In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Grandi Navi fuori dalla laguna. Ma adesso si apre la battaglia per la difesa del canal Contorta
6/11/2013EcoMagazine, Global Project
Gli ambientalisti veneziani hanno accolto con parziale soddisfazione e forti perplessità la soluzione partorita dal Governo per risolvere la questioni delle grandi navi. La soddisfazione è tutta per l’auspicato blocco del transito dei grattacieli galleggianti, così come era previsto dal decreto Clini. Dal primo novembre 2014 il transito delle Grandi Navi con stazza lorda superiore alle 96 mila tonnellate dovranno rimanere fuori non solo dal bacino di San Marco ma dall’intera laguna. Dal primo gennaio prossimo inoltre, il numero delle delle navi da crociera di stazza superiore alle 40 mila tonnellate dovrà essere ridotto fino al 20 per cento rispetto al 2012. Sempre dal primo gennaio 2014 sarà vietato il passaggio nel Canale dei traghetti, con conseguente riduzione del 25 per cento dei transiti davanti a San Marco e del 50 per cento delle emissioni inquinanti.
Soddisfazione espressa anche dal sindaco Giorgio Orsoni che ha incassato anche lo spostamento del terminal crocieristico a Marghera: “Per la prima volta il Governo è intervenuto concretamente sulla questione delle Grandi Navi da crociera. Oggi si è invertita finalmente la tendenza al gigantismo in Laguna. Basta mega crociere a due passi da San Marco, si imporranno infatti fin da subito limiti ben precisi sulle navi che potranno entrare a Venezia”.
E’ lo stesso sindaco di Venezia però che esprime forti perplessità per il ventilato scavo del canale Contorta che emerge dal tavolo di Palazzo Chigi. Nella nota diramata dall’ufficio stampa del consiglio dei ministri infatti si legge la necessità “di prevedere una nuova via di accesso alla Stazione marittima, individuata nel canale Contorta Sant’Angelo, come diramazione del Canale Malamocco-Marghera. Nella valutazione di impatto ambientale di questa opzione saranno naturalmente considerate eventuali soluzioni alternative, compresa quella del Canale Vittorio Emanuele”.
Come dire che il nostro Governo è strutturalmente incapace di pensare una soluzione ad un disastro ambientale causato da una Grande Opera (che altro le Grandi navi non sono) che non preveda la realizzazione di un’altra Grande Opera. Una “soluzione “ che sposa in maniera acritica la proposta alternativa al mantenimento dello status quo avanzata al tavolo della lobby crocieristica. “E’ gravissimo che il Governo abbia deciso di dare il via libera alla valutazione d’impatto ambientale per lo scavo del nuovo canale Contorta Sant’Angelo – ha commentato Beppe Caccia-. Non c’è alcuna ragione plausibile per non confrontare e valutare con pari dignità tutte le proposte alternative che erano state avanzate, dalla realizzazione di un nuovo terminal transitorio a Marghera alla definitiva collocazione del porto passeggeri fuori dalla Laguna. Lo scavo di nuovi canali con la drammatica ulteriore manomissione degli equilibri lagunari è semplicemente inaccettabile. Ci batteremo in ogni sede contro questa follia”.
Abbiamo buttato le Grandi Navi fuori dalla laguna. Il canale della Contorta non può essere un’escamotage per farcele rientrare
Un giro di spritz tra le case occupate
17/10/2013Global Project
E proprio di un classico, venezianissimo, “giro di spritz” si trattava. Solo che invece di bacari e osterie si faceva tappa tra le case che gli studenti di Ca’ Foscari e dello Iuav hanno occupato per poter continuare gli studi senza svenarsi per pagare affitti impossibili alle agenzie private. Il perché è stata intrapresa la strada dell’occupazione, è spiegato nel comunicato che presenta l’iniziativa: “Gli affitti sono troppo alti, i trasporti insufficienti e troppo cari, mense, biblioteche, spazi per la socialità inadeguati. Governi di destra, di sinistra, di destra-sinistra rifilano alle generazioni più giovani scuole fatiscenti, atenei in rovina e dormitori-caserme. Studiare e abitare sono nostri diritti che vengono smantellati giorno dopo giorno! Per questo abbiamo individuato case di proprietà di Ca' Foscari o dell'Ater, lasciate vuote e al degrado, ne abbiamo riaperto porte finestre, ricostruito sanitari, ridipinto muri”.
Ca’ Tortuga, nel popolare quartiere di Santa Marta, è stata la prima casa ad essere occupata quattro anni fa, ai tempi dell’Onda Anomala. In questi anni ha dato ospitalità e la possibilità di laurearsi a 25 studenti. L’occupazione inoltre ha contribuito a rimettere in discussione i criteri con i quali vengono assegnati borse di studio e appartamenti nelle case dello studente. “Per essere considerato fuori sede devi essere residente oltre i 40 chilometri - spiega Marta - Una assurdità pensata col compasso e che non tiene contro della peculiarità di una città senza auto come Venezia”.
Peculiarità che lascia poco spazio tanto agli studenti quanto alle giovani coppie in cerca di una casa. Sul mercato, non trovi un posto letto a meno di 200 euro. La media si aggira sui 4 o 500 euro. Non è una città per giovani, questa. Tante case, soprattutto nei quartieri universitari, non sono altro che magazzini ristrutturati alla bell’è meglio. Ristrutturazione che non possono tener conto dell’acqua alta. Così, quando butta a scirocco, ti capita di trovarti trenta centimetri di laguna sotto il letto.
Se si esce dal mercato privato, le alternative sono davvero poche. L’Esu versa in fallimento cronico tra tagli e incapacità gestionale. Inoltre con 400 posti contro una popolazione stimata sui 25 mila studenti, può fare ben poco. In quanto a Ca’ Foscari, seguendo una pura logica gestionale (fallimentare, tra l’altro) ha appaltato il servizio ad un “ufficio housing” che risolve tutto dirottando verso il privato. Rimane solo la Pastorale, un ente religioso che gestisce 1500 posti letto. Ma anche a voler soprassedere sul costo di un letto che non ha nulla da invidiare alle agenzie di San Marco, rimane il fatto che gli orari sono da clausura, la socialità imposta e la messa obbligatoria. Capirete che anche per chi vuole salvarsi l’anima queste condizioni non son facili da mandar giù!
Così si marcia a Venezia. Tre università, zero politiche abitative. “Per questo - conclude Filippo, occupante di Ca’ Tortuga - abbiamo deciso non solo di occupare ma a anche di proseguire e di incentivare le iniziative di occupazione. Abbiamo individuato altri appartamenti vuoti e degradati di proprietà dell’università e ci entreremo presto, ristrutturandoli e riadattandoli alle nostre esigenze. L’importante è occupare in maniera consapevole, senza forzature con il vicinato ma, anzi, ‘adottandolo’ come ci piace dire. Abbiamo vinto processi proprio perché i vicini hanno testimoniato a nostro favore. Certamente tutti preferiscono avere dei giovani come noi nell’appartamento di sopra, piuttosto che infiltrazioni e pantegane. Voglio dire, non è un caso se la signora del, piano di sopra ogni tanto ci viene a trovare con una torta in mano!”
In piazza per un mondo nuovo. Quello disegnato dalla nostra Costituzione
10/10/2013EcoMagazine, EcoVenezia, In Comune
Saluti di Mario Bonifacio, del direttivo provinciale dell’Anpi, che ha portato l’adesione dell’associazione partigiani della provincia senza nascondere il suo sconcerto per la mancata adesione del nazionale.
Centrale l’intervento di Lorenza Carlassare, docente di Diritto Costituzionale all’università patavina, che si è chiesta come mai la Costituzione sia così detestata. “Le sua radici affondano in un sogno di libertà e di democrazia. E’ avversata perché, se fosse applicata, aprirebbe la strada ad una stagione di profonde e bellissime trasformazioni sociali. Gli attacchi alla Costituzione sono cominciati sin dalla sua nascita. Il primo sistema utilizzato per sabotare la sua dirompente forza di democratizzazione è stato quello di non applicarla sin da subito. Questo, per le forze della conservazione è stato sin dall’inizio il modo più efficace di contrastarla. Il secondo e più recente passo è stato quello di violarla. Gli esempi sarebbero tanti. Ricordo solo la sostituzione dei decreti legge ministeriali alle leggi votate e discusse in parlamento. L’ultimo tentativo di depotenziare la Costituzione è stato quello di proporre continuamente proposte di riforma in modo da farla passare come inadeguata. Anche ‘vecchia’, l’hanno chiamata, senza considerare che quella americana o quella inglese sono assai più datate. E senza considerare che i principi di democrazia e libertà su cui è fondata non invecchiano mai”.
Sugli obiettivi della manifestazione, la Carlassare ha ribadito che non è una zattera per profughi politici ma una iniziativa “che vuole soltanto risvegliare le coscienze per spingere i cittadini a riappropiarsi della propria vita. Perché la Costituzione non è una cosa astratta! Detta dei principi che vanno applicati. Un esempio? La collocazione delle risorse in questi tempi di crisi. Cosa ci dice la Costituzione? Non spendiamoli in bombardieri che contrastano i suoi articoli ma piuttosto investiamoli nelle scuole e nell’istruzione che lei stabilisce come garantiti. Lo stesso per il diritto d’asilo. La Bossi Fini è anticostituzionale perché l’articolo 10 garantisce i rifugiati. Un altro esempio? l’articolo 27 che subordina la pena carceraria alle condizioni del carcerato. E potremmo continuare fin che volete”.
La parola al giornalista Beppe Giulietti di Articolo 21. Associazione che si richiama espressamente alla Costituzione e al diritto di avere una libera stampa. Un diritto che, vorrei ricordare, non è esclusivo ai giornalisti ma a tutti i cittadini. Giulietti ha messo in guardia contro i rischi di derive presidenzialiste. “Già viviamo un presidenzialismo a reti unificate, ci mancherebbe vederlo anche nella Costituzione. Ci raccontano che le riforme sono necessarie? Io credo che l’unica cosa necessaria sia applicarla, la Costituzione. Ma prima ancora che le proposte di riforme non mi piace il contesto in cui questa proposte vengono portate avanti. Non c’è più De Gasperi. Adesso dovremmo discutere con un condannato in via definitiva? Ieri c’era un cemento antifascista alla base dell’assemblea costituente. Oggi, se mi passate il gioco di parole, ho dei forti pregiudizi su troppi pregiudicati che vorrebbero riscrivere la Carta Costituzionale. Come si fa a sedersi attorno ad un tavolo con gente che ha marciato contro i tribunali? Prima bisogna disinquinare l’ambiente, risolvere il conflitto di interessi, preparare una nuova legge elettorale. Tutti passaggi che non centrano con la Costituzione. Per questo, sabato a Roma marceremo per applicare e non per difendere la nostra carta costituzionale”.
Luca Trevisan della Fiom ha portato il dibattito sui temi del lavoro. “Siamo di fronte ad una crisi della rappresentanza che riguarda anche il sindacato e questa è anche conseguenza della mancata applicazione della Costituzione e della preponderanza delle forze della finanza. Il lavoro è diventato una merce e neanche delle più pregiate. Sono state ridotte le protezioni sociali e colpito il welfare. Le conquiste ottenute sono state messe in discussione. A Marchionne che afferma che in Italia non si può fare imprenditoria per colpa della Costituzione, rispondiamo che non è la Costituzione che bisogna cambiare ma le politiche. Dobbiamo cambiare modello di sviluppo e costruire una nuova economia. Sabato scenderanno in piazza tante persone provenienti da tanti schieramenti diversi per chiedere una prospettiva di cambiamento che tragga la sua forza proprio dalla Costituzione”.
Libera è l’associazione di don Luigi Ciotti che si batte contro le mafie. E il miglior libro anti mafia, ha spiegato don Luigi Tellatin, è proprio la Costituzione. “Basterebbe applicarla, far funzionare lo Stato e rafforzare la democrazia. Così la mafia diventerebbe inutile e sarebbe battuta”. Don Luigi è uno che nel suo comodino tiene sempre due libri: il Vangelo e la Costituzione. “Il mio vangelo laico”, spiega, ed invita a coltivare il senso della memoria contro un popolismo banale ma furbo che “svuota i principi in nome della tecnologia dei mercati”.
Chiusura per Gianfranco Bettin, assessore comunale all’Ambiente. “La Costituzione è stata una di quelle cose che solo gli italiani sono capaci di inventarsi nei momenti più bui. Oggi, è in atto un tentativo di svuotarla di significato, di impaludarla. Una tecnica consolidata che abbiamo visto all’opera troppe volte. Con la riforma sanitaria, ad esempio. Ma anche con la legge di interruzione della gravidanza o con la legge Basaglia. Leggi tanto innovative quanto scomode che subito dopo la loro approvazione o non vengono applicate o vengono delegittimate. Così sta accadendo con la Costituzione. Ricordate quando Berlusconi la definiva ‘una carta sovietica’ da cambiare a tutti i costi? Adesso il gioco è più sottile ed insidioso. Ci raccontano che è superata, che ha bisogno di essere riformata. Non è vero. E’ un tentativo di colpire i suoi principi sempre attuali. Un tentativo che va smascherato per quello che è”.
Bettin fa notare anche come la perdita di autonomia degli enti locali, i Comuni in primis -oramai ridotti a meri enti applicativi di quanto deciso a Roma se non direttamente da Bruxelles - vada ad inserirsi in questo tentativo di svuotamento della nostra carta costituzionale: “un vero attacco alla democrazia e alla partecipazione”.
“Per questi motivi - conclude l’assessore - la manifestazione di sabato non ha lo scopo di difendere il vecchio mondo ma di costruire quello nuovo. Con la Costituzione come arma da combattimento”.
L'ombra della mafia sul Mose e sul Consorzio Venezia Nuova
9/10/2013EcoMagazine, Global Project
Come nel caso degli appalti in Fincantieri, non esistono isole felici, o aree del Paese immuni dall’infiltrazione mafiosa.
Mauro Scaramuzza non è certo una figura di secondo livello col suo ruolo di amministratore delegato della Fip spa di Selvazzano Dentro (Padova), una società controllata dalla Mantovani spa della famiglia Chiarotto. Il suo nome ricorre in molti dei più importanti e discussi affari degli ultimi anni nel campo delle opere pubbliche: dalla ricostruzione dell’Aquila ai lavori in Lombardia per Expo2015, dai rapporti con la Cmc di Ravenna, ditta titolare delle opere preliminari alla Tav in Val Susa, fino alla sottoscrizione di “protocolli antimafia” in appalti chiacchierati.
Ma soprattutto Mauro Scaramuzza è un “uomo cerniera” dal ruolo chiave nel sistema di potere organizzatosi intorno al progetto del Mose e al Consorzio Venezia Nuova. Sua, come abbiamo detto, è la responsabilità della realizzazione delle cerniere che devono connettere le paratoie delle dighe mobili ai cassoni appoggiati sui fondali delle bocche di porto. Cerniere sulle cui garanzie di affidabilità e condizioni di sicurezza il consigliere comunale Beppe Caccia ha presentato oltre un anno e mezzo fa un’interrogazione che non ha mai ottenuto risposta dal Magistrato alle Acque di Venezia.
“L’arresto dell’ingegner Scaramuzza proietta l’inquietante ombra di Cosa Nostra anche sulla concessione unica per le opere di salvaguardia di Venezia e della sua Laguna - ha commentato Caccia -. Dimostra che c’è un sistema malato legato al monopolio del Consorzio e agli affari da esso gestiti nell’ultimo trentennio. Prova ne sia che i nuovi vertici della Mantovani spa sono ben lontani dal compiere quella ‘operazione di pulizia’ che avevano promesso al momento del loro insediamento. Quest’ultimo arresto conferma la necessità che il governo e il parlamento avviino una seria verifica sia sulle caratteristiche tecniche del progetto Mose. La questione dell’affidabilità delle cerniere rimane tutt’ora aperta, così come dell’efficacia dei dispositivi di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici. E’ indispensabile anche fare chiarezza su come sono state spese le ingentissime risorse pubbliche gestite dal Consorzio e dalle imprese ad esso collegate. L’inchiesta della procura ha dimostrato una volta di più, come sia urgente mettere mano alle riforma della Legge speciale per Venezia, superando una concessione unica che si sta rilevando sempre più criminogena”.
“Un ultimo suggerimento a chi di dovere - conclude Caccia -: non pensate sia il caso di cancellare la pomposa cerimonia prevista all’Isola Novissima per sabato pomeriggio? Mancherà di sicuro l’uomo-cerniera e non mi pare ci sia proprio niente da festeggiare”.
Grandi Navi. E’ l’ora delle scelte. O altri sceglieranno per noi
5/10/2013EcoMagazine
La conferenza stampa ha fornito ai due onorevoli l’occasione per fare il punto dell’iter delle varie proposte legislative sulla questione Grandi Navi, dopo le sospensioni imputabili a quella sorta di farsa parlamentare delle “dimissioni di massa” che è stata l’ultima crisi di Governo.
Il deputato Marcon ha ufficialmente chiesto al presidente del consiglio Enrico Letta di riconvocare la riunione del Comitatone che avrebbe dovuto svolgersi il 2 ottobre, ed ha aggiunto: “Un vizio del decreto Clini è quello di non stabilire un termine perentorio per la chiusura della lagunare grandi navi. Abbiamo quindi depositato un progetto di legge che fissa termini certi anche in assenza di soluzioni alternative. Per velocizzare i tempi, abbiamo depositato anche una mozione. L’importante è fare presto. L’urgenza è liberare Venezia da questi grattacieli naviganti. A lungo termine, il nostro obbiettivo è delegare al territorio la gestione del territorio, e affidare al sindaco di Venezia le competenze amministrative delle acque attorno alla città come il Bacino e il canale della Giudecca”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il senatore democratico Felice Casson che si è speso sulla nuova proposta di legge speciale che dovrebbe garantire maggiori poteri all’amministrazione comunale. Un percorso comunque lungo e non privo di insidie. “A parole la maggioranza c’è, ma nei fatti non mancano mai gli agguati, anche da membri del mio stesso partito. Per questo dovremo portare tutti gli emendamenti in aula, così da smascherare chi gioca sottobanco. L’obiettivo resta sempre quello di restituire a Venezia quelle competenze di gestione del suo territorio che ora sono di Regione, Capitaneria di Porto e Magistrato alla Acque”. In merito alla questione grandi navi, l’ex magistrato si è detto favorevole alla loro estromissione dalle acque lagunari. “L’importante è fare presto e accordarci tra di noi su una alternativa valida che non preveda ulteriori scempi ambientali come lo scavo di altri canali. Ricordiamoci che mentre noi discutiamo, i potentati economici interessati a difendere lo status quo lavorano sott’acqua. E loro sono molto più efficaci e veloci di noi”.
Dal canto suo, Gianfranco Bettin è sceso sui dettagli, senza nascondersi i problemi e affrontando anche discorsi scomodi come lo spostamento del terminal crociere a Marghera. “C’è una questione di prospettiva a lungo termine e una di tempistica urgente. Siamo in un momento di stasi per le crociere. Bisogna agire adesso se non vogliamo ritrovarci a marzo come adesso se non di più. La sola soluzione ragionevole agli occhi del mondo sarebbe quella di fermare il traffico crocieristico. Applicare sin da adesso il decreto Clini vorrebbe dire obbligare tutti gli attori in gioco a lavorare per trovare una soluzione alternativa. In questo senso, spostare temporaneamente la marittima a Marghera, come era anche nel programma elettorale della Giunta, significa spingere per una soluzione a medio o lungo termine, che potrebbe anche essere l’off shore oltre le dighe o altro. In ogni caso, ci darebbe il tempo per pensare ad una alternativa con le Grandi Navi lontane dal Bacino di San Marco e del canale della Giudecca. Quindi, cerchiamo di ragionare tutti su una soluzione forte e unitaria che proponga una alternativa percorribile e scongiuri il rischio di veder scavare altri canali. Facciamo presto, perché se non decidiamo noi decideranno altri in altri posti”.
Attivisti di Greenpeace arrestati in Russia
5/10/2013EcoMagazine
Si fa quindi sempre più dura la situazione dei trenta ambientalisti arrestati dopo il blitz alla piattaforma petrolifera della Gazprom, il 18 settembre. Poco importa alla giustizia russa che, a parte i due attivisti che vennero fermati durante la scalata all’impianto, gli altri 28 - tra cui l’italiano Cristian d'Alessandro di Napoli, furono fermati a bordo della loro nave, l’Arctic Sunrise, in acque internazionali. L’accusa rivolta a Greenpeace è quella di “pirateria” che prevede sino a 15 anni di prigione, fatti salvi gli eventuali inasprimenti confezionati ad hoc annunciati da Medvedev.
Greenpeace ha anche diffuso informazioni preoccupanti sulle condizioni degli attivisti detenuti in attesa di un giudizio che, per accusa gravi come la pirateria, potrebbe venire anche a distanza di dodici mesi più le proroghe. I farmaci che l’associazione ambientalista ha inviato alla finlandese Sini Saarela, malata di tiroide, sono stati respinti dalle autorità russe e da quanto riporta l’agenzia di stampa Ria, un altro attivista di nazionalità inglese avrebbe accusato un attacco cardiaco.
Oggi, sabato 5 ottobre, Greenpeace ha proclamato una veglia mondiale a sostegno dei suoi attivisti imprigionati in Russia. “L'accusa di pirateria è rivolta a uomini e donne il cui unico crimine è quello di avere una coscienza - ha dichiarato Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International. - Questo è assolutamente scandaloso e mina alla base i principi della protesta pacifica. Assurdo qualificare gli attivisti come pirati, vogliono solo intimidirci e farci tacere, ma non desisteremo”. L’associazione ha anche messo on line una petizione, già sottoscritta da oltre 700 mila persone, in cui si chiede l’immediato rilascio dei 30 attivisti e l’interruzione delle trivellazioni petrolifere nell'Artico. Potete aderire a questo link
http://www.greenpeace.org/italy/it/libera-i-nostri-attivisti/
Grandi Navi: la crisi di Governo affonda anche le soluzioni
30/09/2013EcoMagazine, Global Project
La crisi ha preso in contropiede anche i Pro Grandi Navi. Più che un comitato o una associazione si tratta di un gruppo di lavoratori del settore, impegnati a difendere lo status quo dietro motivazione del tipo: “Non è vero che le grandi navi inquinano”, “Le crociere portano benessere a tutta la città” e “Senza le grandi navi a Venezia non verrebbero più turisti”.
Durante la manifestazione, in orario di lavoro e regolarmente retribuita, organizzatagli da Cruise Venice, venerdì 27 davanti al municipio, i loro portavoce hanno incontrato il sindaco Orsoni che ha ribadito che l’amministrazione non ha competenza sulle acque e che comunque intende sostenere le possibili alternative atte a salvaguardare il lavoro ma anche la laguna. Una posizione inaccettabile per chi ha come obiettivo solo il mantenimento dell’attuale situazione. E così Orsoni è stato apostrofato "un sindaco dei no-global che ci prende in giro". Tanti cartelli, tanti slogan per dire che sarebbero rimasti a tenere il presidio sino a che non sarebbero state accolte le loro rivendicazioni, per poi smobilitare tutti insieme e puntualmente alle ore 13,30, alla fine dell’orario di servizio.
Ma crisi o non crisi, un attimo di riflessione e di abbassamento dei toni, non può che giovare a chi in merito alla questione delle Grandi navi cerca una soluzione praticabile e, per quanto possibile condivisa, volta a tutelare prima di tutto l’ecosistema lagunare. A questo proposito, riportiamo il comunicato firmato dall’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin.
“Chi, a Venezia e sotto gli occhi del mondo intero, subordini la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema lagunare, agli interessi dei giganti della crocieristica, anche se animato dalle migliori intenzioni finirà per creare gravi danni alla città e alla stessa attività che vorrebbe difendere.
Proporre soluzioni che rinviino di anni i primi provvedimenti concreti, significa infatti esasperare un clima che, giustamente, vede l’opinione pubblica più vasta sempre più preoccupata per quanto succede, di fronte alla scena dei transatlantici a San Marco, ai guasti certificati che provocano e ai rischi potenziali che si corrono.
Altresì, proporre soluzioni che implichino pesanti manomissioni della laguna, del suo equilibrio idrogeologico, significa continuare ad alterare un quadro già gravemente compromesso, in particolare proprio nella laguna centrale.
Non c’è ricatto politico o economico, non c’è manifestazione di categoria, di interesse particolare, non ci sono pubblicità a pagamento né infami campagne intimidatorie e personalizzate, compresi gli investigatori privati assoldati allo scopo, che possano far passare simili proposte né in città né in Italia, né di fronte all’Europa e al mondo.
Per questo, oltre che sbagliate sono proposte perdenti che screditeranno, in prospettiva, un’impresa che ha invece bisogno di essere ricondotta a un profilo sostenibile.
Porto Marghera può invece rappresentare un passo importante in questa evoluzione, dando una prima risposta anche se ancora parziale e consentendo di avere il tempo necessario sia per misurarne fino in fondo le implicazioni specifiche (a partire dalla compatibilità con la vocazione industriale e portuale commerciale dell’area, che va ribadita) sia per valutare ogni altra possibile alternativa senza, tuttavia, lasciare intanto insopportabilmente tutto come sta.
Se ognuno farà razionalmente e limpidamente la propria parte, faremo tutti un passo avanti, gradualmente ma in tempi certi, senza perdere tempo, senza perdere la storica opportunità di tornare a legare insieme virtuosamente i destini dell’ecosistema e di un’attività da secoli presente che necessita oggi di un positivo ripensamento”.
Rebelión contra los cruceros en Venecia
30/09/2013desinformemonos
Carabineros, policía común, policía financiera y naval movilizaron a todos sus medios -de las grandes ocasiones- en el canal de la Giudecca: lanchas, barcos, helicópteros y motos de agua. Todo resultó inútil contra los cincuenta activistas que se zambulleron en el agua, no muy limpia, para impedir con su propio cuerpo el paso de los grandes barcos, y ganaron la batalla.
En la lejanía, hacia la Estación Marítima, se vio a los barcos cuya dimensión lo permitió dar una vuelta hacia el canal de los Petroli y resignarse a no ofrecer a sus pasajeros la prometida emoción de rozar la Plaza San Marcos [la plaza central de la ciudad] y admirar a la más bella – y la más frágil – ciudad del mundo desde una altura equiparable a la de su célebre campanario. Otros barcos, los verdaderos rascacielos del mar cuya dimensión no permite desviaciones, tuvieron que quedarse tristemente en el muelle.
“Es una victoria de Venecia y de sus ciudadanos”, explicó en una nota el comité. “La arrogancia de las empresas de cruceros que, en el mismo momento en que se discuten posibles soluciones al problema de su presencia insostenible, tratan de llegar con 12 grandes barcos en un sólo día, tuvo la respuesta que se merecía. En este día de lucha dejamos claro, tanto al gobierno como a las autoridades marítimas y a las compañías de navegación, que para nosotros hay una única solución: fuera los grandes barcos de los canales. No queremos más canales, no queremos nuevos puertos en otras zonas de un ecosistema tan delicado”.
El día de lucha comenzó en la mañana temprano, con la ocupación de la terminal de acogida de los pasajeros del aeropuerto Marco Polo. Una centena de activistas “desalojó” las oficinas de las compañías de cruceros, desarmándolas pedazo por pedazo para luego llevarlos afuera.
En la tarde vino la batalla naval: las grandes lanchas y los grandes medios de las fuerzas policiales no pudieron hacer nada contra el grupo de nadadores en trajes de baño.
La contaminación atmosférica, a la par de la destrucción de los fondos de la laguna, es una de las causas que hicieron brotar la protesta de los venecianos, a lo cuales, hay que recordar, no llega el provecho económico de la insostenible presencia naval, en la que los turistas compran paquetes de “todo comprendido a bordo”. De una Venecia que no conocerán, se contentan con una mirada fugaz en su paso frente a la plaza San Marcos. Uno solo de estos barcos contamina lo mismo que 14 mil autos. Si multiplicamos por 12 y dividimos entre el número, cada vez menor, de venecianos, se calcula que circulan por la ciudad tres autos por cada habitante, niños y recién nacidos incluidos. Un verdadero récord para la ciudad “sin coches” por antonomasia.
A pesar de todo, para la Venecia que supo reaccionar a la provocación de las trasnacionales turísticas fue un día de fiesta. El bloqueo del canal de la Giudecca es la respuesta que merecía el descaro de querer hacer llegar a la laguna 12 grandes barcos en el mismo día, bajo el silencio de la policía naval y la complicidad de las autoridades del puerto y el ayuntamiento – si se excluye la firme postura del regidor de Medio Ambiente, Gianfranco Betti. Las posibles soluciones que se discuten en un comité ministerial, hay que decirlo, en algunos casos prevén la excavación de nuevos canales y la realización de nuevas megaobras, que serán un remedio peor que el mismo mal.
Hasta el momento, por el lado institucional, sólo el regidor Betti ha tomado una clara postura contra este insostenible va y viene de chimeneas marinas. Puesto que el secretario del Medio Ambiente, Andrea Orlando, no tomó en cuenta su petición de aplicar una limitación al número, el regidor pidió la colaboración de Arpav [ente regional para la prevención y el cuidado del medio ambiente] para monitorear con precisión la situación excepcional que se creó con el tráfico de los 12 grandes barcos. “Buscaremos medir sobre todo el ruido, los polvos sutiles y los óxidos de nitrógeno y de observar los movimientos de masas de agua y la variación de la marea que provocarán estos barcos”, declaró anteriormente el regidor veneciano. “Se tratará, en un cierto sentido, de un experimento enorme sobre la piel de los venecianos, del cual, ciertamente, nos habríamos escapado con mucho gusto”.
Quando è il padrone ad ordinare la serrata. Pro Grandi Navi in piazza col Tutto Pagato
26/09/2013EcoMagazine, Global Project
“I dipendenti di imprese e società, impegnate nel settore e vincolate a rapporti con Venezia Terminal Passeggeri Spa - ha scritto il consigliere Beppe Caccia in una interrogazione formalizzata ieri al sindaco di Venezia - stanno ricevendo in queste ore da parte dei datori di lavoro email e sms indirizzate alle proprie caselle di posta e alle proprie utenze telefoniche personali che ‘invitano’ a partecipare alla manifestazione, diffondendo notizie del tutto false e infondate (se le navi saranno spostate a Marghera ‘le Compagnie rinunceranno e non ci sarà più lavoro’), ricattando implicitamente ed esplicitamente i lavoratori (‘vogliamo vedervi tutti presenti con parenti e amici, è in gioco il nostro e di conseguenza il lavoro’) e pretendendo conferme per iscritto a tale imposizione a partecipare (‘mail con richiesta di conferma’)”. Una manifestazione “spontanea” indetta dalle aziende e nel silenzio totale dei sindacati. Eppure, ai bei tempi che furono, erano questi ultimi a dichiarare le mobilitazioni per tutelare il lavoro. O ricordiamo male che è passato troppo tempo?
Ma il lavoro, domani davanti a Ca’ Farsetti, non c’entra niente. Come nota Caccia, “La propaganda delle multinazionali delle crociere è falsa. Se il terminal venisse spostato, casomai, ci sarebbe un aumento delle possibilità occupazionale e non una diminuzione”.
Eppure è così, nel nome del lavoro, che i padroni del vapore hanno deciso di rispondere alla grande manifestazione popolare di sabato 21: obbligando i propri dipendenti a “manifestare spontaneamente” e portando pure le famiglie, altrimenti...
Già. Altrimenti cosa? Ce lo spiega un lavoratore, sul cui nome manteniamo un ovvio riserbo, che ci ha spedito questa mail: “Gentile, ho ricevuto questa mail da ** Non so se loro hanno il diritto di obbligarci a manifestare ma non ritengo che questo tipo di approccio sia di loro competenza (non sono di certo un sindacato o qualcosa del genere). Purtroppo loro hanno il coltello dalla parte del manico e non vorrei che tutti quelli presenti alla manifestazione rischiassero il lavoro. Non so se lei possa fare qualcosa ma siete gli unici ai quali possiamo rivolgerci e di cui ci fidiamo”.
Nella mail inviata da “loro” cui accenna il nostro anonimo, spedita in allegato, si legge (in maiuscolo): “Mail con richiesta di conferma. Attenzione importantissimo. Venerdì 27 settembre è stata finalmente organizzata (da chi?ndr) una manifestazione pro navi in marittima. La presenza di tutti è (sottolineato.ndr) assolutamente necessaria”. Quindi si elenca le ragioni. In caso di spostamento a Marghera: “Molte compagnie rinunceranno a Venezia e (in maiuscolo.ndr) non ci sarà più lavoro)”. Conclusione: “E’ ora che chi lavora e quindi beneficiato dal lavoro (bontà loro.ndr) offerto dalle navi si faccia sentire. Quindi vogliamo vedervi tutti presenti con amici e familiari. Attendiamo vostro riscontro”.
Eccola qua la manifestazione “spontanea”. A casa mia si chiama crumiraggio.
Quando lo sciopero lo proclama il padrone, andare a scioperare è come andare lavorare. Solo che va lasciata a casa la dignità. Ci sono dei vantaggi però. Più urli e più hai possibilità di fare carriera in azienda. Se porti la famiglia, ti aspetta pure l’encomio del caporeparto. E poi la giornata ti viene pagata interamente. Di questi tempi...
Sì. Avete letto bene. Manifestazione “pagata!” e con tanto di punto esclamativo. Lo si legge negli sms, vedi immagine, che sono stati girati a Caccia (non tutti i dipendenti delle Crociere sono convinti che lavorare vuol dire vendere l’anima) e che il consigliere ha allegato alla sua interrogazione. “Ciao il 27 manifestazione in comune ore 11 calcolata come giornata lavorativa! Pagata! Spargere la voce, e darmi gentilmente conferma”.
Onde per cui, domani mattina, quando dalla linea 1 vedrete quel capannello di persone davanti al municipio con cartelloni del tipo “Grandi Navi = benessere per tutti”, “Le sigarette provocano più decessi delle Crociere”, “Senza di noi non ci sarebbe più turismo”, sappiate che stanno semplicemente lavorando. C’è crisi e tocca fare un po’ di tutto per campare.
Dieci anni per salvare il pianeta. L’allarme dell’Ipcc
25/09/2013EcoMagazine
L’Ipcc ha individuato quattro scenari principali per la fine del secolo in corso. Nel migliore dei casi, il livello del mare si alzerà di 24 centimetri (e non posso fare a meno di osservare che a Venezia avremo da risolvere il problema del Mose, non soltanto assolutamente inutile con questa marea ma anche “a rischio Vajont”) mentre la temperatura aumenterà di “solo” un grado rispetto al periodo 1986 - 2005. Il che significa, 1,7 gradi in più rispetto all'epoca preindustriale. Andasse tutto bene, faremmo così la barba alla soglia che i governi mondiali hanno indicato come limite di sicurezza per non fare la fine dei dinosauri, che è di 2 gradi.
Nel peggiore dei casi invece, il livello dei mari a fine secolo aumenterà di 62 centimetri e la temperatura di 3,7 gradi rispetto alle medie del ventennio appena trascorso. Il limite di sicurezza in questo caso, verrebbe sfondato alla grande: 4,2 gradi in più per il nostro pianeta rispetto all’epoca preindustrale. Come dire: ciao uomo! “Sopra i 4 gradi - ha commentato Riccardo Valentini, coordinatore europeo dell’Ipcc - l'impatto sulla vita del pianeta sarebbe pesantissimo: i biologi ormai parlano di sesta estinzione di massa".
Ma senza fare dell’inutile allarmismo, e ricordando che è necessario attendere la lettura del rapporto per farsi qualche idea più precisa, viene da domandarsi quale scenario tra questi due estremi sia effettivamente quello più probabile. La risposta è che non ce n’è uno più probabile degli altri perché dipende tutto da noi.
La causa principale dei Cambiamenti Climatici è l’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera del nostro pianeta. Nell’epoca preindustriale, usata dall’Ipcc per fare un raffronto, la Co2 era presente in 280 parti per milione. Oggi abbiamo già oltrepassato la soglia di 400 parti per milione. Se riuscissimo a stabilizzarci, nei prossimi dieci anni, dentro le 421 parti, l’umanità avrebbe imboccato la strada per lo scenario migliore sopra descritto. E già, “migliore” è il caso di scriverlo tra virgolette perché prevede, tanto per fare un esempio, un aumento del numero e della potenza di uragani e di altri fenomeni meteorologici estremi, scomparsa di tantissime specie animali, scioglimento dei ghiacciai, desertificazione, epidemie, carestie e tutto quello che ne consegue.
Tutto questo se ci andasse bene. Tutto questo se sin da subito rinunciassimo all’uso di combustibili fossili, responsabili assieme alla produzione di cemento dell'89 per cento delle emissioni di Co2. Tutto questo se fermassimo sin da ora la deforestazione che contribuisce per il rimanente 11 per cento. Tutto questo insomma se l’umanità e chi la governa si rendesse conto che siamo seduti su un pianeta fragile che non possiamo più continuare a sfruttare come abbiamo fatto sin d’ora se non vogliamo trasformarlo in un forno per la pizza. Mai come con i Cambianti Climatici la forbice “scienza - politica” si è divaricata. E, purtroppo, quella che detta legge è ancora la politica che quasi mai riesce a “vedere” oltre la prossima scadenza elettorale.
Eppure nessuno oramai - fatto salvo qualche opinionista di Libero - nega che qualcosa sta pericolosamente cambiando attorno a noi. In questo suo quinto rapporto, l’Ipcc si prende la soddisfazione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e risponde ai negazionisti di ieri - grazie anche alle prove accumulate negli ultimi anni di ricerche - che “il cambiamento climatico è oggi virtualmente certo”, così come certo e irreversibile è l’aumento della temperatura del pianeta.
Nei prossimi dieci anni quindi, ci giochiamo la sopravvivenza non solo dell’umanità ma di tutto il pianeta così come lo conosciamo ora. Il conto alla rovescia è già partito e non sarà un bel traguardo quello che ci aspetta. Agendo sul risparmio energetico, la decrescita, l’uso di fonti rinnovabili e il cambiamento dei nostri stili di vita possiamo ancora contenere i danni. Ma bisogna fare presto. Tra qualche anno sarà già troppo tardi.