nessuno è prefetto

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Caronte in Capo

Sapete quanto mi piacciono i lapsus, e ieri su di un TG RAI, durante un servizio sulla rivolta del CPT di Modena, mi è capitato di vedere questo faccione abbinato al seguente sottotitolo: Daniele Giovanardi - Prefetto di Modena.

Ora, io so benissimo che l'ex ministro Carlo Giovanardi ha un fratello gemello (anche se non mi sembra di averli mai visti nello stesso posto insieme: buffo). Ma so anche che non fa il prefetto a Modena. È un medico, molto stimato. È anche il presidente di un'associazione, una cooperativa, una cosa che si chiama Misericordia di Modena.

Quello che mi piace dei lapsus, è la quantità di cose che suggeriscono. Posso farmi tutto un romanzo sul povero giornalista che arriva a Modena e cerca informazioni su questo CPT dove ieri un tunisino si è strangolato con le sue stesse mani. A un certo punto arriva questo Giovanardi, che oltre a sembrare un esperto ha anche la faccia giusta: praticamente i telespettatori la conoscono già, lineamenti rudi, ma rassicuranti. Questo signore comincia a lamentarsi di come vanno le cose nel CPT: è tutto un disastro, non hanno i mezzi per domare la rivolta, ecc. ecc. Il giornalista che può fare? Riprende, registra, ringrazia, manda a Roma.

A Roma si ritrovano l'intervista a questo Giovanardi, e magari cominciano a porsi il problema: ma chi è? Un fratello di un ex ministro, benissimo, ma in che modo c'entra col CPT? Perché per c'entrarci, c'entra: ne parla come fosse roba sua. E allora... mah... Sindaco di certo non è... sarà il Prefetto. Ecco. Ci scriviamo "Prefetto", e se è un errore... rettificheremo. Mica è un'offesa, dare a qualcuno del Prefetto.

Infatti non è un'offesa. Ma è un lapsus che spiega meglio di mille parole il problema dei CPT.
Giovanardi non è il Prefetto (infatti chiede più poteri al Prefetto). Non è neanche il Questore (ma chiede più poteri anche al Questore). Con quel cognome è abbastanza inverosimile che faccia il Sindaco: ma se il Sindaco volesse dargli qualche potere in più, non lo rifiuterebbe. Insomma questo Giovanardi esattamente che titolo ha? Beh, basta l'intervista per farsi un'idea. Giovanardi è quello che, quando gli inquilini del CPT di Modena si rivoltano, vorrebbe il permesso di tenerli fermi. Non perché sia cattivo, ma perché quelli fanno sul serio. Menano anche.

Capite il dramma dei giornalisti RAI? Giovanardi non è prefetto, non è questore; non esiste in Italia una parola che definisca quello che fa. Potremmo chiamarlo capo delle guardie, ma sarebbe come dire che il CPT è una prigione, e non si può. Non si può perché quelli che stanno lì dentro non hanno commesso nessun reato. Il tunisino che si è strangolato con le sue stesse mani è entrato e uscito da un CPT almeno tre volte, ma finora non risulta che avesse commesso nulla di illegale. Neanche una multa per schiamazzi, niente.

Quindi: capo delle guardie, no. E allora? Siccome gli inquilini del CPT sono persone oneste fino a prova contraria, potremmo chiamarlo “capo dei portieri”: ma sarebbe prenderlo in giro, perché queste persone oneste hanno una gran voglia di uscire da lì dentro, e per farlo sono disposti a dar fuoco a tutto quanto, a fare lo sciopero della fame, magari anche a picchiare gli uomini di Giovanardi, altro che portieri. In effetti, se gli stranieri non delinquevano prima di entrare nel CPT, è facile che comincino lì. "La situazione sta diventando insostenibile", dice Giovanardi, e io gli credo.
Non resta che inventarsi una parola, magari pescandola dai miti o dalle leggende. Perché non "Decurione"? O meglio ancora, "Caronte"! Lui stesso ammette che "chi si trova lì dentro ha visto fallire il suo progetto di vita e la prospettiva è quella di essere rimpatriato". Più ci penso e più mi suona bene. Diciamo allora che Daniele Giovanardi è il caronte in capo del CPT di Modena. Ora che finalmente abbiamo un nome per chiamarlo, possiamo porci altre domande: come si diventa caronti? I prefetti li nomina il Presidente della Repubblica su designazione del Ministro dell’Interno – i caronti, chi ce li manda? E chi li paga? Perché nessuno farebbe il Caronte gratis, vero?

Non sono informazioni semplici da raccogliere. Se mi ricordo bene la cosa funziona così: il Ministro degli Interni fa una gara d’appalto, e chi vince la gara fa il Caronte. Insomma, trattasi di servizio esternalizzato. Ma siccome in Italia (o perlomeno a Modena) siamo brava gente, questo tipo di gare le facciamo fare solo ad associazioni, cooperative senza scopo di lucro, come si chiamano? ONLUS. Giovanardi è per l'appunto presidente di una ONLUS, che gestisce il CPT di Modena. Sì, appunto. Suo fratello va in tv a parlar male del collateralismo tra politica e coop rosse in Emilia, e lui intanto vince gare d’appalto. E' un mondo così.

Ora capite bene che per la faccia, il cognome, il mestiere che fa, Daniele Giovanardi non ha molte chance di essermi simpatico. Anzi, vederlo lamentarsi in tv a mezzogiorno perché gli inquilini del condominio menano e lui non può dargliele indietro, mi procura perfino un sottile e anticivico piacere. Hai voluto la bicicletta? Pedala…
Poi mi ritorna in mente che Giovanardi non è un caronte qualsiasi, ma il caronte in capo, e che la scena in cui una giunone nigeriana infierisce su di lui gandhianamente impassibile è destinata a restare nella mia fantasia. A pagare sono sempre i sottoposti. E comunque quello che lui solleva è un problema autentico. Il CPT non è né una galera né è un albergo (anche se a conti fatti costa alla collettività più di un hotel a 3 stelle). Qualche anno fa negli ambienti molto a sinistra lo si chiamava lager – ma è un’esagerazione che non risolve nessun problema. I CPT non sono concepiti come campi di sterminio: e se ogni tanto qualcuno ci si ammazza, questo non accade in misura molto maggiore che in altri istituti di detenzione.
Invece posso concordare con chi li paragona a Guantanamo: non saranno recinti per polli, ma come Guantanamo sono terre di nessuno, dove non vige la Costituzione, né per i carcerati né per i carcerieri. E questo è un grosso problema per i carcerati. Ma ogni tanto bisogna pensare anche ai carcerieri. Sono pagati come operatori socio-assistenziali, ma devono domare le rivolte. È evidente che c’è qualcosa che non va, se solo avessimo il coraggio e la pazienza di guardare.

Non posso che essere contento se finalmente i carcerieri, volevo dire i caronti di tutti i CPT d’Italia, trovano il coraggio di esprimere il loro disagio. Anche se a metterci la faccia per ora è proprio il gemello bello di Giovanardi, non esattamente un mostro di simpatia. Ma d’altro canto c’è poco di simpatico in quel che fa. Non è un questore, non è un prefetto. Anche "caronte" mi ha già stancato. Come si chiamava in latino il custode del recinto degli schiavi? Ecco, vedi che alla fine il latino a qualcosa serviva?

***

Ps: Ho letto di molti che non sono andati a votare le Primarie perché insoddisfatti dei candidati e dei loro programmi. Se per questo, anch’io.
Quando sento qualcuno che si lamenta per la scarsa qualità dei candidati PD, spero sempre che tirino in ballo la questione CPT, che è enorme sotto tutti i punti di vista. No, quasi sempre si tratta del matrimonio gay.
È una prospettiva che posso anche capire: molti di voi sono gay, nessuno di voi è clandestino. I problemi che vediamo da vicino ci sembrano sempre più grandi dei problemi degli altri. Comunque uno può sempre emigrare, no?
No: appunto, i clandestini non possono.
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- emilia schizofrenica

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Questa cosa delle coop rosse, per le destre, è l'uovo di colombo: bisognava picchiarsi in testa per non averci pensato prima (e aver speso soldi e tempo in scemenze come Telekom o Mitrokhin), o congratularsi per aver saputo pensarci nel momento giusto (a 4 mesi dalle elezioni).

Voglio dire che tutto sommato ha ragione Fini, "che chi è nato in Emilia certe cose lo sa come vanno", o Giovanardi, che dice che certe volte fai fatica a capire chi sono i dirigenti delle coop e i politici, visto che fisicamente sono le stesse persone o parenti prossimi: e un esempio è Giovanardi stesso, che ha un fratello gemello che dirige un'assistenza sociale (che ha la pseudo-gestione sanitaria del Centro di Permanenza Territoriale di Modena), per cui di solito se vedi il suo faccione in Rai, si tratta del politico; se invece è Telemodena, è più facile che si tratti del presidente della Misericordia; in ogni caso non c'è scampo, come accendi la tv te lo trovi in casa, un Giovanardi.

Hanno tutti ragione: esiste in Emilia un collateralismo storico tra amministrazione e cooperative; così come esiste una lottizzazione di ogni cosa che può essere umanamente lottizzata, tra coop rosse, rosa e bianche; è un sistema che pur non essendo del tutto legale, funziona abbastanza bene, nel senso che riesce a erogare servizi e a produrre consenso. Per dire, la Mafia in Sicilia non funziona altrettanto bene: gli ospedali pubblici cascano a pezzi, le intimidazioni sono all'ordine del giorno, e ogni tanto brucia un capannone o muore qualche persona onesta. Queste cose in Emilia raramente succedono, per cui tutto sommato è ingiusto accusare il sistema emiliano di tutti i mali del mondo: ma che sia un sistema perfettamente "legale", questo no.

In compenso, è un sistema perversamente "simpatico", in un modo che ho cercato di spiegare in un post di quest'estate. Lo ricopio qui, credo che abbia un senso.

Chi può darti di più?

Se in questo periodo avete guardato un po' di televisione - giusto per tenervi aggiornati sul caldo che fa - ormai avrete familiarizzato con la nuova pubblicità della Coop. E magari vi sarete già chiesti: ma che razza d'idea è? Perché quella distinta signora di mezza età sgraffigna un camice e si spaccia per un'inserviente? Chi mai, entrando in un supermarket, vorrebbe ritrovarsi degradato da cliente a commesso? Insomma, che è successo ai creativi della Coop? Si sono bevuti il cervello? Non sarebbero i primi.

Francamente non so, non sono addestrato per capire se lo spot porterà qualche cliente in più nelle Coop. Ma so che ieri - complice il caldo - mi ha riportato per un attimo alla mia infanzia. Quando ero bambino e a volte in questi afosi dopopranzo mio padre mi portava con sé al bar, anzi, al "circolo". E prima estraeva dal congelatore il gelato che avevo scelto sul tabellone; poi passava dietro il banco, si preparava un caffè e infilava due monetine nella Cassa (il registratore non era ancora arrivato). Quel passaggio dietro al banco, compiuto con la massima naturalezza (mio padre era un socio fondatore), aveva per me qualcosa di elettrizzante. Un momento prima il papà era un cliente; un attimo dopo, era il gestore: libero di pagarsi da solo, di prendersi il resto, di lasciarsi una mancia. Proprio come la signora dello spot, che si mette e toglie il camice, e prova così l'ebbrezza di passare da una parte all'altra del mondo della Grande Distribuzione. Perché "la coop è lei", esattamente come mio padre "era il circolo". Non un semplice barista o cassiere; neanche un semplice cliente: l'uno e l'altro, nello stesso momento. Un socio. Chi può darti di più?

Più tardi, quando io stesso ho iniziato a girare il banco e scambiarmi da solo le cento lire per il pac-man, non ho mai smesso di sperimentare quella strana sensazione, ogni volta che mi ritrovavo dalla parte della cassa. Per un breve istante l'intero bar era a mia disposizione, sotto la mia responsabilità: e tutto questo, senza nemmeno bisogno di lavorare.
Col tempo la passione per il pac-man è sfumata; non mi è mai passata, invece, la voglia di girare dietro i banchi. Così, senza avere nessun talento per la ristorazione, mi è capitato di fondare un circolo con alcuni miei amici. Dalle nostre parti è abbastanza facile (è più difficile restare aperti): e se sei un circolo, puoi far bere e ballare senza bisogno di licenze.
Per questo anche a me, come alla signora dello spot, è capitato di afferrare il primo camice o grembiule o tesserino e giocare per un'ora o un giorno a fare l'inserviente, il cameriere, il gelataio, il servizio d'ordine; senza chiedere un soldo, perché alla fine cambiar lavoro ogni giorno è perfino divertente. E - se togliamo il sesso - a una certa età forse non c'è nulla di più appagante di girare un banco, e trovarsi all'improvviso nel mondo degli adulti: sentirsi investito di una percentuale di responsabilità, sperimentare il sottile brivido del potere; avere per una notte a propria disposizione un frigorifero, una cassa, un mazzo di chiavi. Senza esagerare con le preoccupazioni: quando ci si stanca di tutta questa maturità, basta girare di nuovo il banco, e siamo di nuovo semplici ragazzini, semplici clienti. Ma con qualche complicità in più con l'amico o il cugino, che stasera fa il buttafuori e sarà felice di farti entrare.…

Forse una delle molle che spinge molte persone a darsi al volontariato è proprio l'opportunità di quel magico giro dietro un bancone. Che è più gioco che lavoro: nessuno si aspetta da te una vera professionalità; è sufficiente che tu sorrida e sia simpatico. Come la signora dello spot: non so se il suo comportamento sia concepibile in Sicilia o in Lombardia. Ma in Emilia, altroché. Sapere che il bar sei tu, il supermercato sei tu; la polisportiva, l'ambulanza, il cinema, il festival, sono altrettanti banconi facilmente aggirabili quando vuoi: ecco il sogno emiliano, che solo da lontano si può confondere col comunismo. Il comunismo era un ideale violento di collettivizzazione; in Emilia hanno prevalso la cooperazione, la cooptazione, e un'incarnazione singolarmente bonaria del potere, coi suoi sindaci paciocconi. È difficile prendersela con loro, anche quando aprono CPT o speculano sulle privatizzazioni delle municipalizzate: perché? Perché alla fine senti che anche il sindaco sei tu, la giunta sei tu, il consiglio comunale sei tu (non ti hanno già chiesto di candidarti? Strano, sarà per la prossima volta), e i loro difetti sono anche i tuoi. Si capisce, se il bar sei tu, non è il caso di lamentarsi troppo dei servizi. O rischi di trovarti con lo spazzolone in mano. Sul serio, da noi se protesti troppo rischi di trovarti sulle spalle un assessorato: chi può darti di più? La cooptazione non perdona.

Se dovessi scegliere un rappresentante politico di questa emilianità, non avrei dubbi per un istante: Romano Prodi. Che fa politica da una vita (trent'anni fa era ministro sotto Moro), eppure non ha mai dato l'impressione di farlo per mestiere; piuttosto un'improvvisazione estemporanea, una missione di volontariato; un grembiule da infilarsi e sfilarsi prontamente, proprio come quello della signora dello spot. Passava di lì, ha trovato una fascia da leader che non usava nessuno, se l'è infilata e ora gira indefesso tra gli scaffali, chiedendo i clienti di dargli una mano a scaricare, perché "lo Stato sono io, e siete anche voi". È impossibile prenderlo troppo sul serio - si vede che il grembiule non è il suo - ma in un qualche modo riesce simpatico, i suoi difetti sono troppo familiari. Per contro, un politico del tutto anti-emiliano mi sembra Sergio Cofferati, che invece di cooptare occupanti di case sfitte e pancabbestia, parla di "ripristinare la legalità". Legalità? Ma che c'entra la legalità con la gestione emiliana del consenso? Manca poco che dica "lasciatemi lavorare".

Io non so se il modello emiliano sia in un qualche modo esportabile: eppure è una domanda d'attualità, visto che in un giorno non lontano potremmo assistere a sfide al vertice tutte bolognesi (Prodi, Fini, Casini, Bersani). Sarebbe interessante. Gli emiliani non sono stati spesso al potere; per contro, un romagnolo c'è rimasto per vent'anni, con un modo di fare tutt'altro che bonario; eppure anche lui improvvisando è riuscito per un po' a farsi condonare magagne enormi.

Non lo so - forse sono troppo emiliano per capirlo. Del resto è un po' che ho smesso di girare intorno ai banchi, e di infilarmi grembiuli che non mi calzano. Forse sto invecchiando, mentre cerco impegni veri, vocazioni, carriere. La verità è che continuo a improvvisare (non so fare altro): ma con sempre meno fantasia.

Anche al vecchio circolo di mio padre, nessuno gira più il banco per versarsi da bere: è da anni che hanno assunto un barista. Ci sono in giro troppe facce nuove, facce strane, facce che non conosci e non si conoscono tra loro. Non è questione di pregiudizi, ma come fai a fidarti?

E anche al supermercato: in teoria, sei tu. In pratica, non riesci ad affezionarti a una commessa, tanto è il turn-over dei contratti a tempo determinato. Che importa, tanto tra qualche mese apre il nuovo iper.
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