attenzione: catena!

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Blogging for aliens

Mi hanno chiesto di descrivere un blog (già fatto un centinaio di volte, lo so) in duemila battute – ecco, questo è interessante. Io con 2000 battute non butto giù manco la lista della spesa.
Ma ci proverò. Fingerò di saltar fuori da un cassetto frigorifero, nel trentamila dopocristo, e di dover spiegare a una razza aliena in corso formazione che cos’era un blog all’inizio del terzo millennio: ma svelto, sennò mi squaglio davvero e poi non mi possono più ricongelare, esattamente come i quarti di manzo, bravi.

“Immagino che qualcun altro vi abbia spiegato cos’era il www. Bene. Il blog è la forma che hanno preso le identità individuali, sul www, a partire dal 2000. In Italia hanno attecchito 3 anni dopo (ma mi rendo conto che non sapete cosa sia l’Italia, da come agitate gli pseudopodi).
Prima dei blog c’erano i cosiddetti “siti personali”. Eravamo tutti convinti che prima o poi ne avremmo aperto uno. Ci avremmo messo una foto nostra, una del gatto, il curriculum, il romanzo nel cassetto e la playlist. Ne eravamo convinti, ma appena inciampavamo in una pagina web fatta così scappavamo via. Dopo due minuti che erano aperte sembravano ammuffite, vetrine polverose coi perenni segnali di lavori in corso. Perché non funzionavano?

Perché le identità non si presentano in questo modo. Nessuno viene a te per la prima volta col suo curriculum, la lista dei libri che ha letto e la galleria fotografica: nessuno che voglia davvero conoscerti, o che tu voglia veramente conoscere. Le identità individuali non si scambiano playlist al primo incontro, scherziamo? C’è qualcosa di meno romantico di un biglietto da visita? Le identità s’incontrano per caso, in un capannello di gente che chiacchiera di un argomento qualunque. Ci si ascolta parlare di politica o di gatti, e ci si sorprende a pensare: però, quel tipo, simpatico. Ci si scopre un po’, giorno per giorno. I blog erano spogliarelli per gente educata, contraete le ventose se avete capito.

La prima volta che ho visto un blog mi sono chiesto: ma perché i pezzi sono pubblicati a rovescio, dall’ultimo al primo? Quanto ero stupido: come lo spettatore dei Lumière, che fugge davanti alla locomotiva. Il blog è essenzialmente questo: un sito sempre aggiornato. Potevano essere ed erano spesso puttanate, ma sempre fresche di giornata. Ami gettati per le altre identità curiose. Chi abboccava poi avrebbe risalito il corso dell’archivio; e prima o poi avrebbe raggiunto il romanzo nel cassetto, i dischi dell’anno e la foto del gatto. Ma l’identità rimaneva sempre sotterranea, mi capite? Chi trascorreva tempo sui blog girava in superficie, e aveva la sensazione di muoversi in un bar o in una festa, dove si parla di sport o tv ma senza impegno.

Il tutto rigorosamente in forma scritta, perché la banda era quello che era. Verso la metà del decennio l'offerta di banda aumentò, e i contenuti multimediali fecero esplodere il sistema. Il blog si evolse in una specie di videocitofono personale, e cambiò nome, perché i nomi vecchi stancano. I nostalgici che continuavano a pubblicare paginette web in forma scritta facevano una cosa che fu chiamata retroblogging. Corre voce che continuassero a divertirsi e a uscire con ragazze/i interessanti.
Ma io forse non c’ero già più, non ricordo bene. Ora se per favore mi rimettete al mio posto… scusate, eh, ma tra un po’ ricomincerò a starnutire e non hanno ancora inventato il vaccino”.


Duemilatrecento spazi esclusi, di più non ce la fo.

La catena volevo tenerla per me, ma ripensandoci credo che la manderò almeno a Sviluppina (che le sa apprezzare).
E già che ci sono anche a Dr Psycho, Mauro, Valido e... Paolo Guzzanti. Solo una scusa per lincare gente che non linco praticamente mai, perché sono pigro. Scusate. E (se vi va) provate a descrivere i blog ai beduini del deserto, o a Galileo Galilei, o ai vertici del Kgb durante una seduta spiritica. Magari è divertente.
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- 2025

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Memory is my playlist


Caro Leonardo,
alla fine si sono rifatti vivi i due cagnoni.
È stato ieri, in via del guasto. Uscivo dalla facoltà ad occhi bassi, per timore dei cocci di bottiglia al piscio di cane, così per poco non andavo a finire addosso al più alto.
"Ehi bimbo, attento!"
Il bimbo ero sempre io.
"Vedi, Roc, questo è il problema con te. Ti lasci prendere e ti abbandoni a valutazioni errate. Il signore non è certo un bimbo".
"E cosa sarebbe?"
"Non lo so".
"Vedi Luc, questo è il problema con te. Che non sai mai un cazzo di niente. Ti sembra più un lampione?"
"No, direi di no".
"Ti sembra più un bimbo o un lampione?"
"Mi sembra più un bimbo".
"Lo vedi, lo ammetti anche tu".
"Non ammetto niente. Il signore è senz'altro qualcosa a metà".
"A metà tra cosa? Tra un bimbo e un lampione?"
"Ma no, sarà a metà tra due cose che non so".
"Ecco, vedi…"

"Scusate", ho detto io. "Era da un po' che speravo di vedervi. Volevo dirvi che ho trovato Taddei".
"E a noi che frega?"
"Vi avevo promesso che sareste stati i primi a saperlo. E poi voi sapete dov'è Damaso…"
"Damaso chi?"
"Il neurologo dell'Ospedale Maggiore, quello che si è lasciato scappare Taddei. Siete voi che lo avete arrestato, no?"
"Ehi, Luc, ma il bimbo sa un sacco di cose, hai notato?"
"Non esageriamo. Ci saranno anche molte cose che non sa".
"Forse dovremmo interrogarlo. Hai le domande?"
"Le hai tu".
"Ah, già. Dunque".

1. Volume totale dei file musicali sull'Hard Disk
"Cosa?"
"È un interrogatorio. Rispondi".
"Ma cosa c'entra con Taddei?"
"Oggi non ci frega di Taddei. Stiamo conducendo una ricerca sui gusti musicali. Domani magari ti interroghiamo su Taddei. Ma oggi…"
"Un momento. State bislavorando, è così? Lavorate sia per il MinInt che per una qualche azienda di indagini di mercato. Mi sbaglio?"
"Hai sentito, Luc? Il bimbo ha della fantasia, o no?"
"Sì, ma non è un bimbo".
"Lo vedi? Ti contraddici. La fantasia è tipica dei bimbi. Lui ne ha, quindi è un bimbo. Ma insomma, rispondi o no? Ce l'hai un hard disk, a casa?"
"Uno ce l'ho, ma… è vecchio".
"Giga?"
"Mah, una ventina".
"Che è, un residuato bellico?"
"In effetti, sì".
"E lo usi solo per la musica?"
"No, dentro c'è di tutto, i documenti, i video dei bambini, sai, i bisbattesimi le comunioni eccetera. Avrò si e no cinque giga di roba mia".
"Pochina".
"Avevo un sacco di roba su cd, anche quei file compressi che andavano molto una volta, sapete, gli emmepi… poi un giorno mi sono reso conto che non avevo più lettori cd in casa. Ho perso migliaia di ore di musica senza accorgermene".
"È sempre così".
"Una volta credevo che la tecnologia ci avrebbe permesso di conservare tutto, ma non è così. La tecnologia dimentica più in fretta di noi".
"Sì, sì, come no, andiamo avanti".

2. L'ultimo CD che hai comprato:
"E che ne so, è stato trent'anni fa. Mele ed arance".
"Che cosa?"
"Un gruppo inglese di tre lettere, mele e arance in copertina".
"Non è mica un cruciverba, sai".
"Doveva essere un successo mondiale, e io volevo comprarlo per primo. Due settimane di paghetta".
"Era bello, almeno?"
"Ma sì, carino. Due anni dopo era sulle bancarelle a novemilalire, dallo choc non ho più comprato un cd per uso personale. Però ne ho noleggiati parecchi".
"Il noleggio era vietato".
"In alcuni comuni dell'Emilia Romagna era fortemente incoraggiato dagli assessorati, con scopi propagandistici".

3. Canzone che stai suonando ora
"Non sta suonando nessuna canzone".
"Oh. L'ultima canzone che hai sentito".
"Non lo so. Stamattina mi sono svegliato che avevo in testa… hai presente quel rock irlandese che fa biuacciuà, biuacciuà…"
"Ma che sei scemo?"
"Biuacciuà, vuol dire: "Sii quel che sei", ma in inglese è molto più cantabile. Dice: non voglio essere l'eroe di nessuno, non voglio essere la star di nessuno, voglio essere quel che sono. Biuacciuà. È in uno di quei cd che non posso più leggere. È terribile alzarsi con una canzone e rendersi conto che non la sentirò più".
"Puoi farti prestare un lettore".
"E chi ce l'ha più un lettore, tutti rottamati".
"Magari la ridaranno per radio".
"Sì, tra un rosario e l'altro. No, ormai posso contare solo sulla mia testa".
"Stai fresco, allora".
"Ecco, appunto".

4. Cinque canzoni che significano molto per te
"Ah, questa la so, me l'avevano fatta 25 anni fa…"
"Magari in 25 anni hai cambiato qualcosa".
"Ma no, perché. Da bambino ero innamorato di Cuccuruccuccù Paloma, poi ho comprato la cassettina dei Police con Camminando sulla luna, "Qualcuno potrebbe dire che sto buttando via il mio tempo", ogni giorno è come se me la ricantassi dentro… e poi c'era un pezzo strano degli Stranglers col clavicembalo, mi faceva impazzire quando passava da tre a quattro quarti. E il riff di tastiera di quel classico dei Doors, lo ascoltai per la prima volta un pomeriggio che pioveva e fu una scossa elettrica, avevo la sensazione di averlo già ascoltato in una vita precedente, metempsicosi e cose del genere… quanti ne ho detti?"
"Siamo a quattro".
"Bene. Quando ero bambino ero molto impressionabile. Un giorno vidi a discoring un video dei Pink Floyd con un maestro a forma di martello che infilava gli studenti in un tritacarne ed ebbi una specie di minicrisi di panico".
"E i tuoi genitori?".
"Non c'erano. C'era solo mia zia che disse: prega molto e vedrai che ti passa. Così mi venne pure una crisi mistica. Credo che quella canzone significhi molto per me".

5. Passa il testimone a cinque persone
"Che cosa?"
"È solo un gioco. Serve a capire le dinamiche di diffusione dei messaggi in un ambiente sociale. Si fanno domande inutili e si chiede di passare il testimone, e poi si calcola quanto tempo ci vuole a saturare l'ambiente, così".
"Una catena di Sant'Antonio. E va avanti da tempo?"
"Da vent'anni. In effetti, l'esperimento ci ha preso la mano. Non siamo più in grado di fermarlo".
"Basterebbe non passare più il testimone".
"Sì, ma nessuno vuole fare il vicolo cieco. I componenti di un ambiente sociale si qualificano soprattutto per la quantità e la qualità delle loro relazioni. Così la catena non si è mai interrotta. Va avanti e indietro da anni. C'è gente che ha già risposto centinaia di volte. Nessuno osa spezzarla".
"La spezzo io".
"Bah, sfigato".
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