Prima della battaglia
11-06-2009, 14:35cattiva politica, PdPermalinkUn discorso di destra
Nei prossimi mesi nel Pd voleranno pugnali. Niente di nuovo ma, vorrei aggiungere, niente di male. È questo che farà del Pd un vero partito: discussioni serrate intorno a idee e candidati, con scontri veri, vincitori e caduti. Non cominciamo a stracciarci le vesti intorno al solito partito litigioso coi soliti D'Alema e Veltroni che litigano. Il problema di Veltroni e D'Alema non era che litigassero; è che non l'abbiano mai fatto fino in fondo. Dai, che potrebbe essere la volta buona.
Il punto è capire su cosa si litiga. Se lo scontro sarà semplicemente per imporre l'apparato dalemiano (diciamo bersaniano, così almeno sembra una cosa nuova) contro quello degli ex veltroniani, ci perderanno entrambi, e il Congresso sarà una cosa deprimente. Attenti, perché anche il dibattito sulla Serracchiani rischia di portarci su quella strada: giovani sì, giovani no, quelli delle primarie contro “i professionisti che fanno il giro delle sezioni”, eccetera.
Se invece lo scontro è tra due o più concezioni della politica e del partito, sarà una cosa appassionante, chiunque vinca alla fine: e una lezione di democrazia per tutti (ok, a nessuno interessano lezioni per ora, ma in futuro non è detto).
Si tratta quindi di capire in cosa consista il dalem... il bersanismo, Bersani a parte. È un'ideologia? Forse per adesso è più facile definire il franceschinismo.
Come chiave di lettura prendo una frase buttata lì da Franceschini in campagna elettorale, che fece molto rumore e divise profondamente lo stesso elettorato pd (perlomeno quella esigua porzione che conosco io). “Fareste educare i vostri figli da Quest'Uomo?” Ci fu chi inorridì, chi la trovò una perfetta provocazione. Ecco, per me in quel momento ci siamo trovati davanti a una quintessenza del franceschinismo. Berlusconi va rigettato in quanto incapace non solo di governare, ma di educare. Gli italiani devono essere educati a riconoscere in Berlusconi una figura diseducativa, e quindi a non votarlo – e magari a scegliere un tipo dimesso ma autorevole come Franceschini, che è ancora un giovane arbusto, ma da come si porta lo capisci che si presta a invecchiare come una quercia alla Berlinguer (un Berlinguer cattolico: l'Arma Finale. Se gli italiani che votano oggi fossero quelli del 1978).
Di fronte a un discorso del genere, il dalem... il bersaniano scrolla la testa: non capirete mai. Ma come, non li conoscete gli italiani? A loro Berlusconi piace così com'è. Cialtrone com'è, e come sono loro. Chi non vorrebbe la megavilla al mare con gelato e gnocca gratis. Faresti educare tuo figlio dall'Ospite di Topolanek? Magari, così mi viene su bello solare e senza complessi. No. Finché si continua a insistere sulla figura di Berlusconi ci si mette dalla parte dei perdenti. Invece noi, noi dalem... democratici, dobbiamo spostare il discorso sui problemi, sui veri problemi del Paese. Eccetera.
Chi ha ragione? Tutti ne hanno un po'. Chi è più a sinistra? Forse non è così importante. Da che parte sto io? Con Franceschini, per ora. No, pensandoci bene sto con Franceschini da una vita. Io nell'importanza delle figure autorevoli ed educative ci ho sempre creduto. Forse perché sono di formazione più cattolica che eurocomunista. Sia come sia, per me in quel momento F. aveva centrato il punto: sappiamo benissimo che Berl. è un punto di riferimento esistenziale per gli italiani. Persino per noi. Una villa, una velina o una squadra di calcio gliela invidiamo tutti con piacere. Ma questo non ci porta a eleggerlo nostro rappresentante, o Presidente del Consiglio dei Ministri. O per lo meno, questo non dovrebbe succedere. Non chiediamo agli italiani nemmeno di essere migliori, ma almeno di non eleggere il rappresentante degli interessi del loro Basso Ventre Collettivo. Un leader, non un capocomico; un diplomatico, non un intrattenitore; un esempio per i giovani, non il vecchietto bavoso. Cosa c'è di male in un discorso del genere.
C'è che forse non è più un discorso di sinistra. Dietro la parola “Autorevole” c'è pur sempre “Autorità”. Il leader che viene preso ad esempio dai giovani, proiezione del Padre, ci riporta a un modello pre-berlusconiano di società che è fondato sulla gerarchia, e che se non è cattolico è fascista addirittura.
D'altro canto educazione ed autorevolezza dei leader erano chiodi fissi anche del vecchio PCI. D'altro canto, ehi, date un'occhiata in giro. La sbornia consumistica è finita: il berlusconismo è un rito edonistico che sopravvive a sé stesso. Lo scontro prossimo venturo sarà tra chi, come Berlusconi, insisterà per considerarci “undicenni neanche tanto intelligenti”, mero bacino di consumo, e chi proverà per primo a proporci qualcosa di nuovo. Prima o poi gli italiani dovranno accantonare le fantasie di lusso sfrenato, rimboccarsi le maniche e combinare qualcosa: cosa, dal momento che nessuno per anni gli ha insegnato nulla? C'è già una certa voglia di autorevolezza in giro. Ce ne sarà sempre di più nei prossimi anni.
È triste che tutta questa voglia debba essere intercettata da un personaggio come Gianfranco Fini. Triste perché Fini, di autorevole, ha solo la facciata messa tempestivamente in piedi da quando si è trovato senza partito di riferimento. Ma dietro c'è sempre la solita banderuola, l'uomo che può cambiare opinione sugli stranieri, sulle guerre coloniali, su Israele, sui grandi statisti del Novecento, a seconda della convenienza del minuto secondo.
A questo punto, se il Pd nel frattempo fosse diventato il partito della serietà, del primato dell'educazione, con candidati autorevoli e credibili, potrebbe sfondare anche a destra. Non al centro, dove ormai non cresce più l'erba, e il gioco è sempre a chi riceve più prontamente i diktat dei vescovi. A destra, dove c'è una certa idea del rispetto per l'autorità, e quindi la necessità di individuare padri autorevoli, e Berlusconi non lo è; La Russa non lo è; Capezzone non lo è; nessuno che negli anni scorsi si sia inchinato al clown di Arcore lo è.
Quello che vorrei estrarre da questi pensieri ad alta voce è che l'esigenza di una leadership autorevole può essere anche un problema “di destra”, ma non è per questo meno necessaria, meno legittima, meno importante. Senz'altro è un mio problema, e mi è piaciuto che Franceschini lo mettesse sul piatto della bilancia. Certo, i problemi della sinistra sono altri. Ma magari ne parliamo un'altra volta, con idee più chiare.
Nei prossimi mesi nel Pd voleranno pugnali. Niente di nuovo ma, vorrei aggiungere, niente di male. È questo che farà del Pd un vero partito: discussioni serrate intorno a idee e candidati, con scontri veri, vincitori e caduti. Non cominciamo a stracciarci le vesti intorno al solito partito litigioso coi soliti D'Alema e Veltroni che litigano. Il problema di Veltroni e D'Alema non era che litigassero; è che non l'abbiano mai fatto fino in fondo. Dai, che potrebbe essere la volta buona.
Il punto è capire su cosa si litiga. Se lo scontro sarà semplicemente per imporre l'apparato dalemiano (diciamo bersaniano, così almeno sembra una cosa nuova) contro quello degli ex veltroniani, ci perderanno entrambi, e il Congresso sarà una cosa deprimente. Attenti, perché anche il dibattito sulla Serracchiani rischia di portarci su quella strada: giovani sì, giovani no, quelli delle primarie contro “i professionisti che fanno il giro delle sezioni”, eccetera.
Se invece lo scontro è tra due o più concezioni della politica e del partito, sarà una cosa appassionante, chiunque vinca alla fine: e una lezione di democrazia per tutti (ok, a nessuno interessano lezioni per ora, ma in futuro non è detto).
Si tratta quindi di capire in cosa consista il dalem... il bersanismo, Bersani a parte. È un'ideologia? Forse per adesso è più facile definire il franceschinismo.
Come chiave di lettura prendo una frase buttata lì da Franceschini in campagna elettorale, che fece molto rumore e divise profondamente lo stesso elettorato pd (perlomeno quella esigua porzione che conosco io). “Fareste educare i vostri figli da Quest'Uomo?” Ci fu chi inorridì, chi la trovò una perfetta provocazione. Ecco, per me in quel momento ci siamo trovati davanti a una quintessenza del franceschinismo. Berlusconi va rigettato in quanto incapace non solo di governare, ma di educare. Gli italiani devono essere educati a riconoscere in Berlusconi una figura diseducativa, e quindi a non votarlo – e magari a scegliere un tipo dimesso ma autorevole come Franceschini, che è ancora un giovane arbusto, ma da come si porta lo capisci che si presta a invecchiare come una quercia alla Berlinguer (un Berlinguer cattolico: l'Arma Finale. Se gli italiani che votano oggi fossero quelli del 1978).
Di fronte a un discorso del genere, il dalem... il bersaniano scrolla la testa: non capirete mai. Ma come, non li conoscete gli italiani? A loro Berlusconi piace così com'è. Cialtrone com'è, e come sono loro. Chi non vorrebbe la megavilla al mare con gelato e gnocca gratis. Faresti educare tuo figlio dall'Ospite di Topolanek? Magari, così mi viene su bello solare e senza complessi. No. Finché si continua a insistere sulla figura di Berlusconi ci si mette dalla parte dei perdenti. Invece noi, noi dalem... democratici, dobbiamo spostare il discorso sui problemi, sui veri problemi del Paese. Eccetera.
Chi ha ragione? Tutti ne hanno un po'. Chi è più a sinistra? Forse non è così importante. Da che parte sto io? Con Franceschini, per ora. No, pensandoci bene sto con Franceschini da una vita. Io nell'importanza delle figure autorevoli ed educative ci ho sempre creduto. Forse perché sono di formazione più cattolica che eurocomunista. Sia come sia, per me in quel momento F. aveva centrato il punto: sappiamo benissimo che Berl. è un punto di riferimento esistenziale per gli italiani. Persino per noi. Una villa, una velina o una squadra di calcio gliela invidiamo tutti con piacere. Ma questo non ci porta a eleggerlo nostro rappresentante, o Presidente del Consiglio dei Ministri. O per lo meno, questo non dovrebbe succedere. Non chiediamo agli italiani nemmeno di essere migliori, ma almeno di non eleggere il rappresentante degli interessi del loro Basso Ventre Collettivo. Un leader, non un capocomico; un diplomatico, non un intrattenitore; un esempio per i giovani, non il vecchietto bavoso. Cosa c'è di male in un discorso del genere.
C'è che forse non è più un discorso di sinistra. Dietro la parola “Autorevole” c'è pur sempre “Autorità”. Il leader che viene preso ad esempio dai giovani, proiezione del Padre, ci riporta a un modello pre-berlusconiano di società che è fondato sulla gerarchia, e che se non è cattolico è fascista addirittura.
D'altro canto educazione ed autorevolezza dei leader erano chiodi fissi anche del vecchio PCI. D'altro canto, ehi, date un'occhiata in giro. La sbornia consumistica è finita: il berlusconismo è un rito edonistico che sopravvive a sé stesso. Lo scontro prossimo venturo sarà tra chi, come Berlusconi, insisterà per considerarci “undicenni neanche tanto intelligenti”, mero bacino di consumo, e chi proverà per primo a proporci qualcosa di nuovo. Prima o poi gli italiani dovranno accantonare le fantasie di lusso sfrenato, rimboccarsi le maniche e combinare qualcosa: cosa, dal momento che nessuno per anni gli ha insegnato nulla? C'è già una certa voglia di autorevolezza in giro. Ce ne sarà sempre di più nei prossimi anni.
È triste che tutta questa voglia debba essere intercettata da un personaggio come Gianfranco Fini. Triste perché Fini, di autorevole, ha solo la facciata messa tempestivamente in piedi da quando si è trovato senza partito di riferimento. Ma dietro c'è sempre la solita banderuola, l'uomo che può cambiare opinione sugli stranieri, sulle guerre coloniali, su Israele, sui grandi statisti del Novecento, a seconda della convenienza del minuto secondo.
A questo punto, se il Pd nel frattempo fosse diventato il partito della serietà, del primato dell'educazione, con candidati autorevoli e credibili, potrebbe sfondare anche a destra. Non al centro, dove ormai non cresce più l'erba, e il gioco è sempre a chi riceve più prontamente i diktat dei vescovi. A destra, dove c'è una certa idea del rispetto per l'autorità, e quindi la necessità di individuare padri autorevoli, e Berlusconi non lo è; La Russa non lo è; Capezzone non lo è; nessuno che negli anni scorsi si sia inchinato al clown di Arcore lo è.
Quello che vorrei estrarre da questi pensieri ad alta voce è che l'esigenza di una leadership autorevole può essere anche un problema “di destra”, ma non è per questo meno necessaria, meno legittima, meno importante. Senz'altro è un mio problema, e mi è piaciuto che Franceschini lo mettesse sul piatto della bilancia. Certo, i problemi della sinistra sono altri. Ma magari ne parliamo un'altra volta, con idee più chiare.
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