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Come vinsi Sanremo 2021

Caro Leonardo,

casomai te lo fossi scordato, voglio rammentarti il vecchio trucco che più volte m'è stato utile a Rieducazione, il trucco più stupido del mondo.
Può darsi sia un trucco istintivo, un dono di Madre Natura, in dotazione alla nascita con l'endorfina. Ma di Madre N. io fui figlio assai degenere, e anche questo trucco devo averlo imparato su un libro. Uno di quei volumetti di Primo Levi che i ragazzini a scuola si divorano: e giustam, perché c'è un sacco di roba utile, dentro, sia per chi studia da vittima che da carnefice.

Il trucco, dunq, consiste in questo: quando vedi o senti qlcuno che viene verso te con stivali borchiati, o cavi elettrici, o qlsiasi altra cosa atta a farti urlare, ebbene, non farti pregare: urla subito. Ricordati che chi ti tortura è un professionista, ergo la tortura è la sua professione ergo nel momento in cui ti tortura preferirebbe essere altrove, magari a cazzeggiare sul supernet. Perciò, salvo la sfiga di incorrere in un vero sadico, o peggio ancora, uno stacanovista, nessuno si sentirà in dovere di darti un calcio in più, o di spostare la manopola un po' più a destra – se tu già urli come un ossesso. Varie volte ho assistito a scene del genere e ho avuto modo di constatare come il più scafato dei carnefici sia sensibile a uno squillo stridulo e prolungato. È qualcosa di subliminale: tu sai che il tuo uomo sta soltanto fingendo, che non gli hai fatto nulla di veram serio, eppure stai già picchiando con meno convinzione. Urlare, urlare bisogna. Piangere e implorare. Niente dignità, niente orgoglio. Se sei un vero uomo, sai dove mettertelo.

IO: "Ahi! Basta! Per favore, basta!"
DAMASO: "Ma è solo un massaggio".
IO: "Ahi! Le dirò tutto".
DAMASO: "Tutto cosa?"
IO: "Ahi! Quel che vuole sapere".
ASSUNTA (si decide ad aprire la porta): "Ma che state facendo, insomma".
DAMASO: "Gli stavo solo facendo un massaggio, è… un fascio di nervi".
IO: "Tutto, dirò tutto! Ahi!"
ASSUNTA: "Damaso, credevo di avertelo detto: mio marito non si è ancora ripreso dal campo di Rieducazione in Riviera. Lo hanno torturato, sai".
DAMASO: "Torturato? Ma non risulta dalla scheda".
ASSUNTA: "Quale scheda?"
IO: "Quale scheda (ahi)?"
DAMASO: "La scheda, la scheda, la sua scheda sanitaria. Che scheda vuoi che sia, no?"
ASSUNTA (scuote la testa): "Non ce la stai contando giusta, Dammi".
IO: "Ahi! Dammi? Lo chiami Dammi?"
ASSUNTA: "Lo chiamo come mi pare e tu smettila di urlare, ha smesso di toccarti da un pez…"

Drin, drin, fa il campanello.
È quel tesoro di Letizia, che lo suona perché sa che in casa c'è papà.
E lo suona anche se con lei c'è mamma Conci, che ha le chiavi.
E infatti, se tendi l'orecchio, riesci a sentire l'enorme mazzo di chiavi di mamma Conci che echeggia nell'androne.
Sei rampe di scale separano Mamma Conci, la paranoica di famiglia, dal divano in cui l'amante della bis-moglie, sotto gli occhi di quest'ultima, sta praticando un massaggio al marito.
La mia reazione, un po' istintiva, è cercare di infilare la testa in una fessura del divano. Damaso è più professionale.
"Ci voleva anche questa. Assunta, scendile incontro e trova una scusa".
"Una scusa?"
"Mandale a comprare qlcosa. Magari va anche tu con loro".
"Non credo che…"
"Dai, è anche una bella giornata. Approfittane per stare un po' con tua figlia".

Assunta sbuffa
Quindi scende!
Assunta fa tutto qllo qst'uomo le chiede di fare.
Un motivo in più per ammazzarlo. Devo mettermi a contarli, i motivi.

"Bene, ci siamo liberati delle donne. Domando scusa per prima, ignoravo che in Riviera lei…"
"Damaso, preferirei che mi dessi del tu stavolta".
"Vabene, come vuoi".
"E vorrei farti io alcune domande. Sei un dottore vero?"
"Vero come una laurea breve sotto il Teopop".
"È una risposta molto ambigua".
"Tutti lo siamo. Ma che problema c'è? Hai visto dove lavoro, no?"
"E quindi sei un neurologo".
"La laurea breve è quella. Poi ho preso tante minispecializzazioni… vuoi vedere le pergamene? Non ti fidi?"
"Non è che sei un neurologo dei servizi, per caso? O del MinInt?"
"Ma no, te l'ho ben detto. Ho un contratto a progetto con l'esercito. Devo restituirgli Taddei in pieno possesso eccetera. E confido che col tuo prezioso aiuto …"
"Tu hai letto la mia scheda al MinInt. Non credo che l'esercito la faccia leggere agli esterni. Non credo neanche che l'esercito sappia che c'è. Qlle schede ce l'ha il cardinale Cirillo al MinInt e se le tiene. In nessun altro posto puoi leggere che non mi hanno torturato. E lo sai il perché?"
"?"
"Perché è la pura verità. Solo al MinInt c'è la scheda con la verità, le altre sono bugie".
"Ma io non potevo sapere. Ho detto che non sapevo se ti avessero torturato".
"No, Damaso, no. Tu sapevi che non mi avevano torturato: c'è una bella differenza. Ed è la pura verità. Non mi hanno torturato. Ho cantato prima. È stato giusto 4 anni fa, una sera di disgelo, come oggi. Eravamo rimasti in 12 pezzi grossi defargisti, ma io ero il favorito. Alla fine le guardie erano una pasqua, avevano quasi tutte puntato su di me e non si erano sbagliate: ho cantato per primo e ho cantato bene. Ho vinto il mio piccolo festival di Sanremo".
"Che cos'è il festival di…"
"Lascia perdere. Dimmi solo sì o no: sei un Inquisitore? Taddei è un'esca per farmi dire qualche cazzata defargista? Facciamola finita".
"Immacolato, io sono un dottore".
"Questa l'ho capita, sì".
"E posso… devo aiutarti. Tu stai sviluppando una mania di persecuzione".
"Già, più o meno da quando la gente mi persegue".
"Come tua moglie Concetta… è stata lei, è vero? Le hai spiegato il lavoro che fai e lei ha iniziato a infilarti pulci nell'orecchio".
"Non è andata così".
"Non è andata così?"
"In effetti forse è andata così, ma anche senza di lei… insomma, tu le hai sentite quelle domande, no? E adesso dimmi come faccio a rispondere?"
"Come faccio a dirtelo? È il tuo lavoro. Io mi limito a pagarti".
"Sì, sì, certo, ma non è questo. Spiega come faccio a rispondere a delle domande sul caffè o gli usastri senza compromettermi. Di certo è tutto registrato…"
"Immacolato, sai benissimo dove vanno a finire tutte le registrazioni".
"Sì, sì. Senti, mi spiace, tu sei un tipo simpatico, anche se esci con mia moglie e mi hai quasi spezzato la schiena. Non è nulla di personale, insomma. Ma non posso fidarmi. Ti renderò i soldi. Io…"
"Ho capito. Devo dimostrarti che Taddei è autentico".
"Non c'è modo in cui tu possa".
"Senti, se io m'inventerei un Taddei, non gli metterei in bocca le domande che ha fatto. Metà delle domande non le capisco nemmeno. Cos'è questo Iraq, per esempio".
"È una regione del Califfato. L'avrai studiata a scuola".
"A medicina non c'è geografia. Io stesso quando ho letto le domande ci sono rimasto male. Non avrei mai pensato che un ibernato dopo vent'anni si preoccupasse per primo di sapere cose del genere".
"Perché? Tu cosa chiederesti?"
"Ma non so, se c'è ghiaccio ai poli, forse".
"Vent'anni fa non era un problema".
"Come no!"
"Non era sentito come un problema. I poli no. L'Iraq sì. No, Taddei è una perfetta ricostruzione d'epoca. Sembra un… un…" (odio le parole che non mi vengono).
"Un fanatico. Iraq, Usastri, Medio Oriente, terroristi, democrazia… A chi interessa qsta roba, oggi. E il costumino che lo copre la dice lunga".
"Lui sostiene che gliel'abbiate messo voi".
"È chiaro che non ricorda molte cose avvenute prima dell'ibernazione, tra cui la decisione di resuscitare vestito come il supereroe preferito".
"Già, magari pensa di ereditarne i superpoteri, ah ah".
"I superche?"
"Niente. Non ha importanza, è solo uno specchio per le allodole. Taddei è solo un bambolotto modellato sui miei ricordi d'infanzia per farmi cantare: è così? Il problema è che non ho più niente da cantare".
"Immacolato, tu credi che tutto il mondo sia una macchinazione nei tuoi confronti. Questo è noto col nome di…"
"Solipsismo".
"Bravo. Hai studiato psicologia?"
"Cultura generale".
"Ma scusa, non hai pensato all'aspetto economico? Se il Teopop vuole sapere qlcosa da te, perché mettere su tutta qsta costosa messinscena, invece di riportarti in Riviera a cantare? Scusa la franchezza, ma s'è già visto che tu canti presto e bene".

Franchezza a parte, ecco un argomento interessante. Io non valgo tutta qsta messinscena. Io no.
Forse sono la pedina di qlcosa di più grande. Più grande di me e senza dubbio più grande di Damaso.
La cosa dovrebbe spaventarmi. E invece inspiegabilm, mi rassicura. Proviamo a vedere cosa succede.
"E va bene, Damaso. Risponderò a qlle domande".
"Oh, bene".
"Ma voglio duecento denari in più".
Che nessuno abbia a dire che ci sono cascato per coglionaggine. Denaro. Ci cascai per denaro. Che si sappia.
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Il disgelo

Caro Leonardo,
siccome tu sei me, non c'è bisogno che te lo spieghi: sono depresso.

Sono sempre depresso quando se ne va un'influenza. I dolori se ne vanno e resta tutto questo spazio per l'angoscia.
Di solito succede a febbraio, e quasi sempre è un giorno limpido. Io odio i giorni limpidi di febbraio, per diversi motivi. Se c'è ancora uno sprazzo di neve fuori, la luce è come moltiplicata, filtra dal mio abbaino e mi trapassa il cuore. E dire che sono vecchio, ormai. Ho fatto il callo a tutte le malinconie d'inverno e a tutti gli affanni della primavera: ma il disgelo è un'altra cosa. È una tristezza sorda e lucida.
Questa è la stagione in cui i ghiacci eterni si sciolgono, i canali tracimano, e le paludi padane si sciacquano nel fetido bidé adriatico. Significa che è passato un altro anno, e io non ho portato Letizia a vedere San-Gem.
Non ricordo neanche più quando abbiamo smesso di andarci. Una volta passavamo ogni Natale: un giro in gondola in Canal Chiaro, la messa nel Duomo sommerso. Bisogna dire che ogni anno era meno pittoresco e più fangoso. Poi ci fu il famoso assedio, perché i Padani delle Paludi avevano escogitato di sequestrare i monumenti dell'Umanità e chiedere un riscatto all'Unesco: ma essendo Padani fecero solo un gran casino, uno dei loro Incursori tirò la leva sbagliata, e la cupola pressurizzata intorno al Duomo s'incrinò. Questo almeno secondo l'inchiesta ufficiale. Qualche fallaciano suggerì che si trattava di un sigillo dell'Apocalisse, il quarto o il quinto, non so. Ma da allora in poi bisognava proprio volerle bene, a San-Gem, per tornarci. E io forse non le voglio così bene. Non più.
Vorrei anche vedere, dopo quel che ho fatto a Defarge.

Tempo fa, quando ci fu il ripulisti, e m'iscrissero d'ufficio a un corso di Rieducazione, facendomi firmare una liberatoria in cui affermavo di trovarmi molto bene in quel Campo lì, che il vitto era ottimo e che nessuno mi torturava contro la mia volontà, io ero un po' inquieto.
Sapevo benissimo cosa volevano da me: il rifugio di Defarge. Io, però, questo non glielo potevo dire, per mille ragioni di lealtà e decoro, e anche perché non lo sapevo. Se lo avrei saputo, magari avrei fatto l'eroe: ma non lo sapevo, punto. Farti torturare per una qualcosa che non sai è quanto di più assurdo possa succederti a questo mondo: e pensare che accade a molte persone, molte più di quanto non si creda.
Così gli dissi (le mani legate ai piedi posteriori della sedia, uno stivale chiodato sulla testa), all'Inquisitore io gli dissi: sentite, dove sia non lo so, ma se lo conosco un minimo è a San-Gem. Insomma, dove volete che sia. Dove volete che vada. Ma ve lo devo dire proprio io?

In seguito, dentro di me, si sono sviluppate due scuole di pensiero. La prima va molto forte nella stagione autunno-inverno, e sostiene che tecnicam non è stato tradimento. Tradimento è quando tu abusi della fiducia di qualcuno. Ma Defarge in questo caso non aveva avuto fiducia di me: era partito senza dir niente. (Troppo giusto, col senno di poi). Ma siccome non m'ha detto niente, io non posso averlo tradito. Mi sono limitato a esprimere un parere a un Inquisitore che me l'aveva chiesto. Un parere? Un'ovvietà. Come dire: d'inverno nevica. D'estate c'è il sole. A febbraio, il disgelo. Non ci sono più le mezze stagioni. E se Defarge non è qui, è a San-Gem. E una volta qui era tutta campagna. Questa è la prima scuola di pensiero.

La seconda scuola, che s'impone nella primavera-estate, muove da una differente considerazione: chi l'ha poi detto che Defarge fosse a San-Gem davvero, il primo posto in cui tutti l'avrebbero cercato? E allora chi lo sa, può darsi che sotto sotto, senza dirlo a nessuno, io davanti a quell'Inquisitore abbia dimostrato mostrato nervi saldi, scaltrezza e tempra d'eroe. Senza i compiacimenti sadomaso di chi per essere eroe deve per forza farsi un po' torturare. No. Prendere tempo, snocciolare ovvietà, confondere le acque, depistare, e nel frattempo recitare la parte dell'uomo nudo, legato a una sedia, che trema come una foglia e implora di non essere ucciso ché ha famiglia: riuscite a immaginarvi qualcosa di più eroico? Io no. Almeno per sei mesi l'anno, no.

Così lo vedi, Leonardo, il problema non è l'autunno-inverno. E neanche la primavera-estate. Io ho alibi comodi, confortevoli, per tutte le stagioni. Ma il disgelo. Il disgelo mi frega sempre.
Sono solo in casa, convalescente sul divano. Letizia è a scuola, Concetta a far la spesa. Mi hanno lasciato solo con la luce, quella impietosa luce azzurra. L'abbaino è una specie di specchio, e se stringo gli occhi riesco a specchiarmi. Ci sono io dall'altra parte. Come nel sogno. Ci sono io…

Rumore di chiavi. Un mazzo piccolo. Io riconosco le mie due mogli dal rumore che fanno con le chiavi.
Concetta per esempio ha un mazzo enorme, come la vecchia di Raskolnikov, un mucchio di ferraglia che si annuncia dalla tromba delle scale.
"Svelto, non abbiamo molto tempo".

Difatti questa è Assunta, e indovina un po', non è sola.
"Assunta, sei matta?"
"Anzi, mi sembra di essere rimasta l'unica persona un po' sensata in questo Trimonio".
"Se vi scopre… "
"Se ci scopre vedremo, ma tu sei a letto da una settimana con la febbre alta, e quando una persona sensata ha la febbre, chiama un dottore".

Già, un dottore. "Buonasera Immacolato".
"Buonasera dottor Damaso, posso essere onesto? Lei è l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento".
"Che cattivo carattere oggi, eh? Buon segno. Molte persone vanno in depressione al termine della convalescenza".
"Ma và, non lo sapevo".
"Si scopra la schiena, andiamo. La ausculto un po' – e intanto facciamo il punto sul nostro comune amico. Dica trentatré".

Mi sembra di stare in una barzelletta. A un suo cenno, Assunta fila in cucina. Le fa rigare dritte le donne, lui.

"E andiamo Immacolato, un po' di collaborazione!"
"Trentatré, trentatré".
"Bene. Ma lei è un groviglio di nervi, sa? Si metta un attimo prono".
"È anche un fisioterapista, dottore?".
"Glielo detto, al Maggiore c'ingegniamo. Ora, come andiamo con Taddei? Lui comincia a spazientirsi. Ha preparato le risposte?"
"No".
"Troppo malato?"
"No, no. È più grave di così".
"Più grave?"
"Senta dottore, come avrà capito io sono un po' col culo a terra, attualm. Ma solo un po'. Metà acconto glielo posso rendere tra una settimana. Il resto tra un mese. Agli interessi che vuole lei, se vuole degli interessi. Mi dispiace, ma non posso più lavorare per lei. Ouch! Che cosa mi ha fatto?"
"Che brutti nervi che ha, Immacolato. Che brutti nervi".
Assunta bussa alla porta, neanche fosse in casa d'altri. "Qualcosa che non va?"
"Tutto bene cara, prego, lasciaci soli".

[continua]
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Il risveglio del Capitano (3)

Caro Leonardo,
quando alla fine sono arrivato all'ospedale, fradicio, il Cap era già sveglio, e mi guardava furente e imbavagliato dal vetro della corsia.
In quell'istante, ti dirò, non mi ha fatto una bella impressione. Era ammanettato ai due piedi posteriori della sedia su cui sedeva. Si tratta di una postura odiosa che conosco molto bene. Quando penso alla Rieducazione, mi vengono sempre due fitte ai fianchi.
"Ah, Immacolato, giusto te".
"Buonasera dottor Damaso. Non è che avete delle aspirine, qui".
"Senti, mettiamo in chiaro una cosa. Io ti pago. Anche piuttosto bene. Ti pago per un lavoro ed esigo puntualità".
Noto che ha già smesso di darmi del lei.

"Me la sono fatta a piedi da Porta San Felice. Con la neve si sono fermati i filobus…"
"Appunto perché nevica abbiamo dovuto togliere la corrente ai congelatori. Ordinanza comunale. Però vedi, Immacolato, nel mio congelatore non ci sono cento chili di macinato che posso congelare e scongelare quando voglio".
"Questo è meglio non farlo neanche col macinato…"
"Non interrompere. Lì dentro c'è un cervello, e io non posso continuare a tirarlo dentro e fuori senza aspettarmi dei seri danni cerebrali. Per essere franchi: questa è l'ultima volta che lo scongelo. O inizia a collaborare da stasera, o ciccia".
"Ciccia?"
"Nel cui caso, non avrò più bisogno dei tuoi servizi".
"E dovrò restituirti l'acconto".
"È chiaro. Stavolta è più calmo del solito, sai perché?"
"Tranquillanti?"
"Se ne avessi non li userei su di lui. Siamo riusciti a tenerlo un po' calmo promettendogli che stava arrivando uno importante, uno che conosce la risposta a tutte le sue domande. Spero vivam che tu le conosca".
"Al massimo me le invento".
"No. Quando non sai qualcosa, di' che risponderai più tardi, quando lui sarà pronto. A parte questo, meglio dirgli la verità. Le bugie sono più difficili da gestire".
"Ci sono delle verità che è meglio non sappia?"
"In che senso?"
"Per esempio: è il caso di dirgli subito che anno è, e che ha dormito per più o meno vent'anni?"
"Non lo so. Tu prova".
"Come 'prova', scusa, il neurologo sei tu".
"Se io sarei un neurologo vero non lavorerei qui, coglione. Entra adesso, e datti un contegno. Ti ha già visto".
"Mi ha visto? Ma io credevo che questo fosse uno di quei vetri a specchio che…"
"Ma per chi ci hai preso, la spectre? Vai, vai dentro".

"Ciao. Mi chiamo Immacolato, e tu probabilm sei Abramo Taddei, detto Bar. Mi hanno detto che hai domande da farmi".
Quando sei ammanettato ai piedi posteriori di una sedia, quello che ti fa incazzare è che non ti senti veram immobilizzato. Non lo sei. Sei sempre sicuro che ci sia un qualche sistema per liberarsi. Così inizi a contorcerti. Anche il Cap, appena ho aperto la porta, ha inarcato la schiena.
"Ti prego, no, non farlo. Rischi di…"

La sedia è di ferro e ha uno schienale ruvido e appuntito. Invariabilm, dopo due-tre minuti cadi a terra di pancia, con lo schienale puntato contro le vertebre, ed è tutta colpa tua, solo tua.
"Ecco, vedi. Aspetta, ti aiuto. Non urlare".
Gli tolgo il bavaglio, per sentirgli dire:
"Ma che fottuta tortura del cazzo è questa!"
"È una tortura stupida e artigianale. Tortura Teopop".
"E cos'è questo fottuto Teopop di cui tutti parlano".
Socchiudo le palpebre. "Il-Teopop-sei-tu".
"Ma che cazzo dici".
Spalanco le palpebre. "Scusa, è la forza dell'abitudine. Il Teopop è il… è il sistema nel quale viviamo".
"Ma siamo in Italia, sì?"
"Parzialm".
"Eeeeeh?"
"Intendevo dire: parzial-mente. Siamo un po' in Italia e un po' no".
"Ma possibile che in questo ospedale di merda non ci sia nessuno che ti sa rispondere a una fottuta domanda? Che cazzo vuol dire parzialmente? Siamo in Italia o no?"
"Noi non usiamo volentieri quella parola, Italia. È una cosa del passato. A noi il passato non piace".
"Perché non vi piace?"
"Perché non esiste. Così ogni tanto cambiamo i nomi alle cose. È un modo per abituarci ai cambiamenti. Inoltre, non esistono più le nazioni sovrane come le intendi tu".
"A-no?"
"No, esistono i sistemi. È una cosa un po' complessa. Se hai pazienza, posso spiegar…"
"Non ho nessuna fottuta pazienza. Liberatemi!"

Armeggia ancora con le manette. È molto energico. Guardo al vetro: dall'altra parte c'è Damaso con un bicchiere di cicoria in mano, che mi fa no con un dito.

"Non ti posso liberare, mi spiace. Non ho le chiavi".
"Credevo che tu fossi il capo ".
"No. Sono solo la persona che risponde alle domande".
"Oh, e va bene, fanculo. In che anno siamo? Duemilaetrecento? Cinquecento?"
"Vedo che sei cosciente di essere stato ibernato".
"Ma senti questo. Uno va a dormire e si sveglia in un fottuto congelatore in mezzo a un branco di sconosciuti in camice bianco che non sanno nemmeno chi ha vinto le elezioni del '04. Tu che fottuta spiegazione ti daresti?"
"Ricordi quando sei stato ibernato?"
"Col c… ricordo che ero sul divano che mi guardavo la notte delle elezioni, e un salatino fottuto mi è andato di traverso. Tutto qui. Mi sai almeno dire chi ha vinto?"
"Chi ha vinto cosa?"
"Le elezioni più importanti del mondo! Ma in che fottuto anno siamo? Ci sarà almeno scritto nei vostri libri di storia…"
"Senti, prima te lo dico meglio è. Siamo nel 2025".

Succede qualcosa. Il Capitano, che fino a quel momento continuava a saltellare nervoso sulla sua sedia, si lascia cadere di peso. Mi guarda negli occhi. Nei suoi begli occhi azzurri c'è scritto: dimmi che non è vero.
Io mi frugo nella tasca. Da qualche parte devo avere… ecco. La tessera annonaria. Una cartapecora sottile con la scritta "2025" bene in evidenza. È un po' stropicciata, ma visibilm nuova. Gliela mostro. Aggrotta la fonte.
"Per stasera non ho altre prove con me; ma nei prossimi giorni, se sarai un po' più calmo, convincerò Damaso a farti uscire. Gireremo per la città e ti convincerai che non sto mentendo. Non ho alcun interesse a mentirti. Questo è il febbraio del 2025. Tu hai un buco di vent'anni abbondanti. Ma in questi vent'anni sono successe molte cose".
Lui sembra aver perso ogni curiosità.ora guarda un punto del pavimento.
"Mia moglie".
"Proveremo a rintracciarla. Ti dico subito che non sarà facile. Può anche darsi che non sia membra del Teopop, ma di un altro sistema. In quel caso sarà quasi impossibile".
"Devo andare su Internet".
"Non puoi, mi dispiace".
"Perché? È proibito?"
"No, noi non proibiamo nulla. Ma Internet non si usa più".
"Che cosa?"
"Ti prego, cerca di capire. Tu hai un buco di vent'anni, non è uno scherzo. Vent'anni fa Internet era una tecnologia all'avanguardia; oggi è desueta e non la usa più nessuno. Come i dischi in vinile o… i CD".
"Non avete più nemmeno i CD?"
"Buon Dio, no! Tu vent'anni fa ascoltavi ancora CD?"
"Va be', chi se ne frega. Se non c'è internet, ci sarà qualcosa di molto più avanzato, no?"
"Certo, certo che c'è".
"E allora voglio andare su quella cosa molto più avanzata, e trovare dove sta mia moglie".
"Non è possibile neanche questo, mi spiace. La cosa molto più avanzata non consente agli utenti ricerche di persone e oggetti per uso personale ".
"Ma è mia moglie!"
"Guarda, se è per quello non esistono più nemmeno i matrimoni".
"Eh?"
"Sono stati cancellati. E in ogni caso tua moglie oggi è bisbattezzata, quindi…"
"Bisbattezzata?"
"Ha cambiato nome. Abbiamo tutti cambiato nome. Sempre per il motivo che ti dicevo: abituarsi al cambiamento. Anche tu, forse è meglio se ti ci abitui. Per esempio: tu quanti anni hai?"
"Trenta".
"Ne hai trentuno. Tua moglie?"
"Ventinove. No. Trenta".
"No, Bar, non Trenta. Cinquanta".
"Ma certo, è naturale".
"Sei sicuro di trovarlo naturale?"
"Ma sì, sì. Ma lei magari è in pensiero per me".
"Bar, sono passati vent'anni. Hai capito? Vent'anni".
"Sì, sì, certo"

Scuote la testa, mansueto come un agnellino. Mi volto un attimo per gustarmi la faccia di Damaso. Sembra impassibile, ma ha ancora il bicchiere di cicoria pieno. Si è dimenticato di averlo in mano.
"Bar, ascolta. Nessuno ti vuole male, qui. Anzi, noi abbiamo bisogno di te. E tu hai bisogno di noi. Etcì".
"Salute".
"Grazie. Senti, adesso si è fatto tardi e io mi sto prendendo un accidente. Ma pensavo di tornare domani. Tu fa così: preparami una lista di domande. Dieci domande. Io le leggo e ti rispondo, così non perdiamo tempo. D'accordo?"
"Io… d'accordo. Ma dimmi almeno chi ha vinto quelle fottute elezioni".
"Italiane?"
"Americane!"
"Dammi un aiutino. I candidati erano…"
"Bush e Kerry".
"Ma sì, certo, Bush, il padre di quell'altro che…"
"Mi prendi in giro? Nel 2004 era Bush figlio!"
"Il figlio? Nel 2004? Sei sicuro".
"Come se fosse ieri. Anzi, è ieri per me".
"Sarà. Comunq credo che abbia vinto l'altro, come si chiamava…"
"Kerry?"
"Sì, direi di sì. Cioè, credo".
"E tu saresti quello che ha tutte le risposte?"
"Senti, è roba antica, in vent'anni ci sono stati tanti presidenti e non puoi pretendere che…"
"Ma quelle erano elezioni decisive!"
"Ma sì, certo, come no. Adesso scusa, devo andare.
Etcì".
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Help, I’m a Rock

Gentile Camillo, che ti è successo?
Capita a tutti di sbagliare. A me spesso, e ho scoperto il modo migliore per rimediare: chiedere scusa. Lo so, è banale, è poco virile, però la gente accetta le mie scuse e pensa: in fondo è un bravo ragazzo.
E noi cosa dobbiamo pensare di te?

Gentili signori Leonardo non so come e Francesca Mazzucato,
sul blog Rolli ho letto di vostre poco cortesi polemiche nei confronti di un mio commento a un articolo del Boston Globe.
Riassumo: quell'articolo riportava le parole di ex prigionieri-detenuti a Guantanamo. Gli ex prigionieri sostenevano di essere stati trattati bene, seppure innocenti. Negavano le torture negli interrogatori, e dicevano di stare meglio lì che ora a Kabul. Pare che avessero anche i videogiochi. Vero? Falso? L'articolo però diceva questo.


No.
Stanotte l’ho riletto di nuovo, e non è cambiato: è vero che quasi tutti enthusiastically praised the conditions, ma nessuno nega le percosse. Un prigioniero afferma quello che dici tu, altri due parlano di percosse a loro e ad altri. Vero? Falso? Però l'articolo diceva questo. Tu l’hai letto un po' in fretta, per usare un eufemismo. Perché non chiedi scusa e passiamo oltre?

Secondo voi, invece, diceva il contrario, e io non saprei l'inglese. Possibile. Però conosco l'italiano.

Anzi, lo maneggi piuttosto bene.

E leggo, il 29 marzo, sulla Stampa (pagina 7, taglio basso), un articolo con questo titolo: "A Guantanamo da innocente, ma ci sono stato bene". Do you understand italian? No?

Yes, a littol.
Italian è quella lingua in cui, se un professionista fa una cappella, si scusa citando la cappella di un collega. Almeno però alla Stampa si sono accorti che a parlare è solo un afgano, non 18 (come scrivevi il 27 marzo, non “i detenuti afgani” in generale (come ribadivi il 29). Hai pestato una cacca? Pulirsi con la Stampa non è il massimo.

Capito-mi-avete? Non ancora? Ecco il sommario: "Uno dei presunti terroristi, liberato dopo 16 mesi per assenza di prove, smentisce Amnesty International".
Bene, dovreste aver capito
.

E invece no, perdonami. Dieci righe di intervista a un pesce piccolo smentiscono Amnesty International, il cui ultimo rapporto sulle carcerazioni americane post-11/9 si sviluppa per una quarantina di pagine. Tu l’hai letto? Beh, neanch’io, onestamente.

Se non è sufficiente, ecco un altro articolo, di oggi, prima pagina del primo giornale italiano: Il Corriere della Sera.
Heard about it?


Vagamente. (Sai che ho fatto una traduzione per la RCS? Sai da che lingua? Indovina). Non ho capito: dovrei essere impressionato dal nome “Corriere della Sera”? E il senso critico del lettore medio? Have you ever heard about it? There's plenty of it in the USA. Stiamo cercando d'importarlo in Italia, senza bombardare nessuno.

Riotta spiega che "circa 600 prigionieri, talebani o terroristi di Al Qaeda, come «combattenti illegali», non coperti quindi dalla Convenzione di Ginevra. Il Pentagono si giustifica con il fatto che Al Qaeda non è uno Stato sovrano, non ha siglato i protocolli del 1949 e non ha diritti particolari".

Se ho capito bene, allora anch’io posso essere torturato dal Pentagono, perché ho la tessera del Club di Topolino, e il Club non ha mai siglato i protocolli del 1949. Straccerò la tessera, però secondo me non è giusto. Avevo sentito parlare da qualche parte di Diritti dell’Uomo.

"quando la Croce Rossa ha visitato Guantanamo ha certificato che, tranne in un caso, le condizioni sono accettabili". Croce Rossa, Red Cross.

Lincami il rapporto della Croce Rossa. Traducimelo. Sono curioso. Nel frattempo resto fedele al rapporto di Amnistia Internazionale, Amnesty International.

Riotta, e io condivido in pieno, sostiene che comunque gabbie e cappucci sono un errore.


E allora perché impantanarti in questa polemica?

…Sostenere che siano da considerare "tortura" è una stronzata.

Purtroppo è una stronzata documentata in sede di diritto internazionale.
“Tortura” è una parola importante, non una coperta che si può tirare da un capo o dall’altro. Secondo la Risoluzione Onu 3452 dicesi “tortura” la violazione delle Standard Minimum Rules for the Treatment of Prisoners. Le trovi qui, se ti va le leggi, dopodiché sarai in grado di affermare, con coscienza di causa, se Guantanamo è tortura o no. (Temo che scoprirai che anche certe situazioni carcerarie italiane potrebbero rientrare nel concetto di “tortura”).

E poi cosa sono queste parolacce. Hai capito male. Tu pensi che questo sia un blog dove ci si diverte a insultarsi per il gusto di affermare la propria identità. Non è così. Qui c’è un umile Leonardo Non So Come che sostiene che hai deformato una notizia. Prova che non è vero, articolo alla mano. Oppure ignoralo, tanto è solo un Non So Come. Invece tu sei un giornalista stimato.
Oppure chiedi scusa: sei ancora in tempo.

Io non ce l’ho con te. Mi diverto solo un mondo a farti le pulci, a vedere che ti arrabbi.
Sono sicuro che tu puoi capirmi.

(Avvertenza: Questo mese i permalink non funzionano)
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Ma Christian Rocca lo sa, l’inglese?

Lo sa, lo sa. Però fa il furbo.
Riassunto:
La settimana scorsa Brodo Primoridiale linca un’intervista ad alcuni afgani scarcerati da Guantanamo, che un po’ si lamentano, un po’ lasciano intendere che tutto sommato non è così male per un afgano, Guantanamo: è pur sempre un vitto e un alloggio.
Siccome Brodo è un virulento antiamericano, titola: “Grand Hotel Guantanamo”. E la gente come me, che legge i titoli e poco più, sorride e clicca oltre.

Il giorno dopo Rocca fa lo scùp:

Ieri, sul quotidiano più liberal d'America, il Boston Globe, 18 ex prigionieri afghani raccontano di essere stati trattati benissimo, meglio che a Kabul e di non potersi lamentare di nulla. Salvo il fatto che erano innocenti, e infatti sono stati rilasciati. (grazie a brodoprimordiale).

E la gente come me, che legge i titoli e poco più, fa una smorfia e passa oltre.
Rocca invece resta sull’osso anche nei giorni successivi: Qualche giorno fa qui segnalammo, su suggerimento di brodoprimordiale, un articolo del Boston Globe sul buon trattamento che i detenuti afghani ricevevano a Guantanamo). Si noti: i “18 ex prigionieri” del primo post sono diventati “i detenuti afghani a Guantanamo”, tutti, senza distinzione. Sono quelle piccole generalizzazioni che non si notano subito, danno solo un vago senso di fastidio, ma si passa oltre.

Ma gli ospiti dell’hotel Guantanamo ormai mi perseguitano. Li ritrovo ieri notte su Nonsense2, uno dei blog di Francesca Mazzucato. Si parla sempre del pezzo del Boston:

Beh, il modo come è stata riportata la notizia è una pura e menzognera mistificazione. Io l'ho letto l'articolo. Probabilmente il giornalista stilatore del blog pensa che la gente non sappia l'inglese, che siano tutti un po' ignoranti.

E probabilmente, aggiungo io, non ha tutti i torti, tuttavia non è mai troppo tardi per dargli una delusione. Dov’è finito il mio vecchio Hazon Garzanti? Sono stanco di fidarmi dei titoli altrui. Decido di leggere quel benedetto articolo, fosse l’ultima cosa che faccio prima di cena. Ecco. E scopro che:

Dei 18 profughi afgani rilasciati, solo 13 sono stati intervistati dal Boston. E allora perché Rocca scrive 18 ex prigionieri raccontano? Per sciatteria.
Di questi 18, uno effettivamente racconta di aver mangiato bene, meglio che con i Talebani, che l’ambiente era pulito “…e se non ci lavavamo ci lavavano loro”, e c’erano anche videogiochi.
Un altro dice che la galera afgana (dove è rimasto per tre giorni) è molto peggio di Guantanamo, e che se dovesse scegliere preferirebbe tornare laggiù.
Lo stesso poi avverte che a Guantanamo le guardie gli avevano detto che lui e gli altri del suo recinto non erano terroristi, e non sarebbe stati trattati come tali. Ma “altri venivano trattati in un maniera diversa. Venivano privati anche del loro Corano e delle coperte, e colpiti con un getto d’acqua (Water cannon).

Un altro, tale Murtaza, racconta di essere stato (se l’Hazon mi assiste) “gassato, stordito e colpito dal getto d’acqua", quando ha protestato perché le guardie disturbavano la preghiera trascinando catene per terra. Poi ha sollevato i pantaloni e ha mostrato il livido di uno stivale americano. A questo punto l’ufficiale presente alla Conferenza Stampa ha smentito. E va bene. Ma è proprio questo l’articolo in cui Rocca ha letto che “18 ex prigionieri afghani raccontano di essere stati trattati benissimo, meglio che a Kabul e di non potersi lamentare di nulla”?
Lo stesso Murtaza – un gran rompiballe, probabilmente – lamenta poi l’abitudine di essere continuamente perquisito in una stanza con “frigid air-conditioning”. Per molti di voi sembrerà ordinaria amministrazione di questura, ma per il diritto internazionale è tortura pure questa. Andiamo avanti.

Un altro che cercava grane, colpevole di aver risposto a uno spintone con uno spintone, dice di essere stato rinchiuso in una specie di container senza finestre, con un buco per il cibo. Non dice per quanto tempo. Una volta ammalatosi, viene trasferito in una cella singola dove “resta nudo per una settimana”. Lo stesso dice di aver visto le guardie picchiare un prigioniero fino a spezzargli il braccio (aveva protestato per il solito motivo: le catene strisciate nell’ora della preghiera). E conclude: “C’è molta gente che sta soffrendo là dentro, e pregare o recitare il Corano non è un crimine, né è una prova di affiliazione coi Talebani o con Al Qaeda”.
Si tratta sempre – lo ricordiamo – di uno degli ex-18 prigionieri afgani che secondo Rocca raccontano di essere stati trattati benissimo. E siccome essi, ancora prima di essere riconosciuti innocenti, erano comunque nel recinto dei “non-terroristi”, cosa dobbiamo pensare degli altri?
Molti di loro, per prima cosa, avevano manifestato la loro frustrazione per essere stati riconosciuti innocenti dagli americani così tardi [16 mesi!]; ma il sentimento prevalente era la felicità per essere liberi di tornare a casa: e questo, aggiungo io, malgrado a Guantanamo si mangiasse bene, tutto sommato.

Lasciamo perdere la cosa più importante – e cioè se questi rilasciati stiano dicendo la verità, se Guantanamo sia tortura o no. Guantanamo è tortura, come tante altre cose che succedono in paesi civili o meno, compreso il nostro.
Parliamo di Rocca, invece.
Delle due l’una: o non sa l’inglese (e sarebbe anche ora di studiarlo), o ha ragione Francesca Mazzucato: ci prende per fessi. Beh, non lo siamo. Non sempre.
In ogni caso, posso consigliare un metodo infallibile per rinfrescare la lingua? Perché non si chiude dentro un recinto per sedici mesi con un dizionario?
E' un metodo brevettato - si chiama "trattamento accettabile". Quando esce vedrà, come le canta.
Roba che neanche Roy Orbison.

(Fuor di polemica: ma noi blog, nuova frontiera del giornalismo e quant'altro, cosa facciamo di così rivoluzionario, a parte leggere - male - qualche articolo della stampa estera? E che altro dovremmo fare? Niente. A parte evitare certe figure, forse).
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