don't care about the old folks
26-07-2007, 10:06concerti, Emilia paranoica, invecchiare, musica, ragazziniPermalinkSecondo voi domenica sera a Mirandola, a vedere Soda Fountain Rag, la rivelazione indiepop norvegese, quanta gente c’era? Provate a dire.
Sbagliato, un centinaio. Età media: cinquant’anni. Questo secondo me è interessante, Soda ne ha trenta in meno. Il suo vero nome è Ragnhild Hogstad Jordahl, ma ha preso il nome dalla prima canzone scritta da Duke Ellington a quindici anni (una volta mi piaceva parecchio, Duke Ellington. Adesso ascolto Soda Fountain Rag). Si presenta in inglese: “Salve, sono Soda Fountain Rag e non so l’italiano, ma non importa, tanto non dico niente di importante”. Mentre canta suona la batteria in piedi; il bassista a sinistra, il chitarrista a destra, a cinquant’anni ci arrivano a malapena in tre. Alessandro, l’impavido indie-promotor dei Le Man avec les Lunettes che guida la band su e giù per la val Padana, siede in prima fila e non osa voltarsi indietro. Che cosa sta succedendo.
Fontana dell'eterna giovinezza (frizzante)
Un’ordinaria storia padana. Al castello dei Pico il comune aveva organizzato un ciclo di incontri sulla condizione femminile, “la Fortezza delle donne”. Un assessore conosce Alessandro, Alessandro ha un tour da organizzare, Soda è una ragazza di oggi che scrive canzoni d’amore per le ragazze di oggi, per cui ok, si può fare, perfetto.
Ma il pubblico? Il tipico pubblico dei concerti indiepop si muove sostanzialmente attraverso blog e radio (soprattutto radio). A Mirandola l’unica radio da cui captare indiepop era Antenna Uno, e ha chiuso. I blog in luglio languiscono, sono poco letti e chi li scrive è in giro per i festival. Insomma, è un periodaccio, ma che importa? La piazza davanti alla rocca è piena, perché il comune di Mirandola ha il suo zoccolo duro di partecipanti ad eventi culturali. Cinquantenni emiliani, il sale della terra. Si sono bevuti i comizi di Pajetta, la corazzata Potemkin, le retrospettive di qualunque cosa, le feste etniche e il ritorno della pizzica, figurati se non sono in grado di bersi, perdonatemi il giochino, Soda Fountain Rag. Anzi: va giù che è un piacere, la ragazzuola.
L’Indiepop è un universo cantabile e rassicurante, il porto necessario e senza pretese dove ripararsi quando le angosce dell’adolescenza cominciano a diventare angosce adulte. È un mondo che si schiude confortevole al primo ascolto, strofa ritornello strofa ritornello, questa gente si è bevuta molto di peggio senza batter ciglio. Così la radice punk di questi ragazzini, che a mille miglia da casa suonano come nel loro garage, si ritorce contro sé stessa: i punk sputavano ai vecchi, Soda li intrattiene. Suo malgrado, forse, ma li intrattiene. I punk sputavano ai vecchi, i vecchi hanno vinto.
Se avesse il coraggio di voltarsi, Alessandro scoprirebbe che sta andando tutto bene, gli umarells brizzolati reggono il colpo, mantengono un’aria concentrata ed applaudono bulgaramente ogni volta che la canzone s’interrompe. Paradossalmente sono i giovani i meno attenti: stanno in fondo, nella zona bar, chiacchierano e gestiscono i figli, sì, perché son poi giovani per modo di dire, sulla trentina andante. Fa un bel fresco, tira persino il vento, che nella Bassa di luglio è un sospirato miracolo.
Penso che questa cosa è interessante, ma non so da che parte tirarla. Potrebbe trattarsi di una parabola sull’età pensionabile, sì? In Norvegia investono sui giovani, in Italia sui pensionati, ecco il risultato: una ventenne norvegese che canta per un pubblico di pensionati italiani che nel tempo libero estivo si annoia talmente tanto da trovarla interessante. Ma è una forzatura: è domenica sera, i giovani italiani non sono mica in fabbrica a lavorare per pagare i contributi ai loro vecchi sibariti. Sono a Marina di Ravenna a fottersi fegato e capillari, ballando roba che i vecchietti di stasera non percepirebbero nemmeno come musica, così come noi non percepiamo certi infrasuoni interessanti per i cani. Invece percepiamo l’indiepop. Musica composta ed eseguita da gente rigorosamente più giovane di noi. Accordi che si tirano giù al primo ascolto, canzoni che sapremmo suonare meglio, in teoria. Cos’è questa regressione? Ho sempre pensato che a una certa età avrei cominciato ad ascoltare Schubert, a legger Proust. Col cacchio. Ascolto Soda Fountain Rag.
Quando avevo vent’anni ascoltavo Paolo Conte, e non ero mica il solo. In gita scolastica al liceo, tutti a cantare Un gelato al limon, possibile? All’università ho incontrato Enzo, e anche lui ascoltava Conte (giuro). Perché lo facevamo? Beh, perché ha scritto canzoni favolose, e anche molto cantabili (e di nascosto ballabili). E poi per darci un tono, certe ragazze non le intorti coi Van Halen in autoradio. È l’età in cui si impara a bere i liquori e ad annodare le cravatte.
Poi arriva un’altra età, la cistifellea manda segni pessimi, la cravatta che ti sembrava ironica comincia a stringerti il collo, ti manca il fiato, e Paolo Conte è l’ultima cosa che ti viene in mente di ascoltare. Non c’è più nessuna necessità di affettare gusti adulti, anzi, lode a Dio se trovi ancora un posto dove ti fan ballare. Eppure hai bisogno di carne fresca, hai bisogno di canzoni nuove, e l’indiepop è una manna dal cielo. Fa lo stesso se Soda canta di amorazzi puberali, ha ragione lei, le parole non sono importanti. Conta la musica, e questa musica è… giovanile. Colui che scrisse che giovanile è il contrario di giovane aveva maledettamente ragione, ma c’è poco da fare ironia qui. Qui gli anni precipitano, e ci si aggrappa a quel che c’è. Soda canta e io per lei sono solo uno dei brizzolati che ascoltano e applaudono. Ho cinquant’anni? Ne ho trenta? Secondo voi una ventenne norvegese sarebbe in grado di apprezzare la differenza? Meglio non chiedere, ascoltare e battere il tempo con gratitudine. Sto combattendo la Vecchiaia, vediamo chi vince.
Per fortuna ci sono anche i bambini. A loro non interessa sembrare adulti o giovani, a loro non interessa sembrare; loro ascoltano la musica e queste strofe, questi ritornelli, sono fantastici. Ogni tanto c’è persino un na na na na, tutto quattro quarti, non è meraviglioso? Così in realtà abbiamo passato metà del concerto a guardare un bambino che con due bacchette suonava una batteria immaginaria, con rullante charleston e pure il campanaccio. Era fantastico, così gli abbiamo rubato l’anima. Però è venuta scura.


Fontana dell'eterna giovinezza (frizzante)
Un’ordinaria storia padana. Al castello dei Pico il comune aveva organizzato un ciclo di incontri sulla condizione femminile, “la Fortezza delle donne”. Un assessore conosce Alessandro, Alessandro ha un tour da organizzare, Soda è una ragazza di oggi che scrive canzoni d’amore per le ragazze di oggi, per cui ok, si può fare, perfetto.
Ma il pubblico? Il tipico pubblico dei concerti indiepop si muove sostanzialmente attraverso blog e radio (soprattutto radio). A Mirandola l’unica radio da cui captare indiepop era Antenna Uno, e ha chiuso. I blog in luglio languiscono, sono poco letti e chi li scrive è in giro per i festival. Insomma, è un periodaccio, ma che importa? La piazza davanti alla rocca è piena, perché il comune di Mirandola ha il suo zoccolo duro di partecipanti ad eventi culturali. Cinquantenni emiliani, il sale della terra. Si sono bevuti i comizi di Pajetta, la corazzata Potemkin, le retrospettive di qualunque cosa, le feste etniche e il ritorno della pizzica, figurati se non sono in grado di bersi, perdonatemi il giochino, Soda Fountain Rag. Anzi: va giù che è un piacere, la ragazzuola.
L’Indiepop è un universo cantabile e rassicurante, il porto necessario e senza pretese dove ripararsi quando le angosce dell’adolescenza cominciano a diventare angosce adulte. È un mondo che si schiude confortevole al primo ascolto, strofa ritornello strofa ritornello, questa gente si è bevuta molto di peggio senza batter ciglio. Così la radice punk di questi ragazzini, che a mille miglia da casa suonano come nel loro garage, si ritorce contro sé stessa: i punk sputavano ai vecchi, Soda li intrattiene. Suo malgrado, forse, ma li intrattiene. I punk sputavano ai vecchi, i vecchi hanno vinto.
Se avesse il coraggio di voltarsi, Alessandro scoprirebbe che sta andando tutto bene, gli umarells brizzolati reggono il colpo, mantengono un’aria concentrata ed applaudono bulgaramente ogni volta che la canzone s’interrompe. Paradossalmente sono i giovani i meno attenti: stanno in fondo, nella zona bar, chiacchierano e gestiscono i figli, sì, perché son poi giovani per modo di dire, sulla trentina andante. Fa un bel fresco, tira persino il vento, che nella Bassa di luglio è un sospirato miracolo.
Penso che questa cosa è interessante, ma non so da che parte tirarla. Potrebbe trattarsi di una parabola sull’età pensionabile, sì? In Norvegia investono sui giovani, in Italia sui pensionati, ecco il risultato: una ventenne norvegese che canta per un pubblico di pensionati italiani che nel tempo libero estivo si annoia talmente tanto da trovarla interessante. Ma è una forzatura: è domenica sera, i giovani italiani non sono mica in fabbrica a lavorare per pagare i contributi ai loro vecchi sibariti. Sono a Marina di Ravenna a fottersi fegato e capillari, ballando roba che i vecchietti di stasera non percepirebbero nemmeno come musica, così come noi non percepiamo certi infrasuoni interessanti per i cani. Invece percepiamo l’indiepop. Musica composta ed eseguita da gente rigorosamente più giovane di noi. Accordi che si tirano giù al primo ascolto, canzoni che sapremmo suonare meglio, in teoria. Cos’è questa regressione? Ho sempre pensato che a una certa età avrei cominciato ad ascoltare Schubert, a legger Proust. Col cacchio. Ascolto Soda Fountain Rag.
Quando avevo vent’anni ascoltavo Paolo Conte, e non ero mica il solo. In gita scolastica al liceo, tutti a cantare Un gelato al limon, possibile? All’università ho incontrato Enzo, e anche lui ascoltava Conte (giuro). Perché lo facevamo? Beh, perché ha scritto canzoni favolose, e anche molto cantabili (e di nascosto ballabili). E poi per darci un tono, certe ragazze non le intorti coi Van Halen in autoradio. È l’età in cui si impara a bere i liquori e ad annodare le cravatte.
Poi arriva un’altra età, la cistifellea manda segni pessimi, la cravatta che ti sembrava ironica comincia a stringerti il collo, ti manca il fiato, e Paolo Conte è l’ultima cosa che ti viene in mente di ascoltare. Non c’è più nessuna necessità di affettare gusti adulti, anzi, lode a Dio se trovi ancora un posto dove ti fan ballare. Eppure hai bisogno di carne fresca, hai bisogno di canzoni nuove, e l’indiepop è una manna dal cielo. Fa lo stesso se Soda canta di amorazzi puberali, ha ragione lei, le parole non sono importanti. Conta la musica, e questa musica è… giovanile. Colui che scrisse che giovanile è il contrario di giovane aveva maledettamente ragione, ma c’è poco da fare ironia qui. Qui gli anni precipitano, e ci si aggrappa a quel che c’è. Soda canta e io per lei sono solo uno dei brizzolati che ascoltano e applaudono. Ho cinquant’anni? Ne ho trenta? Secondo voi una ventenne norvegese sarebbe in grado di apprezzare la differenza? Meglio non chiedere, ascoltare e battere il tempo con gratitudine. Sto combattendo la Vecchiaia, vediamo chi vince.
Per fortuna ci sono anche i bambini. A loro non interessa sembrare adulti o giovani, a loro non interessa sembrare; loro ascoltano la musica e queste strofe, questi ritornelli, sono fantastici. Ogni tanto c’è persino un na na na na, tutto quattro quarti, non è meraviglioso? Così in realtà abbiamo passato metà del concerto a guardare un bambino che con due bacchette suonava una batteria immaginaria, con rullante charleston e pure il campanaccio. Era fantastico, così gli abbiamo rubato l’anima. Però è venuta scura.

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