Non vedi Napoli
25-05-2008, 10:19cinema, fb2020, mafie o camorrePermalink
In Italy for thirty years under the Borgias they had warfare, terror, murder and bloodshed but they produced Michelangelo, Leonardo da Vinci and the Renaissance. In Switzerland, they had brotherly love; they had five hundred years of democracy and peace and what did that produce? The cuckoo clock. Orson Wells, 1949.
Gomorra, di Matteo Garrone, 2008.
* Due ore d'inferno e manco si vede Napoli. Si vede Venezia.
* Non si vedono i camorristi. Quelli della tv, del cinema, i boss incravattati. Una scelta forte, perché nel libro c'erano. Qui sono scomparsi, lasciando giusto qualche mobile da lucidare mentre il loro impero cade a pezzi. Il re è nudo e si abbronza per l'inferno.
* Non si vedono conflitti a fuoco – nel senso che non li vedi, ti ci trovi dentro e basta. Si sente un gran baccano, fuori sparano, anzi no, sparano qui davanti a me, sparano a me. Tutti i colpi sono alle spalle. È la descrizione della battaglia quando ti ci trovi dentro: niente coraggio, niente eroismo, quello lo troverai al bar tra vent'anni se ne esci vivo.
* Non si vede Saviano, non si parla di Saviano. È una buona notizia per un popolo che non ha bisogno di eroi, ma di cento mille sceneggiature come queste. Per quelli che sotto le impalcature del monumento giornalistico a Saviano cominciavano a sentirsi un po' a disagio – anche perché non te li scoprono da vivo, i monumenti.
* Non si vede il reportage. Tutto è diventato fiction, senza smettere di essere fottuta verità. Io li odiavo, quelli che in una colonnina o una recensione si lasciavano sfuggire “tratto dal romanzo di Saviano”. Romanzo? Che romanzo? Ma l'hai aperto almeno? Basta averne lette trenta righe per sapere che non lo è. Bene, dopo due ore di film lo è diventato. Avevo letto un romanzo, anzi quattro romanzi, e non me ne ero accorto. Stupido io, o molto bravo Garrone.
* Palma o non palma, quanto è stato bravo Garrone? Lasciamo perdere l'attenzione maniacale per l'accompagnamento sonoro, le migliaia di quadri viventi, paesaggi e primi piani; l'occhio fermo sulle piaghe del mondo senza mai cadere (mai!) nel grottesco o nel didascalico, lasciamo pure stare tutto. Ma quanto sono bravi i suoi attori non professionisti? Quanto sono bravi i due guappi, quanto è bravo Simò che saluta Totò perché passa con gli scissionisti, e quant'è bravo Totò? Ce li aveva Rossellini dei ragazzi bravi così?
* E se il cinema italiano stesse entrando, così, di botto, in un'età dell'oro? Già un paio di film veramente buoni, quest'anno, e non è che gli americani ne abbiano fatti molti di più. Un taglio spietato che sta diventando la nostra specifica, un realismo ad oltranza mentre tutt'intorno continuano a rimasticare le stesse favolette. Io di mio avrei preferito nascere e morire in una di quelle svizzere ordinate che al massimo inventano l'orologio a cucù, ma se mi tocca un Nuovo Rinascimento pieno di ammazzamenti e opere d'arte, cercherò di farmelo piacere. Anche perché me lo sento dentro, in fondo. Non siamo milionari che cercano di sensibilizzare il pubblico medioborghese ai drammi del Terzo Mondo: noi siamo il Terzo Mondo che arriva, la punta dell'iceberg della munnezza che credevate si potesse smaltire premendo un bottone. Siamo sporchi e cattivi, ma non ci toglierete di mezzo così facilmente, po po po po po, po. Noi siamo dentro la Macchina, siamo il nano deforme che comincia a pedalare quando voi premete il bottone, e se non sappiamo leggere e scrivere in compenso appena nati già portiamo gli autocarri. Non ci potete capire. Solo i cinesi possono capirci. I cinesi ci dedicheranno dei musei, dopo averci mangiato fritti tutti quanti.
* Dico “noi”, ma senza sottotitoli era dura, quella lingua masticata in secoli di avvistamenti e ambasciate. Poi all'improvviso succede qualcosa: comincio a capire tutto. Miracolo? no. La scena si è spostata su una gang senegalese, y a d'gosses qui arrivent. I senegalesi li capisco meglio dei casertani.
* Cari amici che siete sicuri che sarà un capolavoro, come il libro, ma che di due ore di lucida disperazione questa settimana fareste volentieri a meno: provateci. Fate finta che sia un inno alla speranza, in fondo lo è. È un film sulla camorra, ma è anche un film sulla fine della camorra, che perde colpi, perde pezzi, perde tutto; che non riesce a pagare la pensione ai carcerati perché i boss devono giocare ai gangster, “fare punti, bum bum bum!”; la camorra che uccide i suoi figli perché si fa prima ad ammazzare che a insegnare il rispetto; che perde le maestranze perché persino i cinesi pagano meglio, che crollerà alla fine in un turbine di polvere grigia e bianca senza lasciare niente, neanche un ritornello neomelodico, niente: solo un cratere, che potrebbe venire buono per certi liquami radioattivi, oppure per costruire un mondo migliore. Migliore di com'è questo, non ha manco da esser difficile.
- Un ineluttabile romanzo di morte ambientato su un altro pianeta, il nostro (Giovane Cinefilo)
- Al posto del cuore c’è giusto un livido nero. (UnoDiPassaggio).
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