- 2005

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A questo punto credo di dovervi una spiegazione

Era la fine del 2004, e secondo me era tempo di cambiare.
Il momento sembrava propizio: finita l’era eroica del mezzo, ognuno cominciava a usarlo senza più tanti metadiscorsi, per discutere di sé e degli amici davanti a sé e agli amici. Tutto ampiamente pronosticato – e anche piuttosto noioso.
Quindi era tempo di cambiare. Prima degli altri (perché è solo così che funziona), e senza troppo preoccuparsi di come sarebbe andata a finire. Si sa come vanno a finire i progetti lungamente ponderati: accartocciati nel cestino. Allora si fa così: si prende un’idea semplice e si tira avanti alla giornata (perché il senso di un blog rimane questo: alla giornata). Poi, verso l’estate, si fa una pausa, si tirano le somme, e si conclude. Facile, no?
No?

L’idea
Allora, vediamo, prendiamo il blog, e vediamo come può evolvere in qualcosa di diverso. Non stiamo parlando di rifare il template, la carrozzeria. A quello son capaci tutti. No, è tempo di modifiche strutturali.
Si fa presto a dire. Cos’è la struttura di un blog? Il calendario. Possiamo modificare il calendario: per esempio, mandarlo avanti. Quanto tempo in avanti? Parecchio, altrimenti che senso ha? Ma devo ancora essere vivo e pensante. Vent’anni, ottimo, così mi becco l’ovvio revival sugli anni ’00.
Se è un futuro prossimo, sarà naturalmente una distopia – e qui pensavo di andare sul sicuro, ormai è un genere più codificato del western. Anzi, meglio non esagerare. Mantenere un respiro crepuscolare: niente topi cupi, un grigio indistinto. Una società dove tutto è permesso ma tutto è noioso. Il grande Echelon ti guarda, ma nessuno ha voglia di mettersi lì a guardare tutti i nastri del grande Echelon, sicché alla fine tutto questo gran controllo va in vacca. E non è tutta colpa di Berlusconi o Bush, ovvero: sì, in parte è colpa loro, ma anche mia, perché è un futuro che ho immaginato io, e ci ho messo molti difetti che sono miei prima di essere di Berlusconi e Bush. In pratica, cosa accadrebbe se io e Berlusconi avessimo la possibilità di governare insieme per vent’anni? Leggete 2025 e lo saprete. Beh, sembrava una buona idea. Se avessi avuto più tempo per svilupparla, senza dubbio l’avrei appallottolata e indirizzata nel cestino, ma così, di primo acchito, una sera di nebbia, sulla nazionale per Carpi…

Postmoderno è chi il postmoderno fa
"Ma dove trovi le idee?" Di solito, le copio agli altri. Fanno tutti così. Genius is 1% inspiration and 99% perspiration. Parlare di genius, in questo caso, mi sembra inopportuno; garantisco in ogni modo che la mia formula è 100% traspirazione (e il risultato si vede, direte voi).
Però bisogna chiarirci su cosa intendiamo per citazione. La citazione in sé e per sé non m'interessava. Non m'interessa far sapere a chicchessia che ho letto Orwell, Bradbury (in realtà ho visto solo il film), l'Apocalisse, i profeti Ezechiele e Daniele, il primo romanzo del ciclo Left Behind (una noia infernale), qualcosa di Dick (non saprei neanche cosa), niente del cyberpunk (ma penso di averlo respirato), Infinite Jest, Marco Polo… il gioco all'"indovina chi sto citando adesso" non m'interessava minimamente.
Quello che m'interessava era ragionare sopra questo mio immaginario distopico. Prendiamo ad esempio Fahrenheit 451: cosa mi ha lasciato? Qual è la mia posizione, oggi, nei confronti della letteratura apocalittica? Credo che sia un genere interessante, e che valga la pena contribuirvi? Il dibattito era aperto – naturalmente in classe sbadigliavano.
Il senso finale (qualcuno potrebbe esserselo perso) è: no. In fin dei conti (anche se considero a tutt'oggi 1984 uno dei più poderosi oggetti letterari mai scritti) penso che gran parte della letteratura apocalittica sia il frutto di un egotismo malato ("dopo di me il diluvio", ecc.) e che, a furia di immaginare apocalissi, rischiamo prima o poi di avverarle, come di solito si avverano le profezie. Il caso di Left Behind mi sembra eloquente – ma anche Matrix, coi suoi fumi gnostici, non è il prodotto dello stesso brodo di cultura di Al Quaeda? Dimentica tutto quello che vedi e che senti, sono solo idiozie, la tua vera vita è altrove, e devi combattere per tornarci… tutto questo, non è terribilmente pericoloso?

Ma se è terribilmente pericoloso – se è roba che scotta, come i libri di Montag – allora perché ho voluto provarci anch'io?
Non lo so. Forse perché poteva essere divertente. Scottarsi. Ogni tanto.
Non lo farò più.

Questa è letteratura, (stronzi!)
Una cosa che mi era rimasta sul gozzo, adesso posso dirlo, è il non essere mai stato considerato un blog narrativo. In parte è colpa mia, naturalmente. Forse bastava mettere fuori un cartello: Ehi, sono anch’io un blog narrativo. Sembra politica, ma è letteratura. Sembra filosofia, ma sono solo storielle. Sembra diario, ma è narrazione...
Forse bastava partecipare a qualche discussione. E’ paradossale questo signore che pretende di farsi leggere sull’internet ma non ama le discussioni. Un cuoco che non ama i fornelli. In ogni caso, se avessi mai fatto qualcosa di diverso, era inteso che sarebbe stato a carattere scopertamente narrativo. Così se ne sarebbero accorti, quelli…

Scusate, come non detto
Un anno dopo, sono più che mai contento che non se ne siano mai accorti, quelli. Visto com’è andato l’esperimento. A un certo punto del 2025, ho ricominciato a consultare febbrilmente il contatore, ma con un atteggiamento nuovo: non più “vediamo quanti visitatori abituali riesco a conquistare questo mese”, ma “vediamo quanti riesco a perderne”. Passare da una media di quattrocento giornalieri (con picchi di 450) a centoottanta (con picchi di 200) mi ha regalato una sorta di perversa gratificazione. Visto che tutto sommato le cose andavano male, era molto meglio che nessuno se ne accorgesse.

Però, devo dire, sono un poco stupito che non se ne sia accorto davvero nessuno. In una s-comunità estesa di persone che non fanno che scriversi addosso, dove ci sono siti fatti apposta per parlare male di altri siti fatti apposta – e sono i più consultati – e a ragione, perché spesso sono quelli scritti con più talento e partecipazione – non c’è stato nessuno, ti giuro, nessuno che si sia alzato a dire: Leonardo è scoppiato. Possibile che nessuno abbia voluto infierire? Facevo così pena? No, il fatto è che i più non se ne sono accorti. Mi hanno lasciato perdere e basta. Per stroncarmi bisognava leggermi e leggermi stava diventando sempre più faticoso. Ecco come mi sono salvato dai critici: li ho ammazzati sotto quintali di narrativa scadente. Per altro, qualche critica mi avrebbe fatto bene. Ma… no, non mi sentivo ancora pronto.

(Per correttezza, bisogna aggiungere che non ho semplicemente perso accessi: ne ho anche guadagnati. C’è gente che ha iniziato a leggere questa roba senza conoscere quello che facevo prima, e che mi apprezza proprio per questa roba. Sono un po’ imbarazzato nei loro confronti. Per fortuna sono pochi).

Ma che braaaaaaahung…
Poi ci sono quelli che in generale apprezzavano, ma col tempo hanno iniziato a sbadigliare sempre più di frequente, e hanno concluso che non era colpa mia, ma del mezzo: la narrazione a lungo respiro non si adatterebbe al ritmo quotidiano del blog. Per cui hanno lasciato perdere le puntate settimanali e si sono ripromessi di leggersi il malloppo finale, magari raccolto in volume, o al limite in pdf.
Io ringrazio per la fiducia, ma purtroppo non sono d’accordo. Continuo a pensare che ci sia spazio, sull’internet, per il caro vecchio feuilleton a puntate (scritto magari da uno bravo). In ogni caso provateci pure, adesso, a rileggere il tutto come se fosse un’opera conclusa. Provateci, su. E poi ditemi se funziona.

Funziona?
No.
La trama è al tempo stesso esile e astrusa. I personaggi sono pure macchiette, alcune sembrano prese di pacca dagli stereotipi della letteratura di consumo (con tanto di cappello a chi questa roba riesce anche a renderla consumabile). Alcuni – prevedendo forse il flop – si levano dai piedi diversi mesi prima del finale. E questo era l’esperimento che avrebbe dovuto dimostrare a tutti le potenzialità narrative di Leonardo? Come la mettiamo?

Di fronte a queste critiche ovvie, che nessuno mi ha fatto ma che ero in grado benissimo di farmi da solo, la mia linea di difesa è: non è un romanzo. Voi pensavate che fosse un romanzo, ma io non mai detto che volevo fare un romanzo. Quando vorrò fare un romanzo, ve lo dirò, e voi vedrete che se m’impegno so fare un romanzo bellissimo, ma stavolta no. Volevo fare un’altra cosa. L’intreccio era solo un pretesto, l’ho voluto apposta esile e astruso, in modo da attaccarci qualunque cosa mi venisse in mente. Anche i personaggi erano un pretesto, alcuni li ho lasciati appunto al livello di macchiette proprio perché un approfondimento psicologico non m’interessava punto, quella è roba da romanzi e io non volevo farne. Al momento. Questa è la mia linea di difesa.

Il 2025
Ma se davvero non volevo fare un romanzo, cosa stavo facendo, esattamente? Se non m’interessavano i personaggi, né la trama, qual era il punto?
Tutto sommato il punto restava il buon vecchio blog. Chi ha smesso di leggerlo pensando di non riuscire più a capire cosa stava succedendo, secondo me si è sbagliato. Non stava succedendo niente di particolarmente nuovo. I post continuavano a parlare di quello che accadeva nel 2005 – da una prospettiva distorta, certo, ma nemmeno tanto. Si parla del Live 8 e degli uragani, del referendum e della morte del Papa. Con l’idea che molto spesso gli avvenimenti possano cambiare di significato in vent’anni: ricordare l’attentato in Inghilterra solo per la tempesta di messaggini che la Farnesina mandò a tutti i cittadini italiani residenti a Londra, o l’11 settembre perché la cessazione improvvisa di tutti i voli sul continente nordamericano rese possibile calcolare l’influenza delle scie dei jet sul riscaldamento globale. Ecco. Si trattava di smuovere un po’ di polvere di ovvietà dai fatti di cronaca. Purtroppo oggi il blog molto spesso funziona da catalizzatore di ovvietà. Se c’è un incidente devi dire “oh, quanto mi dispiace”. Se il tuo avversario politico fa una cazzata devi scrivere “yahoo, sono contento”. Cacofonia, inutile, pura funzione fatica – che fatìca. Volevo anche prendermi una vacanza da tutto questo.

In realtà, senza dialoghi e senza flame, mi sono sentito piuttosto solo. Ben mi sta.

Il 2005
Tutto questo, in realtà, non è molto importante. È possibilissimo che si sia trattato, alla fine, di un fallimento. Un passo più lungo della gamba. Qualche anno fa mi avrebbe steso, adesso no. Durante l’anno la preoccupazione dover terminare una storia ambientata nel 2025 è scivolata piuttosto sul fondo della lista delle mie priorità.
E' stato un anno discretamente difficile, il 2005; non sto a spiegare il perché. Ma soprattutto è stato un anno molto offline. Certe sere l’idea di mettersi a tavolino a continuare la storia di un cinquantenne che vivacchia nel 2025 mi suonava assurda. Il fatto è che man mano che vado avanti nella mia vita, il blog funziona sempre meno come fonte ausiliaria di gratificazioni. Questo è buono per me. Per i lettori, non so. Non credo.

E nel 2006?
Per il primo semestre, almeno, pensavo a una cosa molto politica. Perché mi fa rabbia questa cosa, che molti non si siano resi conto quanto questo blog sia un oggetto politico. Anche quando sembra narrativa, in realtà è politica al 100%. Quest’anno poi abbiamo le elezioni, e non vorrei ripetere la figura di cinque anni fa, quando iniziai a preoccuparmene solo a frittata fatta. In realtà vorrei essere più serio e costante in quello che faccio. Più attendibile. Se poi le elezioni le perdiamo anche stavolta…

…nel secondo semestre si vedrà. Secondo me con un po’ di sforzo il feuilleton può funzionare. Insistendo di più sui personaggi, variando i punti di vista. (Uno dei limiti, nella prima parte, era doversi inventare tutto alla prima persona. Quando ci ho rinunciato mi è sembrato di cominciare ad ingranare, non so se qualcuno ha provato la stessa sensazione). Ecco, più protagonisti, più storie, intrecciate tra loro – in pratica, una soap. Ma non credo di esserne capace - vediamo cosa ci riserva il futuro.
Non posso che concludere con le parole che Tim Burton mette in bocca al mio eroe, E. D. Wood Jr, al telefono col suo primo produttore: se mi rendo conto di aver realizzato il peggior film di fantascienza di tutti i tempi? Beh, il prossimo sarà migliore.
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