- com'eravamo

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Torto marcio

"Ma pensa che c'è gente che ancora si vanta di essere andata a Genova nel 2001!"
"Intendi al G8?"
"Tu guarda st'ignoranti..."
"Saputelli".
"Cacasotto".
"Picchiatori"
"Pacifisti".
"Terrioristi. Ma per cosa lottavano, poi, te lo ricordi?"
"Ma quelle cose lì, contro il governo e il commercio globale, non vogliamo un mercato del lavoro troppo competitivo, eccetera. Le solite cazzate da figli di papà"
"Pezzenti".
"Superficiali"
"Pesanti".
"Inconsistenti"
"Testardi. E naturalmente ce l'avevano con Bush".
"Di già? Ma che gli aveva fatto?"
"E che ne so. Il protocollo di Kyoto… Le cazzate sull'inquinamento e il risparmio energetico… La verità è che non si fidavano di un petroliere. I soliti dietrologi".
"Ingenui".
"Catastrofisti".
"Immaturi"
"Veterocomunisti".
"E Bush cosa gli disse?"
"Ma niente, lui era blindato nel porto, manco li vide. Deve aver detto: chi ci contesta ha torto marcio".
"Torto marcio? Come si dice in inglese?"
"E che ne so, lo lessi in italiano. Comunque rende l'idea".
"Aveva ragione. Erano solo dei velleitari".
"Dei nichilisti"
"Anarchici"
"Fascisti. E mi sembra d'aver detto tutto".
"E già".
"Ma cosa stai leggendo?"
"Io? Ah, è il libro di Tremonti. Avvincente. Te lo consiglio".
"Tremonti?"
"Interessante, molto interessante. Non la solita politica italiana da riunione di condominio. È un'analisi geopolitica di largo respiro".
"In poche parole…"
"In poche parole spiega che la società italiana sta correndo dei terribili rischi a causa del Wto, l'Organizzazione del Commercio Mondiale. Specie da quando è entrata la Cina, che non rispetta i diritti civili ed è molto competitiva sul mercato del lavoro".
"Forte Tremonti, eh?"
"Fortissimo. A proposito, hai sentito l'ultima di Bush?"
"Se ne va dall'Iraq?"
"No, no. Al discorso sullo Stato dell'Unione ha detto che gli USA sono dipendenti dal petrolio".
"Ha detto così?"
"Ha detto così: prima o poi dobbiamo ammetterlo, the United States Is Addicted to Oil. Che coraggio, eh?"
"Certo che quando ha ragione ha ragione".
"Cercheranno di importare meno petrolio dall'estero. E investiranno più soldi nei combustibili alternativi".
"Chiamali scemi. Adesso come adesso i soldi del petrolio arabo vanno agli emiri, gli emiri pagano la decima a Hamas, e alla fine col rifornimento di un gippone americano ci si finanzia il terrorista di Hamas. L'unico boicottaggio serio è smettere di comprargli il petrolio".
"Ed è anche una buona idea per l'ambiente. Con tutti 'sti uragani…"
"Quell'uomo è sempre pieno di buon senso".
"Peccato che in giro ci sia così poca gente ad ammetterlo. Specie da noi".
"Eh, ma cosa vuoi. Son tutti dei pecoroni".
"Bastian contrari".
"Carichi di pregiudizi".
"Segaioli".
"Selvaggi".
"Signori «so tutto io»"
"Incompetenti".
"Buoni a nulla e capaci di tutto".
"Smidollati".
"Paranoidi".
"Schizzati".
"..."
(Repeat and fade)
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- 2025

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Le manovre del Cardinale Ambrogio

Caro Leonardo,
è vero che ho una buona memoria, ma non è affatto prodigiosa, come dicono. E ho dei buchi notevoli, come tutti.
I buchi. Arci mi diceva di non preoccuparmene: "I buchi sono la prova che tu hai dei ricordi. Chi non ha ricordi, non ha più nemmeno i buchi. Ti può mancare il nome di una canzone, o come finiva un film. Ma vuole ancora dire che ti ricordi di quella canzone, o quel film".
"Forse me ne sto dimenticando".
"No, non credo. In realtà i buchi non si allargano. Al massimo se ne creano altri".
"E come fai a saperlo?"
"Se ti metti qsto casco in testa, te lo dimostro".
"Stasera no, grazie".

Arci era un matto, coi suoi caschi e gli esperimenti eccetera, ma non aveva tutti i torti. In effetti, più uno ha memoria, più uno ha buchi. Per dire, ieri ho visto il faccione lindo e roseo del cardinale Ambrogio al Supernet, e ho passato mezza giornata a cercare di ricordare il suo nome pre-Teopop. Invano. Un bel buco.
Epperò, più ci pensavo, più mi venivano in mente cose sul cardinale Ambrogio. Che è nato in una valle delle Alpi, attualm contesa tra Padani delle Valli e Grande Elvezia. Che nel '94 fu eletto coi postdemocristiani che però in quell'occasione (unica nella Storia d'Italia) non contavano un c, dimodoché nella prima sessione utile passò a Forza Italia e il suo voto alla Camera fu determinante per la nascita del Berlusconi Uno. Mi ricordo.

E ancora mi ricordo che fu ricambiato nell'occasione con un bel Ministero, che onorò varando un decreto che portava il suo nome, un sistema per detassare gli investimenti produttivi, la pacchia per tutte le fabbrichette che si misero allegramente a investire in macchinari, ma anche semplicem in macchine sportive per il padroncino.
E poi mi ricordo che la pacchia durò poco, il Berlusconi Uno cadendo subito in una pozza di fango, e lasciando in tutti gli industriali pre-Padani una voglia insoddisfatta di Porsche, che li avrebbe accompagnati per sette anni, una lunga traversata nel deserto. Fino alla soglia di quel 2001 in cui il Berlusconi Due cominciò a profilarsi all'orizzonte, e il primo effetto sull'economia fu il crollo delle vendite di Porsche, perché tutti volevano attendere il momento in cui il Ministro Ambrogio, reinsediandosi, avrebbe fatto il suo bis, detassando e contribuendo a un fragoroso rilancio dell'economia. Me ne ricordo, non serve a nulla ma me ne ricordo.
E poi ricordo che il rilancio dell'economia non fu così tanto fragoroso, anzi: come certe scoregge che si annunciano imperiose e poi alla prova dei fatti risultano miseri flop puzzolenti, così si ritrovò l'Italia quando i padroncini delle fabrichette si accorsero che la Porsche nuova fiammante nel garage non li avrebbe protetti dal Grande Slancio In Avanti della Repubblica Popolare Cinese. La mia memoria senza dubbio semplifica, ma più o meno andò così. A quel punto i padroncini volsero tremebondi i loro cofani ad Ambrogio, invocando il suo aiuto, ma Ambrogio era lontano, a Roma, tutto preso da bilanci farlocchi, cedole, cartoline e aliquote, in qlla città dove non puoi pestare i piedi a lungo senza trovare prima o poi qlcuno coi piedi più grossi dei tuoi. E infatti a un certo punto si prese una gran pedata dal governatore della Banca d'Italia, e sembrava finito, ma non era finito. Non lui.
Si mise a frequentare i salotti tv, dove il tono stridulo della sua voce si prestava molto bene al proferir di garbate minacce. Berlusconi Due mangiò la foglia e lo insignì al volo della prima carica che gli venne in mente, vicepresidente del Partito o giù di lì. Poteva sembrare un contentino, e invece stava creando le premesse per la nascita di Berlusconi III. L'episodio atteso da anni, in cui il protagonista finalm cede al lato oscuro della Forza. La mia memoria può fare confusioni, ma più o meno il senso è quello.

Nel frattempo Berlusconi 2 viveva giorni difficili. Le Grandi Opere sonnecchiavano, l'Italia era tutta un fragore di betoniere che giravano a vuoto perché mancavano i fondi per il calcestruzzo. I padronicini, delusi, avevano eletto il padroncino della fabbrichetta più grossa, che chiedeva a gran voce elezioni. Ed eravamo in guerra, come al solito. L'Euro era forte, sempre più forte, ci sfondava i pantaloni quando uscivamo a fare la spesa, e fingevamo che fosse la moda. Certo, potevamo rifarci all'estero, passando meravigliose vacanze nelle isole del Sud, ma ogni volta arrivava lo tsunami. Quando la benzina cominciò a costare più dell'olio di semi, automobilisti e rosticcerie tentarono di passare a qst'ultimo. Le patatine di mcronald cambiarono improvvisam sapore. Non sapevi più di chi fidarti. Meno male che c'era sempre il Papa. Ma morì. Insomma, tutte le sfighe. Non c'era neanche più gusto a scrivere il blog, e infatti io smisi. Passai alla clandestinità, in quel gruppo che poi si divise e si riunì ad altri gruppi, eccetera. Ma qsta volta non volevamo disperderci. Volevamo creare una vasta rete di consensi trasversali. Sapevamo che dopo il Berlusconi Due i padroncini avrebbero acclamato un insipido Prodi Due, come un Rambo tra un Rocky e l'altro, e volevamo qlcosa di più.
Una specie di rivoluzione, ma seria, anche pacifica se necessario, partecipata e collettiva, una cosa che piacesse anche alle vecchiette. E cercavamo contatti in tutte le direzioni. Non ci precludevamo nessuna alleanza.
E infatti mi ricordo, mi ricordo benissimo di qlla sera che in tv il solito Ambrogio si mise a spiegare che la crisi era solo colpa dei Cinesi. Tante grazie. Ma poi spiegò che erano state fatte scelte dissennate in sede europea, che il WTO andava ridiscusso, che tutta qsta foga tecnocratica e neoliberista e blablabla…
"Aspetta un attimo. Io ho già sentito questa roba".
"Vero? Sembrava anche a me".
"Ha detto neoliberista, lo ha detto? Ho sentito bene?"
"Qualcosa del genere. E tra un po' dirà moltitudini".
"No…"
"Fidati. Ancora un piccolo sforzo".
"Vuoi dire che sta dicendo le stesse cose di Casarini sei anni fa? Siamo a questo punto?"
"Grande è la confusione sotto il sole. La situazione è…"
"Un casino. Adesso però devo capire chi dei due ha cambiato idea".
"Le idee sono come l'acqua, non ci si bagna due volte nella stessa".
"Sì, certo, e tante altre cazzate".
"Pensa laterale. Pensa laterale. Forse nessuno dei due ha cambiato idea. Forse è l'idea che ci ha cambiati, tutti".
"No. Io no. Non sarò mai d'accordo con qsti stronzi".
"C'è troppo ego nei tuoi pensieri. Purificati dall'ego. Spogliati dei tuoi rancori personali. Non hai più orgoglio. Non hai posizioni da difendere, non hai più un blog con tot accessi giornalieri. Sei un uomo nuovo che cerca soluzioni nuove".
"Qll'uomo non è una soluzione nuova! È da dieci anni che ci ammorba con soluzioni disastrose!"
"Il Passato non esiste. Il Passato è passato".
"Arci, sei più fumato del solito stasera. Non è che stai sperimentando qlcosa?"
"Uh, mettiti un attimo il casco e ti faccio vedere".
"No, quel casco lì, basta".

Due anni dopo Ambrogio riceveva il bisbattesimo nella cattedrale omonima. Per uno con la sua esperienza, che aveva trattato per anni con postdemocristiani, postfascisti e prepadani, mettere d'accordo noglobal e berluscones fu un gioco da ragazzi. Era nato il Teopop.
Io portavo le paste.
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fareste l'elemosina a quest'uomo?Timeo Tremontes et Dona Ferentes
Se sapessi con sicurezza che un uomo sta venendo da me per farmi del bene, correrei a mettermi in salvo… (Thoreau)

Caro Wile,
Io non ho niente con la beneficenza e chi ne fa. Certo, non mi piace quella pelosa, stile G8: se state buoni vi paghiamo i soldi delle medicine (da ritirare presso le multinazionali del farmaco).
Stile Usa con Israele: non preoccupatevi per la guerra, ve la finanziamo noi (le armi però le comprate dai nostri fornitori).
Stile Berlusconi, che si fa pubblicità (come se ne avesse bisogno) con gli euroconvertitori che abbiamo pagato di tasca nostra: tante grazie, Presidente, lei sì che sa trattarci con le attenzioni che meritiamo.
Stile Tremonti: sai che trovata l’A-Tax, in concreto lo Stato mi detassa l’uno per cento del mio fatturato e io (di mia spontanea volontà) decido di devolverlo interamente alla Compagnia delle Opere. O a San Patrignano. O a chi mi pare, tanto siamo tutti bravi e buoni. Una tassa così ti fa senz’altro sentire più buono: resti libero di speculare quanto e come ti pare, intanto ti prenoti un lotto in Paradiso, e in più il posto macchina te lo offre lo Stato.

La cosa triste dell’A-Tax, una proposta benefica come tante, è che sia caduta nelle mani di Tremonti, che la usa come una specie di Tobin taroccata (avete notato la somiglianza tra A-tax e Attac?); ancor più triste è che si presti a questo tipo di propaganda una certa stampa cattolica. Beh, direte voi, che c’è di strano? Quelli sono fatti così, tanto bravi buoni e minchioni. Sì, peccato che la prima campagna sulla Tobin Tax in Italia l’abbia fatta la Focsiv, federazione delle ONG cattoliche. Anche se la loro interpretazione di Tobin era diversa da quella di Attac, ci si sarebbe aspettato un minimo di solidarietà dopo Genova: eravamo tutti sotto tiro, o no? È andata diversamente. Intendiamoci, l’A-tax non è una puttanata perché “non è di sinistra”. E neanche perché si tratti di beneficenza. La beneficenza ha una sua dignità. Ma la beneficenza coi soldi degli altri, diavolo. C’è già l’otto per mille. E se sentite come un rumore di sbavate in lontananza, sono i ciellini che si leccano (i baffi). Chi è quell’industriale che non ha qualche partecipazione nel Terzo Settore, un trattore in Somalia, un asilo in Mozambico? Vedrete che troveranno tutti un modo per devolvere l’uno per cento (detassato) a sé stessi. Tutti bravi e buoni, ma mica coglioni.

La Tobin Tax, lei, avrà tanti difetti, ma non è beneficenza. Questo è un punto cruciale: il problema di Tobin non era trovare un finanziamento per tanti bei progetti di sviluppo, ma frenare la speculazione. Il paradosso di Wile è interessante: se un dollaro cambia di mano mille volte, e ogni volta Tobin trattiene lo 0,1 per cento, alla fine non c’è più nulla. Ma proprio questo è il punto: un semplice 0,1 è sufficiente a stabilizzare quel dollaro, a renderlo molto meno svolazzante. Continuerà a cambiare di mano, ma meno rapidamente.
L’economia è una pala di mulino che gira a vuoto: l’80% delle transazioni sono a brevissimo termine (due giorni massimo), pura speculazione. La Tobin Tax è il famoso grano di sabbia che può rallentare (non frenare!) l’ingranaggio della pala. È ragionevole pensare che molti capitali che oggi sono puro flusso telematico cominceranno a cercare dimore un po’ più stabili. Passeranno insomma dagli investimenti a breve termine a quelli a medio e lungo termine. Dalla speculazione all’economia reale.

Quando gli speculatori inizieranno a riconvertirsi in investitori, è lecito immaginare che aumenterà la domanda di lavoro. E che parte di questi investimenti produttivi finiranno nel Sud del mondo. Certo, questo non purifica l’economia (e c’è da ridiscutere il concetto stesso di “sviluppo”): ma la riattiva, è un primo passo. Davvero le multinazionali che cambiano valuta per necessità saranno costrette a ‘tagliare delle teste’? Ma quanto rischiano di dover pagare cambiando valuta due, tre volte al mese? Lo 0,2-0,3% dei profitti? Che taglino sui fondi di beneficenza, oserei dire. E se qualcuno userà la Tobin Tax per giustificare tagli al personale, è facile immaginare che quel personale trovi un posto in un’altra dinamica impresa che prima non c’era perché i potenziali investitori preferivano passare il loro tempo a comprarsi e vendersi valuta su internet.

Quanto al gettito, Tobin lo considerava un “by-product”, un aspetto secondario: roba da niente, quaranta-cento miliardi di dollari. Sulla sua amministrazione il dibattito è aperto. La Focsiv proponeva la Banca Mondiale, con tutte le polemiche che un’idea del genere può suscitare (chi nomina i banchieri mondiali, oggi?). L’idea che va per la maggiore oggi è propone che lo amministrino le Banche centrali. (Nel nostro caso la Banca Europea). In questo modo le Banche ritroverebbero l’autonomia che hanno perso: “La tassa permetterebbe di sottrarre i tassi di interesse nazionali alla necessità di difendere la parità della moneta”. Questa è un’idea portante di Attac: la Tobin Tax serve a ridare alla Politica il primato sull’Economia. È anche, scusatemi, un’idea molto francese: a noi italiani, con la Politica che ci troviamo, non sarebbe mai venuta in mente.

Com’è andata? Ho scritto puttanate? Sono riuscito un minimo convincente? In ogni caso, per favore, non mettetemi alle strette, o (con quanto fiato ho in gola) griderò che io faccio la campagna solo perché in Piazza Mazzini al sabato pomeriggio si conosce un sacco di bella gente. Anzi, adesso vado. Saluti.
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Anche a me, come a tutti (magari più che ad altri), non passa giorno che non venga voglia di cambiare qualcosa, qualsiasi cosa, purché irreparabilmente. Cambiare casa, lavoro, faccia, sesso, macchina, destino. Se proprio non c’è niente di meglio, cambiare il layout (oddio, layout è una grossa parola). Perciò, figuratemi se non mi andava di cambiar moneta – anzi, erano anni che aspettavo.
Tuttavia anch’io mi devo adeguare alla circolare Tremonti che chiede a ogni bloggatore almeno un pezzo sui disagi degli euro, brutti, difficili da maneggiare, una minaccia per il povero consumatore. M’inchino alla ragion di Stato e pubblico questi

pensieri - spiccioli

1. Non so voi, ma io ho deciso di darmi un tono e rifiuterò di raccogliere, da questo momento in poi, qualsiasi nichelino da 1 centesimo mi rifilino di resto. Lo trovo persino offensivo, e comunque non credo che l’inflazione aumenterà per questo.
Dico, va bene l’eccitazione del momento, sembra a tutti di giocare a monopoli, o meglio, di poter comprare tutto con soldi finti, però un eurocentesimo vale 19 lire. Ed è una decina d’anni che la vecchia moneta da venti lire è scomparsa dalla circolazione. Cosa abbiamo intenzione di farcene?
Li lasceremo per terra, intaseranno l’aspirapolvere, faranno grippare la lavatrice. Gli architetti degli ipermercati italiani inizieranno anche loro a infilare fontane dappertutto, per la gioia dei bambini che esprimeranno desideri e genitori che potranno liberarsi le tasche di quegli affarini tintinnanti. Che spreco. E se non siamo ancora allergici al nichel, beh, lo diventeremo.
A cosa serve il nichelino? Con venti lire non ci compri nulla. Forse in Portogallo o in Grecia puoi avere una razione extra di zucchero nel caffè automatico, ma dubito.
Può servire solo al commerciante scaltro che ti vende l’articolo a 9 euro e 99 – beh, se è così scaltro si merita senz’altro il centesimo di mancia.

2. Non è che siano brutte, le eurobanconote, ma un po’ impersonali. Scenari da fine del mondo: colonne, finestre, ponti, ma dove sono le persone che passeggiano sotto le colonne, che si affacciano dalle finestre, che transitano sui ponti? Dove sono gli europei? Scomparsi.
Peccato, sarebbe stata un’occasione per farsi una cultura: perché se tuo figlio ti chiede chi è il signor Olaf Palme sulla banconota da cinque, miseria, ti tocca saperlo. (“Un vichingo, direi… quello che ha scoperto l’America”. “Prima o dopo di Colombo?” “Ahem… durante”). Mi rendo conto, però, che ogni nuova emissione sarebbe diventata un caso da commissione europea (“e allora, sul biglietto da dieci ci mettiamo Marie Curie o Celentano?”), perciò meglio soprassedere, almeno finché c’è il diritto di veto. Nel frattempo consoliamoci così.
(continua...)
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