Io mi ritrovo quasi sperso

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Come distinguere i falsi ricordi dai veri? Questi ultimi portano sempre una forte componente d'imbarazzo. Avrò avuto dodici anni e a casa dei miei cugini avevo scoperto un canale tv che mostrava soltanto canzoni. Cioè, ogni canzone aveva un suo filmato diverso, e tra una canzone e l'altra non c'era niente, né conduttori stupidi né pubblicità stupida, niente. Solo canzoni, di giorno e di notte, il paradiso.

C'era il problema che erano in inglese. Gli unici italiani avvistati erano Pino Daniele, ma pareva cantasse in inglese pure lui, Yessaino, maùei, qualcosa del genere, e poi questo marziano spiaggiato nel deserto australiano, che voleva dissolversi nell'universo, e lo cantava in un pericoloso falsetto che qualche anno dopo nessuno gli avrebbe più perdonato. Non è che mi piacesse, però con gli anni il ricordo inspiegabilmente non sbiadiva. A quel tempo non c'erano vhs né programmi nostalgici, ogni video che guardavi poteva sparire da un momento all'altro e non tornare più.

Così è per quel video di Mango, non lo trova nessuno. Persino la canzone io non ebbi più occasione di ascoltarla, per più di dieci anni. Al massimo qualche "radio solo musica italiana", intercettata in clandestinità, poteva restituirmi Oro, che sembrava arrangiata con gli scarti di Peter Gabriel. Ma Australia era scomparsa, nessuno sembrava averne mai sentito parlare.

Finché un pomeriggio di una sudatissima estate universitaria non trottai con molta circospezione in un videonoleggio equivoco, e trattenendo il fiato mostrai al cassiere la custodia del Meglio di Mango. Ma non fui sicuro di non essermi sognato tutto finché premendo play non ascoltai quella batteria sintetica, quei gabbiani sintetici, quel falsetto criminale che alza le vele e senza alcun pudore prende il largo, nell'universo. Voi potete ridere di Pino Mango e di me, ma Australia non me la dovete toccare, Australia è resistita in un angolo del mio cervello a cantare sommessamente per più di una dozzina di estati, senza che nessuno la innaffiasse. Australia è la canzone di ogni estate dell'umanità, un dono che i demoni meridiani fecero a Pino Mango, in circostanze che non ho alcun interesse ad approfondire. Il vento è come un gran respiro che va e spazza via confini e città, entra in me e così io mi ritrovo quasi sperso nell'universo, oh. Senza passato, più leggero, io mi risento ancora puro, oh, nell'universo oh oh oh, mentre la luce piano sale alzo le veeeeeeeeeeeele, alzo le veeeeeeeele (la senti una chitarra nel sottoscala che strangola il gabbiano sintetico?) Paragonarla non si può.
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