Ghiacci e fuochi d’Islanda

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(pubblicato su Noborders Magazine) Isola di ghiaccio, isola di fuoco. Isola di grandi geyser che cannoneggiano al cielo fiotti bollenti, isola di lucenti iceberg che si staccano rombando dai ghiacciai per gettarsi in lagune splendenti al sole di mezzanotte per galleggiare placidi sino al mare artico. Campionario di bizzarrie geologiche tra terre che scottano e gelide cascate. L’Islanda è tutto questo ma anche molto di più. E’ la terra dove, un tempo, uomini liberi si sono riuniti nella piana Þingvellir circondata da un anfiteatro naturale di rocce, per auto organizzarsi in quello che sarebbe diventato l’’Alþing, il primo parlamento moderno della storia dell’umanità. E’ la terra dove, oggi, i cittadini hanno saputo rovesciare il governo, far fallire le banche e dichiarare che i debiti contratti dalla finanza privata non possono essere socializzati, così da meritarsi dalla Troika l’appellativo di “Stato Terrorista”.
Ma l’Islanda è anche l’isola dove in ogni sputo di “città” - pure quelle con 70 anime perse nel niente - trovi la scuola, un centro sanitario e di salute mentale, una o più aree di gioco per i bambini, un ufficio postale, un piccolo ma curatissimo museo (che espone per lo più reperti molto… fantasiosi come collezioni di fiammiferi o uccelli impagliati), una biblioteca zeppa di libri. Ed ancora una attrezzata piscina termale, spazi sportivi e tante, spazi comuni curati e tante, tantissime aiuole fiorite, quasi a catturare quella briciola d’estate che il dio inverno gli regala. Per i viaggiatori non manca mai un campeggio accogliente con tanto di bagni pulitissimi, libreria con volumi in libero scambio e doccia calda.
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Quello che ci insegna l'Islanda: lasciar fallire le banche ma salvare l'economia, il welfare e l'occupazione

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(pubblicato su FrontiereNews) Akureyri, Islanda - Terra di ghiaccio e fuoco, di vulcani e geyser, di pozze bollenti e ghiacciai eterni. L'Islanda non è solo l'isola dei toponimi impossibili, dove le estati trascorrono senza luna e gli inverni senza sole. E' anche l'unico angolo d'Europa dove i cittadini hanno saputo rovesciare il governo, arrestare i finanzieri responsabili del crack, ribaltare le ricette neoliberiste lasciando fallire le banche e riscrivere la Costituzione via internet mettendo al primo posto i Beni Comuni e le libertà digitali.
L'Islanda insomma, ha saputo trovare la spinta per saltare oltre il baratro della crisi economica che aveva messo in discussione un sistema di welfare tra i più progrediti del mondo, giungendo addirittura a ventilare la privatizzazione dell'acqua (da queste parti le bottiglie di plastica sono pressoché sconosciute e anche nei migliori ristoranti trovi nelle tavole la caraffa colma e gratis) e le quote pesca (altra cosa che ha fatto imbestialire una comunità che per tre quarti campa di quanto gli offre il mare).
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Miseria, devastazione ed inquinamento. Quel che resta di una base americana

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(pubblicato su FrontiereNewsC'era una volta una basa americana. Una base come ce ne sono tante nel mondo, con i suoi bombardieri atomici, filo spinato e militari addestrati alla guerra. Una base, come tutte le altri basi americana, giustificata dalla logica spartitoria della Guerra Fredda: "Se non ci mettiamo noi le atomiche, ce le mettono i sovietici". Una base che, dal punto di vista della strategia militare, aveva pure una sua ragione d'essere.
Siamo in Islanda, quell'isolotto grande non più di tre Sardegne geologicamente situato a cavallo tra le zolle tettoniche euroasiatica e americana. Una terra "ballerina" di vulcani, geyser, fiordi, terremoti, paesaggi aperti su incomparabili bellezze naturali e isolani che si chiamano tra loro solo col nome. Perché sono talmente pochi che non hanno bisogno del cognome!
Sul finire delle seconda guerra Mondiale, gli Usa decisero che l'Islanda doveva diventare una portaerei da combattimento, pronta a colpire dall'alto il temuto Pericolo Rosso.
C'è da dire che durante il conflitto, gli islandesi ce la misero tutta per cercare di rimanere neutrali. Non ce la fecero e furono invasi prima dai nazisti e poi dagli inglesi. Invasioni senza colpo ferire, perché in Islanda, allora come oggi, non esiste un esercito. Capirete, che ad un'isola di 300 mila persone una forza militare serve esattamente come serve il cognome.
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La Thule di ghiaccio e di fuoco che se ne è fottuta di salvare i banchieri

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Ci sono tanti buoni motivi per andare a farsi un giro per l'Islanda. Non parlo solo dei geyser bollenti, dei vulcani dai nomi impossibili, dei gelidi fiordi che si aprono sul circolo polare artico. L'Islanda, e solo l'Islanda, è riuscita a saltare oltre il baratro della crisi che si sta fagocitando l'Europa. Per certi versi, questa isola grande come tre volte la Sardegna e più della Sardegna disabitata, ha concentrato in un tre decenni tutto un ciclo intero di capitalismo. L'Islanda ha vissuto gli anni dello "sviluppo" e del consumismo più spinto, sino a sprofondare nel default dell'insolvilbilità bancaria, prima di tutti gli altri Paesi europei. Uscita dalla seconda guerra mondiale come uno dei Paesi più poveri d'Europa, con una economia che si basava solo sulla pesca, l'Islanda per tanti anni è stata ignorata dalla lunga mano della Troika. Un Paese povero, per i criteri del Pil, ma che aveva comunque un tasso di disoccupazione molto basso (favorito anche dall'esiguità della popolazione. Poco più di 300 mil abitanti) e aveva conquistato un welfare non inferiore a quello degli altri paesi scandinavi.
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