Il Centro di Modena ha un problema

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Portici affumicati e strade strette
storte, piene di buche e di letame,
un'aria sempre torbida ed infame,
un continuo votar di canalette...

(Anonimo ex modenese)

Cari commercianti del Centro di Modena,
vi scrive un ex modenese, un po' preoccupato. Da quel che si leggeva in questi giorni sui vostri giornali, sembra che in città ci sia stato un vero e proprio assedio. Sei ore di combattimenti, anarchici dappertutto, cioè insomma, dappertutto, diciamo in via Emilia. Hanno rotto una videocamera a circuito chiuso. Hanno “preso di mira” le vetrine (scrivono tutti così: preso di mira. Neanche fosse un bersaglio mobile, una vetrina). Hanno lordato i muri con le bombolette spray. Hanno trasformato la città “in un teatro da guerriglia urbana”, ha detto l'onorevole Bertolini, che colgo l'occasione di salutare: buongiorno onorevole Bertolini, è da tanto che non sentivo più parlare di lei, cominciavo a preoccuparmi. Ma soprattutto, cari commercianti, tutti quegli anarchici vi hanno rovinato il sabato pomeriggio: quella mezza giornata che “le famiglie tradizionalmente dedicano allo shopping”. Un bel guaio, in tempo di crisi.

Cari commercianti, miei ex concittadini: credetemi se vi dico che mentre leggevo trepidante le testimonianze della battaglia, il mio cuore è tornato a dieci anni fa, quando anch'io passavo a Modena i miei sabati pomeriggio. Insomma la nostalgia si è impadronita di me, e ho ripensato ai miei sabati in via Emilia. Quanti ricordi, che folle, che calche... no, aspetta. Di solito nel ricordo tutto s'ingrandisce un po'. Nel mio caso questo non succede. Ovvero, io tutta questa gente al sabato pomeriggio non riesco a ricordarmela. Qualche crocchio sì, ma nulla di paragonabile a... a... qualsiasi altra città in cui io abbia passato un sabato pomeriggio. In Italia, in Europa, ovunque, ormai sono uno che ha viaggiato. Vivo da qualche anno in una città più piccola, non vi dirò quale perché non mi prendereste più sul serio, e rammento che i primi sabati che mi capitava di mettere il naso fuori mi chiedevo sempre cosa stesse succedendo: concerti gratis? Bancomat impazziti erogavano banconote? Orge in piazza? No, niente, era solo la normale folla del sabato pomeriggio. Normale? Non c'ero abituato. Eppure venivo da una città più grande, da Modena. Cari commercianti, da uomo che un po' ha viaggiato io prima o poi vorrei dirvelo: Modena ha un problema. Il centro di Modena ha un grosso problema. E non sono gli anarchici.

Quelli sappiamo benissimo cosa fanno: arrivano, girano tre isolati, sporcano un po', e poi levano le tende. Considerato che erano in seicento, il corteo non doveva superare i sessanta metri. Un corteo così avrebbe dovuto spaventare le famiglie? Rifletteteci bene. Una famiglia che sta prendendo il gelato al K2 non lo sente nemmeno, il corteo alla Ghirlandina. Magari s'incrociano al portico del Collegio, e se la famiglia si spaventa un po' prende per via Farini (dove ci sono comunque tanti esercizi interessanti), fine del disagio. Ma il vero problema è che la famiglia quel sabato non ci va nemmeno in centro, e perché? Coraggio, ditemelo, perché? Chi è che ha detto alla Famiglia Modenese: State lontani dal centro, arrivano migliaia di anarchici cattivissimi? Sono stati i vostri giornali. Quelli che continuano a pomparsi e pomparvi con questa storia della guerriglia urbana. Ma voi avete presente cos'è una guerriglia urbana?

Ho letto un'intervista al questore. Ha difeso la scelta di fare il corteo in Via Emilia: dice che in questo modo si sono limitati i danni. Dice che non è stata infranta una sola vetrina. Ecco perché i giornali scrivono che le vetrine sono state 'prese di mira': non possono scrivere che sono state rotte... Insomma 'sti anarchici devono avere una mira scadentissima: prendono di mira, prendono di mira, ma niente da fare. Oppure hanno capito, e non da oggi, che una vetrina rotta non serve a niente. Purtroppo continuano a usare bombolette e uova marce, ma anche qui, ha senso prendersela col Comune? Ha ripulito tutto in 24 ore, come al solito. Secondo voi avrebbero dovuto fare il corteo da un'altra parte. È il solito discorso. Perché la gente non manifesta a casa sua, magari con le tapparelle giù, e a basso volume? Ahimè no, il senso di una manifestazione è proprio l'azione di disturbo: la possibilità di fare arrivare il messaggio anche alla famosa famiglia che va a prendersi il gelato in centro. È una cosa che non si può impedire, neanche il questore ci prova. Cosa vorreste fare esattamente, transennare il centro storico? Far entrare soltanto quelli che hanno la faccia da shopping?

Ma non capite che il problema è l'opposto, e cioè che in centro a Modena non entra comunque nessuno? Praticamente nessuno. Una cittadina di cinquantamila abitanti ha dei sabati pomeriggio mediamente più interessanti dei vostri. E voi ve la prendete con gli anarchici. Dovreste festeggiarli, gli anarchici: sono gli unici che nel Centro di Modena ci credono ancora. Quando capiranno di quanto poco sia importante il Centro per gli stessi modenesi, non verranno più. Andranno a manifestare nel parcheggio del Grandemilia, o del nuovo multisala. E voi finalmente sarete liberi di esporre i vostri diamanti per i quattro turchi e i tre filippini che passano, perplessi. Il centro di Modena ha effettivamente un problema.

Può darsi che siano gli spazi. Strade troppo strette, e i portici non sono accoglienti come in altre città. Poi è vero che i centri storici sono luoghi schizofrenici. Negozi di lusso ed extracomunitari in subaffitto, non ha senso. Ma anche qui: è colpa del Comune?
Non sarà anche un po' colpa vostra? Se fosse per voi, la Pomposa sarebbe ancora la piazza dei cinesi. Invece hanno fatto aprire un po' di locali e adesso è piena di giovani. Non ce li avete mica portati voi, lì, diciamolo. Comunque adesso ci sono, e potreste profittarne per vender loro qualcosa. No, niente. È già tanto se non aderite a qualche raccolta di firme per far chiudere i locali. Sarà che ai giovani non si riesce a vender niente, hanno orari balordi, e poi non si sa cosa gli piace, sarà. Voi vorreste vendere alle famiglie. Ma le famiglie cosa dovrebbero venire a fare in centro, esattamente?

A proposito, voi dov'eravate quando hanno chiuso cinque cinema? Il Cavour. Il Metropol. Lo Splendor. L'Embassy. L'Olimpia, vabbè, diciamo che non era proprio in centro. E poi l'Arena che è diventato un porno. Tutto bene, secondo voi? D'altro canto, si sa, il cinema è un'invenzione senza futuro. Le famiglie non ci vanno più. Tranne per Avatar in 3d, eh, sì. Quante famiglie sono andate a vederlo, quest'inverno. Di sicuro non sono passate per il Centro.
A meno che non l'abbiano dato all'Astra. L'Astra resiste! È uno dei pochi motivi per cui mi capita ancora di trovarmi a Modena, di sabato, diciamo verso le diciannove. E magari mentre aspetto che cominci un film entro anche in un negozio. Ci trovo un'esercente scocciata che mi fa fretta perché non vede l'ora di chiudere. Il sabato alle diciannove. Io credo che Modena abbia un grosso problema.

Vogliamo raccontarci che siano gli anarchici? A proposito, ma con chi ce l'avevano? Con quel centro di Identificazione e di Espulsione che invece di identificare ed espellere gli immigrati li rinchiude per mesi e mesi. Quello gestito dalla Misericordia di Giovanardi, che prende soldi dallo Stato e non fa nemmeno funzionare le docce. Pensate che in un mondo appena appena un po' passabile quella gente non marcirebbe là dentro. Sarebbero in giro a darsi da fare. Qualcuno magari anche a Modena. E magari al sabato pomeriggio gli avanzerebbe un po' di tempo per farsi un gelato al K2. Ma poi lo fareste entrare nei vostri negozi?

No, eh?

Cari commercianti, io credo che il centro di Modena abbia un grossissimo problema.
Guardate, ve lo dico senza alcun pregiudizio, da vecchio appassionato di Centri storici. Anche adesso vivo in un Centro, oddio, diciamo in un Centrino. Sapete cosa c'è di fantastico? Che posso andare a lavorare in bicicletta. E compro il pane e la verdura sotto casa. E qualsiasi cosa. In effetti, sono sempre in bicicletta. A Modena la bicicletta mi è marcita in cantina. E dire che vivevo dietro il teatro. Perché non la usavo mai?

Forse perché in tutto il centro non c'era nemmeno un supermercato decente? Neanche uno. Pelliccerie, gioiellerie, e più scarpe che stelle nel cielo. Ma per fare una semplice spesa dovevo prender la macchina e andare all'iper. Avete capito qual è il problema?

Siete voi.
Perché non mollate l'osso? Vendete tutto e via. Coi soldi ricavati comprate un lotto di terreno, sloggiate l'anarchico che ci coltivava le patate bio e ci costruite un enorme centro commerciale pressurizzato. Lo fate a forma di Centro di Modena, però con l'aria condizionata e Pavarotti in filodiffusione. E soprattutto un immenso parcheggio davanti. Non verrà più pacchiano di un qualsiasi outlet, ma del resto ci siete mai stati in un outlet? Se avete visto il Fidenza Village, o Mantova Sud, dovete ammetterlo: quelli sì che sono centri storici come dio comanda. Si potrebbe fare anche un'autopista tutt'intorno, chiedete in giro, c'è richiesta per questo tipo di cose.

E il centro vero lasciatelo a chi lo abita. Ai giovinastri, agli extra, ai vecchietti, ai bambini, agli anarchici, a tutta questa gente inadeguata alle vostre vetrine. Vediamo come se lo gestiscono. Mal che vada diventerà un ghetto putrescente – quel che è stato per centinaia d'anni. Sopravvivrà.
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nessuno è prefetto

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Caronte in Capo

Sapete quanto mi piacciono i lapsus, e ieri su di un TG RAI, durante un servizio sulla rivolta del CPT di Modena, mi è capitato di vedere questo faccione abbinato al seguente sottotitolo: Daniele Giovanardi - Prefetto di Modena.

Ora, io so benissimo che l'ex ministro Carlo Giovanardi ha un fratello gemello (anche se non mi sembra di averli mai visti nello stesso posto insieme: buffo). Ma so anche che non fa il prefetto a Modena. È un medico, molto stimato. È anche il presidente di un'associazione, una cooperativa, una cosa che si chiama Misericordia di Modena.

Quello che mi piace dei lapsus, è la quantità di cose che suggeriscono. Posso farmi tutto un romanzo sul povero giornalista che arriva a Modena e cerca informazioni su questo CPT dove ieri un tunisino si è strangolato con le sue stesse mani. A un certo punto arriva questo Giovanardi, che oltre a sembrare un esperto ha anche la faccia giusta: praticamente i telespettatori la conoscono già, lineamenti rudi, ma rassicuranti. Questo signore comincia a lamentarsi di come vanno le cose nel CPT: è tutto un disastro, non hanno i mezzi per domare la rivolta, ecc. ecc. Il giornalista che può fare? Riprende, registra, ringrazia, manda a Roma.

A Roma si ritrovano l'intervista a questo Giovanardi, e magari cominciano a porsi il problema: ma chi è? Un fratello di un ex ministro, benissimo, ma in che modo c'entra col CPT? Perché per c'entrarci, c'entra: ne parla come fosse roba sua. E allora... mah... Sindaco di certo non è... sarà il Prefetto. Ecco. Ci scriviamo "Prefetto", e se è un errore... rettificheremo. Mica è un'offesa, dare a qualcuno del Prefetto.

Infatti non è un'offesa. Ma è un lapsus che spiega meglio di mille parole il problema dei CPT.
Giovanardi non è il Prefetto (infatti chiede più poteri al Prefetto). Non è neanche il Questore (ma chiede più poteri anche al Questore). Con quel cognome è abbastanza inverosimile che faccia il Sindaco: ma se il Sindaco volesse dargli qualche potere in più, non lo rifiuterebbe. Insomma questo Giovanardi esattamente che titolo ha? Beh, basta l'intervista per farsi un'idea. Giovanardi è quello che, quando gli inquilini del CPT di Modena si rivoltano, vorrebbe il permesso di tenerli fermi. Non perché sia cattivo, ma perché quelli fanno sul serio. Menano anche.

Capite il dramma dei giornalisti RAI? Giovanardi non è prefetto, non è questore; non esiste in Italia una parola che definisca quello che fa. Potremmo chiamarlo capo delle guardie, ma sarebbe come dire che il CPT è una prigione, e non si può. Non si può perché quelli che stanno lì dentro non hanno commesso nessun reato. Il tunisino che si è strangolato con le sue stesse mani è entrato e uscito da un CPT almeno tre volte, ma finora non risulta che avesse commesso nulla di illegale. Neanche una multa per schiamazzi, niente.

Quindi: capo delle guardie, no. E allora? Siccome gli inquilini del CPT sono persone oneste fino a prova contraria, potremmo chiamarlo “capo dei portieri”: ma sarebbe prenderlo in giro, perché queste persone oneste hanno una gran voglia di uscire da lì dentro, e per farlo sono disposti a dar fuoco a tutto quanto, a fare lo sciopero della fame, magari anche a picchiare gli uomini di Giovanardi, altro che portieri. In effetti, se gli stranieri non delinquevano prima di entrare nel CPT, è facile che comincino lì. "La situazione sta diventando insostenibile", dice Giovanardi, e io gli credo.
Non resta che inventarsi una parola, magari pescandola dai miti o dalle leggende. Perché non "Decurione"? O meglio ancora, "Caronte"! Lui stesso ammette che "chi si trova lì dentro ha visto fallire il suo progetto di vita e la prospettiva è quella di essere rimpatriato". Più ci penso e più mi suona bene. Diciamo allora che Daniele Giovanardi è il caronte in capo del CPT di Modena. Ora che finalmente abbiamo un nome per chiamarlo, possiamo porci altre domande: come si diventa caronti? I prefetti li nomina il Presidente della Repubblica su designazione del Ministro dell’Interno – i caronti, chi ce li manda? E chi li paga? Perché nessuno farebbe il Caronte gratis, vero?

Non sono informazioni semplici da raccogliere. Se mi ricordo bene la cosa funziona così: il Ministro degli Interni fa una gara d’appalto, e chi vince la gara fa il Caronte. Insomma, trattasi di servizio esternalizzato. Ma siccome in Italia (o perlomeno a Modena) siamo brava gente, questo tipo di gare le facciamo fare solo ad associazioni, cooperative senza scopo di lucro, come si chiamano? ONLUS. Giovanardi è per l'appunto presidente di una ONLUS, che gestisce il CPT di Modena. Sì, appunto. Suo fratello va in tv a parlar male del collateralismo tra politica e coop rosse in Emilia, e lui intanto vince gare d’appalto. E' un mondo così.

Ora capite bene che per la faccia, il cognome, il mestiere che fa, Daniele Giovanardi non ha molte chance di essermi simpatico. Anzi, vederlo lamentarsi in tv a mezzogiorno perché gli inquilini del condominio menano e lui non può dargliele indietro, mi procura perfino un sottile e anticivico piacere. Hai voluto la bicicletta? Pedala…
Poi mi ritorna in mente che Giovanardi non è un caronte qualsiasi, ma il caronte in capo, e che la scena in cui una giunone nigeriana infierisce su di lui gandhianamente impassibile è destinata a restare nella mia fantasia. A pagare sono sempre i sottoposti. E comunque quello che lui solleva è un problema autentico. Il CPT non è né una galera né è un albergo (anche se a conti fatti costa alla collettività più di un hotel a 3 stelle). Qualche anno fa negli ambienti molto a sinistra lo si chiamava lager – ma è un’esagerazione che non risolve nessun problema. I CPT non sono concepiti come campi di sterminio: e se ogni tanto qualcuno ci si ammazza, questo non accade in misura molto maggiore che in altri istituti di detenzione.
Invece posso concordare con chi li paragona a Guantanamo: non saranno recinti per polli, ma come Guantanamo sono terre di nessuno, dove non vige la Costituzione, né per i carcerati né per i carcerieri. E questo è un grosso problema per i carcerati. Ma ogni tanto bisogna pensare anche ai carcerieri. Sono pagati come operatori socio-assistenziali, ma devono domare le rivolte. È evidente che c’è qualcosa che non va, se solo avessimo il coraggio e la pazienza di guardare.

Non posso che essere contento se finalmente i carcerieri, volevo dire i caronti di tutti i CPT d’Italia, trovano il coraggio di esprimere il loro disagio. Anche se a metterci la faccia per ora è proprio il gemello bello di Giovanardi, non esattamente un mostro di simpatia. Ma d’altro canto c’è poco di simpatico in quel che fa. Non è un questore, non è un prefetto. Anche "caronte" mi ha già stancato. Come si chiamava in latino il custode del recinto degli schiavi? Ecco, vedi che alla fine il latino a qualcosa serviva?

***

Ps: Ho letto di molti che non sono andati a votare le Primarie perché insoddisfatti dei candidati e dei loro programmi. Se per questo, anch’io.
Quando sento qualcuno che si lamenta per la scarsa qualità dei candidati PD, spero sempre che tirino in ballo la questione CPT, che è enorme sotto tutti i punti di vista. No, quasi sempre si tratta del matrimonio gay.
È una prospettiva che posso anche capire: molti di voi sono gay, nessuno di voi è clandestino. I problemi che vediamo da vicino ci sembrano sempre più grandi dei problemi degli altri. Comunque uno può sempre emigrare, no?
No: appunto, i clandestini non possono.
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- sulla via per Lampedusa

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Servo di Dio

L'angelo apparve a Abdullah il primo aprile 2006, nel cielo terso di Pantelleria: il mondo non sarebbe stato più lo stesso.

A detta di alcuni non sarebbe stata Pantelleria, ma Lampedusa: e non il primo aprile, bensì il 28 marzo: data in cui secondo gli annali si verificò effettivamente un eclissi totale di sole nel Nordafrica. Ed ecco spiegato perché Abdullah stesse impalato a guardare il cielo quel giorno. Del resto le eclissi nel Cristianesimo sono importanti: alla morte di Gesù Cristo in croce si fece buio in tutta la terra, ecc. ecc. (Ma anche il primo Aprile ha il suo bel simbolismo: il Pesce era il rebus usato dai primi cristiani clandestini nelle catacombe…)

Gli avevano detto di non fissare il sole, che senza occhiali era pericoloso, ma gliel'avevano detto nella lingua sbagliata, e comunque ad Abdullah non fregava più niente di niente. Perdere la vista, dopo aver perso tutti quei soldi. I risparmi della vita. Più un bel prestito dal cugino. Più nulla. Tutto bruciato. Gli italiani avevano intercettato il peschereccio venti minuti dopo la partenza. Una soffiata dei libici, evidentemente, ma chi se ne frega? Libici, italiani, tutti ladri, tutti bastardi. I risparmi di una vita per finire in una galera italiana all'aria aperta. Senza aver fatto niente di male. I risparmi di una vita. Ladri e bastardi.

Nel racconto che ci è stato tramandato c'è un'evidente imprecisione. Abdullah sostiene di avere visto l'angelo in una "galera italiana all'aria aperta", il che è impossibile. In quell'epoca non c'erano prigioni del genere, sulle isole italiane del mediterraneo. A Lampedusa c'era però un centro di raccolta dei clandestini, ed è possibile che Abdullah l'abbia scambiato per una galera, per via dei muri, delle sbarre di ferro alle finestre, della polizia, delle manette, del filo spinato. Ma noi sappiamo che in realtà non si trattava di una galera, bensì di un centro di raccolta. Giusto per ristabilire la verità storica.

Cosa gli sarebbe accaduto, ora, Abdullah non poteva saperlo. Fu l'angelo stesso che glielo spiegò, sussurrandogli all'orecchio: "Abdullah, servo di Dio, sei nella merda. Ora gli italiani ti riconsegneranno ai libici, che dopo averti succhiato i soldi di una vita con la promessa di sbarcarti in Italia, ti ficcheranno in un campo di concentramento a Kufra, nel bel mezzo del Sahara, a pane e acqua sotto il sole. Questo è il tuo destino, Abdullah. A meno che…"

"Chi sei?", disse Abdullah "Perché mi chiami servo di Dio?"
"Perché è il tuo nome, no? Abdullah, servo di Dio. Non cercare di fissarmi, ti fai male".
"Sei un angelo?"
"Lascia perdere chi sono. Troppo bello per te, comunque. Ascoltami attentamente. Ci tieni ancora ad arrivare in Italia?"
"L'Italia è una merda".
"Sì, e Kufra è merda secca. Ascolta me. Hai ancora una possibilità. Sai leggere? Hai dato un'occhiata ai giornali di recente?"
"Sono stato un po' impegnato".
"Ti pareva. Quindi non sai cos'è successo in Afganistan".
"Hanno trovato Osama?"
"Ma che Osama e Osama, ascoltami. Devi sapere che…"

***

L'operatore era un panzone stronzo, per nulla consapevole di trovarsi di fronte a un servo di Dio. Con l'aria più seria del mondo snocciolava sillabe dal suono vagamente arabo, e se non lo capivi al volo s'incazzava pure.
"Sostieni di chiamarti Abdullah".
"È il mio nome, sì".
"Originale. E verresti dalla..."
"Mauritania".
"Abdullah, forse ti piacerebbe sapere dove ti manderemo".
"Credo di saperlo già".
"Per ora torni in Libia, dove ci sono dei campi per i clandestini come te. Avrai da mangiare e da dormire. Poi…"
"No".
"Come sarebbe a dire, no?"
"Non succederà nulla di tutto questo. Io andrò in Italia, oggi stesso. Stasera atterrerò a Roma".
"Ah sì?"
"Verrà un Ministro a prendermi all'aeroporto. Non so bene quale ministro. L'angelo non me l'ha detto".
"Non riesco a capire".
"Non riesci a capire perché la tua conoscenza della lingua araba è spaventosamente approssimativa, panzone di merda! A Roma avrò a lamentarmi di questo trattamento".
"Fammi capire, tu pensi che andrai a Roma?"
"Io non penso, io so. Io sarò a Roma, stasera".
"E chi te lo fa pensare?"
"L'angelo che ho visto qua fuori, un'ora fa. Me l'ha detto lui".
"Ti ha detto cosa?"
"Mi ha detto: Abdullah, servo di Dio, c'è un solo modo per salvarti. Convertiti. E io gli ho detto: ".
"Convertiti?"
"Ma tu sei scemo, o non lo sei? Lo capisci quello che sto dicendo? È importante. Mi sono convertito. Adesso sono cristiano. Non potete rimpatriarmi in Mauritania. Là c'è il reato di apostasia. È punibile con la morte. A p o s t a s i a. Sai cosa significa? In francese, forse?"
"Apostasia…"
"È quando qualcuno rinnega la sua religione per convertirsi a un'altra. Come quell'afgano in tv, l'hai visto l'afgano? Ha chiesto asilo religioso e in mezza giornata gliel'hanno dato. E adesso lo devono dare anche a me. O ci sono apostati di serie A e di serie B?"
"Piano, piano, non capisco".
"Hai capito benissimo. Ho visto un angelo che mi ha detto convertiti. Mi ha anche detto di… di… cos'è che fanno i cristiani, si lavano i capelli, come si chiama…"
"Il battesimo".
"Perfetto, il battesimo, chiama il tuo mullah, devo battezzarmi. È urgente".

In seguito il Ministro degli Esteri ebbe a esprimere in privato l'opinione che, se ci si fosse limitati a battezzare Abdullah a mazzate, rispedendolo subito dopo al mittente, si sarebbe senz'altro violato qualche principio internazionale, ma anche evitati tutti i casini che ne seguirono. Perché non appena Abdullah fu battezzato Teodulo (che in greco significa "Servo di Dio") e la voce si sparse, nell'isola, che bastava una lavata di capo per ottenere il permesso di soggiorno, l'ondata di conversioni spontanee che ne scaturì fu tale da far impallidire le gesta dei Santi Pietro e Paolo e gli Atti degli Apostoli tutti. Di lì a pochi giorni le ambasciate italiane in tutto il Medio Oriente venivano circondate da migliaia di persone che non venivano più ad appiccare il fuoco per qualche vignetta irriverente, macché! Tutta gente che aveva visto un segno in cielo, tutti folgorati sulla via di Damasco, o meglio di Lampedusa...

In capo a sei mesi, il Parlamento italiano – con un emendamento bi-partisan – stabiliva il reato di apostasia, con effetto retroattivo. I musulmani che avessero tentato di battezzarsi e abbarbicarsi alle radici cristiane sarebbero stati puniti non già con la morte (ché siamo gente civile, noi), ma con l'espulsione in qualche Paese dove gli apostati li lapidano.

(A proposito, gli angeli ci sono sia nel Cristianesimo che nell'Islam - e si chiamano più o meno con gli stessi nomi. Ma non sono tutti per forza buoni consiglieri. Si sa per certo che il più bello si ribellò a Dio, e tuttora tra i due c'è una certa ruggine. Insomma, non dovete per forza fidarvi del primo che vi appare, anche se ha una buona idea da proporvi).
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- l'era dell'ottimismo

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Sorridi, sei in Italia

Diciamo che esiste Xavière (nome inventato): è una ragazza di 28 anni che proviene da un Paese dell'Africa occidentale. Ma sta in Italia. In un Centro di Permanenza Temporanea.
Xavière non dice niente, ma ci sorride dal giornale.

La cosa fa scalpore e induce anche un po' al sospetto, perché a prima vista il CPT non è appare come un luogo divertente dove vivere. Per dire, tutto intorno c'è una recinzione alta alta, e non si può uscire. Insomma, quando in prima pagina sul giornale locale compare il titolo "Storia di Xavière che grazie al CPT torna a sorridere", uno lì per lì non ci crede. Fortuna che nelle pagine interne è tutto spiegato.

E infatti lì si apprende che Xavière
– ha smesso di sorridere anni fa, quando uno zio ha commesso su di lei violenze e soprusi che "l'avevano portata a rischio di vita".
– ma per fortuna un ente missionario italiano si è interessato al suo caso, e l'ha fatta venire in Italia.

E volendo la storia sarebbe già finita qui, e noi sul giornale leggeremmo: "Storia di Xavière che grazie alla missione italiana torna a sorridere"…

– e invece no! perché la missione riesce solo a procurarle un permesso di soggiorno turistico (e ci mancherebbe altro, lo zio ti molesta e vuoi che ti neghiamo una gita turistica nel Bel Paese?) Diciamo che Xavière si sistema da turista presso il fratello, immigrato regolare in una dolciastra cittadina lombarda. Per tre anni rimane lì, "facendo per conto della parrocchia locale dei piccoli lavoretti".

E in fondo la storia potrebbe essere finita anche qui, e su un altro bel giornale locale leggeremmo: "Storia di Xavière che grazie alla parrocchia torna a sorridere"…

– ma per fortuna non è così! Perché la "comunità che la assiste" nel frattempo si è dimenticata di iniziare la trafila per regolarizzare la sua posizione. Così un giorno – magari in seguito a una telefonata – le forze dell'ordine passano in parrocchia per un controllo e ci trovano la turista Xavière, nel bel mezzo del suo Grand Tour europeo, magari mentre dà lo straccio in oratorio. E la arrestano, anzi no, non si può dire che l'arrestino, non è la parola giusta; limitiamoci a dire, con Vasco, che la prendono e la portano via. La portano nel CPT di un'altra città.
– In questo CPT gli operatori ricostruiscono la storia, ne controllano la veridicità, mettono in ordine i dati e ottengono la regolarizzazione. Così in effetti adesso Xavière sorride. Grazie al CPT.

Però io non mi limiterei a ringraziare il CPT, che in questo caso ha effettivamente fatto un buon lavoro. Tutti hanno la loro parte di merito per aver fatto sorridere Xavière. E quindi mi sembra il caso di ringraziare anche:
– La parrocchia che le ha dato un lavoro, anzi, tanti "lavoretti", senza mai intraprendere la regolarizzazione; se fosse stata regolarizzata subito, Xavière non avrebbe mai incontrato il personale del CPT, e quindi sorridere.
– La missione che l'ha portata in Italia ma non aveva niente di meglio da promettere che un visto turistico; se non fosse mai arrivata in Italia, Xavière non avrebbe mai potuto essere arrestata presa e portata da via nel CPT, dove finalmente ha potuto sorridere.
– E sì, forse anche lo zio, perché a ben vedere senza le sue molestie, come avrebbe fatto Xavière ad arrivare in Italia, anzi nel CPT che le ha ridato il sorriso?

Ma in fondo noi esageriamo l'importanza degli enti, delle parrocchie, delle persone. Se l'accoglienza degli stranieri in Italia è una macchina così bene oliata, il merito è delle leggi. In un altro Paese, in un altro mondo Xavière sarebbe arrivata e si sarebbe semplicemente messa a lavorare con un contratto regolare. Non avrebbe dovuto ringraziare nessun generoso salvatore. Pensate che ingiustizia.
In Italia, invece, guardate quanta gente Xavière deve ringraziare; quanti eroi a cui deve il suo sorriso. Dai datori di lavoro della parrocchia agli operatori del CPT, è tutto un piccolo grande mondo che si adopera affinché dopo mille traversie Xavière finalmente sorrida. E non è fantastico questo?
Voglio dire, trent'anni fa partivamo ancora con le valige di cartone. E adesso in tante città abbiamo centri murati e recintati dove gli operatori si adoperano a far sorridere la gente. Non è un mondo perfetto. Però ci stiamo lavorando.

E cosa sono questi brontolii – li sento, sapete. Che razza di mondo avete in mente, voi? Un mondo dove chiunque arriva può mettersi a lavorare regolarmente, subito, senza ringraziare nessuno? O addirittura un mondo senza paesi poveri, dove non esistono zii molesti, e quindi nessuno deve scappare con permessi di fortuna?
Davvero è questo il vostro sogno? Un mondo grigio, senza sorrisi? Un mondo dove tutti si danno da fare e nessuno ti ringrazia?
Tenetevelo, il vostro mondo. Noi preferiamo stare qui. È pieno di creaturine sorridenti. Di sicuro vorrebbero dirci "grazie".
Se solo potessero parlare…
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- 2025

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Caro Leonardo, anzi no, non a te oggi.
Scriverò piuttosto al

Caro astensionista di sinistra,
È da un po' di tempo che non ci sentiamo, vero?

E tu senz'altro non ti ricordi di me. Non ti ricordi neanche di te. Di essere stato, anche un giorno solo, astensionista. Di sinistra.
Quel giorno è stato esattam 24 anni fa, figurati. Con tutto qllo che è successo dopo – Genova, le Due Torri, l'Iraq, la Cina, le grandi alluvioni, il Teopop, le piramidi in Antartide, eccetera. In mezzo a tante catastrofi, com'è possibile che io possa portare rancore per te? In fondo cosa hai fatto di così grave? Niente. Un giorno c'era da salvare l'Italia da cinque anni di merda e non l'hai fatto. Tutto qui.
Il giorno dopo eri già pronto a riparare. Hai organizzato comitati, hai promosso referendum, girotondi intorno ai tribunali, forum internazionalisti, eccetera. Ma era troppo tardi, per l'Italia, forse: di sicuro era troppo tardi per me. Tu mi hai spezzato il cuore il 13 maggio 2001, astensionista: e nessun girotondo, nessun forum, nessun referendum me l'ha più rimesso insieme. Finché ho avuto un blog, ti ho scritto, Astensionista. Ti ho scritto nel 2001, nel '2, nel '3, nel '4, finché ho avuto speranza di convincerti dell'enormità del tuo errore. Quando ho perso quella speranza, ho smesso di scrivere.

Perché vedi, caro Astensionista, sono anch'io un po' come Taddei. Lui ha il pallino delle elezioni americane di vent'anni fa: io mi sono bloccato in quel piovoso giorno di maggio del 2001. Niente e nessuno riuscirà a convincermi che le cose dovevano andare per forza così. No. Quel giorno avevamo il destino tra le mani, e ce lo siamo fatti soffiare. Da allora ogni catastrofe, ogni carestia, ogni frana, mi sembra in qualche modo meritata.

Quando dico che niente e nessuno riuscirà a convincermi, parlo con cognizione di causa, visto che una volta ci provò Arci stesso. Fu a Bisanzio, nel… nel… (ho delle difficoltà a orientarmi negli anni Dieci), durante gli accordi di pace trilaterali. Facevamo parte tutti e due parte della delegazione del Teopop: lui era l'eminenza grigia, io qllo che prenotava ai ristoranti. In verità, non ne prenotai nessuno.

Bisanzio ha da esser splendida, con tutte qlle moschee ultramoderne, ma l'ho giusto ammirata da un balcone. La nostra delegazione non usciva quasi mai dall'albergo, ufficialm per motivi di sicurezza, in realtà per un senso di vergogna che ci pesava addosso fino a schiacciarci al suolo. I bizantini consideravano gli accordi di pace un'occasione per processarci davanti alla loro opinione pubblica. L'accusa ci era stata formalizzata il primo giorno: genocidio.
"Ma non siamo stati noi!"
"Avete però contro tutte le evidenze".
"Eravamo giovani! I nostri padri…"
"Signori, noi da giovani fummo giudicati per un genocidio compiuto dai nostri bisnonni. In politica le colpe dei padri ricadono sui figli, benché nel vostro libro sacro sia scritto diversamente".
"Lasciate perdere i libri sacri! Noi non potevamo sapere…"
"Non sapevate, non immaginavate, avete ubbidito agli ordini. Coi genocidi è sempre così. Siamo spiacenti".

Era successo che gli storici bizantini avevano pensato bene di fare il calcolo di tutti i morti sulla frontiera del mare, durante le grandi migrazioni degli anni '90-'10. Compresi qlli rimpatriati a forza in Libia, e poi morti in qualche campo di lavoro nel Sahara. E i morti suicidi nei CPT. Trent'anni di gommoni e pescherecci colabrodo. La cifra era spaventosa, la vergogna ancora da spartire.
"Sarà dura spiegare ai nostri compatrioti che sono responsabili di tutto qsto", disse Arci, l'ultima sera. Era disteso sul letto nella nostra camera d'albergo, e pensava a voce alta. Io stavo facendo la valigia. "Non siamo tutti responsabili", dissi.
"Sì, dai trent'anni in su, sì. Sapevano benissimo cosa stava succedendo. Sapevano del Canale d'Otranto e degli scafisti libici e tunisini. Dei CPT. E della schiavitù e della prostituzione. Sapevano tutto e non hanno fatto niente. Peccato d'omissione, c'è nel nostro libro sacro".
"Lascia perdere quel libro lì. Ci sono persone più colpevoli di altre".
"E sarebbero?"
"Bossi e Fini, sarebbero".
"Ma la gente annegava anche prima. E dopo".
"La maggior parte è annegata durante".
"Mac, dove vuoi arrivare? Secondo te dovremmo scaricare tutto su un paio di vecchi politici?"
"No, non dico qsto. È colpa di chi ha permesso che Bossi e Fini scrivessero qlla legge. Se solo il 13 maggio del 2001…"
"Ci risiamo col 13 maggio".
"Per me è importante. È lo spartiacque. Quel giorno potevamo decidere del nostro destino. Essere complici di un genocidio o no. Scusa se è poco".
"No, Mac, no, te l'avrò detto mille volte. Il futuro non si determina in un giorno. Tieni. Mettiti qsta".
"Un altro casco? Cos'è?"
"Un gingillino, tecnologia usastra. Le interfacce utenti di adesso le fanno così. Bella, no?"
"È più elegante di qlle che ti facevi nel garage, ma… mi sta punturando il cervello, o sbaglio?"
"Rilassati, non ti farà più male di un'aspirina".
"Le aspirine fanno male. E cosa dovrebbe succedermi? Finirò in una specie di realtà virtuale?"
"No, il concetto è diverso. Una periferia del tuo cervello carica un software, e interagisce con te con stimoli discreti. Vedrai scritte e disegni in sovrimpressione, ma continuerai a vivere e operare nel mondo reale. È difficile da rendere a parole, ma… anche i rumori e gli odori e le sensazioni tattili le percepirai in sovrimpressione".
"Da impazzire"
"No, anzi, pare che distragga meno di un comune monitor. E della marijuana. Sai, ogni volta che arriva una tecnologia nuova c'è qualche flippato a Londra o Boston che riesce a dimostrare che fa più male della ganja, ih ih".
"Arci, siamo due diplomatici del Teopop, se i nostri compagni sapessero… Oddio".
"Hai caricato?"
"Che roba mi hai messo qui dentro? Sento delle voci".
"Seh, capirai le voci, ti bastava un walkman. Rilassati, piuttosto, e inizierai a pensare dei pensieri".
"Tredici maggio del 2001. Sono nel tredici maggio del 2001! Cosa significa? Sto viaggiando nel tempo? E allora perché non piove? Quel giorno pioveva".
"Mac…"
"Ci sono: è un universo parallelo. È così. Mi sta mostrando un universo parallelo in cui il 13 maggio c'è il sole, Rutelli vince le elezioni e…"
"Mac, non è un universo. È solo un giochino".
"Un giochino?"
"Un gioco di simulazione di civiltà, l'ho comprato al duty-free dell'aeroporto. Roba usastra, illegale da noi. Si chiama Civilization VII".
"Stai scherzando".
"Ho sentito dire che a furia di evolversi qsto software ormai è diventato più determinista della Storia vera, nel senso che ormai tiene conto di variabili di cui la Storia s'infischia. Per esempio, se il cavallo bianco di Napoleone diventa grigio, cambia l'esito di una certa battaglia, e altre cose così. Ieri ci ho giocato un po' e poi ho preparato uno scenario per te. Ti piace?"
"Ssst. Aspetta. Sono al Quirinale che presto giuramento. Sono Rutelli, è così?"
"Proprio così. Come ti senti?"
"Non tanto bene".

(Continua)
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Lettera aperta al Forum Sociale di Modena

Premessa: io non ce l’ho con nessuno. In particolare non ce l’ho con nessuno del Forum di Modena. Credo anzi nella buona fede di tutti quelli che finora si sono impegnati per la riuscita delle iniziative e delle riunioni del Forum. Invece non credo (per motivi di età) alla buona fede di qualsiasi persona in qualsiasi momento. Questa tendenza a credere che tutti siano buoni, intelligenti e ben disposti nei nostri confronti ha un nome: si chiama "dabbenaggine". Noi gente dabbene che ci siamo messi in testa di costruire il Forum ci siamo anche assunti una certa responsabilità: tra qualche tempo magari ci stancheremo di venire al Forum, ma il Forum continuerà a esistere, con le regole, scritte o meno, che noi gli avremo dato. Chi verrà nel Forum dopo di noi avrà la nostra stessa buona fede? Non lo sappiamo. Possiamo lasciare che siano la buona fede e il buon senso le uniche regole (non scritte) del Forum? Secondo me no.

È da un po’ che volevo chiedere scusa a quel Gruppo Organizzazione che, dopo essersi trovato per un mese per studiare il problema della struttura del Forum, non ha avuto neanche la soddisfazione di poterne parlare all’ultima assemblea. Il Guardiano delle Chiavi non gli ha dato la parola.
Il Guardiano delle chiavi è, a tutt'oggi, l’unica figura istituzionale del Forum: non rappresenta nessuno, si nomina da solo, tiene le chiavi, distribuisce il microfono, regola il volume e il tempo degli interventi. All’ultima assemblea il Guardiano delle Chiavi ero io. L’Ordine del Giorno era nelle mie mani. Volendo, avrei potuto far parlare soltanto il Gruppo Organizzazione. Volendo, avrei potuto far proiettare diapositive di Porto Alegre per tre ore. Magari qualcuno avrebbe protestato, ma a che titolo? Chi avrebbe osato mettere in dubbio la mia buona fede?

Io ci ho anche provato, a dare al gruppo organizzazione lo spazio che meritava, ma mi è andata male. Mi sono preso anche delle brutte parole, tipo “verticista” (a titolo personale, naturalmente). Mi è stato rimproverato di voler imporre una mia linea. Più volte ho avuto la tentazione di ribattere che, essendo il Guardiano delle Chiavi, io non ero verticista, ma il Vertice, e allo stesso tempo ero anche la Linea: ero tutto, non rappresentavo nulla, non avevo doveri verso nessuno, ero l’Ordine del Giorno fatto carne e sangue, il Forum ero io, per cui se mai era il caso di ringraziarmi se mi abbassavo a passare il microfono a qualcun altro.

Ma siccome sono un bravo ragazzo (come tutti al Forum) con poca voglia di litigare, ho ceduto volentieri il microfono a tutti quelli che lo chiedevano, e che non perdevano l’occasione per ricordare che l’organizzazione è un’inezia, una “sciocchezza”, che sarebbe quindi da sciocchi parlarne, con tutte le emergenze che ci sono: i Centri di Permanenza Temporanea, la Palestina, ecc.. Così abbiamo parlato dei CPT. Verso la fine eravamo un po’ in affanno, perché non sapevamo come prendere una decisione. Questa non deve sorprendere: non potevamo votare né per alzata di mano né (dio ci scampi) per delega, non potevamo nominare nessuna commissione che si occupasse del problema perché sarebbe verticismo; non potevamo nemmeno trovarci la settimana successiva, perché tutto sommato i CPT non sono un’emergenza tanto grave; insomma, non sapevamo come organizzarci.

Alla fine qualcuno si è ricordato che sabato 23 era stata indetta una mobilitazione in tutta Italia, e che quindi ci saremmo mobilitati anche noi. Così è stato, e tutto sommato è andata bene. Faccio però notare la singolarità di questo movimento “nato dal basso”, che se alla fine riesce a prendere delle decisioni è solo per adeguarsi alle scadenze imposte a livello nazionale. Allora il movimento dei Forum è verticista? No, credo che più semplicemente sia il Forum di Modena a scontare un certo ritardo organizzativo. Bologna, Firenze, Milano, il Nord-est, certe “sciocchezze” le hanno risolte già da diversi mesi, e non devono porsi ogni volta il problema di chi fa l’ordine del giorno e chi indice l’assemblea: problema sacrosanto, ma che va risolto una volta per tutte, altrimenti queste “sciocchezze” ce le trasciniamo in tutte le assemblee, che diventano così tutte un po’ più sciocche. E anche noi, io per primo, diventiamo ogni assemblea un po’ più sciocchi, o (per dirla come va detta) un po’ più coglioni.

Come si fa a considerare “secondarie” le regole? Perché protestiamo contro i CPT? Perché sono brutti e sporchi? No, perché sono anticostituzionali. La nostra protesta sarebbe vana se, nel 1948, un’assemblea di rappresentanti del popolo italiano non si fosse presa un po’ di tempo per ragionare intorno alle regole del vivere civile e non avesse prodotto una Costituzione. Anche nel ’48, credo, c’erano tante emergenze. Ma la più ‘emergente’ di tutte era fare la Costituzione. Darsi delle regole. E con le regole, un po’ di contegno. Altrimenti si resta un gruppo di persone che non rappresentano nessuno e che prendono la parola per far sapere agli altri il proprio parere. Senza nessuna responsabilità nei confronti di nessuno.
Davvero noi vogliamo essere questo?
Davvero noi, quando veniamo al Forum, rappresentiamo soltanto noi stessi? No. Alla manifestazione di dicembre non eravamo una quarantina, ma molti di più. Molti di quelli che hanno sfilato in Centro a 0° sotto gli addobbi natalizi, nella sala Marie Curie non hanno mai messo piede. Altri che vengono nella sala Marie Curie non conoscono nessuno: sanno soltanto che “questo” è il Forum Sociale di Modena, facente parte del circuito dei forum sociali italiani. Noi abbiamo delle responsabilità nei confronti degli uni e degli altri. Abbiamo delle responsabilità anche nei confronti degli altri Forum Sociali. Insomma, abbiamo un sacco di responsabilità a cui evidentemente non avevamo pensato, altrimenti magari saremmo rimasti a casa. Ma adesso è tardi. Il Forum è fatto, e non si ritira. Spetta ancora a noi renderlo uno strumento democratico e limpido, dove l’ordine del giorno non è un’imposizione né di un Guardiano delle Chiavi né del primo che alza la mano e dice la sua.

Del resto cosa c’interessa di più: protestare contro i CPT o far sì che non aprano? Siamo consapevoli di doverci misurare con un amministrazione che non è nata ieri (a differenza di noi), e che sa ancora gestire il consenso? Lo dico come membro di Attac, associazione che a livello nazionale ha sforato i 2000 iscritti. Una bella cifra, per carità, ma inferiore a quella della sezione DS di Casalecchio di Reno, com’è stato fatto notare. A Modena la protesta di un migliaio di persone sui CPT si scontra con le quasi ventimila firme raccolte dai DS per l’apertura di quei Centri. Facciamo un po’ il conto: siamo sicuri che ‘tenere la piazza’ sia la strategia più adatta? Perché in piazza potrebbero decidere di scendere anche loro, ed eclissarci.
A me la piazza piace, ma non credo che quella di Modena sia il campo di battaglia decisivo per il forum. Il forum vince se impone una superiorità non numerica, ma culturale. Se si dimostra meglio informato della stessa Amministrazione sulle reali 'condizioni di vita' nei CPT. Se riesce a stimolare un dibattito sugli organi di informazione e nelle sedi istituzionali. Se riesce a coinvolgere associazioni e volontari che sull'"emergenza stranieri" magari lavorano da anni. Solo allora il migliaio di dimostranti in piazza Mazzini avrà un peso diverso. E forse sarà anche più di un migliaio. Ma è un sogno lontano. Per ora non siamo nemmeno in grado di votare un ordine del giorno. Abbiamo impiegato più di un mese per stilare un documento programmatico. E poi diciamo che bisogna superare la politica tradizionale. Per ora è più facile che sia la politica tradizionale a doppiare noi, lenti come siamo.

Un’ultima cosa. C’è chi di organizzazione non vuole sentire parlare perché ha paura del “portavoce”, che poi sarebbe il “capo”.
A questi voglio far presente che il portavoce, nei fatti, c’è già. È portavoce del Forum chiunque (in un comunicato, su uno striscione, in una cena tra amici, in sede di consiglio comunale, su Internet) parli a nome del Forum.
Se il portavoce è una persona responsabile (se quindi si pone il problema di rappresentare le persone in nome delle quali ha preso la parola), non ci sono problemi, e io, ripeto, mi fido di chiunque ha lavorato finora, e quindi anche di chi volta per volta si è trovato a fare il portavoce. Ma so anche che, se andiamo avanti così prima o poi (per la legge delle probabilità) ci sarà anche un imbecille o un malintenzionato che cercherà parlare a nome del forum. Bene, qualora questo accadesse, voglio avere uno strumento per potergli dire: “ehi, un momento: tu non mi rappresenti”. Senza questo strumento non c’è democrazia e non c’è neanche motivo di trovarsi in un Forum, per cui non credo che parteciperò a molte altre assemblee che non prevedano come primo punto all’ordine del giorno l’individuazione di questo strumento.
L’alternativa è autonominarmi Guardiano delle Chiavi a vita e dare il microfono soltanto a chi mi è simpatico.
Che a pensarci non è neanche una brutta idea.
Mi domando se non ci abbia già pensato qualcuno.
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