The Great Game

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Ai lettori di Libero che in stragrande maggioranza si sono detti favorevoli a un "blitz militare" in India per liberare i marò vorrei esprimere i sensi della mia commozione, accompagnati alla speranza che una così meravigliosa fiducia nelle capacità delle forze armate italiane non sia mal riposta.

La mia obiezione non riguarda tanto i dettagli del piano (un po' vecchiotto), né l'eventualità di una crisi diplomatica che in caso di intervento militare non potrebbe che portare a un conflitto con una nazione di un miliardo e alcune centinaia di milioni di abitanti - del resto, immagino che lettori e redattori di Libero non si nascondano l'entità dalla sproporzione tra noi e l'Unione Indiana. Forse però non hanno riflettuto con la dovuta attenzione sul vecchio adagio che dice: il nemico del mio nemico è mio amico. Senz'altro possiamo muovere guerra a una potenza nucleare popolosa come venti Italie - per il nostro onore questo e altro - ma così facendo non rischiamo di farci... degli amici? Pensiamoci bene. Chi è l'eterno rivale dell'Unione Indiana? Chi ha combattuto contro di essa praticamente sin dal giorno dell'indipendenza, trascinando una disputa territoriale e religiosa per più di settant'anni?

Il Pakistan.

La seconda nazione musulmana più popolosa del mondo - l'unica nazione islamica membra ufficiale del club nucleare. Sul serio vogliamo averla come amica? Quelli che hanno ospitato Bin Laden mentre Bush lo cercava sotto ogni singolo sasso dell'Afganistan. Sul serio vogliamo allearci con loro? Eppure è chiaro che se attacchiamo l'India, spezzandole inevitabilmente le reni, i pakistani non esiteranno ad approfittare del collasso del suo apparato difensivo e ad occupare il Kashmir. Sul serio gli stimati lettori di Libero vogliono questo? Le mani degli islamici sulle pregiate capre da maglione?

Io credo di no.

Con questo non voglio dire che un blitz militare contro l'India non vada portato a termine: ma va calato in un preciso contesto geopolitico. Vale a dire: se attacchiamo l'India bisogna che attacchiamo anche il Pakistan. Par condicio. Del resto la nazione che può permettersi di muovere guerra a una potenza nucleare di un miliardo di abitanti, che difficoltà dovrebbe avere contro un'altra potenza nucleare di appena 180 milioni? Facciamo trenta, tanto vale far trentuno. Tanto più che a Suez hanno appena aperto la seconda corsia. Da lì è tutto dritto fino ad Aden, poi si divide la flotta in due spezzoni. La Cavour col grosso dei sottomarini procede spedita verso il golfo di Bengala; la Garibaldi con un po' di cacciatorpediniere si attarda nel Mar d'Arabia, finché nell'ora x -

Un momento.

Non credo che a Libero ignorino la cosa. Se spezziamo le reni all'India e pugnaliamo contestualmente le spalle al Pakistan, se davvero decidiamo di umiliare i due storici litiganti... c'è il grosso rischio che il terzo goda. E sappiamo tutti qual è il terzo, no?

Il Bangladesh. Appena 156 milioni di abitanti, su un territorio più piccolo dell'Italia e prevalentemente paludoso - pane fradicio per i denti dei nostri Lagunari. E va bene.

Ricapitolando: si passa per Suez, si sbarca in Pakistan, si marcia spediti verso l'Indo - nel frattempo la Folgore potrebbe occupare Sri Lanka e Maldive per prevenire eventuali interferenze nello spazio aereo. Se abbiamo un tris di carte si può fare, io non temporeggerei. E se i dadi ci dicono bene, si può anche provare ad attaccare il Siam.

Con tre carri armati.
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