Network of Love

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A distanza d'anni i giornalisti ne parlano ancora; i veterani lo raccontano agli stagisti nei lunghi turni insonni. Di quella notte d'ottobre che tutte le rotative d'Italia si fermarono; quella notte in cui tutti i direttori d'Italia tirarono giù dal letto i redattori d'Italia per rifare tutte le prime pagine d'Italia, perché c'era una notizia che davvero non si poteva non dare.

Il giorno dell'abbraccio

E pensare che molte ore erano passate senza nulla di veramente interessante.
Nel primo mattino era giunta notizia di un disastroso terremoto, da qualche parte nell'oceano Indiano; uno di quei posti, hai presente, dove tempo due ore arriva l'ondata assassina; che infatti puntuale due ore dopo si presentò, per la gioia svergognata del reporter tailandese che era riuscito ad affittare in tempo l'elicottero. Le sue foto apocalittiche fecero il giro del mondo, e alle tre del pomeriggio tutti i principali giornali italiani le avevano acquistate; a quel punto il body count delle autorità aveva già superato il migliaio, e quindi insomma la prima pagina era già fatta.

D'altro canto bisogna dire che questi terremoti e maremoti cominciavano a stuccare il pubblico, che la prima volta si era molto emozionato, ma a furia di repliche rischiava di disaffezionarsi, ché tanto poi si sa che in quei posti c'è tanta gente che non se la passa bene, e quindi alla fine queste catastrofi, (non si può dire ma tutti lo pensano) non è che siano tragiche come sarebbero qui da noi, perché laggiù la gente è come se morisse più volentieri, e se vi sembra un pensiero cinico avete perfettamente ragione, ma sapete di chi è la colpa? E' anche un po' dei giornali che continuano a sbatterci in faccia terremoti e tsunami come se potessimo farci qualcosa; ecco, la prima volta mandi un vaglia, la seconda mandi un sms, la terza ti sorprendi a domandarti: su tutti questi sms chi è che s'intasca la provvigione? La quarta volta ti senti preso per il culo e basta, e il giorno che arriva il nuovo tsunami tu neanche lo compri, il giornale. Per cui i direttori non erano affatto convinti. Poi alle cinque del pomeriggio era uscita una brevissima agenzia su una tale minorenne indagata per aver cercato di corrompere il premier. La tipa era già nota nell'ambiente e c'erano sue foto sgranate su un sito gossipparo registrato ad Acapulco.

E a quel punto apriti cielo. I quotidiani anti-premier avevano sbattuto le foto sgranate su cinque colonne, alcuni pixel erano più grossi dei caratteri di stampa, un capolavoro di razionalismo cubofuturista. I quotidiani filo-premier, dal canto loro, si erano precipitati a mettere le mani avanti per le prime dieci pagine, dimostrando con prove schiaccianti che si trattava di una congiura di giudici comunisti (alcuni di questi giudici erano stati in effetti fotografati seduti su una panchina in un quartiere dove trent'anni prima era stata chiusa una sede del Partito Di Unità Proletaria, sfoggiando calzini dalle inquietanti nuances). E però, anche mentre si prodigavano a produrre tutta questa roba, i giornalisti coinvolti da entrambe le parti delle barricate non riuscivano a reprimere uno sbadiglio, e pensavano: se ci annoiamo noi, figuratevi i lettori... La passione del premier per le ninfette era ormai un dato storicamente acquisito; festicciole di compleanno e di cresima ormai erano state paparazzate alla noia. Essere governati da un sessuomane compulsivo era indubbiamente eccitante, i primi sei mesi; il problema è che i compulsivi, per definizione, fanno sempre ma sempre le stesse cose, e dopo un po' ti uccidono di noia. Insomma, anche questa prima pagina non è che convincesse i più. E allora?

Più tardi nella serata ci si aspettava un memorabile scoop di wikileaks sulle battaglie della guerra segreta pakistana, in cui pareva fossero coinvolti anche effettivi italiani... sì, però che palle anche la guerra, la tortura, non siamo più nel duemilaetré. Un pentito accusava il premier di avere baciato un mafioso, anche qui, già visto, già sentito, peraltro il mafioso non era nemmeno un minorenne, quindi... Verso le nove qualche direttore aveva già optato per l'ennesima apertura sul delitto del mese, una certezza; soprattutto in certi giorni di autunno in cui succedono tante piccole cose, ma niente di veramente sensazionale, niente che ti faccia saltare dalla sedia e correre all'edicola più vicina, insomma niente di veramente... niente.

E poi accadde.

Voci si erano già sollevate nel tardo pomeriggio: ma erano troppo inverosimili e leggere, la maggior parte degli osservatori le aveva liquidate come uno scherzo di dubbio gusto. E invece la notizia c'era. Il diretto interessato la confermò con un lancio d'agenzia alle 11.47. Del 28 ottobre 2011, un giorno che rimase scolpito in tutti i nostri cuori. Non c'è chi non ricordi cosa stava facendo in quel momento.

Nel momento in cui Daniele Capezzone, portavoce di un partito(*), davanti alle telecamere, ammise di fronte al mondo intero che era successo.
Qualcuno, di cui non si seppe mai il sesso, né l'età, né la fede politica, lo aveva incrociato in un vicolo di Roma; e lo aveva abbracciato.
Baciato, anche? Capezzone non volle dirlo. Ma il filmato ripreso dalla telecamera a circuito chiuso di una gioielleria dimostrava se non altro che l'abbraccio era stato lungo, intenso, partecipato. Nel ricordarlo, Capezzone non poteva trattenere una lacrima. Era successo. No, non era una scena preparata. Né una candid camera. Qualcuno, non sapremo mai chi, gli voleva bene.
Qualcuno aveva deciso di dimostrarglielo, sfidando il mondo intero. Entro la mezzanotte il filmato era già stato ripreso, rimontato, moviolizzato in ogni singolo fotogramma, mentre gli opinionisti televisivi davano fondo al loro repertorio di finti retroscena: chi era il misterioso Abbracciatore? Quali le sue motivazioni? Era un folle isolato o l'esecutore di un piano più complesso? E in questo caso, chi erano i Misteriosi Mandanti che avevano voluto mandare un messaggio d'amore a Capezzone? C'era forse dietro un gruppo di ammiratori, riunitisi su internet, una specie di Network dell'Amore? E tutte le altre cazzate del caso.

Eccola, la notizia del giorno. Non ci fu un solo direttore di giornale che in quelle ore non lo pensò. Eccolo, il piccolo fatto vero che illumina una verità universale. Eccolo, l'uomo-che-morde-il-cane. Non importa quanto tu possa essere disprezzato e solo; c'è una persona da qualche parte che è disposta ad abbracciare persino te. No, peggio di te: è disposta ad abbracciare Daniele Capezzone. Fermate le rotative. Buttate giù dal letto i corsivisti. Oggi è successo davvero qualcosa. Terremotati ne avremo sempre; premier sessuomani comunque spesso; guerre e delitti non ci mancheranno mai, ma oggi era un giorno diverso. Oggi era il giorno in cui il sole splendeva a mezzanotte, e le foglie gialle rinverdivano sugli alberi. Il giorno in cui tutto ci sembrò possibile. Il giorno in cui qualcuno volle bene a Capezzone.

(*) Si è persa la memoria di che partito fosse (li cambiava spesso).
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e chi non c'è, non c'è

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Aborto terapeutico

Mi dispiace per aver creato delle attese, ma dopo l'esito della manifestazione "Aborto no grazie" di sabato 8 marzo, durante la quale Ferretti ha intonato il Te Deum per un pubblico inferiore a quello dei suoi primi concerti punchettoni a Scandiano o Codemondo, ho deciso di sospendere unilateralmente la mia campagna di presa per il culo di Giuliano Ferrara, un uomo solo di fronte al ridicolo.

La mia non è pietà, che riservo ai puri di cuore, o comunque non ai raccomandati storici, ma puro calcolo: a sfottere Ferrara siamo già in troppi (e quasi tutti più bravi di me: Disegni, Guzzanti, Cortellesi, vado a nascondermi). È un accanimento degno di miglior causa. La verità, illustrata dal clamoroso flop di sabato, è che se non fosse per noi che lo prendiamo in giro, di questo signore non parlerebbe nessuno, perché le cose che dice non sono interessanti.

[Per inciso, mi piacerebbe proporre una legge non molto democratica che imponesse l'abbandono della politica a tutti quelli che indicono una manifestazione nazionale e non riescono a raccogliere in un sabato nemmeno mille persone – pensate, in un colpo solo ci libereremmo di Ferrara e Capezzone (e anche Mastella e Boselli, che però sono più furbi e in piazza da soli non si fanno trovare mai)].

La mia sensazione è che la campagna di Ferrara, come il portale di Capezzone, o le campagne elettorali di Adinolfi, o le teorie quantistiche di Gabriella Carlucci, o i gatti bonsai, facciano parte di quell'insieme di cose che esiste soltanto su internet, e magari un po' su La7, ma che se ne parli nel mondo vero la gente ti guarda strano, chi è Adinolfi? La Carlucci non fa la soubrette? E Ferrara è da un pezzo che non si sente più, che combina?

Certo, gli fanno scrivere un giornale: ma non lo legge nessuno (se non per sfotterlo, appunto). Certo, è continuamente in tv per via di una complicata politica di scambio di favori; ma la gente cambia canale. Anche i vescovi, probabilmente.
Rispondendo alle sue provocazioni si finisce per accettare il postulato che il dibattito sulla vita sia prioritario in questa campagna elettorale. Personalmente non ritengo che lo sia, né vorrei che lo diventasse. Non solo, ma tutte queste chiacchiere sventate sulla sepoltura per gli aborti hanno il risultato perverso e non casuale di far apparire Silvio Berlusconi un campione di laicità semplicemente perché queste cose non gli interessano (come non interessano buona parte della società civile o incivile che sia, che di aborto comincia a preoccuparsi soltanto il giorno che la figlia si mette a piangere per il ritardo). È un gioco di sponda, involontario o no: io mi smarco. In questi giorni ho parecchio da fare e forse neanche un minuto al giorno per le farneticazioni di un signore che pur variando i dosaggi dei farmaci non ha ancora nemmeno visto Dio. Evidentemente non è portato: però è un problema suo.
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tasse brutto! tasse giù!

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(La vita è breve, la finanziaria è un caos, scusate se mi rimetto a parlare di Capezzone. Giusto per tirarmi un po’ su di morale).

Non c'è nessuno che ti aspetta mai / perché non sanno come sei

Un altro effetto collaterale del boom di Grillo è che nessuno ha fatto caso al Flop di Capezzone, e questo è un po’ un peccato.
Come il V-day, pure la “Marcia per la tua pensione” era stata lanciata via blog (anche se nel frattempo www.decidere.net è diventato un sito web molto più dispersivo: peccato). Giusto per rammentare che un blog da solo non fa la rivoluzione. In luglio Capezzone aveva parlato di una nuova marcia dei Quarantamila; dalle immagini direi che si sono presentati più o meno in quattrocento. Che è una cifra inferiore.

Adesso, per quanto uno possa minimizzare e tirare avanti, qui c’è qualcosa che non va. Immaginate che la vostra carriera sia appesa tutta a una giornata di festa, un sabato pomeriggio col sole, in cui dovete cercare di portare nella piazza del Pantheon più gente che potete. Avete due mesi a disposizione, e il budget di un presidente di commissione della Camera. Quanta gente riuscirete a far venire? Contate i vostri amici. Gli amici degli amici. I colleghi, i conoscenti. Non li state mica invitando a una messa solenne, si tratta di due ore in una piazza che è già parecchio frequentata di suo. Ce la fate a portare un migliaio di persone? Ma sì che ce la fate, dai.
Capezzone no.

E poi ha anche il coraggio di rifarsi vivo in tv – Capezzone è una delle poche persone al mondo che ha più telespettatori che amici, rendetevi conto. Qui non si tratta nemmeno più di politica: è una questione privata. Se al tuo corteo non vengono nemmeno mille persone, non sei un cattivo politico: sei proprio un ragazzo solo.
Pare che fosse una marcia contro la Cgil. Adesso, se la politica italiana fosse un gioco serio come il Risiko, Capezzone dovrebbe come minimo cedere l’Europa Meridionale alla Cgil e ritirarsi in Egitto a leccarsi le ferite. Quattrocento persone! E un sacco di bandiere di Forza Italia. Non ci sarebbe niente di male, sennonché Capezzone presiede ancora una commissione della Camera in qualità di rappresentante della maggioranza. Anche se all’ultima fiducia si è astenuto, già. Poi hai un bel da criticare la Sinistra-di-lotta e-di-governo, perché fa i cortei, e tira Prodi per la giacchetta. Ma perché se Giordano va a un corteo tutti lo accusano di incoerenza e se ci va Capezzone no? Perché i cortei di Capezzone tanto non se li fila nessuno, giusto.

Son già così lontane quelle ruggenti calende di luglio in cui Capezzone lanciava i suoi appuntamenti via youTube. “Ventidue settembre! Aggiornate i vostri palmari!” Ecco, forse il problema è tutto qui. Se il suo target è lo stesso dei palmari, può stare fresco. Quegli aggeggi in Italia non li usa nessuno, troppo complicati, il cumènda va già in confusione col T9… Capezzone vorrebbe parlare alla nuova classe dirigente moderna e hi-tech: peccato che in Italia non esista. Si ripropone, una generazione più tardi, il dramma del Foglio: dove sono i nuovi padroncini moderni e dirozzati, che leggono i libri Adelphi e guardano i telefilm alla moda? maledizione, continuano a guardare Controcampo e a leggere la Gazzetta. Capezzone parla di flat tax, di welfare to work, di società della scelta; troppo difficile! quello che dovrebbe essere il suo pubblico è abituato a Bossi che dice “fucili”, che dice “gli extra fuori a cannonate, bum!”. O al limite a Berlusconi, che racconta barzellette. Si dice che a destra manchino gli intellettuali: sbagliato. Ce n’è anche troppi, quel che manca è qualcuno in grado di capirli quando parlano.

Sempre il solito limite di una classe dirigente che è cresciuta (soprattutto a nord) pensando che la scuola fosse una perdita di tempo, al limite un parcheggio. Non è colpa di Capezzone, no. In fondo lui vuole esattamente quello che vogliono: tasse giù! Età pensionabile su! Ma lui si attarda ancora in tecnicismi astrusi. Parla di “tredici cantieri per un’Italia ad alta velocità”. Cantieri? Alta velocità? Troppo difficile. E il tredici porta pure sfiga in Europa, lo sanno tutti. Forse dovrebbe semplicemente ordinare dei grossi striscioni e farci scrivere TASSE MENO, TASSE NO, TASSE BRUTTO. Et voilà, la piattaforma.

Nessuno può star solo... non deve stare solo... quando si è giovani così...
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nato ieri

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I misteri di Daniele C.
(Scusi, lei dov'era negli anni Novanta?)

Quest’uomo lo conoscete tutti, o meglio credete di conoscerlo.
Fa politica e fa tv, è stato opinionista nel partito di Chiambretti e segretario politico nel palinsesto di Pannella. Con quest’ultimo di recente ha litigato, ne avrete sentito parlare. Perciò ieri (4 luglio) ha fondato un nuovo partitino Network neoliberale, con poche idee ma molto chiare. È pragmatico, è giovane, sa comunicare, e si guarda in giro, senza preconcetti: centro-sinistra, centro-destra, centro-quel-che-c’è, centro-basta-che-respiri. Quest’uomo è Daniele Capezzone. Voi pensate di conoscerlo, e invece no.

Quest’uomo è un mistero.

Voi sapete quanto sia ricco d’informazioni d’ogni tipo il web 2.0. E forse sapete anche come in questa foresta d’informazioni e comunicazioni più o meno pervasive e spesso inutili, i radicali italiani costituiscano un cespuglietto non grande, ma inestricabile. Nelle italiche boscaglie essi sono riconoscibili da lontano per il fitto intrecciarsi di link e blogroll, per la tendenza a scriversi addosso all’infinito, quasi che temessero di perdersi o scomparire appena mettono punto. Un’ansia che capisco fin troppo bene, ma qui non si parla di me.

Si parla di Capezzone. Anche lui scrive e comunica molto. Ma quasi mai di sé stesso.
In questo non c'è nulla di male, anzi, il saper sfoggiare altri argomenti a parte sé stesso, in generale, è un bene: tuttavia è piuttosto singolare il caso di un uomo politico, pubblico, con un buco di almeno dieci anni nella propria biografia. La sua storia sembra veramente sintetizzabile in questa riga della sua scheda nel sito della Camera dei Deputati: “Liceo classico; segretario del partito radicali italiani”. Di lui si sa con certezza che ha fatto il Liceo – con le suore. Si tramanda anche una battuta ad effetto: “Il problema è che vi sono uscito con il massimo dei voti ed il minimo della fede”. (Sarà per questo che il suo nuovo Network propone di scaricare le rette delle scuole dei preti dalle tasse: non fa una grinza, se i preti insegnanti formano i migliori studenti laici, tanto vale pagare direttamente i preti e chiudere le scuole laiche).
E dopo il Liceo? Nulla: ha incontrato Pannella e tre anni dopo è stato nominato segretario dei Radicali italiani, il più giovane in Italia. Bravo, complimenti, eppure… tutto qui? Possibile che non si trovi nient’altro?

Se Capezzone è del ’72, deve essersi diplomato nel ’91, bombardieri su Bagdad. La sua nomina a segretario dei Radicali è del 2001. Nel mezzo c’è appunto un buco di dieci anni. Dove è stato Capezzone per tutti gli anni ’90? A Roma, probabilmente, ma a fare cosa? A parte presentarsi a Pannella nel 1998, episodio sicuramente importante e decisivo – ma che non deve avergli preso più di una mezza giornata. Ha frequentato Giurisprudenza alla Luiss – senza laurearsi, vabbè. Questo non significa nulla, nemmeno Veltroni è laureato. Nemmeno D’Alema (Berlusconi sì). Ma è possibile che un giovane così dinamico, così pieno di voglia di fare, sempre in giro a rilasciare dichiarazioni, abbia passato dieci anni ad ascoltare Radio Radicale e a studiacchiare legge?

Voglio essere più esplicito: prima di diventare attivista politico e – con uno sprint impressionante – segretario politico nazionale, Capezzone ha mai lavorato in vita sua? Come ha fatto a campare? Non era mica semplice. Non per tutti, almeno.

Il paragone mi viene facile, essendo quasi un suo coetaneo. Io in effetti in quegli anni non sono stato fermo un attimo. Mi sono laureato. Ho fatto il mediatore culturale in Francia col servizio volontario europeo. Poi sono tornato a casa e avevo bisogno di soldi. Ho fatto cose di cui mi vergogno, per esempio intervistavo la gente per strada sui romanzi di rosa (e non biasimo Capezzone se non mette miserie del genere nel suo curriculum). Ho fatto dei corsi, ho lavorato in una specie di dotCom, ho tradotto dei libri. Ho fatto un mega-Concorso statale al termine del quale sono stato assunto dallo Stato, con quasi una trentina di contratti precari in cinque anni. Ho incontrato una ragazza, che ha sciaguratamente accettato di venire a vivere con me, malgrado non avessimo nessuna agevolazione sull’affitto; anzi, lei licenziandosi dal suo lavoro a tempo indeterminato ha perso il suo diritto al sussidio di disoccupazione, in virtù della Legge 30. Anzi, della Legge Biagi. O della Legge-perla, per dirla con Capezzone. L’ha chiamata proprio così: l’unica perla del Governo Berlusconi. La legge 30.

Scusate se per un attimo mi sono paragonato a Capezzone. È chiaro che lui è più bravo di me. Ma quel che provo per lui è un po’ quello che provo per tutti i giovani in politica. Ho la sensazione che abbiano più nozioni di me, ma meno esperienze. Colti, ma nati ieri. Nessuna persona con un po’ di vita vissuta chiamerebbe la legge 30 una “perla”. Nessuno che abbia almeno un cugino, o un amico cocoprò, si permetterebbe. Dicci che è una legge severa, ammortizzabile, dicci quel che vuoi: sei un politico, hai studiato, le parole giuste dovresti conoscerle. Ma non scherzare sui nostri problemi. Non saranno i problemi dei rifugiati in Darfour, ma son problemi.

Lo so che non è giusto prendersela con Capezzone per questo. È vero che l’Italia è piena di politici dal curriculum esclusivamente politico. Rutelli che altro ha fatto in tutta la sua vita? E Fini, e Fassino?
Ma il caso di Capezzone è più curioso, essendo lui un convinto liberale. Non uno alle vongole; lui su questo è serio: vuole tagliare tasse subito, e dare agli imprenditori tutte le ricchezze che si meritano. E se questo significa chiudere il rubinetto al ceto politico, pazienza. In Italia è abbastanza raro vedere queste idee difese da un politico: in effetti di solito gli imprenditori preferiscono difenderle da soli, scendendo direttamente nell’agone politico, come Berlusconi o Montezemolo. Oppure mandare avanti fantocci illetterati, come Bossi o Maroni.

Negli USA è diverso. Laggiù c’è un rispetto tutto particolare per l’intellettuale, e persino gli ultraliberali non vedono nulla di male nel finanziare lobbies di uomini in occhiali e bretelle che passano le giornate a bere caffè in uffici climatizzati, mentre scrivono editoriali su quanto sia prioritario tagliare le tasse ai ricchi. Capezzone è precisamente questo; il problema è che non sta a New York o Washington, ma su un terrazzo di Roma bella. Somiglia a una piccola enclave statunitense in Italia, qualcosa di ancora poco comprensibile.

E allo stesso tempo terribilmente familiare. Capezzone è cresciuto a pane e politica; Pannella lo ha cacciato fuori, e lui che vuoi che faccia? Che altro saprebbe fare? Che altro potrebbe fare, che gli frutti almeno seimila euro al mese? Manco una laurea c’ha, manco il pezzo di carta. Farà un partitino, pardon, un Network. Andrà in tv, pagato da noi, a spiegare che i nostri canali tv vanno svenduti a qualche investitore straniero. Che continuerà a invitarlo in prima serata, si capisce. I miei migliori auguri. Nato appena ieri, e già così tanto più furbo di me.
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