Nel sogno l'ho picchiato
23-05-2020, 16:59autoreferenziali, famiglie, sogniPermalink– Nel sogno sto cercando qualcosa nella campagna intorno a San Felice Secchia, sto seguendo una pista che mi ha fornito una collega in pensione. Non c'è molta gente in giro ma noto questa nuova tendenza di affondare vecchie automobili nei canali, una la vedo proprio imbarcare acqua e sprofondare, un'Alfasud grigio metallizzato.
Altre auto invece le abbandonano sui cigli delle strade e a questo punto mio padre, che non sogno quasi mai, mi insegna come attaccarne una all'uncino di un carro attrezzi, evidentemente sto lavorando con lui. Più che un carro attrezzi però sembra un mini-ponte, non so come lo chiamassero in qualsiasi altra auto-officina, una minigru semovente che guido stando in piedi, con l'auto al traino, e mio padre ci segue con un altro mezzo indistinto. Andiamo ai venti all'ora ma nel sogno sono comunque fiero del mezzo che sto conducendo, quell'orgoglio da ragazzo neopatentato. A un certo punto, e abbiamo già attraversato una piazza di San Felice, svoltando in una curva, ci affianca una motocicletta telecomandata, un giocattolo. Io che nel sogno non sono comunque esperto di quello che mi sta succedendo, per un attimo penso che sia una specie di mascotte della nostra ditta, invece mio padre mi avverte che è una truffa, un drone (non usa quella parola), insomma un affare che serve per fregarmi i dati dal telefono.
– Accostiamo il mio veicolo, estraggo lo smartphone con la stessa fatica che ci metto quando sono sveglio a farlo sgusciare dalla tasca dei jeans, e leggo in inglese che adesso sono cliente di Telecom Irlanda. Calcolo che con uno scherzo del genere mi sono giocato tutto quello che ho vinto online e questo è veramente curioso perché è da parecchio tempo che non gioco, da sveglio, mentre nei sogni evidentemente continuo e ovviamente vinco – non sarebbero sogni – ma non così tanto.
Acquattato in un androne noto il tizio con il telecomando giocattolo in mano. Ha i capelli neri, ma pochi, lo sguardo triste perfettamente sbarbato. In questo sogno in cui mi muovo molto, lui invece è prigioniero, mi vede e non può muoversi. Adesso mi dai i documenti e li fotocopio, gli dico, che è una frase che di solito uso nella mia scuola coi nonni che quando un bambino sta male vengono a prenderlo ma non hanno una delega firmata dai genitori. La stesa frase adesso è intonata come una minaccia: lui non può darmi i documenti ma non può nemmeno scappare. Non ti conviene farmi arrabbiare, gli spiego, perché è da tanto che voglio picchiare qualcuno e ho pure in mano il connettore che serve ad adattare il bocchettone del GPL al serbatoio della mia macchina: un affarino che sta in un pugno ma che è molto pesante. Il tizio si dibatte ma non può scappare, così lo martello in testa con quell'affare e al primo colpo va giù. Non è svenuto, è solo che non ne vuole prendere più.
Gli prendo il portafogli e leggo il suo nome su un documento rovinato, un liquido colando a rivoli l'ha corroso in due punti, è un nome di origine mista con le consonanti più strane proprio dove passano i segni del liquido. Inoltre è doppio, e anche il cognome è doppio, ma io ci sorrido sopra perché in questo sogno sono espertissimo di nomi, li conosco tutti. Lo passo a mio padre/collaboratore e gli dico di fotocopiarlo. In questo largo androne, una specie di sottoscala ma di una scala architettonica, c'è in effetti una fotocopiatrice, forse a gettone. Siamo a posto, mi dice, e poi mi dice un'altra cosa divertente, ma gli rispondo che ho picchiato una persona e quindi adesso sarò di cattivo umore per un mese intero. Il tizio sotto di me finge di dormire, o forse a questo punto si è svegliato.
Altre auto invece le abbandonano sui cigli delle strade e a questo punto mio padre, che non sogno quasi mai, mi insegna come attaccarne una all'uncino di un carro attrezzi, evidentemente sto lavorando con lui. Più che un carro attrezzi però sembra un mini-ponte, non so come lo chiamassero in qualsiasi altra auto-officina, una minigru semovente che guido stando in piedi, con l'auto al traino, e mio padre ci segue con un altro mezzo indistinto. Andiamo ai venti all'ora ma nel sogno sono comunque fiero del mezzo che sto conducendo, quell'orgoglio da ragazzo neopatentato. A un certo punto, e abbiamo già attraversato una piazza di San Felice, svoltando in una curva, ci affianca una motocicletta telecomandata, un giocattolo. Io che nel sogno non sono comunque esperto di quello che mi sta succedendo, per un attimo penso che sia una specie di mascotte della nostra ditta, invece mio padre mi avverte che è una truffa, un drone (non usa quella parola), insomma un affare che serve per fregarmi i dati dal telefono.
– Accostiamo il mio veicolo, estraggo lo smartphone con la stessa fatica che ci metto quando sono sveglio a farlo sgusciare dalla tasca dei jeans, e leggo in inglese che adesso sono cliente di Telecom Irlanda. Calcolo che con uno scherzo del genere mi sono giocato tutto quello che ho vinto online e questo è veramente curioso perché è da parecchio tempo che non gioco, da sveglio, mentre nei sogni evidentemente continuo e ovviamente vinco – non sarebbero sogni – ma non così tanto.
Acquattato in un androne noto il tizio con il telecomando giocattolo in mano. Ha i capelli neri, ma pochi, lo sguardo triste perfettamente sbarbato. In questo sogno in cui mi muovo molto, lui invece è prigioniero, mi vede e non può muoversi. Adesso mi dai i documenti e li fotocopio, gli dico, che è una frase che di solito uso nella mia scuola coi nonni che quando un bambino sta male vengono a prenderlo ma non hanno una delega firmata dai genitori. La stesa frase adesso è intonata come una minaccia: lui non può darmi i documenti ma non può nemmeno scappare. Non ti conviene farmi arrabbiare, gli spiego, perché è da tanto che voglio picchiare qualcuno e ho pure in mano il connettore che serve ad adattare il bocchettone del GPL al serbatoio della mia macchina: un affarino che sta in un pugno ma che è molto pesante. Il tizio si dibatte ma non può scappare, così lo martello in testa con quell'affare e al primo colpo va giù. Non è svenuto, è solo che non ne vuole prendere più.
Gli prendo il portafogli e leggo il suo nome su un documento rovinato, un liquido colando a rivoli l'ha corroso in due punti, è un nome di origine mista con le consonanti più strane proprio dove passano i segni del liquido. Inoltre è doppio, e anche il cognome è doppio, ma io ci sorrido sopra perché in questo sogno sono espertissimo di nomi, li conosco tutti. Lo passo a mio padre/collaboratore e gli dico di fotocopiarlo. In questo largo androne, una specie di sottoscala ma di una scala architettonica, c'è in effetti una fotocopiatrice, forse a gettone. Siamo a posto, mi dice, e poi mi dice un'altra cosa divertente, ma gli rispondo che ho picchiato una persona e quindi adesso sarò di cattivo umore per un mese intero. Il tizio sotto di me finge di dormire, o forse a questo punto si è svegliato.
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