Un Cossiga per tutte le stagioni
17-08-2014, 17:43Almanacco, Leonardo sells out, QuirinaliPermalink
17 agosto 2010 - ci lascia Francesco Cossiga, il ragazzo terribile della politica italiana.
Guardando un po' più da vicino la traiettoria di Cossiga, si ha l'impressione che il secondo dopoguerra italiano sia un frattale. Cossiga lo contiene tutto in piccolo: la DC di sinistra, la strategia della tensione, il pentapartito, la crisi degli anni '90 e la nascita di un nuovo linguaggio politico che è poi lo stesso che oggi trovi in bocca a qualsiasi coglione si ritrovi a scrivere su beppegrillo.it. Cossiga è passato per tutte le svolte della storia d'Italia: in alcune occasioni le ha anticipate, di modo che ai suoi contemporanei sembrava che facesse strani slalom a vuoto come un mezzo scemo.
La storia di come ha preso a picconate non soltanto la politica, ma soprattutto il linguaggio politico, è affascinante ma oggi è domenica 17 agosto e non ho voglia di scriverla: incollo un vecchissimo pezzo di Alberto Sobrero e buonanotte.
Da
quasi due anni il 'fenomeno Cossiga' è osservato sotto diverse
angolazioni: politica, partitica, etnologica, dietrologica,
psichiatrica... Poco si è detto del suo modo di parlare, o meglio di
comunicare. Strano, visto che si tratta di un Grande Comunicatore. E
tuttavia, un'occhiata al suo comportamento linguistico offre chiavi
di lettura interessanti.
Tanto
per cominciare, consente una sistemazione "storica" del
personaggio. Com'erano i primi messaggi del Presidente Cossiga? Una
noia mortale. Scorro qualche appunto preso al messaggio del Capodanno
1987 e trovo: massima austerità formale, immobilità solenne,
dizione ben scandita e controllata, attenuazione delle
caratteristiche sarde del parlato. Il discorso è costituito da una
lunga esortazione seguita da un frammento di lezione universitaria,
con i suoi bravi distinguo, i termini tecnici al posto giusto, e un
gioco fine di argomentazioni e contro-argomentazioni. Argomento: la
responsabilità. Taglio: tipico dell'uomo di potere. Il discorso non
tratta della responsabilità di amministratori e politici (già
allora la carne al fuoco non sarebbe mancata), ma del cittadino
qualunque, perché "alla gestione della cosa pubblica nessun
cittadino è estraneo". Il tono generale è predicatorio: i
verbi dovere, occorrere, impegnarsi ricorrono ben 29 volte in 15
minuti, senza contare i verbi al futuro con valore imperativo. La
lingua, infine, offre tutti i suoi strumenti per innalzare una
cortina di fumo davanti al messaggio. Cossiga si rivela abilissimo
nell'esprimere i concetti semplici in modo difficile: ad esempio, per
dire che bisogna dare fiducia allo Stato come garante della sicurezza
dei cittadini dice che bisogna avere "consapevolezza che
soltanto lo Stato, nelle sue articolazioni democratiche, e non
l'assenza dello Stato, la carenza dello Stato, può garantire il
quadro di riferimento, di sicurezza nel quale la società e i singoli
soggetti possono esprimere ogni giorno la loro peculiare vitalità e
la loro personale responsabilità".
Il
messaggio del Capodanno 1987 è un po' il simbolo di quello che
possiamo chiamare il Cossiga I, il cui regno dura circa 5 anni. Anni
iniziati con Capodanni tutti uguali: prosa paludata e surreale,
discrezione e ufficialità. Noia. Quei discorsi allusivi destinati al
Palazzo e dintorni Poi svolta. Il I gennaio 1991 il Presidente, nel
bel mezzo del solito discorso auspicante e rassicurante, lascia il
discorso ufficiale e apre una parentesi di veemente, appassionata,
quasi rabbiosa difesa di Gladio, un'invettiva un po' cifrata
destinata al Palazzo ma esibita davanti a milioni di telespettatori.
È nato il Cossiga II, quello dei messaggi mandati a nuora perché
suocera intenda, delle minacce a uomini e partiti, quello che
sostituisce l'imparzialità con lo schieramento aperto, che esalta
gli amici e offende i nemici.
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