#OVERTHEFORTRESS

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Voi che leggete, lo sapete cosa è un confine chiuso? Chilometri e chilometri di filo spinato, arrotolati fitti davanti ad alti reticolati, rinforzati da sbarre di ferro. Garitte militari ogni cento metri, blindati armati pronti a sbarrarti il passo, plotoni di poliziotti con scudi sempre alzati dietro a sbarre che, per te che sei un uomo come altri ma come altri non hai in tasca il documento giusto, non si alzeranno mai. E’ un muro che ti si para davanti dopo tanto camminare e che aggiunge disperazione alla disperazione, dolore al dolore. E dentro di te sai che tutta questa sofferenza è inutile perché non potrà arrestare il tuo andare. Perché dietro di te non è rimasto niente e il tuo futuro, qualunque esso sia, sta tutto davanti. “Se di qui non ci lasciano passare andremo in Albania - mi racconta una donna in fuga dalla Siria col marito e tre figli piccoli -. Abbiamo qualche soldo da parte e cercheremo di imbarcarci in un gommone per l’Italia e di lì raggiungere la Danimarca dove abbiamo degli amici che ci aiuteranno. Anche loro sono scappati da Aleppo. Là non è rimasto niente. Non solo la nostra casa. Tutto il quartiere è stato raso al suolo”.Continua

Idomeni, #OverTheFortress

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Non si fa mai. Non si comincia mai un articolo con una dedica, giusto? Ma questa volta cominciamo a raccontare cosa sono andati a fare più di 250 ragazze e ragazzi in quel mare di fango e di tende rabberciate che è il campo profughi di Idomeni, mentre tutti gli altri italiani festeggiavano in tranquillità la loro pasqua, con una bella dedica. Anzi, due. A tutti quelli che: “ma perché non ve li portate a casa vostra?” Ed anche a quelli che: “fanno i profughi e ci hanno lo smartphone”.
E cominciamo a raccontare partendo da un appello. Quello #OverTheFortess lanciato dal Progetto Melting Pot Europa a “marciare” verso i confini tra la Grecia e la Macedonia per portare solidarietà e generi di prima necessità ai profughi fermati alla frontiera. L’appello gira per i centri sociali di tutta Italia, sui siti delle associazioni che si battono per i diritti dei migranti e arriva anche oltralpe dove viene raccolto dai Giovani Verdi Europei che si mettono in marcia su una rotta alternativa, scendendo verso Idomeni da nord, lungo quei Balcani che, appena una ventina di anni fa, furono teatro di una guerra che l’Europa ha dimenticato troppo presto. Gli italiani si danno appuntamento ad Ancona per la mattina del venerdì di pasqua, ed arrivare ai confini da sud, dopo aver attraversato l’Adriatico in traghetto assieme ai furgoncini dove è stipato il materiale raccolto. Continua

"La polizia ostacola gli attivisti a Idomeni, poi lascia il passo. Tra gli applausi dei profughi"

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Stavolta è stata dura. Arrivati alle porte del campo di Idomenei, gli attivisti di #Overthefortress hanno trovato ad attenderli uno sbarramento di blindati e un cordone di poliziotti in assetto antisommossa. Vietato proseguire.
"Una sorpresa davvero inattesa - commenta Rolando Lutterotti, attivista del Loco di Mestre -. Ieri abbiamo distribuito i giocattoli, saponi e i vestiti per bambini senza nessun problema. Oggi che siamo venuti a portare medicinali, scarpe, vestiti per uomini e donne, ci dicono che non è possibile proseguire con la scusa che potremmo innescare rivolte. La verità è che in Europa oramai, è diventato illegale fare la cosa giusta come aiutare chi ha bisogno. Ma, divieto o no, noi continueremo a fare quello che va fatto".
Continua

La Pasqua dei profughi di guerra ed il progetto #Overthefortress

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Te lo trovi davanti all'improvviso, il campo profughi di Idomeni, che ti pare di cascare dentro un oceano di tende.
La strada che da Salonicco porta al confine con la Macedonia scorre facile in mezzo a verdi vallate, leggermente ondulate, con la sagoma ancora innevata del monte Olimpo a chiudere l'orizzonte. A metterti sull'avviso che non stai andando verso un confine qualunque ma verso un confine di guerra - come stanno diventando oramai tutti i confini - sono i campi profughi che sorgono attorno al villaggio di Idomeni, dove si trova ancora in grosso dei rifugiati in fuga da guerre e povertà. Ce ne sono tre, sino ad ora, ognuno gestito da una diversa onlus, con un numero di migranti che va dai 1500 ai 3000 ciascuno. Impossibile avere numeri certi per la grande flluidità della situazione. Gli accordi che l'Europa ha siglato col Governo Turco, hanno aggiunto altra disperazione a gente già disperata. I richiedenti asilo - circa 45 mila - che avevano raggiunto la Grecia credendo, sperando di essere oramai arrivati in Europa, hanno scopetto improvvisamente che il confine è chiuso e che non si aprirà più. Il loro futuro sarà il rimpatrio forzato, e gestito per di più da un governo che, per dirla eufemisticamente, non ha mai dimostrato sensibilità nei confronti dei diritti umani. E proprio al Governo di questo Erdogan, lautamente stipendiato dall'Ue, spetterà il compito di fare il "lavoro sporco", selezionando a sua totale discrezione i rifugiati "buoni" da far accogliere dall'Europa, da quelli "cattivi" da rispedire in Patria. Continua

#Overthefortress a Idomeni: distribuzione dei beni di prima necessità

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La carovana #OverTheFortress arriva al campo profughi di Idomeni a mezzogiorno, dopo quattro ore di viaggio da Igoumenitsa. Per strada, gli attivisti italiani sono stati calorosamente accolti da varie associazioni greche per i diritti umani. Il tempo è bello e la strada che corre sotto un monte Olimpo ancora innevato, è splendida. Scorre sopra un manto verde, dolcemente ondulato, che sembra un inno alla vita.
Le tende appaiono all'improvviso. Il primo campo che ci troviamo ad attraversare è gestito dall'Unhcr, l'agenzia Onu per i rifugiati. Vi ospita qualche migliaio di profughi. La Grecia, va sottolineato, non ha militarizzato i campi. Dopo gli accordi di Bruxelles, la politica del Governo è quella di dividere i profughi di Idomeni per nazionalità e assegnare ad ognuna di queste un campo gestito da una diversa onlus. Il che significa per i profughi ancora stanziati a Idomeni, abbandonare per sempre qualsiasi speranza di varcare la frontiera con la Macedonia e di entrare nel cuore d'Europa. La situazione è molto tesa e rischia di precipitare da un momento all'altro perché è proprio la speranza di raggiungere e di essere accolti in Europa quello che ha spinto queste donne e questi uomini a lasciare i loro Paesi in guerra. Continua

Dopo il ritrovo ad Ancona, la partenza alla volta di Idomeni. Dove la situazione è tesa

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Appuntamento in piazza del Teatro, a due passi dal porto di Ancona, alle dieci della mattina. Dal nord est arriva un pulman a due piani di attivisti, più alcuni furgoncini carichi di coperte, vestiti e altri generi di prima necessità da portare al campo profughi.
Altri arrivano dal sud. Verso mezzogiorno la piazza del teatro è piene di gente e di striscioni colorati che inneggiano ad una Europa senza frontiere. Tra i tanti che vengono a salutarci alla partenza c'è anche Karim Franceschi, l'italiano che ha combattuto contro l'Isis e che ha raccontato la sua esperienza nel libro "Il combattente", Rizzoli.
La nave salpa alle 13,30. C'è tempo per una conferenza stampa. Ai giornalisti che li intervistano le ragazze e i ragazzi di #OverTheFortress raccontano perché hanno deciso di rinunciare alle feste pasquali per portare aiuti e solidarietà a profughi che l'Europa delle banche non vuole. "Un perché difficile da spiegare a parole - sussurra una ragazza - se uno già non lo capisce da solo". Continua

Da Venezia al campo profughi, comincia il viaggio via mare verso la Grecia

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Se vero che da soli possiamo fare ben poco, è anche vero che quello che possiamo fare va fatto. Oggi, la Grecia, che ha insegnato all’Europa e al mondo cosa è la democrazia, si è ridotta a fare da prigione a cielo aperto per oltre 48 mila profughi. Una prigione che non concede ai suoi detenuti nessuno di quei diritti che altri detenuti hanno nelle normali carceri. Una prigione che viola i più elementari diritti umani di persone che non hanno fatto niente di male se non cercare di fuggire dalla guerra per portare in salvo i propri figli e i propri familiari. Donne e uomini in fuga dagli stessi terroristi che hanno martirizzato il Belgio, senza che nessuno colori con la loro bandiera il suo profilo di Facebook.Continua