Il ministero che vuole più Microsoft a scuola (e chi paga?)

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Egregio Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca:

sono un docente che ogni anno partecipa alle rivelazioni Invalsi. Ogni anno sono tentato di protestare pubblicamente per il fatto che il MIUR continui a usare Microsoft Office. Un prodotto costoso (e deperibile) che non offre a docenti e funzionari nulla che non sia possibile fare con prodotti più leggeri e, soprattutto, gratuiti. Poi ogni anno la stanchezza prevale.

Le scrivo perché ho scoperto che il 15 maggio ha stipulato un protocollo di intesa con la Microsoft, che prevede “percorsi formativi rivolti ai dirigenti scolastici su tematiche relative alla didattica e alla gestione delle risorse”, e per i docenti “una serie di incontri di formazione sulle tematiche dell'innovazione nella didattica”, il tutto a “titolo gratuito”: e ci mancherebbe che la Microsoft volesse pur esser pagata, per entrare nelle scuole a pubblicizzare i suoi prodotti.

Egregio Ministro, noi non abbiamo bisogno di lezioni gratis su come usare programmi costosi e deperibili. Avrebbe più senso qualche lezione su come usare altri programmi, che fanno tutto quello che fa Microsoft Office, però gratis. Per una formazione del genere varrebbe persino la pena di pagare: e sarebbe comunque un investimento.

Un tempo la Microsoft era lo stato dell’arte del software. Oggi è un marchio prestigioso che ti imbottiglia l’aria che respiri e prova a vendertela. Mi spiace che ci sia cascata: in ogni caso nelle mie classi quella roba lì non entra più. Saluti.
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Nella polvere ci ritroveremo

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In questo pezzo vorrei approfittare della presentazione dell'ultima Cosa Meravigliosa di Steve Jobs per spiegare perché non sono un Mac.

Cos'è questo boato?

Ma sì, è chiaro che non sono un mac, lo si vede da lontano. Puoi dirlo da come mi vesto, da come cammino - a certe persone l'eleganza semplicemente non calza, puoi vestirli di tutto punto e sembreranno dei pinguini. Io per esempio sono una persona maldestra e apprensiva. Rompo molti oggetti, perché li maneggio male. Ho le dita tozze, riflessi scarsi, e malgrado questo mantengo una certa manualità spavalda, che mi spinge a sperimentare, a spingere le cose al limite, a sfidare quotidianamente il dio dei piccoli incidenti domestici. Poi le cose si rompono, e io ne soffro. Ne soffro molto, con un'intensità che alla mia età è imbarazzante, voglio dire, sono solo... cose. Ma costano, e mi fanno sentire piccoloborghesemente colpevole in misura proporzionale al prezzo. Questo mi tiene istintivamente lontano dai prodotti di gamma medio-alta: io non sono Mac perché se fossi Mac, e mi facessi male, ne soffrirei troppo. Lo so qual è la vostra obiezione.
I Mac non si rompono.
Le batterie non si surriscaldano. I ventilatori non si impregnano di polvere – la polvere nei Mac non ci entra proprio, c'è una specie di karma elettrostatico che glielo proibisce. I Mac non cadono dal tavolino, ma se dovesse succedere probabilmente cadono in piedi, da bravi felini. Il software dei Mac è il migliore dell'universo e non grippa mai.

E questo ci porta al secondo problema. Io non sono un Mac, ma coi Mac ci ho lavorato. E so che non è vero quel che dite, insomma, è un'impostura. I Mac si guastano. Si surriscaldano. Cadono, come tutti i gravi di questo mondo, e spesso dal lato imburrato. Il software si pianta. Per esempio c'è stato un periodo nel 2004 in cui questo blog piantava i Mac, di sasso. Neanche una schermata blu, niente: il vecchio orologino cominciava a girare e continuava in eterno, bisognava staccare la spina (ok, succedeva solo con explorer, e Bill Gates ne era senz'altro più colpevole di Jobs, ma succedeva. I Mac si piantano, è nel novero delle cose possibili). La Apple ha dei centri di assistenza come tutte le aziende di questo mondo, e fanno incazzare i loro utenti come tutte le aziende di questo mondo. Può darsi che si rompano di meno: è il minimo, coi prezzi che fanno. Ma questa storia dell'immortalità dei Mac è pura superstizione. E non mi piace.

Non è che siano tutti così, gli utenti Mac. Ne conosco tanti che sono normalissime persone, magari un po' più eleganti della media, che comprano prodotti di gamma medio-alta per lo stesso motivo per cui io li scanso, e che quando si guastano se ne lamentano. Però ci sono anche quelli che a un certo punto della conversazione tirano fuori l'argomento: “non dà mai problemi”. Dimmi che sono meno vulnerabili. Dimmi che hanno un customer care migliore (sarebbe una bugia, ma accettabile). Ma non dirmi che i software e gli hardware di Jobs non hanno mai mai mai mai problemi, perché io davanti a dei mac impallati ci ho passato delle ore di vita, e di lavoro, e mi pagavano pure a progetto, maledizione.

Cosa porta gli utenti Mac (non tutti, ma comunque troppi) a santificare i prodotti che comprano, arrivando a negare che possano avere difetti o problemi?
a) Alcuni sono i ricchi. I ricchi certe volte semplicemente non fanno in tempo a rendersi conto. Cambiano laptop ogni diciotto mesi, e quindi non sanno cos'è l'usura. Hanno sempre gadget belli puliti e veloci e credono sia merito della tecnologia di Jobs, e non dei loro fottuti soldi. Però li posso capire, hanno un'esperienza limitata delle cose.
b) Alcuni sono in cattiva fede. Di notte, quando nessuno li vede, bestemmiano i numeri verdi come gli altri poveri mortali. Però ormai al bar si sono fatti conoscere come quelli che Pensano L'Impossibile e altre menate di marketing, e devono reggere il personaggio. Quindi vanno in giro a parlare di quanto siano indistruttibili i mac e di come tutti ce l'abbiano con loro perché sono invidiosi eccetera eccetera. Li posso capire, hanno un personaggio da reggere.
c) Poi ci sono quelli che ci credono davvero. Ecco. Questi sono quelli che mi spaventano sul serio. Io lo so che ogni fideizzazione è un atto di Fede: lo dice la parola. Ma i clienti fideizzati, poniamo, della Mercedes, non arrivano a negare che la loro macchina possa avere avuto anche problemi, per esempio al radiatore. O lo fanno? In tal caso mi spaventa anche la Mercedes.

Io non sono (a), ma mi piacerebbe ogni tanto esserlo. Non sono (b), ma in tante cose ci somiglio. Quello che veramente non voglio essere, quello che non sarò mai, è Mr (c). Io non voglio essere Mac perché la Apple mi spaventa come concetto. Io non sopporto i clienti Mac perché fanno propri gli slogan pubblicitari della loro ditta preferita, una cosa che mi sgomenta: credono alla pubblicità. Io non credo alla pubblicità, da quando avevo cinque anni e mi spiegarono che non è vero che chi non mangia la Golia o è un ladro o una spia. È un punto fermo della mia educazione: gli slogan mentono. Se uno mi dice “Less Is More” non penso “wow, che profonda verità metafisica”, penso “cosa vorrà fottermi questo coniatore di slogan? Uhm, diffidiamo”. Io ho paura quando sento o vedo o leggo tutti i clienti Mac che parlano bene del loro prodotto. È una cosa che mi terrorizza, come l'invasione degli ultracorpi. Tra l'altro è una cosa per niente italiana.

Io sono un italiano maldestro e apprensivo, che trova consolazione nel poter maledire, a qualsiasi ora, tutti i grandi marchi dai quali dipende la sua vita: telecom, vodafone, enel, autostrade, trenitalia, eni, microsoft, samsung, nokia, acer, HP, ministero della pubblica istruzione: non posso vivere senza di loro, ma mi consolo odiandoli con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima. Come un abitante dell'inferno di Dante (altro luogo assai italiano), consolo le mie sofferenze prospettando pene ancora più atroci per gli amministratori delegati che per avermi succhiato sangue lacrime ed ore di callcenter mi raggiungeranno presto, precipitando verso luoghi più profondi. Questa è l'unica consolazione del consumatore moderno, secondo me. Invece il cliente Apple è un tale che sembra appena sceso malvolentieri dal Nirvana, dove ha fatto quattro chiacchiere con Shiva, Maometto e la new entry Steve Jobs, per informarci del nuovo celestiale gadget. Il gadget sarà celestiale quanto vuoi, ma fratello, ripigliati. Nessuno s'innamora del suo spacciatore, non è sano. Quelli che ti vendono i prodotti sono i tuoi nemici. Tu hai bisogno di loro, non puoi più vivere senza di loro, ma non importa: sono tuoi nemici lo stesso. Li devi maledire, li devi odiare, devi andare alle presentazioni e urlare maledizione, Steve, è tutto qua? Un tablet senza presa usb, per chi cazzo ci hai preso? Per dei bambini di cinque anni che hanno bisogno della versione Elettronica del Gioco dell'Oca così la tata filippina non accuserà più il colpo della strega cercando i dadi sotto il divano stile impero? Puoi fare meglio di così! Devi fare di meglio! Altrimenti passo a... boh, all'Asus.

Questa è la mentalità PC. Nessuno è PC perché ama Bill Gates o l'orda dei suoi leccaculo. Più di ogni Mac, il PC odia il PC, e se ha deciso di restare PC è proprio per potersi odiare tutti i giorni. Si decide di essere PC perché l'odio per il proprio fornitore di hardware/software è una cosa sostanzialmente sana, una valvola di sfogo, e forse anche un modo per spingere il mercato a fare di meglio. E a volte ha funzionato, perfino con la Microsoft. Di sicuro ha funzionato con la Apple. Voglio dire che il vero patrimonio della Apple non sono i fanboy pronti a comprare e adorare ogni prodotto rivoluzionario a scatola chiusa. Sono gli utenti brontoloni, quelli che piantarono una grana perché il primo Iphone non aveva il copia incolla, e oggi protestano perché la nuova Cosa Meravigliosa non è multitasking. Si impara dalle critiche, non dall'ammirazione.

Io sono PC. Sono scadente e maldestro, ma del resto anche l'universo lo è. È pieno di oggetti imperfetti che si rompono. Molta gente ha bisogno di vedere il Sacro Graal, o il Gadget Perfetto ogni sei mesi, ma io no. Anche se mi regalaste il Graal, mi cadrebbe di mano, lo scheggerei, maledirei i numi. Sono fatto così, ma il punto è che siete fatti così anche voi. Regalatevi pure il nuovo oggettino, ma ricordate: l'universo è graffi, cadute, crash di sistema, bug, surriscaldamenti, entropia, e polvere soprattutto, tantissima polvere. Particelle dei gadget dei nostri antenati.
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