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“Libertà di movimento e chiusura dei Cie”, approvata la Carta di Lampedusa

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Strana gente quella che gira in questi giorni per Lampedusa. Salta subito all’occhio che non si tratta dei soliti turisti. Un po’ perché siamo fuori stagione e batte un freddo bestia, un po’ perché non vestono firmato, non scarrozzano valigie di marca ma portano uno zaino sulle spalle dove hanno infilato qualche straccio di ricambio tra pacchi di libri, quaderni e computer portatili. E poi se ne vanno a zonzo per l’isola a piedi, nonostante il vento di Libeccio abbia scaricato sull’isola un acquazzone torrenziale che va avanti da tre giorni. E ancora... i discorsi che fanno... No. Non sono i soliti turisti quelli che girano in questi giorni per le strade di Lampedusa. Continua

A Lampedusa per riscrivere la geografia dei diritti

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Nessuno se l’è dimenticato, quel 3 ottobre. A poche miglia dalla spiaggia di Lampedusa affogavano 368 persone. Uomini, donne e bambini in fuga da guerre, fame e violenze. Uomini, donne e bambini che cercavano solo un futuro e che hanno trovato una frontiera. La frontiera di guerra di una Europa militarizzata che, anche dopo la tragedia, continua ad investire miliardi di euro in politiche di esclusione forzata a Lampedusa come a Melilla, con il muro di Evros, i pattugliamenti di Frontex, fino ad invadere la stessa sovranità di Stati terzi, esternalizzando sino al cuore del deserto libico i suoi dispositivi di controllo.
Le frontiere servono a dividere e non “pesano” mai solo da una parte. Anche chi è nato dalla parte “giusta” del confine viene giornalmente umiliato da una politica oramai sempre più lontana da quell’idea di democrazia diretta e partecipata che stava alla base della nostra Costituzione. L’esclusione di categorie sempre più ampie di nuovi poveri, la mercificazione dei diritti del lavoro e della cittadinanza colpiscono i migranti in fuga come colpiscono chi in tasca ha un passaporto europeo in piena regola.
Non è questa l’Europa che vogliamo. Non è questo il futuro che sogniamo. Continua