- prima pagare

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Find the cost of freedom (buried in the ground).

Ma lo sapevano, i simpatici arancioni ucraini dell'anno scorso, che la Libertà tanto sospirata implicava pagare la bolletta del gas almeno due volte tanto? Probabilmente no. Adesso che l'hanno scoperto (proprio sotto il solstizio d'inverno), forse sono meno arancioni – e anche meno simpatici. L'Europa che l'anno scorso li appoggiava con tanta determinazione, si è sgonfiata al primo calo di pressione, e Putin ha vinto il negoziato. E noi cittadini del libero occidente? Continueremo a incoraggiare i nostri liberi, freddolosi amici ucraini con tante belle parole, consigli preziosi. Questi del Riformista, ad esempio.

La libertà ha un prezzo, no free lunch. Dovranno pagare l'energia a prezzi di mercato, diversificare i fornitori, riconvertire la loro industria. Non è una operazione che si fa in poco tempo, tanto meno va fatta sotto il bastone di Putin. Però non si scappa. Gli arancioni di Kiev, verso i quali continua ad andare la nostra simpatia e il nostro sostegno, debbono dirlo chiaramente agli ucraini e non gridare soltanto al grande complotto.


Notate: non è che gli ucraini devono preoccuparsi del "bastone di Putin". Però, siccome il bastone c'è, e funziona, "non si scappa". Ed è inutile gridare al complotto, perché questa è semplicemente la libertà secondo il Riformista: un libero mercato in cui i prezzi per ora li stabilisce Putin (che ha il libero bastone più lungo), e poi si vedrà.

Poi uno ha voglia a dire: sono tramontate le ideologie. E discutere così, per assoluti, di "Libertà", "Democrazia", "Cultura", "Cristianesimo", "Islam", che cos'è, se non purissima ideologia? Trentenne come sono, devo dire che questi discorsi mi circondano da sopra e da sotto; e non so dire se mi nausea di più la malafede dei vecchi o la dabbenaggine dei giovani. Ma i vecchi ormai la testa l'hanno fatta e finita: non mi resta che guardare in giù e avvisare: guardate che si sta parlando di nulla, qui. La Libertà con la "L" non esiste, non esiste la Democrazia, la Cultura è più delle volte un complesso mix d'ignoranze, eccetera. Tutta ideologia, per l'appunto: specchi per le allodole, sovrastrutture. L'unica cosa di cui abbia senso parlare è l'economia, per cui (vi prego) ogni volta che qualcuno vi propone esportazioni di democrazie, rivoluzioni pacifiche e liberali, o anche solo riforme e privatizzazioni e liberalizzazioni… voi, prima di dire di sì o di no, ponetevi l'unico quesito che valga la pena: chi paga? Per favore, non fate come gli ucraini, che ci hanno messo il cuore e si sono visti arrivare il conto un anno dopo.

E questo è un principio generale, che vale anche per il caso Fassino: prima di qualunque moralismo, di qualunque autocritica o passo indietro, fatevi una domanda semplice: ma chi lo paga, poi, Fassino? Chi dovrebbe finanziarlo? Non crediate che la risposta stia scritta nera su bianca da qualche parte: non è vero. A 15 anni da Mani Pulite noi cittadini non ci siamo ancora chiariti su come si debbano finanziare i partiti. Ma i partiti, nel frattempo, esistono: e costano. Il centrodestra una soluzione provvisoria l'ha trovata: si è messa a libro paga del riccone. Bene, bravi, anzi no, corrotti, buuh! Ma la sinistra, intanto? Dovrebbe campare d'aria e di gettoni di presenza? Un partito come i DS non è solo una consorteria di parlamentari e amministratori: sotto c'è una struttura, i quadri, il servizio d'ordine, le redazioni di giornali e rivistine che nessuno acquista ma che vanno scritte bene, per le rassegne stampa, e i redattori devono sapere anche l'inglese per scrivere no free lunch senza errori… e poi c'è da studiare una fuoriuscita per i mediocri, quelli che non ce l'hanno fatta e si sono persi lungo il cursus honorum (la settimana scorsa, su Diario (23/12/05, pag. 6), Deaglio ricordava i trascorsi di Sandro Bondi: Era il sindaco del Pci di Fivizzano, cittadina della Lunigiana. Una congiuretta di paese lo fece fuori e lui si rivolse al partito: avete lavoro per me? Sì, gli dissero, va’ a raccogliere polizze per l’Unipol a Pontremoli. Lui rispose: “È un umiliazione!” (Erano gli anni in cui Consorte rendeva forti le coop). E bussò a casa Berlusconi, che lo assunse).

…E last but not least ci sono le spese di campagna elettorale, col non trascurabile dettaglio che l'Italia è in campagna elettorale permanente da dieci anni; e che l'avversario, le regole, non le ha mai rispettate e mai le rispetterà, per definizione. Lui ha il quasi-monopolio del mercato pubblicitario, può tappezzare le città di manifesti stampati e incollati a prezzo di favore, e Fassino intanto che fa? Prendi anche solo un consulente all'immagine del calibro di Klaus Davi, l'uomo che ha portato Fassino da Maria De Filippi: chi lo paga, il conto di Klaus? I mangiatori di porchetta al Festival dell'Unità? Ma anche i Festival hanno un loro prezzo (sia detto per inciso che la generazione dei volontari di ferro, patrimonio inestimabile di friggitori di porchetta, non durerà in eterno, e forse neanche altri dieci anni). Per fortuna che c'è Unipol che sponsorizza. E quanto costa, all'Unipol, sponsorizzare il Festival dell'Unità? E chi decide dove termina la sponsorizzazione e dove comincia il collateralismo? Non lo decide nessuno. O se preferite, lo decidiamo adesso qui. Ma sì: proponiamo una legge che proibisca qualunque sponsorizzazione a qualunque evento di natura politica. La moglie di Cesare dev'essere al di sopra di ogni sospetto, e anche le cugine e le cognate fino alla settima generazione – non ha nessuna importanza se qui di fronte la moglie di Gneo Pompeo ha aperto un lupanare.

Quello che indispettiva tanto in Craxi, quindici anni fa, era quel tutti rubavano, tutti sapevano. Quello che oggi indispettisce in Fassino è quel gesuitismo di ritorno, quel mettere le mani avanti, abbiamo una banca, anzi no, scusa, non vorrei che gli intercettatori equivocassero, la banca è solo tua, mi informo solo per cultura generale. C'era della grandezza in quel mariuolo di Ghino di Tacco, c'era della spavalderia, c'erano gli anni Ottanta. Fassino invece è uno che non si può nemmeno dire che rubi, tecnicamente, ma comunque già se ne vergogna. Craxi – certo – era molto più facile da odiare. Fassino fa semplicemente cascare le braccia. Ma scusa, ti fai chiamare sul cellulare? Ti fai dettare le percentuali? E scriversi una mail, ordinata, criptata, no?

Sia Craxi che Fassino, in ogni caso, non hanno fatto che cercare a modo loro una risposta alla sola domanda che valga la pena: chi paga? Dice Prodi che bisogna tracciare nuovi confini. Perfetto, sono d'accordo. E a quella "massiccia maggioranza, di Italiani per bene (per bene, non perbenisti), di cittadini onesti (moralmente onesti e non moralisti)", propongo allora di tracciare il seguente confine: mettete nero su bianco quanto siete disposti a sborsare, per avere una politica non commista alla finanza. Unipol-BNL non deve finanziare la campagna elettorale? Perfetto: fate un prezzo voi. Quanto sarebbe disposto a dare, ciascuno di noi, per togliersi Berlusconi dai piedi e avere un partito solido, strutturato e "pulito"? Bando alle ciance e alle autocritiche: fuori i soldi. Prima pagare, poi democrazia. In Ucraina hanno fatto il contrario: a momenti finivano sottozero.
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