Bastard Sons Of Television

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Solo per distrazione ho accettato quest'invito

Ma io, ma voi, quando avevamo 17 anni e suonavamo in un garage, con tanta voglia di sfondare nel glamuroso mondo del rock (che ai miei tempi era impersonato da biondi striduli in stivali di pelle) ma anche molta integrità artistica (impersonata qualche mese dopo da depressi in camicie di flanella); ma io, ma voi, ci saremmo andati ai provini di X-factor? Se avete i miei trent'anni-e-rotti la risposta è no, perdio, no.

E questo è interessante. Cosa sta succedendo ai ragazzini? No, non ai tamarri e vari gangstarappa, cosa sta succedendo al nerbo morale di ogni generazione, ovvero i ragazzini che suonano nei garage? Ai miei tempi l'ipotesi provino televisivo era impensabile. Era anche impossibile, non esistendo i talent show; ma se fossero esistiti li avremmo incendiati, a causa di quella rigida compartimentazione socio-generazionale per cui da una parte esisteva il mondo dei vecchi, con il loro Sanremo, poi esisteva il mondo dei giovani stronzi, con le loro radio gommose e impasticcate; e infine il mondo vero, quello della musica vera, perlopiù d'importazione; e in Italia era rappresentato da pochi gruppi che in tv ci potevano finire soltanto in un attimo di distrazione dei produttori, come i GazNevada al Festivalbar.

Ma basta parlare di noi, generazione insulsa. Parliamo dei ragazzini. I Bastards Sons Of Dioniso. Non sono la cosa migliore che sia capitata alla tv di Stato negli ultimi, non so, tre, cinque, dieci anni? E com'è potuto succedere? Dev'essere stato un attimo di distrazione, anche stavolta.
Il format del programma non lo prevedeva. Tutto sommato Xfactor aveva tutte le premesse per diventare il solito carrozzone. Se si è rivelato un bel programma, è stato per una serie di (s)fortunate circostanze.

La prima circostanza è la decisione (suicida) di lanciarlo contro il Grande Fratello, nella speranza che il timido successo dell'anno scorso segnasse l'inizio di un nuovo trend, l'alba del talent-show di qualità nel tramonto dei reality tamarri. Errore. Come se la gente si fosse stancata di Berlusconi semplicemente perché fa lo stesso personaggio da 15 anni. Macché, chi guarda GF ha continuato a guardare GF. Ma questo ha fatto sì che intorno al programma concorrente si creasse un pubblico un po' diverso da quello che all'inizio ci si aspettava; uno zoccoletto duro di gente non proprio giovane (35 in media), non proprio meridionale (Veneto e Trentino), non proprio defilippizzata. Uno zoccoletto che ha perso quasi tutte le sfide auditel, ma che ha ottenuto un piccolo successo: è riuscito a rendere migliore il programma che guardava.

Raramente in tv questo succede: di solito da una parte del video c'è chi prepara la sbobba, dall'altra chi la mangia e zitto. Stavolta il solito carrozzone è diventato nel tempo uno spettacolo del tutto dignitoso. Merito (mi costa parecchio dirlo) del televoto, che ha impallinato deliberatamente i concorrenti che il pubblico di Maria o del GF avrebbe portato in finale; e ha prolungato la permanenza davanti ai riflettori di personaggi che in tv potevano finirci solo per un incidente di percorso: un quartetto di artisti dalla Patagonia, un trentottenne con due figli, un trio, boh, diciamo garage-prog-punk della Valsugana.

A un certo punto persino i membri fissi del carrozzone hanno iniziato a rilassarsi senza perdere la concentrazione, come succede quando hai la rara esperienza nella vita di lavorare in un gruppo che funziona. Non è che siano diventati improvvisamente migliori. Non è che Morgan abbia perso di vista il suo ego, che la Ventura abbia imparato di colpo l'educazione, che in Facchinetti sia maturato un presentatore professionista. Ma a un certo punto tutti i difetti hanno quagliato: le digressioni di Morgan avevano un senso (era l'unico giudice a prendere il suo ruolo un po' sul serio), Facchinetti ha preso un ritmo che Maria se lo sogna, persino la Ventura si riusciva a seguire. Questo è interessante. Significa che la tv italiana potrebbe diventare migliore in qualsiasi momento; basterebbe saper mescolare meglio ingredienti che nella sbobba ci sono già, non valorizzati, o in dosi sbagliate. E fare entrare nella scatola artisti veri, non pescati dalle file di tele-maniaci che bivaccano davanti ai cancelli dei provini; guardare appena appena qualche metro più in là, dove c'è gente meno omogeneizzata, come i Bastardi. Ma sarebbe tutto inutile se i Bastardi non si fossero fatti trovare. E questo ci fa tornare al punto di partenza: che ci fa un gruppo rock a Xfactor?

La seconda circostanza fortuita che ha determinato il loro successo è l'annoso problema dei gruppi vocali. In Italia non funzionano, pare (ma perché, nel resto del mondo sì? I Manhattan Transfert riempivano gli stadi? Boh). Il format di Xfactor prevede che una delle tre squadre sia composta esclusivamente di gruppi vocali: gente per lo più brava, che in tv fa anche la sua porca figura, ma difficilmente vende dischi qui da noi. Com'è successo a quelli che hanno vinto Xfactor l'anno scorso (no, non ha vinto la Ferreri, no).

Quest'anno la selezionatrice dei gruppi vocali era la rappresentante del malmostoso mondo discografico, Mara Maionchi, che piuttosto di mandare al macello altri gradevoli Quartetti Cetra ha deciso (anche lei sorpresa in un momento di grazia) di puntare sui gruppi normali. Quelli che a Xfactor in teoria non avrebbero potuto partecipare, perché nel carrozzone è vietato l'uso di strumenti, si canta sulle basi e punto.
E così dal Trentino ti spuntano questi tre ragazzini ancora imberbi, un power trio con una caratteristica curiosa: cantano tutti e tre, armonizzando. Oddio, ci provano. Stonano anche, ma in birreria ci sta. Hanno un nome impossibile che la Maionchi, orgogliosamente anglofoba, non riuscirà a pronunciare per tutto il corso del programma. Questi al primo provino non sapevano neanche perché ci fossero andati. Nella possibilità di arrivare in tv ci credevano così tanto che, una volta promossi al secondo livello, di fronte alla Maionchi allibita che aveva chiesto qualcosa d'italiano, sfoderarono un testo medievale. Lei smadonnò un po' ma poi li prese lo stesso. L'episodio secondo me è sintomatico. I giovani stanno cambiando. Anche la tv.

La tv più per disperazione che per altro. Chi ha lanciato i reality truzzi può anche turarsi il naso e proseguire, ma gli altri ormai sono costretti a cercare qualcosa di diverso. Qualsiasi cosa. Anche un trio rock della Valsugana che fa roba medievale, chi lo sa ormai cosa piaccia alla gente. Si aprono prospettive interessanti.

E i giovani. Beh, i giovani chi li capisce. Anche quelli che suonano nel garage; il rock è più o meno sempre rock, i garage non saranno molto diversi dai nostri, ma i giovani sì. Io alla loro età rifuggevo la tv, e il mainstream, come la mosca sociopatica rifugge la zuccherosa carta moschicida. Ai miei idoli di allora bastava poco, un contratto con una major, un video troppo programmato, per trasformarsi in odiosissimi “venduti”. Per i Bastards questo discorso non vale più, non sembra neanche mai esistito: hanno preso tutto con una leggerezza e un'allegria che ha contagiato tutti.

Si sono sottomessi senza fiatare alle coreografie più umilianti; siccome nel cervello della discografica l'operazione “Rock”+”Italia” dava immancabilmente come risultato “45 giri evergreen degli anni Sessanta” questi nati a fine Novecento si sono dovuti mettere indosso i pezzi di Rokes e Dik Dik, altro che musica medievale: come se al giovane Vasco qualcuno avesse chiesto facci Nilla Pizzi. E loro, senza una piega, si sono lasciati fare tutto, senza sembrare nemmeno puttane. Omnia munda mundis, chi lo sa. Ma è quasi miracoloso il modo in cui sono passati attraverso l'ingranaggio televisivo senza farsi stritolare, schiacciando a rete tutte le polemiche che gli autori gli lanciavano, i siparietti con le fidanzatine e tutto il resto. L'unica volta in cui hanno alzato la testa è per chiedere ai giudici qualche critica in più. Si era in effetti capovolto il rapporto di forze: i giudici, ligi al principio per cui ciò che piace al pubblico è buono e giusto, si erano messi a lodare qualsiasi stecca dei Bastards, che non sono nati cantanti e lo sapevano. A riequilibrare il tutto ci hanno dovuto pensare i ragazzini.

E questa è una buona notizia, secondo me. Una delle migliori dell'anno fin qui (pensate come siam messi). Le generazioni vanno avanti. Non importa quanto egotici e cialtroni siam venuti su noialtri, non dureremo sempre: verrà gente dopo di noi, gente migliore di noi, perché no. Sicuramente più allegra. Ci spero parecchio, grazie Bastardi.
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