Il giuoco delle perle di musica

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Quindi il formato non è un semplice accessorio della musica, ma è la musica stessa? Credo che tra alcuni anni, non molti, quello che scrivo suonerà ancora più assurdo. A quel tempo nessuno parlerà più di formato. Già oggi i formati sono dettagli immateriali che i file manager hanno pudore a mostrarci: le specifiche .mp3, .wav, si leggono sempre di meno. In sostanza spingiamo un bottone e otteniamo musica. Domani forse non dovremo neanche spingere un bottone - ma perché, poi, spingere un bottone è comodo, è da due secoli che spingiamo bottoni e non si vede perché con dieci dita a disposizione non dovremmo continuare.

Invece ieri infilavamo cd nei lettori; l'altro ieri cassette nelle piastre; un po' prima, vinile sui piatti. I formati erano fisici, erano oggetti e gesti. Fino a che punto influivano sul nostro ascolto? Tantissimo. L'idea di musica come flusso continuo, ininterrotto, nasce ascoltando compulsivamente 33 giri, ma si perfeziona quando a inizio anni Settanta si diffondono i nastri. Nello stesso periodo gli album smettono di essere collane di canzoncine e diventano flussi continui in cui ogni dettaglio è organico al tutto, compresi i secondi di silenzio tra un brano e l'altro. E su cassetta era oggettivamente difficile sovvertire le scalette imposte dagli artisti: saltare i brani, mandare avanti e indietro il nastro, erano azioni faticose, sconsigliate. Sarà una coincidenza l'affermarsi del progressive, e in generale l'alta coscienza di sé che avevano gli artisti in quel periodo?

Quando arriva il CD, quella fase è già abbondantemente finita, ma la concezione della musica come flusso resiste. Il CD però è un oggetto radicalmente diverso: non è più un ciclo continuo, ha un inizio e una fine. Ed è fatto di "tracce", numerate automaticamente. L'entusiasmo iniziale era tutto qui: finalmente per sentire la canzone preferita bastava premere un tasto. Si potevano fare cose anche più oltraggiose, come impostare scalette alternative o addirittura randomizzare la programmazione, ma erano giochini di cui ci si stancava alla svelta. Con tutta la loro smagliante comodità, i CD non ammazzarono il flusso. Il flusso resisteva nelle lunghe veglie radiofoniche, nelle cassette che facevamo per noi e per le nostre amiche. Il flusso resistette finché non resistette l'ultima autoradio a cassette. L'espressione di panico che s'impadronì della mia fisionomia mentre mi regalavano un autoradio mp3 reader si spiega forse così. Era un bel regalo, e lo desideravo - ma non così presto. Era comodo, archiviava più musica di quanta ne potessi desiderare, ma era la fine del flusso.

Gli mp3 sono piccole compresse di musica, perline che si possono comporre in infinite collanine diverse, ma non si fondono tra loro. Ognuno resta compresso in sé. Anche tra un movimento e l'altro di una sinfonia, certi insospettabili lettori mp3 non possono esimersi dall'emettere un mezzo secondo di silenzio: il passaggio da un file all'altro, da una perlina all'altra. Sui siti specializzati intanto si parlava di crisi dell'album, di ritorno alla forma canzone. Io era da anni che strappavo canzoni agli album per ricombinarle assieme: la novità è che in formato mp3 le canzoni non si ricombinavano più, ognuna rimaneva perfettamente a sé stante. Fu come se la musica da fluida si fosse raggrumata. Non mi piaceva, anche se aveva i suoi vantaggi. Per esempio, queste perline te le regalavano. E si sa come va in questi casi, no? Una perlina tira l'altra. Magari ce n'è una che non ti piace, ma alla fine la prendi per completare la serie, tanto è gratis. E più ne hai, più ti accorgi che te ne mancano. Finché a un certo punto ti rendi conto che le vorresti tutte. E puoi averle tutte. Diventammo tutti enciclopedisti. L'educazione musicale che ci eravamo procurati fin lì ci aveva dato a disposizione certe determinate - saper distinguere un genere da un altro, un periodo da un altro - ma anche fornito la consapevolezza di lacune sterminate nei nostri ascolti. Se la Musica fosse un immenso schermo bianco in cui ogni pixel è una canzone, e le canzoni da noi conosciute fossero i pixel rossi, fino a dieci anni fa la nostra competenza musicale avrebbe avuto la forma di un sottilissimo arabesco, a tratti neanche percepibile, in mezzo a tutto il bianco dello schermo vergine. Ora potevamo riempire le lacune con larghe colate rosse tra un arabesco e l'altro. Il tutto gratis: per un napster che chiudeva c'erano dieci p2p che aprivano, e gli archivi cominciavano a essere grossi, e allmusicguide e google sempre più esaurienti. Potevamo ascoltare tutto. Diventare esperti di tutto.

Potevamo?
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