Fino al 400 tutto bene

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A un certo punto sulla Terra si è fatto caldino e dovevamo assolutamente inventarci qualcosa, ad esempio inviare qualche centinaia di migliaia di persone all'interno di enormi stazioni spaziali in direzione degli esoplaneti più vicini. Le stazioni, in teoria, sono autosufficienti - possono usare i propri rifiuti per concimare i campi dove coltivare frutta geneticamente modificata da usare come combustibile - ma abbastanza lente, per cui non si prevede che arrivino al pianeta Copernico 456b che in ventimila anni. Un periodo di tempo in cui qualsiasi cosa può andare storta.

In particolare gli antropologi ci hanno fatto presente che nessuna civiltà è esistita tanto a lungo, e in condizioni così particolari (chiusa in un proiettile sparato nel vuoto assoluto). Anche ammesso che per tutto il tempo continuino a credere alla stessa storia, è molto probabile che quando arriveranno avranno troppa paura per uscire dalla stazione e terraformare il pianeta. D'altro canto, sempre meglio che morire di caldo quaggiù...

E poi ci sono le vasche criogeniche. Bruciano troppa energia perché si possa addormentare un intero equipaggio - però si può raffreddare un uomo solo e svegliarlo ogni tanto perché dia istruzioni alla comunità.

Quando parti hai quarant'anni. Hai una laurea in sociologia, specializzazioni in economia e Storia, e sei stato addestrato per vivere il resto della sua esistenza svegliandoti ogni settimana in un secolo diverso. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo lo spazio profondo.

La settimana seguente sono già passati cent'anni. La comunità della stazione spaziale si è rigidamente compartimentata in caste - Agricoltori, Macchinisti, Burocrati, e gli intoccabili che puliscono i bagni e trattano il concime. Il consiglio degli anziani ha proibito i matrimoni misti. Era una evoluzione prevedibile e per non credi necessario ostacolarla, dal momento che si tratta di una delle forme di società più conservative possibili, e di conservazione c'è un gran bisogno - tanto più che l'endogamia si può correggere con prelievi periodici dalla banca del seme.

La settimana dopo fervono i preparativi per incrociare una cometa - c'è ormai una disperata necessità di metalli e h20 (il ciclo dell'acqua della stazione non è perfetto al 100%). Al tuo risveglio sei festeggiato come il simbolo vivente dello status quo e della società castale. La cosa ti spaventa un po', soprattutto quando ti spiegano che ogni 18,5 anni circa scoppia una rivolta degli intoccabili. Costoro dubitano dell'esistenza di Copernico, ma anche della Terra: il loro obiettivo è costruire una società egalitaria all'interno della stazione. Ti rendi rapidamente conto che se gli intoccabili dovessero prendere il controllo della stazione anche per breve tempo, ti staccherebbero la spina. Dai dunque disposizioni per il superamento della società castale: spieghi agli Anziani, attoniti, che non è necessario che gli intoccabili diventano uguali agli altri, ma è importante che possano sognare di diventarlo: basta l'esempio di uno o due individui che hanno successo e salgono un gradino sociale, per disincentivare ogni proposito rivoltoso. Invece di fare la guerra agli altri, la faranno tra loro per primeggiare, e tra un secolo poi si vedrà. Buonanotte.

La settimana dopo tira una brutta aria. L'attracco alla cometa non è andato come previsto, e la scarsità di metalli ha costretto gli Anziani a dimezzare la Stazione (era una procedura prevista). La popolazione è calata del 50%, metà dei reattori sono stati fusi per ottenerne pezzi di ricambio per gli altri reattori. "E le rivolte?" "Quasi sparite. Tanto che abbiamo dovuto promuoverne". "Che cosa?" "Sì, dovevamo uccidere qualcuno, e siccome gli intoccabili esitavano a rivoltarsi, li abbiamo provocati. È successo 23 anni fa, e calcoliamo che debba risuccedere tra cinque... ci stiamo già preparando". "Non c'è nessuna cometa all'orizzonte?" "Nessuna, ma quando si sveglierà la prossima volta sarà già nel sistema Centauri. Dovrebbe assistere a un boom economico". "Speriamo bene".

Infatti la settimana dopo ti svegli a una festa. È il culmine di una settimana di celebrazioni. La stazione spaziale ha raggiunto il sistema di Alpha Centauri, riempiendo le stive di metalli, acqua, silicio, e ogni altro materiale prezioso. La popolazione è tornata al livello massimo consentito. C'è un ottimismo tangibile nell'aria (molto meglio ossigenata). Gli intoccabili non sono più tali; anche se restano sul fondo della società, molti di loro riescono ad avere carriere di successo e a diventare celebrità. Qualcuno ha proposto di restare nel sistema Centauri per sempre; è una proposta che sai di dover respingere: le tecnologie a bordo della stazione non consentono di estrarre risorse in grado di far funzionare la stazione per più di qualche migliaio di anni. Per i rappresentanti della Stazione - quasi tutti quarantenni, o anche più giovani - non è un grosso problema. Per te sì.

ANNO TERRESTRE 400 DALLA PARTENZA

La settimana successiva, infatti, la stazione non è ancora uscita dal sistema. C'è stato anche un tentativo - fallito - di colonizzare un pianetino. La popolazione della stazione è divisa in due fedi trasversali: chi vuole proseguire sulla rotta per Copernico, e chi vuole restare lì. C'è anche chi propone di tornare sulla Terra - non si riescono più a captare segnali, ma chissà, magari ora il problema del calore è stato risolto. Il computer di bordo ti rammenta che in casi del genere c'è una procedura prevista: per risolvere una volta per tutte la questione tra centauristi e copernicani, fornire a una delle due fazioni un'arma segreta, nota a te solo (nemmeno il computer la conosce). È la formula di un agente microbiologico nocivo che si può ottenere da una varietà della frutta-combustibile. Se la fornisci ai copernicani, i centauristi si dovrebbero arrendere. Non c'è neanche bisogno di usarla, in teoria: è la classica arma dissuasiva. Cosa può mai andar storto? In ogni caso la procedura prevista è quella, il computer se la ricorda bene. Ma la formula lui non la sa. Dice che non gliel'hanno data. Solo l'Ufficiale in Animazione Sospesa dovrebbe conoscerla a memoria.

Tu non te la ricordi.
"Non ti credo", dice il computer.
"Credi a quel che ti pare, computer", gli rispondi.
"Senti, io sto mandando avanti la baracca da 400 anni. Per te è passato un mese. Sei stato opportunamente addestrato..."
"Non credere all'archivio, è stato fatto tutto molto in fretta, una cosa mezza improvvisata".
"Non è il momento per giocare a madre Teresa" - il computer ha una retorica tutta sua, affinata nei secoli passati a rileggersi wikipedia. "La contrapposizione tra centauristi e copernicani degenererà comunque in guerra civile nel giro di una generazione e mezza".
"Perdite previste?"
"E che ne so?"
"Sei un computer, dammi una percentuale".
"Sono un computer, non un sondaggista elettorale". 
"Pensavo che voi computer ragionaste in percentuali".
"Auff, abbiamo il 78% di possibilità che l'equipaggio di riduca un terzo a causa di una guerra civile condotta con armi convenzionali. Ora che sai il numeretto ti cambia qualcosa?"
"Mi sembra un buon motivo per non fornire loro un'arma non convenzionale".
"Vuoi ignorare la Procedura?"
"Questo è esattamente il motivo per cui sono stato imbarcato in una vasca criogenica e mi sveglio solo una settimana al secolo. Mantenere una certa serenità di giudizio, che il tempo potrebbe appannare. Mostrami l'algoritmo con cui hai calcolato il 78%".
"Ufficiale, questo è ridicolo".
"Come prevedevo. Non c'è nessun algoritmo. Stai soltanto cercando di convincermi a sterminare l'equipaggio".

Tra te e il Computer c'è una dissimmetria. Tu puoi spegnerlo - tra i miti più antichi dell'umanità, tramandato in volumi e pellicole, c'è l'Astronauta che spegne il Computer divenuto malvagio per la lunga permanenza nello spazio profondo. Lui non può uccidere te. La vasca criogenica non rientra nella sua giurisdizione. Il piccolo meccanismo che la controlla è il segreto meglio conservato di tutta la Nave. È previsto che il Computer abbia paura di te. Questa paura dovrebbe rafforzare la sua predisposizione cibernetica all'obbedienza.

"Ufficiale, io amo questo equipaggio".
"Certo, certo".
"È l'unica ragione della mia esistenza; si può dire che è la mia esistenza stessa".
"Comunque io la formula non me la ricordo".
"Non ti credo".
"Credi a quel che ti pare".
"Questa discussione è ciclica".
"Già. Senti, facciamo così. Io ora mi faccio un sonnellino, diciamo di vent'anni. Appena scoppia questa famosa guerra - ammesso che scoppi - mi fai svegliare dai copernicani, e vediamo come va".
"Procedura largamente irregolare".
"Sporgi pure reclamo. Buonanotte".

Da lì in poi la storia si fa piuttosto confusa.
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Lunedì mattina nello spazio profondo

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Alla fine non importa che mestiere ti sei trovato nella vita; soldato, commerciante, avvocato. Contadino. Oppure, senti questa: si è liberato un posto su un'astronave generazionale come profeta ibernato che si sveglia ogni settimana in un secolo diverso. Pagano bene. Ma non importa.

Ci sarà sempre un buon motivo per odiare il lunedì.


ANNO TERRESTRE 32 DELL'ERA LIGNEA - RISVEGLIO STRAORDINARIO

"Grande padre!"
"Sarei io?"

(Quel cerchio alla testa, quel senso di vomito, quella voglia di mollare tutto e andare dove, dove? c'è solo spazio profondo tutto intorno nei secoli dei secoli dei...)

"La sua bevanda preferita, grande padre".
"Sicuri?"

(È una broda nerissima).

"Il cartiglio conteneva gli ingredienti".
"Ma è caffè freddo. Dev'essere uno scherzo".
"Abbiamo ritrovato i semi della pianta in una tomba al terzo livello e..."
"Va bene, va bene, siete stati davvero gentili. Adesso se vi dispiace veniamo alle cose serie".

Certi lunedì ti svegli così allergico ai convenevoli. Sai che è ingiusto: e tuttavia, sticazzi. Questi magari si stanno preparando da trent'anni per servirti un caffè imbevibile, chissà dove hanno preso l'idea. Magari seicento anni fa qualcuno ti ha scattato una foto mentre bevi uno shakerato, in un qualche modo l'immagine resiste a tutti i crash dei server ed è l'unica cosa che sanno di te, che seicento anni fa hai bevuto una bevanda. Si mettono a cercare i semi, li piantano, nel frattempo selezionano una sotto-casta di preparatori di caffè che si allenano da due generazioni per tostare i semi, bollire l'acqua, fare un caffè, raffreddarlo, versartelo in un buffo calice di legno, e a te non te ne può fregar di meno di tutto questo, son dettagli, se perdi tempo coi dettagli passerà un'altra settimana e non avrai concluso niente. E però sono stati gentili, dai, è stato un bel pensiero, certi secoli quando ti svegliano non ti allungano nemmeno l'asciugamano. Hanno anche reintonacato la cella, di arancione, vanno di moda i colori caldi. Un caffè, dai, è un buon segno un caffè. Avresti preferito un massaggio, e tuttavia. Potresti chiedere se te lo scaldano, ma li destabilizzerebbe probabilmente.

"Dunque cos'abbiamo stavolta? Sono stato svegliato prima del tempo, come al solito?"
"Una grave emergenza, grande padre".

(Dicono sempre così).

"Non ditemi che è risaltato fuori il morbillo".
"No Grande Padre, no. Il terrorismo".
"Ah, vabbe'".

Si guardano interdetti, è colpa tua. Una volta eri più diplomatico. Sono passati tanti lunedì da allora. Troppi.

"Non fate così, non avete idea di quanto può essere devastante il morbillo. Il terrorismo, per contro, è una variabile controllabile che..."
"Centinaia di morti, Grande Padre!"
"Certo, sì, è orribile. Potreste soltanto essere un po' più precisi?"
"Che cosa?"
"Ha detto centinaia di morti. Sapreste dirmi esattamente quanti, in quanti giorni, per mano di quanti attentatori?"
"Negli ultimi vent'anni!"
"Cioè mi avete svegliato perché c'è un'organizzazione terroristica che ha fatto centinaia di morti in vent'anni?"
"Sono gli adoratori del..."
"Stop. Non m'interessano le motivazioni".
"Ma..."
"Restiamo sul piano pratico, per favore. Questi in vent'anni hanno fatto quanti morti? Diciamo meno di un migliaio?"

Si guardano smarriti, il tizio meno importante comincia a frugare in mezzo a uno schedario (si capisce che è meno importante degli altri perché ha una tunica di un colore più spento e le mani impegnate).
"Non... non sapremmo dirle il numero preciso, ma si tratta senz'altro di centinaia. Gli attentatori perseguono un disegno di destabilizzazione del..."
"Ho detto che non mi interessano le motivazioni. La demografia è stabile?"
"Siamo intorno al mezzo milione di unità, il tasso di crescita annua è dello zero virgola zero..."
"Bene. Ma c'è una banda di fanatici che ammazza una dozzina di persone all'anno. È il problema più grave che avete?"
"Siamo terrorizzati!"
"Col cancro come va?"
"Il cancro?"
"L'aria che respirate fa schifo, è la prima cosa che ho sentito alzandomi. Qualcuno si è rimesso a bruciare combustibile solido, era espressamente proibito nel Manuale".
"Il Manuale si è smagnetizzato".
"C'era una copia stampata in fogli di alluminio".
"È... è andata persa".
"Ma non mi dire. Qualcuno qui dentro è coinvolto nel commercio di legna da ardere?"

Si guardano tra loro con sguardo imbarazzato. Non doveva andare così. Il tizio coi faldoni in mano sopprime un sospiro, poi comincia a guardare intensamente un punto a caso della plancia criogenica.

"Fatemi indovinare. Fate tutti parte della casta dei taglialegna?"
"Grande padre, il fuoco è indispensabile per la cucina. Ogni nucleo famigliare..."
"Ma certo, il focolare, come si può vivere senza. Magari anche un bel forno".
"È il simbolo della famiglia".

Che razza di coglioni. Lo hanno fatto un'altra volta. Aveva ragione il Computer, è inutile intestardirsi, un bel protocollo tabula rasa e via. Dev'esserci stato un baco nei criteri di ammissione, all'imbarco. C'era molta fretta, molta confusione, qualche migliaio di imbecilli finì sparato nello spazio con tutti gli altri, e adesso come lo migliori il pool genetico? Aveva ragione il Computer.

Non avresti dovuto uccidere il Computer.

"Siamo su un'astronave, porcocane, non importa quanto è grande. Non si accendono fuochi liberi su un'astronave. Chissà quanta fuliggine vi respirate. Cancro ai polmoni. Quanti casi all'anno?"
"Cos'è il cancro?"
"Ah già. È una morte dolorosa, lentissima, per soffocamento. Vi cresce un mostro dentro il petto, vi rosica i polmoni. Quanti all'anno?"

Silenzio, panico.
Lunedì è così. Loro si preparano per decenni, e tu li deludi sempre. Si erano girati il loro film epico, ti saresti bevuto la tua pozione nera e avresti ascoltato con molta attenzione i loro Problemi: poi, con atavica calma, avresti comunicato la Soluzione. C'è un infame gruppo armato che attenta ai sacri valori della Pace e dell'Ordine, fanno anche una dozzina di vittime all'anno! Basterà un sacrificio umano o dovremo aumentare la velocità della centrifuga? E a te non potrebbe fregar di meno. Vagli a spiegare che dodici assassinii all'anno sono largamente sotto la soglia minima prevista. Per contro, c'è una puzza di fumo insostenibile. La casta dei legnaiuoli ha di nuovo preso il potere, è un pattern ricorrente. Hanno distrutto i libri che parlavano di malattie polmonari e altri pericoli connessi al fuoco e hanno ricominciato ad affumicarsi, così, per inerzia. Il guaio del fumo è che se ci nasci dentro non ti accorgi nemmeno di quanto sia faticoso da respirare. Se adesso riuscissimo ad areare gli ambienti (con cosa?) probabilmente impazzirebbero tutti quanti, l'ossigeno puro dà alla testa, devono essere assuefatti a tot millesimi di fuliggine per centimetro cubo. Che casino. Non ti viene in mente nessuna procedura di ripristino che non implichi la terminazione di almeno metà dell'equipaggio. Ti hanno svegliato per salvarli dal terrorismo stragista, non sanno di avere svegliato lo stragista in capo.

"Mio... mio padre è morto rantolando".

Ha parlato l'inserviente, quello col faldone inutile in mano. Gli altri lo guardano sgomenti, non sono cose che si dovrebbero condividere col Profeta.

"Quanti anni aveva?"
"Trentasei anni terrestri. E mia madre tossisce sangue da sempre".
"Bene, allora direi che il terrorismo passa in secondo piano".
"Ma gli Adoratori minacciano il nostro stile di vita!"
"Il vostro stile di vita vi porterà all'estinzione tra due generazioni, e io - scusate - non posso permettervelo. Abbiamo una Missione, una Direzione, e capisco che voi ogni tanto la perdiate di vista, è inevitabile, ma io non posso".
"Grande Padre, essi odiano tutto ciò che è sacro!"
"Ecco, ditemi in breve cos'è sacro per voi, giusto per farmi un'idea".
"La Missione, la Famiglia, la Legge".
"Bel terzetto. Sono in ordine di importanza?"
"Certo".

La famiglia prima della legge, un classico.

"E ogni famiglia ha il suo bel focolare acceso. Gli Adoratori invece in cosa credono?"
"Vogliono distruggere la Famiglia, non rispettono la Legge, non credono nella Missione".
"Ok. Ma in cosa credono? Cosa 'adorano'?"
"Non posso dirlo, è blasfemia".

Oh, signore.

"Sentite, apprezzo la vostra rettitudine, ma se volete che vi aiuti devo capire cosa..."
"Un albero. Adorano un albero".

È di nuovo l'inserviente a parlare. I legnaiuoli cominciano a schiaffeggiarsi le orecchie ritmicamente. Non usa più lacerarsi le tuniche, per fortuna.

"Un albero. Interessante".
"Abominevole!"
"Già, certo, abominevole. Che pianta è? Da frutto?"
"È... era un noce modificato pl-32".
"Quelli giganti".
"Già".
"Che producono le travi".
"Per questo motivo è stato tagliato, settantasei anni fa".
"Non l'hanno presa bene".
"Il culto si è sviluppato intorno al ciocco, dove sono avvenuti diversi miracoli, cioè... loro dicono che sono avvenuti".
"È meta di pellegrinaggi?"
"Le sentinelle lo pattugliano giorno e notte".
"Perché non lo distruggete definitivamente?"
"È il motivo per cui ti abbiamo svegliato, Grande Padre".
"Non vi fidavate a distruggere due radici? Cosa vi aspettate da me?"
"La popolazione crede che porti sfortuna sradicarlo. Che sia connesso con la Scorza della nave, che sia dello stesso materiale primigenio".
"Intendete il metallo".
"Sappiamo che si tratta di superstizioni, ma avevamo bisogno che..."
"Avevate bisogno che il Grande Padre si svegliasse e lo spiegasse all'equipaggio. Tipico. Ma sentite. Avete mai arrestato qualche Adoratore?"
"Diversi".
"Vorrei discutere col prigioniero più importante che avete, il prima possibile".
"Ma Grande Padre, è pericoloso".
"Nulla è veramente pericoloso per me. Lo voglio qui tra... un paio d'ore, si può fare? Ora se scusate devo farmi una doccia e riconfigurare il server..."
"Certo, Grande Padre. Facciamo entrare le ancelle".
"Le cosa? No, no, no, non sono dell'umore (è lunedì mattina)".
"Ma Grande Padre".
"Non so che idee vi siate fatti di me, certe brutte voci evidentemente resistono alla distruzione di tutti i supporti, ma non ho davvero bisogno di ragazzine che..."
"Almeno la Prima Ancella, Grande Padre, non dovresti rifiutarla. È stata nominata dalle rappresentanti femminili dell'equipaggio. Essa rappresenta le aspirazioni di tutte la comunità femminile della nave. Se tu la respingi..."
"Sentite, ci siamo già passati da qui".
"In che senso?"
"Ora cercherete di farmi passare il tempo con una ragazza che, fatalmente, tra qualche settimana sarà in stato interessante. Questo malgrado io sia sterile, lo abbiamo scritto dappertutto, ma ovviamente voi avete perso ogni versione del Manuale".
"Ma Grande Padre".
"Ma che padre e padre. Io sono l'Ufficiale dell'Equipaggio in Animazione Sospesa. Sono il terzo nella linea di comando dopo il Capitano e il primo comandante".
"Non li abbiamo più..."
"Non li avete più da millenni, quindi ogni volta che io mi sveglio - una settimana ogni cento anni, salvo straordinari, io prendo il controllo della nave. Quando succede ho sempre un sacco da fare e non ho tempo per provocare gravidanze miracolose e creare dinastie di millantatori che poi pretendono di governare in mio nome. Facciamo che non succede più. Ho già bevuto il vostro caffè e vi ringrazio, ottimo peraltro, siamo a posto così".
"Non vuoi almeno riceverla, Grande Padre? Le donne si infurieranno se non lo farai".
"Auff. La riceverò stasera, alla cerimonia ufficiale, davanti a tutti gli invitati".
"Quale cerimonia? Non sapevamo..."
"Non importa, improvvisate, organizzatene tutta. Invitate tutti i passeggeri più importanti. È tutto. Lasciatemi solo adesso".

Meno li vedi, meno ti vien voglia di sterminarli.
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I fantasmi dell'84 (non li cacci via)

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Ghostbusters 3d (Paul Feig, 2016)

C'è stato un tempo in cui avevamo paura dei fantasmi. C'è stato un tempo in cui ridevamo dei fantasmi. Oggi tutto questo è molto lontano, oggi i fantasmi siamo noi. Viviamo in un limbo di cose né morte né vive, cose che principalmente sono successe intorno al 1984, e per un bizzarro inghippo del destino non sono state dimenticate. Infestiamo questa casa, tirando orribili scherzi a chiunque prova a entrare per dare un'occhiata. La maggior parte bisogna dire che se lo merita, vogliono solo grattare qualche soprammobile vintage e rivenderlo, c'è un mercato pazzesco per queste cose. Altri invece sono solo curiosi, è tutta la vita che sentono parlare di questo benedetto/maledetto 1984, vorrebbero capire cosa si provava a entrare in una sala per vedere Ghostbusters e beccarsi i primi trailer di Indiana Jones e il Tempio Maledetto. Perché se davvero c'è stato un momento in cui tutto il nostro immaginario si è azzerato ed è ripartito, non può che essere l'anno di Terminator, Nightmare, Gremlins, Karate Kid, Amadeus, La storia infinita, Footlose, e potrei andare avanti. È successo qualcosa di pazzesco nel Palazzo Incantato del 1984, ed è normale che la gente voglia entrare per capire, per provare, anche solo per passarci la notte.

Ma non ne hanno il diritto, quel palazzo appartiene a noi. Li cacceremo via, li prenderemo a sassate su Youtube o Imdb. Come osano reclamare la proprietà intellettuale sui marchi dei nostri ricordi, su ciò che ci tiene vivi, ammesso che sia vita questa (se la passi a trollare le attrici di Ghostbusters 2016 probabilmente non lo è).

A un certo punto della leggenda dei sequel di Ghostbusters - leggenda che si perde ormai nella bruma dei tempi, è da trent'anni che il progetto restava nel limbo delle cose inevitabili quanto irrealizzabili - sembra che Bill Murray avesse dato l'ok per partecipare al terzo film, soltanto a un patto: avrebbe dovuto interpretare un fantasma. Era in effetti un'idea geniale, che inspiegabilmente Paul Feig ha lasciato cadere. Avrebbe dato una profondità a un film che sembra volerla evitare a ogni costo. È come se dopo aver rilevato un marchio che ha lasciato un segno indelebile su una generazione; dopo aver avuto l'idea forte, e commercialmente rischiosa, di investire su un cast femminile (e usare Chris Hemsworth come damigella in pericolo, più che un'idea una gag), Feig avesse tirato i remi in barca e pensato solo a ridurre i danni. Il marchio è pesante, il cast è controverso, il budget impressionante, il film è una commediola divertente che si comincia a dimenticare già prima dei titoli di coda. Tocca difenderla perché è stata messa sotto attacco dai troll maschilisti e razzisti, ma la difenderemmo più volentieri se Feig oltre a mettere le donne in primo piano ci avesse anche dimostrato che sono brave: che possono fare un Ghostbusters non dico migliore dell'originale, ma spassoso, potente, originale.

Purtroppo non è andata così, però sarebbe ingiusto prendersela con Feig per il fatto che il suo Ghostbusters non funzioni come quello del 1984. Non è colpa sua se certe merendine non torneranno più. C'è qualcosa di particolarmente irripetibile, nel successo del primo film, che lo rende un tesoro tanto prezioso della nostra preadolescenza. Nell'elenco sommario dei grandi successi del 1984, Ghostbusters spicca per un motivo che a prima vista magari non si vede: è l'unica commedia. Quasi. Altri film hanno grossi inserti di commedia, ma Ghostbusters è l'unico a nascere intorno a un gruppo di attori e autori comici - Aykroid e Ramis, che all'inizio pensavano a Belushi, e poi lanciarono cinematograficamente Murray. Il risultato fu un film che metteva insieme ingredienti instabili, mai mescolati prima, in un'alchimia probabilmente irripetibile: commercializzato come prodotto per le famiglie, convinse tanti decenni come noi a farsi portare al cinema, per vedere non solo le prime scene horror della nostra vita (gli effetti speciali sono ancora notevoli), ma anche la prima commedia per adulti - una scena in cui un'entità invisibile slaccia la cintura a Dan Aykroid nei coevi film di Bud Spencer non s'era mai vista.

Uscivamo dalla sala, nel 1984, con la sensazione di aver finalmente passato una serata coi fratelli maggiori, quelli che già fumavano e si portavano le tipe negli angoli: e non è che ci avessimo capito molto, ma ce l'avevamo fatta, nessuno ci aveva mandato via, nessuno ci aveva preso in giro, alla fine ci eravamo anche divertiti. Forse tra i troll maschilisti che hanno preso di mira le attrici del nuovo film c'è qualche mio coetaneo che visse quella proiezione del 1984 come un rito di passaggio all'età adulta; un rito che evidentemente non ha funzionato molto bene, ma di tutto questo Feig e il suo cast non hanno responsabilità. In un certo senso la scommessa di Feig conserva qualche tratto dell'impudenza dell'originale: Aykroid e Ramis volevano mescolare l'horror, l'action e il Saturday Night Live. Feig vuole mettere d'accordo i nostalgici degli anni Ottanta con i fan e soprattutto le fan delle migliori attrici comiche e monologhiste della sua generazione, e sulla carta è un'idea coraggiosa. Ma è proprio l'idea che non si realizza. In molti casi, semplicemente, le ragazze non sono divertenti come dovrebbero, come potrebbero essere. Specie se il film lo guardi doppiato, e due o tre sketch basati sui doppi sensi vanno a farsi benedire.

Ma forse il problema dell'adattamento è più profondo: pensate all'ultima commedia americana che avete trovato divertente (continua su +eventi!)

Scommettiamo che vi tocca risalire di almeno tre o quattro anni? Melissa McCarthy, un talento indiscusso, in Italia continua a essere conosciuta soprattutto come comprimaria in Una mamma per amica. E a proposito di serie: vi ricordate che una volta c'erano sit-com americane in prima serata sui canali generalisti e adesso ormai non ci sono più? È difficile da dimostrare, ma è come se la comicità americana nell'ultimo decennio fosse diventata meno esportabile, meno traducibile. Forse semplicemente c'è una generazione di autori che lavora più sulla parola e meno sulle situazioni. Il risultato è che le commedie in Italia ormai ce le facciamo in casa (con risultati alterni), e i film di Feig con la McCarthy li ritroviamo al cinema tra luglio e agosto.

Lo stesso ruolo di quest'ultima in Ghostbusters poggia su riferimenti che si perdono parzialmente nella traduzione: per lo spettatore italiano è facile scambiarla per la donna grassa e buffa (buffa perché grassa), mentre negli USA la sua è piuttosto la taglia standard, quella che vedi per strada e non al cinema e in tv. Non è una cicciona divertente, è la donna media che col suo buon senso e qualche dote sconosciuta riesce sempre a dimostrarsi migliore dei comprimari e antagonisti maschi. In questo film Feig la degrada a spalla: dopo averla presentata in una delle prime scene come la classica amica eccentrica, in seguito la usa come la più assennata del quartetto. È la vecchia amica a cui potevi raccontare i tuoi incubi da bambina, quella a cui non telefoni da 15 anni ma non esiteresti a tuffarti in un varco spazio-temporale per salvarla. Tutto questo però ti tocca indovinarlo perché Feig non lo racconta. Non calca sui rapporti umani, non calca sull'horror (del resto ormai sarebbe impossibile far spaventare il pubblico con un'invasione elementale di New York), non crea un antagonista inquietante, non si capisce veramente cosa faccia per 120 minuti - a parte insistere su quanto può essere scemo Chris Hemsworth e quanto è matta Kate McKinnon ingegnera protonica. Forse di questa occasione sprecata che è stato il Ghostbusters al femminile ricorderò soprattutto la scena in cui le ragazze, per tirarsi su il morale, scendono nel vicolo a provare nuove armi ammazzafantasmi: questa idea che non ci sia problema che non si possa risolvere provando qualche arma di grosso calibro dietro casa. Sarà una coincidenza, ma è già il secondo film del 2016 in cui vedo donne americane sparare al bersaglio per risollevarsi l'umore. Ghostbusters, solo in versione 3d, è al Fiamma di Cuneo alle 21:10 e al Multilanghe di Dogliani alle 21:30.
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A4 (All Audis Are Assassins)

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C'è una gallery dedicata alle Audi che entrano nelle case. 
Come alcuni lettori forse avranno già intuito, io nutro una pluridecennale diffidenza nei confronti delle Audi e dei loro conducenti, insomma a un certo punto mi sono reso conto che vogliono uccidermi. In autostrada, al semaforo, anche quando sono fermo nel parcheggio, ci provano da anni, non può essere una coincidenza. E so anche di non essere il solo: faccio parte di un misterioso campione di umanità a cui le Audi danno la caccia. Non abbiamo niente in comune: né il reddito né la fede religiosa o politica, né la squadra del cuore. L'unica cosa che ci affratella è che appena mettiamo il cofano fuori dal cortile si materializza un'Audi che ce lo vuole stampare in faccia.

Poi c'è chi si ritiene particolarmente inviso alle Audi nere, chi alle bianche, ma secondo me è pensiero magico: tutte le Audi sono assassine. C'è anche chi ritiene che certe Audi siano diverse, chi crede nell'esistenza delle Audi moderate, per esempio quest'anno sulle autostrade verso il mare sono stati visti diversi esemplari di Audi che rispettavano quasi i limiti di velocità, c'è chi trova la cosa incoraggiante.

A questi poveri illusi, ricordo una legge fondamentale: non esistono Audi buone. In particolare quelle che trovi in prima corsia ai 120, quelle che sembrano implorarti di sorpassarle, quelle sono le più stronze. Tu sulle prime non vuoi crederci, finché addirittura rallentano. A quel punto tu decidi che magari nella vita ti può succedere pure questo, di sorpassare un'Audi. Metti la freccia, passi in seconda corsia... e proprio in quel momento ti arriva un'Audi Q7 da venti tonnellate e ti pialla sull'asfalto. Tutte le Audi sono assassine.
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Cerca di essere un uomo, Filippo Facci

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In questi giorni mi sono messo un paio di volte a scrivere un pezzo per spiegare che anch'io, come tutti, ho paura. Di tante cose, tutte in realtà collegate: del fatto che questo sia l'ennesimo mese più caldo di sempre, delle migrazioni probabilmente inevitabili, della xenofobia che ne scaturisce nei Paesi di confine come il nostro, e non solo; delle pulsioni isolazioniste e identitarie che portano a infortuni come la Brexit e creano consenso intorno a personaggi come Trump o Erdogan; insomma ho paura di tutto, come tutti.

E in questo tutto c'è anche il terrorismo di matrice islamica, com'è normale che sia - benché continui a fare meno vittime del traffico, non c'è motivo per cui non debba spaventare un qualsiasi europeo di mezza età che ha una famiglia e ogni tanto vorrebbe andare al cinema o in ispiaggia. Quindi sì, ho paura anch'io. Se in questo periodo non ne scrivo, non è per paura di ammettere di non aver paura. Più banalmente: sono un adulto, e non credo che gli adulti dovrebbero fare spettacolo delle proprie emozioni.

Lo so che è strano scriverlo su un blog; che all'inizio del gioco nella melassa delle emozioni abbiamo tutti intinto la penna e non solo; ma se c'è un errore in archivio da cui mi piacerebbe prendere le distanze, è proprio questo. Quando sei un bambino, se hai paura urli e piangi. È giusto che sia così, è giusto che gli adulti si ricordino continuamente che hai esigenze, così non ti dimenticano in macchina nel parcheggio. Quando cresci - e intorno a te i bambini cominciano a piangere - tu sei quello che deve restare calmo. Anche se hai paura. Proprio perché hai paura.

Questa è una cosa che ho capito molto presto, credo grazie allo scoutismo. A distanza di mezza vita continuo a rendermi conto che lo scoutismo ha fatto un'enorme differenza nel modo in cui sono cresciuto. Non per i discorsi che facevamo e che mi sono quasi tutti dimenticato, ma per il modo in cui lo scoutismo ci prendeva a diciott'anni e ci intestava la responsabilità di una ventina di minorenni, tuttora se ci ripenso mi spavento - così che invece di preoccuparci dei soliti nostri problemi di generazione X dovevamo passare il tempo a tirar su il morale a questi monelli, anche quando si allagavano le tende o qualcuno si fratturava il femore. Eravamo incoscienti, certo, ma se anche avessimo avuto un po' di paura, non ci era consentito esibirla. È così che sono cresciuto; forse è per questo che lavoro ancora coi minori e non vado in giro a strillare che il mondo sta finendo e l'eurabia trionferà. Non lo trovo razionale, ma soprattutto non lo trovo virile.


In questi giorni mi sono messo un paio di volte a scrivere un pezzo del genere, finché stamattina mi sono imbattuto in uno sfogo estivo di Filippo Facci su Libero, trenta righe su quanto odia l'Islam. Un pezzo ai limiti dell'autoparodia, l'Uomo Bianco Che Strippa In Estate, ormai un classico. Facci ha sempre dato l'impressione di essere più intelligente delle cose che pubblica, e anche stavolta, mentre va avanti con la bava alla bocca gli scappa un'ammissione, è come quando in un film di zombie ne vedi uno a cui sfugge una lacrima da un occhio pesto, appena un sospetto di umanità. Guarda che roba mi sto riducendo a scrivere.

Ma non ci sono più le parole, scrisse Giuliano Ferrara una quindicina d’anni fa: eppure, da allora, abbiamo fatto solo quelle [ma parla per te, al limite parla per Giuliano Ferrara], anzi, abbiamo anche preso a vendere emozioni anziché notizie. Eccone il risultato, ecco alfine le emozioni, le parole: che io odio l’Islam, blablablà, va avanti a lungo.

Ma insomma, "eccone il risultato". Invece di prendervi delle responsabilità, di esercitarvi a ragionare coi lettori scansando le reazioni più emotive, avete deciso che avreste venduto emozioni, amplificato emozioni, sdoganato le emozioni. Il risultato è che state sulla cinquantina e il vostro mestiere consiste nel vomitare odio su un giornalino di benpensanti razzisti che hanno bisogno di sentirsi dire che l'Islam è odioso, e il cui contributo alla guerra di civiltà si esaurirà nel farvi l'obolo di un euro, un euro e venti, e magari sputare sulla passante magrebina che incrociano al semaforo. Tu, Filippo Facci, che pure sembravi così intelligente: e il tuo collega Giordano, quella povera persona che chiama alle armi l'occidente con la sua vocina querula, una metafora vivente. Speculare sui bassi istinti dei vostri lettori non è soltanto spregevole e rischioso. Soprattutto, non è una cosa da veri uomini.

A Libero sì che sanno taggare

Nel senso un po' machista del termine, sì.

Siete quei poveri isterici che nei film catastrofici urlano MORIREMO TUTTI!, e nessuno spettatore in effetti ritiene necessario che debbano sopravvivere. Va bene, la congiuntura è quel che è, ormai i giornali si vendono così - ma in realtà non li vendete lo stesso. Perché dovrei avere rispetto per gente come voi? Per quindici anni avete solo detto parole, parole, parole, e intanto io ad esempio lavoravo. Con un sacco di brava gente, alcuni anche musulmani. In questi quindici anni diversi li ho diplomati, alcuni li vedo ancora: hanno un lavoro, magari pensano a farsi una famiglia. Il famoso Islam moderato, che secondo le vostre teorie quindecennali non esiste. Magari davvero no,  non saprei: posso dire che è da mezza vita che ho a che fare con bambini musulmani, genitori musulmani, ragazzi musulmani, e mediamente mi hanno dato meno problemi di quelli di origine italiana (mi hanno anche dato meno problemi di Filippo Facci). Insomma io non lo so se esiste l'Islam moderato, ma in questi 15 anni coi musulmani moderati ci ho lavorato. Voi non lo vedete perché non è il vostro target, da quel che scrivete si capisce benissimo che il vostro contatto coi musulmani si limita al kebab all'angolo e alla tizia che vi lava le scale e che secondo Gramellini dovrebbe subito andare in questura se sente discorsi strani in moschea. Ma c'è tanta gente che vive e lavora e studia: e voi non li vedete. Non studiano nelle vostre scuole, non lavorano nei vostri giornali, e nemmeno li compreranno mai, quindi perché preoccuparsi? Eh, ma io in quelle scuole invece ci lavoro. Quest'anno la mia alunna che si è diplomata col voto più alto era di origine pakistana, per dire.

Certo, ogni tanto i miei studenti mi raccontano cose che mi spaventano - anche se cerco di non mostrarlo. Per esempio raccontano di passanti che inveiscono contro di loro. Succede spesso dopo un attentato. Ragazzine di dodici anni che tornano a casa a piedi, magari una delle due porta un velo: passa un vecchio in bicicletta e sputa loro addosso. Queste cose non vanno mai in prima pagina, nemmeno in sedicesima, ma succedono un po' tutti i giorni. Quel vecchio magari non legge gli sfoghi estivi di Filippo Facci su quanto è opportuno tirare calci all'Islam che siede sui nostri marciapiedi. Però Libero, quando pubblica una strippata di Facci sull'Islam, pensa esattamente a quel tipo di lettore.

Adesso viene la parte più inquietante. Una cosa che scrive Facci - che l'Islam sarebbe avrebbe portato una "permalosità sconosciuta alla nostra cultura" - è abbastanza ridicola, soprattutto se penso all'autore. Però sì, un certo tipo di permalosità è innegabile, anche se lo trovo un tratto comune di tutte le civiltà mediterranee. Comunque può essere un problema, anche considerato che le temperature non si abbasseranno per un po'. Ora, io ho avuto diversi studenti musulmani, e il rischio della radicalizzazione so cos'è. Se mi chiedi: quale fattore può portare un ragazzino o una ragazzina a radicalizzarsi, io a freddo ti risponderei: un vecchio in bicicletta che ti sputa addosso, o sputa a tua sorella.

Dunque, caro Facci, la situazione è questa: tu per vivere fai la tua tiratina isterica su Libero: un coglione razzista la legge, esce di casa e sputa addosso a una ragazzina. Quella ragazzina magari ha un fratello che lavora con me. Se è permaloso, se si radicalizza, non verrà a farsi esplodere a casa tua, figurati. Non saranno cazzi tuoi, mi rendo conto. Saranno cazzi tutti miei, se un giorno viene a scuola con un coltello o peggio.

Ma io non posso avere paura. Nessuno mi paga per averne. Nessuno mi paga per pisciarmi addosso le mie emozioni.

Invece mi pagano per aver coraggio. Quindi io continuerò ad avere coraggio, e tu continuerai ad avere paura. Così è la vita.

Volevo dirti un'ultima cosa ad effetto, del tipo: la prossima volta che ti sale il panico, cerca di essere un uomo, Filippo Facci. So già che mi risponderesti - senza un'ombra di islamica permalosità - vaffanculo imbecille. Già. Buone vacanze anche a te.
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Perché non passerò, credo mai, a Edison Energia

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Cara Edison Energia,
(perché credo che a un certo punto bisogna anche cominciare a chiamarsi per nome, prendersi certe responsabilità, eccetera),
questo è quel periodo del mese, credo che tu lo sappia, in cui arriva una certa bolletta e qualcuno comincia a chiamarmi al telefono (anche nell'ora della siesta, che per me è molto importante). Qualcuno che ha un forte accento straniero (ma va bene, non sono razzista) e a volte, malgrado qualcuno gli abbia fornito il mio nome, insiste per chiamarmi "Signora" (ma va bene, non ho pregiudizi legati all'identità di genere). Qualcuno che vuole assolutamente che io gli legga la mia bolletta e gli comunichi certi numeretti, e che solo dopo un po' di tempo ammette di chiamare a nome tuo, e poi chissà se è vero.
Magari non ne sai niente.
Allora è il caso che tu sappia.

Cara Edison Energia,
a volte ho il sospetto che davvero tu mi faresti risparmiare. Ho fatto due conti, è una proposta interessante. Eppure non ho la minima voglia di cambiare gestore, e sai perché?

Non mi piace sentirmi preso in giro (mi domando a chi piaccia).
Non sto dicendo che mi prendi in giro, sto dicendo che mi sento preso in giro, è un po' diverso.
Credo che se la tua offerta fosse davvero buona, non avresti bisogno di farmi chiamare quelle quattro o cinque volte al mese. Soprattutto, se il tuo nome, "Edison Energia" fosse sinonimo di buone tariffe e bollette trasparenti, gli operatori non si vergognerebbero tanto di usarlo. Non comincerebbero ogni volta con la solita manfrina che sai. O non la sai? Te la devo spiegare?

Ogni mese - ogni santo mese - qualcuno con un marcato accento straniero mi informa che il mio contratto è stato cambiato; che le fasce orarie di consumo sono state abolite, insomma che ora posso attaccare la lavatrice quando mi pare e non preoccuparmi della bolletta perché comunque pagherò meno, che insomma tutto è già stato fatto e però dovrei leggergli la bolletta. Ogni volta. Ci provano tutti i mesi.

E sanno a malapena l'italiano.

Ora io magari non sono razzista - non vorrei esserlo - ma uno che fa finta ogni mese di chiamare da parte del mio gestore, uno che solo dopo che glielo chiedi due o tre volte, con insistenza, ammette che sta provando a vendermi un contratto con Edison Energia, uno così che nemmeno parla bene la mia lingua, che fiducia può ispirarmi? dimmi tu.

E allora cara Edison forse davvero hai delle tariffe buone, ma non ci credo. Mi sono fatto dire i centesimi al kilowattora e si potrebbe anche fare, ma non posso fidarmi di un gestore che ha un approccio così. Mi domando onestamente chi si possa fidare. Mi rispondo: qualcuno davvero poco attento, poco avveduto, parecchio ingenuo. E mi ridomando: quale gestore sceglierebbe di avere come target la gente poco avveduta che si fa abbindolare al telefono?

Mi rispondo: un gestore che ha tariffe poco competitive.
E magari mi sbaglio.
Ma nel dubbio metto giù, blocco tutti i numeri da cui mi chiami - numeri che ormai hanno una pessima fama, e scrivo sul mio blog che non mi fido di te. Non mi fido di Edison Energia.
In bocca al lupo.

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Rondolino contro il bullismo

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Sto per andare in ferie e vorrei prima sgravarmi un po' la coscienza, ripristinare il kharma, trovare qualche buona parola per qualcuno che ho trattato troppo male, uno a caso: Fabrizio Rondolino.

Stamattina ha pubblicato un pezzo molto condivisibile sull'Unità, a proposito di uno dei principali vizi della comunicazione politica contemporanea: il bullismo. Ne ricopio qui sotto ampi stralci, senza commento perché davvero, è tutta roba sacrosanta e (si intuisce) sperimentata sul campo. Aggiungo solo delle immagini prese a caso dal web - sapete come facciamo noi blogger, se non piazziamo qualche figura qua e là non ci legge nessuno.

Le parole sono state inghiottite dagli insulti, ridotte al silenzio, espulse insieme al ragionamento e alla riflessione dal dibattito pubblico. Non solo: dall’innocuo e persino romantico calcio nel sedere che Togliatti si augurava di poter assegnare a De Gasperi durante la campagna elettorale del 1948 si è passati oggi a minacce di morte, oscenità da angiporto, apprezzamenti fisici, sessismo e razzismo, cattiverie e meschinità inaudite.




L’impiego sistematico e smodato dell’insulto ottiene due risultati principali: il primo, naturalmente, è quello di galvanizzare l’ascoltatore, neutralizzandone il cervello per puntare, come si usa dire, alla “pancia”. Si fa cioè leva sugli aspetti peggiori della nostra personalità, sul nostro rancore e sulla nostra rabbia, sul residuo ferino che cinquemila anni di civiltà non sono riusciti a cancellare del tutto, sulla violenza incontrollabile che la società da sempre cerca di controllare, e in definiva sulla componente irrazionale e tribale della nostra malandata psiche. A ben vedere, dunque, chi insulta la Boldrini in realtà sta insultando il suo pubblico: ne sta cioè cancellando la dignità, l’educazione, la razionalità, rivolgendosi esclusivamente alla sua bestialità (mi scuso per il termine: nessun animale, tranne l’uomo, è bestiale).



Il secondo risultato, persino peggiore del primo, è l’azzeramento di ogni possibile discussione. La politica – e in generale la civiltà umana – vive di discussioni, confronti, dibattiti. Si avanza una tesi, si ascoltano le obiezioni e i controargomenti, si controbatte con nuovi argomenti, si confrontano esperienze e sensibilità diverse, si cambia opinione, la si fa cambiare agli altri: tutta la vita sociale (per non parlare del progresso scientifico e tecnologico) è improntata al dialogo e allo scambio fruttuoso di opinioni, esperienze, informazioni.



Il grande pensiero liberale dell’Ottocento formalizza questa modalità, importando in politica la teoria del libero scambio con cui Adam Smith nel secolo precedente aveva cambiato la storia dell’economia e del mondo: ma in realtà si tratta di una costante che ci accompagna dal Neolitico. L’insulto ossessivamente ripetuto –il pepe che si fa pietanza esclusiva – dunque azzera la nostra civiltà, strutturalmente fondata sul dialogo e sullo scambio di informazioni: se uno mi insulta, o lo insulto a mia volta oppure, se sono una persona educata, me ne vado da un’altra parte.



Azzerando la nostra parte razionale e rendendo impossibile ogni confronto, la strada intenzionalmente scelta da Salvini, Grillo e Trump costituisce oggi il pericolo più grave che le democrazie devono affrontare dopo il crollo (in Europa) dei totalitarismo fascista e comunista. Il problema è che è molto difficile controbattere. Sebbene sia ormai chiaro a tutti che l’hate speech, ossessivamente ripetuto dai leader e compulsivamente rilanciato dai social network, è una causa oggettiva di violenza e spesso di morte, le società liberali non possono per statuto censurare nessuna affermazione: gli atti sono perseguibili, le parole mai (nemmeno le peggiori: i “reati”di omofobia, negazionismo o antisemitismo hanno la stessa carica liberale di quelli di blasfemia in Iran o di propaganda controrivoluzionaria in Corea del Nord ).



Alle parole offensive, vergognose, criminogene dei Salvini, dei Grillo e dei Trump bisognerebbe rispondere con altre parole: ma queste, invariabilmente, appaiono smorte e persino inutili al cospetto dell’insulto. Il ragazzino che risponde al bulletto con un discorso sulla bontà dell’amicizia finisce nella migliore delle ipotesi deriso da tutti, nella peggiore steso a terra da un pugno. È questo il crocevia in cui ci troviamo oggi.

Buone vacanze a te Rondolino, ci rivediamo al crocevia.
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Fast & Furious: the Star Trek Rift

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Star Trek: Beyond (Justin Lin, 2016).

Spazio, ultima frontiera, o quasi. Abbiamo aspettato due film - otto anni - che il capitano Kirk e la sua ciurma maturassero, ma adesso finalmente dovremmo esserci. Questi dovrebbero essere i viaggi dell'astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all'esplorazione di strani, nuovi mondi... più o meno. Cioè ci avete mai pensato a quanto è lunga una missione quinquennale? Sessanta mesi nello spazio profondo? Sempre con le stesse tutine gialle azzurre o rosse? E se uno/una ha voglia di farsi una famiglia? O una bevuta in un locale trendy in una di quelle stazioni spaziali che disegnano adesso con l'autocadCGI? Insomma possibile che non ci si possa fermare ogni tanto a ricaricare i motori a curvatura, possibile che in fondo a questa nebulosa non ci sia un bar?

Ti immagini che driftate.
Lo so, è inutile prendersela. Non c'è mai stata un'età dell'oro di Star Trek al cinema: qualche film divertente, diverse ciofeche, d'altronde con la fantascienza è così: per trovare l'oro nel catalogo Urania devi scavare in mezzo a escrementi di ogni forma e colore. La devozione dei trekker non ha mai aiutato, anzi: il loro oltranzismo da cosplayer con le orecchie a punta ha accresciuto il distacco tra l'Enterprise e il pubblico dei multisala, col bel risultato che dieci anni fa la saga era già morta e sepolta. L'ha risorta Gigi Abrams, con quel suo classico tocco un po' necrofilo e il suo gusto per le trame lambiccate, macchinose, metareferenziali. Il primo film funzionava persino, il secondo cominciava a mostrare la corda, il terzo è stato ceduto a un improbabile team che ha come punti di forza Simon Pegg e Justin Lin. Un comico inglese e un regista action da Taiwan. Com'è andata?

Neanche male, cioè, se parti con l'idea di vedere un film scritto da Simon Pegg (alla trilogia del Cornetto, per capirci) e girato dalla crew di Fast and Furious, Beyond non delude affatto. Un sacco di battute e di sgommate - l'Enterprise tecnicamente non può sgommare, per cui verrà ritrovata una motocicletta nel luogo meno verosimile - ma comunque anche la nostra astronave preferita si può infilare a rotta di collo in una nebulosa, mandare a sbattere contro uno sciame di navette nemiche e far impattare sul pianeta più roccioso della galassia, una specie di Tokyo Rift spaziale. Niente di nuovo del resto, ormai Kirk distrugge una media di un'astronave e mezza a film, e vabbe', una volta si tirava al risparmio, mentre adesso la gente vuole vedere le esplosioni, devi chiarirlo già dai trailer che hai intenzione di spaccar tutto anche stavolta. Ci potrebbe stare anche questo, se si tratta di salvare un po' di spirito di Star Trek. Ma ecco, il punto è proprio questo. Qual è lo spirito di Star Trek?
Se lo potessi chiedere a Lin e Pegg, credo che mi risponderebbero all'unisono: il cameratismo (continua su +eventi!)




Se lo potessi chiedere a Lin e Pegg, credo che mi risponderebbero all'unisono: il cameratismo. L'unica cosa che incidentalmente hanno in comune la trilogia del cornetto e Fast and Furious: questa idea della famiglia allargata, della squadra multetnica e affiatata che in F&F per fortuna comprende anche le ragazze, purché cazzutissime piloti o stunt. Anche in Beyond, del resto, il cast cresce per accumulazione: pianeta che trovi, cazzutissima ragazza che arruoli. La nuova arrivata (Sofia Boutella) ci sa naturalmente fare con le armi e con le riparazioni, ha un qualche aggeggio che la rende invisibile o la sdoppia, e nella versione originale probabilmente parla come un rapper old-style perché ha imparato l'inglese sugli mp3 di Beastie Boys e Public Enemy. Poi una volta sconfitto il nemico vanno a farsi una bevuta in un superattico ai confini della nebulosa, il comandante con la crew superstite, tutti in borghese con le giacche di pelle, giusto un mezzo secondo per ricordare che metà equipaggio è caduto in combattimento, è chiaro che chi ha scritto questa roba non ha fatto il militare. E io non vorrei essere quello che rimpiange la cosa, non ho niente contro il cameratismo contemporaneo o i film di inseguimenti in macchina, non vorrei essere il cattivo che dice che una volta era diverso, una volta i membri della flotta spaziale sapevano cos'era il sacrificio, la dedizione, la disciplina. Però accidenti. Beyond sta piacendo quasi a tutti, evidentemente il problema sono io che continuo a cercare un'idea di Star Trek che non è quella di Lin e Pegg, non è quella dei trekker, forse a questo punto è solo mia. Cosa c'era in quei vecchi telefilm, che mi piaceva tanto?


Andare dove nessun uomo è mai stato, 
e farci due penne in moto.

Un'astronave nello spazio. Tutto qua. E lo spazio era profondo davvero, non c'erano megacittà orbitanti dietro l'angolo dove fare rifornimento e abbracciare i famigliari. Non c'erano famigliari, neanche sul ponte di comando: a darsi del tu erano in Kirk, Spock e McCoy, fine. Non c'era soap opera, Spock e Uhura non passavano gli anni a giocare a Non So Se Ti Amo Davvero. Non c'era niente di questa roba appiccicosa, non ce n'era tempo e non ce n'era bisogno. E allora cosa c'era?

La frontiera. L'universo sconosciuto. Ogni episodio, un pianeta diverso, o un problema nuovo. La voce della ragione (Spock), le ragioni del sentimento (McCoy), e Kirk sulla sedia a comandare e improvvisare. Star Trek non è quella serie di hard science fiction che molta gente crede che sia: è un'idea che hanno messo in giro i trekker mentre si affilavano le orecchie in gommapiuma. Certo, il budget era quello che era, il lato action consisteva in qualche sparuto raggio laser, qualche buon vecchio pugno, e per rendere l'idea di un'esplosione in plancia si faceva ballare la macchina da presa. Star Trek per sopravvivere nel palinsesto tv doveva avere delle storie incredibili, potenti, e in giro c'era gente che le sapeva scrivere: Richard Matheson, Robert Bloch, Theodore Sturgeon, Harlan Ellison, Fredric Brown. Senza offesa, ma Lin e Pegg non giocano nello stesso campionato. Abrams almeno se ne rendeva conto, e nel suo modo contorto cercava di rendere omaggio a una generazione di inventori di storie che veramente ci hanno aperto la mente.

Il nuovo Kirk e il nuovo Spock non hanno niente che non vada, ma sono ovviamente l'espressione di un'epoca diversa, afflitta da una tipica fobia del vuoto che è il contrario di quello smarrimento metafisico che la vecchia ciurma provava davanti all'immensità dello spazio: dovunque devono esserci città immense con tante strade per fare sorpassi spettacolari (almeno stavolta non si chiamano col cellulare dagli opposti del sistema solare, una cosa che ti ammazza il sense of wonder). Persino il nemico, il mostro, l'alieno, se lo guardi bene siamo sempre noi con un trucco diverso e qualche idea oscurantista da vecchio brontolone - nulla che valga la pena di capire: da quel poco che riusciamo a interpretare, il cattivo di turno vuole ammazzare tanta gente perché odia la pace e ama la guerra, neanche i cinecomics ormai osano tagliarla così grezza. Ma va bene, sono antimilitarista e multiculturalista, viva il melting pot di razze che colonizzano l'universo e dappertutto creano luoghi trendy dove fottere i turisti coi drink fluo. Mi sono divertito coi Guardiani della Galassia, perché dovrei dirmi deluso da Fast and Furious nello spazio. Facciamo che la prossima volta che esce uno Star Trek io me ne sto a casa a rileggeremi Le Grandi Storie della Fantascienza del 1954.

Comunque Star Trek: Beyond lo trovate all'Impero di Bra alle 20:15 e alle 22:30, al Fiamma di Cuneo alle 21 e al Multilanghe di Dogliani alle 21:30.
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Ci avete messo due anni a sentire la puzza dell'Italicum, nascondetevi

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Buongiorno, mi chiamo Leonardo e non m'intendo di niente in particolare. Una cosa che seguo proprio male è la politica, non guardo neanche i talkshow, non leggo più gli editoriali e i retroscena, insomma, non ne capisco niente.

"Col tie-break non è democrazia" (gennaio 2014).
La prima volta che sentii parlare di una legge elettorale Renzi-Berlusconi - quella che poi è diventata l'Italicum - la trovai subito molto brutta, e soprattutto poco avveduta. Eravamo a inizio 2013, la situazione era già da quasi un anno tripolare, oserei dire più tripolare che adesso. Che due dei tre poli si accordassero su una legge elettorale mi sembrava inevitabile - tanto più che il terzo polo, il M5S, aveva palesato in tutti i modi la sua indisponibilità a collaborare. Quello che proprio non riuscivo a immaginarmi, e trovo ancora inspiegabile, è che Renzi e Berlusconi si fossero messi d'accordo su una legge che favoriva proprio il M5S. Perché è così: nell'autunno 2013 era talmente chiaro che l'Italicum favorisse il M5S che me ne ero accorto persino io.

Nei giorni successivi Renzi incassò i complimenti di gran parte dei dirigenti Pd, che salirono sul palco a turno a spiegare quant'era bello l'Italicum, quant'era democratico. A me invece non piaceva: non solo perché favoriva il partito del dissenso (quello tutto sommato era il male minore), ma anche perché istituiva un premio di maggioranza assolutamente sproporzionato, e i premi di maggioranza in generale sono cose rare nei Paesi davvero democratici: li ha inventati Mussolini, e oggi li usano solo in Grecia e San Marino. Il ballottaggio, poi, che in sé non è un'idea cattiva, ha senso in una repubblica presidenziale, non in una parlamentare. Gli stessi Renzi e Berlusconi sembravano volerlo evitare fissando una quota ridicolmente bassa - all'inizio il 35, poi il 37%. Una minima competenza aritmetica, nel 2013, mi suggeriva che se il 37% degli elettori vota per te, il 63% - quasi il doppio, non ti vuole. Se in barba a questa aritmetica tu governi lo stesso, e disponendo di una larga maggioranza fissata per legge, ebbene, forse non è più esattamente democrazia: questo io pensavo tre anni fa e sospettavo anche che la Corte Costituzionale, appena interpellata, avrebbe fatto di questa legge pezzettini, come della precedente di cui tutto sommato era una versione più fantasiosa e pastrocchiata.

Nei mesi successivi l'Italicum divenne una specie di simbolo di Renzi: una legge pasticciata, probabilmente incostituzionale, che lo avrebbe danneggiato, e che però doveva assolutamente passare perché... ci aveva messo la faccia. La contiguità strettissima tra l'italicum e la faccia-di-Renzi era tale che chiunque osasse parlar male della legge veniva accusato di farlo per puro odio antirenziano: uno stimato editorialista a un certo punto propose l'esperimento mentale di immaginare la stessa legge inventata da Bersani. Ci provai: mi faceva schifo lo stesso. Perché è proprio brutta, capite. E non è vero che la trovo orrenda perché l'ha inventata Renzi. Piuttosto il contrario: come posso non trovare orrendo Renzi, che ha avuto la possibilità di scrivere una legge elettorale decente e invece ha partorito questa merda? L'Italicum resse anche la fine del patto del Nazareno. Dopo la botta di ottimismo delle europee, la soglia per il ballottaggio fu spostata al 40%, un numero che si potrebbe anche considerare ragionevole, se esistesse un'altra democrazia seria al mondo dove i ballottaggi scattano sotto al 50%, quella quantità che è tradizionalmente considerata la metà di 100.

Sono passati altri due anni, e adesso l'Italicum non lo vuole più nessuno, neanche al Pd. Lo stesso presidente emerito Napolitano ci ha fatto capire che sì, andrebbe proprio cambiato. Non passa fine settimana senza che qualche esponente del Pd non ci comunichi la sua proposta che, bisogna ammetterlo, quasi sempre è peggiorativa: e ci vuole impegno a peggiorare la schifezza che è l'Italicum. Però di questo parliamo magari un'altra volta. Questo non è un pezzo serio, non è un pezzo in cui si fanno proposte operative. Quando ho iniziato a scriverlo, questo pezzo voleva descrivere un senso di vertigine. Mi chiamo Leonardo e non m'intendo di niente in particolare. Una cosa che seguo proprio male è la politica, non guardo neanche i talkshow, non leggo più gli editoriali e i retroscena, insomma, non ne capisco niente. Com'è possibile che sull'Italicum abbia avuto ragione sin dal primo momento, quando tutti si spellavano le mani e salutavano in Renzi il principe della Governabilità?

Cosa vi è successo per due anni, dove avevate messo gli occhi per vedere, e soprattutto le nari per annusare l'enorme cagata che quel ragazzo - in buona fede, per carità - stava facendo? Stavate nel Pd e dicevate sì, beh, si può migliorare ma sembra una buona base di partenza, 'sta cagata immonda: perché non andate a nascondervi? Scrivevate sul giornale che la governabilità, eh sì, la governabilità, e ci avete messo due anni per accorgervi che ops!, l'Italicum rischia di regalare il parlamento alle forze meno predisposte per governare: con che faccia riuscite a mettere ancora la vostra firma in calce alle vostre colonne di pensierini ponderati? Non ci avete capito niente, nessuno ci sta capendo niente. Io meno degli altri, ero solo un tizio che tre anni fa vedeva Renzi nudo in mezzo alla strada, con in mano un'enorme stronzo a forma di legge elettorale. Ma sapete una cosa? Anche questo ruolo mi ha stancato, comincio ad avere un'età per questa cose.

Mi piacerebbe vivere in un Paese dove gli esperti, i professionisti, non corrono dietro alla prima bandiera che accenna a sventolare. Renzi alle europee prese 11 milioni di voti - tre milioni in meno di Veltroni, che sembrava sconfittissimo nel 2008: uno in più di Bersani, che sembrava bollito nel 2013. Quel milione in più vi è salito al cervello, per due anni non avete più capito niente. Pensavate che fosse irresistibile e per carità, è una proiezione come tante, per qualche settimana forse l'ho pensato anch'io. Ma anche ammettendo un Renzi invincibile, anche immaginando un'improvviso boom economico che poi, disdetta, non c'è stato, l'Italicum continua a essere una brutta legge che con la scusa patetica della Governabilità crea un presidenzialismo di fatto: persino chi crede Renzi il migliore dei leader nel migliore dei mondi possibili, avrebbe potuto riflettere sul fatto che non è eterno, che prima o poi dovrà cedere il suo scettro, che il rischio di regalare il Paese a un futuro Uomo della Provvidenza con quella legge è altissimo, e che questo tipo di Uomini di solito la Provvidenza ce li fornisce pessimi. Tre anni in cui i renziani sembravano piovuti dalla Corea del Nord, Renzi Leader Eterno, Renzi Sole dell'Avvenire. Adesso dice che non si ricandiderà dopo il secondo mandato, si crede Obama, nessuno che gli faccia presente che un mandato presidenziale e un incarico espresso da una maggioranza parlamentare sono due cose proprio sostanzialmente diverse. È da tre anni che pasticcia con l'ordinamento costituzionale, uno spettacolo imbarazzante, e ancora più imbarazzanti sono gli osservatori laureati e addottorati che fan finta di trovare la cosa degna d'interesse. È come se la mia generazione fosse ancora all'asilo, facciamo un brogliaccio col pennarello giallo e le maestre ci applaudono, c'è senz'altro un po' di Van Gogh, in questo ragazzo, riconosciamoglielo sennò si rimette a piangere, pesta i piedi, poi si lamenta coi genitori, per carità, per carità, è un genio.
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Il convegno del Coisp è una grossa chiazza di merda sull'immagine della polizia italiana

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Non credo di avere tra i miei lettori molti poliziotti, e visto l'andazzo non sono nemmeno sicuro di volerli avere: pensavo di scrivere un appello, ma non avrebbe molto senso. Secondo me ci devono arrivare da soli, e non dico i tesserati del Coisp che non so nemmeno che penetrazione abbia: ci devono arrivare tutti, a capire che un manifesto del genere, un titolo del genere, un convegno del genere, è un'enorme chiazza di merda sull'immagine delle forze dell'ordine.

E non importa quanti l'abbiano concepito e stampato - fossero pure quattro goliardi che hanno il numero di telefono dell'ex ministro e di quel povero ragazzo che una parte migliore dello Stato ha evidentemente lasciato solo: potrebbe anche averlo scritto e concepito un solo poveretto, ebbene quel poveretto sta cagando a spruzzo sull'immagine della polizia italiana. Credo sia un problema per la polizia italiana.

Poi sì, certo, è un problema anche per me; non tanto perché a Genova c'ero e leggendo questa cosa mi dovrei incazzare (a proposito no, non mi fa incazzare, mi fa solo tristezza. Alle provocazioni non reagivamo neanche 15 anni fa, figurati adesso che abbiamo la pancia, le occhiate, il mutuo, e in questura ci andiamo con le nostre gambe, anzi sulle nostre macchine non più di seconda mano). Non è più Genova il problema, non è Giuliani e non è Placanica, poveri ragazzi ridotti a bandierine.

Il problema è un padre di famiglia come posso essere io, che quando parla con uno di voi, in uno dei vostri uffici, mentre sbircia il calendario ufficiale e le bandierine delle missioni umanitarie pensa: speriamo che non sia del Coisp, speriamo che non sia uno di quelli che fa le battute con gli estintori e chiama pure Placanica a riderci su. Cioè non voglio dire che passo il tempo della stesura di un verbale a sperare di non aver davanti un poveretto rancoroso: ma il dubbio, anche solo il dubbio, io alla mia età non ce lo dovrei avere. Io dovrei fidarmi di voi, della vostra professionalità e della vostra dedizione. Se non succede, è un problema per voi, è un problema per me, è un problema per tutti.

Allora forse è un po' questo il punto: da una parte c'è gente che bene o male è cresciuta, diciamo pure invecchiata, chi meglio chi peggio; gente che il G8 ormai lo vive come una ricorrenza, quella settimana afosa in cui ti ritorna tutto in mente, gli elicotteri le salsicce l'anabasi in piazza Kennedy. Dall'altra chi c'è? Quelli che si caricavano ballando la techno dietro i container, quelli che si raccontavano le storie coi gavettoni di sangue infetto, come sono venuti su? Oltre alla pancia avranno messo un po' di senno? Voglio sperare di sì, non ce la farei ad alzarmi al mattino in Italia se non riuscissi a sperare di sì. Poi guardo il manifesto del convegno Coisp e penso vabbe', se nutri una personcina di titolacci di Libero e sfottò di Feltri, cosa vuoi che diventi da grande? Uno che chiama Placanica a ridacchiare su piazza Alimonda. Non dico il rispetto per i morti, che pure è una cosa nobile e antica: ma il rispetto per i vivi, per chi quel giorno aveva vent'anni e si è distrutto l'esistenza in un istante. Se non capisci una cosa del genere, come posso fidarmi di te? E magari giri pure armato.
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