L'hai provato il crack?

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Essendo Bernabei

Invece di parlare di Morgan – che poi sembra di essere gli stronzi – perché non parliamo di Alessia Marcuzzi?
Una simpatica signora che presenta uno dei programmi di maggior successo televisivo in Italia, e tutto il resto del tempo fa la pubblicità a uno yogurt dalle proprietà lassative.
Che se uno ci pensa, è quel classico prodotto che potrebbe fiaccarti un po’ l’immagine – insomma, se dopo anni non rinuncia, è evidente che la pagano bene. Molto bene. Ecco, secondo voi perché? Può darsi che sia semplicemente un capriccio: i direttori del marketing del noto yogurt hanno deciso che continueranno a rovesciare soldi sulla signora Marcuzzi così, pel puro piacere di farlo. Una sorta di mecenatismo: questa è un’ipotesi. Però io continuo a trovarne più plausibile un’altra, ovvero: la signora Marcuzzi continua fare il testimonial dello yogurt perché funziona. Da quando c’è lei, lo yogurt vende un po’ di più. Con un’altra (meno bella, o meno alta, o meno bionda, che ne so) non avrebbe venduto altrettanto.
Voi ci credete a questa cosa? Secondo me sì. Secondo me la date per scontata, voglio dire, i testimonial esistono più o meno da quando pubblicità si chiamava ancora réclame. I professionisti del settore magari storcono il naso, loro preferirebbero poter contare solo sulle loro forze e sulla loro sempre sconfinata creatività… ma alla fine un buon testimonial è una sicurezza. Anche quando non sfrutta il meccanismo dell’immedesimazione perché, suvvia, nessuno ci crede veramente che la Marcuzzi abbia tutti questi problemi intestinali o addominali. Ella fa parte dell’empireo tv, non soffre delle malattie di noi comuni mortali; eppure noi comuni mortali andiamo a fare la spesa e carichiamo nel carrello lo yogurt lassativo. Perché c’è rimasto in mente lo spot della Marcuzzi – ci credete a questa cosa? Cioè, magari a voi non è successa (nemmeno a me), ma ci credete che molta gente è in grado di comprare un certo caffè perché lo ha visto bere da Clooney o Bonolis? Perché altrimenti nessuno pagherebbe né Clooney né Bonolis. Può sembrarvi sciocco, ma il meccanismo dei testimonial evidentemente funziona. Altrimenti non li userebbero più.

Ecco. Adesso spiegatemi perché lo stesso meccanismo, applicato agli stupefacenti, non dovrebbe funzionare. Insomma, ipotizziamo che un personaggio famoso, un habitué delle prime serate, dica in un intervista che lui fa un uso consapevole di qualche droga pesante, che ci si trova bene, che la considera migliore di molti antidepressivi. Ipotizziamo che questa intervista – magari carpita in malafede – abbia una certa copertura mediatica. Tanto che nei giorni successivi lo stesso personaggio famoso non riesca a scrollarsela di dosso, al punto che appena lo vedi dici toh, il Cattivo Cantante (allo stesso modo in cui quando vedi la Marcuzzi pensi, toh, la madre di tutti i bifidus). Ecco. Si può dire che quel personaggio famoso può aver convinto qualche telespettatore a farsi di crack? No. Non si può dire. Se lo dici sei un moralista (dove per ‘morale’ s’intende qualche orribile parassita che ti porti dentro). Uno che non si fida della maturità del pubblico, che è sempre maturo per definizione: anche quelli che guardano Naruto; se cambiano canale e trovano un video del crackdipendente diventano subito adulti e consapevoli. Nota che questa consapevolezza li protegge soltanto dal consumo di stupefacenti: appena passa lo spot della Marcuzzi, tornano il pubblico bue che si beve qualsiasi panzana a qualsiasi età. Ma l’idea che uno stupefacente possa essere veicolato dalla testimonianza di un personaggio famoso – né più né meno che uno yogurt – eh no, è un’idea da matusa. Da Rai-di-Bernabei. Senonché, anche Sanremo è roba da Bernabei. È chiaro che lì decidono i benpensanti. Insomma, il posto sbagliato per fare i maudit. E spero che si capisca che stasera non ce l’ho né con Sanremo né coi maudit, ma con chi vorrebbe tenere insieme le due cose.

Io mi rendo conto che le persone che scrivono sui blog, o sui social network, appartengono forse al segmento sociale e culturale meno adatto a porsi il problema. Sono individualisti, quindi è difficile coglierli in castagna – con qualche yogurt nel carrello, intendo. Anche se torturati, negheranno categoricamente di aver mai preso o fatto qualcosa per imitare quale si voglia personaggio famoso. Va bene. Cosa vi posso dire – siete fichissimi. Ma accettate di vivere in un mondo pieno di persone meno equipaggiate di voi in fatto di autostima. Accettate il fatto che il circo dei Personaggi Famosi funzioni anche grazie ai prodotti che fanno girare e che li fanno girare. E che pubblicizzare un derivato della cocaina come antidepressivo non è un’azione priva di conseguenze. Certo, è difficile immaginare l’adolescente che sfogliando Max si convince all’istante delle proprietà antidepressive del crack e corra al parchetto più vicino per guarire un improvviso male di vivere. Non è così che funziona. Ma se avete un po’ il polso della situazione, sapete più o meno quante persone si muovano oggi sulla linea di confine tra il consumo e il non consumo: in una situazione di offerta crescente e di perenne sottovalutazione del rischio a volte basta un nulla per portare un adolescente (e non solo un adolescente!) a decidere se provare o no, se continuare o no. Le confessioni di un cantante da prima serata sono un po’ più di nulla.

Voi siete abituati a risolvere i problemi con una battuta. Quindi: se qualcuno è così fesso da fumare crack perché ha letto un’intervista di Morgan, peggio per lui. Ok, buona. Ma provate per un attimo a mettervi nei panni di uno Stato. Sì, lo so che sono panni larghi che vi mettono a disagio. Però provateci. Siete uno Stato. Vedete un aumento delle tossicodipendenze. E' un male? Sì, è un male. Gli esperti vi dicono che è a causa di una sottovalutazione del rischio, non solo tra i più giovani. Ah, dimenticavo: disintossicare tutta questa gente vi costerà parecchio. Cosa fate? Ve ne fregate? Scrivete due battutine fulminanti sul blog della Gazzetta Ufficiale? Non lo so, chiedo. Gliela date, la prima serata, al primo tossico che sostiene di sapersi gestire una dipendenza da crack meglio di un ciclo di antidepressivi? Io forse no, non gliela darei; s’io fossi la Rai, la Rai di Bernabei.

Fine del trip, nessuno è la Rai. La Rai è quel che resta di un organismo che ha smesso di pensare in modo organico decenni fa (e anche quando pensava organico non è che formulasse tutti ‘sti pensieri intelligenti). Restano tra le macerie molti residui di benpensantismo e qualche disperato tentativo di mettere insieme un nuovo senso morale. Ma è dura, perché appena cominci a dire che, mah, forse i morti ammazzati alle nove di sera non danno proprio un buon esempio … o che le puntate fetish dei Griffin non sono il miglior dopopranzo per gli studenti delle elementari… ti danno subito del censore, e il bello è che han ragione. Non bisogna censurare niente mai, non è previsto dalla formula. La formula è: non importa quanti anni hai. Sei consapevole, sei adulto, sei fichissimo, puoi guardare e comprare qualsiasi cosa ti mostriamo. Insomma, il modello è mediaset. Da trent’anni, e finché regge l’economia (forse non regge, uh, allegria).
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