto nessun ordine. Forse avrei dovuto ribellarmi contro questo intollerabile regime moderato, come hanno fatto in molti, e come immagino che molti vorranno fare il 13 maggio.
E invece no. Sangue moderato, voterò Rutelli e spero pure che vinca, e se perderà soffrirò molto.

Secondo me l'espressione 'centrosinistra' è un po' fuorviante. Non ci sono mai stati i numeri per un governo di centrosinistra in Italia. Dipendesse da me, certamente vorrei un governo di centrosinistra, ma che dico, di sinistra avanzata. Vorrei anche un mondo più giusto, più libero, più pulito. Sì. Comunque non ci sono mai stati i numeri per un governo di centrosinistra in Italia. Questa è la mia moderata opinione.
Quando nel '95-'96 nacque l'Ulivo, fu chiaro sin da subito che non si trattava del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, bensì di un raggruppamento civile di partiti e gruppi, con storie e punti di vista anche molto diversi, scesi a patti contro i nemici comuni: il separatista e xenofobo Bossi, il postfascista Fini, il ladro Berlusconi. Non è mai stato il centrosinistra contro il centrodestra, ma piuttosto la società civile contro la società non civile, e la civiltà ha vinto. Di misura, d'accordo. Però ha vinto.
In quella società civile c'era l'antico PDS, i Verdi e (in una posizione defilata, "mi si nota di più se non vengo"), Rifondazione Comunista. Ma c'era anche il partito di Lamberto Dini, ex ministro del tesoro di Berlusconi, contro la cui riforma pensionistica la sinistra aveva scatenato la più memorabile manifestazione degli anni '90. C'era il Partito Popolare che era in perfetta continuità storica con la corrente della sinistra DC. A un certo punto c'è stato anche Antonio Di Pietro. Infine, il candidato dell'Ulivo era Romano Prodi, un ex boiardo di Stato, che non aveva mai tirato nessuna molotov, neanche nella beata giovinezza. Tutti noi sapevamo questo. E tuttavia abbiamo votato per l'Ulivo. Per mandare a casa il separatista e xenofobo Bossi, il postfascista Fini, il ladro Berlusconi.
Poi – finché è durata – è stata una gradita sorpresa. Fino all'autunno del '98 abbiamo avuto un governo più "di sinistra" di quanto avremmo potuto ragionevolmente aspettarci. La famosa scuola pubblica non è stata svenduta in quegli anni, per intenderci. Ma poi Rifondazione ha chiesto la crisi. E nessuno ha ancora capito il perché. Forse pensava che con D'Alema avrebbe avuto un interlocutore "di sinistra". È stato un tragico errore.
Da lì in poi, se vogliamo rinfrescarci la memoria, i governi si sono tenuti in piedi con personaggi come Cossiga e Mastella. Rifondazione si è spaccata. I popolari si sono spaccati. I ministri riformisti di Prodi sono stati allontanati. E c'è stato anche il caso del Kossovo, in cui l'Italia, in quanto membro della NATO, si è ritrovata invischiata in un'operazione militare assai discutibile. D'altro canto l'unica formazione politica che metteva in discussione l'alleanza con la Nato, Rifondazione, aveva già scelto da tempo la propria emarginazione politica.
Le cose sono andate così, e forse alla fine Rutelli non è il candidato più simpatico del mondo. Ma nel 2001 rischiano di andare al potere: il separatista e xenofobo Bossi, il postfascista Fini, il ladro Berlusconi (e il mafioso Formigoni), per cui a me la scelta sembra scontata.
Qualcuno la penserà diversamente. Penserà che nel '96 avevamo votato un governo "di sinistra", che però ha tradito "la sinistra" perché non ha fatto cose abbastanza di "sinistra", perciò Rifondazione, che è la vera "sinistra", giustamente si è dissociata, e quel che conta, ora, è iniziare una vera discussione "a sinistra", perché in lontano futuro possa esserci in Italia una "sinistra" degna di questo nome.
Io, sarà per la faccia da moderato che mi trovo, ma non credo sia necessario sacrificare la società civile e consegnare l'Italia a Berlusconi per trovare significato alla parola "sinistra". Ci stiamo per giocare qualcosa di più di una parola, di una cultura, di un'identità. E poi forse la parole, le culture, le identità… non sono così importanti.
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