Dalla parte del consumatore

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Riceviamo e, con un certo imbarazzo, pubblichiamo:

Cara redazione del blog Leonardo,
sono un vostro affezionato lettore, a cui ogni tanto date qualche dispiacere. Ad esempio in questi giorni, quando anche voi è capitato di chiamare Berlusconi con quell'appellativo, “puttaniere”, che in bocca ad alcuni di voi suona come il colmo dell'infamia. Ecco. Anch'io sono un puttaniere. Non mi offendete certo, se me lo dite. Invece, sapete in che modo mi offendete? Paragonandomi a Berlusconi.

Non fraintendetemi. So benissimo che B. è, tra le altre cose, un puttaniere, ma vorrei che capiste che definirlo così è riduttivo, esattamente come sarebbe riduttivo definire Bin Laden un “musulmano”, o Hitler un “capo di Stato tedesco”. Solo un'infima percentuale dei musulmani dirottano gli aerei, e non tutti i capi di Stato tedeschi sono dediti al genocidio. Allo stesso modo, essere puttanieri non significa quasi mai giocare al bunga bunga con una decina di ragazze alla volta, usando ministeri e scranni parlamentari come merci di scambio. È un modo molto distorto di riferirsi alla mia categoria.

Io sono un puttaniere, sì. Non lo dico per vanto. In effetti, potrei anche vergognarmene. Ma mica per via dell'educazione cattolica o cose del genere. Potrei vergognarmene perché è un vizio costoso e fine a sé stesso, così come ci si vergogna di fumare o collezionare libri. Ma soprattutto, mi vergogno, in questi giorni, di avere questo vizio in comune con quella persona lì.

Adesso vi ha detto che è orgoglioso di essere quello che è (un puttaniere, appunto), e che è meglio essere così che essere gay. E tutti si sono messi dalla parte dei gay. E a noi puttanieri, chi ci pensa? Sul serio, siamo una categoria anche noi, con i nostri diritti e le nostre rivendicazioni. Ma ogni volta che quell'uomo salta fuori col suo orgoglio puttaniere, ci danneggia. Molto più di quanto danneggi i gay. Ogni parola che dice in difesa del suo stile di vita è un passo indietro per la nostra categoria. Ci avete mai pensato? Berlusconi ci fa perdere la faccia.

Per inciso, io non credo che avere il mio vizio sia “meglio” di essere gay. Molti dei miei migliori amici sono senz'altro gay. Magari anch'io lo sono. Sono un medio puttaniere italiano. Chi credete che io sia? Come mi immaginate?

Se continuate a raffigurarmi come un miliardario ottantenne che può avere tutto quello che desidera, non mi capirete mai. Non è del tutto colpa vostra, non ci sono statistiche serie. Ma fidatevi se vi dico che potrei più facilmente essere un adolescente timido che vuole capire come funziona il sesso. Molto più spesso, un padre di famiglia annoiato. O un gay represso, appunto. Nella fattispecie, sono un cinquantenne calvo e molto brutto. Il sesso mi è sempre piaciuto, ma io non sono mai piaciuto a nessuna donna. Gratis. Non ne faccio un dramma, è andata così. Brutti si nasce. E poteva andarmi peggio.

Anzi, tutto sommato sono stato fortunato. In altre epoche, in altri continenti, chi è brutto non ha nessuna speranza. Ma io mi sono trovato brutto nel bel mezzo di un enorme fenomeno di migrazione globale, un rimescolamento umano senza precedenti. Senza essere particolarmente dotato finanziariamente, mi sono ritrovato in un Paese invaso pacificamente da centinaia di migliaia di donne di tutte le razze, tutte più povere di me. Donne che, in una situazione normale, non mi avrebbero degnato di uno sguardo. Invece i miei euro li guardano volentieri. Io non gliene faccio certo una colpa, perché dovete farla voi a me?

C'è chi dice che le sfrutto, è buffo. Qualcuno che le sfrutta c'è, ma io davvero no, in coscienza non lo credo (sì, alcuni di noi hanno una coscienza). Io lo so che c'è gente che fa il mestiere perché è costretta – africane soprattutto – e con loro non ci vado (se non altro perché non mi ci diverto). Se avete internet, probabilmente siete in grado di farvi un'idea della tariffa media oraria. E quindi sapete benissimo che ci sono ragazze sudamericane, o dell'Europa dell'est (o italiane), che in un giorno prendono quello che prenderebbero in un mese lavando il sedere a mio padre infermo, o pulendomi la casa. Guadagnano anche meglio di me, e io sono un italiano con un posto fisso. Però nessuno le costringe... nessuno, a parte la famosa mano invisibile del mercato. Di sicuro non le costringo io. Anzi. Coi soldi che verso in sei mesi c'è gente che giù in Brasile o in Ucraina si paga il mutuo, compra libri e vestiti ai bambini, mette in piedi un'attività... Non è “sfruttamento” più di quanto lo sia qualsiasi scambio di denaro e prestazione.

Io so che questa cosa è difficile da accettare per molti di voi. Le donne, soprattutto. Non so esattamente perché, ma per molte donne è così. Non avendo mai avuto bisogno di pagare per godere, giudicano male chi lo fa. Io non ho mai avuto bisogno di pagare (per ora) perché qualcuno mi aiutasse ad alzarmi da letto o a fare una passeggiata nel parco, ma non disprezzo certo chi lo fa. Siamo tutti abituati a lavorare col nostro corpo, a consumare il nostro corpo lavorando, ad abusare del corpo di chi lavora per noi. Io sto otto ore davanti a un terminale, e in trent'anni ho perso cinque gradi di vista. Se fossi un operaio mi sarebbe venuto un qualche cancro ai polmoni. Siete mai entrati in una fornace? Otto ore a cinquanta gradi? Non è vendere il proprio corpo? Sì. È inumano, indecente, ma si fa. Tutte le parti dei nostri poveri corpi le vendiamo e compriamo tutti i giorni. Tranne culo e vagina, quelli in teoria no. Sono un tabù.

È da una vita che la sento, questa storia. Puoi vendere le tue mani, la tua vista, la tua intelligenza. Si chiama “lavoro”. Ma se vendi culo e vagina sei una brutta persona. Culo e vagina non dovrebbero essere merce di scambio. Culo e vagina si dovrebbero regalare solo alle persone che si amano. Una cosa molto romantica; a me, però, non mi ha mai amato nessuno. E quindi? Lo chiedo a voi, care signore, femministe o no: cosa deve fare un uomo molto brutto che ha una naturalissima voglia di vagina o di culo? Morire senza averli mai toccati?

Certo, sarebbe stato bello se un giorno una di voi avesse deciso di offrirmi la propria vagina così, per simpatia. Anche solo per salvarmi dall'orrendo baratro del sesso a pagamento. Purtroppo non è mai successo. Voi che sostenete che la prostituzione sia un difetto che va risolto alla radice, che bisogna entrare nel cervello del puttaniere e spiegargli che scambiare soldi per vagina è sbagliato – voi a me gratis però non l'avete mai data, e mai me la darete, e in più vorreste anche togliermi il vizio di pagarmi una mezz'ora di Ungheria alla settimana. Vi credete anche molto progressiste in questo. In realtà siete portatrici dello stesso razzismo istintivo di quando mi scansavate al ginnasio. Fosse per voi, ai brutti sarebbe semplicemente fatto divieto di scopare. E io invece scopo, alla faccia vostra. Finanzio un enorme mercato sommerso, e lo finanzierei anche se emergesse (anche se mi divertirei un po' meno, lo ammetto).

Non farò la marcia dell'orgoglio puttaniere – ripeto, non sono particolarmente orgoglioso di quello che faccio. Non più delle schifezze che mi piace mangiare e delle sigarette che mi va di fumare. Non chiedo il vostro rispetto: disprezzatemi pure, se vi fa sentire migliori e a vostro agio con le parti del vostro corpo che avete recintato e messo fuori commercio. Vi chiedo solo di lasciarmi scopare quando mi va, perché scopare non dico sia un diritto, no, ma è una cosa naturale che ogni tanto posso aver voglia di fare senza far male a nessuno; e vi chiedo di non confondermi sempre col mostro di turno, col miliardario sessuomane o l'assassino seriale o lo stupratore. È vero, alcuni di noi sono assassini, stupratori, e perfino politici miliardari indegni del loro ruolo. Ma io sono una persona normale, che di rovina gli occhi e la schiena facendo una o due ore di straordinario per pagarsi una mezz'ora di allegria al sabato pomeriggio. Pensate anche a me, quando volete fare le vostre considerazioni sul puttaniere medio. Non solo a Berlusconi. Anzi, pensate un po' più a me che a lui.
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