Il partito più e meno democratico

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Immaginate un Paese con due partiti. Veramente ce n'è anche un terzo, molto importante, ma il suo proprietario è anziano e non si rassegna a passare la mano, nemmeno ai figli. Gli altri due partiti invece si considerano entrambi a loro modo democratici, anche se questa cosiddetta democrazia non potrebbe prendere due forme più diverse.

Il primo partito è nato un po' prima dell'altro. Riconosce il diritto dei tesserati a esprimere candidature e proposte, ma nei fatti tutte le decisioni vengono prese dal comitato dei fondatori. Prima di poter prendere parte alla discussione i tesserati devono attendere molti mesi. Il secondo partito, anche per volontà di distinguersi, ha aperto le porte a tutti: chiunque può entrare, aderire e votare immediatamente. Ne risulta un certo caos. Li avete riconosciuti? (continua sull'Unita.it, H1t#203)

Il primo è quello nato nel 2005 sotto forma di Meetup Amici di Beppe Grillo, e che oggi chiamiamo Movimento Cinque Stelle. Beppe Grillo ne è presidente, coordinatore e portavoce, e soprattutto possiede il marchio: lo può ritirare a chi vuole quando vuole. Dopo tante insistenze da parte della base, finalmente il movimento si è dotato di una piattaforma digitale, pomposamente definita “sistema operativo” per condividere proposte e iniziative. Per ora però possono accedervi soltanto i tesserati al giugno 2013: una precauzione per evitare le infiltrazioni (anche quando si trattò di nominare un candidato m5s al Quirinale, la consultazione telematica fu ristretta a chi si era tesserato entro il dicembre dell’anno scorso).
Il secondo è il Pd, nato nel 2007, e che da allora non ha praticamente mai smesso di consultare una base magmatica, in perenne evoluzione. All’inizio addirittura il fondatore Veltroni voleva fare a meno di tessere – ma forse aveva in mente un modello plebiscitario, in cui la vittoria alle primarie avrebbe legittimato un leader e il suo staff a prendere qualsiasi decisione ritenesse necessaria. Il leader però era molto meno sicuro del necessario, e la sconfitta elettorale finì per indebolirlo anche agli occhi di chi lo aveva sostenuto. Da lì in poi ha ripreso forza l’idea di un partito radicato attraverso federazioni, sezioni e tesseramenti: senza che l’ideale plebiscitario tramontasse del tutto. Il risultato è il caos di questi giorni, denunciato da Cuperlo e preannunciato da CivatiI vecchi rais delle tessere rialzano la testa, e a contrastarli non esiste nemmeno più quella norma di buon senso per cui durante una campagna congressuale il tesseramento dovrebbe essere sospeso.
Il risultato è paradossale: il Pd ‘verticista’, il Pd ‘baluardo della partitocrazia’, è di fatto il movimento politico più aperto e scalabile che esista in Italia. Al confronto il M5S, con la sua selezione all’ingresso, sembra una setta esoterica. In realtà entrambi i partiti sono meno democratici di quanto li vorremmo. Il M5S non riuscirà probabilmente mai, per costituzione, a liberarsi dal suo padre-padrone; il Pd sta per nominare il suo quinto segretario in sei anni, eppure non riesce a trasformare un’occasione di democrazia in qualcosa di diverso da una guerriglia tra gruppi dirigenti, condotta sezione per sezione.http://leonardo.blogspot.com
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