I mean, after all, it's just a road

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Certo che io e te ne abbiamo fatti fuori, di chilometri.
Questi inglesini spariscono al confronto, noi ci siamo svegliati a Modena e coricati a Nevers. Abbiamo parcheggiato sotto il Guggenheim e a Finistère; davanti al museo contemporaneo di Rotterdam il ladro più sfigato del mondo non riuscì a forzarci la portiera. Abbiamo perso una marmitta a Montpellier, ne abbiamo trovata un'altra a Marsiglia, ma per trecento chilometri ci sembrava di sedere su una formula uno. Te lo ricordi l'odore del radiatore che fondeva sotto il Gottardo? E quando a Zandvoort ci tirarono un calcio alla fiancata?

Su e giù per mezza Europa, braccati dalle maledette Audi assassine, scansando gli italiani impalati nella corsia di mezzo e i turisti francesi coi loro perniciosi carrettini. Tutti i tornanti del Moncenisio, tutte le stazioni di servizio da Voghera a Saint Raphael. A Latina, un posto di blocco. La gente non lo sa, che parcheggiare a Parigi in agosto è semplicissimo. Quel tizio a cui ricaricammo la batteria a Monaco di Baviera, non ci voleva credere. Ancora ringrazia gli angeli italiani coi cavi e i morsetti nel baule.

Alla frontiera basca abbandonano le macchine sul ciglio dell'autostrada. Nella valle del Rodano ogni morto in strada è segnalato con una sagoma nera. A volte ci sono famiglie intere di sagome, papà mamma e i bambini. Nei boschi del Lussemburgo ci superò l'arciduca, faceva tipo i duecentoquaranta.

E magari era bella Biarritz, graziosa Treviri, non male Salisburgo. Ma alla fine quelle che più mi restano nel cuore sono le città bruttine. La skyline di Liegi (quanto sei brutta, Liegi), i detour di Fontenay, le fontane di Roanne, l'impossibilità di trovare cibo edibile a Orleans o l'enigmatico centro di Mulhouse. Dopo dieci d'ore d'auto Tarascona mi sembrò Gerusalemme. Ostenda a ferragosto era così triste che passammo il confine per respirare un po', e ci ritrovammo a Dunkerque. Ville fleurie, come tutte quante. A Bruxelles girammo mezza giornata tra una casbah e una specie di ZEN, inseguendo cartelli che dicevano “centro”, prima di capire che era il centro, sì, ma di Anderlecht. Avevo sempre pensato che fosse una squadra di calcio, invece è il gemello siamese cattivo del putto piscione. Perdonami.

Per tutte le chiese gotiche, in fin dei conti identiche, come i tetti dei Buffalo Grill in cui non siamo mai entrati, ma ormai ci facevano sentire a casa. Come i licheni incrostati sui templi bretoni. Come tutte le città di Olanda coi canali e i mulini, i mulini e i canali, che dopo averne apprezzate quattro o cinque cominci a pensare per fortuna che hanno bombardato almeno Rotterdam. Per quella volta che guidai mezza giornata per trovare il museo di Caen, e poi non volli comprare il biglietto. Per tutte le volte che ho trovato una scusa per tornare a Poitiers, e non ci conosco nessuno. Per ogni volta che ho provato a portarti al Mont Saint-Michel e il monastero era sempre chiuso al pubblico, monaci infingardi. Per la scorciatoia del lago d'Idro e la tappa criminale Bordeax-Gignac. Tu però ricordati di Basilea e Saint-Tropez, delle ostriche di Arcachon, e Portovenere. Lo sai come sono fatto, lo sai che mi bastano due parole: Dai, Andiamoci. Il gommista ha dato l'ok. Abbiamo il gpl, abbiamo l'essenza, un mese di playlist, e prima o poi salteranno fuori gli It's Immaterial. Sono il tuo re della strada, non ti piace? Cavaliere della strada, è lo stesso per me, sono qui, al tuo fianco. Voglio dire, in fin dei conti è solo strada. (Poi alla prima manovra in un parcheggio becco una fioriera in retromarcia, duecento euro, m'ammazzerei).
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