Di ronda in ronda

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(2009)

"Mia signora - cominciò dunque Taddei - lei è troppo giovane per ricordare di quando non c'erano le ronde nel quartiere. La gente aveva paura a uscire in strada, non sapeva di chi fidarsi..."

Certo, quando proprio le cose si mettevano male c'erano i Poliziotti. Si chiamavano col telefono, e a volte arrivavano, con le volanti, le sirene, le mitragliette – ma poi si mettevano a fare domande anche a chi non c'entrava o non voleva c'entrare, s'impicciavano dei fatti altrui, insomma alla fine nessuno li chiamava volentieri.

Invece gli Uomini in Camicia Verde, quando cominciarono a venire, non facevano domande. Soltanto: Tutto Bene Signori? Possiamo esservi utili in qualche modo? Erano gentili, e non mostravano le armi (all'inizio non le portavano nemmeno). Si fermavano sempre al bar da Pino a prendere il caffè, e insistevano per pagarlo. Poi si mettevano a chiacchierare, più di calcio che di politica, fino a mezzogiorno, quando andavano a dare un'occhiata al vialetto su cui si affacciavano le scuole. L'anno prima era morto un ragazzino, messo sotto da un pirata, così i vigili non si erano lamentati troppo quando gli Uomini in Verde avevano cominciato a dare una mano col traffico. Inoltre, da quando erano arrivati, non si era visto più un solo spaccino del Magreb intorno alla scuola. Si capisce che i genitori fossero molto contenti delle Camicie Verdi – molti chiesero anche di unirsi, erano felici di dare una mano. Persino alcuni magrebini chiesero la casacca.

Quando ci furono le elezioni, e nel quartiere il partito degli Uomini in Verde vinse a man bassa.

Dopo le elezioni ci furono dei tagli, per via della crisi economica. Davanti alla scuola i vigili non si videro più, ma all'inizio nessuno ci fece caso. Tanto c'erano gli Uomini in Verde, ed erano capaci di dirigere il traffico quanto chiunque altro. Anzi, molti automobilisti del quartiere avevano più rispetto dei Verdi che dei Vigili, perché i Verdi ormai erano tutta gente del quartiere, che sapeva chi eri che mestiere facevi e dove parcheggiavi la macchina: perciò non era proprio il caso di fare gestacci al finestrino. Così, man mano che i semafori si spegnevano (il comune non poteva più permettersi la manutenzione), il traffico rimase in mano ai Verdi, ma tutto sommato funzionava. Si facevano meno incidenti, la gente ci metteva più attenzione. Non era più come una volta, quando guidare in città era come schivare i birilli: adesso dovevi stare attento a chi ti osservava; guidare era tornato a essere un gioco di relazioni. Lo dicevano anche i sociologi: le Ronde ci hanno costretti a uscire di casa, a riscoprire il concetto di cittadinanza attiva, eccetera. Gli Uomini in Verde vinsero anche le elezioni successive.

Però la crisi economica continuava, e molti onesti padri di famiglia cominciarono a borbottare e chiamarsi fuori. Il fatto è che le ronde erano cominciate in sordina, come un dopolavoro per pensionati, e man mano erano diventate sempre più importanti: ora, senza una camicia verde all'incrocio, si rischiava il caos. Fare un turno agli incroci poteva essere molto stressante, e anche se tutti ti dicevano grazie e votavano per il tuo partito, ugualmente dopo un po' cominciavi a sentirti un pirla a farlo gratis. Alla fine restarono soltanto i più esaltati, e i disoccupati: e quest'ultimi (alcuni dei quali magrebini) ormai le ronde le facevano soltanto intorno alla villetta dell'Assessore alla Sicurezza, quello eletto coi voti degli Uomini in Verde. Costui alla fine riuscì a sbloccare qualche fondo comunale, ma erano briciole.

Nello stesso periodo un odioso piromane cominciò a dar fuoco alle automobili del quartiere, una ogni notte. A quel tempo ormai la Polizia non aveva più compiti di sorveglianza: in base al principio di sussidiarietà si dava per scontato che a queste cose ci pensassero le ronde. Anche gli Uomini in Verde ritenevano che la cosa fosse affar loro; soltanto chiedevano ai residenti del quartiere di contribuire alle spese per la vigilanza notturna. Così fu organizzata una colletta: gli Uomini in Verde passavano di casa in casa, e ciascuno dava secondo la sua necessità e la sua cilindrata. Chi aveva il garage pagava il triplo, perché (spiegava l'esattore) anche i garage dei tirchi prendono fuoco molto bene.

Fu una gara di generosità davvero commovente: tutti diedero qualcosa. Solo Pino, il titolare del bar, non volle partecipare, per via di un'annosa bega col boss degli Uomini del quartiere, un vecchio conto da saldare. Beh, sì, certo, era capitato spesso al boss di offrire da bere alle sue Camicie, al termine di un turno faticoso, e tante volte aveva detto “segna sul conto”: sempre in attesa di quei maledetti fondi che non si sbloccavano mai, ma la colpa di chi era? Comunque se Pino non voleva pagare per la vigilanza, per la protezione, era un suo diritto, erano fatti suoi.

La colletta fu un successo: nessuna automobile o garage prese più fuoco nel quartiere. Un mese dopo tuttavia fu il bar di Pino ad andare in fiamme.

I famigliari gli sconsigliarono di chiamare la polizia. Cercarono anche di convincerlo ad accettare la generosa offerta del Boss, che voleva rilevare le macerie del bar per installarci un circolo ricreativo delle Camicie Verdi. Pino però era una testa dura, e aveva contatti in altri quartieri. Vendette la licenza a un suo lontano parente, e sloggiò. Il bar, trasformato in Ristorante, riaprì due mesi dopo, con certi ceffi dentro che nessuno aveva mai visto in zona. Quando gli uomini in casacca verde provarono a chiedere la questua, furono cortesemente accompagnati alla porta con qualche colpetto di manganello alla nuca. Questo rese evidente a tutti che gli Uomini in Nero avevano messo piede nel quartiere.

Gli Uomini in Nero non avevano mai avuto una grande presenza in zona, ma in altri quartieri erano maggioranza. Si raccontavano cose favolose e un po' orribili sui quartieri gestiti dai Neri: stranieri segregati, apartheid sulle panchine ai giardinetti, scolaresche al passo dell'oca, eccetera, ma in gran parte erano leggende. Certo, avevano un'organizzazione un po' più militare, e questo in certe situazioni poteva servire. Per esempio, il Comandante Nero a cui era stato affidato l'ex bar di Pino era un fine stratega e sapeva che lo scontro frontale coi Verdi, per il momento, era fuori discussione. Bisognava andarci piano; così quando seppe dell'increscioso incidente andò pubblicamente a chiedere scusa al Boss dei Verdi, e lo invitò anche al ristorante, a bere alla sua salute e a sue spese. Il Boss ci andò; rifiutare l'invito l'avrebbe messo in cattiva luce, bisognava dimostrare di aver coraggio.

Quel pomeriggio, mentre il boss dei Verdi brindava nel locale dei Neri, ci fu una rissa davanti alle scuole. Una squadra di Uomini in Nero circondò tre magrebini in casacca verde che spacciavano. Questo era quello che facevano per mantenere le loro famiglie, da sempre: prima in borghese, poi, adeguandosi allo spirito dei tempi, in casacca verde. Inchiodati dalle prove fotografiche (e al vecchio semaforo in disuso), i tre spaccini sgamati fecero crollare l'indice di gradimento degli Uomini in Verde nel giro di una mezza giornata. La raccolta fondi porta a porta cominciò a fruttare meno: anche se nessuno osava rifiutare un obolo, quasi tutti piangevano miseria, trovavano scuse, scucivano spiccioli. Il boss Verde era già l'ombra di sé stesso, quando, un mesetto dopo, girando la chiave della macchina saltò in aria. La raccolta fondi fu temporaneamente sospesa. Qualche tempo dopo ci furono le Comunali e gli Uomini in Nero, a sorpresa, s'imposero nel quartiere.

La loro raccolta era molto più scientifica: si trattava anche per loro di dare ciascuno secondo le proprie possibilità, ma queste possibilità erano calcolate in base alle dichiarazioni dei redditi, grazie alle talpe che gli Uomini in Nero avevano nell'Ufficio Entrate. Tanto che alla fine la dichiarazione era meglio farla al sindacato degli Uomini in Nero: così i soldi per la protezione li detraevi direttamente dalle imposte. Insomma, da un punto di vista burocratico il progresso era innegabile. I Verdi erano sempre stati dei simpatici cialtroni in questo senso.

Il guaio dei Neri era la loro fissa col colore della pelle. Il quartiere era multietnico da quasi mezzo secolo; e questa idea che le ronde spettassero solo ai bianchi non passava. Era un vero e proprio boomerang; i ragazzetti con la pelle scura, che fino a pochi anni prima avevano potuto scegliere se spacciare o mettersi la camicia verde e fare le ronde, ora non avevano scelta: dovevano spacciare. Nel giro di sei mesi il parcheggio della scuola divenne una delle principali piazze di smercio della città. La gente cominciò a brontolare. Il Comandante Nero non ci badava. La gente cominciò a sussurrare che il Comandante Nero ci prendesse delle percentuali, in contanti e in polvere purissima. Il Comandante mandò una squadraccia a pestare gli spaccini. Tornarono alla base mogi mogi, coi manganelli fra le chiappe. Cos'era successo?

Era successo che il comandante Nero aveva sottostimato il problema. Il parcheggio della scuola era diventato una piazza talmente interessante da attirare l'attenzione della gang Morales, una banda di narcotrafficanti di origine andina con ramificazioni in tutto il mondo, che finanziava la Revolución Permanente vendendo droga ai viziati occidentali. Il core business dei Morales erano ovviamente i derivati della foglia di coca, di cui detenevano praticamente il monopolio nel lato nord della città: fornitori ufficiali del Sindaco, fronteggiarli era fuori discussione. Non solo, ma lo stile di vita libertario e lassista della gang stava facendo presa sulle giovani generazioni, che dopo un paio d'anni di marce e saluti romani ne avevano già abbastanza. La gang aveva anche un suo braccio politico, la lista rossa Izquierda y Libertad. Per quanto in crescita, difficilmente avrebbe potuto imporsi le elezioni, a meno che... non si fosse alleata coi Verdi.

Fino a qualche anno sarebbe sembrato impossibile, ma la politica ti ficca nel letto di strani compagni. Con l'aiuto dei Morales, la circoscrizione tornò in mano ai Verdi. Il loro capo, fratello minore del Boss esploso, fece giusto in tempo a prestare giuramento: un cecchino dei Neri lo centrò da un cornicione. A quel punto i Morales fecero una chiamata intercontinentale. Qualche giorno dopo il comandante Nero, accerchiato nel privé del suo ristorante, sollevò il capo da un vassoio di coca e vide sugli schermi a circuito chiuso che gli uomini della sua sorveglianza venivano a uno a uno strangolati da... incursori della marina boliviana? Oh, beh, “Me ne frego”, pensò lui: imbracciò il suo bazooka, spalancò la porta e...

***

“Qui non c'era un ristorante, dieci anni fa?”
“Io mi ricordo un caffè”.
“Il bar di Pino. Poi è andato a fuoco, e al suo posto ci hanno fatto una villa. E ora questa... questa voragine”.
“È stato un missile terra-terra, due anni fa. I Verdi stavano facendo una convention, una specie di rito celtico, che ne so io... qualcuno ha informato i Morales...”
“Ma non erano amici, una volta?”
“Divergenze. Pare che i Verdi non volessero più coca nel quartiere. Dicevano: noi vi proteggiamo, va bene tutto, anche le serre di cannabis sui terrazzi sono ok, però niente polvere ai nostri ragazzi. E così...”
“I ragazzi sono passati tutti coi Morales”.
“È più complicato di così. I Morales non hanno problemi a finanziarsi, sono una multinazionale. I Verdi invece continuano a stressare col pizzo, porta a porta, molta gente non ne poteva più. Qualcuno cominciava a rimpiangere persino i Neri”.
“Bene, e noi in tutto questo?”
“Ecco, dopo lo sterminio dei Verdi si è creato un certo senso d'insicurezza nel quartiere. È tutto in mano agli spacciatori e la gente non esce più di casa. Così il Monsignore ha pensato che potrebbe toccare a noi”.
“Ma i Morales...”
“Ci ha parlato il Monsignore, è tutto ok. Anche loro pensano che il quartiere sia un pessimo biglietto da visita. Ha bisogno di una ripulita”.
“Ci alleiamo coi rossi?”
“Solo all'inizio. Mettiamo su una chiesa, un oratorio, una sezione di CL, e quando avremo tirato un po' di gente dalla nostra, allora...”
“Quelli hanno i missili”.
“Ma noi abbiamo Dio”.
“E basta?”
“No, se vuoi saperlo è arrivata anche quella partita di granate all'uranio impoverito, contento?”
“Rendiamo grazie a Dio”.

Se chiedete ai nonni, forse qualcuno ancora si ricorda, di quando non c'erano le ronde nel quartiere. La gente aveva paura a uscire in strada. Non sapeva di chi fidarsi...

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"Hai finito?"
"Certo, mia signora".
"Ecco!" esclamò la schietta Verola, "questo sì che è un racconto sul quale valeva la pena di sonnecchiare. Ma quelli del compagno Aureliano, più che sbadigli, mi sono sembrate esibite smorfie di disgusto. O sbaglio?"
"Mia signora", ammise quest'ultimo, "pur apprezzando la prima parte del racconto, in cui Taddei ha ben delineato la deriva sociale conseguente alla privatizzazione della sicurezza, non potevo condividere la caricatura della sinistra extraparlamentare, equiparata per esigenze macchiettistiche a un cartello di narcotrafficanti, mentre è proprio dai gruppi della sinistra cosiddetta radicale che viene l'opposizione più netta a..."
"Stop, stop", lo interruppe l'insofferente Verola, "ricorda che né tu, né Taddei, né gli altri, siete qui per fare politica, quanto piuttosto per roteare la vostra coda di pavone narrativa di fronte al mio severo giudizio critico. Come capiterà a te domani sera, intesi? E adesso a nanna, che domattina si fa spinning".
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