In hoc signo perdes

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Per quel segno sul muro

È buffo che molti (quasi tutti atei) abbiano preso il mio pezzo di ieri per una critica alla sentenza di Strasburgo. È buffo perché il pezzo aveva come protagonisti un insegnante che aveva appena deposto un crocefisso e un Gesù che diceva “Toglietemi immediatamente”. Più di così.

Il pezzo ironizzava, è vero, con quei sadducei moderni che ritengono pericolosa l'esposizione dei figli a un legnetto. Detto questo, io la sentenza di Strasburgo non mi metto neanche a leggerla: mi fido. Sono convinto che sia ponderata, ragionevole, e che lasci scarsi margini a un appello. La logica è stringente: se in Italia non c'è una religione di Stato, esporre il simbolo di una sola fede è evidentemente una prevaricazione. Radicata nella consuetudine bla bla bla, ma resta una prevaricazione.

E allora perché non gioisco per la vittoria laica? Beh, per il semplice motivo che non è una vittoria. Facciamo che sia la presa della Bastiglia: bene, ma si tratta di capire chi la spunterà a Waterloo. Quando tra qualche mese o anno sarà tutto finito, in Italia ci saranno più o meno cristi alle pareti? E se anche fossero spariti, siete sicuri che si sarà trattato di una vittoria laica? Le guerre, oltre a cominciarle, bisogna anche saperle vincere. Sennò si fa il gioco del nemico.

Ripeto: non discuto la sentenza. Ma l'idea che la parola di un giudice chiuda la questione mi sembra indizio di un razionalismo piuttosto ingenuo. Se si trattasse di una società di robot asimoviani, potremmo procedere a togliere dalle pareti i crocefissi anche domani mattina: sentenza razionale dice x, robot razionale rispetta sentenza. Viceversa, ho la sensazione che molti genitori e studenti che fino a ieri non ci facevano caso cominceranno a lamentarsi da domani: perché il cristo non c'è più? Si è rotto? E chi l'ha rotto? e se fosse stato il compagno musulmano?

Passare dal razionalismo al pragmatismo per me significa accettare di vivere nella società degli uomini, che non essendo robot non hanno sempre comportamenti razionali. Per esempio: hanno paura. Un meccanismo non teme di essere spento o riprogrammato. Invece un uomo reagisce spesso col rifiuto a chi mette in discussione le sue abitudini. Anche se, da un punto di vista razionale, sono sbagliate. E non basta dirgli: stai sbagliando, correggiti. A volte in questo modo ottieni solo il risultato di farlo impuntare.

Mi sembra esattamente quello che sta succedendo in queste ore: quello che fino a ieri era un pezzetto di legno inoffensivo sta diventando il simbolo di un popolo, di una civiltà, e quant'altro. È sciocco, però succede. Ed era abbastanza prevedibile, visto il Paese in cui viviamo.
Stato laico un cazzo. La costituzione scritta dalle zecche comuniste non ha alcun valore e presto sarà cambiata. L’Italia è uno Stato Cristiano per tradizione ultra-millenaria. Chi tocca il Crocefisso (ma anche solo chi mette in discussione la cosa), Polonio-210 subito. La cagna finlandese è e RESTA finlandese: altro aspetto della costituzione che verrà cambiato. Non è con un timbro che si diventa Italiani. Blut und Boden! gli islamici c’entrano sempre.
Si tratta di un Paese in crisi economica, che per sfogarsi va in crisi d'identità. Si trova pencolante sul confine tra Nord e Sud: confine incerto e percorso da milioni di persone che fa sempre più fatica ad assorbire. Di solito un Paese del genere è il brodo di cultura ideale per xenofobie e razzismi. In una situazione del genere, anche un pezzo di legno può essere utile per rafforzare un sentimento identitario che finora non è mai stato molto ben definito. Dopodiché, La Russa resta un meschino rimestatore: purtroppo è un rimestatore che dà ordini ai generali e intercetta applausi da una base sempre più estesa.


Io non so in che Italia viviate, ma nella mia anche il partito che fino a qualche anno fa ostentava un'identità 'celtica' e paganeggiante è sempre più in prima fila nel baciare le pile ai vescovi. Nella mia, tre ore dopo la sentenza di Strasburgo il pluripeccatore Berlusconi era già stato davanti ai fotografi con un crocione in mano. Nella mia, il discorso “li lasciamo venire qui e loro pretendono di toglierci la croce” lo fanno anche i bambini di undici anni: li ho sentiti con le mie orecchie. Fino a ieri il pezzettino di legno era buono nel cassetto, oggi è già diventato un simbolo di identità. Che serve poi a fomentare lo scontro tra chi lo vuole e chi no. È questa la guerra che desiderate? A me non piace. E poi secondo me la perderete. Quante divisioni corazzate avete? Gli altri hanno il numero, la forza dell'interesse, l'inerzia della tradizione e il fantasma dell'identità. Voi cosa avete? La sentenza di una corte europea. Non dico che sia poco, eh.

Ma non è abbastanza. Qualcuno ha evocato Rosa Parks. Quella a dire il vero mi sembra una lotta più concreta: non per un simbolo, ma per la stanchezza di una signora. Comunque Rosa Parks non vinse in tribunale. Le battaglie che cambiano i costumi non si combattono in procura, ma nell'agone politico. Quando un giudice impose all'università dell'Alabama di ammettere studenti neri, Kennedy dovette nazionalizzare la Guardia Nazionale dello Stato, perché finché prendeva ordini dal Governatore non sarebbero mai entrati. L'Alabama era uno Stato razzista in una federazione di cinquanta che credevano (quasi tutti, ormai) nell'uguaglianza; l'Italia è piccola e confusa, e per quanto mi sforzi non riesco a vedere, nei prossimi anni, un Kennedy italiano che mandi i carabinieri a deporre i crocefissi.

Mi riesce più verosimile il seguente scenario: la Gelmini andrà in appello, lo perderà. A quel punto però il governo si sarà esposto. Nel frattempo CEI e il Vaticano continueranno a lamentare l'insidiosa e strisciante campagna cristianofoba. È la cosa che gli riesce meglio, il chiagn-e-fotti. Il crocefisso verrà saldamente piantato nella piattaforma programmatica di PDL, Lega e UDC: tanto più che non costa niente, non bisogna neanche appenderlo, è già lì sulle pareti (il sogno bagnato di ogni politico, una promessa realizzabile a costo zero).
Non sarebbe la prima volta che il parlamento manda avanti una leggina in palese violazione di una sentenza: un bel lodo-Pilato, et voilà, avremo la prima legge nella Storia d'Italia che mette nero su bianco quello che prima era una semplice consuetudine: crocefissi nelle classi. Il bello è che in tante aule non c'è più da un pezzo: quando cade nessuno lo raccoglie. Io ho insegnato in una dove credo non ci sia mai stato: bene, ce lo metteranno.

E se scattasse una procedura di infrazione? Ne scattano tante: pagheremo, addirittura saremo fieri di farlo, ne va delle nostre radici cristiane... oppure no, forse alla fine la spunterà Strasburgo. Magari alla fine li toglieremo davvero, i dannati pezzi di legno. Ma siete sicuri che quello sarà un bel giorno per la causa laica? Avrete solo ottenuto il risultato di riunire una maggioranza silenziosa dietro a un simbolo confessionale. E di innervosirla. Certo, a quel punto magari la Uaar avrà qualche migliaio di tesserati in più.

Io credo che faccia benissimo Bersani a tentare di disinnescare la questione: non solo perché parla a nome di un partito che ha origini cattoliche. Un laureato in Storia del Cristianesimo credo sappia benissimo che a fare la guerra contro i simboli perdi sempre. A meno che tu non ne abbia di più potenti da proporre, e non è questo il caso. A dire il vero lo sanno anche i vecchi comunisti: a proposito, quand'è che il PCI divenne un partito di massa? Quando bisognava sparare agli stranieri che ci venivano in casa. La gente andava in montagna e lì ci trovava formazioni organizzate con la stella nel berretto. Alcuni quel berretto non se lo sono più tolto. Non avevano mai letto Marx e non lo lessero mai, ma nel momento del pericolo si sono impossessati di un simbolo. Io non vorrei che i nostri figli s'impadronissero della croce nello stesso modo: non vorrei che diventasse per loro un giorno la cifra di un'identità italiana, bianca, latina. Ma è quello che vedo succedere progressivamente davanti ai miei occhi, giorno dopo giorno. E non mi piace.

Ultima cosa. Io gli italiani cerco di vederli per quel che sono, ma questo non significa che non abbia rinunciato a cambiarli. Io tutti i giorni penso all'Italia, come dice Fibra; e non è uno scherzo, è proprio così: a volte mi sveglio che ci sto già pensando, e vado a letto che ancora l'ho in mente. Tutti i santi giorni provo a cambiarla, per il poco che posso: sul posto di lavoro, qui, dovunque ci sia un margine io mi ci misuro. E quando dico che togliere i crocefissi non è la strategia giusta in questo momento, vorrei che voi credeste, se non alla mia piccola esperienza, almeno alla buona fede. Atei o agnostici che siate, avete tutti frequentato almeno una scuola che esponeva una croce: coraggio, se ce l'avete fatta voi, possono farcela anche i vostri figli. Non dico che sia giusto, tecnicamente non lo è: però nella società degli uomini la giustizia è un punto di arrivo, non un diritto acquisito.
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