Votate Renzi girerete l'Europa lavorerete gratis
13-11-2012, 01:30l'eurointraprendente, obiezioni (di coscienza), RenziPermalinkHa detto Obbligatorio!
Sommerso tra centinaia di altre cose uscite fuori nel dibattito (un bel dibattito), che a quest'ora sono già state sviscerate e analizzate, c'è un riferimento di Renzi al Servizio Civile Obbligatorio. Non so se qualcun altro l'avrà notato e ne parlerà, allora ci provo io.
Il Servizio Civile Obbligatorio, potrei dire da qui in poi SCO, ma vorrei che si sentisse bene la parola Obbligatorio, è un'idea incredibile, nel senso originale della parola: non ci si crede. Ogni volta che Renzi la tira fuori - non è la prima e non è la seconda - qualche suo estimatore viene a lamentarsi dicendo che abbiamo capito male, Renzi non può veramente aver detto che vuole un Servizio Civile Obbligatorio. Ragazzi non so che farci; è vero che all'inizio nel programma non c'era scritto (se è per questo non c'è scritto nemmeno adesso: io qui all'articolo 2 comma b5 continuo a leggere "su base volontaria"), però da qualche tempo in qua lui sta dicendo "obbligatorio". Anche stasera ha proprio detto "obbligatorio"; nessuno glielo chiedeva, lo ha proprio voluto dire lui, "obbligatorio". Il che se ci pensate è curioso, perché a prima vista non è una parola tirata fuori a un dibattito che ti faccia conquistare dei voti, "obbligatorio". Si tratta di passare sei o più mesi da qualche parte a fare lavori socialmente utili (espressione ormai sinistramente associata a sentenze di condanna), per un salario largamente inferiore a quello che fisserebbe il mercato. E si tratta di farlo perché sei obbligato dallo Stato. Da cui una serie di considerazioni:
1. Ma sul serio ne stiamo a discutere?
2. Ma Renzi fa così con altri punti del suo programma - cioè li cambia in corso d'opera e non se ne accorge nessuno? Non sarebbe il caso di vigilare?
3. I liberali che sostengono Renzi non hanno proprio niente niente da obiettare?
4. La dimensione europea. Sarebbero sei mesi in giro per l'Europa, il che la potrebbe rendere la proposta un po' più appetibile per un sacco di gente che in Europa vorrebbe andarci - anche se forse pensano più a lavare i piatti in un ristorante di Soho che all'infermeria di un consultorio nella profonda provincia ungherese. Qualcosa del genere esiste già, da un sacco di tempo (l'ho fatto pure io, nel secolo scorso), si chiama "Servizio Volontario Europeo". Secondo il programma di Renzi è una "proposta avanzata da Daniel Cohn-Bendit e da Ulrich Beck" - sì, ma obbligatorio o (come diceva il programma) "su base volontaria"? Sospetto la seconda: come fai a rendere una cosa del genere obbligatoria in tutta l'Unione Europea? Ma anche solo in tre o quattro Paesi, dai - come fai? Mi sembra una proposta fortemente utopica, salvo che di solito le utopie promettono pace uguaglianza fraternità - questa per ora è un'utopia che promette solo tanto lavoro obbligatorio. In effetti Renzi stasera ha detto che lo sogna per suo figlio - ecco, d'accordo, Renzi, mandaci prima il tuo, e vediamo come va.
5. Quand'è esattamente che Renzi ha smesso di dire "su base volontaria"? E perché ha smesso? Che interesse può avere a parlare di una cosa irrealizzabile, ma anche intuitivamente poco appetibile per i giovani, come un Servizio Civile Obbligatorio? Non si sa. Io ho trovato per la prima volta la parola (Obbligatorio) in un pezzo di Riccardo Bonacina, storico direttore di Vita, punto di riferimento di un'ampia area del cosiddetto Terzo Settore o Non profit (c'è CL? C'è anche un po' di mondo CL, ma sarebbe riduttivo e fuorviante parlare solo di CL). Si trattava né più né meno che dell'endorsement di Bonacina a Renzi, non è una mia interpretazione, è proprio il titolo del pezzo.
A questo punto forse vale la pena di fare un passo indietro. C'era, tanto tempo fa, il Servizio Militare Obbligatorio (maschile). Chi non lo voleva fare andava in galera - la prima obiezione di coscienza consisteva in questo (i primi a praticarlo, nel secondo dopoguerra, furono testimoni di Geova e protestanti). Negli anni Settanta fu istituito un servizio civile, che però durava il doppio:due anni di vita in luogo di uno (errata corrige: venti mesi). Questa forma di discriminazione fu dichiarata illegale nel 1989 da una sentenza della Corte Costituzionale, che portò il Servizio Civile a 12 mesi; da lì in poi l'obiezione di coscienza divenne rapidamente un fenomeno di massa, che forse contribuì a scardinare l'istituto dell'esercito di leva. Ma prima che entrambi i servizi fossero chiusi (1/1/2005), centinaia di migliaia di giovani si ritrovarono a lavorare, per dodici mesi e poi solo dieci mesi, in Onlus socio-assistenziali di vario tipo. Che di conseguenza esplosero. Si conquistarono bacini di utenza ai quali prima non immaginavano nemmeno di poter accedere. Fu un momento esaltante, quello a cavallo tra Novanta e Duemila, in cui il Forum del Terzo Settore dettava condizioni a Prodi o D'Alema. È lecito pensare che i dirigenti di molte Onlus l'abbiano vissuto con un'euforia un po' eccessiva, senza accorgersi che una parte non piccola della loro potenza di fuoco si basava sul lavoro di migliaia di ragazzi pagati (una miseria) dallo Stato. Gente che era lì, il più delle volte, perché non voleva andare a militare. Più che legittimo: darsi da fare su un'ambulanza civile non è necessariamente più vile che sparacchiare su un poligono di tiro. Però il boom del volontariato a metà anni Novanta poteva durare soltanto se si continuava a mettere i ragazzini di fronte alla scelta secca: esercito o onlus? Quando fu smantellato il primo - non so se per convenienza elettorale o semplicemente perché non aveva più senso - entrarono in crisi anche i secondi. Riuscirono a comunque a spuntare un cinque per mille, ma non era la stessa cosa.
Questo forse può spiegare la cocente nostalgia di Bonacina & co. per i bei tempi del servizio civile di massa. Bei tempi che potrebbero tornare, se solo qualche politico riuscisse a infilare una proposta del genere in un programma... ecco, Renzi ci ha provato. Non è proprio la stessa cosa, sul programma c'era scritto "su base volontaria", però... ragazzi non so che farci; stasera Renzi lo ha proprio detto: "Obbligatorio".
6. Ci crede davvero Renzi? Secondo me non ci crede davvero. Un conto è promettere una cosa a una lobby, un conto è mettersi a riflettere anche solo per mezz'ora sulla sua fattibilità. Dove le trovi le risorse per mantenere sei mesi tutti, tutti i giovani e le giovani italiane? Sono gli stessi che in questi giorni magari patiscono freddo perché qualche comune sta già tagliando per il riscaldamento delle scuole. Dove li trovi i soldi? A ogni buon conto si potrà sempre dire che è una proposta che va portata a Strasburgo e au revoir. Insomma l'unica notizia è che a Renzi i voti del Terzo Settore interessano. Gli interessano tanto da infilare in un dibattito tv la mortifera espressione "Servizio Civile Obbligatorio". Chi era interessato a capire ha capito, gli altri probabilmente erano su twitter ad analizzare il colore della cravatta.
7. Un'ultima considerazione. Chi è stato il genio che ha vietato il voto ai sedicenni? Io vorrei sinceramente che alle primarie votassero tutti i sedicenni, se potessi li costringerei. Purché prima del voto fossero informati che c'è un candidato, Matteo Renzi, che qualora eletto si batterà con ogni sua forza per obbligarli a lavorare sei mesi praticamente gratis. Largo ai giovani.
Sommerso tra centinaia di altre cose uscite fuori nel dibattito (un bel dibattito), che a quest'ora sono già state sviscerate e analizzate, c'è un riferimento di Renzi al Servizio Civile Obbligatorio. Non so se qualcun altro l'avrà notato e ne parlerà, allora ci provo io.
Il Servizio Civile Obbligatorio, potrei dire da qui in poi SCO, ma vorrei che si sentisse bene la parola Obbligatorio, è un'idea incredibile, nel senso originale della parola: non ci si crede. Ogni volta che Renzi la tira fuori - non è la prima e non è la seconda - qualche suo estimatore viene a lamentarsi dicendo che abbiamo capito male, Renzi non può veramente aver detto che vuole un Servizio Civile Obbligatorio. Ragazzi non so che farci; è vero che all'inizio nel programma non c'era scritto (se è per questo non c'è scritto nemmeno adesso: io qui all'articolo 2 comma b5 continuo a leggere "su base volontaria"), però da qualche tempo in qua lui sta dicendo "obbligatorio". Anche stasera ha proprio detto "obbligatorio"; nessuno glielo chiedeva, lo ha proprio voluto dire lui, "obbligatorio". Il che se ci pensate è curioso, perché a prima vista non è una parola tirata fuori a un dibattito che ti faccia conquistare dei voti, "obbligatorio". Si tratta di passare sei o più mesi da qualche parte a fare lavori socialmente utili (espressione ormai sinistramente associata a sentenze di condanna), per un salario largamente inferiore a quello che fisserebbe il mercato. E si tratta di farlo perché sei obbligato dallo Stato. Da cui una serie di considerazioni:
1. Ma sul serio ne stiamo a discutere?
2. Ma Renzi fa così con altri punti del suo programma - cioè li cambia in corso d'opera e non se ne accorge nessuno? Non sarebbe il caso di vigilare?
3. I liberali che sostengono Renzi non hanno proprio niente niente da obiettare?
4. La dimensione europea. Sarebbero sei mesi in giro per l'Europa, il che la potrebbe rendere la proposta un po' più appetibile per un sacco di gente che in Europa vorrebbe andarci - anche se forse pensano più a lavare i piatti in un ristorante di Soho che all'infermeria di un consultorio nella profonda provincia ungherese. Qualcosa del genere esiste già, da un sacco di tempo (l'ho fatto pure io, nel secolo scorso), si chiama "Servizio Volontario Europeo". Secondo il programma di Renzi è una "proposta avanzata da Daniel Cohn-Bendit e da Ulrich Beck" - sì, ma obbligatorio o (come diceva il programma) "su base volontaria"? Sospetto la seconda: come fai a rendere una cosa del genere obbligatoria in tutta l'Unione Europea? Ma anche solo in tre o quattro Paesi, dai - come fai? Mi sembra una proposta fortemente utopica, salvo che di solito le utopie promettono pace uguaglianza fraternità - questa per ora è un'utopia che promette solo tanto lavoro obbligatorio. In effetti Renzi stasera ha detto che lo sogna per suo figlio - ecco, d'accordo, Renzi, mandaci prima il tuo, e vediamo come va.
5. Quand'è esattamente che Renzi ha smesso di dire "su base volontaria"? E perché ha smesso? Che interesse può avere a parlare di una cosa irrealizzabile, ma anche intuitivamente poco appetibile per i giovani, come un Servizio Civile Obbligatorio? Non si sa. Io ho trovato per la prima volta la parola (Obbligatorio) in un pezzo di Riccardo Bonacina, storico direttore di Vita, punto di riferimento di un'ampia area del cosiddetto Terzo Settore o Non profit (c'è CL? C'è anche un po' di mondo CL, ma sarebbe riduttivo e fuorviante parlare solo di CL). Si trattava né più né meno che dell'endorsement di Bonacina a Renzi, non è una mia interpretazione, è proprio il titolo del pezzo.
Mi ha destato una certa sorpresa ed emozione sentire che tra qualità di Milano Renzi ha messo al primo posto il suo essere capitale del volontariato e dell’economia sociale, da cui l’affermazione “Non possiamo non ripartire che da quello che i cittadini mettono in campo senza oneri per lo Stato. La loro capacità donativa, associativa, l’autorganizzarsi per rispondere ai bisogni loro e degli altri. Dobbiamo almeno non intralciare questo, dobbiamo favorirlo. per esempio stabilizzando il 5 per mille rendendolo un quadro certo ed efficiente. Dobbiamo puntare a un servizio civile europeo e obbligatorio che sia una vera leva civica che aiuti il nascere degli Stati Uniti d’Europa”. A chi iera sera (avendo Renzi citato VITA e salutato) e stamattina mi ha chiesto se il mio era un endorsment per Renzi, ho risposto (e rispondo qui) che è vero piuttosto il contrario, che è Renzi ad aver fatto endorsement (già nell’incontro in redazione e alla Leopolda un anno fa) con i temi che più ci stanno a cuore.In Italia facciamo ancora fatica a parlare di lobbying, sembra sempre che si tratti di un'attività demoniaca, quando invece è una cosa normalissima che si svolge alla luce del sole: basta aver voglia di rivolgere un'occhiata. Insomma Renzi con le Onlus è un po' che ci parla, e ha individuato i due temi che "più stanno a cuore" di queste associazioni: il cinque per mille e il lavoro gratis, pardon, il servizio civile europeo e obbligatorio. Che fatto in Europa sarebbe bellissimo, ma nell'attesa di convincere 18enni finlandesi e slovacchi a farsi sei mesi in un'ambulanza a Comacchio, forse potrebbe partire su base nazionale? Non si sa, non lo dicono.
A questo punto forse vale la pena di fare un passo indietro. C'era, tanto tempo fa, il Servizio Militare Obbligatorio (maschile). Chi non lo voleva fare andava in galera - la prima obiezione di coscienza consisteva in questo (i primi a praticarlo, nel secondo dopoguerra, furono testimoni di Geova e protestanti). Negli anni Settanta fu istituito un servizio civile, che però durava il doppio:
Questo forse può spiegare la cocente nostalgia di Bonacina & co. per i bei tempi del servizio civile di massa. Bei tempi che potrebbero tornare, se solo qualche politico riuscisse a infilare una proposta del genere in un programma... ecco, Renzi ci ha provato. Non è proprio la stessa cosa, sul programma c'era scritto "su base volontaria", però... ragazzi non so che farci; stasera Renzi lo ha proprio detto: "Obbligatorio".
6. Ci crede davvero Renzi? Secondo me non ci crede davvero. Un conto è promettere una cosa a una lobby, un conto è mettersi a riflettere anche solo per mezz'ora sulla sua fattibilità. Dove le trovi le risorse per mantenere sei mesi tutti, tutti i giovani e le giovani italiane? Sono gli stessi che in questi giorni magari patiscono freddo perché qualche comune sta già tagliando per il riscaldamento delle scuole. Dove li trovi i soldi? A ogni buon conto si potrà sempre dire che è una proposta che va portata a Strasburgo e au revoir. Insomma l'unica notizia è che a Renzi i voti del Terzo Settore interessano. Gli interessano tanto da infilare in un dibattito tv la mortifera espressione "Servizio Civile Obbligatorio". Chi era interessato a capire ha capito, gli altri probabilmente erano su twitter ad analizzare il colore della cravatta.
7. Un'ultima considerazione. Chi è stato il genio che ha vietato il voto ai sedicenni? Io vorrei sinceramente che alle primarie votassero tutti i sedicenni, se potessi li costringerei. Purché prima del voto fossero informati che c'è un candidato, Matteo Renzi, che qualora eletto si batterà con ogni sua forza per obbligarli a lavorare sei mesi praticamente gratis. Largo ai giovani.
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08-01-2002, 21:19auto, il cliccatore, l'eurointraprendentePermalink
È iniziata l’operazione “ore d’aria”.
Consiste in questo: alcuni giorni della settimana mi vendo la prima fascia serale in cambio del mattino. Entro a ora di pranzo e uscirò a tarda notte: sono o non sono flessibile? spero che le professioniste che esercitano qua fuori nella stessa fascia non prendano troppe confidenze col cofano della mia opel.
Per ora com’è andata? Un disastro. Ieri sera avevo appena posato il capo sul mio guanciale, (2 AM), col sorriso beato di chi sa che non punterà la sveglia, quando mi sono reso conto di avere parcheggiato in striscia blu, là dove nelle ore diurne gli urbani non perdonano. E così ho puntato per le solite otto meno e un quarto.
Stamattina ho fatto quattro volte il giro degli isolati, cercando un posteggio gratis, imprecando a questa piccola città e ai suoi assessori al traffico, finché non ho trovato un buco in un viale subito dimenticato.
Di ricoricarsi, a quel punto non se ne parlava, così sono andato all’infopoint a sbrigare alcune faccende. E sbucando in via Emilia a quell’ora mi sentivo veramente un carcerato appena passato alla libertà condizionata: guarda! La gente che passeggia! Che compra il giornale nelle edicole! Che fa le file alle poste! Che strana, la gente!
Ovviamente le faccende si sono protratte per tutta la mattinata, perché mi hanno chiesto di accompagnare la volontaria inglese al policlinico per una visita: problemi al dente del giudizio, anzi, “teeth of wisdom”, come ha detto lei quando ha capito, e io non c’avrei mai creduto che si dice proprio così.
Stando con me tutto il mattino, la volontaria si è naturalmente convinta che sono un idiota, ma un idiota così idiota che la prima cosa che racconterà alle sue amiche a Manchester sarà l’idiozia di questo italiano che prima dice: “faccio io, ti accompagno in macchina”, e poi non la trova, perché non si ricorda dove l’ha parcheggiata; finché, dopo aver girato quattro isolati a piedi non decide di prendere il bus sbagliato; che quindi dice: “aspetta, ti do i soldi del ticket”, e poi non li riesce a contare; infatti, in regime bimonetario, ha due portafogli che passa da una tasca all’altra, confondendoli sempre, in questo traffico di tasche, taschine, monetine, agendina e cellulare riesce senza fatica a smarrire il biglietto del parcheggio dell’ospedale.
La morale che traggo io è che, se mai avevo qualche attitudine alla vita all’aperto, l’ho persa negli ultimi sedici mesi. Non riesco più a fare una fila in posta. Se per strada m’imbatto in un amico non so più cosa si dice in questi casi. In tasca mi prudono le mani: hanno voglia di cliccare, papà, papà, quand’è che ci riporti dentro, al caldo, al sicuro?
E poi c’è un’altra cosa. Hai voglia a inventarti degli spazi vuoti: appena metti il naso fuori c’è già qualcuno che te li riempie. Ed è peggio di prima.
Non sono più libero qui? Ho una grande finestra che guarda a oriente, su Bologna (e su Gerusalemme), ogni mattina ho il sole, i vigneti e l’argine del Panaro, e intanto clicco e leggo il giornale gratis - finché dura.
Forse dovrei chiedere di fare qualche ore di più, non so, magari quattordici o sedici. Tanto ho capito che in piscina non riuscirò mai ad andarci. E poi che bisogno c’è. Sono già tanto flessibile così –

Consiste in questo: alcuni giorni della settimana mi vendo la prima fascia serale in cambio del mattino. Entro a ora di pranzo e uscirò a tarda notte: sono o non sono flessibile? spero che le professioniste che esercitano qua fuori nella stessa fascia non prendano troppe confidenze col cofano della mia opel.
Per ora com’è andata? Un disastro. Ieri sera avevo appena posato il capo sul mio guanciale, (2 AM), col sorriso beato di chi sa che non punterà la sveglia, quando mi sono reso conto di avere parcheggiato in striscia blu, là dove nelle ore diurne gli urbani non perdonano. E così ho puntato per le solite otto meno e un quarto.
Stamattina ho fatto quattro volte il giro degli isolati, cercando un posteggio gratis, imprecando a questa piccola città e ai suoi assessori al traffico, finché non ho trovato un buco in un viale subito dimenticato.
Di ricoricarsi, a quel punto non se ne parlava, così sono andato all’infopoint a sbrigare alcune faccende. E sbucando in via Emilia a quell’ora mi sentivo veramente un carcerato appena passato alla libertà condizionata: guarda! La gente che passeggia! Che compra il giornale nelle edicole! Che fa le file alle poste! Che strana, la gente!
Ovviamente le faccende si sono protratte per tutta la mattinata, perché mi hanno chiesto di accompagnare la volontaria inglese al policlinico per una visita: problemi al dente del giudizio, anzi, “teeth of wisdom”, come ha detto lei quando ha capito, e io non c’avrei mai creduto che si dice proprio così.
Stando con me tutto il mattino, la volontaria si è naturalmente convinta che sono un idiota, ma un idiota così idiota che la prima cosa che racconterà alle sue amiche a Manchester sarà l’idiozia di questo italiano che prima dice: “faccio io, ti accompagno in macchina”, e poi non la trova, perché non si ricorda dove l’ha parcheggiata; finché, dopo aver girato quattro isolati a piedi non decide di prendere il bus sbagliato; che quindi dice: “aspetta, ti do i soldi del ticket”, e poi non li riesce a contare; infatti, in regime bimonetario, ha due portafogli che passa da una tasca all’altra, confondendoli sempre, in questo traffico di tasche, taschine, monetine, agendina e cellulare riesce senza fatica a smarrire il biglietto del parcheggio dell’ospedale.
La morale che traggo io è che, se mai avevo qualche attitudine alla vita all’aperto, l’ho persa negli ultimi sedici mesi. Non riesco più a fare una fila in posta. Se per strada m’imbatto in un amico non so più cosa si dice in questi casi. In tasca mi prudono le mani: hanno voglia di cliccare, papà, papà, quand’è che ci riporti dentro, al caldo, al sicuro?
E poi c’è un’altra cosa. Hai voglia a inventarti degli spazi vuoti: appena metti il naso fuori c’è già qualcuno che te li riempie. Ed è peggio di prima.
Non sono più libero qui? Ho una grande finestra che guarda a oriente, su Bologna (e su Gerusalemme), ogni mattina ho il sole, i vigneti e l’argine del Panaro, e intanto clicco e leggo il giornale gratis - finché dura.
Forse dovrei chiedere di fare qualche ore di più, non so, magari quattordici o sedici. Tanto ho capito che in piscina non riuscirò mai ad andarci. E poi che bisogno c’è. Sono già tanto flessibile così –
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27-04-2001, 18:42burocrazy, l'eurointraprendente, prima pagarePermalink
Lettera mai spedita al Dipartimento Affari Sociali
Spett. Dipartimento Affari Sociali
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Roma
Italia
Caro Dipartimento.
Ti dispiace se ti chiamo così, Dipartimento? Perché è a te che voglio scrivere. Non a Patrizia Cané, a Giacomo Guazzabugli, a Luigi Caballero, e nemmeno a Clara Mastroianni. Per quanto sembri una ragazza simpatica. No, voglio scrivere a te. Perché io non ce l'ho con la Cané o col Caballero. Anche quando non li trovo al telefono, oppure conto i minuti ascoltando la musichina di qualche centralino, io non ce l'ho con loro. Poveri giovanotti alle prese con le burocrazie d'Italia e d'Europa. Chissà, forse mi assomigliano anche. Perché odiarli?
Non mi piace scaricare le mie responsabilità, Dipartimento. D'accordo, sono nei casini, ma non darò la colpa a loro. Ripercorrerò la strada che mi ha condotto fin qui, oggi, e cercherò di capire dove ho sbagliato.
Verso la fine del '99 ricevetti una sovvenzione di 5000 Euro dall'Unione Europea, Direzione Politiche Giovanili. Altri due miei 'colleghi' ricevettero nel medesimo tempo la medesima somma. A smistare queste sovvenzioni eri tu, Dipartimento. Fu la prima volta che c'incontrammo. Cominciarono subito i problemi.
I. Non acquisterai beni durevoli
Per esempio: un conto era ricevere i soldi, per tutti i progetti che avevamo in mente di fare, (per carità, ne avevamo tutto il diritto, anzi…); un altro conto era spenderli. Per esempio, non potevamo acquistare nessun "bene durevole".
Cos'è un "bene durevole"? Qualsiasi cosa abbia una certa durata. Cioè, qualsiasi cosa.
La sovvenzione doveva servirci per fondare un'associazione. Ci serviva un PC, internet, stampante, telefono (addirittura un servizio centralino), una fotocopiatrice, perché no?, In seguito, avendo attivato un servizio di ospitalità, abbiamo avuto anche esigenze più prosaiche, tipo lavatrice, persiane, ferri da stiro. Tutte cose durevoli.
A me sembrava surreale, ma per te, Dipartimento, era la prassi più tipica. Devi persino avermi spiegato che così fan tutti i Dipartimenti del mondo. Sennò come impedire che qualcuno lucri sulle sovvenzioni? Già, come? (Mah… posso suggerire un bel resoconto finale?)
Un vecchio amico dalla Romagna mi spiegò l'arcano. Le associazioni che ottengono sovvenzioni in questo modo non acquistano beni durevoli, li prendono soltanto a nolo. Quando la sovvenzione è finita e rendicontata, il bene durevole passa all'associazione gratis. Tutto chiaro e pulito, alla luce del sole. Secondo me questa è la maniera migliore per diventare ladri da grandi. Tanto si sa che le regole vanno interpretate, tanto tutto è per un buon fine, una mano lava l'altra, il fine giustifica le fatture… uno parte con le migliori intenzioni e si ritrova ad Hammamet col diabete. Non fa per me.
II. Vivrai del sudore della tua fronte
C'era anche un altro problema: la sopravvivenza. Nel senso che mentre impiegavo questa sovvenzione per creare un'associazione, dovevo pure vivere, comprare il pane, il burro, il detersivo per i piatti.
Caro Dipartimento, tu stai a Roma, è vero. Pure io non vorrei proprio fare il razzista, né indulgere in certa retorica all'amatriciana. Certo, secondo te la vita inizia a quarant'anni, nel senso che siamo giovani fino a trenta e più, e certo viviamo tutti coi nostri genitori. Problemi così terra-terra come l'affitto il dieci del mese non dovrebbero toccarci. Noi dovremmo preoccuparci soltanto di spendere le nostre sovvenzioni in beni non durevoli. Vivendo d'aria, d'amore, e magari di un'esigua cresta sulle nostre sovvenzioni.
Su questo argomento si scatenò presto un dibattito tra me e i miei colleghi. Potevamo tenerci parte del nostro finanziamento per scopo personale? Detto così suonava come un furto, ma d'altro canto come ci si aspettava che campassimo? E chiamammo il Dipartimento.
Quella volta rispose, mi pare, la Cané: e il suo fu il primo di una lunga serie di "Mah, beh, chissà". A un certo punto disse anche: "C'è chi l'ha fatto". Senza aggiungere: "E oggi è a Poggioreale". Senza troppo indagare, considerammo questa risposta in senso positivo. Ma insomma, quanto potevamo tenerci?
"Non so, fate un po' voi".
Bella la vita dei sovvenzionati. Ci si fissa lo stipendio da soli. Certo, da 5000 euro più di tanto non si può lucrare. Noi ci auto-regolammo a meno della metà. Più o meno 300.000 lire al mese, giusto il pane e il burro. A distanza di un anno, non si è ancora capito come debba essere rendicontata questa cifra. "Spese personali". Mah. Anche questo mi faceva pensare a Hammamet. Mentre spalmavo il burro sul pane.
È chiaro a questo punto che dovevo trovarmi un lavoro. Sai, Dipartimento, qui da noi se uno si mette a cercare lavoro il guaio è che lo trova. Poi un giorno mi chiama a casa il Caballero:
Spett. Dipartimento Affari Sociali
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Roma
Italia
Caro Dipartimento.
Ti dispiace se ti chiamo così, Dipartimento? Perché è a te che voglio scrivere. Non a Patrizia Cané, a Giacomo Guazzabugli, a Luigi Caballero, e nemmeno a Clara Mastroianni. Per quanto sembri una ragazza simpatica. No, voglio scrivere a te. Perché io non ce l'ho con la Cané o col Caballero. Anche quando non li trovo al telefono, oppure conto i minuti ascoltando la musichina di qualche centralino, io non ce l'ho con loro. Poveri giovanotti alle prese con le burocrazie d'Italia e d'Europa. Chissà, forse mi assomigliano anche. Perché odiarli?
Non mi piace scaricare le mie responsabilità, Dipartimento. D'accordo, sono nei casini, ma non darò la colpa a loro. Ripercorrerò la strada che mi ha condotto fin qui, oggi, e cercherò di capire dove ho sbagliato.
Verso la fine del '99 ricevetti una sovvenzione di 5000 Euro dall'Unione Europea, Direzione Politiche Giovanili. Altri due miei 'colleghi' ricevettero nel medesimo tempo la medesima somma. A smistare queste sovvenzioni eri tu, Dipartimento. Fu la prima volta che c'incontrammo. Cominciarono subito i problemi.
I. Non acquisterai beni durevoli
Per esempio: un conto era ricevere i soldi, per tutti i progetti che avevamo in mente di fare, (per carità, ne avevamo tutto il diritto, anzi…); un altro conto era spenderli. Per esempio, non potevamo acquistare nessun "bene durevole".
Cos'è un "bene durevole"? Qualsiasi cosa abbia una certa durata. Cioè, qualsiasi cosa.
La sovvenzione doveva servirci per fondare un'associazione. Ci serviva un PC, internet, stampante, telefono (addirittura un servizio centralino), una fotocopiatrice, perché no?, In seguito, avendo attivato un servizio di ospitalità, abbiamo avuto anche esigenze più prosaiche, tipo lavatrice, persiane, ferri da stiro. Tutte cose durevoli.
A me sembrava surreale, ma per te, Dipartimento, era la prassi più tipica. Devi persino avermi spiegato che così fan tutti i Dipartimenti del mondo. Sennò come impedire che qualcuno lucri sulle sovvenzioni? Già, come? (Mah… posso suggerire un bel resoconto finale?)
Un vecchio amico dalla Romagna mi spiegò l'arcano. Le associazioni che ottengono sovvenzioni in questo modo non acquistano beni durevoli, li prendono soltanto a nolo. Quando la sovvenzione è finita e rendicontata, il bene durevole passa all'associazione gratis. Tutto chiaro e pulito, alla luce del sole. Secondo me questa è la maniera migliore per diventare ladri da grandi. Tanto si sa che le regole vanno interpretate, tanto tutto è per un buon fine, una mano lava l'altra, il fine giustifica le fatture… uno parte con le migliori intenzioni e si ritrova ad Hammamet col diabete. Non fa per me.
II. Vivrai del sudore della tua fronte
C'era anche un altro problema: la sopravvivenza. Nel senso che mentre impiegavo questa sovvenzione per creare un'associazione, dovevo pure vivere, comprare il pane, il burro, il detersivo per i piatti.
Caro Dipartimento, tu stai a Roma, è vero. Pure io non vorrei proprio fare il razzista, né indulgere in certa retorica all'amatriciana. Certo, secondo te la vita inizia a quarant'anni, nel senso che siamo giovani fino a trenta e più, e certo viviamo tutti coi nostri genitori. Problemi così terra-terra come l'affitto il dieci del mese non dovrebbero toccarci. Noi dovremmo preoccuparci soltanto di spendere le nostre sovvenzioni in beni non durevoli. Vivendo d'aria, d'amore, e magari di un'esigua cresta sulle nostre sovvenzioni.
Su questo argomento si scatenò presto un dibattito tra me e i miei colleghi. Potevamo tenerci parte del nostro finanziamento per scopo personale? Detto così suonava come un furto, ma d'altro canto come ci si aspettava che campassimo? E chiamammo il Dipartimento.
Quella volta rispose, mi pare, la Cané: e il suo fu il primo di una lunga serie di "Mah, beh, chissà". A un certo punto disse anche: "C'è chi l'ha fatto". Senza aggiungere: "E oggi è a Poggioreale". Senza troppo indagare, considerammo questa risposta in senso positivo. Ma insomma, quanto potevamo tenerci?
"Non so, fate un po' voi".
Bella la vita dei sovvenzionati. Ci si fissa lo stipendio da soli. Certo, da 5000 euro più di tanto non si può lucrare. Noi ci auto-regolammo a meno della metà. Più o meno 300.000 lire al mese, giusto il pane e il burro. A distanza di un anno, non si è ancora capito come debba essere rendicontata questa cifra. "Spese personali". Mah. Anche questo mi faceva pensare a Hammamet. Mentre spalmavo il burro sul pane.
È chiaro a questo punto che dovevo trovarmi un lavoro. Sai, Dipartimento, qui da noi se uno si mette a cercare lavoro il guaio è che lo trova. Poi un giorno mi chiama a casa il Caballero:
"Leonardo c'è?"
"No, è al lavoro".
"Come?"
Un mezzo scandalo. Sotto sotto non avevi mica tutti i torti. Se io lavoro (anche 9 ore al giorno) come faccio a realizzare tutti i progetti che tu mi hai sovvenzionato? E pretendere, per di più, di farci la cresta sopra (trecento luridi testoni al mese?)
Ma cosa potevo fare? Rinunciare al progetto? Mi ero impegnato con altre persone! Rinunciare all'affitto, tornare all'affetto dei genitori? Allora, queste sovvenzioni non ce le dai per farci crescere, Dipartimento, al contrario!
Un bel pasticcio. Ne devo ancora uscire. Ma nel frattempo sento che la mia bella coscienza si è incrinata in qualche punto. Davvero ho lucrato, ho sfruttato la tua fiducia, Dipartimento, ho abusato della nostra amata Europa? Io dopotutto ce l'ho messa tutta. Quello che avrei dovuto fare di giorno l'ho fatto di sera, o nelle pause pranzo. Eppure…
III. Terrai tutti gli scontrini
Io mica sono un santo, Dipartimento, e forse non eravamo proprio fatti l'uno per l'altro. Dovevo tenere scontrini e ricevute e non l'ho fatto. Cioè, ci provavo, ma poi le confondevo, le perdevo, e loro si spiegazzavano, si rendevano impresentabili. E ogni volta sembravano cifre ridicole, ma va', vuoi farti sovvenzionare anche questo? Non ti vergogni?
IV. Non avrai altri Dipartimenti al di fuori di me
Ma tu chi sei, Dipartimento? Perché muti sempre forma, t'incarni e ti reincarni ad ogni telefonata? Passò Cané, passò Caballero, ora è il turno di questa Mastroianni.
"Non mi conosce, sono nuova qui. Quand'è che ci spedisce il rendiconto?"
"Sì, ecco, il problema è che non so cosa mettere nelle spese, perché…"
"Ci mette le cose che ha acquistato, i computer, i fax, ecc.".
"Ma mi avevano detto che queste cose non potevo comprarle!"
"Ah sì?"
Poveretta, è nuova, come fa a saperlo?
L'estate scorsa i miei due colleghi chiesero se potevano pagarsi un viaggio studio. La fregatura fu che chiamarono in due momenti diversi. A uno rispondesti sì, all'altro no. Perché? Così.
Che senso ha cambiare il personale a ogni governo? Solo perché cambia il Presidente deve cambiare anche lo spazzino del gabinetto della presidenza? Quando D'Alema tramontò dovemmo rispiegare tutti i nostri problemi a quelli di Amato. Che adesso ormai avranno già la testa ai tropici, dove andranno il tredici maggio.
Io poi sono una pratica vecchia per te, Dipartimento. Dal '99 è cambiato il regolamento, i formulari, tutto. E anche se sapessi rendicontare con chiarezza e con perizia come ho speso questi soldi, è chiaro che il mio rendiconto andrà a finire nelle mani di qualcuno che non ne sa niente.
V. Non te la prenderai per così poco
Che'tte preoccupi a fa', mi sembra di sentirti dire. Tanto quer quarcuno mica se ttiene i sordi llui, no? In fondo nessuno vuol grane. E qualcosa l'ho messo in piedi veramente. Non un lavoro, perché l'ho dovuto fare nelle pause del lavoro. Con PC presi in prestito, roba da buttare. Ma insomma, qualcosa ho combinato.
E adesso sto per spedirti questo famoso rendiconto. Non so se sto rispettando la scadenza, non so se il formulario è corretto, non me ne frega quasi più niente. Tra 24 ore sarò a Barcellona e forse riderò di tutto questo.
A volte mi viene il sospetto, Dipartimento, che tu sia lo specchio dei miei difetti. Della mia incapacità di osare. E se me ne fossi fregato da subito? Se mi fossi comprato immediatamente un bel PC e con gli avanzi mi fossi fatto un viaggio premio a Ibiza, te ne saresti davvero accorto? E mi avresti biasimato? Chi lo sa?
Può darsi invece che alla fine ci nasca un guaio. Che io debba restituirti il denaro. Allora mi sarei fatto tutto questo culo per niente. Perché in fondo tutte le scelte che ho fatto in questi due anni le ho fatte pensando a te.
Non fraintendermi. Non sono venale. È che quei soldi darebbero un senso a tutto quel che è successo. Ma se li vuoi indietro li avrai, guarda. Voglio solo non pensarci più. E mai più ti disturberò, giuro. Sentirmi un ladro mentre cercavo soltanto di lavorare, Dipartimè, chi me lo fa fa'?
"No, è al lavoro".
"Come?"
Un mezzo scandalo. Sotto sotto non avevi mica tutti i torti. Se io lavoro (anche 9 ore al giorno) come faccio a realizzare tutti i progetti che tu mi hai sovvenzionato? E pretendere, per di più, di farci la cresta sopra (trecento luridi testoni al mese?)
Ma cosa potevo fare? Rinunciare al progetto? Mi ero impegnato con altre persone! Rinunciare all'affitto, tornare all'affetto dei genitori? Allora, queste sovvenzioni non ce le dai per farci crescere, Dipartimento, al contrario!
Un bel pasticcio. Ne devo ancora uscire. Ma nel frattempo sento che la mia bella coscienza si è incrinata in qualche punto. Davvero ho lucrato, ho sfruttato la tua fiducia, Dipartimento, ho abusato della nostra amata Europa? Io dopotutto ce l'ho messa tutta. Quello che avrei dovuto fare di giorno l'ho fatto di sera, o nelle pause pranzo. Eppure…
III. Terrai tutti gli scontrini
Io mica sono un santo, Dipartimento, e forse non eravamo proprio fatti l'uno per l'altro. Dovevo tenere scontrini e ricevute e non l'ho fatto. Cioè, ci provavo, ma poi le confondevo, le perdevo, e loro si spiegazzavano, si rendevano impresentabili. E ogni volta sembravano cifre ridicole, ma va', vuoi farti sovvenzionare anche questo? Non ti vergogni?
IV. Non avrai altri Dipartimenti al di fuori di me
Ma tu chi sei, Dipartimento? Perché muti sempre forma, t'incarni e ti reincarni ad ogni telefonata? Passò Cané, passò Caballero, ora è il turno di questa Mastroianni.
"Non mi conosce, sono nuova qui. Quand'è che ci spedisce il rendiconto?"
"Sì, ecco, il problema è che non so cosa mettere nelle spese, perché…"
"Ci mette le cose che ha acquistato, i computer, i fax, ecc.".
"Ma mi avevano detto che queste cose non potevo comprarle!"
"Ah sì?"
Poveretta, è nuova, come fa a saperlo?
L'estate scorsa i miei due colleghi chiesero se potevano pagarsi un viaggio studio. La fregatura fu che chiamarono in due momenti diversi. A uno rispondesti sì, all'altro no. Perché? Così.
Che senso ha cambiare il personale a ogni governo? Solo perché cambia il Presidente deve cambiare anche lo spazzino del gabinetto della presidenza? Quando D'Alema tramontò dovemmo rispiegare tutti i nostri problemi a quelli di Amato. Che adesso ormai avranno già la testa ai tropici, dove andranno il tredici maggio.
Io poi sono una pratica vecchia per te, Dipartimento. Dal '99 è cambiato il regolamento, i formulari, tutto. E anche se sapessi rendicontare con chiarezza e con perizia come ho speso questi soldi, è chiaro che il mio rendiconto andrà a finire nelle mani di qualcuno che non ne sa niente.
V. Non te la prenderai per così poco
Che'tte preoccupi a fa', mi sembra di sentirti dire. Tanto quer quarcuno mica se ttiene i sordi llui, no? In fondo nessuno vuol grane. E qualcosa l'ho messo in piedi veramente. Non un lavoro, perché l'ho dovuto fare nelle pause del lavoro. Con PC presi in prestito, roba da buttare. Ma insomma, qualcosa ho combinato.
E adesso sto per spedirti questo famoso rendiconto. Non so se sto rispettando la scadenza, non so se il formulario è corretto, non me ne frega quasi più niente. Tra 24 ore sarò a Barcellona e forse riderò di tutto questo.
A volte mi viene il sospetto, Dipartimento, che tu sia lo specchio dei miei difetti. Della mia incapacità di osare. E se me ne fossi fregato da subito? Se mi fossi comprato immediatamente un bel PC e con gli avanzi mi fossi fatto un viaggio premio a Ibiza, te ne saresti davvero accorto? E mi avresti biasimato? Chi lo sa?
Può darsi invece che alla fine ci nasca un guaio. Che io debba restituirti il denaro. Allora mi sarei fatto tutto questo culo per niente. Perché in fondo tutte le scelte che ho fatto in questi due anni le ho fatte pensando a te.
Non fraintendermi. Non sono venale. È che quei soldi darebbero un senso a tutto quel che è successo. Ma se li vuoi indietro li avrai, guarda. Voglio solo non pensarci più. E mai più ti disturberò, giuro. Sentirmi un ladro mentre cercavo soltanto di lavorare, Dipartimè, chi me lo fa fa'?
15-03-2001, 09:36calvario precario, l'eurointraprendente, lavoro, ModenaPermalink
Annuncio
L'associazione Going to Europe di Modena ricerca no.1 "operatori europei", per impiego apparentemente part-time di tutor di volontari europei e progettista di progetti di volontariato europeo, a partire dal settembre 2001.
Requisiti richiesti:
– Buona conoscenza del programma SVE (Servizio Volontario Europeo).
– Spiccata predisposizione ai rapporti impersonali.
– Conoscenza di alcune Lingue europee (Inglese almeno scritto)
– Essere automuniti è praticamente necessario. Essere internetmuniti è fortemente consigliato.
– Esperienze in realtà di volontariato.
Going to Europe è l'associazione dei ex volontari europei di Modena. Dall'anno scorso cura i progetti SVE in città, sia per quanto riguarda l'invio (giovani modenesi che soggiornano 6-12 mesi in uno dei Paesi dell'Unione) che nel settore accoglienza (giovani provenienti da Paesi dell'Unione che soggiornano 6 mesi nella nostra ridente città).
L'operatore richiesto dovrebbe lavorare nel settore accoglienza. Le sue due principali aree d'intervento sono:
1. Creazione di progetti di accoglienza a Modena. (Prendere dunque contatti con associazioni o enti locali interessati al programma SVE, e assolvere per loro a tutti gli aspetti burocratici e organizzativi, compreso il 'reclutamento' del volontario.
2. Tutoraggio dei volontari europei accolti a Modena.
Lavoro, come si vede, ce n'è, forse anche da tempo pieno. Ma il compenso è piuttosto da part-time. Gli interessati mi contattino pure – l'indirizzo è sempre qui di fianco.
L'associazione Going to Europe di Modena ricerca no.1 "operatori europei", per impiego apparentemente part-time di tutor di volontari europei e progettista di progetti di volontariato europeo, a partire dal settembre 2001.
Requisiti richiesti:
– Buona conoscenza del programma SVE (Servizio Volontario Europeo).
– Spiccata predisposizione ai rapporti impersonali.
– Conoscenza di alcune Lingue europee (Inglese almeno scritto)
– Essere automuniti è praticamente necessario. Essere internetmuniti è fortemente consigliato.
– Esperienze in realtà di volontariato.
Going to Europe è l'associazione dei ex volontari europei di Modena. Dall'anno scorso cura i progetti SVE in città, sia per quanto riguarda l'invio (giovani modenesi che soggiornano 6-12 mesi in uno dei Paesi dell'Unione) che nel settore accoglienza (giovani provenienti da Paesi dell'Unione che soggiornano 6 mesi nella nostra ridente città).
L'operatore richiesto dovrebbe lavorare nel settore accoglienza. Le sue due principali aree d'intervento sono:
1. Creazione di progetti di accoglienza a Modena. (Prendere dunque contatti con associazioni o enti locali interessati al programma SVE, e assolvere per loro a tutti gli aspetti burocratici e organizzativi, compreso il 'reclutamento' del volontario.
2. Tutoraggio dei volontari europei accolti a Modena.
Lavoro, come si vede, ce n'è, forse anche da tempo pieno. Ma il compenso è piuttosto da part-time. Gli interessati mi contattino pure – l'indirizzo è sempre qui di fianco.
02-03-2001, 11:16calvario precario, il cliccatore, l'eurointraprendentePermalink
Professione cliccatore
Da un po' di tempo, quando qualcuno mi chiede "Che cosa fai" (per vivere, sottointeso), posso rispondere: "lavoro in un sito web", e per quindici secondi sono contento. Penso a quant'era complicato una volta dare una risposta.
("Ma tu adesso cosa fai?"
"Ma… mi occupo di progetti, diciamo".
"Progetti?"
"Sì, un progetto europeo".
"Ma in cosa consiste il tuo progetto?"
"Ecco… il mio progetto consiste nel formare un'associazione che organizzi altri progetti, sempre europei".
"Sembra tutto un po' vago".
"Mi rendo conto. Poi sbobino le conferenze. E ho corretto dei volantini naturalistici in primavera. Devo anche finire una guida turistica").
Tutto questo non vale il poter dire "lavoro in un sito web". Con questa semplice frase è possibile trasformarsi, almeno per quei quindici secondi, in una persona molto più interessante. Sono sulla cresta dell'onda, in piena new economy. Senz'altro sono un asso dei computer. E magari guadagno anche un fracco di soldi.
La verità è molto più squallida. Il mio mestiere è quello del cliccatore. L'operaio, il fattorino, il manovale del web. Con tutto il rispetto per queste professioni, dove almeno si esercita la massa muscolare. Tutto quello che il qui presente esercita, per nove-dieci ore al giorno, sono due dita della mano destra. Se lavorassi con un Macintosh, potrei anche venire in ditta con un dito solo.
Che dire? Non ho molta paura degli infortuni sul lavoro. In compenso tra dieci anni probabilmente i miei occhi saranno da buttare.
Non so programmare. Neanche una riga. Da bambino me la cavavo bene col basic del commodore, poi mi sono messo a suonare la chitarra e il Vic20 ha fatto le ragnatele. Che coglione. Adesso sono in balia dei programmatori. Ogni loro negligenza può significare diecimila cliccate in più per me, e i programmatori sanno essere molto negligenti.
In più, si vive col timore che venga il giorno in cui i computer saranno molto più intelligenti e compatibili fra loro, riducendo sensibilmente i diaframmi umani come me.
Non so se nel futuro quello dei cliccatori diventerà un vero e proprio ceto. Negli USA ci sono già degli studi al riguardo, non ricordo dove. In ogni caso si tratterà di un ceto posizionato molto in basso. Possiamo tranquillamente considerarli gli impiegati frustrati del futuro, quotidianamente alle prese con linguaggi che non conoscono, e che maneggiano alla benemeglio. Come i bambini che non sanno leggere, ma guardano le figure, e in un qualche modo se la cavano. Ogni giorno alle prese col dilemma: è troppo tardi per imparare a programmare o è troppo presto per fuggire in campagna?

Da un po' di tempo, quando qualcuno mi chiede "Che cosa fai" (per vivere, sottointeso), posso rispondere: "lavoro in un sito web", e per quindici secondi sono contento. Penso a quant'era complicato una volta dare una risposta.
("Ma tu adesso cosa fai?"
"Ma… mi occupo di progetti, diciamo".
"Progetti?"
"Sì, un progetto europeo".
"Ma in cosa consiste il tuo progetto?"
"Ecco… il mio progetto consiste nel formare un'associazione che organizzi altri progetti, sempre europei".
"Sembra tutto un po' vago".
"Mi rendo conto. Poi sbobino le conferenze. E ho corretto dei volantini naturalistici in primavera. Devo anche finire una guida turistica").
Tutto questo non vale il poter dire "lavoro in un sito web". Con questa semplice frase è possibile trasformarsi, almeno per quei quindici secondi, in una persona molto più interessante. Sono sulla cresta dell'onda, in piena new economy. Senz'altro sono un asso dei computer. E magari guadagno anche un fracco di soldi.
La verità è molto più squallida. Il mio mestiere è quello del cliccatore. L'operaio, il fattorino, il manovale del web. Con tutto il rispetto per queste professioni, dove almeno si esercita la massa muscolare. Tutto quello che il qui presente esercita, per nove-dieci ore al giorno, sono due dita della mano destra. Se lavorassi con un Macintosh, potrei anche venire in ditta con un dito solo.
Che dire? Non ho molta paura degli infortuni sul lavoro. In compenso tra dieci anni probabilmente i miei occhi saranno da buttare.
Non so programmare. Neanche una riga. Da bambino me la cavavo bene col basic del commodore, poi mi sono messo a suonare la chitarra e il Vic20 ha fatto le ragnatele. Che coglione. Adesso sono in balia dei programmatori. Ogni loro negligenza può significare diecimila cliccate in più per me, e i programmatori sanno essere molto negligenti.
In più, si vive col timore che venga il giorno in cui i computer saranno molto più intelligenti e compatibili fra loro, riducendo sensibilmente i diaframmi umani come me.
Non so se nel futuro quello dei cliccatori diventerà un vero e proprio ceto. Negli USA ci sono già degli studi al riguardo, non ricordo dove. In ogni caso si tratterà di un ceto posizionato molto in basso. Possiamo tranquillamente considerarli gli impiegati frustrati del futuro, quotidianamente alle prese con linguaggi che non conoscono, e che maneggiano alla benemeglio. Come i bambini che non sanno leggere, ma guardano le figure, e in un qualche modo se la cavano. Ogni giorno alle prese col dilemma: è troppo tardi per imparare a programmare o è troppo presto per fuggire in campagna?
23-02-2001, 16:14Calvino, cultura, Dante, Eco, enciclopedismi, italianistica, l'eurointraprendentePermalink
Cosa sanno gli europei della letteratura italiana?
Intervista a uno spagnolo e una francese ventitreenni, ad alto grado di scolarità (laurea breve). "Ditemi quello che vi viene in mente sull'argomento, non abbiate paura di essere imprecisi".
Prima di tutto c'è Dante, anzi, Dante Alighieri, un autore teatrale del Cinquecento, che ha scritto la Divina Commedia, un testo piuttosto breve che parla… vediamo, "dell'uomo… del suo cielo… del suo inferno" ("C'è anche una spirale da qualche parte", bisbigliano in dissolvenza).
Poi c'è Machiavello, autore del Prince, in cui parla di Borgia, uno statista malvagio e senza scrupoli, insomma, machiavellico. Sei-Settecento.
Seguono poi due nomi del Novecento; Italo Calvino e Umberto Eco. Ma siccome l'esperimento riguardava soltanto la letteratura fino all'Ottocento (la cultura scolastica), andiamo oltre (bisogna dire che per un breve attimo Calvino è scivolato nell'Ottocento).
Arriviamo così a "uno scrittore di poesie erotiche che aveva una casa a Pescara, inizia con la a". Dopo molto penare, mi rendo conto che si tratta di D'Annunzio – nelle altre lingue la particella non fa parte del cognome. "Ma ha scritto poesie erotiche, no?" Certo che le ha scritte.
Poi c'è il silenzio, che provo a sbloccare suggerendo un… "Petrarca?".
"Ah, Petrarca, certo. Ma era un romano, no?" [Nel senso di latino].
"Nooo, è dell'Ottocento".
Vi siete divertiti? Spaventati? Sentiti soli in un'Europa troppo grande che non sa niente di voi, della vostra preziosa cultura? Chiedetevi però cosa sanno i vostri amici con un'educazione non letteraria, o cosa sapete voi stessi, mettiamo, della storia letteraria castigliana.
Il gioco partiva dall'idea che ciascuno di noi, per il solo fatto di vivere continuamente esposto a messaggi, deve per forza trattenere nozioni, benché imprecise. Dovendo iniziare un breve corso sulla cultura italiana, mi piacerebbe partire da queste nozioni confuse e inconsapevoli piuttosto che da due tabule rase. Scoprire che in fondo si sa già qualcosa è rassicurante; scoprire quanto poco in realtà si sa è stimolante; correggere e approfondire una nozione, invece di apprenderla da zero, dovrebbe comportare un minimo risparmio di energia mentale
Infine, il gioco dà preziose informazioni all'istruttore, che può servirsene immediatamente per correggere il tiro.
In questo caso abbiamo una lezione interessante sulla percezione dell'Italia all'estero: ed è consolante, in fondo, che l'"inferno dantesco" e il "machiavellico Borgia" abbiano così poco a che fare cogli spaghetti e i mandolini.

Cosa sanno gli europei della letteratura italiana?
Intervista a uno spagnolo e una francese ventitreenni, ad alto grado di scolarità (laurea breve). "Ditemi quello che vi viene in mente sull'argomento, non abbiate paura di essere imprecisi".
Prima di tutto c'è Dante, anzi, Dante Alighieri, un autore teatrale del Cinquecento, che ha scritto la Divina Commedia, un testo piuttosto breve che parla… vediamo, "dell'uomo… del suo cielo… del suo inferno" ("C'è anche una spirale da qualche parte", bisbigliano in dissolvenza).
Poi c'è Machiavello, autore del Prince, in cui parla di Borgia, uno statista malvagio e senza scrupoli, insomma, machiavellico. Sei-Settecento.
Seguono poi due nomi del Novecento; Italo Calvino e Umberto Eco. Ma siccome l'esperimento riguardava soltanto la letteratura fino all'Ottocento (la cultura scolastica), andiamo oltre (bisogna dire che per un breve attimo Calvino è scivolato nell'Ottocento).
Arriviamo così a "uno scrittore di poesie erotiche che aveva una casa a Pescara, inizia con la a". Dopo molto penare, mi rendo conto che si tratta di D'Annunzio – nelle altre lingue la particella non fa parte del cognome. "Ma ha scritto poesie erotiche, no?" Certo che le ha scritte.
Poi c'è il silenzio, che provo a sbloccare suggerendo un… "Petrarca?".
"Ah, Petrarca, certo. Ma era un romano, no?" [Nel senso di latino].
"Nooo, è dell'Ottocento".
Vi siete divertiti? Spaventati? Sentiti soli in un'Europa troppo grande che non sa niente di voi, della vostra preziosa cultura? Chiedetevi però cosa sanno i vostri amici con un'educazione non letteraria, o cosa sapete voi stessi, mettiamo, della storia letteraria castigliana.
Il gioco partiva dall'idea che ciascuno di noi, per il solo fatto di vivere continuamente esposto a messaggi, deve per forza trattenere nozioni, benché imprecise. Dovendo iniziare un breve corso sulla cultura italiana, mi piacerebbe partire da queste nozioni confuse e inconsapevoli piuttosto che da due tabule rase. Scoprire che in fondo si sa già qualcosa è rassicurante; scoprire quanto poco in realtà si sa è stimolante; correggere e approfondire una nozione, invece di apprenderla da zero, dovrebbe comportare un minimo risparmio di energia mentale
Infine, il gioco dà preziose informazioni all'istruttore, che può servirsene immediatamente per correggere il tiro.
In questo caso abbiamo una lezione interessante sulla percezione dell'Italia all'estero: ed è consolante, in fondo, che l'"inferno dantesco" e il "machiavellico Borgia" abbiano così poco a che fare cogli spaghetti e i mandolini.
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