Una Carta dal valore sconfinato

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La Carta di Lampedusa è scritta e averlo fatto sull’isola non ha solo un valore simbolico. L’atmosfera di questo piccolo scoglio al centro del Mediterraneo ha invaso anche la sala dell’aeroporto, dove centinaia di attivisti si sono riuniti domenica mattina per l’assemblea finale che ha chiuso la tre giorni. Volevano respirarne l’aria, parlare con i suoi abitanti, toccarne con mano le contraddizioni e, anche se per poco, vivere la quotidianità di questo posto che, più di ogni altro, racconta gli effetti che i confini sono capaci di produrre sulla vita di tutti. Qui dove i diritti dei rifugiati vengono calpestati per il solo fatto di dovervi passare forzatamente, qui dove i diritti degli abitanti sono confinati ai margini dell’Europa.
La sera di sabato un lungo applauso aveva salutato la chiusura dell’ultimo paragrafo della Carta dopo dieci ore di discussioni intense, accese, ma proprio per questo vere. Così la mattina di domenica lo spazio è stato dedicato all’agenda programmatica. Hanno raggiunto la sala riunioni a drappelli, sotto la pioggia, stanchi ma soddisfatti. Ad attenderli hanno trovato le donne dell’isola, che hanno aperto l’assemblea plenaria mescolando le loro voci a quelle dei parenti delle vittime dei migranti scomparsi in mare nel 2011, a quelle degli attivisti europei, a quelle di tante e tanti che hanno preso parola. «Chi abita a Lampedusa non può esercitare il diritto alla salute e all’istruzione al pari degli altri — hanno detto le mamme lampedusane –, non ci sono diritti per noi e neppure per chi sbarca. Per questo un incontro così è per noi una manna dal cielo».Continua

“Libertà di movimento e chiusura dei Cie”, approvata la Carta di Lampedusa

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Strana gente quella che gira in questi giorni per Lampedusa. Salta subito all’occhio che non si tratta dei soliti turisti. Un po’ perché siamo fuori stagione e batte un freddo bestia, un po’ perché non vestono firmato, non scarrozzano valigie di marca ma portano uno zaino sulle spalle dove hanno infilato qualche straccio di ricambio tra pacchi di libri, quaderni e computer portatili. E poi se ne vanno a zonzo per l’isola a piedi, nonostante il vento di Libeccio abbia scaricato sull’isola un acquazzone torrenziale che va avanti da tre giorni. E ancora... i discorsi che fanno... No. Non sono i soliti turisti quelli che girano in questi giorni per le strade di Lampedusa. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola dei diritti

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Sono tre giorni che non smette di piovere e anche l’ultimo calzino asciutto se ne è andato. Sabato però abbiamo concluso la discussione ed ora la Carta di Lampedusa ha una sua stesura definitiva. Un grande applauso, per certi versi anche liberatorio, ha salutato nel tardo pomeriggio l’approvazione dell’ultimo paragrafo.
In serata il collettivo Askausa - che significa “senza scarpe” - ha invitato tutti gli attivisti all’inaugurazione del loro nuovo spazio dedicato alle vittime del mare. Una lunga sala in cui i ragazzi di Lampedusa hanno raccolto tutto ciò che il mare ha restituito dopo i naufragi. Nel soffitto dell’entrata sono appese le scarpe. Grandi, piccole, da uomo e da donna da bambino, tante... Un tavolo raccoglie dei sacchetti di plastica con dentro della terra. Un modo come un altro per esorcizzare la nostalgia della casa natia. Portarsi appresso un po’ della terra sulla quale sei cresciuto. Poi quel che resta di bibbie, corani, calendari e libri di poesie divorati dall’acqua salata. Sui muri, le mensole erano riempite di piatti, scodelle, pentole... e ancora tanti oggetti personali come lamette da barba, spazzole, giocattoli, collanine e bracciali... Mi è tornato in mente un ricordo che credevo assopito: il museo dello sterminio che ho visto al campo di concentramento di Auswitch. Nel lager come nei barconi. Vite spezzate dalla violenza di un sistema delirante. Continua

Il patto solidale di Lampedusa

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Sull’isola butta vento di libeccio. Le onde schiumano alte e i traghetti sono rimasti al sicuro, attraccati alle banchine di Porto Empedocle. Molti han dovuto abbandonare le speranza di raggiungere l’isola. Eppure sono in tanti, qui, gli attivisti venuti a scrivere la Carta di Lampedusa, per disegnare dal basso una nuova geografia dei diritti. Tanti che, in tutta l’isola, non hanno trovato una sala sufficientemente capiente per contenere tutti i presenti, e hanno dovuto così chiedere lo spazio della sala conferenze interna allao scalo aeroportuale.
Solo venerdì, durante la riunione introduttiva dei lavori, i partecipanti registrati erano oltre trecento. Questo primo incontro ha fornito una importante occasione di confronto con gli abitanti desiderosi di raccontare la vita di chi è costretto a vivere una vita in cui tutto si trasforma in emergenza. L’intervento della sindaca, Giusi Nicolini, di cui raccontiamo a lato, è stato seguito da quelli dei rappresentanti degli imprenditori e di alcune associazioni locali. Continua

"L'accoglienza che vogliamo non è una utopia"

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“Non voglio e non posso dettare i contenuti della Carta, questa deve nascere da tutti voi e dal vostro incontro con la comunità dell’isola, ma credo comunque che questa debba tener conto del fatto che le attuali politiche migratorie violano non soltanto i diritti dei migranti, ma anche quelli delle popolazioni legate al destino di confine”. Così, dopo i saluti di rito, con un piede in isola e uno in mare, la sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha cominciato il suo applaudito intervento davanti all’assemblea degli attivisti venuti dal continente e dei rappresentanti delle categorie economiche e delle associazioni dei residenti. L’incontro si è svolto venerdì pomeriggio, in apertura, prima di cominciare la discussione vera e propria sui contenuti della Carta di Lampedusa.
La grande partecipazione, sostiene la sindaca, dimostra che la Carta di Lampedusa ha già raggiunto il suo primo obiettivo e si è rivelata un utile strumento per aggregare “un mondo di persone che su temi come le migrazioni, la lotta alle mafie e le battaglie per i diritti umani ha fatto una ragione di vita”.
L’unicità dell’isola, continua Giusi Nicolini, non sta solo nella sua geografia ma anche e soprattutto nel coraggio con cui ha affrontato situazioni difficili. “Anche il papa, quando è venuto a trovarci, non ha cessato di stupirsi nel constatare cosa ha saputo donare in termini di accoglienza questa piccola comunità. Credete che non è retorica o vanagloria affermare che la nostra isola, così piccola e così sola, ha saputo affrontare flussi per noi enormi di migrazioni. Lampedusa ha dimostrato quando sia cinico, ipocrita e pure falso sostenere che la grande Europa non possa accogliere le persone che sono passate di qua. Lampedusa ha saputa far cadere il velo della menzogna di politiche sicurtarie che alimentano e allo stesso tempo si nutrono di paure ingiustificate. Quelle stesse politiche che hanno fatto scempio dell’immagine che aveva la mia bella isola. Lampedusa ha saputo accogliere e come lo ha fatto in passato, lo saprà fare anche in futuro. Ma deve essere chiaro che anche l’Europa lo può e lo deve fare”. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola dell’accoglienza

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In tutta l’isola non c’è una sala sufficientemente ampia per farci entrare tutti. Grazie alla sindaca, Giusi Nicolini, abbiamo ottenuto una sala dell’aeroporto. Da qui stiamo scrivendo la Carta di Lampedusa e sempre da qui trasmettiamo lo streaming su Melting Pot grazie ad una attrezzatura di emergenza messa a punto all’ultimo momento, dopo il forfait a causa del maltempo della nostra parabola satellitare.
All’aeroporto di Lampedusa, ci hanno dato la più grande che avevano a disposizione ma ancora non basta. Solo ieri, giornata introduttiva dedicata alla presentazione delle tantissime associazioni presenti e al saluto della sindaca, si sono registrate oltre 250 persone. Altre se ne stanno aggiungendo ora, altre ancora arriveranno sugli aerei del pomeriggio per l’incontro conclusivo sulla Carta e partecipare l’assemblea programmatica che si svolgerà domani mattina.
La prima nota da sottolineare quindi, è la grande mobilitazione che si è creata attorno all’appello di Melting Pot, cui va dato il merito di aver saputo interpretare e dare voce al diffuso disagio provocato dal fallimento delle attuali politiche migratorie. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola dell’accoglienza

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In tutta l’isola non c’è una sala sufficientemente ampia per farci entrare tutti. Grazie alla sindaca, Giusi Nicolini, abbiamo ottenuto una sala dell’aeroporto. Da qui stiamo scrivendo la Carta di Lampedusa e sempre da qui trasmettiamo lo streaming su Melting Pot grazie ad una attrezzatura di emergenza messa a punto all’ultimo momento, dopo il forfait a causa del maltempo della nostra parabola satellitare.
All’aeroporto di Lampedusa, ci hanno dato la più grande che avevano a disposizione ma ancora non basta. Solo ieri, giornata introduttiva dedicata alla presentazione delle tantissime associazioni presenti e al saluto della sindaca, si sono registrate oltre 250 persone. Altre se ne stanno aggiungendo ora, altre ancora arriveranno sugli aerei del pomeriggio per l’incontro conclusivo sulla Carta e partecipare l’assemblea programmatica che si svolgerà domani mattina.
La prima nota da sottolineare quindi, è la grande mobilitazione che si è creata attorno all’appello di Melting Pot, cui va dato il merito di aver saputo interpretare e dare voce al diffuso disagio provocato dal fallimento delle attuali politiche migratorie. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola delle caserme

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Tra Lampedusa e la Sicilia corrono cento miglia di mare. E tocca pagarle tutte. La nostra parabola satellitare con i suoi quattro audaci paladini di belle speranze che se la sono scarrozzata per tutta la Penisola, se ne è rimasta, triste e sconsolata, sulla banchina di Porto Empedocle. Giove Pluvio e suo fratello Poseidone le han detto di no. D’altra parte, in questa stagione, i collegamenti navali sono peggio di un terno al lotto. Col vento di libeccio poi, che non soffia mai per meno di un mese, pensare di raggiungere Linosa per mare è una pia illusione ”perché - mi ha spiegato un pescatore giù al porto - lei, signore, deve considerare che Lampedusa è un’isola”. Lo so, gli ho risposto con un po’ di sufficienza. “No che non lo sa, signore. Per capire che Lampedusa è un’isola deve avere una moglie che sta per partorire oppure un figlio malato che ha bisogno di... come si chiamano, quegli esami medici là che ti fanno solo a Palermo?”
Oramai nessuno nasce e nessuno muore più a Lampedusa (migranti a parte). Il piccolo poliambulatorio non è neppure dotato di un servizio ostetrico. Per partorire le gestanti raggiungono gli ospedali palermitani. E debbono imbarcarsi perlomeno un mese prima. Gli aerei di collegamento sono dei piccoli bimotori ad elica. Non sono mezzi consigliabili a chi ha paura. Con tutti quegli scossoni che ti regalano emozioni e attaccamento alla vita, se la gravidanza è molto avanti, c’è il rischio di scodellare il pupo tra le mani della hostess. Continua

Satellite comunicazione

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Da Padova a Lampedusa in auto. Le nuove frontiere della comunicazione sono anche questo: attraversare la penisola con un' antenna satellitare sul tetto dell'auto, per consentire a chi non potrà raggiungere l'isola di seguire le giornate della Carta di Lampedusa.
Sono partiti lunedì da Padova per raggiungere Napoli ed imbarcarsi per la Sicilia. Poi in auto da Palermo a Porto Empedocle per prendere un'altra nave fino all'isola.
I nuovi strumenti di comunicazione hanno avuto fin dall'inizio un ruolo fondamentale per la Carta di Lampedusa. Ma le assemblee on-line ed il documento scritto collettivamente attraverso il docuwiki pubblico sono stati solo il preludio. E' intorno alla tre giorni sull'isola che la comunicazione indipendente cercherà di spingersi oltre, con una connessione satellitare messa a disposizione da Sherwood.it.Continua

A Lampedusa per riscrivere la geografia dei diritti

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Nessuno se l’è dimenticato, quel 3 ottobre. A poche miglia dalla spiaggia di Lampedusa affogavano 368 persone. Uomini, donne e bambini in fuga da guerre, fame e violenze. Uomini, donne e bambini che cercavano solo un futuro e che hanno trovato una frontiera. La frontiera di guerra di una Europa militarizzata che, anche dopo la tragedia, continua ad investire miliardi di euro in politiche di esclusione forzata a Lampedusa come a Melilla, con il muro di Evros, i pattugliamenti di Frontex, fino ad invadere la stessa sovranità di Stati terzi, esternalizzando sino al cuore del deserto libico i suoi dispositivi di controllo.
Le frontiere servono a dividere e non “pesano” mai solo da una parte. Anche chi è nato dalla parte “giusta” del confine viene giornalmente umiliato da una politica oramai sempre più lontana da quell’idea di democrazia diretta e partecipata che stava alla base della nostra Costituzione. L’esclusione di categorie sempre più ampie di nuovi poveri, la mercificazione dei diritti del lavoro e della cittadinanza colpiscono i migranti in fuga come colpiscono chi in tasca ha un passaporto europeo in piena regola.
Non è questa l’Europa che vogliamo. Non è questo il futuro che sogniamo. Continua

La Europa de abajo busca reescribir los derechos de los migrantes

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Italia. Nadie ha olvidado aquel 3 de octubre de 2013. A pocas millas de la playa de Lampedusa, Italia, se ahogaron 368 personas. Hombres, mujeres y niños que huyeron de guerras, hambre y violencias. Todos eran refugiados de norte de África: Eritrea, Ghana e Somalia, en particular, pero también de Etiopía y Túnez. Salieron dos días antes desde el puerto libio de Misurata, en un pesquero de unos 20 metros de ancho. Estaban sólo a media milla marítima de la costa de la isla italiana, cuando un incendio en el barco -encendido probablemente para pedir ayuda a la Guardia Costera-, causó la más grande tragedia marítima del Mediterráneo desde el fin de la Segunda Guerra Mundial: 368 muertos y unos 20 desaparecidos cuya suerte todavía hay que aclarar.
Al enorme luto, el Estado italiano respondió con la vergüenza de demandar los 155 sobrevivientes, entre los cuales hay 41 menores, acusándolos de haber entrado ilegalmente en Italia, de acuerdo con las actuales leyes de inmigración. Además, no se realizó ni una sola investigación sobre los eventuales retrasos en la ayuda a los náufragos.Continua

Cie. La mappa del fallimento

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L'ingresso immediato e sicuro di chi fugge dai conflitti, la necessità di uno stravolgimento delle politiche di accoglienza a livello comunitario, l'azzeramento delle risorse destinate alle operazioni militari/umanitarie di controllo dei confini, il completo rovesciamento delle condizioni che legano il soggiorno al lavoro, la libertà di circolazione interna allo spazio europeo. Sono questi alcuni dei punti cardine della Carta di Lampedusa. La sfida più importante è però quella che comincerà alla conclusione dei lavori sull'isola, quando questi nodi si dovranno trasformare in agenda programmatica su scala euromediterranea. Certamente uno dei temi più caldi su cui si misureranno movimenti e associazioni è quello della detenzione amministrativa in Italia. Secondo il Viminale sono 13 i centri in esercizio sul territorio nazionale. Quelli di Serraino Vulpitta, Brindisi, Crotone e Bologna, sono ufficialmente chiusi in attesa di riaprire. Continua

A Lampedusa per cambiare l'Europa

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Quanta gente è passata da Lampedusa in questi anni. Tanti turisti, tanti migranti, ma anche tante persone indesiderate seguite da scorte e da giornalisti, pronte a versare lacrime davanti alle telecamere e a dispensare promesse mai mantenute. Ma questa volta no. Questa volta, in quest'isola al centro delle rotte forzate del Mediterraneo, si respira un'altra aria. E' gennaio ma sono arrivati a Lampedusa in tanti, giovani e meno giovani, donne e uomini. Vengono da tutta Italia, ma ci sono anche greci, francesi, tedeschi, nordafricani. E' impossibile confonderli con dei turisti. Hanno scelto di incontrarsi qui perché, nonostante la strage del 3 ottobre scorso, l'Europa non ha smesso di investire miliardi nella politica del confine. Sullo sfondo rimane così una vera e propria geografia della morte, disegnata con il denaro di tutti, che negli ultimi venticinque anni ha causato perlomeno ventimila vittime. Da venerdì 31 gennaio a domenica 2 febbraio Lampedusa sarà però al centro di un'altra storia. Tre giorni di lavoro intensi, fatti di assemblee ed incontri, di discussioni e confronti, per scrivere quella che si chiamerà “la Carta di Lampedusa”. Un patto Euromediterraneo che proprio a partire da questo luogo condannato e abbandonato dai governi di ogni colore, lancia la sfida ai confini dell'Europa.Continua