Ci rivedremo al piazzale

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S. meets B.M.

La non esistenza di Dio fu inoppugnabilmente dimostrata, tra gli altri, da un giovane conferenziere socialista, ad Airolo (Canton Ticino), nel 1902.
Era una grigia serata d'aprile – la pioggia picchiettava la locandina all'entrata del dopolavoro ferroviario:

DIO C'E'?
GIBT ES GOTT?
Y A-T-IL UN DIEU?


All'interno il pastore luterano stava terminando il suo sermone nella sonnolenza generale, con una sobria citazione da Tommaso d'Aquino, ma la sua voce tradiva lo sconforto. Era chiaro che i trentatré spettatori paganti non si erano radunati per lui, ma per sentire il suo avversario, quel tizio italiano di cui si dicevano cose mirabolanti, come si chiamava?

“Ringraziamo Padre Schuester, che ha portato alcuni argomenti a favore dell'esistenza di Dio. Diamo ora la parola al professor Benito Mussolini dell'Università di Losanna”.

Il giovane italiano si alzò dalla seggiola ed estrasse dal panciotto, con un gesto studiato, un ossidato orologio a cipolla.
Poi, mentre l'attesa del pubblico si faceva spasmodica, proruppe in un bestemmione che la Storia non ha tramandato, al contrario della frase successiva:
“Signori, io dico che Dio non esiste. Gli do comunque cinque minuti. Se entro cinque minuti non mi avrà fulminato, avrò dimostrato la mia tesi. È tutto”.
Seguirono cinque minuti di vigile silenzio, mentre la pioggia picchiettava senza tuoni. E poi gli applausi. I cinque minuti erano trascorsi, e Dio non c'era.

La notte stessa Dio mandò un suo emissario alla pensione dove dormiva il conferenziere. Nell'oscurità, a Benito sembrò che il tabarro liso appeso alla seggiola ai piedi del letto si animasse, e cercasse di discutere con lui – che però non riusciva a parlare, le sue labbra serrate in una morsa d'acciaio.

“Ho sentito che adesso sei dell'Università di Losanna. Fai carriera, eh”.
“...”
“Lo so, lo so, è stata un'idea dell'organizzatore, per darsi un tono. Tu a Losanna andavi solo a sentire le lezioni di Pareto – grand'uomo, tra parentesi, Vilfredo. Anch'io lo frequento, ogni tanto gli chiedo qualcosa, gliene suggerisco un'altra, è uno spirito libero”.
“...”
“Certo, io sono quello che appare agli intellettuali. La cosa ti dovrebbe fare onore, Benito. Ai pastorelli si manifestano di solito quelli con le ali di piume o il volto luminoso. Io invece sono un tipo un po' più ombroso, lo hai notato? Mitteleuropeo, decisamente. Del resto ero io che sussurravo al tuo Nietzsche mentre lui sussurrava al cavallo. Non chiedermi cosa, non sei autorizzato”.
“...”
“Lo so, lo so, si dicono cose molto sbagliate sul mio conto. Calunniose e inverosimili. Quando basterebbe leggere la Bibbia. Dico, non chiedo mica molto a dei cristiani: leggete un po' di Bibbia! E ditemi dove trovate le corna, il codino e gli zoccoli. Quella è chiaramente roba greco-romana, non trovi? Ma se leggi Giobbe, lì ti fai un'idea più o meno esatta del mio mestiere. Io sono l'Accusatore, lo dicono le etimologie. Vado in giro per il mondo in cerca di colpevoli, e ne trovo, ah, ne trovo sempre. In questo periodo, per esempio, non mi perdo una data della tua tournée. Conferenze sull'esistenza di Dio, che idea. Non renderanno molto, ma per un emigrato italiano... sempre meglio che la miniera, eh? Certo, a vederla così può sembrare una puttanata, e invece... sei in anticipo di un secolo almeno”.
“...”
“Oggi però hai battuto la fiacca. Del resto non era una gran serata. Tu ti meriti ben altro pubblico, hai ragione. Ma in ogni caso anche stasera hai dimostrato che Dio non esiste. Complimenti. Certo, rimane da spiegare il fatto che io sia qui”.
“...”
“Potrei essere un cattivo sogno. Hai mangiato pesante. Oppure... potrei esistere soltanto io, non Dio, io soltanto. Pensa che buffo! Ma non avrebbe senso. Se esisto io, deve anche esserci qualcuno che mi manda”.
“...”
“No, non puoi vedere Dio, no. È proprio una questione di percezione, capisci. Cosa può vedere un pidocchio? Tu sei molto meno di un pidocchio davanti a Dio. Se Dio stesse davanti a te, tu di lui riusciresti a vedere a malapena... un'unghia, un pelo, capisci? E un pelo di Dio non è abbastanza rappresentativo di Dio perché ne valga la pena. Non che Dio abbia i peli, tra l'altro, è solo una metafora che serve a spiegarti perché Dio non si può vedere. Dovrai accontentarti di me”.
“...”
“Eh, già, siamo all'interrogativo principale: se Dio c'è, perché non ti ha ancora fulminato? Risponditi da solo”.
“...”
“Benito, in questo mi deludi. Sei un ragazzo intelligente, quando vuoi; non è possibile che ti accontenti di un pensiero così rozzo. Tu davvero pensi di poter ricattare Dio coi tuoi mezzucci? Che Dio possa muovere anche solo un mignolo perché tu lo sfidi a farlo? Hai un'idea di quanto tu sia piccolo di fronte a Dio? E sai cosa rivela, questa tua puerile richiesta di attenzione? Sei come un bambino che gira per la Svizzera gridando ad alta voce mamma, mamma!, te ne rendi conto? Questa è più o meno la figura che ci stai facendo con Dio. Bene, lascia che io ti spieghi una cosa su Dio: non ha mai preso nel lettone un bambino, mai una volta. Lo lascerà piangere per tutta la notte, per tutte le notti, per tutta l'eternità, finché il bambino non si sarà calmato – e solo allora, se gli va, verrà a dare il bacio della buonanotte. Sì, anche questa è una metafora, in realtà Dio non bacia nessuno”.
“...”
“Non capisci. Non importa quanto siamo piccoli e insignificanti, a Lui interessiamo lo stesso. Tu, per esempio, non credere di poterlo sfidare impunemente. La tua punizione è già pronta. Niente fulmini, si capisce – folgorarti sarebbe un modo di cedere alle tue patetiche sfide. No, ti puniremo con qualcosa di molto più devastante di un fulmine. La Storia, Benito”.
“...”
“Beh, non vedo perché non dirtelo subito. Abbiamo grandi progetti per te, non invecchierai tenendo conferenze blasfeme. Diventerai un grande della Storia, senonché per diventarlo tradirai tutto quello in cui credi”.
“...”
“Ah, ma noi possiamo fare quel che vogliamo con te. Ti trasformeremo nel contrario di quello che sei. Per esempio, sappiamo che sei scappato in Isvizzera perché non vuoi fare il servizio militare – abbiamo un obiettore di coscienza qui, un pacifista ad oltranza, un socialista rivoluzionario, eh? Bene, senti un po'. Tradirai il socialismo, ne ucciderai i padri e ne ruberai i figli. Ti farai pagare dagli industriali un giornale dove spiegherai ai giovani rivoluzionari che la guerra è bella. Ah, e poi farai il tiranno. Schiaccerai i sindacati, quelli in cui ora credi tanto, sotto un tacco lucido, con l'aiuto del Re; ma il Re non ti basterà, e allora sai cosa farai? Passerai il Tevere, a baciar le pile al Papa! Proprio tu, Benito. E scatenerai guerre su guerre, in posti che nemmeno sapresti trovare sull'Atlante – l'Etiopia, l'Albania, l'Ucraina, e ovunque perderai, ovunque il tuo nome sarà fango indelebile sulla bandiera italiana. Ma non è solo questo. Il tuo esempio farà strada. La tua retorica da quattro soldi, la tua mimica da imbonitore, faranno scuola. Sarai la sorgente di un fiume nero che inonderà l'Europa, milioni e milioni di morti, che ne pensi?”
“...”
“E questa che razza di domanda è? Non c'è un perché, vuolsi così cola dove si puote ciò che si vuole, è inutile che chiedi. Se vuoi un parere, secondo me con questa storia dell'orologio svizzero lo hai divertito. Avrà pensato toh, guarda che pidocchio estroso, voglio divertirmi con lui. Giocherà a disorientarti, a farti perdere ogni certezza che avevi. Pensa al resto della tua esistenza come a un colossale gioco del gatto col topo. Il topo sei tu. Ma non prendertela. Hai pur sempre l'onore di essere stato un trastullo di Dio”.
“...”
“Posso prometterti solo una cosa: quando sarai morto, ma caldo ancora, e gli italiani che ti hanno riverito per vent'anni isseranno il tuo cadavere a testa in giù per bersagliarlo di sputi. Solo allora avrà pietà di te, e verrà a darti un bacio. Buona notte”.
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