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La legge del Branco

Ringrazio tutti coloro che mi hanno votato come miglior fonte di spunti, portandomi sul podio dietro a Luca Sofri (complimenti) e davanti ad Akille (nyeah! nyeah! nyeah).
Anche se – adesso posso dirvelo – secondo me vi siete sbagliati. Voglio dire, dove sono tutti questi spunti? Io sto scrivendo sempre le stesse cose. Ho pochi argomenti e raramente cambio idea.

Insomma mi sembro il contrario di quel tipo di blog curioso, che spazia nello scibile umano quotidiano alla ricerca di perle e di porci. Tra l’altro mi piacciono i blog così. Ma io mi somiglio piuttosto a quel tipo di blog che andando avanti negli anni è sempre più selettivo e monomaniaco, sempre più preso da certi cazzi suoi, quel quarantenne che non chiama più nessuno e nessuno lo chiama, si coltiva le proprie personali ossessioni e fine.

Uno che ogni giorno disimpara qualcosa non solo sul mondo, ma persino su sé stesso – ci sono annate di me stesso che mia madre sta chiudendo in scatoloni, per via di un trasloco (i miei genitori crescono, adesso mettono su casa). “C’è qualcosa che ti serve, che t’interessa?” No. Meglio non buttar via, ma grazie, no, niente.

Io che anni fa mi piccavo di avere un parere su tutto, adesso vado in crisi davanti a un qualsiasi tg della sera. C’è tutta una serie di problemi di cui davvero, non saprei e non vorrei dir niente. Non è solo il processo Cogne che riapre e i reporter che si lamentano per lo scarso pubblico. È qualcosa di più profondo. È l’escalation di malati angoscianti che battendo le ciglia avanzano le proprie richieste. Uno vuole morire. Un altro - visto ieri al TG - vivrebbe anche, ma chiede un sacco di soldi. E io da che parte sto? Ho già cambiato canale, scusate. Sul serio, se il dilemma morale è Quanto Concretamente Scuciresti Per Tenere In Vita Uno Che Riesce Solo A Sbattere Le Ciglia, io passo.

È Prodi in Cina che fa quello che stanno facendo tutti i governanti italiani dal 1990 in poi, in perfetta coerenza con le direttive di Ciampi quando faceva l’amatissimo presidente: riallaccia relazioni industriali e chiede di sospendere l’embargo alla vendita di armi che penalizza i poveri armaioli della Val Trompia. Si noti qui per inciso che Prodi agli industriali deve permettere cose concrete, non si può permettere di stordirli a suon di puttanate come il caro vecchio Berlusconi. E quindi io cosa ne penso? Io passo.

E poi l’affare della bimba bielorussa. Che è una cosa tremenda sotto qualunque punto di vista – qualsiasi parere mio o vostro non ridurrà i tempi di dimezzamento delle radiazioni intorno a Cerbobyl, dove quei bambini vivono e continueranno a vivere anche quando l’ondata d’interesse si sarà spostata. Nel frattempo c’è una coppia italiana che ha messo il destino di una bambina al di sopra di tutto. Come forse è giusto che sia – salvo che in quel “tutto” c’è anche il destino di 28mila bambini come lei che non potrebbero più tornare in Italia per l’estate se la Bielorussia s’impunta. E se voi riuscite a formulare un parere voi, complimenti. Io, finché ho potuto, ho cambiato canale.

Poi la curiosità ha mangiato il gatto – a un certo punto mi sono chiesto: ma questi due, dall’aria così normale, come hanno fatto a improvvisarsi da un momento all’altro ladri di bambini e fregare carabinieri e polizia? È un’arte che non s’improvvisa. Ti serve una cappa di omertà irriproducibile in laboratorio, una rete di complicità coltivate per anni, decenni, generazioni. La capacità di comunicare attraverso canali informali e assolutamente sicuri (scordati ti poter usare un cellulare, ma anche un fisso; c’è da tornare al Morse). Non ti basta certo la seconda casa di un amico – occorrono basi logistiche in località sconosciute, covi, tane, insomma, come hanno fatto questi due? Mi sembrava impossibile.

Poi l’altro giorno, sfogliando un blog che è una fonte di spunti, ho scoperto l’arcano (ed è stato come ritrovare un pezzo di me in uno degli scatoloni di mamma). Sono due capi scout. Ok, allora è tutto chiaro. Non la troveranno mai. È un male? È un bene? Ditelo voi. Io non posso esprimere pareri, preferisco fingere di trovarmi davanti a uno di quei film americani primi anni Ottanta che spesso faceva Spielberg, quando gli uomini dei sobborghi erano ancora caparbi, fantasiosi e ribelli, e per una giusta causa fottevano di gusto l’ottuso sceriffo e l’FBI. Al tempo in cui ero un lupetto, appunto.
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