the spaghetti incident

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Perché non dovremmo chiamarci cristiani

Gita scolastica a Roma, capitale – tra l’altro – della Cristianità. Ara Pacis, Santa Maria del Popolo, Trinità dei Monti, eccetera; e la sera si mangia dalla Nina. Al momento di scegliere il menù, la figlia della Nina previdente ci chiede se abbiamo alunni musulmani.
Non molti, in verità: i turchi sono rimasti a casa per questioni di budget; i pakistani non si sa (dei pakistani non si capisce mai niente). Il magrebino superstite lascia intendere con una smorfia che se nessuno gli avesse chiesto niente non avrebbe disdegnato l’amatriciana, ma se proprio la Nina lo vuol sapere, ebbene sì: è musulmano praticante, e quindi Niente Porco.

Il menù viene dunque passato al setaccio, alla rigorosa ricerca di ingredienti non halal: nel giro di pochi minuti viene riproposto al ragazzo un menù alternativo rigorosamente de-suinizzato e de-alcolizzato, in ottemperanza alla normativa del Corano e del Levitico. E quindi soddisfatti cominciamo a sforchettare: buon appetito multiculturale!

A questo punto una ragazzina arriva e dice: Prof, ma non c’è un menù senza carne?
No, senza carne non c’è, perché? Non dirmi che hai un problema con la carne, adesso.
È che prof, oggi sarebbe Venerdì. Di Quaresima.

E poi uno dovrebbe preoccuparsi per Bagnasco. Bagnasco. Ma si provi piuttosto un paio di pantaloni, Bagnasco: vedrà quanto son comodi. E si posson portare dappertutto: al Tempio come nelle catacombe.
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