"Non pagherai per il sesso": la prostituzione nel mondo post-romantico

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Dunque secondo me (ne parlavo l'altro ieri) prostituirsi non può essere proibito, perché è qualcosa che si fa col proprio corpo: e la collettività non può impedire al singolo di disporre del proprio corpo. A questo punto l'obiezione è la solita: che libertà è, se si mette sul mercato?

E non è l'economia stessa una forma di costrizione, di coercizione, di violenza? Persino in inglese, la lingua del mercato globale, libertà e gratuità sono omonimi. E nei fatti, in molte epoche e spesso ancora oggi, mettere il proprio corpo sul mercato significa cederlo a uno sfruttatore.

Che posso rispondere? Immagino che il mercato debba avere dei limiti, fissati per legge, oltre ai quali diventa sfruttamento e schiavitù. Ma non credo che si possa abolire il mercato. Si può al limite negare che esista e voltare la testa dall'altra parte, come abbiamo fatto in Italia da 60 anni. Ma il mercato è fatto di scambi, e gli scambi esistono da quando esiste l'uomo. L'odioso modo di dire "il mestiere più vecchio del mondo" contiene questa constatazione: sia il sesso che lo scambio esistono da quando esistiamo noi, a differenza dell'amore romantico che, pur essendo il presupposto del matrimonio contemporaneo, è un'invenzione recentissima.

In passato il lato economico del matrimonio si considerava con più serenità. Un uomo offre un bene x a una donna in cambio di un rapporto: se il rapporto è occasionale, si chiamava prostituzione; se era continuativo ed esclusivo - se alla donna veniva impedito di avere rapporti al di fuori di quelli regolati da quel contratto, per tutta la vita - si chiamava matrimonio. Il primo scambio è sempre stato ritenuto "discutibile sul piano morale", ma non in quanto scambio: a turbare l'uomo pre-romantico era la natura occasionale e non continuativa dello scambio in questione; e soprattutto la non esclusività, che faceva la differenza tra uno scambio benedetto da Dio e uno scambio peccaminoso (c'era anche un'ovvia riserva di ordine sanitario, e c'è ancora).

Oggi la questione è più sfumata: facciamo fatica a intendere persino il matrimonio come contratto esclusivo. Forse la nostra difficoltà a incasellare l'attività della prostituzione è parte di una più generale difficoltà a capire come gestiamo, oggi, il sesso. Sicuramente abbiamo grosse difficoltà a considerarlo come un bene di scambio. Allo stesso tempo, nessuno nega che sia un bene. Forse viviamo in un mondo post-romantico in cui il sesso si è messo al centro di un gioco sociale: più un premio che una merce. Sono poche le pressioni sociali che avvertiamo tanto come quella a mantenerci il più possibile attrattivi e affascinanti, anche quando la biologia non lo richiederebbe più. Il grande sottointeso collettivo è che potremo avere accesso a tutto il sesso che vogliamo, se ce lo meritiamo.

Però non possiamo pagarlo.
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La prostituzione non è illegale (ma è tassabile?)

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A Rimini pare sia successa questa cosa curiosa: l'Agenzia delle Entrate, dopo aver rilevato che una signora si era comprata una mercedes, ha dato un'occhiata al conto corrente e ha stimato un reddito di 24.700€: poi ha inviato una cartella esattoriale. A quel punto la signora ha preso un avvocato, perché, benché ritenga giusto pagare le tasse, sostiene che lo Stato non le fornisca gli strumenti adeguati per farlo: in effetti l'attività professionale che esercita - la prostituzione - non è normata in nessun modo. Non è neanche illegale, come alcuni credono (tanto che ne chiedono la "legalizzazione"): una sentenza della Cassazione del 2011 afferma che essa, "seppur contraria al buon costume, in quanto avvertita dalla generalità delle persone come trasgressiva di condivise norme etiche che rifiutano il commercio per danaro del proprio corpo, non costituisce reato". Un anno prima la stessa corte aveva affermato che i proventi della prostituzione dovrebbero "essere sottoposti a tassazione, dal momento che pur essendo una attività discutibile sul piano morale, non può essere certamente ritenuta illecita". Insomma i giudici della Cassazione ci tengono molto a far presente che la prostituzione è contraria al buon costume, è trasgressiva, è discutibile: nel mentre che ammettono che no, non è illecita.

Dunque andrebbe normata e normalizzata: ma è una fatica enorme che probabilmente ci risparmieremmo, se la crisi non ci chiedesse appunto sforzi immani, anche di fantasia: così, mentre inseriamo nel Pil il fatturato delle mafie (che d'altro canto, è innegabile, sono inserite nel tessuto economico, offrono servizi, creano ricchezza), dall'altro ci riduciamo a tassare le escort. Se fin qui non l'abbiamo mai fatto - perlomeno dalla legge Merlin in poi - non è certo per distrazione, né per calcolo. Lasciare la prostituzione in un limbo normativo è stata una scelta che a un certo punto la società italiana ha deciso di fare. Ovviamente non eravamo tutti consapevoli, ma alcuni sì. Ogni comunità poi sviluppa le sue ipocrisie, ma quelle fiorite intorno alla prostituzione mi sono sempre parse affascinanti (molto più della prostituzione in sé, che invece mi ispira una certa repulsione). Faccio un esempio: dalle mie parti ogni tanto i carabinieri chiudono un bordello cinese, e la notizia va in prima pagina sui giornali locali. In fondo agli stessi giornali ci sono gli annunci di altri bordelli cinesi. Non c'è niente di strano, in fondo un giornale assolve a diverse funzioni e si rivolge a pubblici diversi. Però non riesco a non pensare a un lettore-tipo che in prima pagina esulta perché finalmente la città è stata ripulita, e una mezz'ora dopo sta già cercando un posto dove rilassarsi.

Quando si parla di prostituzione è molto facile litigare.
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Buon anno col prepuzio o senza

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1° gennaio - Circoncisione di Gesù.

Fingiamo di lavorare in una cancelleria un trentun dicembre del millequattrocentoquarantanove - quasi millequattrocentocinquanta. Il vostro principe si sposa e voi dovete mandare biglietti di inviti a tutte le corti d'Europa. La data - il primo marzo - dovrebbe corrispondere in tutto il continente; non è ancora arrivata la riforma gregoriana a complicare le cose. Ma l'anno qual è? Eh. Dipende.

Se scrivete a qualche signore di Firenze, o a un pari d'Inghilterra, è ancora il primo marzo del '49: da loro il capodanno si festeggia il venticinque marzo. In fondo ha un senso, visto che gli anni si celebrano dalla nascita di Cristo, e per i cristiani la vita comincia col concepimento... Se però invitate anche qualche dignitario di altre città toscane, come Pisa, attenzione: da loro è già il primo marzo 1450. Pure a Pisa capodanno è il 25 marzo, ma dell'anno prima: anche questo se ci pensate ha un senso, se Gesù nasce il 25 dicembre, deve essere concepito nove mesi prima, non tre mesi dopo. Anche per i veneziani sarà già il 1450, non potete sbagliare: loro festeggiano il capodanno proprio quel giorno lì, il primo marzo. Per i bizantini, i pugliesi e i sardi invece è ancora il '49, e continuerà a essere il '49 fino ad agosto - e anche questo, se ci pensate, ha un senso, anzi forse nel torrido mediterraneo è la cosa che ha più senso di tutte: l'anno vero comincia il primo settembre. In Spagna è già il '50, con loro tutto sommato non si sbaglia mai, basta ricordare che l'anno comincia una settimana prima, il 25 dicembre. Il vero problema è se scrivete ai reali di Francia. In Francia infatti gli anni si contano dalla Pasqua di Resurrezione di Nostro Signore, e anche questo potrebbe avrebbe un senso (ma non bisognerebbe detrarre 33 anni al computo?) non fosse per la complicazione che ogni anno la Pasqua cade in un giorno diverso. Che razza di casino. Perché? Possibile che per arrivare a sincronizzare i capodanni dell'Europa Occidentale abbiamo dovuto aspettare fino al Settecento? Come potevano resistere i nostri antenati, a tutta questa confusione e incertezza?

Resistevano benissimo. Avevano altre priorità: la maggior parte di loro nasceva viveva e moriva nello stesso luogo; la necessità di intendersi con i forestieri su curiosità come la numerazione dell'anno in corso non li toccava. Siamo noi a vivere l'ossessione della simultaneità, a sentirci obbligati a festeggiare tutti negli stessi giorni se non negli stessi minuti e secondi, con dirette sincronizzate da orologi atomici. L'incubo dell'Anno Mille come ce lo racconta Carducci, con le folle terrorizzate dall'arrivo del primo gennaio manco fosse l'apocalisse maya, "raccolte in gruppi silenziosi intorno a’ manieri feudali, accosciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne’ chiostri", è una bufala ottocentesca: la maggior parte degli europei non aveva la minima idea di che anno fosse. Era il tot anno dalla nascita del tal re o imperatore o papa o figlio maschio o vacca da latte; per sapere quanti anni fossero passati dalla nascita di Gesù bisognava chiedere al prete, lui teneva il conto. Forse.

Comunque già alla fine del Seicento la diffusione del nuovo calendario gregoriano portò la maggior parte delle corti europee a uniformarsi (Venezia si arrese soltanto un secolo dopo, con Napoleone) e adottare il calendario che comincia il primo gennaio, secondo quello che è chiamato "stile della circoncisione". Infatti se assumiamo che Gesù sia nato il 25 dicembre, il primo gennaio è il giorno in cui secondo la legge ebraica sarebbe stato circonciso. Dunque noi non contiamo gli anni dalla nascita di Gesù (25/12) né dalla sua procreazione/incarnazione (25/3), ma dal momento in cui è diventato a tutti gli effetti un ebreo. Il primo gennaio è poi diventato ben presto anche il giorno della festa di Maria madre di Dio, ma il sospetto è che sia stato un espediente per dissimulare una verità ovvia quanto imbarazzante: Gesù era un ebreo. Circonciso.

I cristiani invece non sono circoncisi - la maggioranza, almeno (continua sul Post, buon anno a tutti col prepuzio o senza, e anche chi il pene proprio non ce l'ha. Che non è che si perdano 'sta gran cosa, diciamocelo).
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Mamma! Mamma!

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Se tutto è troppo facile

Monsignore, è un grandissimo onore per me averLa qui.
Prego, s'accomodi.
(Lara, vammi a prendere i ferri buoni. C'è il Monsignore!)

Colgo l'occasione per confessarLe che l'altro giorno ho goduto di un piacere autentico, e d'intensità rara, leggendo il suo ultimo pezzo contro la pillola assassina. Soprattutto là dove dice

Rendendo tutto più facile, la nuova modalità abortiva certamente aumenta una mentalità che sempre più induce a considerare l’aborto come un anticoncezionale.
Si', quando una citazione mi piace davvero, la imparo a memoria. Adesso apra la bocca, per cortesia.
Mi sono anche permesso di riportarla sul forum della FOdCA, che mi onoro di rappresentare. La conosce? La Federazione Odontoiatriche Cattoliche. Qui è meglio fare una lastra.
(Lara, vammi a preparare una lastra).
Beh, in effetti non è molto conosciuta, la Fodca. Potremmo essere molte di più... sapesse quante professioniste non si attentano a uscire allo scoperto, dichiarare la loro fede... Ma Lei c'insegna che bisogna dare l'esempio. Adesso stringa. Ma no, non fa male. Appena un po' di fastidio, che sarà mai... Stringa, su. Ecco, abbiamo fatto. Un attimo che il computer rielabora l'immagine.

Vede, io credo che lei abbia colto l'essenza del problema. Fossero tutti come lei... invece di tirare fuori la bufala della pillola pericolosa per le madri, una cosa a cui non crede nessuno... no, il punto è quello che ha trovato lei: la banalizzazione. Con la Ru486 abortire non diventerà più pericoloso o meno assassino. Ma diventerà una cosa facile, banale, alla portata di tutti. E' questo l'abisso morale che si spalanca davanti a noi. Lara, questa immagine arriva o no?

Ah, ecco.
Eh, beh, capisco che le facesse male a masticarci sopra. C'è una carie che si è infiltrata sotto l'otturazione. E ce n'è un'altra... qui, vede? Sotto il colletto. Ma da quand'è che non ci vediamo?

Monsignore, è un discorso che abbiamo fatto spesso. Caffè, fumo, zuccheri tra un pasto e l'altro, non sono amici dei suoi denti. Poi è inutile che Se la prenda con me. In tre anni è la quarta volta che rivediamo quell'otturazione. Le dico con tutta franchezza che a questo punto la maggioranza dei miei colleghi Glielo avrebbero già devitalizzato - se non cavato via, semplicemente. Ma noi della Federazione Odontotecniche Cattoliche abbiamo un'idea diversa. Per noi la vita del dente viene prima di tutto. Lara, per favore, preparami dieci cc di zertyupol.

Monsignore, so che mi capisce. Lei ha un problema col Suo dente. Banalizzando, si potrebbe pensare che il problema consista in un paio di carie. Ma io e Lei sappiamo che il problema non coinvolge soltanto lo smalto: esso penetra la dentina e il cemento e raggiunge l'essenza, come dire? spirituale del Suo premolare. Banalmente, io potrei raschiarle via l'ennesima macchia scura; molti miei colleghi laicisti lo farebbero, ben contenti di rivederla tornare poi di qui a pochi mesi. Ecco, noi della Fodca abbiamo deciso di lavorare in un'altro modo. Lara, per favore, allaccia le cinghie al Monsignore.

Se ora Lei non avvertirà la solita sensazione di intorpidimento alla mascella, c'è un motivo. Quello che Le ho iniettato non è un sedativo. Viceversa, è qualcosa che L'aiuterà a sentire meglio quello che sto per farLe. Perché alla Sua età, Monsignore, non vorrei mai che perdesse i sensi mentre... apra la bocca, da bravo, ecco. Dicevo, ma puo' sentirmi? NON VORREI MAI CHE LEI PERDESSE I SENSI MENTRE LE TRAPANO UN PREMOLARE SENZA ANESTESIA. Non provi a chiudere la bocca mentre ho il trapano in mano. Non ci provi davvero. Si concentri su qualcosa. Su quello che Le sto dicendo, magari. Ora riprendo. C'è parecchio lavoro da fare qui dentro, lo sa.

Vede, quello che è successo a noi dentisti negli ultimi 50 anni, gli enormi progressi fatti in tutte le direzioni, ma soprattutto nella terapia del dolore, hanno in qualche modo degradato l'essenza morale della nostra professione. Noi dentisti sappiamo nell'intimo della nostra coscienza che la migliore terapia contro la carie è la prevenzione: una dieta corretta, l'astensione dalla nicotina e via dicendo. Ma d'altro canto è molto più lucroso curare i milioni di carie figlie delle cattive abitudini che ci guardiamo bene dal combattere. Tanto più che levarsi una carie, o un dente intero, è diventato sempre più facile e indolore... banale, in una parola. Ora, noi della Fodca abbiamo deciso che non puo' più essere cosi'. Siamo ancora poche, è vero, ma decise a dare l'esempio. Lara, tieniGli stretta la fronte, cosi'. Ecco, adesso va meglio.

Non si spaventi se vede le stelline, a questo livello è normale. Ma ci pensi bene: ha mai vissuto un'esperienza del genere nella sua vita? Pensa che potrà mai scordarSela? No, non muova la testa, mi risponda roteando le orbite. Bene. Ogni volta che scarterà un cioccolatino, che Si accenderà una sigaretta, lei Si ricorderà di questo dolore. Questa è la vera cura contro le carie, mi capisce? Quella non facile, quella che coinvolge il paziente anche sul piano spirituale. Noi Odontoiatriche Cattoliche ci crediamo fermamente. Ora se vuole puo' urlare.

Lara, hai notato che urlano tutti la stessa cosa? Che vorrà dire?
Mamma, mamma, come se il dolore più lancinante potesse capirlo solo la madre. O forse è solo la sillaba più facile da pronunciare.
Si sciacqui, Monsignore, abbiamo finito.
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la pistola sbagliata

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La castrazione linguistica

Sarkozy dice che non dobbiamo avere paura a parlarne, e allora coraggio, parliamone: se scrivo la parola castrazione, qual è la prima cosa che vi viene in mente?

A me, le forbici. O un coltello. O una tenaglia da norcino. Senza insistere oltre, insomma, nel mio vocabolario interiore “castrazione” è una parola irrevocabilmente associata a un concetto chiaro: mutilazione. Mi conforta in questo anche il De Mauro Paravia: castrare significa “asportare o far atrofizzare gli organi della riproduzione di un animale”. Asportati o atrofizzati che siano, si dà per scontato che quegli organi siano irrecuperabili. Anche l’accostamento immediato con “chimica”, una bella parola moderna, asettica, non cambia molto il risultato; una mutilazione è una mutilazione anche se al posto della lama di coltello è praticata mediante capsule colorate. Sempre legge del taglione è, e la legge del taglione la pensavo abolita, non già grazie a Beccaria, ma addirittura da Rotari re dei Longobardi. E la discussione potrebbe finire qui: grazie Monsieur le President, ma l’alto medioevo non c’interessa, neanche nella versione chimica. A questo punto di solito interviene qualcuno con l’argomento “il medioevo non ti piace perché non hanno ancora toccato i tuoi bambini”, e la discussione prosegue all’infinito, senza peraltro offrire più nessuno spunto di interesse.

Perché in realtà non stiamo parlando di niente. La “castrazione chimica” proposta da Sarkozy, sperimentata in qualche Paese europeo, e praticata allegramente in qualche Stato Usa nell’imbarazzo di giuristi e medici, non è una misura definitiva. Quindi, a rigor logico e linguistico, non è una castrazione. La cosa funziona così: se il colpevole di reati a sfondo sessuale è recidivo (e spesso purtroppo lo è), il giudice, sovrapponendosi bizzarramente al medico, gli commina una “cura” di ormoni che lo rende sessualmente impotente. Finché prende gli ormoni: se smette, in teoria potrebbe tornare sessualmente attivo. In teoria. I medici si lamentano che la cura abbia effetti collaterali, questi sì, definitivi. Ma facciamo finta che della salute di un maniaco sessuale non c’interessi nulla, facciamo finta che una giuria moderna possa considerare un cancro come parte della pena. Poniamoci un solo problema: la cosiddetta castrazione è efficace o no?

Un maniaco sessuale è una persona sessualmente frustrata. Renderlo impotente significa renderlo ancora più frustrato (peraltro alcuni maniaci sessuali sono già impotenti). Magari qualche volta funzionerà, ma in altri casi rischia di essere controproducente: d’altronde, siccome in tutto il continente i castrati chimici non superano ancora il centinaio, è un po’ presto per le conclusioni statistiche. In America, dove ne hanno castrati un po’ di più, hanno notato che la castrazione chimica “rende il soggetto più aggressivo”. Rendere un maniaco sessuale più aggressivo non mi sembra un buon risultato, anche alla luce di un semplice fatto: il pene non è mai l’unica arma a disposizione. Da solo un pene può fare ben poco: per commettere violenza ha sempre bisogno di un supporto: pugni, calci, coltelli, pistole. Atrofizzare un pene e lasciare le pistole a portata d’armeria mi sembra un’ipocrisia enorme. Questo è il motivo per cui sarei contrario alla castrazione chimica… se fosse una cosa seria. Ma non lo è. Semplicemente non lo è.

La castrazione chimica è una cosa che non esiste. È un nome feroce, che evoca lame arrugginite e barbare mutilazioni, appioppato a una banale cura ormonale senza effetti definitivi. Come andare dal barbiere a “decapitarsi” barba e capelli. O dal dentista affinché ci “amputi” un dente cariato. Allo stesso modo, da qualche anno in alcuni Paese europei (sicuramente Germania o Svezia) il condannato per reati sessuali può chiedere di essere “castrato” chimicamente per usufruire di uno sconto di pena. È chiaro? In cambio di un po’ di pilloline tornano fuori prima. E una volta fuori, chi di voi madri e padri premurosi sarà in grado di accertare che il maniaco continui ad assumere la pillolina?

Aveva ragione Orwell: chi controlla il significato delle parole, controlla il Potere. Allo stesso tempo aveva torto: lui pensava che il Potere avrebbe chiamato “libertà” la dittatura, “amore” le torture; per ora le cose vanno in modo diverso. C’è in circolazione una cura (per la verità ancora non molto sicura), per i maniaci sessuali, e il Potere decide di chiamarla “castrazione”, per darsi un tono. Sarkozy non è un boia che si atteggia a damerino, ma l’esatto contrario. Per rimanere popolare deve fare il gradasso. Certo, se proponesse ai francesi la libertà anticipata ai pedofili in cambio di una cura ormonale senza effetti definitivi, sarebbe sommerso di fischi. Ma è proprio quello che sta facendo: salvo che la cura ormonale ha questo nome formidabile, “castration chimique”. Senti che suono che fa, senti come ti riempie la bocca. E tanto meglio se nel frattempo ti svuota anche le galere, con quel che costa un carcerato.

E funziona? Dipende dai punti di vista. Probabilmente non salva nessun bambino dalle insidie dei pedofili, anzi. Ma come arma mediatica è fenomenale: vuoi mettere quant’è liberatorio e popolare poter affacciarsi al balcone e gridare “castration chimique”, ogni volta che un bambino ci va di mezzo? Tanto più che se si trovasse qualcosa di realmente efficace contro la pedofilia, il mondo si svuoterebbe di bambini abusati e genitori impauriti, e a quel punto gridare al balcone non servirebbe più, bisognerebbe inventarsi qualcos’altro. Ma finché c’è un problema vero, e uno slogan efficace, non c’è nessuna necessità di risolvere il problema. No, neanche quello dei vostri bambini, mi spiace.

Forse allora aveva ragione Pasolini, in una sequenza di quel film orribile. Perché mai il Potere dovrebbe mutilare realmente le sue vittime, quando può mettere in scena la mutilazione all’infinito? “Imbecille, non lo sai che vorremmo ucciderti mille volte fino all’infinità possibile prima di ucciderti per davvero?”
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