Gli aborti non sporcano

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Venite a Riva? Io ci sarò tra sabato e domenica. Sono quello basso con la barba vicino a Enzo. Vi siete ricordati di votare (per me)?

Neologismi da salvare (4): Benaltrismo

Neologismo fino a un certo punto – gli Annali del Lessico Contemporaneo lo attestano nel 1995 (se qualcuno conosce il coniatore, l'autore insomma, per favore, segnalatemelo). Uno di quei figli appena nati di amici che ti volti un attimo e vanno già al liceo. “Benaltrismo” ha anche una buona pagina di wiki, sui vocabolari più recenti di sicuro c'è, ed è una delle migliori prove della vitalità della lingua italiana. Perché a fraintendere gli anglismi (“quoto”) son buoni tutti, e a ripiegare sulle trivialità dialettali (“bimbominchia”) pure. Ma benaltrismo è un'invenzione tutta italiana, oltre che un contributo del lessico giornalistico italiano al mondo: posso sbagliarmi, ma direi che a quindici anni suonati resta ancora un termine intraducibile. Non so se vi rendete conto, ma per esprimere lo stesso concetto gli anglofoni sono costretti a laboriosi giri di parole, ah ah ah! Il petto mi si gonfia come quando un personaggio di Underworld dice a un altro: Ehi, lo sai che gli italiani hanno una parola per questa roba? (in quel caso era dietrologia). Sì, non produciamo più divine Commedie e nemmeno Gattopardi, ma riusciamo ancora a inventare qualche buona parola ogni tanto.

Benaltrismo è, tra le altre cose, di facile comprensione. È un benaltrista colui che, di fronte a un determinato problema, afferma che non vale la pena risolverlo e nemmeno parlarne, perché... i problemi sono “ben altri”. Ciò che rende stuzzicante la cosa è che in fondo siamo stati tutti benaltristi qualche volta: e magari quella volta avevamo pure ragione. In quella matassa di complicazioni che è la vita, saper riconoscere quali nodi vanno districati per primi è una dote tutt'altro che secondaria. Tutto questo mentre la sfera dell'informazione prende a girare sempre più vorticosamente intorno a un calendario di emergenze che non si sa bene chi stia dettando: c'è il periodo delle violenze sulle donne e diventiamo tutti esperti di violenza sulle donne, poi comincia la settimana degli zingari ed eccoci tutti zingarologi, e sembra proprio che non si possa procedere finché non avremo trovato una soluzione per il problema degli zingari. Poi cominciano le sfilate. A volte il benaltrista è semplicemente qualcuno che insiste a difendere le proprie priorità, la propria visione del mondo, quei due o tre problemi che considera davvero emergenze.

Ma a volte, naturalmente, è solo un trombone che del mondo si è abbondantemente stancato; ma siccome lo pagano ancora ha individuato 2-3 argomenti inossidabili (es. “Berlusconi ladro”) sui quali ripiegare quando, sempre più spesso, si ritrova senza nulla da dire (“sì vabbè che Fini ha i suoi scheletri nei suoi armadi, però Berlusconi ladro”). Non potrei trovare un esempio migliore di questo atteggiamento dell'ultimo detto memorabile di Giuliano Ferrara, che nella settimana in cui eravamo appunto tutti zingarologi, ha voluto ribadire che i problemi sono ben altri, e che lui resta un convinto abortologo, scrivendo:

Si può abortire un bambino al mattino e piangere sul destino degli zingari la sera?

Questo esempio funziona anche perché illustra molto bene, a mio parere, come mai l'argomento “aborto” sia diventato così gettonato negli ultimi, diciamo, cinquant'anni: prima non è che se lo filassero in molti. Abortire era un triste affare di soldi e ferri da calza, e i Papi avevano di meglio da pensare: se leggete vecchie encicliche ci trovate transustanziazioni, immacolate concezioni, misteri trinitari, ma che fine facessero gli embrioni non era chiaro. Per qualche periodo si parlò di limbo, ma era più un'indiscrezione che un dogma di fede. Tutta questa enfasi sul diritto alla vita è, se la misuriamo coi ritmi di una comunità millenaria, una relativa novità. A un certo punto preti e similpreti si sono accorti che c'era un genocidio, milioni e miliardi di bambini uccisi negli uteri, e vi si sono tuffati con tutto il loro zelo. Che cos'ha di così affascinante la causa degli aborti? Ci sono secondo me tre aspetti che rendono l'aborto l'arma finale del benaltrismo:

1) L'atto di fede è relativamente leggero. Credere nella trinità è complicato e faticoso, credere nell'immacolata concezione e nella sua beata assunzione ti potrebbe anche esporre al ridicolo in società. Viceversa, credere che un embrione sia vivo nell'attimo del concepimento non è né complicato né ridicolo. Non è neanche necessario offendere la scienza: il confine tra “vita” e “non ancora vita” è un problema linguistico, quindi speculativo, quindi siamo liberi di discuterne, quindi non avremo difficoltà a trovare qualcuno che ci dia ragione. Uno come Giuliano Ferrara, alla sua età, non è che può mettersi immediatamente a credere nella transustanziazione come se fosse la cosa più plausibile del mondo: ma all'embrione sì, non è mai troppo tardi per ravvedersi e vedere la vita nell'embrione.

2) Una volta che hai abbracciato la non troppo scandalosa verità (l'embrione è vita!), sei in possesso dell'ordigno benaltrista di fine-di-mondo. Improvvisamente ti svegli e, dove la sera prima c'erano banalissimi consultori e ospedali, tu vedi un genocidio. Legalizzato! E tu non puoi più fare finta di niente. Di conseguenza, non hai più bisogno di preoccuparti di nient'altro. Cioè, stiamo scherzando? Riscaldamento globale? Crisi energetica? Zingari? Politici corrotti? Imprenditori concussi? Mafia e camorre? Ma sono le normali asperità della vita, il problema è che ci sono milioni di individui a cui la Vita stessa viene negata! Ogni giorno! Quando abbracci la causa degli aborti, non hai più bisogno di preoccuparti di nessun'altra causa al mondo. Tanto più che...

3) Gli aborti non sporcano. Questo è determinante. Non c'è causa che, una volta abbracciata, non lasci brutte tracce sulle mani e altrove. Molte, oggettivamente, puzzano. Prendi gli zingari. È difficile stare dalla loro parte. È difficile sposare le cause degli stranieri, dei poveri, dei malati, dei drogati, dei giovinastri. È tutta gente che poi ti tocca andare a trovare, gente che si sentirà tradita se dopo un po' li trascuri, gente che più di solidarietà chiede monetine, gente che ha usanze e odori che non riuscirai mai a condividere. Ma gli aborti, gli aborti sono fantastici. Non fai in tempo a credere in loro, che essi non esistono già più. La cosa che li rende meravigliosi è che proprio in quanto aborti, essi non ci sono. Non puzzano. Non hanno abitudini imbarazzanti. Non fanno chiassose feste in piazza a cui t'invitano mentre tu vorresti stare a casa a leggere Novalis. Uno zingaro potrà lamentarsi della tua solidarietà pelosa. Un nero prima o poi cercherà di sposarsi tua figlia. Ma gli aborti non disturberanno mai chi li difende. Nessun aborto si alzerà mai per dire che preferisce essere abortito piuttosto di evolversi in Joseph Ratzinger o Giuliano Ferrara.

Insomma, capite la bella invenzione? Un piccolo atto di fede e improvvisamente nel tuo mondo esistono milioni, miliardi di individui che tu puoi difendere gratis. Neanche due spicci per levarteli di torno al semaforo: gratis. Gli aborti, se non esistessero, bisognerebbe inventarli. E in fondo è andata proprio così: a un certo punto ce li siamo inventati.
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