75. E avrei bisogno di tonnellate di idrogeno
26-07-2022, 01:04Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con due brani molto gurdjieffiani].
1980: Prospettiva Nevski (Battiato/Pio, #13)
"Spesso nelle canzoni uso dei trucchetti "di sostituzione". Mi può succedere di raccontare una cosa in prima persona che in realtà non mi appartiene ed è invece ispirata a un racconto che mi hanno fatto. È un pretesto, un prestito, ma è molto più interessante che non averlo fatto in prima persona. I maestri sono le tante persone che, a un certo punto, ho conosciuto nel corso della vita. Sono presone che, a una certa età, hanno trovato la forza di ricominciare. Una donna che a settantacinque anni si diploma in clavicembalo è un maestro.
È difficile trovare "l'alba dentro l'imbrunire", però ci si può riuscire. L'alba è la gioventù, la capacità di cambiare, di evolvere, e l'imbrunire è la vecchiaia" (Tecnica mista su tappeto, 1992. Quindi, al netto di tutti i mascheramenti, Prospettiva Nevski avrebbe un messaggio non troppo diverso dalla Stagione dell'amore: ancora un altro entusiasmo deve tornare a farci pulsare il cuore. Non solo non nasciamo e non moriamo mai, ma in un qualche modo dovremmo riuscire a non invecchiare).
[Sull'impresario di Nižinskij]: "È una vicenda accaduta realmente, ma pare un racconto. Mi aveva appassionato l'idea di un impresario che delira d'amore per una stella che egli stesso ha creato. E quella stella declina quando s'incrina il loro amore. La fine dell'amore è la pazzia per lo stesso Nižinskij. Un amore omosessuale cieco. Lo stesso Djagilev non ha retto all'idea che Nižinskij si fosse sposato"
1982: Clamori (Battiato/Pio/Tramonti, #52)
Clamori comincia con una specie di clarino computerizzato che suona una scala: Zuffanti (2020) suggerisce che sia un riferimento alla Legge dell'Ottava di Gurdjeff, e siccome il testo di Clamori è attribuito a "Tommaso Tramonti", ovvero Henri Thomasson, discepolo gurdjieffano, l'ipotesi è molto buona. Spero soltanto che la Legge dell'Ottava di Gurdjieff non sia proprio quella che ho capito io leggiucchiando qua e là su internet, perché la mia becera impressione è che il maestro si sia fatto un viaggio enorme su questa cosa che al Mi e al Si manchino i tasti neri, una lacuna che risuonerebbe a livello cosmico e causerebbe dei ritardi di vibrazione che influenzerebbero persino il nostro comportamento, ma possibile che nessuno abbia mai alzato la mano per dire scusi, maestro, ma è una questione puramente arbitraria, se ci fossimo messi d'accordo diversamente potevamo mettere i tasti neri in altre posizioni, alla fine i semitoni sono pur sempre 12, un tizio ha anche inventato un pianoforte senza tasti neri, pare che a modo suo sia anche più facile da suonare, il problema è che la lobby dei costruttori di organi e clavicembali coi tasti neri si è imposta nel Seicento e non si smuove, domina i conservatori di tutto il mondo e così... ehi, maestro? maestro? Ok, probabilmente sono troppo rompiballe per capire le sfumature iniziatiche. In compenso mi sono reso conto che la progressione armonica di Clamori è lontanamente imparentata con Cuccurucucù, mentre l'assolo finale (di synth e poi di sax, ma il sax ha un timbro felpato che ricorda il clarino computerizzato iniziale) è un passo di danza sulle note dell'Ottava che aggiunge un vago sapore di estremo oriente.
74. Su divani abbandonati a telecomandi in mano
25-07-2022, 19:49Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi intorno al quesito fondamentale: vivere o togliersi di mezzo? Battiato dopo qualche esitazione ha scelto di vivere, purché fuori Milano].
1983: Un'altra vita (Battiato/Pio, #29)
Una cosa che nessuno mi sembra notare di Un'altra vita è quella nota pulsante a inizio strofa – in Inneres Auge decisamente un Re# – assomiglia davvero molto al Do altrettanto pulsante di voce sintetizzata con cui comincia Oh Superman di Laurie Anderson, il brano di musica sperimentale che per qualche ragione tuttora non trovata nel 1982 aveva ipnotizzato gli acquirenti britannici di dischi al punto che l'avevano mandata al primo posto in classifica. Non mi pare che Battiato ne parli mai; mi sembra improbabile che Battiato non la conoscesse e non sia stato anche lui in parte conquistato, se non ipnotizzato, da un brano che scende nell'uncanny valley tra la voce umana e la sintesi digitale. Non è soltanto Un'altra vita a portarne i segni: per più di dieci anni abbiamo avuto jingle e canzoni in cui tornava a un certo punto una nota pulsante e inquietante. In Un'altra vita sembra segnalare il momento in cui il disagio della civiltà viene alla superficie: nel giro di qualche battuta gli altri strumenti troveranno un modo per coprirlo, armonizzandoci intorno, perché vivere pure bisogna. Ma in sottofondo il disagio resta.
1995: Breve invito a rinviare il suicidio (Battiato/Sgalambro, #164)
"Procurerò dunque di rispondervi, brevemente com'è decenza in queste cose. Capisco il vostro giovanile wertherismo. Ma rispondetemi: sino a che punto c'è causalità nel dolore? Ricordatevi, il dolore è una cosa passata. Il segno che resta nella coscienza mentre il corpo ha già dimenticato. Ascoltatemi, trattate i moti dell'animo come i moti dell'intestino. Un giorno bisognerà certo spararsi, ma per intanto viviamo" (se questo è veramente il brano di Anatol di Sgalambro da cui Battiato ha desunto il testo di Breve invito, bisogna concludere che S. qui più che co-autore è un ispiratore). Forse Breve invito è l'unica delle 64 canzoni sopravvissute di cui non riesco a ricordare la melodia. Le parole sì – questo è interessante, vale più o meno per tutte le canzoni dell'Ombrello e mi porta a pensare che l'Ombrello sia il disco in cui testi e musiche sembrano procedere in parallelo, senza scontrarsi ma anche senza amalgamarsi. In particolare il riff di tastiera è una follia che forse rimanda più al Battiato prog che al Battiato sperimentale; la si direbbe una sequenza di note casuali, non fosse che viene ripetuta fedelmente anche dall'orchestra sintetizzata. Breve invito è una delle canzoni col ranking più basso ad aver passato il turno (ma non la più bassa); le è capitata forse una batteria semplice, con due cover (Impressioni di settembre e L'addio, quest'ultima magari più meritevole).
73. L'ira funesta dei profughi afgani
25-07-2022, 10:51Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con due brani importanti con due code importanti. Fin qui tutti i brani della Voce del padrone e di Patriots hanno vinto contro tutti gli altri: stavolta no, uno solo può vincere, chi sarà? Seh vabbe' non è che accetterei scommesse].
1980: Le aquile (Battiato/Pio/Jaeggy, #68)
"È una scrittrice e poetessa sublime. Il suo libro recente I beati anni del castigo ha avuto una accoglienza trionfale da parte della critica. Si è gridato al miracolo. Il suo stile assomiglia a quello che per un musicista è la musica pura. La sua letteratura è così illuminante, così ripulita da qualsiasi ridondanza. Ogni aggettivo è perfetto. Una bellezza di scrittura meditativa, pur non essendolo apparentemente". Battiato non ha parlato spesso di Fleur Jaeggy, ma quando lo ha fatto (Tecnica mista sul tappeto, 1992) ha espresso un entusiasmo da stamparci fascette editoriali per due o tre uscite.
Una cosa particolare dei pezzi pop primi anni Ottanta è la coda. Non so esattamente come andò, ma a un certo punto tutti i compositori di canzonette decisero che ci stava bene la coda, così improvvisamente arrivarono queste lunghe code che sfumavano non prima di aver trasformato la canzone in qualcos'altro (che è poi la poesia particolare delle code: farti intravedere che la canzone potrebbe diventare qualcos'altro). Anche Battiato, tra le regole che aveva introiettato per "avere successo", c'era evidentemente questa cosa delle code soprattutto tra Patriots e L'arca di Noè, già in Orizzonti cominciano a sembrargli orpelli inutili. Una delle sue code migliori è quella delle Aquile, che poi a ben vedere è una riproposizione del ritornello, in cui Giusto Pio cambia completamente marcia al violino che aveva scandito velocissimo la strofa e Battiato intona i suoi canti "mantrici" (Zuffanti) uno dei rari momenti in cui riusciamo a riconoscere nel Battiato pop di quegli anni una traccia dei vocalismi bizzarri di Juke Box o di dischi ancora precedenti.
1981: Cuccurucucù (Battiato/Pio, #4)
"Penso sia una canzone dotata di una certa poesia" (Tecnica mista, 1992). Si parlava di code: nel caso di Cuccurucucù la coda diventa veramente un'altra canzone, segnalata dalla progressione I-V-vi-IV che ritorna qui per la seconda volta nella Voce del padrone dopo gli Uccelli: e come negli Uccelli, Battiato si guarda bene dall'usarla massicciamente, come stavano cominciando a fare un po' tutti (e come farà Camisasca in Nomadi), ma la alterna al secondo giro con una più struggente I-V-ii-ii. Quest'alternanza tra vi e ii, fa diesis minore e si minore, che si avverte già nell'introduzione vocale e prosegue nelle strofe, è credo quello che rende Cuccurucucù la canzone straziante che riesce a essere malgrado sia suonata a razzo e freddamente concepita per far sbracciare i trentenni in discoteca. Il fa diesis minore introduce la gravità, la tragedia del tempo che passa, l'ira funesta, Lady Madonna e Ruby Tuesday; il si minore la tempera con la dolcezza, le ore di ginnastica, le gesta erotiche di Squaw Pelle-di-Luna, il twist.
72. Carico di lussuria si presentò l'autunno di Bengasi
24-07-2022, 10:53Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con una sfida insolita tra uno dei più antichi brani rimasti in lizza, contro un'autocover].
1973: Areknames (#41)
Ogni tanto bisogna ricordare che mettere in gara le canzoni è cosa assurda, non solo perché le canzoni non sono biglie o automobiline (ma se mi trovassero a giocare con le mie biglie e le mie automobiline mi ricovererebbero), ma anche perché le canzoni col tempo cambiano, si evolvono, noi insistiamo ad ascoltarle nella versione originale ma nel frattempo loro sono diventate tutt'altro, ad esempio Areknames ai tempi del tour dell'Imboscata era diventata questa cosa che forse si chiama Canzone chimica e oltre all'immancabile Sgalambro che lancia lessemi a caso, ci mostra un Battiato chitarra solista che si diverte troppo, cioè è buffissimo, e pensare che non volevo andare ai concerti perché credevo di beccarmi un guru sul tappeto e intanto lui faceva queste cose, prendeva i brani più inquietanti del suo passato lacerato da crisi esistenziali e ci ballava sopra con la chitarra a tracolla, le canzoni sono questo, noi le vediamo sempre congelate nel momento in cui fioriscono ma loro nel frattempo sono diventate frutto, pianta, un sacco di altre cose.
1988: Lettera al governatore della Libia (Battiato/Pio, #105)
Molto più di Mesopotamia e Alexander Platz, Lettera si adattava al mood complessivo di Giubbe Rosse, un disco festoso e mediterraneo. Anche se la festosità di Lettera è quella di chi balla su una polveriera, qualcosa che dovremmo sentire sempre più congeniale. "Quell'idiota di Graziani" non avrebbe fatto una brutta fine tutto sommato: condannato nel 1949 a 19 anni di carcere, fu amnistiato nel 1950 e divenne presidente onorario del Movimento Sociale Italiano. Nel 2012 ad Affile hanno inaugurato un sacrario in suo onore. Nel 2017 il sindaco di Affile è stato condannato a otto mesi per apologia di fascismo, per via di questo sacrario. Nel 2019 la condanna è stata confermata in appello. Nel 2020 è stata cassata in cassazione.
71. L'ultimo appello è da dimenticare
23-07-2022, 11:10Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, un prolisso torneo di canzoni con cui attoniti fingiamo di non capire niente, mentre radio Varsavia dice che tutto va bene e che l'ultimo amore è da dimenticare].
1982: Radio Varsavia (Battiato/Pio, #9)
Chi considerava Battiato un post-moderno, maestro della citazione «al di fuori del contesto» e seminatore ironico di codici non ideologici, dovrà ricredersi: questo disco è un manifesto serissimo. E veniamo cosi a dire «tutto il male possibile»: proprio perché dai solchi, pezzo dopo pezzo, viene fuori il «Battiato-pensiero», è bene dire una volta per tutte di che pensiero si tratta. È un vero Bignami di stimabilissima cultura da Nuova Destra, quella che alletta Cacciari e molti altri. Gli ammiccamenti si sprecano: si ritorna a parlare di «chi scappa in Occidente», degli appelli di «Radio Varsavia»; si mette in prima fila «l'imperialismo degli invasori russi» (davanti a inglesi e americani si intende) (Esodo), si apprezza da veri snob la nuova cultura penitenziale cattolica (Scalo a Grado); si affonda nel narcisismo della propria diversità modellando le proprie fantasie sessuali sulle movenze dei danzatori dervisci: la distinzione del linguaggio sembra voler far dire all'ascoltatore: «Euh! Ma com'è colto il Battiato». Gianfranco Manfredi, Sull’arca di Battiato c’è la cultura della nuova destra, "Tutto Libri" (supplemento della Stampa), 11 dicembre 1982. Alla fine non è che Manfredi avesse proprio tutti i torti – certo, fa sorridere che tipo di cultura sembrasse "nuova destra" nel 1982: ma cominciando il nuovo disco con un'istantanea dal golpe di Jaruzelski, Battiato giocava veramente con un fuoco a cui i cantautori non osavano più avvicinarsi. L'idea che nel collage postmoderno potesse rientrare anche la cronaca più recente e più drammatica faceva fatica a passare – forse è più semplice oggi, da una ragionevole distanza. L'altissima posizione di Radio Varsavia nel ranking non credo dipenda da ascoltatori di (nuova) destra: il brano è anche nella colonna sonora di un film di Guadagnino, forse sarà quello.
1999: Amore che vieni, amore che vai (De André, #56)
Fa un po' strano che tra De André e Battiato alla fine vi fossero soltanto cinque anni di distanza: la sensazione è che il secondo abbia cominciato a brillare soltanto quando il primo cominciava a offuscarsi. In ogni caso, fino a Fleurs una convergenza tra i due sembrava impensabile: tutto li separava. Amore che vieni e La canzone dell'amore perduto ci hanno mostrato un punto di contatto che alla fine avremmo potuto trovare da solo, unendo i puntini: entrambi partono da radici europee che includono il repertorio classico, che sia il De André degli anni '60 che il Battiato dei Lied saccheggiano senza quel senso di deferenza che sembra necessario ostentare quando si ascolta la musica del passato. Per De André e Battiato (e per il Bennato di Dotti medici e sapienti), la classica può benissimo servire a far canzoni d'amore. Il fatto che Amore che vieni non sia esattamente una canzone d'amore, anzi, una riflessione sulla natura effimera di questo sentimento, non fa che renderla ancor più congeniale a Battiato.
Fuori concorso (canzoni che non hanno partecipato alla gara per questo o quest'altro motivo).
1972: Giorno d'estate (Genco Puro & co.)
Come spiega Battiato in questa intervista telefonica che ho molto faticosamente rintracciato (non è vero, c'è il link su wikipedia), il disco di Genco Puro & co. è quel che succede quando un'etichetta ha bisogno di tot uscite per motivi burocratici, sicché Pino Massara dice a Franco Battiato: prendi la sala di registrazione e fammi un disco in due giorni. Benché le maggiori incombenze ricadano su Riccardo Pirolli, tecnico del suono che si improvvisa per l'occasione cantautore, secondo l'opinione comune i due brani più convincenti sono quelli cantati da FB: Nebbia e Giorno d'estate. Alla vigilia di Pollution, Genco Puro è un Battiato anti-Pollution: solare, sereno. Anche il fedele synth che in Pollution pulsa l'ora della fine del mondo, qui riscopre certi fraseggi barocchi dei tempi delle canzonette.
70. Nelle vie calde la temperatura si alzerà
22-07-2022, 18:06Battiato, la Gara, musicaPermalink1982: L'esodo (Battiato/Pio/Tramonti, #89)
L'esodo probabilmente non vincerà la Gara; ma se invece succedesse, non sarebbe appropriato, nell'estate più calda di sempre e più fresca della prossima? Quando la incide, nel 1982, in un album che sembra voler deludere le aspettative, le correnti migratorie dal sud del mondo stanno ancora per lo più ignorando la penisola. Il muro di Berlino sembra ben saldo, la guerra fredda mantiene il pianeta a una temperatura ideologica costante, le distopie desertiche sono materiale per film di fantascienza a basso budget (anche Mad Max non è ancora mainstream). Battiato, vuoi per la frequentazione di Nordafrica e Levante, vuoi per un suo barometro interiore, ha già un'idea della Fine che molti intellettuali faticano ad accettare quarant'anni dopo, quarant'anni dopo. Nell'Esodo si incastrano mirabilmente tante idee con cui Battiato sembrava essersi trastullato in precedenza senza apparente costrutto: è l'ultima grande composizione per sintetizzatori a valvole, i violini e i cori sembrano già campionati. Io poi ci sento, malgrado tutto, qualcosa di triviale, di esibitamente commerciale: ci sento la disco, come se di questa fine del mondo Battiato volesse accreditarsi come DJ, se non come MC. Quel beffardo "mamma mia che festa" me lo immagino sul cartiglio di una totentanz medievale.
1996: Di passaggio (Battiato/Sgalambro, #104).
Ταὐτὸ τ΄ἔνι ζῶν καὶ τεθνηκὸς καὶ ἐγρηγορὸς καὶ καθεῦδον καὶ νέον. Non è fantastico questo greco, che malgrado milioni di italiani lo studino alla media superiore, basta copia-incollarne un po' per sembrare persone più colte? Essendo generosamente accreditato come coautore di praticamente tutti i brani originali di Battiato dal 1995 in poi, Sgalambro firma una sessantina di canzoni: un quarto di tutto il catalogo. Di queste, quante hanno passato il primo turno? Nove. Su 64 sono abbastanza poche – diciamo poco più della metà di quante statisticamente avrebbero dovuto essere. Ora, questa non è necessariamente più responsabilità dei testi di Sgalambro che di una certa flessione qualitativa della produzione musicale di Battiato, flessione occultata dalla quantità di materiale che continuava a pubblicare, comunque sempre più che dignitoso. Di passaggio è quasi il manifesto del Nuovo Battiato anni '90, quello che senza rinnegare la sua componente mistica (il testo sta tra Eraclito e l'Ecclesiaste) cerca di rinnovare l'immagine attraverso gli arrangiamenti; il paradosso è che questo rinnovamento, che ottenne un notevole riscontro commerciale, tutto sommato si poggia su ingredienti non così nuovi: qui soprattutto la chitarra di David Rhodes, un'aria più 'rock' che per un miraggio tutto italiano suonava in qualche modo più contemporanea dei tappeti digitali dell'Ombrello. È anche il brano in cui Battiato spreca un featuring del livello di Antonella Ruggiero per farle leggere un'epigramma di Callimaco sul suicidio di Cleombroto d'Ambracia. L'espediente di cantare gli stessi versi all'unisono non ottiene il sortilegio ermafrodita che avviene con Alice: la Ruggiero ha un timbro troppo diverso. L'epigramma è comunque interessante e ve lo riporto dalla mia edizione dei versi di Call... ok da wikipedia: "Dicendo «Addio sole!», Cleombroto d'Ambracia da un alto muro si gettò nell'Ade: non gli era capitato alcun male degno di morte; aveva solo letto uno scritto, quello di Platone sull'anima". Ecco quindi andateci piano a leggere Platone, e tutti gli scrittori di anima in generale: è un argomento pericoloso.
69. I desideri non invecchiano quasi mai
22-07-2022, 12:10Battiato, la Gara, musicaPermalink1983: La stagione dell'amore (#8)
68. Facciamo un po' di largo con un'altra guerra
21-07-2022, 18:26Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi una delle poche cover sopravvissute si batte contro una rappresentante di uno dei due dischi – a sorpresa – più votati].
Fuori concorso (canzoni che non hanno partecipato alla gara per questo o quest'altro motivo).
1969: Lacrime e pioggia (Pachelbel/Pallavicini/Papathanassiou)
A proposito del Battiato interprete: questa me la sono proprio lasciata sfuggire. A mia discolpa, faceva parte del 33 giri abortito nel 1969 che Battiato non volle mai pubblicare, anche in seguito: in qualche fortuito modo fu rilevata dall'Armando Curcio Editore che nel 1982, quando Franco Battiato vendeva come il pane, mandò fuori un disco che se non è un bootleg poco davvero ci manca. Lacrime e pioggia è una cover di Rain and Tears degli Aphrodite's Child, il brano con cui la progressione Pachelbel entra ufficialmente a far parte della musica pop europea – il debito è talmente evidente che l'oscuro compositore è incluso nei credits accanto a Vangelis Papathanassiou. Quando Battiato ci si cimenta, erano probabilmente già nei negozi di dischi un paio di cover italiane con lo stesso testo di Pallavicini. Rispetto ai Trolls e ai Quelli(*), Battiato ha l'impudenza di dare maggior risalto alla sua prestazione vocale, ovvero di sfidare Demis Roussos nel suo campo! E pur essendo un confronto impari, non ne esce malaccio. Sarei tentato di considerarla la migliore cover italiana di Rain, o perlomeno se la gioca con Dalida (e forse è più ispirato da Dalida che da Roussos). Il brano era assolutamente nelle sue corde, e non si capisce davvero perché non abbia provato a inciderlo. Nel 2008 si ricorderà degli Aphrodite's Child riprendendo It's Five O'Clock, neanche a farlo apposta un'altra Pachelbel. Ma era meglio questa.
67. L'animale più domestico e più stupido che c'è
21-07-2022, 10:16Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con due brani pregni di memorie dell'infanzia, ma non è una grande coincidenza, FB ci è tornato spesso, e mi domando se non mi potrei concedere a mia volta un'analoga digressione sui fatti miei, ad esempio sapete che per molti anni ho considerato la parte strumentale di Sequenze e frequenze come la coda di Aria di rivoluzione, perché così era stata sventatamente ritagliata nella cassettina di Feedback che ero riuscito a procurarmi? Una scelta che ancora oggi non riesco a capire, cioè nel momento in cui la BlaBla non ristampa più i vecchi dischi e la Ricordi ti chiede un'antologia con le cose più presentabili, tu tagli la parte cantata di Sequenze e frequenze? Per risparmiare cosa? Spazio per Rien ne va plus? Roba da matti. E inoltre: sapete qual è stata la prima canzone che ho cantato davanti a un pubblico? La domanda, mi rendo conto, sarebbe interessante solo se in seguito io avessi continuato a cantare davanti ad altri pubblici, ma comunque mio cugino grande aveva gli spartiti ufficiali di Patriots e siccome al tempo suonavo al massimo il flauto Yamaha (ma forse neanche quello) decise che io avrei cantato. Perché per esibirsi davanti ai parenti scelse proprio Arabian Song non lo so, forse era facile, la parte di tastiera intendo. La parte vocale non esattamente. Gli strumenti erano: tastiera Gem, violino, forse chitarra, ma solo due di questi tre, perché i miei cugini erano due e io cantavo soltanto, in un arabo traslitterato dallo spartito che tuttora ignoro cosa significhi, anche perché mica posso andare da un mio studente a chiedergli senti ma cosa si intende abitualmente per figgiabalù figgiabalì, come minimo nel frattempo gli ho offeso la patria, i parenti, la divinità. L'esibizione non so come andò, di solito dopo tre volte che cantavo una canzone diventavo rauco, e intonare "la mia classe fu allevata con il latte di una capra" mi lasciava perplesso. Però ancora oggi ricordo benissimo che gli orchestrali sono uguali in tutto il mondo, simili ai segnali orario delle radio, grazie cugino grande].
1974: Sequenze e frequenze (#144)
Sequenza e frequenze per Battiato è un nuovo inizio, qualcosa di cui in seguito forse ebbe pudore e sentì la necessità di prendere le distanze – non solo in Feedback, ma anche nelle uscite in inglese, la parte iniziale era stata soppressa e la parte strumentale ricucita come coda di Aria di rivoluzione. Solo a partire da Giubbe rosse la maestra che dava ripetizioni viene rivendicata, e non è un caso che Giubbe sia anche il disco del ritorno in Sicilia. Vent'anni più tardi, al suo primo lungometraggio (Perdutoamor) vorrà ancora mostrarci un bambino che fissa il mare. Sicilia, infanzia, memorie, mare: Battiato non aveva mai parlato di queste cose prima di Sequenze e frequenze. Solo sei brani degli anni pre-cinghiale bianco hanno passato il turno: La convenzione, Areknames, Plancton, Sequenze e frequenze, Aria di rivoluzione e Propriedad prohibida. Il ranking non li aiutava: è un Battiato più famoso che ascoltato (e non è neanche così famoso).
1981: Arabian Song (#80)
Qual è l'album di Battiato che è andato meglio al primo turno? Mi sembrava una domanda abbastanza scontata, e invece è successo questo: tutti i brani di Patriots hanno vinto le rispettive batterie, e quindi per ora La voce del padrone e Patriots sono affiancati in prima posizione. Nel frattempo ho controllato: il ritornello recita: "Ha detto il maestro del villaggio: è stata la montagna nella montagna [ma questo forse è un superlativo, come per dire la più grande di tutte le montagne]. La pace su di voi e su di te / Adesso io abito". Battiato ha più volte rivendicato la propria levantinità, affermando di riconoscere più facilmente nel Nordafrica o in Medio Oriente fisionomie simili a quelle dei suoi famigliari. È il motivo per cui l'arabo fa capolino spesso in canzoni di ambientazione siciliana (ad es. Veni l'autunno). Fa sorridere che si tratti di un arabo maccheronico, una spia del fatto che ogni radice è sempre una ricostruzione a posteriori.
66. Dalla pupilla viziosa delle nuvole
20-07-2022, 19:20Battiato, la Gara, musicaPermalink[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con il confronto più equilibrato di tutti i trentaduesimi, e un brano fuori concorso].
1984: Chanson egocentrique (Battiato/Messina/Tramonti, #32).
Chanson egocentrique alla fine è una delle poche canzoni battiatesche della prima metà degli anni Ottanta che abbiano un mood 'Europa, prima metà anni Ottanta', uno dei casi in cui Battiato potrebbe essersi veramente detto: cosa ascolta la gente in radio oggi? C'è una progressione tipica di quegli anni (ma è anche una riedizione di Areknames, è da lì che arriva quel senso di compimento autoipnotico quando alla fine del giro si ritorna su re maggiore). C'è anche una specie di rap in inglese/tedesco, molto trasognato, e credo che saremmo sulla pista sbagliata se pensassimo che si tratti di un addobbo finale: secondo me la canzone è cominciata così, da una serie di parole straniere compitate a caso. Non sarebbe la prima né l'ultima.
(Intervallo autoreferenziale: un paio d'anni dopo cominciai a farmi insegnare gli accordi di chitarra, appena ne seppi tre cominciai a improvvisare canzoni in un inglese immaginario di cui molto mi vergognavo, il che non m'avrebbe impedito di continuare a salmodiare questi prisencolinensinainciusol privati fino a vent'anni suonati, che se penso ai miei coinquilini tuttora meco mi vergogno. Poi smisi perché ormai sapevo troppo inglese per non sentirmi ridicolo, però ecco, smisi anche progressivamente di comporre canzoni. Stacco).
Qualche mese fa mi sono messo a guardare 33 giri Italian Masters e ho scoperto che i più grandi cantautori italiani, anche insospettabili, facevano la stessa cosa: che insomma dai Settanta in poi l'inglese diventa la lingua mentale della musica (quella che nel Settecento era l'italiano, e bisogna immaginare i compositori tedeschi improvvisare versi con sillabe italiane a caso stile Bohemian Rapsody). Questo accade anche se nessuno l'inglese lo sa, anzi accade proprio perché nessuno ancora lo sa, è qualcosa di analogo alla fase della lallazione infantile (il momento in cui il bambino comincia ad articolare sillabe a caso senza necessariamente veicolare significati, soltanto per sperimentare la produzione di suoni).
Questo inglese immaginario è un idioletto privato che consente ai compositori di mettere insieme note e accordi, dopodiché, quando la musica più o meno è pronta, anche il testo comincia a prendere forma. Il passaggio dall'inglese immaginario all'italiano è molto brusco, perché le due lingue hanno veramente poco in comune dal punto di vista prosodico. A volte c'è una fase intermedia in cui il cantautore passa dal suo inglese immaginario a un inglese 'vero', lo scrivo tra apici perché non fidandosi (giustamente) della propria competenza linguistica, il cantautore non mette insieme le parole, ma incastra frasi inglesi che conosce già, dall'esiguo campionario di frasi che conosce: la maggior parte sono versi di altre canzoni (in Chanson Battiato riprende addirittura Prehistoric Sound degli Osage Tribe). Il citazionismo insomma non è sempre necessariamente una strizzata d'occhio all'ascoltatore medio-colto: a volte è l'unica soluzione per trovare qualcosa che suoni bene sulla melodia già composta. È una delicata fase di cristallizzazione in cui se ti capita di ripetere troppe volte una qualsiasi scemenza (che ne so, another race of vibration), non te ne liberi più, ormai fa parte della canzone, toglierla sarebbe come togliere una nota o un accordo. Il risultato è una macedonia che a volte trattiene un contenuto lirico, o perlomeno il cantautore ne è convinto e se è bravo riesce a convincere anche l'ascoltatore, purché non conosca troppo l'inglese 'vero'. Non ha senso e allo stesso tempo capiamo tutti cosa ci vuole dire, tranne ovviamente gli anglofoni che devono rimanerci come... voi come ci rimanete davanti a Bohemian Rhapsody? A me confesso dà un certo fastidio, non posso farci niente.
1996: Strani giorni (Battiato/Sgalambro, #33).
Nulla si crea, nulla si distrugge, e forse dopo una certa età non si inventa neanche nulla di particolarmente nuovo. Quando mette assieme Strani giorni, FB sta semplicemente riscoprendo un procedimento di montaggio che aveva già usato in vari momenti della sua carriera – persino negli anni Sessanta ogni tanto gli capitava di 'montare' una canzone con pezzi di altre canzoni, penso a Occhi d'or – poi ovviamente c'è la fase collage, Ethika fon ethica, ma altri collage arrivano nel decennio successivo, ad esempio Temporary Road. Dunque perché questo procedimento, che fino a quel momento mi lasciava divertito e in certi casi persino ammirato, proprio a partire da Strani giorni mi risulta frastornante? È responsabilità di FB o è colpa mia? Può darsi che nel bel mezzo degli anni Novanta quello che Battiato aveva iniziato pionieristicamente a congegnare vent'anni prima fosse diventato un procedimento fin troppo banale: qualcosa che tra l'altro le tecnologie ormai consentivano di farsi in casa (e Battiato è stato il primo ad approfittarne: la sua musica dai Novanta in poi è particolarmente 'fatta in casa', anche se non sembra). Questo m'induce a considerazioni sulla futilità dell'arte contemporanea, ho appena letto di un tizio che ha denunciato Cattelan (l'artista) perché ha osato attaccare al muro una Banana col nastro adesivo, pare che lui l'abbia fatto qualche anno prima e quindi, a parte la questione della proprietà intellettuale (c'è gente che reclama il possesso dell'idea di attaccare frutta alla parete di una mostra d'arte) implica che l'opera di Cattelan sia molto meno interessante – e in effetti anche una copia perfetta della Gioconda dipinta nel 2020 non è meno interessante della Gioconda originale? Boh, viviamo in strani giorni.
Fuori concorso (canzoni che non hanno partecipato alla gara per questo o quest'altro motivo).
1971: Prehistoric Sound (Conz / De Joy)
Prehistoric Sound è la versione inglese di Un falco del cielo, primo singolo degli Osage Tribe, che uscì con il lato A in italiano e il B, appunto, in inglese, con un testo molto diverso: niente più nativi americani, ma uomini preistorici intorno al fuoco "all'età dei dinosauri", questa cosa forse negli anni Settanta si poteva dire impunemente. Ma in linea di massima la versione inglese aveva questo vantaggio, ché non si capivano le parole e quindi sembrava più interessante. Questo singolo fu la prima collaborazione tra Battiato, Pino Massara e Gianni Sassi (la copertina del 45 giri era una bambola con la bocca insanguinata!), ma non è affatto chiaro quale sia stato il grado di coinvolgimento di FB: se è solo passato per dare una mano, anzi una voce a una band genovese che aveva già un suo stile e un suo suono (un suono che si metteva alle spalle il prog e viaggiava verso orizzonti più tribali, qualcuno avrà senz'altro fatto il nome di Adam and the Ants), oppure se per qualche tempo ha veramente pensato di essere il cantante del gruppo e magari ha persino collaborato alla canzone ("Ed De Joy" è uno pseudonimo di casa Bla Bla, lo usava Massara ma poteva adoperarlo anche Battiato). Il fatto che nel 1984 abbia ripreso una strofa di Prehistoric per lo scat in inglese in Chanson Egocentrique potrebbe far pensare che lo considerasse tutto sommato materiale suo – senonché, FB ha sempre usato anche il materiale degli altri con molta disinvoltura.