Grazie

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...lo dedico a questo straordinario pubblico

Un blog si può seguire perché setaccia le notizie che t'interessano, perché trova cose che non sapevi; oppure perché dice esattamente le cose che già sai e proprio nel modo in cui ti piace sentirle. Un blog si può seguire perché è insopportabile. Perché scrive cose davvero fuori del mondo. Per migliaia di motivi, all'inizio. Ma dopo qualche mese – qualche anno – c'è solo un motivo per cui si segue ancora un blog. Non è tanto una questione di affinità. È proprio una questione di affetto.
Quanti amici hai, che leggeresti tutti i giorni?

Quando ho sentito che organizzavano la Blogfest, onestamente non ho mai pensato che avrei potuto assistere a conversazioni interessanti. Quelle potevo leggermele da casa - ma a una blogfest non ci si va per le conversazioni; ci si va perché si ha voglia di vedere le persone. Anche se incontrarsi tra reciproci lettori quotidiani è notoriamente frustrante. Si rimane sospesi in mezzo a cento discorsi che ci siamo fatti da casa, e nessuno si ricorda più bene; di solito non sappiamo bene cosa dirci, però in fondo a tanti puntini di sospensione si sente che l'affetto c'è. A volte ce n'è in quantità imbarazzante.

A Riva l'unica conversazione ufficiale a cui sono riuscito ad assistere è stata quella su blog e informazione – una discreta palla, a detta di molti. Ho sentito le lamentazioni di Facci sulla qualità dell'odierno giornalismo on line, e le condivido, perché no. Io del resto dopo dieci anni ho rinunciato a usare repubblica.it come homepage, non ce la faccio davvero più. Non è una questione di snobismo, è che quella colonna morbosa si sta davvero prendendo tutto. Su trenta scemenze messe in fila, prima o poi una la clicco anch'io, e poi me ne vergogno. Coi blog che leggo di solito non mi capita. Non perdono tempo a solleticare i miei più bassi istinti, loro, non hanno nessuna ragione di farlo. Se vado su Repubblica dopo mezzo minuto mi ritrovo a sfogliare brutte foto di tizie che nemmeno m'interessano – almeno i wallpaper di Macchianera non erano sgranati. Per cui ok, posso convenire che il giornalismo on line italiano faccia schifo, oggi più di ieri. Ma c'entrano i blog? È in qualche modo colpa nostra? Di fronte a un modello di giornalismo che si abbassa ai livelli dei vecchi portali, tutto "clicca", "guarda", "scarica", è così strano preferire un ambiente più confortevole, dove la gente ti parla soltanto delle storie che le interessano, e che crede possano interessare anche te? Prima o poi i quotidiani on line diventeranno web tv, forse è destino. Nel frattempo c'è qualcosa di male se qualcuno prova a difendere uno spazio di conversazione, di dialogo, e riesce persino a farsi volere bene? Eh, sì, ma bisogna farlo gratis. Sennò non funziona.

Quando vi ho chiesto di votare per me, mi sentivo abbastanza patetico. Alla mia età una persona non dovrebbe avere bisogno di chiedere manifestazioni di affetto in questo modo. Però vincere un premio in questo modo – all'ultimo momento, quando ne avevo già persi tre, e i professionisti avevano fatto man bassa – è stato bello. Io l'ho sentita come la rivincita del blog fatto in casa, quello che avete deciso di votare perché istintivamente vi è simpatico. Anche se a volte è insopportabile, o scrive cose fuori dal mondo, ma ugualmente vi capita di passarci spesso. Perché vi ci siete affezionati. È il blog che non cerca di vendervi nulla, che non è sponsorizzato da nessuno, e non porta a casa niente se non una targa bruttina e tanto affetto. Veramente tanto affetto, che dopo un po' m'imbarazza, e non so cosa dire. Grazie, è il minimo. E dovevo proprio scriverlo. Invece da domani cercherò di scrivere qualche altra cosa di originale e interessante. Però grazie, ancora, davvero.

(Per una cronaca di tutta la Blogfest, vi rimando a Ludik)
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