sbatti il mostro in prima serata

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Di solito, dopo gli strilli dei primi giorni, molti preferiscono non parlarne più, magari non pensarci proprio. È la maggioranza silenziosa che in questi giorni, quando sente parlare di Rignano Flaminio, sbuffa e cambia canale. È un atteggiamento perfettamente comprensibile, di fronte a fatti così gravi, che dopotutto non sono di nostra competenza. Ci sono i giudici, giudicheranno loro. Giusto. Spesso poi i giudici assolvono, ma al secondo o terzo grado di giudizio, dopo molti anni, quando il caso non è più seguito dai cronisti d’assalto che avevano sbattuto il mostro in Prima. L’assoluzione invece andrà tra le Brevi di cronaca. Questo fa sì che ancora molta brava gente sia convinta, in perfetta buona fede, che Marco Dimitri stia marcendo in prigione condannato per pedofilia. Dimitri invece è stato totalmente scagionato in non uno, ma due processi.

Ci sono però anche quelli che non riescono a smettere di pensarci, senza per questo essere in grado di formulare un giudizio ponderato. In questo momento sembra impossibile mediare tra le due possibili verità: o esiste una rete mondiale di pedofili che controlla scuole pubbliche e private, o si tratta di una psicosi di massa straordinariamente virulenta, che viaggia di città in città e ha effetti devastanti su bambini e genitori. Un compromesso sembra impossibile. Bisogna scegliere.

Per esempio, la redazione di Studio Aperto ha scelto di credere nell’Internazionale Pedofila, e le ha dedicato una lunga puntata di Live, martedì sera, molto difficile da seguire. Io ci ho provato, e mi sono trovato in un incubo. Questo tutto sommato potevo aspettarmelo. Forse non me l’aspettavo confezionato con tanta accortezza.

La professionalità di Studio Aperto

Lo Speciale non parlava solo di Rignano. Il filo della trasmissione si dipanava lungo una serie di casi più o meno simili, in Italia e all’estero. Episodi controversi come il caso di Brescia (tutti assolti meno uno) erano mescolati a casi acclarati e famigerati, come Marcinelle. Chi potrebbe schierarsi dalla parte del mostro di Marcinelle? Nessun riferimento alla lunga catena di processi a carico di maestre di scuole dell'infanzia negli anni 80 in USA, quasi tutti conclusi (dopo anni) con assoluzioni. Nessun riferimento a un episodio storico e importante come il caso d’Outreau in Francia, un processo fiume terminato col Presidente Chirac costretto a chiedere scusa agli imputati assolti per la “catastrophe judiciaire” (parole sue). Insomma, nessuno spazio a chi parla di psicosi di massa, perché chi parla di psicosi di massa non vuol credere ai bambini, e bisogna sempre credere a quello che dicono i bambini.

Invece agli avvocati non si può credere, e infatti ai difensori degli imputati di Rignano non viene dato il tempo di esprimersi: qualche frase tagliata, qualche ragionamento monco, ed è tutto. Volendo dimostrare la sua imparzialità, la cronista decide di seguire la fiaccolata di sostegno agli indagati, e nel montaggio riesce a far sentire due volte le urla dei carcerati di Rebibbia che dalle finestre gridano ai manifestanti “pedofili”. Il senso qual è? Qual è esattamente la credibilità dei carcerati, la loro competenza in merito? Eppure, cronometro alla mano, hanno avuto più tempo loro, per esprimere il loro parere, dei partecipanti alla fiaccolata: i quali davanti agli improperi dei galeotti battono in precipitosa ritirata. Questo almeno ci fa vedere il montaggio.

Non mancano gli esperti. Massimiliano Frassi, vero ispiratore del programma, che merita un discorso a parte. Don Fortunato di Noto, che avalla l’ipotesi di una rete pedofila mondiale. Sull’inchiesta di Rignano, però, non dice niente. Forse non glielo hanno chiesto. Curioso, perché qualche giorno prima al Giornale l’aveva definita “disastrosa” per le modalità con cui era stata condotta.

Uno dei momenti più ripugnanti dello Speciale è la testimonianza di alcune madri bresciane, che riferivano le violenze narrate dai loro bambini con dovizia di particolari. Secondo la giustizia italiana quegli episodi non sono mai accaduti: Studio Aperto ha deciso di riportarli ugualmente. È una scelta piuttosto forte.
Ora: io non credo nel mantra “ho fiducia nella magistratura”. Non ho nemmeno, se proprio devo dirlo, tutta questa fiducia metafisica nella magistratura, che è un’istituzione umana e quindi soggetta ad errori. Inoltre credo nella libertà di espressione – sono un blog, ci mancherebbe altro. Non discuto il diritto di Studio Aperto di schierarsi così apertamente dalla parte di genitori che hanno perso un processo. Avrei qualcosa da dire, magari, quando immediatamente dopo un noto sacerdote di Brescia viene duramente preso di mira dalla cronista perché crede nell’innocenza dell’unico condannato. Come si permette questo prete di non attenersi a una sentenza? Beh, se si permette Studio Aperto, perché non dovrebbe farlo un prete? Il problema è sempre quello: il prete, oltre a non credere alle sentenze, non crede ai bambini. Studio Aperto invece ha deciso di credere a qualsiasi cosa dicano i bambini, che le sentenze lo confermino o no. Del resto le sentenze vengono citare soltanto nei casi in cui rispettano i resoconti dei bambini. Ripeto, è una scelta piuttosto forte. Ma del resto è Studio Aperto. Alle undici di sera.

A meno che qualcuno a Mediaset non voglia seguire l’invito di Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, che propone di replicare la trasmissione in prima serata. Copio e incollo dal sito dell’Osservatorio (ma i grassetti sono miei):

“Con sensibilità e professionalità da parte degli addetti ai lavori la trasmissione ha trattato il tema della pedofilia mettendo in rilievo aspetti mai fino ad oggi evidenziati dalla televisione. Un contenitore che ha permesso a pochi sonnambuli, vista e considerata l’ora tarda della messa in onda, di comprendere come e quanto la pedofilia non sia più da considerarsi patologia individuale ma aberranza collettiva e lobbistica. Per tali ragioni – continua il presidente dell’Osservatorio – è indispensabile che un pubblico più massiccio abbia l’opportunità di fruire di una delle produzioni più coraggiose, coscienziose e credibili che siano mai state trasmesse in Tv”.
Marziale chiede dunque ai vertici di Mediaset: “La riproposizione della puntata in prima serata allo scopo di favorire presso l’opinione pubblica il giusto grado di comprensione del fenomeno pedofilia ancora troppo sottovalutato”. Ecc.


Marziale è stato componente del gruppo di lavoro della "Commissione per l'assetto del sistema radiotelevisivo" del Ministero delle Comunicazioni per la stesura del "Codice di autoregolamentazione sulla tutela dei minori in tv". Memorabile fu la sua protesta per la proiezione della seria “Roma” in prima serata: troppa violenza, troppo sesso. Questo è molto curioso, perché in fatto di sesso e violenza lo speciale di Italia 1 non è certo secondo a nessuno. Uno dei punti clou è un’intervista a un detenuto per reati pedofili. Marziale deve aver pensato che il fine (salvare i bambini) giustificasse una dose di violenza, visiva psicologica e verbale, molto superiore a quella di un telefilm di legionari.
Quel servizio ha impedito a persone adulte di dormire, ieri sera. Marziale propone di farlo vedere a tutti. Naturalmente, “con i dovuti accorgimenti contemplati dalla normativa vigente in materia di tutela dei minori”.

Io sono di un altro parere.
Ripeto quanto detto la scorsa settimana: non posso sapere cosa è veramente successo a Rignano. Non ho gli elementi necessari: forse un giudice li avrà, io no.
Se preferisco pensare all’isteria collettiva, è forse per pregiudizio razionalistico, o perché istintivamente tra genitori e maestre parteggio per queste ultime, o forse solo perché mi piacerebbe che quei crimini non fossero stati commessi. In ogni caso non ho le prove per parlare di isteria collettiva. Ma so che in altre città, che in altre nazioni, si sono verificati casi d’isteria collettiva molto simili a quanto successo a Rignano.
E so anche come questo tipo di isteria può contagiarsi: attraverso programmi confezionati come lo Speciale di Italia 1. Che sembrano davvero fatti apposta per indurre al dubbio e all’angoscia la persona forse più fragile del mondo: il giovane genitore. In buona fede, naturalmente. Siamo tutti in buona fede qui. Si parla molto di buona fede in questi giorni, come se fosse l’acqua lustrale: come se l’umanità non avesse dato spesso il peggio di sé, in perfetta buona fede.
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