la scrittura è un'invenzione senza futuro

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Italiano, punto a capo

Qual è la prima cosa che vi è venuta in mente, leggendo la lettera del ragazzo Giuseppe?
Che bravo, che sveglio, finalmente un ragazzo che ci dà la scossa, non ne possiamo più di giornalisti sensazionalisti e prof sfiduciati (che poi alla fine è sempre solo Marco Lodoli che legge i suoi editoriali e si deprime da solo). Finalmente qualcuno che ricorda a tutti che stare a scuola è ganzo! C’è l’intervallo, il campo di calcetto, i ciliegi sono in fiore! È il posto dove la più stupida cosa che accade, accade per la prima volta! Voi che fingete di compiangerci, dareste un occhio della testa per assaggiare ancora un po’ di quel gusto della prima volta che a scuola è acqua corrente. Ecc. ecc.

Questa è la prima cosa che viene in mente. A voi.
La prima cosa che è venuta in mente a me è: che bravo, che sveglio, finalmente un ragazzo che ci dà la scossa, peccato che non sappia usare la punteggiatura.

Mi presento: il mio nome è Giuseppe Rosario Esposito. Sono un ragazzo napoletano, uno di quelli che ha la fortuna di poter andare a scuola; un ragazzo come tanti, uno di quelli che può sedersi di fronte ad un Pc per scrivere una lettera che probabilmente sarà ignorata poiché non fa abbastanza "Spettacolo". Non siamo forse nella società dello spettacolo ad ogni costo?

Ed allora Guardando la televisione, leggendo i quotidiani, non sento che parlare della "Non scuola". Non leggo altro che articoli interminabili sull'ennesimo video caricato su YouTube, che riprende chissà quale altro atto di vandalismo o di bullismo.

Si parla solo di questa "non scuola" che ormai sembra aver preso il sopravvento su tutto e tutti!

E la scuola? Quella vera, quella dei ragazzi che scrivono per far sentire la loro voce, quelli che in centinaia e centinaia parlano della "scuola che c'è" su di un forum on-line di cui nessuno ha scritto, quelli che si interessano dei reali problemi dei sistemi di istruzione, quelli che hanno deciso di creare un manifesto europeo degli studenti?
Che fine ha fatto quella scuola? Indubbiamente è più spettacolare far parlare di sé piuttosto che parlare di sé. Allora, forse, più che scrivere una lettera, dovrei filmarmi con uno di quei videofonini mentre riempio di botte qualche insegnante. Non lo so! Forse sono un folle, se penso che a qualcuno importerà questa lettera; sono un sognatore, quando ogni mattina cerco sui titoli dei giornali "la scuola che c'è", restando puntualmente deluso da quei caratteri cubitali.

Forse dovrei già sapere che nessuno risponderà a questa lettera. E forse mi dovrei abituare a non sapere cosa sono gli obbiettivi di Lisbona 2010, in fondo cosa importa! So cos'è YouTube. Ma scusate se non posso fare a meno di sognare.

Sei scusato per i sogni; un po' meno per le virgole.

Deformazione professionale, d’accordo; ma attenti. La mia professione è per l'appunto la scuola. Secondo voi è un errore mettersi a correggere i punti e le virgole a questo ragazzo?
Significa che la punteggiatura, per voi, non è un problema? Significa che è inutile insegnarla ai giovani? Che soprattutto, non ha senso correggere la punteggiatura nelle lettere che i giovani scrivono ai giornali, perché perderebbero in freschezza e in genuinità?

Niente di male, basta dirlo. E io smetterò di correggere la punteggiatura a scuola. Che roba da fare ce n'è comunque. Se decidiamo che è inutile, che è roba pallosa da adulti, che l’italiano si capisce anche senza, facciamone a meno. Resterà più tempo per i verbi irregolari e la Guerra Fredda (“si chiama così perché la combattevano d’inverno”).

Se avete studiato un po’ di Storia della Lingua, sapete che ogni lingua moderna nasce dagli errori di quella antica (se non l’avete studiata, fidatevi: ogni lingua moderna nasce dagli errori di quella antica). I primi documenti delle lingue neolatine sono i cataloghi degli errori più correnti stilati dai professori di grammatica tardo-antichi: monaci stressatissimi che non ne potevano più di correggere sempre le solite vocali e le solite desinenze. A un certo punto gli errori hanno vinto: è nato il volgare. Ogni lingua nasce volgare.

Se vogliamo sapere come sarà l’italiano di domani, non abbiamo che da leggere Giuseppe Esposito. Chiaro? Io non correggo Esposito perché non mi va come scrive. Può scrivere come gli pare, se la vede poi lui coi suoi insegnanti. Io lo correggo per capire che lingua parleranno domani. È una cosa che m’interessa: non so voi, ma io ho intenzione di farmi capire ancora per cinquant’anni almeno.

Prima sorpresa: più o meno è lo stesso italiano nostro. Esposito usa le stesse parole (poche) che usiamo noi. L’italiano non è che stia cambiando molto, dopotutto (non date retta ai lessicologi: quelli vogliono solo vendervi il dizionario nuovo con “blog” e “ipod”, come avete fatto a viver senza?) La nostra lingua si evolveva molto di più nei secoli scorsi, quando l’Italia era divisa in Stati diversi, i dialetti imperversavano, e radio e televisione non avevano ancora cristallizzato la lingua nazionale. I nostri nonni facevano fatica a parlare italiano; noi non dovremmo fare fatica a comunicare coi nipoti. Questa è una buona notizia, forse.

La principale differenza è - appunto - la punteggiatura. Esposito non la sa usare. O meglio: la usa in un modo molto diverso da quello di noi vegliardi. Virgole e punti sono jolly, più o meno intercambiabili. Il punto interrogativo non è obbligatorio. Il punto-a-capo è praticamente abolito. In fondo la cosa ha un senso: se vai a capo, che bisogno c’è di metter punto? L’economia degli SMS si fa sentire: inutile premere un tasto in più, è pleonastico. Ridondante. Propongo l’abolizione del punto-a-capo: se devi andare a capo, fallo e basta.

(L’alternativa è continuare a sbraitare come un ossesso: perché non mettete mai i punti a fine frase? Eh? Perché non mettete mai quei c***** di punti? Lo fate apposta? È una questione personale tra me e voi? Cosa vi costano?)

Giuseppe si è messo al PC, ma quella che gli è venuta sulle dita non è una lettera. È un discorso. La lingua orale sta vincendo sulla lingua scritta. Tra qualche anno il fratellino di Giuseppe non siederà più al PC: si inquadrerà con la webcam e farà un discorso alla nazione. Se già lo fa Di Pietro...

La punteggiatura si perde, come si è persa l’abilità a scrivere e leggere la musica. Una volta era indispensabile: non esistevano radio e giradischi, la musica girava sotto forma di spartiti da interpretare. Oggi siamo un popolo di esperti di musica, ma nessuno la legge più. Ormai è raro anche tra i musicisti di professione.
Può darsi che alla scrittura stia succedendo la stessa cosa: forse non è una vera arte, ma solo un medium. Può darsi che la tecnologia lo stia rendendo desueto, com’è successo al Codice Morse o ai dischi in vinile. Esposito non impara più la punteggiatura perché, sostanzialmente, non gli serve. E allora perché devo perdere tempo a insegnargliela?

Non ha più senso imparare a improvvisare un discorso davanti a una webcam, senza pause e balbettamenti? La sintassi di domani sarà orale o non sarà! La gente guarderà ai punti e virgola come noi guardiamo le cacchine di mosca su uno spartito: cosa avran voluto dire, mah.

E io mi arrendo. Ho passato gli anni migliori della mia vita a combattere contro le virgole, gli apostrofi, gli accenti; e ho perso.
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