Gioventù bruciacchiate

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Dopo di noi, sempre più giungla

“Ah, guarda, io non so come fai a fare il mestiere che fai. Come fai?”

Non lo so.

“Cioè, insegnante. Io non ce la farei mai”.
E io non farei mai il carabiniere, così siamo pari.
“Alle medie, poi. Coi ragazzi che ci stanno adesso. Dev'essere una jungla. Come si fa?”
Spiegamelo tu. Sei appena tornato da una missione in Afganistan e mi guardi come se il pazzo fossi io. Ma ti rendi conto.
“Ogni giorno ne senti una nuova. Ma quella ragazza, hai sentito? che arriva in classe, si mette a ridere... il prof avrà pensato a un caso di ridarola, come ai nostri tempi”.
I nostri tempi.
“Macchè, le convulsioni! Aveva tirato del crack! Nell'intervallo”.
Sì, è seccante. D'altro canto, ti ricordi Cantelmi?
“Come no, adesso fa l'assicuratore! È sempre il solito stronzo! Ma cosa c'entra Cantelmi?”
Ti passava l'hascisc negli spogliatoi, ai nostri tempi.
“Ma va'!”
Ti dico che me lo ricordo.
“Ma forse ad allenamento... ma a scuola no! l'hascisc a scuola, sei fuori?”
Proprio perché non sono fuori, proprio perché non ci sono mai stato, quell'odore lo sento solo ai concerti e a certi cantoni di strada; e ogni volta mi viene in mente lo spogliatoio e la faccia da culo di Cantelmi, e non è il tipo di madeleine che uno s'inventa a posteriori, per cui...
“E comunque era maria...”
Era hascisc, dai.
“Ma vuoi mettere col crack? Ma hai presente cos'è il crack? Ci sono i cristalli d'ero dentro, dipendenza al primo tiro!”
Ecco, è quello che ci raccontavano i vecchi della maria. Stessi discorsi.
“E poi era roba tra maschi! Cioè, neanche uno stronzo come Cantelmi avrebbe passato dell'hascisc a una ragazzina, cose da...”
Cantelmi forse no, ma tu l'hai fatto.
“Ma che sei sc...”
Predotti Annakatia.
“A vabbè, se adesso stiamo a contare pure l'Annacacca... io dicevo le ragazzine”.
Pure lei se ne tornava in classe con certi accessi di ridarola. Io mica capivo, eh. Ci ho messo qualche anno a ricostruire.
“Ma non era mica una ragazzina, dai... una ripetente”.
Quindici anni.
“Sì, ma fisicamente, eh... fisicamente...”
Oggi finiresti sul giornale, per una cosa del genere. Negli anni Ottanta i cronisti avevano altro da fare. C'erano le brigate rosse e l'anonima sarda, una babygang che spacciava alle medie era meno interessante. Non esisteva nemmeno la parola babygang.
“Ma non abbiamo mai fatto male a nessuno! Questi di adesso sono degli animali, distruggono le scuole! Hai sentito il liceo a Modena? Migliaia d'euro di danni, 'sti stronzetti. Che se me ne trovassi uno tra le mani, io...”
Medie statali di Ravarino, 15 settembre 1987.
“Eh?”
Avevano appena intonacato. La notte del primo giorno di scuola dei vandali con bomboletta riempiono di scritte le quattro pareti. Qualcosa come dieci milioni di danni. Non si è mai saputo chi sia stato.
“Ah cazzo, mi ricordo... quando uscì sulla prima del Carlino... che cagata addosso”.
Puoi ben dirlo.
“Ma quindi tu sapevi... ma chi te l'ha detto?”
C'ero anch'io, deficiente, ero quello che andò a comprare le bombolette il sabato pomeriggio, a Modena col motron.
“C'eri tu? Ma tu eri un secchione”.
Si vede che cominciava a starmi stretta la parte.
“Ma dai! Che roba! E gli altri chi erano? Che non mi ricordo proprio più niente, sai”.
Parisini Antonio.
“Poveretto. Hai saputo...”
Come no, un infarto a trent'anni, ci penso ogni volta che mi sento il cuore.
“Tranquillo che a te non capita”.
E chissà. Giarola Sandro.
“L'ingegnere!”
Secondo me non si è mica laureato, sai.
“Conta poco, suo padre gli ha messo già un po' d'azienda in mano. Vabbè, al massimo se ci scoprono l'avvocato ce lo paga lui”.
Mi sa che il reato è passato in prescrizione. E poi tu sei un eroe di guerra. Ma insomma, questi afgani?
“Son brutti. Ma nei carabinieri non si sta male. Voglio dire, c'è disciplina. Non è come a scuola”.
E dagli.
“Nel senso che... se io dico a un sottoposto Fermati, lui si ferma. A scuola non si ferma mai nessuno”.
Io mi fermavo, a volte.
“Io no. Nei carabinieri il comandante lo rispettano. A scuola gli insegnanti sono sempre degli sfigati... mica per offendere, eh...”
Il rispetto si conquista, ovunque vai.
“Ma a scuola ti possono fare qualsiasi cosa, e non puoi neanche toccarli! Ho sentito che l'ultima moda è che gli studenti ti prendono la targa! La tua l'han presa?”
Sì, certo.
“Cioè, qualcuno ti ha detto che...”
Un giorno uno mi ha chiesto, davanti a tutti: prof, lei per caso guida una pegiò tale targata ecc.? Sapeva anche il numero di telaio, a momenti. Sai, io poi lavoro in un paesone.
“E a uno così, se gli dai un brutto voto, cosa ti fa?”
Mah, spero niente.
“Ma ce l'hai un garage?”
Lo sto cercando. E poi ho esteso l'assicurazione agli atti vandalici. Ma voglio dire, è il mio mestiere. Se fossi un muratore potrei cadere da un'impalcatura.
“Noi però non eravamo così. Non avremmo mai minacciato un professore col numero di targa... è una cosa mafiosa, veramente”.
Ma l'auto di Farella, te la ricordi?
“Oddio, Farella! Ma tu sei pericoloso! Ma come fai a ricordarti dopo tutti questi anni Farella!”
L'inchiostro di certi brutti voti trapassa dal registro all'anima.
“Farella! Adesso io stanotte non dormirò, perché mi hai fatto venire in mente Farella!”
Certi momenti muti alla lavagna durano tutta la vita, forse non sono ancora passati.
“Con la sua Alfasud scassata! Coi deflettori di cartone!”
Glieli avevi rotti tu, no?
“No, fu Borotti, il figlio del tabaccaio... sta in Venezuela, adesso. Import Export”.
Dicono tutti così. La fiancata comunque, quella l'hai fatta tu. Col cacciavite a stella che ti trovarono nello zaino.
“Ancora 'sta storia, oh. Nooo! Come ve lo devo dire. Il cacciavite mi serviva perché avevo un problema col seimarce. Secondo me fu il povero Parisini”.
Certo, lui di sicuro non può smentire.
“Glielo dissi pure al Preside, di controllare il graffio, che i cacciaviti a stella non sono buoni per rovinare le fiancate, sono meglio quelli piatti”.
Eri già un esperto.
“Ma sì, perché avevo fatto la fiancata della supplente di francese, l'anno prima... ma con lei era un altro discorso... era una t...”
Va bene, i deflettori no e la fiancata no. Ma la pisciata, almeno. Prenditi le tue responsabilità.
“Ma sol che non scherzi! Ma ti pare? I maschi pisciano in piedi”.
Vuoi dire che...
“Fu lei, fu l'Annacacca! Avevamo rotto il deflettore per entrare, stavamo fumando... fu accidentale! Lo sai com'era l'Annacacca, quando cominciava a ridere...”
Si pisciò adosso nell'Alfasud del più stronzo dei prof di matematica. Era il 1986.
“Che sagoma, l'Annaka. Ma che fine ha fatto?”
Commessa. Sposata. Due figli.
“Due bambini! Li hai visti?”
Uno ce l'ho in classe. Non è proprio una cima, eh.
“E ti credo! Vengono su sempre più cretini”.
Non lo so. È difficile fare un confronto, stabilire dei parametri.
“E non rispettano più nessuno! Ci vuol coraggio per metterne ancora al mondo!”
Dai, ce la faremo.
“Mah”.
Sei stato in Afganistan, di cosa ti preoccupi?
“Là era deserto, duro, ma... allo stesso tempo semplice. Non so se mi spiego".
Sì.
“Qui è peggio, qui è una giungla”.
L'ho già sentito dire.
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