I discepoli erodiani
24-05-2025, 08:19cristianesimo, santiPermalink24 maggio: San Manahen di Antiochia, Santa Giovanna (primo secolo).
Il 24 maggio il martirologio romano ricorda tra gli altri due comparse dei libri di Luca evangelista, che hanno in comune la vicinanza alla corte di Erode – non Erode il Grande, penultimo re di Giudea a mandante della strage degli innocenti, ma il suo figlio secondogenito, Erode Antipatro, che in eredità aveva ottenuto la Galilea, la Perea (un'altra piccola provincia sulla riva orientale del Giordano) e il più modesto titolo di tetrarca. Il tutto col benestare dei Romani, che controllavano di fatto tutta la Palestina e stavano aspettando che la rivalità tra i tre figli di Erode il Grande degenerasse in conflitto aperto, per esautorarli. Dei tre, Antipatro fu quello che più si prestò al progetto: durante un soggiorno a Roma riuscì sia ad accusare il fratello maggiore Archelao di malagestione, sia a sottrarre al fratello minore Filippo la moglie Erodiade, che risposò malgrado fosse lui stesso già sposato con una principessa nabatea: e quando un profeta, Giovanni Battista, espresse perplessità nei confronti di un sovrano che sposava la cognata, Erode lo fece decapitare. Con tutto questo, riuscì comunque a restare sul suo traballante trono per più di trent'anni: segno che qualche astuzia dal padre doveva averla ereditata.
Santa Giovanna compare al capitolo 8 del vangelo di Luca tra un ristretto gruppo di donne che, assieme ai Dodici, costituiva il circolo più interno del seguito di Gesù. Queste donne, spiega Luca (8,2-3) "erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità": oltre a Maria Maddalena viene menzionata "Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode". Esse assistevano gli apostoli, ma "con i loro beni", insomma non erano sguattere, bensì protettrici e finanziatrici. Un dettaglio così ce l'aspetteremmo da Matteo, l'apostolo economista, più che da Luca che invece per contrasto sembra sempre quello socialdemocratico, molto più attento a dare risalto alla presenza dei poveri. Proprio per questo la presenza di una signora probabilmente ricca e potente come Giovanna sembra un dettaglio realistico, qualcosa che Luca non aveva nessun interesse a inventarsi: ma anche qualcosa che confligge un po' con la nostra concezione di Gesù come leader di un gruppetto di fricchettoni inoffensivi, ex pescatori squattrinati. Può darsi che invece Gesù avesse anche a corte amici potenti, o almeno amiche. Sappiamo che questo non l'avrebbe salvato dalla crocifissione: eppure Ponzio Pilato ci provò a passare a Erode la spinosa pratica di Gesù di Nazareth, con il pretesto che anche se era stato arrestato a Gerusalemme, era suddito della Galilea, e quindi il palazzo di Erode (che risiedeva a in città, anche se non l'amministrava) era il foro competente.
L'atteggiamento di Erode Antipatro nei confronti di Gesù è ambiguo, esattamente come ci si può aspettare da un tiranno capriccioso e scostante: appena lo vede se ne "rallegra grandemente, perché da lungo tempo desiderava vederlo, avendo sentito parlare di lui, e sperava di vedergli fare qualche miracolo" (Lc 23,6-11). Quando però si accorge che il prigioniero non collabora, non risponde alle sue domande, e miracoli non ne fa, Erode cede alla pressione dei capi sacerdoti e degli scribi, che dalla residenza di Ponzio Pilato si erano spostati a casa sua, e continuano ad accusare Gesù "con veemenza". Anche Erode lo insulta, lo schernisce e lo veste "di un manto splendido", con cui lo rimanda a Pilato. Un gesto che di solito viene interpretato come un segno di scherno, o di semplice ostentazione, ma potrebbe anche tradire il rispetto che Erode provava per il nuovo profeta. O addirittura una sfida ai Romani: quelli gli avevano mandato un sospetto terrorista, e lui glielo rimandava rivestito come un nobile. Quest'ultima ipotesi confligge però con un'ulteriore notazione di Luca (23,12), che ricorda come Pilato ed Erode in quell'occasione divennero amici, mentre in passato erano stati avversari.
Quanto a Giovanna, la ritroviamo dopo la Passione tra le pie donne che recandosi a trattare con profumi il corpo di Gesù il mattino di Pasqua, trovano il sepolcro vuoto (per questo è anche chiamata mirofora, ovvero portatrice di profumi). Se nei secoli successivi le ricche matrone avrebbero rivestito un'importanza cruciale nel movimento cristiano, possiamo ipotizzare che la prima tra loro sia stata proprio Giovanna, che si reca di persona ad accudire il cadavere del figlio di un falegname, crocefisso come uno schiavo ribelle.
Di Manahen, Luca ne parla ancora meno: lo cita negli Atti degli Apostoli in una lista di "profeti e dottori" che facevano parte della Chiesa di Antiochia, accanto a Barnaba, Simone "detto il Nero", Lucio di Cirene, e Saulo, che poi diventerà Paolo apostolo. Barnaba e Saulo sono tra i personaggi più importanti degli Atti; Manahen non è più menzionato, ma di lui Luca aggiunge che era "fratello di latte di Erode il Tetrarca". Tecnicamente, i "fratelli di latte" non sono necessariamente parenti: in comune avrebbero soltanto la nutrice che li ha allattati. In ogni caso il dettaglio ci lascia intendere come la nuovissima religione non fosse soltanto un movimento di pastori e pescatori, ma avesse già fatto breccia nella nobiltà locale.