La vendetta del faccione

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Saltare in aria col cinema d'azione

Ok, Tarantino, lo ammetto: di te non avevo capito niente.
Dai tempi della palma d'oro addirittura, quando Pulp Fiction sbancò Cannes e sembrava l'inizio di una nuova era. Un nuovo linguaggio, un nuovo montaggio, una nuova violenza, truculenta e scanzonata, il citazionismo ironico, tante cose a cui una generazione senza molta identità (la mia) si aggrappò immediatamente. Qui in Italia il “pulp” ci mise 15 giorni a diventare una macchietta di sé stesso, ma tu probabilmente non lo hai mai saputo. Eri già altrove. No: in verità non eri mai nemmeno stato lì. Era tutto un abbaglio, ci ho messo anni per capirlo. Tu non mostravi nessun nuovo linguaggio: non eri il futuro e non hai mai preteso di esserlo. Eri nel passato e non ne sei mai venuto fuori.

Si parla spesso della tua cinefilia cronica: di solito passi per un onnivoro senza criterio, un frullatore americano in cui Kurosawa si centrifuga con Barbara Bouchet. È vero, ami di tutto, però non ami tutto. Pensandoci bene c'è un sacco di cinema che non citi mai, di cui non parli mai. Dagli Ottanta i tuoi riferimenti si diradano all'improvviso (estremo oriente a parte, forse) per svanire del tutto. In questo il tuo amico Rodriguez ti è complementare.

Certo, è evidente, eppure ci ho messo tanti anni a capirlo: il cinema di oggi non ti piace. Tutto il vintage che rimetti ciclicamente a nuovo, mai posteriore al '79, ha un senso polemico che mi era del tutto sfuggito. In fondo sei un reazionario. E non fai film d'azione, quasi mai: magari provano a venderli così, ma non sono film d'azione. Non nel senso che oggi ha il termine. Sono film dialogati, anche quando girano katane; e questo spiega come mai con te capita sempre di vedere spettatori che si alzano: erano venuti per i bang bang e si ritrovano in mezzo a dei bla blà. Ora, c'è gente che i bla blà non li regge, peggio: non li capisce. Dopo tre battute perde il segno, chi è che ha detto cosa? Ma questo film è... difficile! Soprattutto i ragazzini: non sorprende, cresciuti a Wachowski e Michael Bay, si aspettano accelerazioni, ralenty e soprattutto molti clang clang: tu invece sei statico, inquadri facce che parlano, parlano... Stavo per dire teatrale, ma no, c'entra poco anche il teatro.

Piuttosto... anche qui ci ho messo parecchio a capire: poi leggendo un tale che non ti sopportava ho capito. Un fumettone, diceva. Beh, sai una cosa? Aveva ragione. I tuoi film migliori sono sontuose graphic novel. Sequenze meravigliosamente impaginate, scene statiche, didascalie e soprattutto fumet... dialoghi. Lunghissimi dialoghi, li leggiamo mentre restiamo fermi davanti alla vignetta, pardon, l'inquadratura, e la battuta e l'inquadratura ci entrano in testa così, icastiche, dritte dritte nell'archivio mentale dei migliori fumetti della nostra vita. Anche in questo perfettamente speculare a Rodriguez: lui prende i fumetti veri e li usa come sceneggiature; tu prendi il grande cinema e lo trasformi in uno strano bastardo, un fumetto di celluloide. E come i grandi artisti del fumetto, riesci a trasformare in qualcosa di intellettualmente appagante l'intreccio più pacchiano (la trama di Inglorious Basterds è una cosa impossibile da raccontare restando seri, eppure).

Dopo tanti stucchevoli quadretti di Tarantino cinefilo, lo scorcio inedito sul Tarantino cinefobo è ben più interessante. E allora diccelo: qual è il cinema che odi? Chi lo avrebbe detto mai, gli sparaspara. L'orgoglio della nazione, il finto capolavoro di Goebbels, non è una summa di tutto l'action movie moderno? Inquadra nemico, spara. Inquadra altro nemico, spara, spara, spara. Hitler se la gode e divora i popcorn. Ma c'è anche qualcosa del Soldato Ryan, o di quell'immondo pezzo di celluloide che Spike Lee venne a girare in Toscana qualche anno fa. Sparatorie: puah. Roba da cecchini repressi. Tarantino preferisce gli standoff: gente che si fissa con la pistola in mano. Se invece vi piacciono i montaggi nervosi e i bangbang – ci dice – siete nazisti, e non meritate lezioni di umanità. Vi farò saltare in aria sulle vostre poltroncine.

Ma non subito. Questo è il segreto. Io non sono un qualunque Michael Bay. Io prima di ammazzarvi vi terrò una lezione di vero cinema, quello antico dei Maestri, che sequestrava in sala lo spettatore. Sarete in mio potere e vi farò sentire la paura e il dolore. Da una curva farò spuntare l'emissario della Bestia – è gentile e senza umane tenerezze, e la sua lingua velenosa conosce tutte le lingue della terra e dell'inferno. Lo farò sedere al vostro tavolo, e mentre gioca al gatto e al topo con voi, io nasconderò una famiglia di ebrei sotto le assi del vostro soggiorno. Voi avrete pena per loro e per voi stessi: e li tradirete. Perché non avrete scelta, e perché siete totalmente succubi delle parole della Bestia, del meccanismo antico di un cinema che ti faceva sudare con le parole e con gli sguardi. Nient'altro che sguardi e parole, e avrete già tradito i vostri fratelli. Ed è solo l'inizio.

Poi vi reinsegnerò cos'è la violenza. Niente pistole. Troppo facili, diceva il Cavaliere Oscuro. Troppo banali. Io vi mostrerò l'incontro non spettacolare tra una testa e una mazza da baseball: senza moviole e carrelli circolari, un normale fatto della vita: mazza colpisce testa, strike. Vi farò vedere come scotennavano gli apaches. Vi mostrerò cosa significa, letteralmente, tirare il collo a una persona che vi fissa negli occhi. E non avrò fretta, mai: vi lascerò il tempo di annusare la paura e di digerire il dolore. Questo era il cinema, una volta: un meccanismo di attese. Questo è rimasto il mio. La violenza la mostro, non mi tiro indietro, ma quello che m'interessa è sempre un attimo prima: la tortura, la suspance. Lo so che a voi non piace.

Voi volete i bangbang. E io allora manderò l'operatore a sbarrare le uscite, e vi darò i bangbang nella schiena, mentre un meraviglioso faccione resuscitato dagli anni '20 vi ride in faccia la mia vendetta, la vendetta del cinema antico sui suoi indegni spettatori. E chi risparmierò sarà marchiato per sempre col segno della Bestia.

Perdonami se non ti ho capito, Quentin Tarantino. Tu non hai forse una sola parola nuova da aggiungere a Leone o a Ford; ma hai la dinamite necessaria a far saltare in aria tutti i Bay e i Bruckheimer che occupano il cervello dei ragazzini. Il tuo cinema è un atto di fede nel linguaggio che si screzia in dialetti, nei silenzi negli sguardi e nei gesti che possono valere una vita o terminare una guerra, più di cento fucili da cecchino. Sei l'ultimo europeo in America, o viceversa, non importa: sei un bastardo reazionario, e io sono con te. Ti devo cento scalpi.
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