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Il Partito Perbene (e chi lo paga)

Ma avete fatto bene a dirlo, che siete un Partito di Gente Perbene. Perché è giusto che la gente lo sappia.
Che non si giudica un partito da un'OPA irregolare dettata al telefono. Un partito lo giudichi dal carisma, dall'altruismo, dalla fantasia.
Prendi D'Alema, per esempio. Lui, i suoi finanziamenti li raccoglie fuori dal partito. I politici perbene le cose le fanno così. Può contare sulla Fondazione Italianieuropei, da lui presieduta, credo, sin dalla sua creazione (nel 1998; Giuliano Amato è il Presidente del Comitato Scientifico).

La Fondazione Italianieuropei è "un luogo di incontro tra le diverse tradizioni culturali del riformismo italiano, per contribuire alla vita politica con soluzioni di governo adeguate al nuovo scenario mondiale attraversato da potenti correnti di innovazione di cui l’Italia è stabilmente partecipe". Non vi sembra un progetto Perbene?

Ma, naturalmente, per fornire un luogo d'incontro alle diverse tradizioni culturali del riformismo italiano, servono delle strutture. Sale riunioni capienti da noleggiare – e il catering, non scordiamoci del catering! perché forse nulla accomuna le diverse tradizioni culturali del riformismo italiano come quel certo languorino allo stomaco che ti assale dopo un paio d'ore di convegno sulle privatizzazioni.
In breve, servono danari. Come dappertutto.
Ma non c'è problema, gli Italianieuropei sono gente Perbene, che si fa finanziare alla luce del sole. La lista dei Soci benemeriti è pubblicata sul sito. Un po' in piccolo, è vero, in grigio su sfondo bianco, ma c'è.
Tra i Soci benemeriti della Fondazione figurano esponenti del mondo imprenditoriale come, tra gli altri, Guidalberto Guidi, Gianni Agnelli, Francesco Micheli, Vittorio Merloni, Claudio Cavazza, Carlo De Benedetti, Gianfranco Dioguardi e Paolo Marzotto insieme ad aziende quali Pirelli, Gruppo Marchini, Philip Morris, Glaxo Wellcome, Pharmacia & UpJohn, Lega delle Cooperative, ABB ed Ericcson.
La pagina spiega anche cosa significa essere Soci benemeriti. Significa scucire per gli ItalianiEuropei, almeno cinquanta milioni di vecchie lire. Che per la Lega delle Coop o per Philip Morris sono ben poca cosa, intendiamoci. Ma anche con queste poche cose si può fare tanto, per il riformismo italiano.

Vi chiederete: come mai di questa storia non se ne parla? Ma perché tutto questo è assolutamente legale, trasparente e alla luce del sole. In un mondo di torbidi contatti tra Economia e Potere, possiamo dire che D'Alema ci mostra la via per entrare nel Terzo Millennio: fundraising puro, all'americana. In confronto Berlusconi ci fa una figura anni '60: il tycoon prestato alla finanza… roba da Kennedy, da Rockfeller. Pussa via.

Gli unici che si siano mai preoccupati di questa storia sono quegli svitati di Indymedia. Tre anni fa. A quei tempi scoppiò uno scandalo su un colosso farmaceutico che corruppe 3000 medici solo in Italia. Ve ne ricordate? No. Nessuno se ne ricorda. Strano. Beh, lo stesso colosso farmaceutico finanziava già da allora gli ItalianiEuropei. Qualcuno lo scrisse su Indymedia. Io andai a vedere e ci scrissi un pezzo. Poi, più nulla. Lo ammetto, ogni tanto andavo a controllare. Mi aspettavo che D'Alema o chi per lui togliesse dalla pagina dei Soci Benemeriti il nome del Colosso farmaceutico in questione. E mi sbagliavo. Perché D'Alema è una persona perbene, che non abbandona i suoi Soci Benemeriti nelle difficoltà.

Come quel colosso del tabacco, anche lui con tante grane legali in tutto il mondo… È curioso, ma ora che ci penso, il governo che ha inasprito sensibilmente la legislazione antifumo in Italia non è stato quello presieduto da D'Alema. È stato un altro. Per avere una legislazione antifumo che l'Europa ci ammira, abbiamo dovuto aspettare che D'Alema (e Amato) si schiodassero da Palazzo Chigi. Magari è solo una coincidenza – figurati se un colosso del tabacco non finanzia in parti uguali tutti i contendenti, in America si fa così – e poi, andiamo: D'Alema è una persona Perbene. E le persone Perbene, queste cose, non le fanno. Non le pensano. Già pensarle, significa non essere più tanto Perbene.

E poi se la prendono perché c'ha la barca – è una cosa che mi fa incazzare. Che provinciali, Dio. Finalmente abbiamo un politico che sa fare fundraising, che prende soldi puliti da Glaxo, Philip Morris, Pharmacia & UpJohn, Legacoop, Ericcson… ma voi ve la prendete perché c'ha la barca. Giurassici, siete. E per niente Perbene.
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La grande sfida della settimana scorsa era: finirà prima Macchianera di pubblicare le liste dei massoni, o Leonardo a pubblcare i motivi-per-cui-non-ha-i-commenti? Non c'è stata gara, ovviamente.

Ma perché, perché, Leonardo non ha i commenti?

#21. Il Griso
L’altro giorno Il Griso era triste e non sapeva di cosa parlare, così è andato a spulciare Indymedia.

Insomma, per farla breve, quando nelle lunghe sere d'inverno mi rannicchio accanto al fuoco e preferisco evitare di uscire alla caccia di miei simili che la Natura, il cieco Fato, o qualche altra divinità beffarda ha colpito più crudelmente di me, mi vado a fare un giretto su Indymedia.
[…]
-Sì, ma andare a pescare nel newswire non vale! Perchè quello è open publishing, e c'è troppo open publishing in giro. Cioè, l'open publishing sarebbe la ricchezza della rete, però poi ci sono quelli che ne approfittano e pubblicano messaggi sessisti, o fascisti. Che poi magari non sono i fascisti che li pubblicano - comunque: l'ideale è che ciascuno coltivi il suo orticello virtuale e sia responsabile di quel che ci cresce, ecco.
A parte il fatto che è quello che dicevo già io un annetto fa (e non è colpa mia se voi alle cose ci arrivate sempre tardi e sempre col braccino corto)...


È una sensazione mia, è una paranoia mia, o qui il Griso (come sempre simpaticissimo) cercava di prendermi in giro?

Naturalmente bisogna accettare le frecciate, specie quelle simpaticissime, perché ti aiutano a crescere: probabilmente in questo caso mi si voleva rimproverare una certa incoerenza nel mio rapporto con l’open publishing, e un certo affanno nello spiegarmi in italiano. Mentre lui, lui un anno fa aveva già capito tutto. Capito cosa?

Sono andato a controllare. Un anno fa io ce l’avevo con quelli che cercano di dimostrare di essere intelligenti criticando i blog altrui, e cercavo di spiegare il perché. Ma probabilmente mi sono spiegato male, visto che il Griso non ha capito. Del resto in quel periodo lui era occupato a fare una simpaticissima predica a Hans Blix, che sosteneva che non ci fossero armi di distruzione di massa in Iraq, povero merlo.

In seguito c’è stata una discussione con Wittgenstein a proposito del newswire di Indymedia. Ecco, uno dei sintomi di decadenza del presente blog è che l’anno scorso polemizzavo con Wittgenstein, quest’anno col Griso. Non tanto perché W sia un giornalista di un certo successo e il Griso no: ma perché allora una polemica serviva a chiarire le proprie posizioni, e condividerle con altri: dopodiché ognuno era libero di restare sulla sua. Mentre ora ci punzecchiamo su cose arcinote.

Io dicevo che Indymedia non va confusa con i commenti sul newswire di Indymedia. La scorsa settimana ho ribadito: si rischia di confondere Internet con l’open publishing. Non mi pare di essermi contraddetto. Un anno fa, come oggi, io coltivavo il mio orticello virtuale. C’era solo una differenza, che a me sembrava piccola: ogni mio post in calce conteneva il link al forum. Siccome il forum tendeva a sviluppare una personalità tutta sua, io a un certo punto ho ritenuto che il rimando in calce fosse fuorviante, e l’ho tolto. Apriti cielo. Il Griso si è sentito censurato. Letteralmente: riaprici il tombino, che a noi piace sguazzare nel torbido. Notate che io non avevo chiuso un bel niente: avevo semplicemente economizzato un link.

Questa era la posizione a cui il Griso era “già arrivato” un anno fa: tutti hanno un loro giardino, dove gli altri (non lui) sono tenuti a lasciare aperti i tombini, perché al Griso piace sguazzare nel loro torbido (ma non nel suo). Il suo blog, naturalmente, non ha mai avuto né forum né commenti.

Io, invece, che da due anni cerco di trovare una soluzione per interagire coi lettori in maniera positiva (e non la trovo), se metto i commenti vengo accusato di aprire un tombino; se li tolgo vengo accusato di chiuderlo. Ma in maniera sempre simpaticissima, per fortuna.

Allora: un motivo molto importante per cui non tengo i commenti è perché in giro ci sono persone come il Griso, che hanno rispetto solo per il proprio orticello virtuale, e una curiosità ossessiva verso gli orticelli degli altri, a cui attingono ogni volta che si sentono soli e non hanno nulla da dire.

Il Griso continua dicendo che non ha intenzione di criticare Indymedia per i commenti, ma per “l’homepage”: vediamo cosa fa. Trova l’appello per Cesare Battisti, e manifesta il suo dissenso: perfetto, è quello a cui servono i blog.
Poi salta un bel po’ di robe interessanti. Un aggiornamento generale sui fatti di Genova, in cui si dice chi è sotto processo e chi no: se l’avesse studiato un po’, forse avrebbe capito perché molta gente continua ad avere sentimenti ostili verso le forze dell’ordine. E ancora: le acciaierie dell’Ilva; il petrolchimico di Marghera: tutti cose di cui il Griso non parla mai. È proprio sicuro di essere in un qualche modo ‘migliore’ di Indymedia? P2P, fecondazione assistita… il 31 gennaio è stata la giornata europea per la regolamentazione dei clandestini, il Griso lo sapeva? E delle manifestazioni dei bananieri in Nicaragua? No. E gli interessa qualcosa? No, pare che non gli interessi niente. Gli interessa soltanto di trovare qualcosa di cretino per poter sembrare, per contrasto, intelligente e simpaticissimo: e infatti la trova. In fondo alla pagina. La bellicosa dichiarazione di guerra di un gruppuscolo che termina col canonico “appendere un fascista non è reato”. Soltanto che il pezzo, abbondantemente citato dal Griso… è un commento. Cioè: prima aveva detto di non voler prendere di mira i commenti. Poi lo fa. È più forte di lui.

Il Griso vorrebbe tanto scoprire su Indymedia il brodo di cultura dell’eversione di sinistra. Ora, il guaio è che un brodo del genere c’è, come hanno dimostrato le perquisizioni di ieri. Ma non è una scoperta del Griso. È davanti a tutti noi, grazie a Indymedia. (Con l’avvertenza che un terrorista serio si guarderà bene da mettere le sue idee su uno strumento open publishing). Per questo IMC Italia continua a essere un sito molto più interessante del Griso, non me ne voglia. È libero e aperto al contributo di tutti, esclusi fascisti, razzisti e sessisti: una limitazione che molti blog a questo punto troveranno eccessiva. Su Indymedia assistiamo alla guerriglia quotidiana tra estremisti di destra e centri sociali; i migranti reclusi nei CPT; i processi che riguardano anche le forze dell’ordine. Indymedia fornisce un altoparlante a tanta gente che non ne ha: se qualcuno è tanto fesso da usarlo per autodenunciarsi, peggio per lui. Rimangono comunque testimonianze interessanti, anche quando non si condividono.

Il Griso, però, non pare troppo disponibile a interessarsi. Lui cerca solo il materiale per un altro pappappero. Lui fa la predica ai disobbedienti. Non sui commenti di Indymedia, per carità: qualche disobbediente potrebbe sentire. No, lui si chiude nel suo orticello virtuale e perfeziona le sue frecciatine, che piaceranno molto a chi la pensa esattamente come lui. Ecco a cosa servono i blog: non a dialogare, ma a ripeterci le cose che già sappiamo. Come le favole di mamma e papà.

(E dire, per esempio, che una cosa come il Noglobbal Speech Generator) era pure divertente: ma perché non la posti nel newswire? Così, solo per vedere l'effetto che fa. Credi che nessuno sappia apprezzare l'ironia? Credi che nell'ambiente tutti apprezzino le tirate dei disobbedienti?)

E io? Non sto facendo esattamente la stessa operazione del Griso? Non sto riempiendo un post con lui, come lui ne ha riempito uno con Indymedia? Probabilmente sì. Probabilmente dovrei farmi i fatti miei e lasciarlo nel suo brodo (non di eversione). Il fatto è che sono un po’ stanco.

Sì, sono stanco di queste frecciatine, che non aggiungono e tolgono più nulla a quanto ci siamo già detti e stradetti, e che mi sembrano un’insistente richiesta di attenzione. Ma continuare a dialogare col Griso significherebbe spiegargli cosa penso ultimamente di lui. E io non vorrei. Ma se insiste:


Omissis


Io, però, non avevo aperto un blog per giudicare le persone. Specie quelle che praticamente non conosco. E poi mi chiedi perché non ho i commenti. Ma se siamo a questi livelli forse vale la pena di chiudere il blog, altro che i commenti.

Questa faida da quattro soldi, temo, sarà la mia fine. Exit Leonardo, vecchio blog di periferia: una volta tutti gli pronosticavano un glorioso futuro, ma lui ha continuato a frequentare cattive compagnie e ad azzuffarsi per delle sciocchezze. Finché non l’hanno trovato disteso su un tombino, con un commento ficcato nello sterno. Ben gli sta.
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Risposta a Leonardo: non è che per non attaccare Indymedia - che pure qualche filtro lo potrebbe usare, e raccoglie quel che semina: quando Repubblica mise su un forum in cui qualsiasi grafomane frustrato era invitato a dire se Sofri era un assassino o no, io me la presi con Repubblica, e non misi a repentaglio la libertà di stampa - non si deve nemmeno parlare del fatto che ci sia gente così. Va bene fare spallucce e essere uomini di mondo, ma per me la cretineria a queste quote è una notizia. E non siamo tutti cretini uguali, no: c'è gente che non scrive cazzate, gente che non le pensa, gente che non mette su forum sicari, gente che non ne strilla i contenuti in home page, gente che non è senza peccato, ma ci sta attenta).

Saloon Indymedia

Risposta (un po’ tardiva) a Wittgenstein:
sicuramente non siamo tutti cretini uguali, ma da ogni parte ci sono cretini, e alla fine si tratta di scegliere quali cretini tollerare, e quali no.
Detto questo, io non difendo Indymedia perché è libertaria (discutibile) perché è il sito del movimento (discutibile), perché ha contenuti interessanti (qualche volta).
Io difendo Indymedia perché fa open publishing, e l’open publishing è internet, allo stato puro. E io adoro internet, adoro l’open publishing, adoro essere qui nella parte dello sfigato qualunque a discutere pubblicamente con un giornalista di fama nazionale, grazie a internet. E pazienza se il prezzo da pagare per la mia libertà di parola è il dilagare di forum rissosi e trucidi.

Se chiedessi un filtro per Indymedia lo dovrei chiedere anche ai gestori di blogspot, di splinder, e di tutti i concessori di server del mondo. Dovrei chiedere la chiusura di Internet al personale non autorizzato. Non posso farlo. Ho deciso che Internet mi va bene com’è: uno spazio libero nel bene e nel male, uno spazio ancora largamente ignorato dalla legge. Un far west, più che un’utopia.
Un far west popolato non soltanto da attivisti indomiti e selvaggi, ma per lo più da cretini. Per te è una notizia. Per me no, è una banalità. Il mondo è pieno di cretini, che progressivamente stanno scoprendo internet, quindi il fenomeno è destinato ad aumentare. La maggior parte di costoro non diventano più intelligenti grazie all’open publishing (ma una piccola parte sì). Se trovano un luogo di discussione (un saloon, per restare nella metafora), il loro primo impulso è entrare in cesso con un pennarello e scrivere parolacce sullo sciacquone. Perché? Misteri dell’uomo.

Dopo un po’ arriva un giornalista, saluta tutti, entra in bagno ed esce scandalizzato: sullo sciacquone qualcuno ha disegnato una stella di David! Ma che locale è mai questo? Ma non ci vergognamo?
A questo punto non c’è da sorprendersi se i tizi al bancone alzano le spalle. Perché, d’accordo, è un fatto spiacevole, ma qui non siamo in una redazione di un giornale o di un organo di partito: siamo mille miglia lontano. È giusto lamentarsi con Repubblica per un forum infelice: Repubblica è un quotidiano d’informazione e ha il dovere di proporre contenuti di qualità. Indymedia no. Nasce con altri scopi.
Poi, se proprio insistete che ci vogliono regole, beh, qualche regola effettivamente c’è. C’è un vecchio cartello che dice che i messaggi razzisti, sessisti e fascisti verranno occultati. Ma il problema è che il newswire si aggiorna in tempo reale (è utile soltanto per questo motivo). Per cui, se ci dite che avete trovato una brutta scritta sul muro, noi andiamo di là e la cancelliamo.
Se però quella scritta riappare cinque minuti dopo, e ricancellata ricompare una terza volta, è chiaro che non ci troviamo più di fronte a semplice cretineria. È il caso del messaggio “Annunziata non è neanche giudea” che hai citato tu: è stato cancellato e qualcuno l’ha rimesso, tre o quattro volte. Insomma, c’è qualcuno che gioca sporco. Come si addice a un far west, del resto.

Io credo che una democrazia matura non dovrebbe troppo preoccuparsi dal fenomeno delle scritte sui muri (anche perché chi scrive sui muri di solito non uccide nessuno). Il problema è che noi non viviamo in una democrazia matura, bensì in Italia, dove qualsiasi sfregio su un muro o su internet può tornare utile nel grande Gioco della Strumentalizzazione. Dove (per fare un esempio bastardo) in occasione della morte di Stalin il partitino dei nostalgici stalinisti (che affigge spesso i suoi proclami nel saloon di Indymedia, nell’ilarità generale) può ritrovarsi ospitato in prima serata su un programma televisivo serio, ed essere trattato dai moderatori con più condiscendenza di quanta di solito gli riservi la marmaglia del saloon. Come può succedere questo? Dabbenaggine dei conduttori? Non posso crederlo.
Credo piuttosto che un certo tipo di cretineria (non tutta la cretineria), un certo tipo di merda (non tutta la merda), faccia comodo a qualcuno. E a questo punto rispondo anche a Cesare, che scrive:

Se certi toni o un certo linguaggio fossero usati su un sito di destra non grideremmo tutti, istintivamente, all'antisemitismo, senza se e senza ma?

Caro Cesare, purtroppo no.
Se “certi toni e un certo linguaggio” fossero usati su un sito di destra, noi non ce ne accorgeremmo neppure. Solo la merda di sinistra fa notizia. Quella di destra no. Non ci credi?

Leggi un po’ qui:

Bah è giusto che quel tizio non dovrebbe stare in RAI, ma c'è anche da dire che dovrebbero buttare fuori il negro che dirige il TgR su rai 3 del Lazio...

Un ebreo come direttore della RAI, guarda caso. Sempre i posti meno importanti finiscono per occupare, quegli arrampicatori sociali...

Ancora mi chiedo come si può onorare Paolo Mieli, che è un Ebreo alla ricerca di notorietà, od onorare [Massimo] Fini, che è un Intellettuale con nessun fattore di spicco, tra l'altro di sinistra...

Meno Male che è uscito di scena.. un presidente ebreo, che prendeva così tanti soldi...ed ex sessantottino.. era impossibile pagare il canone.


Che cos’ho fatto? Niente di che. Sono andato in un sito di estrema destra (ce ne sono tanti) e ho pescato un po’ di frasi antisemite scritte sul forum nei giorni del caso Mieli. Naturalmente ho ignorato i messaggi sopra o sotto, dove altri attivisti prendevano le distanze, perché sono un furbetto.
Beh? Vi sembra uno scoop?
No, non credo. Adesso che ci pensate, vi rendete conto di aver sempre saputo che su internet ci sono anche contenuti antisemiti, neofascisti, neonazisti, ecc.. Ci sono perfino blog che fanno un po’ di propaganda revisionista.
È triste, sì, ma di solito nessuno si mette a spulciare queste cose.
Invece una stella di David su Indymedia finisce sui giornali e alla radio. Perché?
Perché Indymedia, evidentemente, dà più fastidio di tutti i siti d’estrema destra messi assieme. Ma a chi?
A me no.

Ora potrei decidere di fare così: per ogni sconcezza che trovate su Indymedia, pescarne una su un sito di estrema destra. Probablimente vincerei la partita, ma perderei la dignità.
Secondo me la battaglia per la qualità su Internet non si combatte così, ma portando nel saloon contenuti di qualità. È quello che di solito cerco di fare. Per cui mi scuso della polemica (mi scuso anche coi fascisti che ho disturbato mentre discutevano) e passo oltre. Grazie per l’attenzione (e sì, potevo anche rispondere un po' prima).
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Tante cose vorrei, che forse in un pezzo solo non ci stanno.
Vorrei che la gente non scrivesse svastiche sui muri, ma dal momento che non è facile evitarlo, vorrei che alla cosa non fosse data troppa importanza, quando ben altri sono i problemi.
Vorrei vivere in un Paese un più sereno, dove non si strumentalizzano anche le bombolette spray, dove non vige (come in Italia) la par condicio delle cazzate, per cui se un giornalista s’imbatte in un caso d’intolleranza dell’estrema destra, subito deve cercarne uno di estrema sinistra da rinfacciare.

Ma siccome vivo in questo Paese, vorrei almeno che quel giornalista non abbia a trovare la “cazzata d’estrema sinistra” proprio su Indymedia.
E riguardo a Indymedia, vorrei tante cose. Innanzitutto vorrei che gli utenti (o almeno i giornalisti) capissero la differenza tra la parte redazionale (spazio al centro) e il newswire libero (colonnia a sinistra).
La parte centrale è il lavoro di un collettivo di attivitsti dell'informazione indipendenti; la colonnina a sinistra è praticamente un forum dove chiunque, c h i u n q u e può scrivere quello che gli va e pubblicarlo, e chiunque può commentare. Perciò chi scrive non è necessariamente un “no global”: molti che lo frequentano sono dell’area dell’estrema destra (alcuni si firmano anche). C’è anche qualche poliziotto, ma non è chiaro se scriva nel suo tempo libero. E c’è anche gente in pieno delirio di psicofarmaci. Insomma, è riduttivo considerare Indymedia un sito del movimento.

Naturalmente, se avete un minimo d’esperienza dei forum di discussione su Internet, sapete che il risultato non può che essere una fogna a cielo aperto, dove non mancano i tesori, ma la puzza è forte: e infatti è così, anche se io vorrei tanto che fosse diverso.
Vorrei che la redazione d’Indymedia trovasse un filtro al sistema che fosse compatibile con le istanze libertarie del progetto (come sta succedendo in altri Paesi), ma dubito che un filtro del genere possa sussistere (in realtà qualcosa c'è, ma non sembra essere stata applicata); e comunque, non avendo il tempo e la forza d’animo di entrare nella redazione e fare proposte concrete, mi rassegno allo stato delle cose (è la famosa “democrazia di chi si fa il mazzo”). Vorrei che anche gli altri critici di Indymedia si comportassero così: forse il sito diventerebbe più abitabile.

Vorrei inoltre che i giornalisti smettessero di pescare scoop di serie c2 sul newswire, perché è troppo facile: e poi magari quei giornalisti criticoni sono gli stessi che lo saccheggiano a man bassa negli unici momenti in cui diventa davvero uno strumento utile (durante le manifestazioni ‘calde’: ultimo esempio, i blocchi dei treni).

Vorrei invitarvi a riflettere sul fatto che, in fin dei conti, il newswire non è altro che un piccolo spaccato di Internet: un posto dove tutti possono pubblicare informazioni anonime. Se non ci piace il newswire, se lo troviamo pericoloso, se chiediamo che qualcuno lo controlli, allora dovremmo pensare la stessa cosa di Internet: davvero è più pericolosa che utile? Davvero vorremmo un’autorità che la controlli?

E veniamo al caso di ieri: su Indymedia qualcuno (non si sa chi) pubblica un’immagine piuttosto infelice: un logo della rai con la bandiera israeliana e la scritta “RAI, Radio Televisione Israeliana”. Anche qui, tante cose vorrei capire:

Vorrei capire perché un’immagine insulsa, sulla sezione di un sito che è notoriamente una fogna a cielo aperto, deve diventare un caso nazionale: oggi ne parlano almeno due quotidiani (Libero e la Stampa), e pochi minuti fa ho sentito che ne accennava a Radio 24 anche il Presidente della Commissione di Vigilanza. (In realtà lo capisco benissimo: l’immagine capita a fagiolo per poter dire che anche l’estrema sinistra ha il suo lato antisemita).
Vorrei che non esistesse l’antisemitismo, né a destra né a sinistra, ma dal momento che purtroppo esiste, vorrei capire come si fa a definirlo con precisione. Perché io, anche sforzandomi, non riesco a trovare nessun contenuto antisemita nell’immagine in questione. O basta raffigurare la bandiera dello Stato d’Israele fuori contesto?

L’immagine, in realtà, è solo un attacco di cattivo gusto a Paolo Mieli, che fino a poche ore fa era candidato alla presidenza della Rai. Mieli, effettivamente, è di origine ebraica, come ho appreso due giorni fa: e vorrei potermelo dimenticare tra due giorni, perché mi sembra un dato inessenziale.
Infatti vorrei vivere in una società laica, dove le religioni, come i segni zodiacali, fossero un fatto privato che nessuno ha il diritto di chiederti in un colloquio di lavoro.

Ma siccome vivo in questa società, vorrei almeno che una svastica sul muro o un’immagine impertinente su indymedia fossero classificate per quello che sono: scemenze di privati cittadini. La prima è perseguibile per legge, la seconda no, ma ben altri sono i problemi di cui si dovrebbe parlare oggi.
Molto più che di due idioti con una bomboletta spray nera, io vorrei che la gente cominciasse a indignarsi per un Ministro della Repubblica che dichiara “vedo la mano dei nazisti rossi”.
Molto più che per una stella di David su Indymedia, vorrei che i cittadini trovassero il tempo d’indignarsi per le dichiarazioni del Presidente del Consiglio (che a rigore non dovrebbe interessarsi della faccenda, nemmeno se non esistesse un certo conflitto d'interessi), o per la campagna della Padania, che è l'organo di stampa di un partito al governo. Perché sono queste le "difficoltà tecniche" per cui Mieli ha rinunciato, non certo i piccoli sconci sui muri o su internet.

Vorrei che fosse chiaro che a questo punto anche la Rai è una fogna a cielo aperto, ma che ci è arrivata con uno spreco di risorse e intelligenze infinitamente superiore a Indymedia. E allora, se permettete, a questo punto io sto con Indymedia. Perché il PMLI e la D’Eusanio sono entrambi trash, ma la D’Eusanio la devo pure pagare di tasca mia.

Infine vorrei citare due blog che mi hanno anticipato sull’argomento: Gnueconomy (che condivido pienamente) e 4 Banalitäten (neanche un po’, ma è sempre un bel sito).

(E vorrei fosse chiaro: anche i blog, nel loro insieme, sono una fogna a cielo aperto. Perciò non posso avere due pesi e due misure).
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Ci insospettisce anche il fatto che l'attentato terroristico casualmente fallito era stato programmato nello stesso giorno e nelle stesse ore in cui il PMLI commemorava solennemente a Firenze Stalin, quasi che si volesse oscurare questo evento storico. Ciò conferma che l'altro obiettivo dei mandanti del terrorismo è quello di spingere i sinceri rivoluzionari a compiere azioni avventuristiche e sanguinarie per sottrarli alla lotta per buttar giù il governo del neoduce Berlusconi, per l'Italia unita, rossa e socialista....


Per la rubrica: “Chi ci paga i politici...

...questa settimana esaminiamo il caso di uno dei più surreali partiti italiani: il PMLI. ML sta per Marxista-Leninista; in realtà il PMLI è la piccola conventicola degli stalinisti italiani. Le loro bandiere mettono ben in evidenza i profili dei “Cinque maestri”: Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao (li vedete, no?). Il loro sito (www.pmli.it) sembra una retrospettiva sulla propaganda comunista anni ’50, e ci vuole un po’ di tempo prima di rendersi conto che nei proclami inneggianti a Stalin nel cinquantenario della morte non c’è nessuna ironia.
Ora, è ben vero che in Italia non esistono (o non dovrebbero esistere) i reati d’opinione. Come è vero che i Marxisti-Leninisti, pur giustificando i morti di Stalin e Mao, non hanno mai ucciso nessuno.
Eppure io non sono d’accordo con chi li trova più patetici che pericolosi. C’è qualcosa che non mi torna.
Per esempio, i manifesti in quadricromia.

Chi ha fatto un po’ di politica ‘dal basso’, cioè distribuendo volantini, capirà quello che intendo: di solito i volantini sono tristi, in bianco e nero, con macchie grigie là dove un grafico improvvisato aveva immaginato di inserire una fotografia. Quando ci si vuole rovinare, quando c’è qualche soldo in cassa (e quando mai?), alcuni comitati o associazioni si spingono fino a stampare manifestini a due colori. E non di più, coi tempi che corrono.
Ma i Marxisti.Leninisti, che sono con tutta evidenza tre-quattro gatti, hanno manifesti in quadricromia, con tutti i colori dell’iride (il rosso specialmente). E quando vogliono ne stampano a volontà, e li affiggono dove gli pare.
Per esempio: nella mia città, dove i Marxisti-Leninisti si contano sull’unghia di un dito, sul palazzo di fianco alla sede di Rifondazione c’è un loro manifesto, abusivo, ma incollato così bene che in due anni non è ancora venuto via. È un montaggio di dubbio gusto e di sicuro effetto: un martello (contornato di falce) picchia sulla testa di un Berlusconi travestito da Mussolini. Gli automobilisti che passano di lì (e ne passano tanti), danno un’occhiata al manifesto e lo identificano con Rifondazione, che ha la sua bandiera sul terrazzo a pochi metri di distanza.

La stessa malizia che mostrano nell’arte di attaccare manifesti, si riscontra anche durante le manifestazioni di piazza. Da quando c’è il Movimento… diciamo da Genova in poi, il PMLI non s’è perso un corteo. Ma siccome sono quattro gatti e non hanno nessuna intenzione di allargare la base (se si iscrivesseo altri cinque gatti il Comitato Centrale sarebbe messo in minoranza), di solito preferiscono non marciare compatti. Piuttosto si mescolano tra la folla, con le loro belle bandierine colorate con Stalin in evidenza, e cercano di sventolarle davanti al maggior numero di teleobiettivi – preferibilmente quelli del Tg4 e di StudioAperto. Così la prima Fallaci che si sveglia durante il servizio può tuonare che è una vergogna, tutti questi milioni nelle piazze in realtà sono i soliti stalinisti, che lei quelle bandiere se le ricorda bene.

Succede la stessa cosa anche in provincia, badate: a ogni manifestazione, presidio, sit-in, ce n’è sempre uno con la sua brava bandierina che cerca di venderti il Bolscevico. Naturalmente nessuno lo ha invitato. Ma nessuno ha il coraggio di mandarlo via. Poi arriva il fotografo del giornale… ecc..
Insomma: dietro un'apparenza di partitino settario anni'70, qui c'è gente che sa fare branding in modo spregiudicato. (Dicesi branding l'abitudine dei pubblicitari di mostrare continuamente il marchio di un prodotto, per imprimerlo sulla coscienza del consumatore). Forse un po' troppo spregiudicato per degli anti-capitalisti, ma le vie della rivoluzione sono infinite, diceva Mao... o non lo diceva? Beh, avrebbe potuto dirlo.

Un discorso a parte meriterebbe il contributo del pmli a Indymedia: quando il newswire era ancora un ambiente vivibile, i marxisti-leninisti facevano del loro meglio per intasarlo con lunghissimi polentoni a base di lotta di classe e citazioni del libretto rosso, nell'ilarità generale dei frequentatori, dapprima increduli, poi divertiti, infine mortalmente scocciati. Anche qui, non sai dove l’ingenuità cede alla malizia: nell’estate del 2001 i marxisti-leninisti terminavano una loro torrenziale analisi, firmata Koba (nomignolo di Stalin), auspicando “la nascita del Forum Sociale Italiano”. Sai che roba, Koba, in quei mesi ne parlavano tutti. Ma loro lo mettono per iscritto: vuoi scommettere che tra qualche anno uno studioso, un editorialista, un magistrato, ritrova i documenti in archivio e si mette a dire che il Forum Sociale l’hanno inventato gli stalinisti?

L’ultimo episodio, forse il più significativo, è quello di ieri sera: in occasione del cinquantenario della morte di Stalin, un rappresentante del PMLI (Mino Pasca) ha avuto a disposizione una buona mezz’ora di diretta televisiva in prima serata per attaccare lo Stato Borghese e difendere le politiche di Stalin e della Terza Internazionale. Il tutto, mi duole dirlo, a “Otto e Mezza”, su La7. Va bene, Giuliano Ferrara e Luca Sofri hanno il diritto di invitare chi vogliono.

Quello che non capisco è come mai stavolta da nessun pulpito non sia partita la domanda rituale: chi vi paga? Ammesso e magari concesso che siate stalinisti per scelta di vita, chi vi finanzia le stampe in quadricromia, le bandiere serigrafate? I lettori del Bolscevico coi bollettini postali? Ma andiamo.
Ferrara invece s’interrogava sul perché un neo-stalinista possa essere invitato a un anniversario in tv e un neo-nazista no. Bella faccia tosta, visto che la scelta d’invitarlo è stata sua.
Dal mio punto di vista di spettatore di Otto e Mezza, mi sento di poterlo rassicurare: la presenza di un neo-stalinista in tv m’indigna come la presenza di un neonazista. Stavo per dire “esattamente come”, ma non mi piacciono certe simmetrie. PMLI e Forza Nuova mi fanno schifo entrambi, ma non è lo stesso schifo. E non sono nemmeno in grado di fare una graduatoria dello schifo.
Se poi Ferrara (e con lui Sofri) preferisce dare visibilità a un neo-stalinista e glissare sui neo-nazisti, il minimo che possa fare è assumersene la responsabilità.

(Piccola curiosità: lo sapevate in che partito milita attualmente il fondatore del PMLI? E' il terzo della lista)
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Chi vi paga per darci lezioni?
Un pezzo fazioso

Ricopio da un vecchio pezzo di Rolli:
Conviene demonizzare Berlusconi?
Uno studio pubblicato sulla rivista Italianieuropei, guidata da Massimo D'Alema e Giuliano Amato, rileva come se da una parte la demonizzazione ha contenuto la sconfitta dell'Ulivo, dall'altra ha avuto l'effetto di far calare la fiducia non solo in Berlusconi ma anche nei leader della sinistra, determinando un allontanamento dal voto o il rifugio in partiti minori...


Ma chi ha i soldi per fare politica, in Italia? A parte Berlusconi, naturalmente.
Diamo per scontato che il sistema italiano stia scivolando verso il modello americano: campagne elettorali sempre più costose, candidati sempre più ricattabili dai loro finanziatori. In Italia però ci sono vistose anomalie: se da una parte c’è l’uomo più ricco d’Italia, dall’altra c’è un partito (i DS) che è in bancarotta cronica da più di dieci anni. In teoria i giochi dovrebbero essere fatti in partenza…

…ma in pratica non è così, perché la stessa ambizione di Berlusconi a diventare padrone di mezza Italia (la mezza che non possiede già) è destinata a generare una spinta uguale in senso contrario. In Italia c’è fior di finanziatori interessati a investire sull’opposizione; ma la novità è che i soldi non passano più attraverso il Partito, per vari motivi (anche perché la legislazione post – Mani Pulite ha reso più difficile certi giochini).

Così, mentre noi continuiamo a lamentare la crisi d’identità del Partito, la crisi di leadership del Partito, ecc., non ci accorgiamo che al Partito manca qualcosa di ben più concreto: i soldi. Non ci sono soldi per fare le campagne (proprio nel momento in cui Berlusconi alza la posta e si mette a girare l’Italia in nave), non ci sono soldi per fare informazione (e così l’Unità chiude, per risorgere come quotidiano indipendente e tutt’altro che in linea con la dirigenza del partito). Negli ultimi anni i DS si sono ridotti a cedere le loro proprietà (uffici, terreni per i festival, ecc.) per trasferirsi in locali presi in affitto: cosa che io o voi faremmo soltanto se fossimo con l’acqua alla gola.

Eppure ci sono esponenti DS che fanno politica, anzi, che si sentono già in campagna elettorale, e che stanno già affrontando le spese del caso: i sondaggi, i comizi (che adesso si chiamano “incontri”), eccetera. Ma non li finanzia il Partito, il Partito è una struttura pesante, superata. E allora chi?
Un ruolo importante lo hanno quelle misteriose strutture che si chiamano Fondazioni, e che da che mondo è mondo svolgono un ruolo di cuscinetto tra la politica, la finanza e… qualsiasi altra cosa. Spesso sono pensioni di lusso per ex dirigenti di successo. La tensione che nell’ultimo anno ha lacerato i DS, potremmo anche descriverla come la lotta sotterranea tra la Fondazione Di Vittorio e la Fondazione Italianieuropei. La prima è il dopolavoro del chimico Sergio Cofferati; la seconda è l’invenzione di D’Alema e Amato.

Prendiamo l’esempio citato all’inizio (ne ha parlato anche il Foglio): una ricerca statistica di buon livello e, presumo, di un certo costo, che fornisce un fondamento scientifico alla linea politica di D’Alema. Chi l’ha pagata? Certo non il Partito, che già fatica a sbarcare il mese (e di cui D’Alema dovrebbe essere il Presidente super partes, ma lasciamo perdere). Evidentemente l’ha pagata la Fondazione Italianieuropei, che problemi d’affitto non ne ha. E chi finanzia la Fondazione Italianieuropei?

Ecco qui:
I donatori che indirizzano il proprio contributo al patrimonio costitutivo per una somma una tantum pari o superiore a cinquanta milioni di lire divengono Soci benemeriti e partecipano in queste veste alle attività pubbliche e sociali della Fondazione. L’assemblea dei Soci benemeriti nomina tra i propri membri tre Consiglieri di Amministrazione della Fondazione.

Tra i Soci benemeriti della Fondazione figurano esponenti del mondo imprenditoriale come, tra gli altri, Guidalberto Guidi, Gianni Agnelli, Francesco Micheli, Vittorio Merloni, Claudio Cavazza, Carlo De Benedetti, Gianfranco Dioguardi e Paolo Marzotto insieme ad aziende quali Pirelli, Gruppo Marchini, Philip Morris, Glaxo Wellcome, Pharmacia & UpJohn, Lega delle Cooperative, ABB ed Ericcson.


Se ne potrebbe dire tanto, veramente tanto, su questi soci benemeriti. Prendiamone uno a caso, che so, la Glaxo Wellcome. Dove ho già sentito parlare di Glaxo Wellcome? Ah, ecco, la Glaxo Wellcome. Beh, non credo che aggiungerò altro sulla Glaxo Wellcome, solo a pronunciarne il nome (Glaxo Wellcome) sento odore di querela. Lasciamo perdere.

Prendiamo allora… la Philip Morris. Beh, non credo che ci sia bisogno di spiegare cos’è la Philip Morris. Direi anzi che tutti conoscano bene la Philip Morris, le sue battaglie, i suoi valori, le sue idee. E questo è tutto anche sulla Philip Morris.

Sì, mi rendo conto, il mio moralismo è d'accatto e d'annata. In realtà per fare politica servono i sondaggi, e per ordinare i sondaggi ci vogliono soldi. Se D’Alema ritiene di poterli chiedere alle multinazionali, è libero di farlo. E tra prendere soldi dalle multinazionali ed essere al soldo delle multinazionali c’è una certa differenza, che io non saprei misurare in centimetri, ma c’è.
Quello che veramente mi stupisce è la franchezza. I casi sono due: o gli Italianieuropei sottovalutano internet e pensano che tanto su questa pagina non ci vada nessuno (e neanch’io ci sarei andato, senza Indymedia), oppure trovano che non ci sia nulla di male, per i rappresentanti di un partito europeo di centrosinistra, nel dichiarare quanti soldi prendono dalle multinazionali, anche quando le multinazionali vengono coinvolte in illeciti eclatanti. In entrambi i casi, io resto di stucco. E voi? Perché magari è un problema solo mio.
Comunque, in attesa che uno studio scientifico mi dimostri che sbaglio, io smetterò di demonizzare Berlusconi e comincerò a demonizzare direttamente D’Alema.

E ora mi aspetto che qualcuno dell’opposta fazione mi porti le prove che la fondazione Di Vittorio è finanziata dalla Corea del Nord, da Al Qaeda, dai Sette Savi di Sion, dalla Spectre. Per stasera il mio fazioso dovere l’ho fatto, alla prossima
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A Fornovo di Taro è stato segnalato un Carabiniere in lacrime.
E oggi c'è un presidio a Bologna.

Ma la vera notizia, forse, è che Indymedia è tornata un ambiente vivibile. E nell'aria si sente già la differenza.
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Cosa c'è, adesso?

Cosa c'è al TPO di Bologna?
Cosa c'è al Gabrio di Torino?
Cosa c'è al Rivolta di Firenze?
Cosa c'è nella sede dei Cobas di Taranto?

Cosa c'è da sequestrare, che non sia già stato messo in rete?
Cosa c'è da visionare, che non avreste potuto scaricare comodamente dal terminale della questura?
Ma soprattutto: cosa c'è da far sparire, che non abbiate già fatto sparire la sera del 21 luglio, mentre i vostri colleghi ci distraevano massacrando dimostranti nella scuola di fronte? Quando siete entrati nelle scuole Diaz-Pertini, avete fatto inginocchiare tutti e avete portato via i computer?
Che altro c'è? Che altro volete?

Volete prove delle vostre violenze? E perché Indymedia avrebbe dovuto tenerle nascoste? Anzi, ne abbiamo copie in ogni computer. In quante case avete ancora intenzione di entrare senza mandato?
Volete prove delle violenze che qualcuno avrebbe commesso su di voi? Ma perché non ve le siete procurate prima? Non potevate filmare qualche carabiniere con il naso rotto, dei centinaia che nel pomeriggio del 20 luglio marcarono visita e si presero un permesso? Stavano tutti così male, non c'era nessun celerino contuso che potesse testimoniare? Un finanziere con un occhio nero? Una guardia carceraria col braccio al collo? Nessuno? Non si è mai visto nessuno in televisione, sui giornali. Ma si sa, Indymedia detiene il monopolio dell'informazione...

Volevate oscurare indymedia Italia? Sciocchini, il server è in America... Indymedia è ancora su.
Volevate che nei telegiornali la notizia dei computer sequestrati passasse rapida dopo l'approfondimento sugli avvelenatori dell'ambasciata americana, così che il telespettatore sbadato stabilisse l'equazione Indymedia = terrorismo internazionale? (Permettete però una domanda: fa più scalpore un terrorista con la mappa delle fognature di Roma o i bombardieri americani in Serbia senza la cartina delle ambasciate di Belgrado? L'ambasciata cinese la tirarono giù. Fu un tragico errore. Non avevano la cartina. Potevano chiederla al Comune, come hanno fatto a Roma i terroristi arabi).

Volevate farci paura?
Ma noi abbiamo già paura. Tanta paura.
Brrrrrrr
Non ci credete?
Eppure, con quei pistoloni, con quei manganelloni, dei giovanottoni come voi, dovete farci paura per forza.
Rassicuratevi.
E ditelo anche a Scajola, che abbiamo tanta paura di lui.
Poveraccio.
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