Il fungo comunicativo
24-10-2012, 02:15catastrofi, giustizia, scienza, terremoto 2012Permalink
Sabbiolino va in prigione
Abbiamo ormai capito (e ringrazio fuor d'ironia chi ce lo ha spiegato) che i membri della Commissione Grandi Rischi non sono stati condannati a sei anni per non avere previsto un terremoto - ci mancherebbe - ma per aver sbagliato le forme e le modalità della comunicazione alla cittadinanza. Siccome capita anche a me talvolta di comunicare, e non vorrei mai andare in galera, a questo punto mi sono chiesto come si fa ad azzeccare un messaggio che in sostanza dica: "non c'è motivo razionale per dormire fuori di casa ma fate pure". Discutendone su twitter con Anna Meldolesi, Luca Sofri ha messo assieme e tradotto un esempio di comunicazione corretta e professionale, opera di Peter Sandman, uno "specialista della comunicazione del rischio". Lo copio e incollo perché secondo me merita una riflessione.
L'unico dubbio me lo fa venire l'ultima frase, che ho evidenziato. In quella frase è lecito leggere una garbata condiscendenza verso chi, in assenza di basi scientifiche voleva lasciare la propria casa: non possiamo scientificamente dirvi che sia una sciocchezza. Questo, lo concedo, è molto più professionale che brindare col Montepulciano davanti a una telecamera, come fece il portavoce della Protezione. Ma è l'ultima frase di un lungo comunicato, che le redazioni di quotidiani e tv locali avrebbero mutilato. Il titolo lo avrebbero fatto con la prima parte: SCOSSE ALL'AQUILA: GLI SCIENZIATI NON PREVEDONO UN FORTE SISMA. Oppure.
Oppure, per esigenze di drammatizzazione, avrebbero potuto fare l'inverso: mutilare la lunga prima parte, e dare risalto soltanto alla frase evidenziata. SCOSSE ALL'AQUILA: PER GLI SCIENZIATI "NON È UNA SCIOCCHEZZA" LASCIARE LE CASE. In questo modo si sarebbero effettivamente salvate molte vite, visto che la scossa forte poi c'è stata. Ma se non ci fosse stata (come era statisticamente più probabile)? Se non ci fosse stata, probabilmente lo stesso magistrato avrebbe portato alla sbarra Sabbiolino e compagni per procurato allarme: come si permettono questi esperti di gettare nel panico la popolazione dando informazioni distorte, peraltro non suffragate da evidenze scientifiche? Non solo non sanno comunicare in modo professionale, ma sono pure cattivi scienziati, ecc. ecc.
Anch'io sono convinto che all'Aquila (e non solo là) ci sia stato un problema di comunicazione. Se ritengo ingiusto farlo pagare agli scienziati, non è soltanto per il fatto che erano scienziati e non comunicatori professionisti. Secondo me non c'è professionalità che tenga, di fronte alla distorsione a cui sono sottoposte le notizia - tutte le notizie - sui media italiani. Il problema insomma è a monte, e non credo nemmeno che sia del tutto imputabile agli stessi operatori dell'informazione. Ancora più a monte ci siamo noi italiani, che non leggiamo più - che non sappiamo più leggere. La dichiarazione del signor Sabbiolino sarà anche professionale, ma è troppo lunga per la nostra soglia di attenzione. O leggiamo le prime cinque righe - e decidiamo che ci sta dicendo che non ci sarà un terremoto, quindi restiamo a dormire nel sottotetto - o ci sintonizziamo solo sulle ultime cinque, e a quel punto restiamo in tenda per tre mesi (non è un'esagerazione).
Ma nella maggior parte dei casi non leggiamo affatto. Nella maggior parte dei casi diamo retta a un conoscente che ha sentito, in tv, un servizio dove un tizio intervistava i passanti riguardo alla dichiarazione di uno scienziato che aveva detto che fuggire di casa non è una pazzia. È come se ogni singola notizia, ogni fatto in senso stretto, sprofondasse immediatamente in un fondale sabbioso, sollevando la sabbia in una specie di fungo che diventa subito più interessante e comunicativo del fatto in sé. Il fatto in sé scompare. È una cosa che possiamo notare tutti i giorni. Una settimana fa il ministro Profumo ha presentato un Ddl in cui si proponeva di aumentare l'orario (di lezione?) dei docenti da 18 a 24 ore settimanali. In seguito ha riconosciuto che un aumento del genere va contrattato, ma nel frattempo si è alzato un polverone di commenti indignati o entusiasti che impediscono al povero insegnante di capire esattamente se la notizia sussista o no: ci sono ancora sul tavolo queste 24 ore o non ci sono più? Giuro, non si capisce. E quelli che meno capiscono spesso sono quelli che possono accedere a internet: dove trovano tantissimi detriti spostati dall'entusiasmo e dall'indignazione, e poche informazioni in senso stretto. Risalire alle fonti non è solo un'abitudine che hanno in pochi: ormai è un'abilità che si conquista e si può perdere. Credo lo sappia benissimo Sofri, che dirige un quotidiano on line che ha un certo successo perché cerca di dar conto di ciò che in teoria è scritto ovunque, e in pratica è ovunque sommerso dai detriti, dalle polemiche, dalle opinioni.
Ai primi di giugno, al mio paese, bastava stazionare a un incrocio con una pettorina e un casco antinfortunistico perché la gente si fermasse a chiederti informazioni sul terremoto: non quello già avvenuto, ma quello che doveva arrivare, perché in tv avevano detto che doveva arrivare. In tv, per quanto ne so, non dissero mai qualcosa del genere, nemmeno il più caciarone dei tg ne ebbe il coraggio. Tutti i tg però avevano dato sbrigativamente conto di un comunicato della Commissione che non escludeva il riattivarsi di una faglia (il che non si può escludere nemmeno stanotte e in generale mai). Il solito fungo aveva poi fatto il resto, e la gente fuggiva al mare perché aveva sentito parlare di una scossa imminente in tv. La sensazione di trovarsi all'improvviso investito dalla tribù smarrita del carisma di uno sciamano, semplicemente perché leggi Tersiscio e conosci un paio di nozioni concrete sul fracking o su un deposito di gas, è molto meno divertente di quanto non sembri da fuori. Anche perché alla fine alla gente non è che interessi più di tanto il fracking o la faglia: se si fermava a chiederti qualcosa, nove volte su dieci voleva sapere la stessa cosa che pretendeva dalla Commissione: posso tornare a dormire a casa o no? E non ha nessuna importanza che la sequenza stia calando secondo la legge di Omori: ancora oggi, se dici a qualcuno di tornare pure a dormire nel suo letto - e stanotte si riattiva la faglia - tu sei imputabile per omicidio colposo. Perché non sai comunicare bene. L'unica cosa è smettere di comunicare, come credo gli scienziati italiani dovrebbero fare. Ci pensino i giudici, al prossimo terremoto, a informare la popolazione in modo professionale e corretto. Almeno se sbagliano loro non vanno in galera.
Io ho una teoria su come siano andate le cose all'Aquila, che non riuscirò mai a provare e forse è meglio così: credo che la riunione del 31 abbia creato un fungo mediatico che la maggior parte degli aquilani ha decifrato come "no panic, state a casa". Non credo che abbia senso incolpare gli scienziati di averlo sollevato, perché si sarebbe sollevato comunque, qualsiasi cosa avessero detto. Mi ha fatto molto riflettere una cosa che ho letto su questo pezzo di Nature dell'anno scorso: all'Aquila c'era chi leggeva i quotidiani e consultava internet, e chi continuava a fare alla vecchia maniera. I tradizionalisti quella sera hanno dormito fuori. I beneinformati hanno dato un'occhiata alle news e hanno deciso di restare dentro. Le tradizioni ancestrali si sono mostrate più efficaci di internet. Non è una buona notizia: non solo perché facciamo fatica a trovare le informazioni su internet, ma anche perché ci stiamo dimenticando le vecchie tradizioni ancestrali. Ce ne andiamo brancolando nel buio, di buono c'è che possiamo sempre trovare qualcuno a cui dare la colpa, e un giudice che ci dia ragione.
Abbiamo ormai capito (e ringrazio fuor d'ironia chi ce lo ha spiegato) che i membri della Commissione Grandi Rischi non sono stati condannati a sei anni per non avere previsto un terremoto - ci mancherebbe - ma per aver sbagliato le forme e le modalità della comunicazione alla cittadinanza. Siccome capita anche a me talvolta di comunicare, e non vorrei mai andare in galera, a questo punto mi sono chiesto come si fa ad azzeccare un messaggio che in sostanza dica: "non c'è motivo razionale per dormire fuori di casa ma fate pure". Discutendone su twitter con Anna Meldolesi, Luca Sofri ha messo assieme e tradotto un esempio di comunicazione corretta e professionale, opera di Peter Sandman, uno "specialista della comunicazione del rischio". Lo copio e incollo perché secondo me merita una riflessione.
Non ci sono basi scientifiche per concludere che la probabilità che avvenga un forte terremoto sia più alta dopo queste scosse piuttosto che in altri momenti. Ma allo stesso tempo non ci sono nemmeno prove scientifiche che dimostrano che il forte terremoto non ci sarà. Probabilmente prima o poi qui ci sarà un altro forte terremoto, ma noi, semplicemente, non possiamo predire quando avverrà (o quando non avverrà). Ci dispiace poter offrire alla gente così poca assistenza ma la verità è che non siamo in grado di stabilire se lo sciame sismico debba essere motivo di preoccupazione oppure no. Normalmente, gli sciami sismici non sono seguiti da terremoti violenti. Ma “normalmente” non vuol dire “sempre”. Possiamo sicuramente capire perché molte persone di questa comunità si sentano più sicure a lasciare le loro case quando cominciano le scosse e non abbiamo prove scientifiche che dicano che farlo sia una sciocchezza.Mi sembra un bel messaggio, professionale e onesto. Fingiamo dunque che Sandman sia un membro della Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile Italiana (chiamiamolo Sabbiolino), immaginiamo che dopo la riunione del 31 marzo esca dalla sala e reciti ai giornalisti questo messaggio. Secondo voi non finisce alla sbarra per omicidio colposo, in Italia? Spero di sbagliarmi, ma temo purtroppo che sì, Sabbiolino si beccherebbe anche lui i sei anni per aver detto cose che, almeno nella prima parte del messaggio, avevano sostenuto anche gli altri membri della Commissione. Magari si erano espressi in modo più freddo, meno comunicativo, ma la sostanza è questa: non ci sono basi scientifiche per dire che sta arrivando la scossa forte. Fine. La scossa è poi arrivata, trecento persone sono morte, il giudice ha condannato la Commissione per omicidio colposo.
L'unico dubbio me lo fa venire l'ultima frase, che ho evidenziato. In quella frase è lecito leggere una garbata condiscendenza verso chi, in assenza di basi scientifiche voleva lasciare la propria casa: non possiamo scientificamente dirvi che sia una sciocchezza. Questo, lo concedo, è molto più professionale che brindare col Montepulciano davanti a una telecamera, come fece il portavoce della Protezione. Ma è l'ultima frase di un lungo comunicato, che le redazioni di quotidiani e tv locali avrebbero mutilato. Il titolo lo avrebbero fatto con la prima parte: SCOSSE ALL'AQUILA: GLI SCIENZIATI NON PREVEDONO UN FORTE SISMA. Oppure.
Oppure, per esigenze di drammatizzazione, avrebbero potuto fare l'inverso: mutilare la lunga prima parte, e dare risalto soltanto alla frase evidenziata. SCOSSE ALL'AQUILA: PER GLI SCIENZIATI "NON È UNA SCIOCCHEZZA" LASCIARE LE CASE. In questo modo si sarebbero effettivamente salvate molte vite, visto che la scossa forte poi c'è stata. Ma se non ci fosse stata (come era statisticamente più probabile)? Se non ci fosse stata, probabilmente lo stesso magistrato avrebbe portato alla sbarra Sabbiolino e compagni per procurato allarme: come si permettono questi esperti di gettare nel panico la popolazione dando informazioni distorte, peraltro non suffragate da evidenze scientifiche? Non solo non sanno comunicare in modo professionale, ma sono pure cattivi scienziati, ecc. ecc.
Anch'io sono convinto che all'Aquila (e non solo là) ci sia stato un problema di comunicazione. Se ritengo ingiusto farlo pagare agli scienziati, non è soltanto per il fatto che erano scienziati e non comunicatori professionisti. Secondo me non c'è professionalità che tenga, di fronte alla distorsione a cui sono sottoposte le notizia - tutte le notizie - sui media italiani. Il problema insomma è a monte, e non credo nemmeno che sia del tutto imputabile agli stessi operatori dell'informazione. Ancora più a monte ci siamo noi italiani, che non leggiamo più - che non sappiamo più leggere. La dichiarazione del signor Sabbiolino sarà anche professionale, ma è troppo lunga per la nostra soglia di attenzione. O leggiamo le prime cinque righe - e decidiamo che ci sta dicendo che non ci sarà un terremoto, quindi restiamo a dormire nel sottotetto - o ci sintonizziamo solo sulle ultime cinque, e a quel punto restiamo in tenda per tre mesi (non è un'esagerazione).
Ma nella maggior parte dei casi non leggiamo affatto. Nella maggior parte dei casi diamo retta a un conoscente che ha sentito, in tv, un servizio dove un tizio intervistava i passanti riguardo alla dichiarazione di uno scienziato che aveva detto che fuggire di casa non è una pazzia. È come se ogni singola notizia, ogni fatto in senso stretto, sprofondasse immediatamente in un fondale sabbioso, sollevando la sabbia in una specie di fungo che diventa subito più interessante e comunicativo del fatto in sé. Il fatto in sé scompare. È una cosa che possiamo notare tutti i giorni. Una settimana fa il ministro Profumo ha presentato un Ddl in cui si proponeva di aumentare l'orario (di lezione?) dei docenti da 18 a 24 ore settimanali. In seguito ha riconosciuto che un aumento del genere va contrattato, ma nel frattempo si è alzato un polverone di commenti indignati o entusiasti che impediscono al povero insegnante di capire esattamente se la notizia sussista o no: ci sono ancora sul tavolo queste 24 ore o non ci sono più? Giuro, non si capisce. E quelli che meno capiscono spesso sono quelli che possono accedere a internet: dove trovano tantissimi detriti spostati dall'entusiasmo e dall'indignazione, e poche informazioni in senso stretto. Risalire alle fonti non è solo un'abitudine che hanno in pochi: ormai è un'abilità che si conquista e si può perdere. Credo lo sappia benissimo Sofri, che dirige un quotidiano on line che ha un certo successo perché cerca di dar conto di ciò che in teoria è scritto ovunque, e in pratica è ovunque sommerso dai detriti, dalle polemiche, dalle opinioni.
Ai primi di giugno, al mio paese, bastava stazionare a un incrocio con una pettorina e un casco antinfortunistico perché la gente si fermasse a chiederti informazioni sul terremoto: non quello già avvenuto, ma quello che doveva arrivare, perché in tv avevano detto che doveva arrivare. In tv, per quanto ne so, non dissero mai qualcosa del genere, nemmeno il più caciarone dei tg ne ebbe il coraggio. Tutti i tg però avevano dato sbrigativamente conto di un comunicato della Commissione che non escludeva il riattivarsi di una faglia (il che non si può escludere nemmeno stanotte e in generale mai). Il solito fungo aveva poi fatto il resto, e la gente fuggiva al mare perché aveva sentito parlare di una scossa imminente in tv. La sensazione di trovarsi all'improvviso investito dalla tribù smarrita del carisma di uno sciamano, semplicemente perché leggi Tersiscio e conosci un paio di nozioni concrete sul fracking o su un deposito di gas, è molto meno divertente di quanto non sembri da fuori. Anche perché alla fine alla gente non è che interessi più di tanto il fracking o la faglia: se si fermava a chiederti qualcosa, nove volte su dieci voleva sapere la stessa cosa che pretendeva dalla Commissione: posso tornare a dormire a casa o no? E non ha nessuna importanza che la sequenza stia calando secondo la legge di Omori: ancora oggi, se dici a qualcuno di tornare pure a dormire nel suo letto - e stanotte si riattiva la faglia - tu sei imputabile per omicidio colposo. Perché non sai comunicare bene. L'unica cosa è smettere di comunicare, come credo gli scienziati italiani dovrebbero fare. Ci pensino i giudici, al prossimo terremoto, a informare la popolazione in modo professionale e corretto. Almeno se sbagliano loro non vanno in galera.
Io ho una teoria su come siano andate le cose all'Aquila, che non riuscirò mai a provare e forse è meglio così: credo che la riunione del 31 abbia creato un fungo mediatico che la maggior parte degli aquilani ha decifrato come "no panic, state a casa". Non credo che abbia senso incolpare gli scienziati di averlo sollevato, perché si sarebbe sollevato comunque, qualsiasi cosa avessero detto. Mi ha fatto molto riflettere una cosa che ho letto su questo pezzo di Nature dell'anno scorso: all'Aquila c'era chi leggeva i quotidiani e consultava internet, e chi continuava a fare alla vecchia maniera. I tradizionalisti quella sera hanno dormito fuori. I beneinformati hanno dato un'occhiata alle news e hanno deciso di restare dentro. Le tradizioni ancestrali si sono mostrate più efficaci di internet. Non è una buona notizia: non solo perché facciamo fatica a trovare le informazioni su internet, ma anche perché ci stiamo dimenticando le vecchie tradizioni ancestrali. Ce ne andiamo brancolando nel buio, di buono c'è che possiamo sempre trovare qualcuno a cui dare la colpa, e un giudice che ci dia ragione.
A me non interessa affermare che i terremoti si possono prevedere, la parola "dogma" è dovuta al fatto che su tre/quattro argomenti qui non si riesce a fare un discorso meno elementare della verità di fede.
Concordo con Leo sul "fungo mediatico" in generale ma su questo caso specifico ha ragione Anonimo qui sopra: le premesse affincé si creasse il fungo mediatico sono state create ad arte e appositamente.
sst
"Non si prevedono i terremoti" non è un dogma, è l'evidenza scientifica allo stato attuale delle conoscenze; in ogni caso non li prevede certo Giuliani, anzi non ne ha mai previsto uno in vita sua. In compenso, ha creato una quantità spaventosa di casini.
Non è che tu "abbia la sensazione" del fungo mediatico - o allucinogeno?, facile, Leo, adesso, arrampicarsi sugli specchi. La riunione FU convocata PER dare una sensazione di sicurezza, PER trasmetterla grazie ai media e infine PER togliere ogni credibilità a un outsider che affermava il contrario (e per piacere evitiamo di discutere con quanto fondamento, non è questo il punto, del resto "nonsiprevedonoiterremoti" è il terzo dogma di questo blog, quindi non è interessante parlarne, tanto basta la fede). Lasciando perdere se accogliere o no le ipotesi di Giuliani, la questione sarebbe se mai come la patria accademia, e non da oggi, accetta di relazionarsi col mondo esterno e più in generale con chi non ne fa parte (e non fa nemmeno parte del potere). Una cosa va dato atto agli scienziati di aver detto, cioè che era necessario rafforzare le costruzioni non antisismiche. Possiamo immaginare con quale ascolto da chi avrebbe dovuto vigilare, nell'Italia dell'abuso edilizio... del resto non si fa in un giorno. L'altra questione interessante è che fine farà Bertolaso, che quella riunione volle, che disse "non si può dire la verità" (quando mai! la verità ai semplici?). Se fossero solo gli scienziati a dover pagare per scampare lui, beh, farebbe abbastanza schifo.
La domanda interessante ora
Bene hanno fatto a dimettersi i vertici della commmissione.
Dovremmo tutti imparare che, ove la scienza non dia sicurezze, è inutile pretenderle.
Sapendo che sei un insegnante: come lo vedresti l'insegnamento della statistica nelle scuole? secondo me sarebbe indispensabile nel mondo moderno (ok, ho capito, i fondi, le ore....scusa)
Ti ricordo che, infatti, Bertolaso non è stato condannato.
sst
sst
Fra le altre, ad es., c'è stata questa dichiarazione (letterale, copiata dalla requisitoria) “non c’è un pericolo, io l’ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole ...”
E quindi, direte voi, cosa dovevano fare 'sti poveri scienziati? Dichiarare quello che tutti dovrebbero sapere: i terremoti non si prevedono. E invece (sempre dalla requisitoria): "Tutti gli imputati, componenti della Commissione Grandi Rischi, erano chiamati per legge a interagire tra di loro per scopi, definiti a livello normativo, di previsione e prevenzione del rischio; tutti erano consapevoli delle ragioni della riunione e dei motivi della presenza alla riunione dei rappresentanti delle istituzioni locali; ognuno era consapevole del rilievo dei propri giudizi e dei giudizi espressi dagli altri membri e di come essi erano stati riportati nel verbale da tutti firmato; su tutti gravavano i doveri di chiara, corretta e completa informazione; nessuno durante la discussione aveva espresso dissensi o manifestato opinioni di segno contrario rispetto a quelle altrui; nessuno dei membri della Commissione nelle ore e nei giorni successivi alla riunione del 31 marzo 2009 aveva manifestato smentite, prese di distanza, precisazioni, dissensi o comunque qualsivoglia reazione di segno contrario alle parole consegnate alla stampa da DE BERNARDINIS Bernardo, BARBERI Franco, dal sindaco Cialente, dall’Assessore Stati, pur essendo state queste dichiarazioni ampiamente riportate, con grande risalto, per giorni, da giornali, televisioni e siti internet; in tal modo, tutti in cooperazione colposa tra loro, contribuivano, singolarmente e collegialmente, in modo concreto e rilevante, a modellare i comportamenti di fronte alle ripetute scosse di terremoto, a modificare le abitudini, a indurre le persone decedute a restare in casa, nella notte del 6 aprile, nonostante le due scosse premonitrici, fino alla scossa delle 3,32."
Detto altrimenti: hanno fatto la riunione-show e poi se ne sono sbattuti alla grande nonostante il loro ruolo e la legge venendo meno ai loro doveri istituzionali.
Il giudice non li ha condannati per le dichiarazioni sbagliate ma per l'omissione di atti previsti dalla legge.
sst
Ma che valutazione dovevano fare se siamo tutti d'accordo che i terremoti sono imprevedibili?
C.
Però se frequenti della gente come De Gennaro, e poi finisci in galera pur essendo innocente, dovresti imparare una lezione: non ti fidare dei piccoli-grandi mafiosi. Se ti chiamano per fare una conferenza stampa, tu non rispondere. Infatti mi sembra che la lezione sia passata, e che da oggi non ci saranno più molti sismologi ansiosi di lavorare con la Protezione Civile.
Se proprio, avrebbero dovuto accusarli non di omicidio colposo, ma di concorso esterno in associazione mafiosa (la Protezione Civile o perché no, lo Stato Italiano).
La scienza è dubbio e ricerca, quella che afferma cose assolute si chiama con un altro nome.
Parole sante.
@sst
Sia la commissione che bertolaso sapevano in anticipo l'ovvietà che da tutto il mondo stanno cercando di farci capire, e cioè che "Non ci sono basi scientifiche per concludere che la probabilità che avvenga un forte terremoto sia più alta dopo queste scosse piuttosto che in altri momenti". Hanno deciso di dire in anticipo di dire quest'ovvietà, a fin di bene. Poco importa che bertolaso si sia dimostrate in altre circostanze una figura degna di disapprovazione: nel caso di specie, nella sostanza ha ragione, anche se la forma è discutibile. E poco mi impressiona l'intercettazione che secondo gli esagitati proverebbe chissà quale dolo. La priorità era evitare panico, in assenza di evidenze scientifiche.
ps peter sandman sarà pure un esperto, ma il suo comunicato non è un granchè. Anzi, è deboluccio, direi quasi inservibile da un punto di vista comunicativo.
Bertolaso, intercettato, dice testualmente: "In modo che è più un’operazione mediatica, hai capito?"
I membri della commissione sono stati condannati perché non hanno svolto l'attività prevista dalla legge ma si sono limitati a fornire un'informazione creata a priori dal governo per tranquillizzare i cittadini. Non hanno effettuato alcuna valutazione del rischio. Se a seguito di questa omissione muoiono più persone la condanna per colpa non sembra più tanto strana.
sst
Un messaggio rassicurante.
Una enorme leggerezza.
Non pensavano, i membri di questa commissione, di avere anche delle reponsabilità, anche in mancanza di una risposta scientifica certa?
Non pensavano che l'uso strumentale delle loro parole,da parte della protezione civile, evrebbe potuto causare la perdita di vite umane?
Avrebbero dovuto controllare e contestare anche le virgole.
Così non è stato. In questo senso l'intera commissione non è stata solo inutile, ma anche dannosa.
Il cosiddetto fungo comunicativo opera in maniera simile, in una costruzione corale che corregge la notizia su quello che vorremmo fosse e non su quello che è.
Nei villaggi che fai, ti informi dal vicino, al bar, vai di pettegolezzo, di impressioni, di mio cuggino mio cuggino... non fai indagini precise, men che meno domande (non sia mai, che magari uno s'offende). Così magari sputtani uno dicendo che c'ha le corna e lo sanno tutti, ma non gli chiedi una conferma/smentita per non offenderlo.
Cavoli, che definizione fantastica che era quella, "Villaggio Globale"
Paolo_
Tanto per fare degli esempi, in Germania circola voce che la crisi dell'Euro è dovuta al fatto che i paesi mediterranei hanno una economia assistenzialistica, soffocata di dipendenti pubblici e fondata sullo scrocco.
Oh bella, e chi l'avrebbe detto? Dicunt... tradunt... è una cosa che ho sentito in TV, o forse su un giornale, lo sanno tutti, me l'ha detto mio cuggino, ecc... Ad esempio è nata la leggenda che in Grecia sia pieno di dipendenti pubblici, nonostante in realtà essi siano la metà (in percentuale) di quelli tedeschi, ma ormai tale leggenda viene ripresa e rimbalzata da numerosi blog che a loro volta sono la fonte cui attingono i giornali, con polverone garantito.
Altro esempio in merito: la settimana scorsa c'è stato un consiglio europeo che doveva discutere dell'introduzione di una tassa sulle transizioni finanziarie mediante cooperazione rafforzata (Tobin tax per gli amici). Sono un po' di giorni che vado brancolando alla ricerca di uno straccio di fonte ufficiale che mi dica cosa si è concluso, ma trovo solo blog che si citano a vicenda pingpongando le leggende più opposte (la tassa s'è fatta, non s'è fatta, si farà l'anno venturo, esiste già da due anni, i cinesi hanno fatto pressioni e babeleggiando in tal guisa). Spesso tali blog copiaincollano un altro blog di incerte fonti e diventano loro stessi fonte per articoli giornalistici, in una babele totale.
Dubbio dubbioso: ma non è che l'umanità predilige genericamente il pettegolezzo della filologia?
Le andrebbe di argomentare l'affermazione?
Ma il problema è sempre lo stesso: o si fa spallucce di fronte all'inefficienza totale o si pretende l'efficienza perfetta. Probabilmente i due comportamenti sono collegati.
L'unica soluzione che mi viene in mente: avvallare i comunicati -terrorizzanti o tranquillizanti, a seconda della bisogna- della Protezione Civile.
"Ce ne andiamo brancolando nel buio, di buono c'è che possiamo sempre trovare qualcuno a cui dare la colpa, e un giudice che ci dia ragione."
hai fatto una bella disamima sulla comunicazione giornalistica e c'è poco da aggiungere
l'italia è il paese del sentito dire (l'ho letto sul giornale, ma quale? l'ho visto in tivvù, ma quale? quando?)
ma mandare qualcuno in galera perché non s'è spiegato...
ti ho letto ieri e già volevo risponderti, per cercare di capire...
ammetto di non conoscere benissimo il caso, ottime premesse per parlarne su un blog, ma a ci son due cose che non mi quadrano in quel che hai scritto ieri e nell'inizio di quel che hai scritto oggi:
1. da quel che scrivi oggi pare che l'Italia sia un posto pericoloso per i tecnici, che se casca un ponte van tutti in prigione dal progettista all'ultimo operaio che l'ha costruito. A me pare sia sempre stato un po' il contrario, l'Italia è un Paese dove non si arriva mai ad attribuire colpe certe in queste cose.
2. a me pare di ricordare che ci fu una telefonata di Bertolaso, che diceva qualcosa tipo "organizziamo una bella riunione di scienziati che dicano che va tutta bene, una roba mediatica". Detto fatto, la commissione si riunisce e tira fuori un bel comunicato che dice proprio questo. Ora, ammettendo che non ne abbiamo magari manco parlato più di tanto ma si siano limitati ad eseguire gli ordini, io in effetti in prigione o comunque con una bella condanna me li vedrei. Non c'entra niente l'impossibilità di prevedere o altro. Si tratta semplicemente di un comportamento assurdo e truffaldino. Ma magari ricordo male io
Ricordo male io?
ciao
tuo
Paolo_ (quello con l'underscore)