tunc!

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Adesso, se toccasse a me fornire un consiglio di bassa politica, non mi tirerei indietro: Prodi, dimettiti.

Non fraintendermi. Sarai sempre nel mio cuore. Io non sono come tutti gli altri blog intelligenti, che ti prendono per un nonnino suonato. O meglio: io continuo a pensare che un nonnino suonato bolognese è in grado di dare la paga a dieci manager lombardi e cento intrallazzoni romani, per cui ti prego di accettare l’espressione della mia più profonda gratitudine. Hai salvato la patria un paio di volte, mentre i supereroi erano al cinema o in missione per salvare l’Africa, le staminali, la pena di morte, tutte le gloriosissime cause perse del mondo. Meriti monumenti in tutte le città, ma non te li faranno; pazienza, vorrà dire che i piccioni si libereranno su quelli a Veltroni. Non è così importante. Hai fatto tutto quello che hai potuto, e a volte anche qualcosina che non potevi, ma l’hai fatta lo stesso: continua così. Quello che ci serve è un ultimo, sublime sacrificio.

Metti la fiducia sulla prima cretinata che ti viene in mente. Non stare nemmeno a spiegare il perché e il percome, aspetta il voto negativo e poi dimettiti. Devi farlo adesso, mentre Fini ancora strilla coi pugnetti alzati che con Berlusconi non ci gioca più. A gennaio si vota, e li voglio vedere, lui e il Polipo della libertà, di nuovo apparentati. La faccia di bronzo ce l’hanno, ma stavolta non basta. Stanno giocando alla Rottura perché credono di avere il tempo di ricucire: tu dimettiti. Andiamo a vedere il bluff. Il Polipo vale il 35%? E cosa ci fa, con questa porca legge elettorale? Berlusconi ha avuto fretta di chiudere per un anno, adesso però ha bisogno di un po’ di tempo. Col cavolo. A votare subito, e vediamo se regge un’altra sconfitta.

Mi sbaglio? Che importa, tanto lo so che non lo farai. Non si gioca con le istituzioni repubblicane, non si sciolgono le camere a seconda delle opportunità, è roba da Chirac. Tu sei troppo responsabile. Sempre con questa mania di voler salvare gli italiani. È un’ossessione che non paga mai. Tu sei l’ultimo discendente di una stirpe di statisti che in mezzo al caos italico si autoconvincono che la priorità è il bilancio e non deviano mai dalla rotta. Come se all’elettore fregasse qualcosa, del bilancio. Tu cerchi di quadrare i conti e intanto loro intonano canti nostalgici all’inflazione, alla liretta, ai bei tempi quando non si soffriva della concorrenza rumena perché la Romania eravamo noi. È un popolo che non ti merita, diciamo la verità. Tu sei un nonnino suonato, ma per noi sei già troppo. Lasciaci perdere.

Altrimenti si potrebbe andare avanti all’infinito: cinque anni di bengodi berlusconiano, due anni di stringi-la-cinghia prodiano. Cinque anni di condoni, due di lotta; cinque carnevali, tre quaresime. È evidente che tu e il polipo siete le facce di una stessa medaglia.
E allora tu buttala via. Nessuno ti capirà, ma cosa importa? Basta che scampi uno solo per cantare le tue gesta, e sarò io. Tu per me sarai per sempre l’ammiraglio Ramius di Ottobre Rosso, che quando sente il siluro avvicinarsi, inverte le rotta e gli va addosso: si sente un gran tunc!, e il sottomarino è salvo. Anticipando la collisione non gli ha dato il tempo di scoppiare.
Oppure il sergente di Salvate il soldato Ryan, che si vede un tedesco armato a un metro, non ha nemmeno il tempo di prendere in mano il fucile, e allora sai che fa? Si toglie l’elmetto e glielo tira in testa. Lascia perdere le saghe, le guerre vere si vincono così. L’olimpo degli eroi veri è un circolo acli di nonnetti suonati. È tempo di raggiungerli.
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